Gino Pedroli
Tascabili di fotografia nella Svizzera Italiana
02 Pittografo
Gino Pedroli Pittografo
Tascabili di fotografia nella Svizzera Italiana
Logo di Aldo Patocchi | Gino Pedroli: fotografia di Ares Pedroli
inspirierten: ciak. Ein “ciak”, das unmerkbar war, noch heute benieden! Diese 02 unserer
Malers. Wenn ihn ein Landschaftsausschnitt, eine Kinderszene oder ein Innenhof
wusste, dass er ein gewisses ... was weiss ich. Er hatte das Gemüt eines Poeten, eines
porträtierte, hielt er die Zeit fest. Er machte nicht den Anschein eines Artisten, aber er
herab betrachteten. Wenn aber “Ul Gino” im Mendrisiotto umherflanierend, das Alltagsleben
empfing er alle, auch die Bürgerlichen, welche den Herrn Fotografen allerdings von oben
oder im Tram. Er mochte die Personen, welche die Erde hegten. Im Atelier von Mendrisio
und unzählige andere. Pedroli dokumentierte seine Welt, durchstreifbar zu Fuss, per Velo
dem Reisefieber erlegen, so wie die grossen, etwa Kertész, Cartier-Bresson, Capa, Bischof
folgten verschiedene Publikationen, Ausstellungen, Anerkennungen. Gino Pedroli ist nicht
darauffolgenden Jahren, auch dank der Leidenschaft des Sohnes und Fotografen Ares,
Macconi mit der Publikation “il mio Mendrisiotto” im Jahr 1968 zu verdanken. In den
könnte man – auch scherzhaft! - “Malograf” sagen, so liebte sich Pedroli zu nennen) ist Gino
Zeitschriften wie “Cooperazione”. Die erste Wiederentdeckung des “pittografo” (übersetzt
beit mit Aldo Patocchi für die “Illustrazione Ticinese”. Erst später arbeitete er auch für andere
Zeit anhalten” war sein neues Motto. 1934 beginnt eine lange und fruchtbare Zusammenar-
Franken. Für den ganzen Rest seines Lebens hätte er sich nicht mehr davon getrennt. “Die
Erfinder und Hersteller der berühmten Leica. “Ul Gino” ersteht sich eine zum Preis von 400
und 18x24. Sperrig, vor allem langsam. 1925 begegnet er in Lugano Oskar Barnack,
Händlern, dem Wurstmacher und dem Weinverkäufer. Man arbeitete mit Planfilm: 13x18
überleben half er seinem Vater bei den Arbeiten auf dem Felde oder den nahe gelegenen
Schneiderin, der Vater Plattenleger. Lehrling in Varese, dann ab ’14 aktiv in Chiasso. Um zu
sen seines Metiers durchlaufen musste. Er war bescheidener Herkunft; die Mutter
Fotografen des 20. Jahrhunderts, der, wie jeder seiner Generation, alle Entwicklungspha-
Geboren 1898, verkörpert “ul Gino”, wie er im Dialekt genannt wurde, den Archetypen des
Bildkünstler, geliebt für seinen leutseligen Charakter, geschätzt für seine Fotografie.
Es ist gefährlich. Es ist gefährlich, einen Autor wie Gino Pedroli zu präsentieren, unser
Gino Pedroli, der “Pittografo” aus dem Mendrisiotto, von Adriano Heitmann
Gino Pedroli, il pittografo nel Mendrisiotto, di Adriano Heitmann E’ pericoloso. E’ pericoloso presentare un autore come Gino Pedroli, nostro artista dell’immagine, amato per il suo carattere gioviale, stimato per la sua fotografia. Nato nel 1898, ul Gino incarna l’archetipo del fotografo nel XX secolo, avendo passato per le tutte le stagioni (linguaggi) che ogni professionista della sua generazione ha dovuto declinare. Era di origine modesta. La madre era sarta, il padre piastrellista. Fu apprendista a Varese, poi dopo lo scoppio della guerra rientrò in Ticino per finire l’apprendistato. Per campare aiutava il padre nei campi o i negozianti vicini, il salumiere, il commerciante di vini. L’apparecchio fotografico era a lastre: 13x18 e 18x24. Ingombrante, soprattutto lento. Nel 1925 avviene l’importante incontro a Lugano con Oskar Barnack, inventore e costruttore della celebre Leica. Ul Gino ne acquista una al prezzo di 400 franchi. Non se ne sarebbe più separato per il resto dei suoi giorni. “Fermare il tempo” era il suo nuovo motto. Nel 1934 inizia una lunga e fruttuosa collaborazione con Aldo Patocchi per Illustrazione Ticinese. La prima riscoperta del pittografo (così amava chiamarsi il Pedroli) fu opera di Gino Macconi con la pubblicazione di “Il mio Mendrisiotto” del 1968. Negli anni successivi, grazie anche alla passione del figlio-fotografo Ares, seguirono diverse pubblicazioni, esposizioni, riconoscimenti. Gino Pedroli, non ha vissuto la febbre del viaggio, quella dei grandi reporter quali Kertész, Cartier-Bresson, Capa, Bischof e infiniti altri. Il Pedroli documentò il suo mondo, percorribile a piedi, in bicicletta o in tram. Amava la gente che lavorava (forse sarebbe più appropriato cesella) la terra. Nello studio di Mendrisio riceveva tutti, anche i borghesi che
Carlo Pedroli aktiv.
