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L’estate è sempre l’estate

Punta Cavalluccio sulla Costa dei Trabocchi

Anche se la situazione generale (italiana ed europea, in particolare) resta impantanata in una profonda e conclamata crisi economica, l’estate è sempre l’estate. Lungi dal volerci tingere di becero qualunquismo, ma anche l’estate è tempo di un sacrosanto diritto che nessuna crisi può sopprimere. Di quale diritto parliamo? Del meritato periodo di ferie, vacanze, villeggiatura, svago: chiamatelo come volete, ma di questo si tratta. Dopo mesi di lavoro, di affaticamento e di impegno, le ferie giungono come un toccasana e tra le pieghe della nostra vita, quantunque monotona o movimentata che sia, sono un traguardo temporale agognato e giusto. Certo, i problemi non mancano! Sono pressanti, assillanti, sgradevolmente pervasivi. Ma non è rinunciando alle ferie che si dissolvono. Voglio dire che dobbiamo essere positivi, vedere il bicchiere mezzo pieno, storcere il naso all’ottimismo piuttosto che piangerci addosso e lasciarci sopraffare dalle circostanze. Non abbiamo remora a incoraggiare tutti a godersi un periodo di meritato riposo, magari non lungo, magari non da nababbo, ma sano, distensivo, proprio come s’addice a chi fa del lavoro, nolente o dolente, una ragione per tirare avanti e sbarcare il lunario. E allora quale posto più tranquillo, accogliente, genuino della Frentania? Del suo mare, dei suoi laghi, delle sue colline, delle sua montagne e della sua spettacolare ospitalità? Un giro tra le suggestive e assolate calette val bene una scarrozzata nell’entroterra alla ricerca di luoghi del paesaggio e della storia. Per i più intraprendenti (e non solo per loro) un suggerimento a fior di labbra: lasciatevi tentare dalla genuinità e bontà della gastronomia frentana: una vera e propria chicca che ci sentiamo di raccomandare “caldamente”. Buone vacanze in Frentania!

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INDICE borghi da visitare • Lanciano ...................................... 4 • Tornareccio ................................ 34 • Torino di Sangro ........................ 46 • Rocca San Giovanni ................... 52 • Fara San Martino ........................ 54 • Borrello ..................................... 70 • Orsogna ..................................... 80 • Atessa ........................................ 84 • Lama dei Peligni ........................ 89 • Casoli ........................................ 94 • Treglio ....................................... 98 • Roccascalegna ......................... 102 abrUZZo da visitare • L’antica Cluviae e la sua anima etrusca .............. 106 • A Juvanum i resti della civiltà preitalica ....................... 110 • La millenaria storia della Valle del Sangro ............... 116 • La grotta del Cavallone ............ 120 • Il lago di Serranella .................. 124

• L’Abetina di Rosello ................. 124 • La grotta delle farfalle .............. 125 • Palena, l’Eremo Celestiniano .... 126 • Taranta Peligna, le acquevive ... 127 • Castiglione Messer Marino, la chiesa Madonna del Monte ...... 128 Programmi estivi • Fossacesia ................................ 131 • Castel Frentano ........................ 133 • Paglieta .................................... 135 • Casalbodino ............................ 136 • Perano ..................................... 137 • Santa Maria Imbaro .................. 139 • Filetto ...................................... 140 • Escursioni del Cai a Guardiagrele ......................... 142

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lanciano... da visitare

Piazza Plebiscito addobbata a festa

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Perchè alle 4 del mattino Quando l’ultima rosa dei fuochi si spegne, una teoria infinita di luci della paratura si accende, disegnando ricami colorati, trasformando corso Trento e Trieste in una galleria luminosa e suggestiva

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Così si dà il via alle feste e fin qui niente di strano se non fosse che tutto questo accade alle 4 del mattino, in una Lanciano brulicante di gente, di tanti che arrivano anche dai centri vicini per non perdersi... l’apertura. E soprattutto per non perdere quella speciale e contagiosa atmosfera che caratterizza la nottata con tanto di pizza alle sei del mattino, insomma una vera e propria notte bianca, oggi tanto in voga, ma che a Lanciano nasce oltre un secolo fa. Ripercorriamone la storia attraverso la ricostruzione dello storico Antonio Maranca Antenori che descrive la Festa dell’Incoronazione della Madonna del Ponte avvenuta il 15 settembre del 1833. A quell’epoca era in uso che il Capitolo di San Pietro a Roma donasse ogni anno una corona d’oro alle immagini della Madonna sparse in tutto il mondo cattolico. Anche la Curia frentana si adoperò per ottenere il prestigioso e ambito riconoscimento. Passarono oltre tre decenni di infinite peripezie finché nel 1833 a Lanciano furono assegnate due corone: una per la Madonna e una per il Santo Bambino. Per andare a prendere le corone a Roma si offrirono volontariamente il sacerdote don Luigi Jacobitti e don Nicola Saverio Bucchianico i quali fecero il viaggio a loro spese. Partirono alle 6.30 del mattino dell’11 luglio 1833. Intanto si organizzarono in città riffe e lotterie per la raccolta di denaro. Il programma della solennità fu stampato e diffuso sia nella capitale che nelle tre province degli Abruzzi. L’ufficiale di posta, don Francesco Paolo Frascani spedì a sue spese tutti i programmi. Si stabilì che la solenne funzione si dovesse tenere il 15 settembre, sette giorni dopo la festa della Natività di Maria. Per l’occasione il Pontefice Gregorio XVI concesse il Giubileo. (...) Finalmente i deputati che si erano recati a Roma per ritirare le due corone, verso la mezzanotte del 17 agosto, arrivarono a Castel Frentano dove per disposizione della deputazione cittadina, dovevano pernottare. Senonché la notizia del loro arrivo si diffuse rapidamente in città una folla di fedeli, alla luce di tante fiaccole, andò alle 2.30 di notte a Castel Frentano e costrinse i

deputati a continuare il viaggio fino a Lanciano dove arrivarono, appunto, intorno alle 4. Qui nel Convento di Santa Chiara, la mattina seguente l’Arcivescovo e i delegati municipali aprirono l’involucro contenente le due corone. Subito dopo, don Luigi Jacobitti ebbe l’onore di recare in Cattedrale, su un cuscino di velluto color cremisi, le due bellissime corone d’oro, nel corso di una solenne processione in mezzo agli spari e al suono delle campane e della banda musicale. Per parecchi giorni ci fu un vero e proprio pellegrinaggio di fedeli da tutti i quartieri cittadini dalle contrade e anche dai paesi vicini. Ciascuno portava con sé doni: grano, granone, legumi, polli e altri animali, cera per le candele, tele ricamate, primizie di ogni arte, masserizie di casa e chincaglieria, oggetti d’oro, d’argento e monete. Tratto da “Storia della Incoronazione di Maria Santissima del Ponte” di antonio maranca antenori

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Sullo sfondo la cupola della basilica della Madonna del Ponte

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Capitale storica e culturale della Frentania

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Uno scorcio panoramico dei quartieri storici

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Chiesa di Santa Maria Maggiore, la facciata

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Lanciano è la città più importante della Frentania intesa sia nell’odierna che nell’antica delimitazione. Il suo nome discende da Anxanum, municipio romano. La leggenda vuole che sia stata fondata nel XII sec. a.C. da Solimo, profugo troiano approdato nella “terra della rugiada divina” insieme ad Enea. Ma recenti studi e ricerche hanno rivelato che la presenza d’insediamenti umani è risalente a tempi di molto anteriori se consideriamo la testimonianza costituita dalla necropoli di marianese di cui si è occupato l’archeologo frentano Alfredo Geniola. Un’altra suggestiva leggenda che implica la storia della città, narra che il legionario romano che trafisse il costato di Gesù crocifisso, fosse di Anxanum e il suo nome era Cassio Longino. Lanciano è una città dal fascino indubbio per le sue mille prerogative. Il tessuto urbanistico del borgo medievale, che si dispiega tra gli antichi quartieri Borgo, Sacca, Lancianovecchia e Civitanova, è di una bellezza unica. è un susseguirsi di palazzi patrizi, di chiese, torri che ne hanno delineato la storia in tempi remoti. Per la sua posizione geografica e la sua vocazione, la città è stata un importante centro mercantile e sede di fiere rinomate che attiravano mercanti da tutto il Mediterraneo. Una singolare peculiarità di Lanciano è costituita dalla sua cattedrale, eretta sul ripiano di un ponte romano che collegava due versanti dell’antica Anxanum. Si tratta del ponte che ancora oggi si chiama: ponte Diocleziano. Con la diffusione del Cristianesimo, la comunità locale ha assunto quale sua protettrice la Madonna, Maria Santissima, madre di Cristo. Alla Vergine è stata conferita la specificazione “del Ponte” proprio a suggello della caratteristica della chiesa. Sicchè la patrona della città è proprio Maria Santissima del Ponte. Nella sua parte altomedievale, la città conserva un patrimonio architettonico inestimabile, un vero giacimento culturale, testimonianza di un passato glorioso: le chiese tra le quali una citazione particolare meritano quella di Santa Maria Maggiore, Sant’Agostino e San Francesco, sede dello storico Miracolo Eucaristico, poi la Torre di San Giovanni e la imponente torre Civica, la porta di San Biagio, il complesso delle cosiddette Torri Montanare, le fontane storiche e monumentali del Borgo e di Civitanova, l’oasi pastorale di Santo Spirito. La città conserva un patrimonio di tradizioni religiose, popolari e folkloristiche di primo livello. Citiamo le rinomate Feste di Settembre che si aprono con una storica notte bianca, i fuochi d’artificio, la festa di Sant’Egidio del 31 agosto, la squilla, il dono, la processione del venerdì santo ed altre. Nella sua parte sette-ottocentesca, il tessuto urbanistico è un susseguirsi di palazzi e strade perpedicolari che confluiscono tutte nello splendido corso Trento e Trieste. Allo scrittore Giorgio Manganelli in visita a Lanciano

Salita dei Gradoni, una delle strade più suggestive del centro storico

negli anni passati, si deve una descrizione davvero suggestiva in cui il corso è paragonato ad un sontuoso palcoscenico teatrale del quale le strade laterali sono degne quinte.

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lanciano... da visitare

Piazza Plebiscito con la torre civica e la basilica della Madonna del Ponte

la cattedrale Oltre che artisticamente suggestiva la chiesa è connotata da una caratteristica unica: è stata edificata sul ripiano di un antico ponte romano storicamente intitolato all’imperatore Diocleziano. L’edificio di culto è il duomo della città ed è dedicato a Maria Santissima Madre di Cristo con l’aggiunta della specificazione “del Ponte” proprio per dare risalto alla sua peculiarità. La chiesa fu eretta nel XIV sec. e la sua splendida facciata in arenaria ornata di una miriade di elementi architettonici, costituisce uno dei principali motivi di richiamo per la città di Lanciano.

Le fontane storiche Nell’antica città di Lanciano, esistevano numerose fontane pubbliche per attingere acqua. Nel tempo molte sono andate distrutte o demolite. A testimonianza di una straordinaria epopea storica, oggi restano due fonti monumentali che portano proprio il nome di due quartieri storici della città: Civitanova e Borgo. La loro struttura e la loro conformazione architettonica richiamano alla memoria il glorioso passato della città di Lanciano e costituiscono un significativo richiamo per conoscerne la storia ultrasecolare.

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Un vicolo e la sua fontanina

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il Borgo medievale Il borgo antico di Lanciano comprendeva i quartieri di Lancianovecchia, Civitanova, Sacca e Borgo, ciascuno circondato da fenditure vallive sottostanti. I quattro rioni costituiscono un centro storico di indubbio fascino dove si alternano palazzi gentilizi di diverse epoche storiche e agglomerati di case un tempo appartenenti alle classi meno abbienti. Risalta l’intrico di vicoli e viuzze, di scalinate e porticati, di piagge e balconate dove un tempo brulicavano le antiche botteghe dove i mastri forgiavano ogni genere di manufatto.

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Miracolo Eucaristico

Un giorno imprecisato che la tradizione fa rimontare all’anno Settecento d.C., mentre celebrava la Santa Messa, uno sconosciuto monaco basiliano rifugiatosi a Lanciano per sfuggire le persecuzioni, fu assalito dal dubbio circa la presenza reale di Gesù nella Santa Eucaristia. Pronunziate le parole della consacrazione sul pane e sul vino, all’improvviso, dinanzi ai suoi occhi vide il pane trasformarsi in carne e il vino in sangue. Da allora quella sacra reliquia è custodita nella chiesa dedicata a San Francesco, dove il miracolo avvenne.

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la chiesa di Santa maria maggiore

La croce processionale opera di Nicola da Guardiagrele Il complesso monumentale della Chiesa di Santa Maria Maggiore,si trova nel borgo Civitanova, uno dei più antichi della città di Lanciano. Per il suo straordinario fascino architettonico e la sua rilevanza artistica, la chiesa è sicuramente uno dei monumenti più importanti non soltanto a livello regionale. Di forte richiamo è la facciata dove campeggia un gigantesco rosone, un meraviglioso portale in pietra scolpita e una sontuosa scalinata cinta da un’inferriata. La sua origine risale al XIII sec. anche se non passò indenne dai terremoti che si verificarono n ei secoli successivi.

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il Programma TradiZionale delle fesTe 2015!

. Corso Trento e Trieste nel giorno di sant’egidio La Fiera di S.Egidio, il 31 agosto, per il quarto anno consecutivo vedrà l’ampliamento e il coinvolgimento delle botteghe dell’artigianato artistico locale di via Monte Maiella con “Lancianodipiù” (in collaborazione con l’Ass.Pezzi Unici). “Il Dono” del 2015, nell’anno del cinquecentenario della Diocesi Lanciano-Ortona, è particolarmente ricco e sentito. Già da aprile le contrade realizzano incontri organizzativi con il ‘Comitato Feste 2015’ per preparare una edizione importante del ‘Dono’. Anche quest’anno, in testa al corteo sfilerà il “Gruppo Tradizione”, canti della tradizione del ‘Dono’ a cura di Mimmo Spadano (Terre del Sud). Non mancherà il tradizionale appuntamento con le corse al galoppo, nei giorni del 31 agosto e 8 settembre, in collaborazione con l’associazione Corse e Cavalli di Nico Di Corinto e Gemma Sciarretta. Confermata la prima “Rievocazione Storica dell’arrivo delle corone” per la notte del 13 settembre. Si partirà alle 22.00 con attività di piazza fino a mezzanotte e mezza quando si ripercorrerà il cammino che il popolo lancianese fece fino a Castel Frentano per riportare le corone a Lanciano. Poi dalla chiesa di Santa Chiara, partirà la solenne processione fino in cattedrale che riporterà le corone nella casa della Madonna del Ponte e si concluderà intorno alle 2 del mattino. Le luminarie saranno curate, per il quarto anno consecutivo, dalla ditta Paulicelli di Bari. E’ stato lo steso Gianfranco Paulicelli, in conferenza stampa, a confermare la volontà di voler continuare a tramandare questa tradizione e questo stretto legame con la città

di Lanciano. La Banda Fenaroli curerà nuovamente i sette concerti tradizionali dei tre giorni di festa dal 14 al 16 settembre. Per i fuochi pirotecnici, infine, gradito ed atteso ritorno alle Feste di Settembre della ditta Lanci, che curerà i quattro fuochi della tradizione lancianese. Inoltre, a luglio le Feste di Settembre volano in Argentina. Dal 12 al 25 luglio, infatti, Stefano Angelucci Marino sarà ospite delle comunità abruzzesi in Argentina, delle città di Buenos Aires (Berazategui) e Rosario. Questa presenza, fortemente voluta dalle associazioni abruzzesi argentine, si inserisce a pieno titolo nel quadro delle attività culturali sviluppate in questi ultimi anni dalle Feste di Settembre. Gli abruzzesi nel mondo chiedono un collegamento forte, vero e partecipato con la terra d’origine. Il 15 luglio a Rosario presso l’Associazione Famiglia Abruzzese Angelucci Marino terrà un incontro/seminario dal titolo “Le Feste di Settembre di Lanciano: 182 anni di storia e tradizioni”. Il 17 luglio sempre a Rosario Angelucci realizzerà per gli amici abruzzesi della ‘Famiglia’ lo spettacolo “Arturo lo chef”. Il 21 luglio a Berazategui (città gemellata con Lanciano) avverrà l’incontro con la comunità (a maggioranza lancianese) del Circolo Recreativo Abruzzese, anche lì Angelucci farà l’incontro/seminario sulle Feste di Settembre e a seguire lo spettacolo “Arturo lo chef”. Per concludere, il 21 luglio, Angelucci Marino avrà un incontro ufficiale a Buenos Aires con la presidente della FEDAMO (Federacion De Las Instituciones Abruzzesas En La Argentina) Abruzzo, la dottoressa Natalia Turanzas Mascos.

