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LA RIVISTA

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LA RIVISTA

LA RIVISTA

Staff organizzativo Raffaella Del Giudice Nicola Di Renzo Teodora Mancini Chiara Loiudice Agnes Terez Peterfi Francesco Luca Potente

Collaborazione Clarissa Lapolla Gianni Reali Mirella Casamassima Sabrina Del Piano Alessandro Cecchi Stefano Garosi Rocco Labellarte Giancarlo Labianca Alessandra Mazziotta Giovanni Nicolai Antonio Rollo

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Un vivo ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito e reso possibile la realizzazione dell’evento e la pubblicazione del catalogo a testimonianza del lavoro svolto.

C’è molto bisogno di "ARCHEOMODERNITAS": ciò è ormai cosa conclamata, tanto da coinvolgere anche l’inaugurazione del "Giubileo Straordinario della Misericordia 2016" con un evento visivo superbamente "archeomoderno" in cui sono state proiettati scatti più o meno recenti di grandi artisti dell’immagine fotografica collegate al salvataggio del pianeta terra, sulle parti esterne di S. Pietro in Vaticano fondendo la sublime forma architettonica del Maderno e di Michelangelo, esaltata dal cielo romano con alcune delle più sapide percezioni e provocazioni della ricerca sperimentale dello scorcio del Novecento. Così la poetica della Land Art ed il suo ambientalismo ante-litteram (che si percepisce nell’intento di non alterare contesti e situazioni esistenti procedendo a minimi interventi ecocompatibili e/o reversibili) ed anche una riedizione temporanea hic et nunc, del recupero funzionale dell’objet trouvé che impiega per nuovi fini artistici materiali già elaborati dall’uomo destinandoli a ruoli compositivi entro contesti rinnovati si sono fusi nelle immagini proiettate. Quest’ultima azione creativa del reimpiego di brani dell’opera umana e della natura non era nuova nel panorama storico artistico nel momento in cui operava Picasso, e di essa potremmo elencare innumerevoli esempi, dall’impiego di marmi e lapidi d’arte classica nella costruzione di cattedrali romaniche come a Pisa agli assemblaggi dell’architettura eclettica ottocentesca come nella villa Stibbert di Firenze, dal riuso d’una patera etrusca quale perfetta aureola bronzea in un Cristo del Verrocchio, alla pittura su pietra paesina dei manieristi. L’archeomodernità che contraddistingue l’evento vaticano è data dall’uso di soluzioni legate alla videografica computerizzata, a quello della luministica contemporanea e dal “riuso” della bellezza rinascimentale in funzione d’una creazione ineffabile che si fa patrimonio universale. Il neologismo “ARCHEOMODERNITAS” che intitola la rivista, allude al processo che muove la ricerca artistica nell’ambito della tradizione creativa avvalendosi dell’esempio e dell’afflato del passato ma si connette funzionalmente e organicamente al patrimonio linguistico-espressivo del panorama contemporaneo all’epoca in cui tale processo si produce. In breve, tale processo è quello che ha da sempre animato l’arte in tutte le sue forme rendendo, prima o poi, protagonisti del panorama culturale quegli artisti anche i più misconosciuti nella propria epoca che hanno saputo raccogliere l’eredità preziosa dei Maestri o/e elementi essenziali dell’esistenza, coniugandoli e fondendoli con l’espressività del loro presente. In tale ottica “ARCHEOMODERNITAS” intende superare le distinzioni tra “antico” e “moderno” appuntando l’attenzione “su ineffabili fatti d’arte visiva” grazie al contributo di esperti e professionisti accreditati nel campo della ricerca storico artistica, interviste ad artisti e “addetti ai lavori”. Senza porre limiti o barriere tra epoche, in quanto le componenti di qualsiasi forma d’arte brillano degli stessi valori universali comunque afferenti l’esistenza umana, si punterà ad evidenziare gli aspetti più suggestivi delle opere visive, quel mistero ineffabile che fa di esse oggetti senza tempo, universali.

