Speciale 68a Fiera Internazionale del Bovino da Latte - 24/27 ottobre 2013 a cura di Angelo Gamberini
Notizie sul latte, l’alimentazione animale, le razze, le tecnologie e le macchine per gli allevamenti.
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Cremona, molto più che una fiera Una vetrina sulle innovazioni tecnologiche e un podio dal quale affrontare i problemi degli allevamenti per disegnarne il futuro. È quanto promettono le molte iniziative che dal 24 al 27 ottobre animeranno il quartiere fieristico cremonese Protagonisti della prossima edizione saranno come sempre bovini da latte e suini, affiancati per la prima volta dal settore avicolo riunito a congresso
migliorare l’ambiente e ridurre il consumo di CO2. A Cremona si va per “toccare con mano” queste innovazioni e metterle idealmente a confronto l’una con l’altra solo girando lo sguardo da uno stand all’altro.
Non solo latte
La zootecnia italiana non è solo latte e solo bovini, anzi. Il settore suino, ad esempio, ha da tempo superato quello bovino in quanto a consumo di carne. Così già da qualche anno i cancelli del quartiere fieristico si sono aperti alla suinicoltura con Italpig. Questo il nome dello spazio che la fiera dedica a questo settore per un confronto e un aggiornamento che oggi, all’indomani delle nuove norme sul benessere dei suini e dell’applicazione della direttiva nitrati, assume grande importanza. Latte e carne, una volta uscite dagli allevamenti, devono essere trasformate per giungere al consumatore finale. Alla filiera lattiero casearia Cremona mette a disposizione Expocasearia, anche questo un salone con un forte spessore tecnologico ed una vetrina sulle principali innovazioni. Alla carne e più in generale alle tecnologie alimentari, è dedicato Qualyfood, una serie di eventi che si svolgono nelle sale convegni per dibattere gli argomenti di maggiore importanza. A proposito di convegni, la 68esima edizione della fiera di Cremona ospita un’importante novità con la prima edizione, il 24 ottobre, dell’International poultry forum, un’occasione per riunire quanti hanno competenze nel settore avicolo e discutere di argomenti di forte rilievo e attualità. Fra questi le nuove norme sull’impiego degli antibiotici in avicoltura e le nuove misure sul benessere delle ovaiole.
Fonte immagine: Angelo Gamberini
Come sarebbe la zootecnia italiana senza la fiera di Cremona, ora in programma dal 24 al 27 ottobre? Certo meno competitiva sul fronte della selezione e del miglioramento genetico delle razze bovine da latte. Non che il merito sia il suo, semmai dei programmi di selezione attuati dalle associazioni di razza degli allevatori, la Frisona Italiana e la Bruna in prima fila. Ma sarebbe mancato quel momento di confronto internazionale che Cremona è stata capace di realizzare sin dalle sue prime edizioni, quando ancora si svolgeva nel foro boario della cittadina lombarda, e oggi nel moderno e funzionale polo fieristico di Ca’ De Somenzi. Qui ogni anno si sono dati appuntamento i “maghi” della selezione, genetisti e allevatori, per contendersi il primato della vacca più bella (e più produttiva). Il “rito” si ripete ogni anno ed ha il suo momento clou nei numerosi concorsi che si alternano sul ring dove sfilano gli animali di maggior pregio e dove, con un’asta al cardiopalma, ci si contende l’animale più bello.
Tanti argomenti
A proposito di convegni, Cremona da tempo si è trasformata in un podio di rilevanza internazionale dal quale disegnare il futuro della zootecnia. Così è anche per l’edizione 2013 che in soli quattro giorni vedrà svolgersi ben 75 appuntamenti. Fra seminari, tavole rotonde, convegni e workshop spicca la decima edizione degli “Stati generali del latte” in programma per il 26 ottobre. Argomento principe, e non poteva essere diversamente, è lo scenario che si aprirà sugli allevamenti nel 2015, dopo l’abolizione delle quote latte. Un appuntamento da non perdere, come tutti quelli in programma a Cremona.