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La PFM alle Feste di Settembre 2015 Sarà la PFM, Premiata Forneria Marconi, ad accendere piazza Plebiscito la sera del 16 settembre prossimo, in chiusura delle Feste di Settembre 2015. Il gruppo rock che ha fatto la storia della musica italiana, ospite nell’ultimo Festival di Sanremo e nel concertone del prossimo Primo Maggio, sarà protagonista della serata conclusiva.

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Big Band Course 2015 Teachers’ Concert - L’importanza didattica dei concerti dei docenti, come strumento di valutazione per i giovani musicisti, ai quali viene offerta una concreta opportunità di potersi misurare e confrontarsi con i loro insegnanti, approfondendo la conoscenza di composizioni che fanno parte delle pagine artistiche più importanti nell’ambito della musica da camera di tutti i tempi, facendo in modo di arricchire e accrescere il proprio bagaglio culturale, strumentale e di apprendimento delle metodiche e delle tecniche di esecuzione concertistica.

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Con il sostegno del New York Jazz Workshop, un progetto didattico di collaborazione tra enti artistici internazionali, che vedrà l’instaurazione del seminario per la formazione della tradizionale Big Band Fenaroli, la registrazione di un lavoro discografico a etichetta EMF, e terminerà con l’evento concertistico delle “TORRI MONTANARE”, nel corso del quale verrà presentata una composizione inedita contemporanea in prima esecuzione assoluta, commissionata al direttore e compositore Antonio Ciacca dall’Associazione “Amici della Musica” Fedele Fenaroli.

I sapori della cucina tipica abruzzese a pochi passi dal mare 29

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L’obiettivo del LANCIANO INTERNATIONAL GUITAR SEMINAR 2015 Edition, è quello di promuovere la formazione chitarristica solistica e d’insieme. Docenti di fama internazionale svolgeranno lezioni individuali e collettive durante i sei giorni del seminario e il loro concerto, finale è un importante momento di confronto, che chiuderà il loro impegno didattico. L’esperienza della musica d’insieme è indispensabile per la formazione completa di uno strumentista e riveste un valore particolare soprattutto per coloro che, per le peculiarità dello strumento e del repertorio.

Orchestral Course 2015 Teachers’ Concert - L’importanza didattica dei concerti dei docenti, come strumento di valutazione per i giovani musicisti, ai quali viene offerta una concreta opportunità di potersi misurare e confrontarsi con i loro insegnanti, approfondendo la conoscenza di composizioni che fanno parte delle pagine artistiche più importanti nell’ambito della musica da camera di tutti i tempi, facendo in modo di arricchire e accrescere il proprio bagaglio culturale, strumentale e di apprendimento delle metodiche e delle tecniche di esecuzione concertistica.

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è l’evento concertistico di chiusura della parte estiva dell’Estate Musicale Frentana 2015, un progetto esclusivo per un concerto unico e straordinario, quello della notte di S. Lorenzo, con l’Orchestra Sinfonica Internazionale Giovanile “F. Fenaroli”; un organico importante preparato da docenti italiani e stranieri di fama internazionale, con la partecipazione di giovani allievi provenienti da tutto il mondo, che diretto dal M° Tatsuya Shimono, straordinario direttore che si è imposto all’attenzione della critica internazionale collaborando regolarmente con le orchestre e le istituzioni più famose al mondo, eseguirà la stupenda Ouverture dal CORIOLANO, e la celeberrima Sinfonia n. 7, Op. 92 di L. v. Beethoven.

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Tornareccio... da visitare

La cittĂ del miele

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Il dolce profumo del miele e la fantasia di chi delle api ha fatto la sua vita. Il tutto “condito” con appuntamenti culturali, dibattiti, laboratori artistici, musica e tanto divertimento. Questo e molto altro è “Tornareccio Regina di Miele”, la mostra mercato del miele e dei prodotti tipici che ritorna ogni anno a settembre nel suggestivo centro storico del paese. Promosso dal Comune di Tornareccio (socio fondatore del club nazionale ”Le Città del Miele”) questo evento vuole essere occasione promozionale per il territorio e le sue ricchezze. Ogni anno, infatti, nei vicoletti del centro storico, in un suggestivo percorso dove sapori e profumi si mescolano ad arte, storia e cultura; i protagonisti indiscussi i genuini prodotti della tradizione locale quali il miele, le mozzarelle, i salumi, l’olio, i dolciumi e tante altre tipicità del territorio.

Un grazie a Nicola Iannone per la preziosa collaborazione 35 Vacanze in Frentania 2015.indd 35

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il dolCe saPore della naTUra

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Uno scorcio del centro storico disseminato di preziosi e artistici mosaici

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Un mosaico per Tornareccio

Mosaico, particolare

“Un Mosaico per Tornareccio” è una singolare manifestazione artistica, nata quasi per gioco dal desiderio di Alfredo Paglione, noto gallerista milanese di origini tornarecciane, di voler realizzare nel suo paese natio un museo di arte contemporanea all’aperto. Nasce così, nel 2006, l’idea di dar vita attraverso un premio artistico, ad un museo di mosaici: opere d’arte eterne, a disposizione dell’intera comunità. Dal 2006, ogni estate, importanti artisti italiani e stranieri realizzano appositamente per Tornareccio dei bozzetti che celebrano le api e la natura. Questi bozzetti sono esposti per un mese e gli stessi abitanti, supportati da una giuria tecnica stilano attraverso una votazione la graduatoria che sancisce i bozzetti destinati a diventare mosaici. Ogni anno l’opera vincitrice viene trasformata in mosaico a spese del Comune di Tornareccio. Oltre ad essa, l’interesse di numerosi sponsor (sia privati che enti pubblici) rende possibile l’esecuzione in mosaico anche di alcuni bozzetti

presenti nei primi posti della graduatoria. I mosaici vengono realizzati a Ravenna, capitale indiscussa dell’arte musiva dalla cooperativa mosaicisti di Ravenna. I mosaici, collocati sulle facciate delle case del paese, rendono una passeggiata nel centro storico un’esperienza artistica di grande suggestione. Con questo progetto si assiste alla costruzione – è il caso di dirlo, tessera dopo tessera - di un vero e proprio museo, in cui natura, storia, artigianato, arte contemporanea e quotidianità dialogano in perfetta simbiosi. In questo magico insieme, ogni singolo abitante si trova ad essere non solo parte integrante di un singolare museo, ma con il suo vissuto lo arricchisce di giorno in giorno. I mosaici eseguiti fin’ora portano la firma di artisti molto importanti nel panorama artistico internazionale, come: Sassu, Ortega, Savinio, Guccione, Calabria, Modica, Carroll, Galliani, per citarne alcuni etc…

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Tornareccio, panorama

Monte Pallano, il mitico luogo dei giganti Sul massiccio di Monte Pallano che domina sulla valle del fiume Sangro spicca per la sua imponenza il centro fortificato, un tempo luogo di controllo, difesa e ricovero della popolazione e degli armenti. La posizione strategica garantiva il controllo su tutto il territorio circostante e sui pascoli comunitari. Le mura di cinta del centro fortificato, che in realtà non cingevano l’intera area ma ne rafforzavano solo i punti più esposti, sono megalitiche e sembrano essere state realizzate tra il V ed il IV sec. a.C., sfruttando spesso le rocce che affioravano naturalmente dal suolo. Il circuito doveva misurare circa 4 km, includendo circa 35 ettari. Le porte, caratterizzate da possenti architravi monolitici, si aprivano lungo il tratto di mura che sbarra l’accesso al monte da nord-est e sono ancora oggi riconoscibili. L’insediamento sembra aver subito una vera e propria stratificazione nel tempo: alle mura megalitiche si affianca la grotta dell’Asino, un insediamento databile all’età augustea e capanne pastorali costruite nel secolo scorso. La cinta muraria, realizzata con blocchi calcarei disposti in posizione leggermente inclinata verso l’interno, senza malta, si estende per circa 160 m. e a volte supera anche i 5 m. di altezza. Il complesso trova una collocazio-

ne cronologica tra il VI e il IV sec. a.C. Presenta tre aperture, due definite “posterle” di cui una è denominata “porta del Monte” ed una terza denominata “porta del Piano”, punto di accesso dell’altopiano, preceduta da un piccolo corridoio di accesso e sormontata da un doppio architrave monolitico. All’interno sono ancora visibili le tracce di una torre a pianta circolare. Nelle vicinanze delle mura era posizionato l’insediamento databile al periodo augusteo (II a.C - I d.C.) caratterizzato da ambienti di forma rettangolare. I muri sono realizzati con pietra locale, sono assemblati con un impasto di terriccio e raggiungono uno spessore di 50 cm. Gli scavi condotti nell’area hanno evidenziato tracce di tegoloni, ed anche frammenti di rocchi, che fanno pensare alla presenza di un edificio colonnato. L’identificazione dell’abitato, che non raggiunse mai la costituzione municipale è possibile sulla base di un toponimo ancora conservato nella località. Nella Tabula Peutingeriana si parla infatti i un insediamento, Pallanum, posto tra Histonium ed Anxanum. Il segno più imponente della presenza umana, in età italica, su Monte Pallano è rappresentato dalla possente cinta muraria, risalente al V-IV secolo a.C.

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e verosimilmente ricollegabile alle vicende della popolazione sabellica che per lungo tempo ha abitato questa montagna, i Lucani. Situate sulla parte terminale dell’altopiano, quella che degrada progressivamente verso Tornareccio, a non molta distanza dai ripetitori e dalle antenne, le mura megalitiche di Monte Pallano, realizzate con enormi massi di calcare locale, raggiungono attualmente la lunghezza di 163 metri, superando a fatica i 5 sia in larghezza che in altezza. In origine, come risulta anche da un documento del 1894 conservato nella Cattedrale di Atessa, la muraglia era molto più grande, includendo ben 5 ordini di blocchi in più rispetto a quella attuale, ed era intervallata da tre porte: la cosiddetta “Porta del Piano” (quella meglio conservata), la “Porta del Monte” ed un terzo passaggio, brutalmente abbattuto anni addietro per consentirvi il passaggio di una strada rurale. Queste entrate, distanti circa 60 metri l’una dall’altra, se da un lato lasciano supporre un’esigenza di mobilità per quanti si trovavano all’interno, dall’altro avevano una valenza prettamente difensiva: la loro esigua larghezza (solo 89 cm) non poteva permettere, in caso di assalto dei nemici, l’ingresso di più di una persona per volta. La Sovrintendenza Archeologica di Chieti ha iniziato, negli ultimi anni, un importante opera di recupero architettonico delle mura, concentrandosi, tra l’altro, sulla ricostruzione dei passaggi e sulla migliore “visibilità” dell’insieme. Su queste mura, sulla loro

funzione e sulla loro costruzione molto si è fantasticato, specie da parte di una popolazione tenuta costantemente all’oscuro dei risultati dei (non molti) lavori scientifici appositamente svolti: c’è chi le attribuisce ai Saraceni, chi alla straordinaria forza di mitici ciclopi, chi, ancora, ai Paladini di Carlo Magno (non a caso, le mura sono conosciute, nel luogo, anche come “Mura paladine”), sovrapponendo ai numerosi elementi mitologici, fattori medievali di esplicita importazione franca. Ovviamente, niente di tutto questo ha una sua attendibilità scientifica. In attesa di conoscere i risultati degli ultimissimi lavori (tuttora in corso), con certezza sappiamo che il ricorso a fortificazioni megalitiche in età italica non è del tutto eccezionale. Tutt’altro. In Abruzzo e Molise gli esempi di mura similari a quelle di Monte Pallano sono numerosissimi, specie nei territori peligni (nell’area di Sulmona) e in quelli dei SannitiPentri (nel beneventano e nell’alto Molise) dove finora ne sono stati censiti almeno 200. Per rimanere nella zona sangrina, alcuni esempi di recinti megalitici, seppur di dimensioni certamente più modeste rispetto alle mura di Pallano, sono quelli di Monte Vecchio, Monte Maio, Montenerodomo, Monte Moresco, Monte San Giuliano e Colle della Guardia. Ma Monte Pallano, a differenza di questi altri centri, e per la sua morfologia e per la sua eccezionale posizione, ricopriva inevitabilmente un ruolo centrale nella difesa militare del territorio, in quanto

Le antiche mura megalitiche

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Un angolo d’altri tempi. Sullo sfondo uno scorcio dell’abitato

dalla sua cima si può controllare pienamente tutto Se la funzione difensiva e militare delle mura è quelil territorio frentano e quello vastese, allungando lo la che balza immediatamente agli occhi, non è da sguardo fino al mare Adriatico. Del resto, non appare escludere anche una loro funzione sacrale, in quaninverosimile “l’ipotesi di una “copertura” difensiva to il recinto megalitico di Pallano presenta caratteri completa di vastissimi territori di più regioni del analoghi a esempi architettonici di dimensione eurocentro Italia, con allineamenti strategici tali da conpea normalmente preposti a ricoprire anche funzioni sentire la trasmissione di mistiche - si pensi alle messaggi “simbolici” da costruzioni nuragiche per gli amanti della natura sponda a sponda, Tirredella “vicina” Sardegna, no-Adriatico e viceveralle cittadelle micenee, Su Monte Pallano si snoda una fitta rete di sensa, in tempi rapidissimi ai complessi megalititieri naturalistici adatti a diverse età, preferenze e con efficacia immeci celtici e sassoni e ai ed abilità, cammini che ricalcano antichi sentieri diata” (A. Cicchitti). Ebtempli neolitici di Malta: utilizzati dalle popolazioni delle aree circostanbene, Pallano, in questo non è del tutto improbati per raggiungere la montagna fino a tempi non schema “naturale”, si bile, allora, che anche su troppo lontani. I suggestivi percorsi permettono inseriva in maniera perMonte Pallano le mura al visitatore di scoprire man mano tutte le ricfetta, contribuendo incipotessero assumere il chezze che il monte custodisce, dalle mura mesivamente a tenere alla rango di veri e propri galitiche all’abitato ellenistico romano, dai fitti e larga sia le popolazioni “recinti sacri” con posmisti boschi al torrente canaloni, dal lago nero ai della Magna Grecia (che sibili e inquietanti valori prati odorosi, alle rocce calcaree e tanto altro. Si evitarono di stabilire rapmisterici e religiosi. Se a organizzano: visite guidate all’area archeologica; porti commerciali con le tutto ciò si aggiungono escursioni libere e guidate; passeggiate tematiche popolazioni sannitiche le mille leggende su prealla scoperta di funghi, erbe officinali, mangerecle quali privilegiavano, sunte grotte, ricchi tesori ce, frutti e bacche di stagione. invece, quelle lontane e e straordinari folletti che meno invadenti dell’Illiria, nell’attuale Dalmazia), infestano la montagna, si capisce perché ancora oggi sia tutti i plausibili nemici, anche se, come è noto, chiunque entri a contatto con Monte Pallano non può i temutissimi romani riuscirono ad avere la meglio non paragonarsi con una storia affascinante e, allo anche sulle fortificazioni italiche a partire dal II sestesso tempo, ancora troppo misteriosa. colo a.C..

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Alla ricerca di antiche civiltà Su Monte Pallano è operativo un Centro di documentazione e visite realizzato dalla Soprintendenza per i beni Archeologici dell’Abruzzo: pannelli, pubblicazioni, testi e documentazione audio-visiva, insieme alla possibilità di fare passeggiate ed escursioni, o di gustare le tipicità del territorio, accolgono il visitatore interessato a conoscere la storia, la cultura e la natura di questo territorio. Le attività proposte sono diverse: • laboratori didattici in ambiente: esplorazione di ecosistemi naturali ed emergenze storico-archeologiche;

• percorsi educativi e progetti nelle scuole: approfondimento di problematiche ambientali, energia, rifiuti, acqua ed educazione interculturale; • soggiorni verdi per la scuola: attività di 3 o 5 giorni per scoprire l’ecosistema Monte Pallano in tutte le sue sfaccettature; • campi estivi: esperienze di immersione nella natura attraverso attività sul campo, eco-giochi, laboratori di manualità, attività di riflessione; • divulgazione ambientale: seminari, convegni e giornate di studio per favorire nuove conoscenze e competenze a favore dello sviluppo sostenibile.

Fontana monumentale nel centro storico

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torino di sangro... da visitare Le origini del nome sono incerte. Secondo la leggenda più conosciuta gli abitanti di “Civita di Sangro”, assaliti dai Saraceni, fuggirono preceduti da un toro che si fermò sotto l’antica torre, ove essi si rifugiarono, dando così vita ad un nuovo paese che prese il nome di Torino. Dopo l’unità d’Italia il nome venne mutato in Torino di Sangro per evitare disguidi e confusioni.