Staff Archeomodernitas Vignetta a cura di Francesco Albanese 2016

ADELE PLOTKIN

Adele Plotkin

(Nasce a Newark, New Jersey il 1931 - 2013)

Conclusi gli studi alla Yale University all’età di ventiquattro anni, consegue una borsa di studio Fulbright per la pittura e si reca in Italia, a Venezia. Lì conosce Tancredi, Vedova e altri pittori veneziani. È un periodo fruttuoso di esperienze e, non certo casualmente, troverà in Emilio Vedova un potente punto di riscontro con il maestro armeno-americano Arshile Gorky. Durante questi primi anni di soggiorno in Italia, a Venezia e successivamente a Roma per un rinnovo della borsa di studio, Adele Plotkin vive da vicino il rinnovato dibattito artistico europeo. È proprio a Roma che per la prima volta in Italia, espone nel 1970 presso la galleria Schneider. Intanto Adele Plotkin è ad Ischia. Lì si definisce il legame con Carlo Ferdinando Russo, intellettuale di Lucca e figlio di Luigi Russo. Il rapporto d’intesa è straordinario, gli interessi culturali comuni. Si trasferiscono insieme a Bari e per lei inizia anche il lungo periodo di docenza (che durerà fino al 1996) presso l’Accademia di Belle Arti, inaugurando il corso di Psicologia della Forma. L’insegnamento di questa disciplina è di fondamentale importanza per gli sviluppi del linguaggio figurativo di Adele Plotkin. E’ anche fondamentale per capire le sue opere, via via più complesse (addirittura fuorvianti agli occhi di un osservatore improvvisato) e lontane dagli esordi giovanili. Il lettore si chiederà che cosa sia la Psicologia della Forma, e soprattutto, come mai l’artista americana potesse esserne coinvolta come docente. All’inizio sono state riportate le sue parole riguardo una significativa circostanza che caratterizzava le entusiasmanti lezioni a Yale. Quella in cui le lezioni di Josef Albers, in particolare il suo corso sul colore, si affiancavano allo studio di un libro «che tutti gli studenti leggevano», “Art and Visual Perception: a Psychology of the Creative Eye”, di Rudolf Arnheim (emigrato anch’egli negli Stati Uniti nel 1940). L’importanza di quel libro risiedeva nel fatto che Arnheim per primo, avesse funzionalmente applicato le leggi della psicologia della percezione visiva alla lettura dell’opera d’arte. Secondo la Gestaltpsychologie (la Psicologia della forma) infatti, qualunque fenomeno estetico si può comprendere e dunque spiegare non solo ed esclusivamente da un punto di vista semantico, vale a dire di un contenuto, ma anche soltanto attraverso le cosiddette regole sintattiche, vale a dire la sua “forma”, intesa come un insieme strutturato delle singole parti: il modo in cui gli elementi figurali interagiscono tra loro e rispetto al campo, l’equilibrio visivo, il valore spaziale del colore, la sovrapposizione fenomenica e in generale le regole di organizzazione visiva. Devo ribadire l’importanza di tutto ciò ai fini di una reale comprensione del percorso di ricerca di Adele Plotkin. Percorso che inizia nei primi anni cinquanta, a Yale. Il lettore deve anche sapere che il background cui poggiava tutta l’organizzazione didattica voluta da Albers, aveva una storia che non può esser trascurata. Quella che vedeva protagonisti lo stesso Albers, insieme a Klee, Kandinsky, Itten, in una esperienza didattica all’interno del Bauhaus degli anni venti e trenta in Germania, volta allo studio della genetica della forma. È all’interno di questo gruppo che nasce una nuova concezione dell’arte ma soprattutto una ideologia della creazione artistica.

”Nel mio paese delle meraviglie gli alberi camminano, ma non v’è traccia di muro”.