der Folge mit seinen Enkelkindern Sabina und Carlo. Im Fotostudio in Chiasso ist bis heute
fie erreicht in der Familie Pedroli mittlerweile ein Jahrhundert, mit Gino’s Sohn Ares und in
Kunst, so doch Erinnerung mit magischer Ausstrahlung ist. Die Tradition der Berufsfotogra-
alchemistische Prozess, der sozusagen das Licht kristallisieren lässt und der, wenn nicht
Lebenswerk kann man wohl der Fotografie an sich den Dank aussprechen. Jener
Gemüts, hat uns Pedroli bildnerisches Erbe von Rang hinterlassen. Rückblickend auf dieses
Poesie, einfach, intuitiv, aber im Zeitgeist. Dank seines umgänglichen und poetischen
die künstlerische Arbeit von Gino mit heiteren Augen anzusehen. Seine Fotografie ist
durchblätternd, übernimmt dich jene nostalgische Melancholie, welche dir verunmöglicht,
Fortschritt begriffen. Gefährlich, habe ich am Anfang gesagt. Ja, denn, das Büchlein
tungen fliegen Schwärme von Möwen und Krähen. Eine zerschlagene Erde, aber im
Autohändlern koreanischer Wagen. Im Gesumme der Autobahn und der Hochpannungslei-
della Motta, zwischen gigantischen Öltanks und Müllbergen, zwischen Ampeln und
Pedroli wieder zu Fuss durchwandern: San Martino, Croce Grande, Sant’ Apollonia, Valle
Um den Wert dieser Publikation besser verstehen zu können, müsste man die Strassen von
die Spekulation kommen auch ohne Kultur aus, wie wir wohl wissen.
Zeit”, wo sich der Mensch mit seiner Umwelt nicht mehr verbunden fühlt. Der Handel und
des Menschen an seine Umgebung hervorheben, ganz im Kontrast zu unserer “modernen
die Portraits. Ich wollte Fotografien vorstellen, welche den damaligen Zugehörigkeitssinn
liess ich absichtlich ganze Arbeitsgebiete weg, so die Zeremonien, die Werbeaufträge oder
Bildauswahl aus dem grossen Archiv, welches von seinem Sohn Ares betreut wird, machte,
diesem Flecken der Erde in tiefer Religiosität, Ehrfurcht und Würde lebten. Als ich die
Reihe möchte den Leser, vor allem den jungen, daran erinnern, dass die Menschen auf
comunque vedevano ul sciur fotografo dall’alto verso il basso. Ma ul Gino quando girava senza meta per il Mendrisiotto fermava il tempo ritraendo la vita rurale. Non si dava l’aria dell’artista ma sapeva di avere un certo… non so che. Aveva l’animo del poeta, del pittore. Se uno squarcio di paesaggio, una scena di bambini o una corte lo ispiravano: ciak. Un ciak impercettibile, ancora invidiato oggi! Questo 02 della nostra collana sulla fotografia ticinese non vuole far scoprire, ma ricordare al lettore, soprattutto al lettore giovane, che l’umanità racchiusa in questo fazzoletto di terra viveva con un profondo senso religioso, grande rispetto e dignità. Facendo la selezione delle immagini ricavate dal vasto archivio conservato dal figlio Ares, ho volutamente tralasciato interi argomenti, quali le cerimonie, le attività commerciali, i ritratti. Ho voluto proporre le fotografie che danno quel senso di appartenenza dell’uomo al suo ambiente, in contrapposizione al nostro “tempo moderno”, specchio di valori che sono svincolati dal territorio. I traffici e la speculazione fanno a meno della cultura, come ben sappiamo. Per comprendere maggiormente il valore di questa pubblicazione, bisognerebbe ripercorrere a piedi le strade del Pedroli: San Martino, Croce Grande, Sant’Apollonia, Valle della Motta, tra depositi d’idrocarburi e montagne d’immondizie, tra semafori e rivenditori d’auto coreane. Nel ronzio dell’autostrada e tra i tralicci dell’alta tensione volano nugoli di gabbiani e di cornacchie. Terra martoriata, immagine del progresso. Pericoloso, dicevo all’inizio. Si, perché sfogliando il tascabile ti prende quella nostalgia che ti impedisce di vedere con occhi sereni il lavoro artistico del Gino. La sua fotografia è poesia, semplice, nata e vissuta intuitivamente nello Zeitgeist. Grazie al suo animo gentile e poetico il Pedroli ci ha lasciato un patrimonio iconografico di grande pregio. Chiudendo gli occhi si è grati alla fotografia, questo processo alchemico di cristallizzazione della luce che, se non è arte, è perlomeno magicamente memoria. La tradizione professionale nella fotografia tocca un secolo di storia nella famiglia Pedroli, dppprima con Ares e in seguito con i figli Sabina e Carlo. Nell’atelier fotografico di Chiasso è tuttora attivo Carlo Pedroli.
Werke
Le opere
01. Bissone
02. Bissone
03. Besazio
04. Sant’Apolonia, Coldrerio
05. Campagna Adorna
06. Campagna Adorna