La chiesa della Madonna di Loreto Venne costruita, nei primi anni del secolo decimoquarto, poco tempo dopo la miracolosa traslazione della Santa Casa. Era in principio di modeste proporzioni, fuori le mura e in mezzo alle boscaglie che occupavano l’attuale corso Lauretano. Intorno al 1845 fu costruito il campanile. Nel 1902 l’arciprete Priori fece il pavimento in cemento, l’alcova e la balaustra di marmo, mediante il concorso finanziario degli emigrati in America e

di Monsignor Adami. Il trono in metallo dorato su cui poggia la Madonna, venne fatta su iniziativa dei fratelli d’Intino, con denaro versato, specialmente dai nostri emigrati nelle Americhe. Il 4.4.1999 fu inaugurato il portale nuovo della Chiesa, dono degli eredi del nostro concittadino De Mia Camillo, illustre professore di diritto. (Tratto dal libro di Tortella Maria Rosaria “Breve storia di Torino di Sangro dal 1800 al 2000”).

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La chiesa di San Salvatore Non è possibile stabilire con esattezza l’epoca in cui essa venne costruita. Le prime notizie si fanno risalire al 1302 da un documento che nomina la Chiesa di San Salvatore tra quelle soggette alle badie di Santo Stefano e di Arabona. Si pensa che la prima costruzione risulti di data più antica. La chiesa è di stile Barocco, ma la omogeneità della costruzione, tutta in mattoni, fa pensare all’architettura della seconda metà del cinquecento. La Chiesa ebbe, probabilmente all’inizio, modeste dimensioni e nel corso degli anni, subì rifacimenti e ampliamenti. Restauri di una certa entità si ebbero nel 1848 e 1849 dall’arciprete don Alessio Tessitore, il quale rialzò la navata centrale, abbellita di ornati a stucco, costruì la cappella intitolata alla Madonna del Rosario e quella della Madonna del Carmine (In quest’ultima nel 1858 l’avv. Francescopaolo Priori

acquistò il diritto alla sepoltura per la sua famiglia che durò fino al 1866 ( anno in cui il diritto venne meno per le leggi sanitarie), restaurò gli altari della Maddalena e di Sant’Antonio Abate, rinnovò il pavimento e fece eseguire nel 1857 da De Benedictis di Guardiagrele le pitture della volta. Nel 1894 il sindaco del tempo Gaetano Priori fece eseguire i lavori che consisterono nella rinnovazione delle porte della facciata, dell’altare maggiore, del pavimento e del palco dell’organo; nella costruzione della balaustra di marmo, nella ripulitura del coro, degli altari, del battistero ecc. Le opere in muratura furono eseguite dai capimastri fratelli D’Angelo e le porte dall’intagliatore Nicola Neri. La chiesa fu riaperta al culto il 26.11.1908. Altri lavori di restauro furono eseguiti nel 1955. Nel 1998 furono sostituiti i pavimenti , rifatto a nuovo l’impianto elettrico e abbattuto la balaustra di marmo ma per ridare il giusto splendore all’interno della Chiesa, sono necessari altri lavori. (Tratto dal libro di Tortella Maria Rosaria “Breve storia di Torino di Sangro dal 1800 al 2000”).

Piazza Donato Iezzi. Spiccano (a sinistra) il Palazzo Priori e (a destra) il Palazzo Civico

Un grazie a Nino Di Fonso per la preziosa collaborazione 47 Vacanze in Frentania 2015.indd 47

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Le meraviglie naturalistiche della lecceta La Riserva Naturale Regionale “Lecceta di Torino di Sangro” è stata istituita con L. R. n. 67 del 19.12.2001 ed è estesa 175 ettari. L’area, comprende anche la foce del fiume Sangro, è sovrastata da un bosco misto in cui domina la lussureggiante macchia mediterranea. Per il suo notevole interesse vegetazionale, nel 1971 il bosco è stato inserito fra i biotopi di rilevante interesse vegetazionale meritevoli di protezione della Società Botanica Italiana e successivamente tutelato con la Legge Regionale della Flora n. 45/79. L’area boscata, che si estende ad angolo tra l’ultimo tratto del fiume Sangro in prossimità della foce e la costa adriatica, si sviluppa su di un territorio in realtà molto più ampio di quello della Riserva. Si tratta di uno dei pochi boschi litoranei relitti sull’Adriatico, impiantato su arenarie del pliocene che si estende

dal livello del mare fino a circa 115 m di quota e forma un unicum ambientale con le ampie fasce ripariali del Sangro. La specie arborea dominante è il leccio (Quercus ilex) a cui si associano la roverella (Quercus pubescens) e l’orniello (Fraxinus ornus), mentre nei settori più mesofili con esposizione settentrionale è presente il cerro (Quercus cerris) ed un ricco sottobosco dominato da densi tappeti di edera (Hedera elix). Lo strato arbustivo è molto ricco di specie, con un’alta densità di individui. Al leccio e alla roverella si associano il carpino orientale (Carpinus orientalis), il sanguinello (Cornus sanguinea), la rosa di San Giovanni (Rosa sempervirens), il biancospino (Crataegus monogyna), il ligustro (Ligustrum vulgare), il pungitopo (Ruscus aculeatus). Interessante è la presenza dell’alaterno

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La Rosa dei Venti

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(Rhamnus alaternus), della liquirizia (Glycyrrhiza glabra) e del lentisco (Pistacia lentiscus). Troviamo poi con una certa abbondanza specie rampicanti come la salsarapiglia (Smilax aspera) e la robbia selvatica (Rubia peregrina) mentre nelle zone più degradate della lecceta vegeta l’ampelodesma (Ampelodesmos mauritanicus) che conferisce all’ambiente un aspetto di steppa litoranea. Questo bosco riveste grande importanza anche per la fauna: oltre agli uccelli acquatici che frequentano la foce del Sangro ed il litorale adriatico, nella folta vegetazione mediterranea trovano rifugio numerosi uccelli, sia durante il periodo riproduttivo che nei periodi di passo. Le specie più interessanti sono i silvidi tra cui la capinera (Sylvia atricapilla), l’occhiocotto (Sylvia melanocephala), la sterpazzolina (Sylvia cantillans), il canapino (Hippolais polyglotta) oltre a numerosi piccoli uccelli più comuni come le cince (Parus sp. pl.), lo scricciolo (Troglodytes troglodytes), ecc. Raramente sono state osservate nei pressi della foce, durante il periodo di passo, specie interessanti come la pispola golarossa (Anthus cervinus) mentre nelle aree marginali del bosco è nidificante l’”esotico” gruccione (Merops apiaster). Tra le altre classi di animali meritano una certa attenzione i rettili con la presenza del geco verrucoso (Hemidactilus turcicus), del geco comune (Tarentola mauritanica) e soprattutto della testuggine terrestre (Testudo hermanni): il bosco rappresenta infatti l’unica area certa nella nostra regione dove questa tartaruga vive e si riproduce. INQUADRAMENTO GEOLOGICO GENERALE L’area della Lecceta è ubicata geologicamente, nel settore esterno della zona pedemontana appennica, precisamente nella piana tra la Majella e l’Adriatico, nella parte terminale di una delle tante dorsali in cui il settore è suddiviso dalle valli dei corsi d’acqua che affluiscono all’Adriatico. In questo settore affiorano in larga prevalenza sedimenti marini argillosi di età compresa tra il Miocene superiore ed il Pleistocene, sormontati nelle zone più prossime al mare, da ter-

reni sabbioso-conglomeratici, sempre di ambiente marino, del Pleistocene. Questi sedimenti a granulometria grossolana testimoniano il progressivo ritiro del mare dalla zona, tra la fine del Pleistocene e l’inizio del Quaternario; in particolare, l’ambiente di sedimentazione delle peliti basali e quello da infraneritico ed epibatiale, le sabbie costituiscono depositi di spiaggia sommersa e battigia, mentre i conglomerati e più in generale le ghiaie formano in parte depositi di spiaggia ed in parte depositi fluviodeltizi. Localmente questi terreni sabbioso conglomeratici sono coperti da spessori anche considerevoli di limi argilloso-sabbiosi, ultima testimonianza del ritiro del mare dall’area. Il passaggio tra la formazione argillosa sottostante e quella sabbioso-conglomeratica sovrastante avviene con gradualità, infatti si verifica un sensibile e progressivo aumento del numero e dello spessore delle intercalazioni sabbiose nella parte alta della formazione argillosa. I terreni sabbioso conglomeratici di superficie nella porzione basale sono costituiti da sabbie giallastre grana medio-grossa in grossi banchi sciolte o debolmente cementate, con intercalati orizzonti e lenti di modesto spessore più cementati. Verso l’alto queste sabbie passano gradualmente a sabbie variamente associate a ghiaie, da sciolte a fortemente cementate con prevalenza di termini ghiaioso-conglomeratici dell’emergente catena. La genesi di questi depositi grossolani è da ricercar nello smembramento dell’emergente catena appenica per erosione e successivo deposito nella vasta depressione marina adriatica. Lungo il versante settentrionale e prospiciente il mare, le formazioni sopra descritte sono coperte da prodotti della degradazione meteorica ed in particolare da vere e propri accumuli di frana connessi alle sabbie ghiaie con spessori considerevoli. Si rilevano infatti ghiaie lavate o in matrice limo sabbiosa e blocchi isolati completamente ribaltato sia di sabbie che di conglomerati. Lungo i corsi d acqua Sangro a nord, limite settentrionale della Riserva e a sud l’Osento si rinvengono depositi alluvionali in parte terrazzati.

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Il trabocco è una struttura, principalmente in legno, utilizzata per la pesca da costa ed è costituita da una piattaforma collegata alla spiaggia da una passerella anch’essa in legno e presenta un casotto che serve da riparo per i pescatori. La pesca avviene tramite una rete a bilancia che viene calata in acqua grazie ad un complesso sistema di paranchi ed argani, e successivamente salpata su per recuperare il pescato. La struttura non ha fondazioni vere e proprie ma è in equilibrio con strallo di cavi e con fissaggio di pali alla roccia. Nella Provincia di Chieti sono presenti con una certa frequenza tra Ortona e Vasto, con densità maggiore compresa tra i Comuni di San Vito e Fossacesia, tale da essere denominata come “Costa dei Trabocchi”. Fino agli anni ‘50 era presente un trabocco anche nel comune di Torino di Sangro ed era sito in Località Le Morge in prossimità di un grande masso di arenaria, noto come “Lu scujone”. L’azione del mare e la difficoltà nel manutenere la struttura hanno portato alla sua distruzione. L’Amministrazione Comunale credendo con forza nella sua ricostruzione intraprendeva la non facile strada per poterlo ricostruire, che grazie alla bontà progettuale e alla rilevanza strategica dello stesso si vedeva riconoscere un finanziamento per la sua realizzazione che è ad oggi in corso.

Il Trabocco Le Morge 50 Vacanze in Frentania 2015.indd 50

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rocca san giovanni... da visitare

La storia secolare di un borgo antico La storia e le origini della chiesa di San Matteo Apostolo è strettamente legata alla storia dell’abbazia di San Giovanni in Venere come anche la storia dell’intero borgo. Collocata sulla rocca dove sorgeva il castrum denominato Castro di Rocca, che aveva funzione di avvistamento e di difesa, la chiesa assunse funzione di ricovero e rifugio per i monaci di San Giovanni. La sua costruzione viene collocata tra il XII e il XIII secolo, coeva alla fondazione della Rocca di San Giovanni avvenuta al tempo di Oderisio I abate (1076). Iscrizioni su lapidi, riportate dal Bindi, attestavano la nascita del castrum e della sua chiesa che in origine era dedicata alla Beata Vergine Maria e a San Giovanni Battista. Della chiesa di San Matteo la prima documentazione storica è contenuta nello statuto del 1 gennaio 1200, emanato in occasione dell’ampliamento della Rocca per dare ospitalità ai coloni esterni. In esso per la prima volta si nomina la chiesa di San Matteo come chiesa matrice a capo di tutte le chiese del borgo. Il Gavini trova un riscontro a questa notizia

nella iscrizione sulla facciata della chiesa recante la data del 1200. Nel corso dei secoli ha subìto diverse trasformazioni e rimaneggiamenti che solo i restauri novecenteschi hanno smantellato riportando alla luce l’originaria struttura. La chiesa si articola in tre navate divise da pilastri di diversa forma, rettangolare, cilindrica o cruciforme, reggenti arcate a sesto acuto a doppia ghiera. Un tempo la chiesa terminava in absidi semicircolari come in San Giovanni in Venere, successivamente abbattute e sostituite in epoca moderna da una zona presbiteriale. La copertura originaria era quella a tetto, poi sostituita in epoca barocca dalla copertura a volte ed oggi ripristinata attraverso lavori di restauro. La facciata presenta un portale centrale arcuato molto semplice; architrave, stipiti e lunetta sono privi di decorazione, unico elemento decorativo è la doppia cornice in pietra che li circoscrive. Alla destra della facciata si trova la torre campanaria a sezione quadrangola, completamente alterato a causa da opere architettoniche moderne di nessun pregio.

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fara san martino... da visitare

Alle falde della Maiella

Case arroccate lungo un crinale dietro le quali vigila la Maiella

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Adagiato alle falde rocciose della Maiella in corrispondenza dello sbocco del vallone di Santo Spirito, il capoluogo di questo comune di transizione dal Chietino alla Val di Sangro è inserito in un contesto tipicamente montano, per sua natura ostile alle comunicazioni, ma non presenta, per questo, sintomi di isolamento: è raggiungibile tramite la strada statale n. 263 della valle del Foro e dista appena una manciata di chilometri dalla statale n. 84 Frentana, che collega la stazione sciistica aquilana di Roccaraso con il comune costiero di San Vito Chietino. Di spirito vivace, la comunità organizza ogni anno un nutrito calendario di manifestazioni folcloristiche: oltre alle sagre del tartufo (agosto), della pasta (luglio-agosto) e della caldarrosta (11 novembre), meritano una menzione particolare i festeggiamenti dedicati alla Santissima Trinità (20 maggio), con il tradizionale “ballo della pupa”, la marcia ecologica della Val Serviera (giugno) e il tradizionale falò presso le sorgenti del Verde a cui i faresi danno vita in onore di San Giuseppe (19 marzo) -in questa località sono ubicati un’area picnic e un centro recupero di uccelli rapaci-. La festa del Patrono Sant’Antonio si celebra il 24 agosto con una gara di artifici pirotecnici davanti alle gole di San Martino.

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Terra Vecchia, uno dei rioni del borgo

Cenni storici Il toponimo, che contiene la voce germanica Fara, ovvero ‘luogo di residenza di un nucleo gentilizio longobardo’, sembrerebbe indicare l’origine altomedievale del più antico nucleo abitato; il borgo sorse con tutta probabilità all’epoca della colonizzazione benedettina, fra IX e X secolo, come aggregazione di maestranze e di contadini al servizio del monastero di San Martino in Valle; questo vi esercitò il suo controllo fino al XV secolo; poi subentrarono i Valignani di Chieti, che nel 1584 vendettero il feudo a Melchiorre Reviglione. Nel suggestivo vallone di Santo Spirito emergono dalla ghiaia i resti dell’abbazia di San Martino in Valle, mentre la parrocchiale intitolata a San Remigio conserva una tela di Tanzio da Varallo, realizzata tra il 1612 e 1614, oltre a raffinate opere di oreficeria.

IL PAESE DELLA PASTA Le tradizioni che questo comune custodisce con tanto geloso attaccamento sono nobili e di grande prestigio: da tempi immemorabili, infatti, l’artigianato locale ha coltivato e raffinato le tecniche di produzione della pasta, che ha assunto ai nostri giorni caratteristiche industriali; sorgono a poca distanza l’uno dall’altro, quasi all’imboccatura del vallone di Santo Spirito, due pastifici di fama internazionale che alimentano il volume delle esportazioni.