Molta innovazione
Poi la tecnologia applicata alle stalle, altro importante capitolo della quattro giorni cremonese. I grandi padiglioni della fiera si riempiono di proposte di mezzi di produzione, strumenti e attrezzature, formule alimentari, presidi sanitari all’avanguardia, soluzioni per il risparmio energetico e per la produzione di energie rinnovabili capaci di
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La quiete dopo le quote? Poche le ripercussioni che il settore lattiero caseario europeo subirà dall’abbandono, nel 2015, dei vincoli produttivi. Ma non mancano elementi di preoccupazione. Se n’è discusso a Bruxelles Poco più di 500 giorni ci separano dal primo aprile 2015, giorno in cui le quote latte cesseranno di esistere. Una manciata di settimane per prepararsi ad una svolta che per gli allevamenti da latte sarà epocale. A questo tema la Commissione europea ha dedicato recentemente un’intera giornata di studi. Con l’obiettivo di fornire dati, numeri e analisi da mettere a disposizione del mondo politico per orientarne le scelte. Sul tavolo, per comprendere la portata della discussione, documenti per centinaia di pagine, ricche di schemi, diagrammi, tabelle e grafici. Tutti dedicati al grande capitolo del latte europeo con i suoi 140 milioni di tonnellate prodotte ogni anno, per un importo di circa 50 miliardi di euro, contando solo il valore del latte alla stalla. E migliaia di addetti al settore, con un indotto enorme se dal latte si passa ai formaggi. Ma che si sono detti gli esperti riuniti a Bruxelles? Come sempre, quando si parla di economia, non c’è una visione univoca. Per il momento vi è solo la certezza che fra 70 settimane i soldi spesi per comprare quote latte saranno carta straccia. Denaro sonante sarà invece quello delle multe che gli allevatori continueranno a pagare per anni, sino all’ultima rata del loro debito.
consegne dirette. Dunque persino meno dei 150 milioni di tonnellate che oggi rappresentano il vincolo imposto dalle quote. La produzione complessiva, sempre con proiezione al 2022, si ferma poi a circa 160 milioni di tonnellate. Al contempo si assisterà ad una contrazione del numero di allevamenti, mentre il numero di vacche da latte si manterrà costante, intorno ai 23 milioni di capi.
Il latte nel mondo
Bisogna poi fare i conti con l’evoluzione che il settore avrà a livello mondiale. Complessivamente il consumo di formaggi di qui al 2022 potrebbe crescere circa del 25%. Crescite superiori sono attese per burro e latte in polvere. In questo scenario il settore lattiero caseario della Ue vedrà aumentare le proprie esportazioni verso i paesi terzi, soprattutto nei comparti dei formaggi e del latte in polvere. Al contempo si ridurranno le importazioni. In questo scenario la produzione europea dovrebbe mantenersi competitiva in termini di prezzo. Una situazione dunque non dissimile da quella attuale dove il prezzo medio del latte nella Ue si colloca a 364 euro per tonnellata, al di sotto del prezzo mondiale, salito a 373 euro per tonnellata.
Fonte immagine: by Nitr - Fotolia
Passaggio indolore
Dunque nessuno “scossone” dal dopo quote. Questa l’opinione di alcuni esperti. Ma bisognerà fare i conti con la forte volatilità del prezzo del latte sul mercato mondiale. Altra variabile in campo è la forte diversità che contraddistingue l’Europa dei 28 e sono forti i timori che le prossime scelte in tema di politica agricola possano accentuare le differenze, a vantaggio di alcuni e a danno di altri. Su questo fronte è fortemente impegnato il presidente della Comagri del Parlamento europeo, Paolo De Castro, che all’incontro di Bruxelles sugli scenari del dopo quote, ha ribadito fra l’altro l’impegno della commissione Agricoltura per il mantenimento della produzione lattiera nelle zone svantaggiate, nella montagna e nei territori ultra-periferici.
