Il club dei ricordi perduti

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Il club dei ricordi perduti (140 x 215 mm) p. 003

Ann Hood IL CLUB DEI RICORDI PERDUTI

Romanzo


Il club dei ricordi perduti (140 x 215 mm) p. 004

Titolo originale The Knitting Circle

ISBN 978-88-6702-019-5

Traduzione di Francesca Frulla

Per essere informato sulle novita` del Gruppo editoriale Mauri Spagnol visita: www.illibraio.it www.infinitestorie.it

Copyright g 2007 by Ann Hood. By arrangement with the Author. All rights reserved. Tre60 e` un marchio di TEA – Tascabili degli Editori Associati S.p.A. Gruppo editoriale Mauri Spagnol Copyright g 2012 TEA S.p.A., Milano


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1 MARY

Mary arrivo` a mani vuote. « Non ho portato niente », disse, e aprı` le braccia per dimostrarlo. La donna che stava davanti a lei veniva chiamata Big Alice, la « grande » Alice, ma non c’era nulla di grande in lei. Era alta circa un metro e mezzo, aveva la vita sottile, i capelli d’argento tagliati corti e gli occhi grigi dello stesso colore del cielo prima di un temporale. Restava in piedi, ferma, tra Mary e la vecchia porta di legno del negozio. « Questo non e` proprio il mio genere di cose », aggiunse Mary, per scusarsi. « Lo so », annuı` la donna, facendo un passo indietro per farla entrare. « Non so quante persone si sono trovate proprio qui davanti a me e hanno detto la stessa cosa. » Aveva una voce dolce e parlava con un accento inglese. « Bene », rispose Mary, perche´ non sapeva cos’altro dire. In quei giorni non sapeva mai cosa dire, o cosa fare. Era settembre, erano passati cinque mesi dalla morte di Stella. Lo stordimento e lo stupore erano diminuiti, ma erano aumentati gli orribili suoni che sentiva nella testa: i rumori dell’ospedale, le voci dei dottori e quella di Stella che diceva « Mamma ». Qualche volta le sembrava ancora di sentire la figlia di cinque anni che la chiamava, e allora il cuore le si stringeva di dolore. « Entra pure », disse Alice. Mary la seguı` nel negozio. La donna indossava una gonna grigia di tweed, una camicia bianca di taglio maschile, un cardigan giallo e una collana di perle. Dal busto in su assomigliava a un’insegnante vecchio stampo, ma ai piedi aveva un paio


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di calze a righe dai colori sgargianti e ciabatte di ciniglia rosa con ciliegie rosse di strass. « Ho la gotta », spiego`, sollevando un piede. « Credo che tu sappia che io sono Alice. » « Sı`. » Mary si sarebbe ricordata il suo nome, come accadeva con ogni altra cosa. Lo aveva scritto su uno dei mille postit che, come i coriandoli dopo una festa, finivano in ogni angolo della casa. Come tutti gli altri che contenevano numeri di telefono, appuntamenti, messaggi, il pezzo di carta col nome di Alice era sparito. All’esterno del negozio, comunque, c’era un’insegna di legno con la scritta BIG ALICE’S SIT AND KNIT , e non appena Mary l’aveva vista si era ricordata il suo nome. Si fermo` per un istante, disorientata. In quei giorni le succedeva cosı`, persino in posti familiari. Anche quand’era nella sua cucina le capitava d’interrompere quello che stava facendo per guardarsi attorno e rendersi conto di dove fosse. Ah, certo, diceva a se stessa, notando che la televisione era spenta e sullo schermo non appariva nessun cartone animato. Anche la scodella che Stella aveva dipinto durante una lezione di ceramica, ricoprendola con cura di puntini, rimaneva vuota, senza piu` mirtilli o fette di cetrioli dentro. I cuori con la scritta TI VOGLIO BENE e l’aquilone di cartoncino colorato con la coda di nastro rosa stavano appesi, senza vita. Ah, certo, si ripeteva, quando si rendeva conto per l’ennesima volta di come la cucina era diventata vuota e triste, come la sua vita. Il negozio era piccolo, col pavimento di legno che cigolava sotto i piedi e ceste e mensole traboccanti di filati. Odorava di maglioni, di cedro, e del profumo aspro di Alice. C’erano tre stanze: quella piccola dove si trovava lei, un’altra col registratore di cassa e un divano liso coperto da un telo a fiori rosa e rossi, e l’ultima, piu` grande, con altri gomitoli e alcune sedie. Mary noto` subito che i filati erano molto belli. Ne tocco` al-