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L’Abbazia di San Martino in Valle (IX - XV secolo) All’imbocco dello spettacolare Vallone di Fara S. Martino, si trova l’Abbazia benedettina di San Martino in Valle, ritornata in luce nel 2009 dopo un accurato intervento di scavo archeologico (era stata completamente sepolta da varie alluvioni). Si possono ammirare i resti del cancello presso le Gole, il cortile d’ingresso, la foresteria, una cappella scavata nella roccia, il porticato monumentale, la Chiesa con portale d’ingresso in conci incastrati, altari, colonnine e bassorilievi finemente decorati d’età medievale. Dove si trova: A Fara S. Martino, è raggiungibile con 10 minuti a piedi dal parcheggio delle “gole” Curiosità: La “N’dorcia” è una processione organizzata ancora oggi in maggio dai devoti di San Martino eremita di Atessa (da non confondere con San Martino Vescovo di Tours che dà il nome al monastero e al paese), che giungono a piedi portando in processione un enorme cero adornato di foglie per adagiarlo sui resti del sito archeologico. Informazioni e visita: Centro di Visita del Parco di Fara S. Martino Leggi di più: I toponimi Sala del Monaco e Santo Spirito testimoniano la presenza del Monastero nei secoli. Quest’ultimo indica una minuscola cella eremitica, in uno sgottamento, utilizzata per i ritiri spirituali dai monaci della comunità e che dà il nome al tratto iniziale della lunghissima Valle di Fara San Martino. Un luogo mistico tra le gole della Maiella Nella valle di Fara San Martino, paese noto per essere una delle capitali mondiali della pasta, si trova il

vallone di Santo Spirito. Tale valle è ancor oggi meta di una processione che i devoti di Atessa compiono sul luogo dove sorgeva l’antico monastero di San Martino in Valle. Per essere precisi dobbiamo dire che il monastero, posto all’imbocco della valle, esiste ancora seppure sepolto sotto circa dieci metri di detriti, dai quali spunta solamente il campanile, quasi ad invocare aiuto. Intorno al paese sono numerose le grotte che un tempo furono rifugio di pastori, briganti e monaci, e tra queste l’eremo. A circa due ore di cammino dal monastero si trova un grosso riparo di circa settanta metri di lunghezza che, nella parte centrale, conserva una cella eremitica. Testimonianza dell’antica presenza sono le pietre lavorate: scanalate, lisciate e squadrate. L’unica opera recente è un piccolo muro a secco che si eleva perpendicolarmente alla parete in modo da realizzare un momentaneo riparo. La scelta di questo sito fu condizionata dalla vicinanza ad una sorgente d’acqua, motivo per cui esso fu frequentato sin dai tempi dell’età del Bronzo, come testimoniano i rinvenimenti di alcune lame di selce. Non esistono notizie né reperti che ci permettano di stabilire in quale periodo e per quanto tempo l’eremo sia stato frequentato dai monaci del monastero. Difficile è anche stabilire la data di nascita di questo. Potrebbe risalire all’VIII secolo oppure alla prima metà dell’IX, se si ritiene fondato dal conte chietino Credindeo. Certamente esso compare nella bolla papale di Onorio I del 1222 II , nella quale si attesta la donazione al monastero dei beni del conte chietino Credindeo. Nel 1452 il monastero venne soppresso da papa Nicolò V e unito al Capitolo Vaticano. Alla fine del Settecento il monastero passò al Regio Patronato e definitivamente unito all’Arcidiocesi di Chieti. La causa della sua scomparsa fu un’alluvione avvenuta all’inizio dell’Ottocento che ricoprì la struttura di detriti sotto i quali ancora oggi riposa. La piazza

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I 3000 litri di portata d’acqua al secondo del fiume Verde costituiscono non solo un’importante risorsa idrica per uso potabile, ma anche un’eccellente occasione di sfruttamento energetico

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RISERVA NATURALE ORIENTATA FARA SAN MARTINO-PALOMBARO è situata nel cuore della Majella ed ha un’estensione di 4.202 ettari compresi tra i due omonimi comuni in provincia di Chieti. La riserva é caratterizzata da estese formazioni di pino mugo, da vaste faggete e da nuclei spontanei di pino nero. Notevole è la presenza di diverse specie erbacee ed arbustive di elevato valore scientifico e naturalistico. Tutta l’area ospita diverse specie di uccelli quali l’aquila reale, il falco pellegrino, il lanario e l’elegante picchio muraiolo; inoltre, troviamo tra i mammiferi l’ orso bruno e il lupo appenninico. Nella Riserva, non lontano dal centro di Fara San Martino si trovano le scenografiche Gole di San Martino, una forra suggestiva larga qualche metro, scavata in passato dall’azione incessante delle acque, che vale senz’altro la pena di visitare e consente ai più esperti di arrivare fin su la vetta di Monte Amaro, a 2973 mt di quota. Nella piazza principale di Fara vi è il centro visite che offre al visitatore la possibilità di avere informazioni, pieghevoli turistici e di acquistare carte dei sentieri, guide, manuali, ricordini e gingilli s del Parco Nazionale della Maiella. Nel centro vi è anche il museo naturalistico, aperto nel periodo estivo tutti i giorni con orario 9,30/13,00- 15,30/19,00, negli altri periodi il sabato e la domenica. Il percorso museale fa immaginare di percorrere un sentiero che per caratteristiche climatiche, altitudinali, geologiche, floristiche e vegetali, consente di conoscere il Massiccio della Majella nei suoi angoli più suggestivi, più veri. Simbolo della Riserva è la Coturnice.

un dislivello di 2400 m. e assume, man mano che si sale, la denominazione di valle di Santo Spirito, valle di Macchia Lunga e valle Cannella. Dove si trova: Sul versante orientale del parco, si raggiunge da nord per Guardiagrele e Casoli, da sud passando per Palena. Curiosità: Secondo la tradizione la stretta di San Martino fu aperta a “gomitate” dal Santo per facilitare ai pastori locali l’accesso alla montagna. Informazioni e visita: Centro di Visita del Parco di Fara S. Martino Leggi di più: Da vedere sono il Monastero di S. Martino in Valle, le marmitte scavate nella roccia (“impronte” dei gomiti del Santo). Nella valle sono tante le grotte di natura carsica, molte delle quali in

Il portale d’ingresso a Terra Vecchia

Per ulteriori informazioni: Centro visite tel. 0872.980970 http://www.parcomajella.it www.caifarasanmartino.it La Valle di Fara San Martino Il borgo di Fara S. Martino è un punto di osservazione straordinario per scoprire la storia geologica della Maiella, con la montagna che incombe con le sue fratture e con le profonde stratificazioni calcaree. A monte dell’abitato ha inizio la spettacolare gola di San Martino, stretta circa un metro e chiusa da pareti verticali alte centinaia; il vallone che si sviluppa da qui è lungo circa 14 Km, presenta

passato sono state luoghi di culto e di rifugio. Da vedere la Grotta dei Diavoli, la Grotta dei Callarelli, la Grotta de Li Trazzir.

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fara san marTino 2 agosTo 2015 radUno seZionale al Piano della Casa Parco Nazionale della Majella Percorso: Gole di Fara San Martino, Bocca dei Valloni, Milazzo, Piano della Casa e rientro. Gradi di difficoltà: ED Tempo medio di percorrenza: 7 h Dislivello in salita: 1.350 m L’escursione prevede un ristoro per pranzo presso il Piano della Casa. 6 seTTembre 2015 esCUrsione – PiZZo Cefalone Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga Percorso: Campo Imperatore, Passo del Lupo, La portella, Pizzo Cefalone, Monte Portella, Rif. Duca degli Abruzzi, Campo Imperatore. Gradi di difficoltà: EF Tempo medio di percorrenza: 6 h Dislivello in salita: 450 m

Luglio, agosto e settembre con il CAI 19 lUglio 2015 esCUrsione – monTe amaro Parco Nazionale della Majella Percorso: Fonte Romana, Fondo di Femmina Morta, Grotta Canosa, Monte Amaro, Valle Cannella, Valle di Macchialunga, Fara San Martino. Gradi di difficoltà: EE Tempo medio di percorrenza: 10 h Dislivello in salita: 1.542 m lUglio – agosTo 2015 soggiorno - Pale di san marTino soggiorno Con esCUrsioni nel ParCo naTUrale Paneveggio e Pale di san marTino Programma dettagliato disponibile sul sito web o pagina Facebook in prossimità dell’evento.

27 seTTembre 2015 esCUrsione – Cima forCone – inTerseZionale Con gli amiCi del Cai di isernia Parco Nazionale della Majella Percorso: Valle di Palombaro, Rifugio Martellese, Cima Forcone, Cima Raparo, Cima Macirenelle, Piana del Morgione, Valle di Palombaro. Gradi di difficoltà: EE Tempo medio di percorrenza: 10 h Dislivello in salita: 1.500 m

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Le gole di Fara San Martino con i resti del monastero benedettino

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Programmazione Estate 2015 Parigi MonacoáCastelli della Baviera Budapest Londra áAmsterdam ExpoÕ Milano Venezia á Verona Parigi áMont Saint Michel Praga Firenze áPisaáLucca áSiena ViennaáPoloniaáPraga Berlino áNorimberga ExpoÕ Milano Tour della Sicilia Salisburgo á Vienna áInnsbruck Lourdes e Genova

26 Luglio Ð1 Agosto 2015 3-7 Agosto 2015 5-10 Agosto 2015 8-16 Agosto 2015 8-9 Agosto 2015 8-9 Agosto 2015 9-16 Agosto 2015 12-16 Agosto 2015 14-16 Agosto 2015 14-21 Agosto 2015 17-23 Agosto 2015 22-23 Agosto 2015 24-29 Agosto 2015 24-29 Agosto 2015 24-29 Agosto 2015

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Il complesso sorge su un terreno pianeggiante, ombreggiato da pioppi e pini trentennali, con davanti a se’ un’ampia spiaggia di ghiaia. Al suo interno è dotato di monolocali e bilocali in muratura, bungalow in legno, case mobili, tutti con bagno, angolo cottura e veranda. Vi sono ampie piazzole per il campeggio. I bagni con docce calde libere sono stati recentemente ristrutturati. Vi è inoltre una zona attrezzata per il gioco dei bambini, una piscina con scivoli, un bar (con videogiochi, biliardino, tavolo da ping-pong), pizzeria, ristorante, market. Adiacente al campeggio, direttamente sulla spiaggia, vi è anche un campo da tennis e calcetto. Disponibile in un area delimitata la connessione internet Wi-Fi gratuita.

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Borrello... da visitare

Le cascate del Verde: naturalmente natura

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La riserva cascate del Rio Verde rivela interessi naturalistici paesaggistici e scientifici. Il Rio Verde, nasce in località Quarto fra Abruzzo e Molise e dopo un breve percorso si congiunge al Sangro con un notevole dislivello che crea delle spettacolari cascate articolate in tre salti consecutivi di circa duecento metri. Queste cascate naturali sono di grande rilevanza scientifica, per posizione e per il microclima esistente. Sono le più alte dell’Appennino, seconde in Italia e tra le più alte in Europa e nel mondo. Vengono alimentate da acque perenni anche se variabile nella portata durante l’anno. L’area, coperta da una rigogliosa vegetazione fra bastioni di roccia poderosi e pareti a strapiombo, si affaccia sul Sangro.

Le cascate si trovano in un ampio canyon destinato con il tempo a diventare sempre più profondo grazie all’azione erosiva dell’acqua. Le pareti rocciose che circondano queste meravigliose e suggestive cascate sono coperte da una fitta vegetazione mediterranea, ma in alcuni versanti, in particolare nelle aree di forra, con un clima più fresco ed umido troviamo specie tipicamente montane, come il faggio e l’abete bianco. Le acque del Rio verde sono ricche di fauna Bentonica, cioè di insetti acquatici che rappresentano una delle principali risorse per altri animali. Il merlo acquaiolo e la ballerina gialla sono sensibili all’inquinamento delle acque e specialmente dei corsi montani freschi e ricchi di ossigeno. Altri ani-

Panorama

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Il falco pellegrino mali indicatori biologici sono i granchi di fiume, e i gamberi di fiume, che qui rappresentano una delle popolazioni più consistenti. Non sono nemmeno da tralasciare l’importanza e la numerosa presenza della trota fario che ha caratteristiche genetiche pure del ceppo appenninico. Altre specie legate all’acqua sono gli anfibi: rane verdi e rana italica oltre ai rettili che vivono nelle aree circostanti le cascate. Molto interessante tra gli uccelli è la presenza dei rapaci: poiana comune, sparviero, nibbio reale, falco pellegrino e tra i notturni il gufo comune. Nei boschi circostanti vivono e si mimetizzano rari mammiferi come la puzzola ed il gatto selvatico.

Abete bianco

La flora - Le pareti rocciose su cui si sviluppano le cascate e quelle circostanti sono coperte da una vegetazione perfettamente mediterranea. La costituzione geologica e le condizioni climatiche che vi si formano danno luogo alla presenza di una vegetazione dominata dal leccio (Quercus ilex) ed altre specie amanti del caldo a carattere arbustivo come fillirea, lauro-tino, vescicaria, acero minore e ginestrella. L’umidità, l’insolazione e l’esposizione dei versanti favoriscono anche lo sviluppo di altri tipi di vegetazione ; alla lecceta si alternano il bosco termofilo con la presenza di roverella e formazioni mesofile con carpino nero, orniello, aceri e tiglio selvatico. In alcuni dei versanti circostanti le pareti, in particolare nelle aree di forra, con un clima più fresco ed umido, troviamo anche specie tipicamente montane come il faggio e l’abete bianco. I pascoli, i margini di aree coltivate o di ex coltivi sono ricoperti da ginestre, ginepri, prugnoli ed altre specie arbustive che in alcuni casi lasciano spazio a garighe in cui, a primavera, vegetano numerose specie di orchidee. Lungo il corso del Rio Verde inoltre troviamo piante come il salice ripaiolo, il salice bianco, carici e farfaracci dalle gigantesche foglie. Sulle pareti umide e stillicidiose o dove gli spruzzi costanti d’acqua rendono l’aria particolarmente umida crescono tappeti rigogliosi di muschi, in particolare formazioni appartenenti all’alleanza del Cratoneurion, specie alquanto rare ed individuate tra gli habitat prioritari che sono alla base del processo di formazione del noto travertino. Venite a visitarci e potrete godere dell’incantevole bellezza e della tranquillità di una fantastica natura selvaggia che la regione Abruzzo offre a tutti coloro che vogliono vivere esperienze uniche, potrete così gustare innumerevoli prodotti tipici.

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Visitare la Riserva Naturale Regionale e Oasi WWF Cascate del Verde significa anche rispettare la natura del luogo, i suoi regolamenti, avere un buon comportamento per vivere serenamente la propria escursione o vacanza, in modo che anche il prossimo possa godersi altrettanto felicemente la propria gita. è importante rispettare sempre le informazioni che trovate nella pagina Info turistiche (specialmente le regole di comportamento) per non correre il rischio di trovarvi in situazioni spiacevoli).

I PERCORSI NATURA ED ESCURSIONISTICI CHE OFFRE LA RISERVA NATURALE REGIONALE CASCATE DEL RIO VERDE DI BORRELLO I PERCORSI NATURA Percorso Natura Primi passi all’interno della Riserva Caratteristiche del percorso Durata h: 0.20 Difficoltà: Bassa Anziani e bambini: si A cavallo: si In mountain bike: si Percorribile dai disabili: si Dislivello: 840 m – 807 m Cascate del Verde Giunti all’ingresso della Riserva Naturale Regionale Cascate del Rio Verde si imbocca immediatamente il Percorso Natura che vi accompagnerà direttamente nel cuore turistico dell’ OASI; percorsi i primi 100 metri incontrerete il primo bivio, tenetevi sulla destra percorrendo ancora 700 metri, si giungerà presso il Centro Visite della Riserva e al BAR Ristoro, se proseguite dritti per ancora un centinaio di metri potrete arrivare all’Osservatorio, una terrazza panoramica dalla quale si domina la fondovalle Sangro, sicuramente un panorama mozzafiato che non vi lascerà delusi.

Per gli appassionati di avifauna l’osservatorio offre la possibilità di immortalare scatti unici ai rapaci che vivono in Riserva (Falco Pellegrino, Gheppio, Nibbio Bruno e Reale...). Percorso Cascate del Verde Per ammirare l’imponente cascata da 3 diverse prospettive frontali Caratteristiche del percorso Durata h: 0.30 Difficoltà: Bassa Anziani e bambini: si A cavallo: no In mountain bike: no Percorribile dai disabili: fino al primo punto panoramico solo se accompagnati Dislivello: 840 m – 800 m All’ombra di aceri, lecci, roverelle ed abeti bianchi, il percorso cascate del Verde vi permetterà, anche se da lontano, di scorgere i primi 2 salti già dopo pochi minuti di cammino. Per raggiungere l’ultimo punto panoramico, il più suggestivo, bisognerà intraprendere un percorso a scalini (circa 200) per ammirare interamente il primo ed il secondo salto (il più alto).