La locandina della giornata dedicata all’esame degli scenari che si apriranno dopo l’abbandono delle quote latte
Previsioni difficili
Queste le certezze. Più difficile è prevedere come reagirà il mondo del latte. I dati previsionali presentati a Bruxelles dicono che dal 2015 al 2022 la produzione di latte nei 28 Paesi della Ue, pur se con un progressivo aumento, non dovrebbe superare i 147 milioni di tonnellate per le
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I suini stretti fra mercato e benessere I margini degli allevamenti stanno migliorando e si potrà investire nell’aggiornamento degli impianti. Purché l’andamento dei prezzi non inverta la tendenza al rialzo Un’immagine della scorsa edizione di Italpig, la rassegna suinicola di Cremona in calendario dal 24 al 27 ottobre, sempre attenta ai temi di attualità del settore
Porcilaie “ricche”
Fonte immagine: Cremonafiere
Ottimisti, ma non troppo
Dovendo poi allevare gli animali in gruppo, assume maggiore importanza, anche per evitare fenomeni di aggressività fra gli animali, l’arricchimento ambientale dei box. Un tema quest’ultimo che ha impegnato numerosi ricercatori per individuare le soluzioni più rispondenti. Fra quelle testate, l’impiego della paglia distribuita sul pavimento del box in grande quantità ha riscosso risultati positivi. La presenza della paglia, che diventa una lettiera permanente, stimola il naturale comportamento del suino che grufola per esplorare il territorio e in questo modo si riducono i fenomeni di aggressività. La paglia, inoltre, migliora il comfort termico dell’ambiente e quando ingerita assume anche una rilevanza nutrizionale per la fibra che vi è contenuta. Ha solo un difetto, costa molto...Un problema secondario se i conti degli allevamenti continueranno ad avere il segno più davanti. Due elementi inducono tuttavia a non lasciarsi andare ad un eccessivo ottimismo. Il primo: nei primi sei mesi del 2013, per la prima volta dopo molti anni, il numero di scrofe in allevamento è aumentato, a dispetto del calo complessivo del patrimonio suinicolo nazionale. Segno che le buone prospettive di mercato stanno inducendo gli allevamenti a spingere sulla produzione. Ma se si esagera già si sa come andrà a finire, con un crollo dei prezzi. Il secondo elemento di preoccupazione è la strana situazione del mercato dei prosciutti. Le industrie di trasformazione, in parallelo con l’aumento dei prezzi dei suini, hanno visto erodere i loro guadagni. E per rimediare stanno spingendo sui prodotti non Dop, quelli realizzati con i suini leggeri di importazione. Risultato: la produzione di prosciutti leggeri sta erodendo spazio a quella del prodotto a marchio. E se continua così gli allevatori non faranno nemmeno in tempo a pagare le prime rate dei mutui contratti per aggiornare gli allevamenti. Spesso, a fare previsioni, si sbaglia. Speriamo che anche questa volta sia così.
Migliorano i conti dell’allevamento suino, ma non si arresta la contrazione del nostro patrimonio suinicolo, passato da 9,3 a 8,6 milioni di capi nel volgere di un anno. Un’emorragia che riconosce molte cause, la ciclicità dei mercati, più spesso in fase recessiva piuttosto che di crescita, e poi i numerosi vincoli agli allevamenti, prima la direttiva nitrati, poi, a inizio 2013, l’entrata in vigore delle nuove norme sul benessere degli animali. Aggiornare gli impianti di allevamento ottemperando alle disposizioni del decreto legislativo 122 del luglio 2011, che ha recepito la direttiva europea 120/CE del 2008, è stata per alcuni allevamenti una “missione impossibile”. E in molti, infatti, hanno gettato la spugna. Perché modificare i reparti di gestazione eliminando le gabbie singole e modificando le pavimentazioni richiede investimenti valutati in circa 700 euro per animale. Da qualche mese però il mercato del suino pesante (quello, per intenderci, alla base delle nostre produzioni Dop) è in ripresa. Ora che i margini degli allevamenti sono migliorati potrebbe esserci spazio per completare l’aggiornamento degli impianti di allevamento. La direttiva sul benessere animale non si ferma infatti al solo settore della riproduzione, ma dà precise indicazioni sulle superfici libere a disposizione dei suini all’ingrasso in gruppo e si arriva sino ad un metro quadrato per ogni animale di oltre 110 kg di peso.