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cuni mentre seguiva Alice nella stanza adiacente, appoggiandoci sopra le mani. « Dunque, possiamo cominciare con una sciarpa », le disse. Ne prese una gia` finita, blu cobalto con le rifiniture in azzurro. « Questa ti piace? » « Penso di sı` », disse Mary. « Sei sicura? Non sembri convinta. » « No, mi piace. Solo che... non la so fare. Non sono brava coi lavori manuali. Sono stata bocciata in economia domestica, lo giuro. » Alice prese da una mensola alcuni ferri di legno. « Anche un bambino di dieci anni sa fare questa sciarpa », disse, un po’ irritata. Poi le passo` i ferri. Erano grandi e lisci, poco maneggevoli. Mary rimase a guardare mentre Alice sceglieva alcuni gomitoli da un’altra mensola. La stessa tonalita` di blu cobalto, poi acquamarina e malva. « Quale colore preferisci? » le chiese, porgendoglieli come se fossero un’offerta. « Il blu, penso », rispose Mary, e le venne subito in mente la tonalita` di blu particolare degli occhi di Stella. Cerco` di cancellare quel ricordo, ma sentı` scendere le lacrime sul suo viso, allora si giro` per asciugarsi gli occhi. « E blu sia », ribadı` Alice, in tono piu` gentile. Indico` una sedia in un angolo della stanza, seminascosta da gomitoli di filato grosso. « Siediti, t’insegnero` a lavorare a maglia. » Mary rise. « Sei molto ottimista. » « Due settimane fa e` venuta qui un’altra donna », le disse, mentre si sedeva su una poltrona imbottita e appoggiava i piedi su un piccolo sgabello con la fodera ricamata. « Non aveva mai usato i ferri, ed e` riuscita a finire tre sciarpe. Capisci quanto e` facile? » Mary aveva fatto piu` di sessanta chilometri di strada per arrivare in quel negozio, anche se ce n’era un altro a meno di un chilometro da casa sua. Mentre cercava di orientarsi


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tra strade secondarie a lei sconosciute, le era sembrato stupido venire da cosı` lontano soltanto per lavorare a maglia. Invece, sedendosi la`, con quell’estranea che non sapeva niente di lei ne´ di quello che le era successo, tenendo per la prima volta quei ferri tra le mani accaldate, capı` che per qualche strana ragione aveva fatto la cosa giusta. « Devi soltanto fare una serie di occhielli », disse Alice. Sfilo` dal gomitolo parecchio filo e le mostro` come fare. « Sono stata espulsa anche dalla sezione femminile degli scout. Gli occhielli sono un mistero per me. » « Prima economia domestica, poi gli scout. » Alice sembro` delusa, anche se le brillavano gli occhi. « In realta`, prima gli scout, poi economia domestica », preciso` Mary. Alice scoppio` a ridere. « Se puo` esserti di conforto, io odiavo lavorare ai ferri. Non volevo imparare, e invece ora eccomi qua, con un negozio di lane, a insegnare alla gente a lavorare a maglia. » Mary sorrise cortese. Le storie degli altri non le interessavano molto. In passato le era piaciuto ascoltare racconti di cuori infranti, di trionfi e di strane coincidenze della vita. Ma adesso la sua storia personale occupava tutta quella parte di lei che una volta era aperta a quel genere di cose. Inoltre, se si trovava a dover ascoltare, come in quel preciso momento, per educazione avrebbe poi anche dovuto parlare, e lei non voleva. A volte si chiedeva se avrebbe mai raccontato la sua storia a qualcuno. « Allora incomincio con gli occhielli. » « Visto che non hai avuto successo ne´ con gli scout ne´ con l’economia domestica, avviero` io per te. In piu`, se t’insegno, perdiamo tempo in due, perche´ sono sicura che poi ti dimenticherai tutto. » Mary non si preoccupo` di chiedere cosa intendesse di preciso con la parola « avviare ». Come un mago che praticava un trucco, Alice fece una serie di movimenti con le


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mani, poi le mostro` il ferro con sopra il filo blu avvolto come un serpente. « Ho avviato ventidue maglie per te, adesso puoi andare avanti da sola. » « Vedremo », disse Mary. Alice le fece cenno di andare a sedersi di fianco a lei, poi le mostro` come doveva fare: « Infili qui, poi ci avvolgi attorno il filo, e fai di nuovo uscire il ferro dall’occhiello ». Mary sorrise: sul ferro vuoto appariva una maglia dietro l’altra. « Ecco fatto, ora vai avanti tu. » « Io? » chiese Mary. « Io so gia` come fare, no? » Mary fece un respiro profondo e comincio`.


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