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Uno spettacolo unico ed invidiabile infatti, le cascate del Verde, situate nel bel mezzo di un canyon roccioso formano, con un dislivello di circa quattrocento metri, tre salti consecutivi realizzando così un salto effettivo di oltre duecento metri; per questo le cascate del Verde sono considerate le cascate naturali più alte d’Italia. Percorso “Vecchio Mulino” Ruderi del mulino per ammirare parte della struttura realizzata a secco Caratteristiche del percorso Durata h: 0.10 Difficoltà: Bassa Anziani e bambini: si A cavallo: si In mountain bike: no Percorribile dai disabili: in parte e solo se accompagnati Dislivello: 840 m – 800 m Partendo dal centro visite, sul lato destro delle cascate si segue un percorso che permette di osservare gli aspetti peculiari del fiume Rio Verde, la purezza delle sue acque e di godere la bellezza del verde. Il percorso in lastricato che vi accompagna lungo il tragitto anticamente era il canale che portava acqua nella vasca di contenimento del vecchio mulino di cui oggi ne restano solo i ruderi.

I PERCORSI escursionistici Percorso 1 Alla scoperta della misteriosa “Porta dei Saraceni” Caratteristiche del percorso Durata h: 1 Difficoltà: 1

Anziani e bambini: si A cavallo: si In mountain bike: si Dislivello: 800 m – 840 m Dal piccolo altopiano di Cavarena è possibile ammirare il territorio una volta frequentato dai Sanniti con i propri vicus, come Trebula nella vicina Quadri, oppure gli antichi tratturi lungo il Sangro; un passaggio scavato nella roccia forma una specie d’ingresso naturale denominano “Porta Saraceni”. Nel pianoro si notano le “macere” e i terrazzamenti lasciati dai contadini per la bonifica dei terreni. Percorso 2 Gli ultimi abeti Caratteristiche del percorso Durata h: 3 Difficoltà: 1 di 5 Anziani e bambini: si A cavallo: si In mountain bike: si Dislivello: 800 m – 960 m Boschi di latifoglie, in particolare cerrete e faggete, misti con abete bianco. Aree coltivate a farro nella sua varietà endemica della vallata del Sangro; fontane e sorgenti. Percorso 3 Le fatiche dell’uomo e le vestigia dell’antica cartiera Caratteristiche del percorso Durata h: 3 Difficoltà: 1 di 5 Anziani e bambini: si A cavallo: si In mountain bike: no Dislivello: 800 m – 535 m

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La Rosa dei Venti

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cinghiali sul terreno bagnato.

Percorrendo un’antica mulattiera, lasciata immutata nel corso dei secoli, tra mura di pietre, si rivive la sensazione di un tempo antico, quando tutta l’area disboscata e terrazzata, era interamente coltivata, ed adesso circondata da boschi. Si notano ancora i ricoveri dei contadini e le stalle. Si giunge poi alla cartiera del XVII secolo, da poco recuperata in alcune sue parti. Percorso 4 Le spettacolari guglie rocciose e l’imponente cascata del Verde Caratteristiche del percorso Durata h: 4 Difficoltà: 3 di 5 Anziani e bambini: no A cavallo: no In mountain bike: no Dislivello: 600 m – 800 m Il Percorso è chiuso per motivi di sicurezza. Si possono ammirare le cascate sia dall’alto che dalla parte bassa spaziando con lo sguardo sui singolari paesaggi della vallata, oppure sulle rocce a strapiombo. Si attraversano boschi e valli una volta coltivati dall’uomo, come testimoniano i numerosi terrazzamenti, muri a secco, capanne a thòlos oppure grotte naturali rioccupate nelle diverse epoche. Lungo il tragitto è possibile notare il volo di qualche falco pellegrino, oppure le orme dei

Percorso 5 Da Borrello a Rosello tra i paesaggi naturali e i segni lasciati dall’uomo Caratteristiche del percorso Durata h: 2 Difficoltà: 1 di 5 Anziani e bambini: si A cavallo: si In mountain bike: si Dislivello: 800 m – 930 m Panoramico percorso da Borrello a Rosello, con ampie vedute paesaggistiche. Si possono ammirare gli orti suburbani in prossimità della monumentale Fonte Vecchia ed attraversando il Torrente Verde avvistare la trota fario e i gamberi. Attraversando i pascoli sul basamento calcareo di Piana delle Macchie si giunge al Santuario della Madonna delle Grazie ed infine nell’abitato di Rosello. Percorso 6 L’antico insediamento di Pilo, feudo del poeta di corte Sordello da Goito Caratteristiche del percorso Durata h: 2,5 Difficoltà: 1 di 5 Anziani e bambini: si a cavallo: si in mountain bike: no Dislivello: 800 m –844 m Si possono vedere i ruderi dell’antico insediamento di Pile appartenuto, al tempo di Carlo d’Angiò, unitamente ad altri feudi, al famoso poeta di Corte Sordello da Goito. Ampi e suggestivi panorami, con lo sfondo della maestosa Majella, si aprono lunga la vallata del Sangro.

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6/9: LOCALI EX DISTILLERIA - CORSO DI FLAUTO JAZZ VENERDI’ 7 - ORE 21.30: TEATRO ALL’APERTO - CONCERTO “GEOFF WARREN QUARTET” Comune di Borrello SABATO 8 – ORE 16.30: 4° EDIZIONE GARA PODISTICA “CASCATE DEL VERDE” SABATO 8 - ORE 20.00: PIAZZA IX NOVEMBRE - PASTA PARTY “DISCO REVIVAL BY MARCELLO ANTONELLI” Associazione “La Fonte” - Comune di Borrello DOMENICA 9 - ORE 16.00: LOCALI EX DISTILLERIA SAGGIO FINALE CORSO DI FLAUTO JAZZ Comune di Borrello DOMENICA 9 - ORE 20.00: INGRESSO RISERVA CASCATE DEL VERDE 10° EDIZIONE “UNA CASCATA DI STELLE” Rio Verde Ambiente e Turismo Snc LUNEDI’ 10 - ORE 17.00: LOCALI EX DISTILLERIA “LA GRANDE GUERRA: OMAGGIO AI CADUTI DI BORRELLO” Associazione “La Fonte” MARTEDI’ 11 - ORE 17.30: TEATRO ALL’APERTO 2° EDIZIONE “ABITI IN PIAZZA, DEFILE’” Associazione “La Fonte” MARTEDI’ 11 - ORE 21.15: TEATRO ALL APERTO - RAPPRESENTAZIONE TEATRALE Associazione “La Fonte” MERCOLEDI’ 12 - ORE 12.30: PRANZO SOCIALE Associazione “La Fonte” MERCOLEDI’ 12 - ORE 17.00: PIAZZA IX NOVEMBRE - SAGRA DEL DOLCE “Proloco Borrello” GIOVEDI’ 13 – GIORNATA DELLA “LILT” Associazione “La Fonte” GIOVEDI’ 13 - ORE 20.00: PIAZZA IX NOVEMBRE SAGRA “TRA SAPERI E SAPORI” CON MUSICA DAL VIVO “Proloco Borrello”

AGOSTO

SABATO 18 LUGLIO: GITA SOCIALE: “UNA GIORNATA IN MOLISE: SEPINO E IL BORGO VECCHIO DI TERMOLI” Associazione “La Fonte” DOMENICA 26 - ORE 21.00: TEATRO ALL’APERTO - VIDEOPROIEZIONE Associazione “La Fonte”

LUGLIO

GIUGNO

23/28 GITA SOCIALE: “SULLE ORME DI DRACULA, ROMANIA CHE SORPRESA!” Associazione “La Fonte”

4/6 - MILANO: VISITA EXPO 2015 Associazione “La Fonte”

SETTEMBRE

VENERDI’ 14 - ORE 7.00: PASSEGGIATA ECOLOGICA “Gruppo Alpini Borrello” VENERDI’ 14 - ORE 17 00: LOCALI EX DISTILLERIA 7° EDIZIONE “GIORNATA DI DIVULGAZIONE CINEMATOGRAFICA” Associazione “La Fonte” VENERDI’ 14 - ORE 21.00: TEATRO ALL’APERTO CONCERTO “SFARATTONS AND FRIENDS” Associazione “La Fonte” SABATO 15 - ORE 21.00: LARGO RISORGIMENTO CONCERTO DI CHITARRA FINGERPICKING DI FRANCESCO VALENTE Associazione “La Fonte” DOMENICA 16 - FESTA DI SAN ROCCO Comitato Feste LUNEDI’ 17 – FESTA DI S. EGIDIO Comitato Feste LUNEDI’ 17 – 8° EDIZIONE MOSTRA PATCHWORK “Proloco Borrello” MARTEDI’ 18 – ORE 16.30: LOCALI EX DISTILLERIA DIVULGAZIONE INFORMATICA “IL MONDO DEL CLOUD: RISCHI E OPPORTUNITA’” Associazione “La Fonte” MARTEDI’ 18 – ORE 21.00: TEATRO ALL’APERTO 750° anniversario della nascita di Dante Alighieri “AMOR MI MOSSE, CHE MI FA PARLARE” Associazione “La Fonte” MERCOLEDI’ 19 – ORE 17.00: LOCALI EX DISTILLERIA SEMINARIO "LE AREE PROTETTE NELLA ECONOMIA REALE DELLE ZONE MONTANE” Comune di Borrello MERCOLEDI’ 19 – ORE 21.30: COMPLESSO MONUMENTALE S. EGIDIO “TRIO LANCILLOTTO” Associazione “La Fonte” - Comune di Borrello VENERDI’ 21 – GITA SOCIALE: “UNA GIORNATA A PROCIDA” Associazione “La Fonte” SABATO 22 – FESTA CON GLI ALPINI 55° ANNIVERSARIO FONDAZIONE GRUPPO “Gruppo Alpini Borrello”

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Comitato Feste


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Orsogna... da visitare

La festa dei Talami

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Foto di Luca Vin

Sabato 15 agosto 2015 dalle ore 21.30 o

cenzo Di Cleric

Foto di Luca Vin

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cenzo Di Cleric

Foto di Luca Vin

«Sono rozzi e talvolta grotteschi, ma pieni di forza e di originalità e devono più alla tradizione e meno al gusto deteriorato di cattive litografie di quanto si possa immaginare»: così la viaggiatrice inglese Anne Macdonell descriveva nel suo libro «In the Abruzzi» (edito nel 1908 a Londra e New York) i Talami di Orsogna, secolare sfilata di sette quadri biblici viventi trainati lungo il centro storico. La manifestazione si svolge due volte l’anno: la mattina del lunedì di Pasqua e la sera di ferragosto. Nacque nel periodo medievale e coniuga la devozione religiosa con i riti propiziatori per il futuro raccolto. Sui palchi, immobili in pose plastiche, attori giovani e meno giovani interpretano scene ispirate al Vecchio e Nuovo Testamento. In alto c’è una bambina legata davanti a una raggiera che impersona la Madonna del Rifugio, cui è dedicata la Sagra. Il primo Talamo fu realizzato nella chiesa dedicata alla Madonna del Rifugio. I fedeli misero in scena il quadro che

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sovrastava l’altare maggiore, nel quale la Vergine dal viso scuro (per questo detta «Madonna nera») - copriva con il suo manto azzurro quattro persone in preghiera. Il quadro era considerato miracoloso: ogni anno, la notte tra il lunedì e il martedì in Albis, i devoti si riunivano per assistere al «miracolo». Il volto della Madonna mutava colore, da nero a bianco, o muoveva gli occhi. La decisione della chiesa di non consentire più che i drammi liturgici si svolges-

sero in luoghi di culto (poiché a volte accompagnati da frasi in lingua volgare e da parti comiche) spinse quel quadro vivente fuori dalla cappelletta. Fu allora posto su un palco e trasportato a spalla per le vie del paese. A quel punto si moltiplicò per il numero dei quartieri, che fecero a gara per realizzare quello più bello, facendo giungere la tradizione sostanzialmente immutata fino ai nostri giorni. by Nicola Boschetti

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atessa... da visitare

Il respiro vivo della storia

La Cattedrale di San Leucio

Le preziose e rare pergamene custodite nell’archivio storico comunale, sono la testimonianza di un passato remoto quando i borghi originari di Ate e Tixa erano distinti e indipendenti 84 Vacanze in Frentania 2015.indd 84

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La città di Atessa è ricca di testimonianze di un passato glorioso, il suo nome sembra derivi dall’unione di due centri abitati: ATE e TIXA. Subì le lotte dei feudatari, feudo dei Courtenay, pervenne in dote a Filippo di Fiandra e nel 1302 ai Maramonte. Dal 1348 fu possesso del Conte di Monteodorisio e, in seguito, dal 1482 appartenne alla consorte del Re Ferrante di Napoli. Nel 1507 fu donata, con il titolo di marchesato ai Colonna che mantennero il feudo fino agli ultimi anni del secolo XVIII. L’archivio comunale di Atessa è tra i più antichi e meglio conservati della Provincia, conserva vari documenti inerenti alla storia della città dall’anno 1027 ed è stato oggetto di studio da parte dello storico locale Tommaso Bartoletti (Sec. XVIII- XIX), il quale ha lasciato numerosi e insostituibili manoscritti sulla storia di Atessa. Ci restano, inoltre, preziosi inventari di archivio, tra i quali quello dell’archivista napoletano Luigi Cocca, strumento essenziale per la ricostruzione dell’archivio comunale ante 1891. Il fiore all’occhiello dell’Archivio Storico di Atessa è costituita da un fondo di 132 pergamene della municipalità di Atessa che vanno dal 1273 al 1611. Di queste 25 sono munite di sigillo. L’archiviazione più recente risale al 1891 ad opera di Luigi Cocca, ufficiale dell’Archivio di Stato di Chieti, che ha catalogato le pergamene, relative ai secoli XIV- XVIII, secondo un ordine cronologico, provvedendo a riportare il sunto del contenuto dei documenti. Fino al momento del restauro questa documentazione era custodita in quattro cassette metalliche, munite di lucchetto, probabilmente risalenti al periodo dell’archiviazione. Attualmente le pergamene, dopo l’intervento di restauro, che le ha riportate all’antico splendore sono custodite in una cassettiera di legno. Espressione della memoria storica locale, i documenti costituiscono la prova evidente del prestigio, e anche dei privilegi, dell’Universitas. Non bisogna dimenticare che la grandezza di una città nel Medioevo non era data soltanto dall’importanza dei suoi organismi politici o da quella del suo potenziale mercantile, cui si collega naturalmente la sua forza militare, ma anche dalla sua possibilità di incidere a livello della formazione e della diffusione di un pensiero culturalmente avanzato e capace di creare una mentalità in grado di contribuire in maniera significativa a far progredire l’insieme della società. Questa riflessione doveva essere ben presente nella mente del ceto politico che amministrava e dirigeva il Comune di Atessa. Infatti nelle pergamene regestate compare quasi sempre il riferimento al fatto che Atessa fosse sede di Universitas. Purtroppo, non abbiamo la disposizione che ne attesti la nascita, né tantomeno il riconoscimento im-

periale o papale. Non è possibile fissare il momento preciso in cui i maestri e gli scolari di Atessa vennero a costituire un’Università, ma è certo dai documenti analizzati, che essa andò sviluppandosi. La consapevolezza dell’importanza di questa documentazione quale testimonianza della propria identità come Universitas, e dei privilegi ottenuti, è testimoniata anche dall’attenzione con cui i documenti sono stati conservati e d’altra parte ulteriore conferma deriva dal fatto che la documentazione è in gran parte di carattere pubblico, in particolare proveniente dalla cancelleria angioina. La distruzione, in seguito ad eventi bellici, dell’Archivio di Stato di Napoli e dei relativi documenti in esso conservati, rende le pergamene di Atessa particolarmente preziose in quanto unica testimonianza degli eventi. Le pergamene custodite nell’archivio comunale offrono uno spaccato del loro tempo e, oltre che costituire l’oggetto per studi specialistici, sono utili agli atessani per capire una parte del loro presente e per non dimenticare molta parte del loro passato. (sito-web Comune di Atessa).

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lama de peligni... da visitare

Borgo medievale alle falde della Maiella

Sotto il porticato della chiesa dei Santi Nicola e Clemente

La voce balcanica LAMA, contenuta nel toponimo, fa riferimento alla natura un tempo acquitrinosa del territorio comunale; questo ha restituito numerosi reperti di età preistorica (stazione neolitica di Fonte Rosa) e romana, che testimoniano la costante presenza dell’uomo fin da epoche remote. La data di nascita del borgo medievale non è nota, ma la sua prima citazione nelle fonti ufficiali risale al XII secolo: a quest’altezza cronologica il feudo, che includeva an-

che le vicine Palena, Lettopalena e Taranta Peligna, apparteneva ad un vassallo del conte di Manoppello; nel 1447 fu ceduto ad Antonio Caldora, da cui passò a Matteo di Capua e poi stabilmente ai D’Aquino. La memoria della duratura signoria dei Di Capua è impressa nei resti del palazzo ducale. Coeva e pertanto di chiara impostazione rinascimentale è la parrocchiale di S. Nicola, che custodisce una statua d’argento realizzata da Nicola da Guardiagrele.