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Il futuro abita nelle stalle L’allevamento delle bovine da latte è un concentrato di tecnologie innovative soprattutto in sala di mungitura dove cresce il ricorso ai robot La Fiera internazionale del bovino da latte che si svolge a Cremona dal 24 al 27 ottobre (nella foto un’immagine della scorsa edizione) è un’occasione per conoscere da vicino le nuove proposte tecnologiche
produttori di latte) ha evidenziato che circa un quarto degli allevatori intervistati è propenso a sostituire l’impianto di mungitura entro il 2016. E la scelta cadrà per lo più sul robot di mungitura o sulle sale a pettine o sui sistemi a giostra, questi ultimi indicati in particolare per le aziende di grandi dimensioni.
I pro...
Scegliere non è però cosa facile. Sia per gli investimenti necessari (un robot costa intorno ai 150mila euro), sia per le conseguenze sulla gestione aziendale. Anzitutto va precisato che un robot può gestire tra le 60 e le 70 vacche. Nulla vieta di inserirne due, purché il numero di vacche presenti sia sufficiente a coprirne le potenzialità. In pratica un robot è in grado di sostituire un addetto alla mungitura (a onor del vero un bravo mungitore può seguire anche più di 70 animali). Dunque il robot si ripaga dei costi di acquisto in cinque o sei anni grazie al risparmio di manodopera. Il robot offre poi altri vantaggi. Grazie alla sua presenza le bovine possono accedere alla mungitura più volte (in media oltre tre volte nella giornata) il che favorisce un significativo aumento della produzione di latte (dal 10 al 15% in più). Gli esperti assicurano inoltre che la mungitura a “libero servizio” è motivo di un maggiore benessere degli animali, con positive ripercussioni sul loro stato di salute. A proposito dello stato sanitario della mandria, le tecnologie applicate ai robot di mungitura, e non solo, consentono importanti vantaggi. Al momento del prelievo del latte, infatti, è possibile avere il conteggio delle cellule somatiche presenti nel latte, un segnale che evidenzia precocemente l’insorgenza di patologie della mammella.
Fonte immagine: Cremonafiere
Stalle da latte o laboratori di innovazione tecnologica? Il dubbio è legittimo se si guarda all’evoluzione dell’allevamento delle bovine da latte. Prima l’ingresso dei transponder per l’identificazione degli animali e l’automazione delle razioni alimentari in funzione delle rese produttive. Poi i sistemi di rilevazione del movimento per evidenziare i calori. Questi rappresentano ancora oggi mirabili esempi di tecnologie evolute che nelle stalle sono ormai un lontano passato. Ma è nella sala di mungitura che si tocca con mano il progredire delle tecnologie applicate all’allevamento. Non a caso è in sala di mungitura che si concentra una larga parte, oltre il 30%, dei capitali investiti per produrre latte, con cifre che possono anche superare i mille euro per vacca in mungitura, a seconda della tipologia di impianto. Si va dalle sale a spina di pesce, le più diffuse, ma al contempo le più “anziane”, ai robot di mungitura la cui diffusione va aumentando di anno in anno. Merito dei vantaggi che questi sistemi offrono in termini di economia di mano d’opera e del continuo affinamento delle tecnologie che ne fanno strumenti sempre più affidabili. Una recente indagine dell’Edf (European dairy farmers, l’associazione europea dei
...e i contro
Molti i vantaggi, ma anche qualche lato negativo. Anzitutto la presenza dell’uomo, pur se non indispensabile, è comunque necessaria quando l’impianto segnala eventuali anomalie. I costi di manutenzione possono essere più alti rispetto ad un impianto tradizionale. Poi bisogna fare i conti con la maggior richiesta di energia che l’impianto robotizzato può richiedere. Ma ancora una volta è la tecnologia che può dare una risposta con il ricorso alle fonti rinnovabili, dal biogas ai pannelli fotovoltaici. E anche in questo campo le aziende da latte sono proiettate nel futuro. © AgroNotizie - riproduzione riservata 4
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