FRANCESCO ARRIVO

Conversano (Ba), 1966

Si dedica alla pittura, alla scenografica, all’arredamento, alle possibilità offerte dai linguaggi visuali. La sua ricerca è rivolta verso un’indagine sempre più approfondita del mondo sensibile e non, verso la sperimentazione sui linguaggi visuali possibili, mediante la contaminazione e la distruzione consapevole, oltre ad una stratificazione ipertestuale nella quale il “testo” diviene, proprio come naturale conseguenza eimologica, il “tessuto” sul quale è possibile definire le proprie immagini. Come scenorafo dopo aver iniziato a praticare il teatro, si è dedicato per anni a collaborazioni con supertation televisive, ossia emittenti locali con ampia copertura territoriale, realtà disseminate su tutto il territorio nazionale, che lui considera affascinanti luoghi di sperimentazione ricchi di potenzialità ancora inesplorate ed inespresse.

GUIDO CORAZZIARI

Bari, 1952

Figlio d’arte. Il nonno paterno, Guido Corazziari senior, architetto, artista e docente di disegno di grandissimo talento, sua madre, insegnante di belle arti e suo padre, ex-illustratore di manifesti cinematografici, sollecitarono Guido a iniziare a disegnare e dipingere già in tenera età. Egli crebbe circondato da libri d’arte e fumetti, un mondo popolato da Botticelli, Superman, Picasso e Topolino. Ulteriore “combustibile” al suo immaginario visivo furono le icone provenienti dalla televisione italiana dei primi anni, protagonisti di Carosello quali Calimero e Topo Gigio; oltre ai personaggi dei cartoni animati di Disney, Hanna-Barbera e Max Fleisher.

PAOLO ANTONIO DE CARLO

San Pietro in Lama (Le), 1951

Diplomato in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Firenze, insegna Scenotecnica presso l’Accademia di Belle Arti di Bari. Ha curato la Regia e l’allestimento di scene e costumi di molti spettacoli e diretto e collaborato con attori quali: Nando Gazzolo, Ettore Toscano, Mirella Bordoni, Cosimo Cinieri, Carla Guido, ecc. È stato collaboratore di Tadeusz Kantor per lo spettacolo “Wielopole Wielopole” (1980 – Firenze). Ha collaborato con Eimuntas Nekrosius per lo spettacolo “Il gabbiano” di A. Cechov” allestito per la Ecole des Maîtres (2000 – Limoge).

VITTORIO DEL PIANO

Grottaglie (Ta), 1941

Ha svolto attività artistica d’arte contemporanea e pura, con sperimentazioni e ricerche poetiche-visuali decontestualizzando distinti linguaggi artistici, sperimenta combinazioni visive d’arte d’avanguardia; nell’Italia meridionale è tra i protagonisti più interessanti e operativi nel panorama artistico-critico dalla fine anni ’50 ad oggi. Contribuisce a livello internazionale alla nuova visione del mondo contemporaneo della città e dell’arte, dei beni culturali/artistici, partecipando a varie mostre di gruppo e in importanti collettive oltre che a convegni di studi a dibattiti sulla ricerca visuale, alla problematica arte-natura-cultura e del mondo popolare e all’arte pura generalizzata nel contesto urbano, ai rapporti fra le arti e ai problemi artistici connessi .

GRAZIA TAGLIENTE

Massafra (Ta), 1970

Docente di Tecniche dell’Incisione presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce dal 1997. La sua ricerca include tutte le tecniche calcografiche, concentrandosi, recentemente, sui processi di incisione sostenibile, con materiali meno tossici e pratiche alternative, come il processo elettrolitico e l’ utilizzo di mordenti a base salina. La poetica è multiforme: dal libro d’artista all’illustrazione, dal poster al froncobollo. Nel 2009 ha cominciato a produrre immagini a stampa per ipovedenti e non vedenti. Un percorso che in collaborazione con Università e Accademie europee sta portando alla definizione di un linguaggio che come il Braille per le parole, possa diventare uno standard per le immagini.

www.graziatagliente.com

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