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Piazza Umberto I

L’eremo di Sant’Angelo, luogo selvaggio e affascinante Appena fuori dal centro abitato di Lama dei Peligni, a quota 1300 metri s.l.m., nei pressi della grotta di Sant’Angelo, nota per i numerosi ritrovamenti preistorici, venne costruito nel XIII secolo l’eremo di Sant’Angelo, i cui resti sono ancora visibili. Il luogo è particolarmente selvaggio ed affascinante. La valle strettissima solca tutto il fianco della montagna, celando bellissime concrezioni geologiche. Il Petrarca scrisse che da questo monte “scorrevano fiumi di santità”. Secondo la tradizione il romitorio venne abitato nei primi decenni del Trecento dal Beato Roberto da Salle, seguace di papa Celestino V e fondatore del cenobio sottostante. L’ingresso della grotta è impervio e molto ripido ed immette in un grande androne diviso in due cavità di diversa grandezza. Attraverso una larga roccia, su cui sono stati ricavati dei gradini, si giunge ad un terrapieno che rappresenta la zona presbiteriale,

dove troviamo i resti di un altarino, sovrastato da una edicola lignea incassata nella parete. Sulla stessa roccia vi è scavata una vasca rettangolare che probabilmente faceva da acquasantiera. Un’altra vasca è posta all’estremità del muro interno dove veniva convogliata una piccola vena d’acqua. La piccola stanza doveva prevedere una finestrella che guardava verso valle. Subito dopo un altro androne, di piccole dimensioni, doveva rappresentare la parte abitata, di cui rimane solamente un alto muro di contenimento a valle. Le prime notizie sul monastero vengono riportate nel Registro dei Fuochi del Regno di Napoli, datato 1447, in cui si parla di una “Margarita concubina prioris Sancti Angeli de monte”. Secondo la tradizione la distruzione dell’eremo è legata ad una caccia al tesoro avvenuta nel corso del Settecento che ne buttò a terra le mura rimaste.

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Area faunistica camoscio appenninico

La Maiella sullo sfondo con l’immancabile pennacchio di nuvole

Inaugurata nel 1990 nell’ambito dell’operazione di reintroduzione del camoscio appenninico sulla Maiella, oggi è un’importante area con molteplici finalità: • Educativa, consentendo a tutti di osservare questo stupendo animale e più in generale offrendo l’opportunità di conoscere la biologia e l’ecologia di questa specie; • Scientifica, consentendo o facilitando studi (es. etologia, fisiologia, veterinaria) difficilmente realizzabili in natura; • Conservazione, costituendo una vera riserva di animali e “banca genetica” da utilizzare in programmi di riproduzione in cattività (captive breeding) seguiti da rilasci in natura. Scomparso sulla Maiella agli inizi del secolo scorso, il camoscio appenninico anche grazie agli animali provenienti da questa area faunistica, è tornato a popolare il nostro Parco e oggi si contano circa 700 individui con una popolazione in costante crescita, come dimostrano i censimenti che si effettuano ogni anno. Localizzata in località Convento, l’area faunistica ha una estensione di circa cinque ettari ed è divisa in

cinque subrecinti che presentano diverse tipologie di ambienti: pareti rocciose, boschi e radure; proprio la particolare morfologia dell’area, caratterizzata per la gran parte da notevoli pendenze e dalla diffusa presenza di bancate rocciose, consente una facile osservazione degli animali. Attualmente l’area ospita un nucleo di dieci esemplari. A servizio dell’area faunistica è stato realizzato un Centro Veterinario. Le visite guidate possono essere prenotate presso il Centro di Visita di Lama dei Peligni. Attualmente il Parco Nazionale della Maiella è capofila del progetto Life Coornata attraverso il quale opera per la conservazione del Camoscio appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata) in maniera coordinata, per la prima volta, fra tutte le aree protette in cui si trova la popolazione appenninica di camoscio o che, potenzialmente, sono in grado di ospitarla. INFORMAZIONI: Cooperativa Majella Via Donato Ricchiuti, 21 - Lama dei Peligni (CH) Tel. (+39) 0872.916010 e-mail: info@cooperativamajella.it

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casoli... da visitare

Un castello dove è stata scritta la storia del Borgo 94 Vacanze in Frentania 2015.indd 94

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Il castello di Casoli è posto in cima all’abitato, su di un colle alla destra del fiume Aventino da cui domina la sottostante valle fluviale con il grazioso lago Sant’Angelo e le colline circostanti. Nessun documento ci attesta l’epoca di costruzione del castello, ma le sue vicende si intrecciano con quelle del feudo di Casoli che dapprima fece parte della Contea di Manoppello (XII sec.) e poi, dal 1369 fino al 1489, fu feudo degli Orsini, sotto il cui casato si può far risalire la costruzione dell’attuale fabbrica, che divenne in seguito possedimento della famiglia D’Aquino. Si può solo ipotizzare che il nucleo originario del complesso fortificato sia da identificarsi con l’alta torre pentagonale, eretta per ragioni difensive a controllo delle valli dell’Aventino e del Sangro e attualmente inclusa fra l’abside della Chiesa di Santa Maria Maggiore ed il castello stesso. Il blocco residenziale del castello, che si estende attorno ad un cortile quasi rettangolare, è da ritenersi invece di epoca rinascimentale; in particolare il corpo maggiore, posto sul lato meridionale del cortile, che costituisce il castello vero e proprio, mostra chiari caratteri di edificio ad uso abitativo. Quest’ultimo è infatti caratterizzato da un ingresso archiacuto spostato in prossimità della torre, da ampie finestre che ne accentuano la natura di palazzo nobiliare, da un elegante coronamento con apparato a sporgere, costituito da mensole aggettanti in mattoni che reggono archetti acuti. Anche la torre appare coronata, ma con un apparato più evoluto, caratterizzato da beccatelli in pietra e caditoie. La storia novecentesca del castello è legata alla famiglia Masciantonio che ne rimase proprietaria fino al 1981. Nel castello fu ospite più volte Gabriele D’Annunzio che qui soggiornò, spesso in compagnia di Michetti, Tosti, Scarfoglio e De Titta.

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TREGLIO... da visitare

un paese...

affrescato

Affacciata sulla valle del Feltrino, Treglio, dal personale latino Trellius, domina una zona ad alta vocazione agricola, ricca di coltivazioni e disegnata da casolari e fat­torie. Di antica origine medioevale, men­zionata in bolle papali del XII e XIII seco­lo, Treglio viene identificata anche con l’antico centro di Girolum, riportato nel Catalogo dei Baroni come feudo di un milite dipendente dall’abbazia di San Giovanni In Venere. Le vicende storiche di Treglio sono state, nei secoli successivi, strettamente connes­se a quelle di Lanciano che vi esercitò il suo dominio fino al XVIII secolo. Nel tessuto urbano, ricco di vicoli e di angoli suggestivi, si segnalano la chiesa parrocchiale, dedicata a Santa Maria Assunta e la struttura palaziale, ex residenza vescovile.

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Gli appuntamenti dell’estate tregliese

SABATO 25 LUGLIO 2015 LA COLLINA Musica live, aneddoti e racconti..... in un clima spiritoso, allegro e festoso Cena a lume di candela Piazza San Giorgio SABATO 01 AGOSTO 2015 SAGRA DELLA MARROCCA Musica live, balli e tanto divertimento C.da Paglieroni SABATO 08 AGOSTO 2015 COUNTRY SOTTO LE STELLE Musica live, giochi a tema, balli e con stand gastronomico - patatine, hot dog e tanto divertimento. Piazza San Giorgio GIOVEDì 13 AGOSTO 2015 CONCERTO MUSICA CLASSICA

Pianoforte: M° Francesco VERI’ Presentazione: Giuseppina FAZIO “giornalista pubblicista” Piazza San Giorgio SABATO 15 AGOSTO 2015 FESTA SS.ASSUNTA Musica live, balli e tanto divertimento Piazza San Giorgio DOMENICA 16 AGOSTO 2015 FESTA SAN ROCCO Musica Live e vendita del dono Piazza San Giorgio SABATO 22 AGOSTO 2015 FESTA DEGLI ANZIANI Esibizione Coro degli Anziani di Treglio e stand gastronomico. Piazza San Giorgio

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roccascalegna... da visitare

Il Castello Medievale e il Barone Corvo de Corvis

Le suggestioni della notte tra le vie del borgo sovrastato dall’antico castello

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la sToria Roccascalegna è un paesino situato sulle colline che circondano il fiume Sangro. Con tutta probabilità, i fondatori di Roccascalegna furono i Longobardi che, a partire dal 600 d.C., occuparono stabilmente l’attuale Molise e l’Abruzzo meridionale, dopo essere discesi dall’Italia settentrionale. Conseguenza di ciò fu l’allineamento delle guarnigioni bizantine sulle rive dell’Adriatico. Nella logica di tale conflitto si spiega la costruzione della Torre d’Avvistamento, prima, e del Castello, in seguito, sull’imponente ammasso roccioso che domina la valle del Rio Secco (affluente dell’Aventino) proprio ad opera dei Longobardi. Una volta finite le ostilità tra i due popoli, escludendo una nota di carattere contabile del 1320, non troviamo nessuna fonte storiografica che parli del Castello di Roccascalegna sino al 1525. A tale anno risale una descrizione

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Un’erta piaggia che sale verso il torrione sommitale del castello di Roccascalegna

del Castello restaurato, in ottemperanza alle nuove esigenze imposte dall’avvento delle armi da fuoco. Un successivo atto notarile descrive il restauro della gradonata d’accesso del Castello di Roccascalegna, ma ormai siamo nel 1705. Da tale data il Castello di Roccascalegna ha conosciuto tre secoli di abbandono durante i quali è stato preda delle intemperie e dei saccheggi della popolazione locale, sino alla donazione al Comune di Roccascalegna, avvenuta nel 1985, da parte dell’ultima famiglia feudataria, ossia dei Croce Nanni. I lavori di restauro iniziati di lì a breve, sono stati ultimati nel 1996 e hanno riportato il Castello di Roccascalegna al suo antico splendore. La leggenda dello jus primae noctis La leggenda più famosa associata al Castello di Roccascalegna ha per protagonisti il barone Corvo de Corvis e l’editto dello jus primae noctis. Sembra che il fantomatico Barone avesse reintrodotto la prassi medievale dello jus primae noctis nel 1646, costringendo ogni novella sposa del feudo di Roccascalegna, a trascorrere la prima notte di nozze con lui anziché con il marito.

Questa coercizione, come si può supporre, suscitò il legittimo risentimento della popolazione, che la riteneva un indegno sopruso. Un giorno, una sposa novella, o forse il suo giovane marito travestito da donna, finse la sua accondiscendenza e una volta al cospetto del burbero Barone, estrasse un pugnale e lo accoltellò a morte. Prima di esalare l’ultimo respiro, il Barone lasciò l’impronta della sua mano insanguinata su di una roccia della torre, crollata nel 1940. Quantunque si provasse a detergere il sangue dalla roccia, riaffiorava sempre come da una ferita mai guarita. Ancora oggi a Roccascalegna, ci sono persone anziane che raccontano di aver visto la “mano di sangue” del barone Corvo de Corvis, anche dopo il crollo della torre.

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Torrione sommitale del castello

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Abruzzo... da visitare

L’antica Cluviae e la sua anima etrusca Le prime testimonianze scritte risalgono a Livio che cita la località in occasione della seconda guerra Sannitica La città di Cluviae, appartenente al piccolo popolo sannita dei Carrecini, si trovava in una posizione compresa tra il territorio dei Pentri e quello dei Frentani, nell’ambito della tribù Arnensis. Si è a lungo discusso sulla esatta collocazione del sito, a volte individuato in Irpinia, altre a Cansano (AQ), o nella Valle Cupa o Culvia. Il Renzetti gli attribuisce una origine etrusca e la colloca a 3 miglia da Lanciano, comune di Mozzagrogna, coprendo una estensione

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notevole. Oggi possiamo affermare che occupa la località nota come Piano Laroma, tra Casoli e Palombaro. Le prime testimonianze scritte risalgono a Livio che cita il sito in occasione della seconda guerra sannitica, quando una guarnigione romana venne massacrata. Dopo la guerra sociale divenne municipio. Il Liber Coloniarum ricorda la distribuzione di terre avvenuta in seguito ad una Lex Julia. Le strutture della città antica si trovano sull’altopiano detto “

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Piano Laroma”. Il De Petra, fa riferimento a questo nome, affermando che si tratti di un nome primitivo dato al pagus urbanus. La Regina, identifica il sito con la città dei Carrecini, distrutta dai romani nel 311 a.C. Sulla estremità della lingua di terra compresa tra tre corsi d’acqua si sono conservati i resti della città antica che per dimensioni e strutture edilizie può caratterizzarsi come municipium e non come vicus. Si conserva il tracciato delle mura che si estendevano per circa m 1560. Vi si aprivano 5 porte, due delle quali, verso Sud Ovest, sono in parte conservate, con le torri quadrate che le fiancheggiano. Della struttura urbana si conservano tracce del Decumano che dall’Aventino corre sul Piano e continua fino a Pennapiedimonte. Il Cardo è costituito dalla via che si trova nella contrada Capacotti, in corrispondenza della porta principale. Lungo tale strada è stato rinvenuto un pavimento a mosaico pertinente ad un edificio pubblico. Dalla lettura delle ortofotocarte sembra poter individuare sul terreno il reticolato della centuriazione. Non è stata, però, ancora effettuata una ricognizione diretta sul posto che consenta di verificare la veridicità dell’interpretazione delle foto aeree. Della struttura urbana si conserva il teatro, con la cavea rivolta a N. Della scena resta il muro di sostegno che permette di individuare una via di accesso dalla Via dei Gentili, dove erano le terme,

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alla quota 320, fuori le mura. La scena poggia sulle mura di cinta della città. L’edificio per lo spettacolo è coperto da una cortina in opera reticolata. Nei pressi delle porte urbiche si conservano tratti delle torrette, in conglomerato cementizio, senza fondazioni. Alla quota 498 (via Pertosa), inizia un condotto sotterraneo che termina alla quota 320, ma non se ne conosce lo sviluppo sotterraneo. Fuori delle mura, a m 140 a N del teatro, nei pressi della Masseria Ranieri, sono evidenti i resti di un edificio più tardo, costruito in opera mista, con pavimenti a mosaico a tessere bianche e nere, con decorazione a treccia. Gli altri edifici sono costruiti in opera cementizia, con paramento in opera reticolata: ciò consente di attribuire all’impianto urbano una datazione immediatamente successiva alla prima metà del I sec. a.C., quando viene creato il municipio. Dalla zona proviene un ritratto virile di ignoto, alto cm 73,5, in buono stato di conservazione, datato nella prima metà del I sec. d.C., attualmente conservato nel Museo Nazionale di Chieti. Dall’area circostante provengono anche utensili in bronzo, vetro, ferro, manufatti ceramici di diversa qualità, ex voto bronzei e litici. Significativa è anche l’iscrizione rinvenuta presso S. Salvo. Il testo, su lastra bronzea, ricorda il decreto di patronato del senato di Cluviae, datato al 384, in favore di Aurelio Evagrio Onorio

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abruzzo... da visitare

A Juvanum i resti della civiltà preitalica Le prime testimonianze sulla città antica di Juvanum sono nel Liber Coloniarum, dove è ricordata come Jobanos, e forse è anche nominata da Plinio, se Lanuenses si può correggere con Juvanenses. Deduciamo tutte le altre informazioni dalle iscrizioni e dai reperti archeologici. L’abitato antico, lungo la strada moderna che collega Montenerodomo a Torricella Peligna; comincia a svilupparsi nell’Età tardo repubblicana preceduto dall’oppidum preromano ubicato sulle alture circostanti. Juvanum diventa municipium nel periodo anteriore alla guerra sociale quando il frazionamento dell’unità tribale costituisce il presupposto della costituzione del municipium. Momsen sosteneva che il municipio comprendeva gli attuali paesi di Montenerodomo, Pennadomo, Torricella Peligna, Taranta Peligna, Palena, Gessopalena. L’iscrizione rinvenuta nel sito cita, infatti, un Poppedius, PATRONUS MUNIC(ipii) IUVANENS(is). Iscritto nella tribù Arnensis, il Municipium era amministrato da quattuorvires. Risultano presenti anche seviri augustales ed un collegium Herculaniorum, cioè una corporazione di devoti ad Ercole, la divinità locale più importante. Nel 325 d.C., il governatore provinciale Fabio Massimo, rettore del Sannio, ne restaurò le mura e costruì il secretarium. A partire dagli anni ‘60 sono iniziati degli scavi sistematici che hanno portato alla luce i monumenti cultuali, costruiti nella zona dove sorgerà Juvanum, sulla sommità dell’acropoli. Il santuario era circondato da un muro in opera poligonale, non particolarmente accurata, realizzata con blocchi informi, di varia

grandezza, con giunti discontinui. Non era solo un muro di circoscrizione del temenos, fungeva anche da sostegno al terrazzamento. Se ne conservano il lato nord, con l’angolo nord-est e il tratto ad ovest. Le mura poligonali, del III sec a.C., cingevano un luogo di culto precedente l’erezione dei templi, forse un culto dedicato all’acqua. Tale territorio, in epoca medievale, fu occupato dall’ abbazia cistercense di Santa Maria di Palazzo, realizzata impiegando materiale di spoglio dall’acropoli, dalla città romana, dalla necropoli. Il tempio originario, la cui costruzione si colloca nella prima metà del II sec. a.C., occupa la parte centrale dell’area sacra. Sono visibili sul terreno le tracce dell’alto podio, in opera quadrata, con blocchi di travertino. Poiché vi si è sovrapposta la chiesa medievale, si possono dedurre le misure del podio di metri 21,30 x 12,60, al quale si addossava l’ampia scala di accesso di metri 9 x 2,6. Alcuni blocchi del tempio sono rimasti in situ: rocchi di colonne, cornici modanate, altri sono stati trasportati a valle in occasioni diverse. Alcuni capitelli dorici sono stati conservati a Torricella Peligna. Intorno alla metà del II sec. a.C., a Nord del tempio già esistente, alla distanza di metri 3,9, venne eretto il secondo tempio. Di questo si conserva il podio sopraelevato, privo di rivestimento. Il nucleo interno è realizzato in blocchi squadrati che consentono di individuare la suddivisione della cella. Le epigrafi rinvenute attestano il culto di Eracle, Diana, Vittoria e Minerva. Tra tutte, Eracle sembra essere il più documentato, dato il rinvenimento di statuet-

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te e dello stretto legame tra la divinità e il mondo agricolo-pastorale. A SE della collina si appoggia la cavea del Teatro, costruito nel corso del II sec. a.C. Il suo impianto risponde tecnicamente ad un tipo di costruzione precedente la romanizzazione, con la cavea totalmente addossata alla collina, senza alcuna finzione scenica e la frons scenae a tre nicchie. Si conservano le prime sette file di gradini, relativi alla cavea e parte dell’orchestra, con lavorazione molto accurata per la resa della pavimentazione, con pietre piccole ai lati ed un filare quasi regolare di pietre più grandi al centro. Rispetto ai templi sulla collina il Teatro non presenta assialità. Non si verifica pertanto la medesima situazione che si ritrova tra il teatro e il tempio B di Pietrabbondante. La connessione tra gli edifici serviva a conferire sacralità alle rappresentazioni, con le quali si intrattenevano i devoti, in particolari ricorrenze religiose. La fase edilizia dell’acropoli di Juvanum si ascrive all’interno della massima fioritura urbanistica del Sannio, nel II sec a.C., quando il fenomeno dell’evergetismo e del mecenatismo dei negotiatores, verso la propria città, portano alla trasformazione dell’assetto dei centri abitati e alla nascita di fomentazioni che sfoceranno nella Guerra Sociale. La tipologia dei templi, in associazione con il teatro-santuario, sono espressione della cultura ellenistica che si diffonde nel Sannio-Pentro tramite le maestranze campane, chiamate dai committenti ad eseguire lavori che esprimessero in pieno la loro posizione sociale. Una via lastricata collega il santuario con il Foro, costruito più a Nord con orientamento diverso. Prima di entrare nel Foro, sulla destra ci sono, in un cattivo stato di conservazione, resti di muri sconnessi ed esistenti su un solo filare o al massimo due. Si tratta di due o tre stanze, con pareti che si incontrano ad angolo retto, non allineate con la città giulioclaudia, caratterizzata dalla unitarietà del progetto. Tale insediamento è stato volutamente distrutto dalla costruzione della strada basolata, perché la muratura di tali vani continua anche sotto la strada. Il Foro

è una piazza rettangolare, lastricata (m 62 x 27). Lungo l’asse minore del pavimento si conservano tre file di lastroni, mutili, che recano evidenti tracce di una iscrizione monumentale, che riporta il nome del magistrato, autore dell’opera, ed il suo cursus honorum. L’iscrizione corre su tre righe ed è parzialmente leggibile: (h)ERE(nnius arn) CAP(ito) Q.II.FLAMEN. TR(ibunus.m)IL(itum).IIII.PRAEF(ectus)CO(hortis) F.A.OMNIA.INCH(o)AVIT.HERENNIA.PROIECTA. EX.T(estamento)PQR.STERNENDUM.CURAVIT. L’interpretazione è stata possibile confrontando la altre epigrafi pavimentali forensi romane, di Pompei,di Saepinum, di Roma, che presentano una identità di collocazione topografica al centro del Foro, parallela ai lati brevi. è una piazza ad assetto chiuso, con un rapporto lunghezza-larghezza di 2:1. è circondata da portici di uguale larghezza sui lati ovest, sud ed est. Le colonne erano 8 x 18, con un intercolumnio di metri 3,90, sul lato corto, e di 5 sul lato lungo. Sugli stessi lati sono presenti anche le tabernae. La piazza era adorna di statue onorarie, attestate dalla presenza di diverse basi. Segue un ambiente rettangolare la cui parete a N era decorata da 12 semicolonne addossate. Era la basilica, un edificio absidato, con pavimento marmoreo, la sede di un culto imperiale, dato che è attestata la presenza di seviri augustales, oppure era la sede del tribunale. Un’iscrizione ri-

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corda la costruzione della Basilica e del tribunal. I primi due vani settentrionali che si affacciano sul lato lungo occidentale della piazza sono intercomunicanti. Il terzo ambiente ha subito un restauro che ha obliterato le strutture preesistenti. Potrebbe essere un edificio dedicato alla sede di collegia. La zona a sud-est del Foro è stata scavata a partire dal 1987 ed ha restituito un’insieme di vani che conservano parte delle strutture di alzato in blocchi di pietra squadrati e in alcuni casi porzioni di pavimento. Spesso, la rimozione dell’ humus ha portato alla luce carbone, ossi combusti frammenti di ceramica a vernice nera, di ceramica comune, di sigillata italica, che in molti casi hanno consentito di interpretare la funzione del vano. Ad esempio il vano ovest poteva fungere da culina, data la presenza di un focolare

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nell’area centrale. Il vano B è stato identificato come taberna, aperta sul portico prospiciente il Foro. Il rinvenimento di due strumenti chirurgici usati anche in campo cosmetico e farmaceutico hanno consentito di attribuire una datazione alla prima Età imperiale. Il vano è attraversato da una struttura fognaria che conduceva ad una fossa foderata di mattoni bessali, coperta da bipedali. Il vano K, invece, ha restituito molti oggetti del mundus muliebris che hanno indotto a supporre l’utilizzo della stanza da una ornatrix, colei che svolgeva attività di pettinatrice e di truccatrice. Nella zona a sud-est del foro è venuto alla luce un ambiente di difficile interpretazione. Non risulta allineato al foro ma è irregolare ed addossato ad un altro ambiente. Dalla presenza di molte scorie di ferro e di frammenti informi di stagno fuso, piombo e vetro non lavorato è possibile dedurre che si tratti di una officina o di un laboratorio in rapporto all’ambiente adiacente, nel quale è stata rinvenuta una fornace di forma circolare, costruita con mattoncini curvilinei. Nell’angolo a sud-est del portico del Foro si evidenziano altri ambienti orientati come la città giulio-claudia. In uno di questi è stata rinvenuta una mola olearia, usata come riempimento della pavimentazione. è stato possibile ipotizzare l’esistenza dei resti di un intero insediamento rurale, sotto la città romana, attestato da numerose strutture emerse, non coincidenti con l’orientamento del municipio. All’interno della città il sistema viario è costituito da due tratti di strade, convenzionalmente chiamati “via del Foro” e “via Orientale”. La via del Foro era lastricata con basoli regolari ed era larga metri 5,30. La via Orientale si conserva per 90 metri con una largheza di metri 3, presenta basoli ben connessi e delimitati da argini. Le due strade non sono strutturate canonicamente in assi ortogonali e non attraversano il Foro, ma sono adiacenti ad esso. Le campagne di scavo effettuate sul territorio hanno portato alla luce numerosi frammenti di ceramica; la fase più antica della città ed anteriore all’impianto romano, è cronologicamente

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delineata dai ritrovamenti di vernice nera. Le dimensioni ridottissime dei frammenti, insignificanti per la ricostruzione dei vasi hanno consentito di individuare solo alcune forme ceramiche, tra le quali la più ricorrente è la patera, datate tra il II e il I sec. a.C. Tra il I sec a.C. e il I sec d.C., a testimonianza dello status degli abitanti, si collocano le coppe da mensa in sigillata italica liscia o decorata alla barbotine. Numerosi sono anche i frammenti ascrivibili alla classe delle pareti sottili acrome e grigie. Quindi si possono individuare classi di materiali eterogenei alle quali si affiancano rinvenimenti isolati, emblematici dal punto di vista storico-artistico; tra questi va segnalata una tomba infantile affiancata a bronzetti riproducenti Ercole, anomali in quanto inseriti in un contesto del I sec d.C., una bardatura equina del I

sec d.C., in bronzo fuso, ottenuto con la tecnica a cera persa piena, con la superficie ricoperta da una sottile lamina d’argento, sulla quale è incisa una decorazione riempita a niello. è costituita da dischi con pendaglio di diverso diametro, di elementi decorativi funzionali, gancetti di chiusura, fascette della estremità delle cinghie. è un tipo di bardatura del I sec. d.C., dell’età tiberio-claudia. Altri rinvenimenti significativi da Juvanum sono una statua di togato, ora in una collezione privata di Torricella Peligna; presenta una bulla che induce a pensare che si tratti di un giovane della famiglia imperiale. Un altro togato, con capsa, era rappresentato su un altorilievo funerario conservato nella sede della Pro-Loco di Torricella Peligna. Ma il rinvenimento più importante è la testa marmorea conservata nel Museo Nazionale

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di Napoli, pubblicata dal Mustilli, rappresentante Io, fanciulla amata da Zeus. La testa, in marmo bianco, era completata da stucco, secondo una tecnica alessandrina. è una copia romana della fine del I sec. d.C. Nel Museo Archeologico di Chieti si conservano frammenti architettonici, mensole, cornici, capitelli, a testimonianza della grande vitalità del municipio e della fruizione continua del sito fino al IV sec. d.C. Un contributo significativo alla ricostruzione della storia di Juvanum è fornito dal materiale epigrafico. Bisogna però partire dal presupposto che un consistente numero delle iscrizioni pubblicate nel capitolo iuvanese del CIL è attualmente irreperibile. Ciò non consente di verificare le letture non troppo soddisfacenti fornite da alcuni testi tràditi. Pertanto le informazioni deducibili devono essere sottoposte ad una analisi critica. Forniscono informazioni relative alla sfera del culto che dà un panorama limitato e costituito da divinità comuni al pantheon romano (Ercole, Minerva, Vittoria). Le iscrizioni collocabili tra il I e il II sec. d.C., propongono precisi ragguagli sull’organico completo delle cariche magistratuali del Municipio romano, che operano all’interno della sfera pubblica. Il Municipio era retto dai Quattuorvires, la carica supreme attestata, mentre l’apparato amministrativo si serviva del contributo di Quaestores. Ci sono fornite informazioni dettagliate anche sulle famiglie emergenti, i ceti sociali, le organizzazioni associative. Ne scaturisce l’immagine di un piccolo municipio capace di una certa vitalità e dotato di una compiuta e stabile organizzazione interna, articolata nelle forme tradizionali, la cui evoluzione può essere sintetizzata in quattro momenti salienti: l’Età Repubblicana, a ridosso della Guerra Sociale, quando si effettua la costruzione degli ambienti sull’Acropoli; l’Età giulio-claudia, quando viene costruita la città orientata nord-sud; l’Età Antonina, successiva ad un terremoto e ad un incendio, ben documentati archeologicamente; il quarto periodo corrisponde all’’Età tardo antica, quando, nel IV sec. d.C., inizia la fase di decadenza delle città romana.

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abruzzo... da visitare

Un suggestivo tratto del fiume Sangro

La millenaria storia della Valle del Sangro Sotto il crinale calcareo ricoperto dalla lecceta di Torino di Sangro e la piatta distesa che volge verso nord fino alle pendici della collina, dove sorge l’Abbazia di San Giovanni in Venere, il fiume Sangro si getta nell’Adriatico in un abbraccio che perdura da almeno un’era geologia. Dal litorale, ripercorrendo a ritroso il corso del fiume, il paesaggio è regolare per chilometri e chilometri fino ad incrociare le prime alture tra le Cannelle di piane d’Archi e le Scosse di Altino. I versanti del Sangro si rialzano in lontananza dando luogo a un irregolare susseguirsi di colli

e colline sulle vette dei quali si scorgono piccoli borghi, masserie, casolari, vigneti, frutteti, uliveti oltre che radure e piccole oasi boschive che rendono il paesaggio vario e attraente. Un tempo per attraversare il fiume era necessaria la scafa, una sorta di zatterone ancorato ad un cavo. I passeggeri montavano sulla chiatta e la zattera seguiva il tragitto del cavo tirato da uomini con forza erculea. Il pedaggio per l’uso della scafa era pagato al Comune di Torino di Sangro. Nella risalita c’imbattiamo nell’Oasi naturalistica di Serranella, posta nel comune di Altino, un vero angolo di paradiso terrestre in cui

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è custodito, per essere ammirato senza produrre squilibri e conseguenze irreversibili, un patrimonio floro-faunistico autoctono d’inestimabile valore. Per queste ragioni, l’oasi è stata inclusa nel novero dei siti di interesse comunitario. In quel caratteristico recesso il fiume è la culla di una straordinaria biodiversità da preservare e custodire per le generazioni future. Poco distante da Serranella appare la Selva d’Altino, luogo dove un tempo la vegetazione boschiva e cespugliosa ricopriva tutta la zona. In quelle terre successivamente coltivate, la storia ha restituito una peculiarità esclusiva: il peperone rosso e dolce di Altino, un’autentica specialità. Nel solco di quella tradizione, è stata fondata un’associazione di tutela e valorizzazione e ricostruita un’importante sagra culminante con il Palio culinario delle Contrade. Nella Valle del Sangro il limo dell’alveo ha cosparso un manto di fertilità come quello che delimitava la Mezzaluna fertile dell’antica Mesopotamia. E allora saliamo ad Atessa, l’antica Ate-Tixa, cittadina il cui borgo originario, dalle mille suggestioni suscitate da un intrico di vicoli, piazzette, piagge, scalinate e porticati, sorge su un costone roccioso proteso verso la valle. La leggenda narra che Atessa fu fondata dai monaci basiliani (seguaci di San Basilio) i quali si stanziavano in corrispondenza delle pianure acquitrinose che bonificavano pazientemente per poi coltivarle con ogni ben di Dio. Da ammirare lo splendore della cattedrale dedicata a San Leucio martire, eroico personaggio uccisore di un drago di cui nella chiesa è con-

servata una costola. Atessa il centro nevralgico della zona dove una menzione merita il piccolo centro di Tornareccio, il paese delle tre emme: miele, mozzarelle e mosaici. Tornareccio s’inchina alla maestosità del monte Pallano, leggendaria altura dove nel parco archeologico di recente istituzione, è possibile ammirare i resti di mura ciclopiche o pelasgiche erette in epoche remote e che attestano una lontana preLa cattedrale di San Leucio ad Atessa

senza antropica in quei luoghi. Nell’estesa pianura della valle la natura è rigogliosa soprattutto lungo gli argini del fiume Sangro dove le virtù del’acqua dolce che corre verso il mare, nutrono le mille forme di vita vegetale: farnie, ontani, acacie e poi fitti canneti, felci. Oltre Cannelle di piane d’Archi, il fiume Sangro s’incunea tra due catene ininterrotte di alture che preludono i monti che si stagliano dopo il lago artificiale di Bomba.

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Piane d’Archi 1 agosto • Archi 11 agosto

Torna “La notte dei talenti”

Gli organizzatori informano che anche nel corso dell'estate 2015 si svolgerà la manifestazione denominata "La notte dei talenti". Il giorno 01 agosto prima serata a Piane d'Archi e il giorno 11 agosto gran finale in Piazza Marconi ad Archi. Chiunque intenda far apprezzare al pubblico il proprio talento può iscriversi gratuitamente contattando il Sig. Rocco Cinalli al numero 3471892591 entro il giorno 25/07/2015.

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Abruzzo... da visitare

La grotta del Cavallone

Info: www.comune.lama-dei-peligni.ch.it/legrotte

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Scesi dalla cestovia, col naso all’insù, non si farà fatica ad immaginare l’entrata della Grotta come un occhio di cavallo gentilmente incastonato nella parete rocciosa dalle forme che ricordano il suo muso. Da questo richiamo sembra derivi il nome Cavallone. Altri sostengono che Cavallone derivi dal nome della Valle, un tempo chiamata Valle Cavallo. Di certo, già soffermandoci da lontano sulla forma dell’entrata della Grotta, possiamo iniziare a mettere in moto la nostra immaginazione. Immaginazione di giochi di forme che verrà stimolata in pieno lungo tutto il percorso visitabile (1360 metri). Ci stupiremo dei prosciutti appesi, della Torre di Pisa, della Foresta Incantata, del paesaggio lunare. Ci stupiremo della forza e della magia delle creazioni alle quali l’acqua dona vita nuova. Per accedere al suggestivo atrio di entrata della Grotta ci sono 174 scalini, scavati nella roccia da abili scalpellini . Prima del 1894 vi si accedeva tramite delle corde stese dall’alto: tutta un’altra cosa! Dal Belvedere, proprio di fronte all’ingresso di questo suggestivo monumento sotterraneo nel cuore della Maiella, possiamo riprendere fiato e stendere lo sguardo lontano, dalla valle, alle vette, ai giochi delle rocce e dei colori. La Grotta del Cavallone, di origine carsica, si sviluppa per più di due chilometri; si divide in una galleria principale e tre diramazioni secondarie. Inoltrandosi nella cavità, accompagnati da appassionate guide,

a pochi passi dall’atrio, ci si trova all’ingresso della Galleria della Devastazione, dove il caos del tempo ha il sopravvento sull’armonia delle forme e dell’immaginazione. Proseguendo per la strada principale, ancora accompagnati da raggi di luce esterna, si giunge alla Sala di Aligi, dove si ha la prima consapevolezza del lavoro costante dell’acqua, sintomo di creazione e di vita: davanti ai nostri occhi una vera e propria cascata di pietra! È proprio l’acqua la vera protagonista del nostro viaggio all’interno di questo meraviglioso ed unico mondo sotterraneo. Acqua regista di forme, creatrice di pozzi, gallerie, laghetti sotterranei; acqua madre di stalattiti e stalagmiti. Alla fine della Sala di Aligi, ci troviamo al cospetto delle Sentinelle, formazioni di stalattiti e stalagmiti che salutano il nostro ingresso nella Galleria principale, ormai lontana dai raggi del sole. Da qui è tutto un susseguirsi di formazioni calcaree e di giochi di fantasia sulle forme createsi. Un po’ di nomi per stimolare la curiosità: Sala di Budda, Sala degli Elefanti, Teste d’Indiani, Sala delle Statue, Sala dei Prosciutti, Sala delle Campane. Non resta che assaporare il viaggio di 1360 metri alla scoperta di pozzi, laghi e giochi di forme. La visita in Grotta durerà circa un’ora, la temperatura costante di 10 gradi e l’umidità percepita è del 96%. Munitevi di scarpe chiuse, di una giacca impermeabile e di una bambinesca curiosità!

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Un punto di informazione per visitare la grotta Un punto d’informazione per il visitatore che per la prima volta si approccia a questi luoghi e in particolare all’emergenza naturale di eccezione che è la Grotta del Cavallone. Una “grotta” scavata nella roccia nella parte di Lama dei Peligni denominata “La Ripa” è stato affidato il compito di raccontare l’emozione della visita in grotta. La morfologia e la condizione climatica piuttosto umida che caratterizza questo ambiente sono fattori che rievocano l’atmosfera che si respira all’interno delle Grotte del Cavallone. Uno spazio arredato esclusivamente da una galleria fotografica, una sequenza di immagini simula la visita in Grotta… una sorta di preparazione alla salita! A precedere la “grotta”. Nel cuore del museo vi è un atrio, costruito ex novo, destinato all’accoglienza e all’informazione del visitatore che,

attraverso video, quadri, brochure e la disponibilità del personale addetto potrà conoscere Lama, la sua storia e le sue bellezze. Uno spazio, quest’ultimo, che fa da anello d’incastro tra quello scavato nella roccia e quello esterno che si apre senza soluzione di continuità al paesaggio e permette la sosta e il riposo del visitatore. Cavallone Informa, è una struttura perfettamente integrata nel contesto e per nulla invasiva. Nella sua semplicità è in grado, attraverso un gioco di scale e terrazze, di mettere in comunicazione tre diversi ambienti valorizzando l’antica “grotta scavata nella roccia, le terrazze e la parte verde precedentemente ricoperta da piante infestanti oggi testimonianza di antiche presenze. Info e prenotazioni Comune di Lama dei Peligni. Tel. 0872 91221

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abruzzo... da visitare Il lago di Serranella La riserva si estende su 300 ettari intorno al Lago (di origine artificiale) di Serranella: la sua posizione prossima alla costa e alla confluenza tra i fiumi Sangro e Aventino ne ha fatto una delle aree umide più importanti per la sosta degli uccelli migratori lungo la rotta adriatica e per la fauna in generale. Prima oasi del WWF e poi Riserva Naturale, grazie a puntuali interventi di rispristino ambientale svolge un ruolo importante per il mantenimento degli habitat fluviali attraverso la presenza di laghetti e zone irrigate, al fine di restituire all’ambiente e al paesaggio l’aspetto originario.

L’Abetina di Rosello La presenza di boschi di abete bianco è l’aspetto più importante della riserva, che sorge in un territorio incontaminato. Delimitata dal tratturo Ateleta – Biferno, l’Abetina è attraversata interamente dal torrente Turcano, affluente del Sangro. Seguendo il percorso natura che da Fonte Volpona si inoltra nella riserva, è possibile scorgere, tra imponenti abeti secolari e molte altre specie erboree, le colorate fioriture del sottobosco che si susseguono dal disgelo fino ad estate inoltrata. La Riserva, che insieme alle zone limitrofe, ospita quasi l’intero patrimonio della fauna appenninica, ha avviato da anni un progetto sul ripopolamento degli ungulati selvatici come il capriolo e il cervo, volto consolidare la loro preziosa presenza nel territorio.

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Nei territori di Rocca San Giovanni e San Vito Chietino

La grotta delle farfalle La riserva naturale Grotta delle Farfalle comprende una superficie di 510 ettari di territori comunali di San Vito Chietino e di Rocca San Giovanni. San Vito Chietino è un comune di circa cinquemila abitanti localizzato su una collina che raggiunge il mare nel cuore della Costa dei Trabocchi. Il Comune di Rocca San Giovanni con 2360 abitanti, è posizionato sulla sommità di una collina rocciosa a 155 metri di altitudine tra il fiume Sangro e il torrente Feltrino. I confini dell’area protetta non raggiungono direttamente il litorale anche se la linea parallela al mare nei pressi di Vallevò, a metà tra i due comuni, divide la zona antropizzata da quella più conservata dal punto di vista naturalistico. Da segnalare in questo tratto della costa adriatica la magia dei trabocchi, suggestiva testimonianza di una antica civiltà, tra terra e mare, cerniera tra la pesca e l’agricoltura, un tempo fonte di ricchezza, oggi in fase di recupero per una nuova valorizzazione nell’ambito turistico e culturale che cerca di definire una nuova identità di un luogo con radici certe. Il “ragno colossale” per ricordare la definizione del trabocco di D’Annunzio è stato più volte rappresentato all’interno di un suo celebre romanzo il “Trionfo della morte” del 1894: “La macchina pareva vivere di una vita propria, avere un’aria e un’effigie di corpo animato.
Il legno esposto per anni ed anni al sole, alla pioggia, alla raffica,

mostrava le sue fibre…
si sfaldava, si consumava, si faceva candido come una tibia o lucido come l’argento o grigiastro come la selce, acquistava una impronta distinta come quella d’una persona su cui la vecchiaia e la sofferenza avessero compiuta la loro opera crudele…”. La legge regionale n. 5 del 30 marzo 2007 che istituisce la Riserva stabilisce i criteri per la tutela e la valorizzazione della Costa Teatina ed all’Articolo 4 aggiunge un altro contenuto importante: Al “corridoio verde” quale obiettivo specifico di tutela e valorizzazione della costa è funzionalmente connesso il sito “San Giovanni in Venere” nel Comune di Fossacesia i cui confini sono stabiliti come cartografia allegata, per una superficie di ha 58 al quale si applica il regime di protezione proprio delle riserve naturali istituite con la presente legge. La Riserva Naturale Grotta delle Farfalle tutela una serie di fossati solcati da brevi tratti di torrenti che scorrono nascosti tra la ricca vegetazione ripariale ed alcune grotte naturali, che durante la terribile guerra mondiale, offrirono sicuri nascondigli a partigiani e sfollati.
Perpendicolari alla costa i fossi della riserva, come una fitta ragnatela, rappresentano un interessante ed inusuale corridoio ecologico a bassa quota in un’area a forte vocazione agricola dove numerose specie animali possono spostarsi da un luogo all’altra restando nascosti nella vegetazione.

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Abruzzo... da visitare Palena, l’Eremo Celestiniano Incastonato sulle pendici del Monte Porrara, nel Comune di Palena, a circa 1300 metri d’altezza, spicca l’Eremo della Madonna dell’Altare, testimone per secoli della vita ascetica di Papa Celestino V. L’Eremo sorge su una rupe che lo rende quasi inaccessibile e domina le distese boschive sottostanti, ad appena un chilometro un’area attrezzata per il picnic.

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Abruzzo... da visitare Taranta Peligna, le acquevive Ai piedi di Taranta Peligna, attraversato dai giochi d’acqua del fiume Aventino a pochissimi chilometri dalla sua sorgente sul versante orientale della Majella, il parco fluviale delle “Acque Vive” è una delle mete più attraenti per chi apprezza il valore dell’acqua e la sua limpidezza. Oltre un’ampia e attrezzata area picnic, sono presenti un percorso fitness e un parco giochi.

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abrUZZo... da visitare

CasTiglione messer marino, la Chiesa madonna del monTe L’abetina di selva grande, l’Oasi protetta del WWF, è uno dei pochi boschi di abete bianco in Italia. All’interno dell’abetina sono presenti diversi percorsi escursionistici, e nei dintorni del boscoso Monte Lupara, ai margini di una grande area di pascolo, sorge la solitaria Chiesa della Madonna del Monte, ricostruita sui ruderi di un convento francescano intorno alla metà del secolo scorso. Nelle immediate vicinanze uno spazio attrezzato per il picnic.

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Mare nostre di Luigi Illuminati

Mare nostre, mare che arcrije stu core, na passione d’amore e mi fi’ ‘ncanta. Mare ‘bbelle, sopra sta ‘bbella paranze l’anema li luntananze se mett’a sugnà... Voga voghe marinare, voga voghe pe stu mare che nen dorme e suspire ‘nghe mè. Mare chiare, mare de latte e d’argente, ogne dulore e turmente me vuje scurdà. Mare granne, come nu ciele stellate tremà ‘ssa luce ‘ncantate lu core me fà... Voga voghe marinare, voga voghe pe stu mare che nen dorme e suspire ‘nghe mè. Voga voghe... voga voghe...

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Casalbordino

E...state in festa! sabato 18 luglio • Milonga da strada Area Palazzo Furi Associazione Interno B venerdì 24 luglio • Culturae Centro Storico - Comune di Casalbordino domenica 26 luglio • Festa S.Antonio Casalbordino Centro Comitato festa • Raduno Tuning Style Casalbordino lido Associazione Only Tuning venerdì 31 luglio • Notte Bianca Casalbordino Lido - Ass. A. Mare • ‘Ndrocioloni in festa Casalbordino Lido Associazione Futsal Casalbordino sabato 1 agosto • ‘Ndrocioloni in festa Casalbordino Lido Associazione Futsal Casalbordino • I Grandi Concerti Casalbordino Centro Ass. Famiglia Casalese domenica 02 agosto • I Grandi Concerti Casalbordino Centro Ass. Famiglia Casalese • ‘Ndrocioloni in festa Casalbordino Lido Associazione Futsal Casalbordino sabato 8 agosto • Tarallucci e Vino Cantina Madonna dei Miracoli Coop. Sociale Madonna dei Miracoli

domenica 9 agosto • Tarallucci e Vino Cantina Madonna dei Miracoli Coop. Sociale Madonna dei Miracoli martedì 11 agosto • Notte Nera Casalbordino Lido Associazione A.mare venerdì 14 agosto • Duathlon Miracoli Miracoli - Associazione Pro Life • Bimbolandia Casalbordino lido Comune di Casalbordno sabato 15 agosto • Festa dell’Assunta Casalbordino lido Comitato Festa sabato 22 agosto • CoveriAMO Casalbordino Lido Comune di Casalbordino, Avis domenica 23 agosto • Messa di Ringraziamento Associazione Madonna dell’Assunta P. Civile • MTB Cross Country Memorial “Tano Croce” Loc. Vidorni Casalbordino Polisportiva CasalBike mercoledì 2 SETTEMBRE • Festa di S.Rocco Casalbordino - Comitato Festa giovedì 3 SETTEMBRE • Festa di S.Rocco Casalbordino - Comitato Festa

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Santa maria imbaro

ECCO LA NOSTRA BELL’ESTATE giovedì 9 luglio • Compagnia teatrale dialettale “La compagnie de l’armonie” Comune di Santa Maria Imbaro Piazza del Comune - ore 21:00 dal 12 luglio al 18 agosto • Torneo di beach volley - III edizione campetto antistante scuola primaria “C. fattore” Santa Maria Imbaro sabato 18 luglio • A scuola di zumba con l’insegnante Patrizia Di Nardo Comitato feste patronali 2015 dal 24 al 26 luglio • X Edizione - Sagra delle pallotte casce e ove Pro Loco Santa Maria Imbaro Piazza del Comune giovedì 30 luglio • Concerto musicale - Musica blues/rock indole blues Comune di Santa Maria Imbaro Piazza del Comune - ore 21:00

venerdì 31 luglio - sabato 1 agosto • VI edizione - Mangiando sotto le stelle Pro Loco Santa Maria Imbaro Piazza del Comune domenica 2 agosto • Rappresentazione del Dono - Sfilata di carri in onore di Maria SS.ma Madre di Dio per le vie del paese ed asta dei donativi Comitato feste patronali 2015 piazza plebiscito - ore 20:30 giovedì 6 agosto • Concerto musicale - liscio, caraibico e balli di gruppo - Gruppo Fantasy Comune di Santa Maria Imbaro Piazza del Comune - ore 21:00 venerdì 7 agosto • Festa patronale con concerto in Piazza del Plebiscito Comitato feste patronali 2015 sabato 8 agosto • Festa patronale con concerto in Piazza del Comune Comitato feste patronali 2015

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guardiagrele

Le escursioni con il Cai a luglio, agosto e settembre

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11 e 12 luglio 2015 inTerseZionale con il C.a.i. di Pesaro

Le escursioni avverranno nel Parco Nazionale della Maiella e saranno comunicate con apposita locandina.

18 e 19 luglio 2015 TraversaTa geologiCa della maiella Cima mUrelle Intersezionale con il C.A.I. di Pietracamela (TE) (con pernottamento al Rifugio d’Ugni)

dal 26 luglio al 2 agosto 2015 seTTimana verde in eUroPa «la foresTa nera» 9 agosto 2015 monTe amaro - (Parco Nazionale della

Majella) Traversata dal Rifugio Pomilio a Caramanico

30 agosto 2015 monti infornaCe e Prena

(Parco Naz.le del Gran Sasso e Monti della Laga) - Si sale per la via Cieri partendo dalla strada per la vecchia miniera, percorriamo il tratto di cresta che dall’Infornace ci porta al Monte Prena (Tratto del sentiero del Centenario) si scende per il Vado di Ferruccio per arrivare a Fonte Vetica.

6 settembre 2015 monTe gorZano da amaTriCe

(Parco Naz.le del Gran Sasso e Monti della Laga) INTERREGIONALE organizzato dai C.A.I. Abruzzo – Lazio – Molise Campania – Umbria

13 settembre 2015 la fesTa nella nosTra valle

Come ogni anno , è arrivato il momento di festeggiare il nostro sodalizio in un ambiente tipicamente « alpino ». Vengono svolte più escursioni, e ci si rivede tutti presso la baita dove gli amici alpini capitanati dal vecio Nicola cucinano e distribuiscono il rancio, il tutto con il contorno di un buon bicchiere di vino e di una canzone di montagna.

27 settembre 2015 monTi Cafornia e velino

Parco Naturale Reg.le Velino – Sirente Partendo dall’altopiano dei Piani di Pezza raggiungeremo la vetta del Monte Velino passando per le maggiori cime del Gruppo (Colle dell’Orso, Punta Trento, Monte Il Bicchero, Monte Cafornia)

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