SFIDA LA CRISI
Transizione
MANUFACTURING
Associare i principi di circolarità alla digitalizzazione può essere una strategia vincente per l'industria in tempi di shortage economy.
GREEN IT
Mentre i consumi dei data center continuano a crescere, efficienza energetica e fonti rinnovabili sono una direzione obbligata.
EXECUTIVE ANALYSIS
è un
di molte aziende, divise tra passato, presente e futuro.
STORIE DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE
N° 54 - OTTOBRE 2022
Periodico mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n° 378 del 09/10/2012
Direttore responsabile: Emilio Mango
Coordinamento: Valentina Bernocco Hanno collaborato: Roberto Bonino, Carmen Camarca, Loris Frezzato, Devid Jegerson, Roberto Masiero, Elena Vaciago, Ezio Viola
Foto e illustrazioni: Adobe Stock Images, Shutterstock, Unsplash, Pixabay
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STORIA DI COPERTINA
L’innovazione digitale sfida la crisi Nella digitalizzazione bisogna essere ambiziosi Le voci del Digital Italy Report
10 IN EVIDENZA
Metaverso e Web3: mercati acerbi, ma promettenti
Il backup obsoleto è un rischio diffuso
La tecnologia video può e deve essere responsabile Automazione e analytics piacciono ai Cfo
Il ruolo della tecnologia per un futuro (più) roseo Nel manifatturiero, il digitale è più prezioso che mai Trent’anni festeggiati in grande stile
L’analisi dei dati fa crescere il business e crea lavoro
20 BANKING
La finanza si tinge di verde
26 CYBERSECURITY
Il lato oscuro del metaverso
28 GREEN IT
Il digitale è un pilastro della sostenibilità
32 MANUFACTURING
La gestione dei dati è la chiave del successo Una “mentalità circolare” per uscire dalla crisi
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INTELLIGENZA ARTIFICIALE
AI-washing, non è tutto oro ciò che luccica
38 EXECUTIVE ANALYSIS
App legacy, la scomoda “eredità” Iter di trasformazione a confronto La “fiducia zero” è la miglior difesa Tecnologie e culture per il cambiamento
ECCELLENZE
Stroili Oro Digilan DpControl Tecnica Group
APPUNTAMENTI
L’INNOVAZIONE DIGITALE
CHE SFIDA LA CRISI
I progetti di digitalizzazione, supportati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, si scontrano con le difficoltà dello scenario geopolitico e macroeconomico. E portano alle aziende nuove sfide.
Il digitale aiuterà l’Italia a uscire dal le difficoltà del presente? Questa è una domanda che in molti – cittadi ni, aziende, Pubblica Amministra zione e governi – si sono posti dopo quei primi lockdown del 2020, che avevano evidenziato l’urgenza di una trasforma zione tecnologica della nostra società, dei servizi pubblici e del sistema delle imprese. Come ben sappiamo, il digita le nelle sue molteplici forme è stato es senziale per preservare la continuità di
molte attività (dal commercio al lavoro in azienda, dai servizi sanitari a quelli degli enti locali). Oggi quella doman da è più attuale che mai. Passata la fase più drammatica della pandemia, ora è il contesto internazionale politico ed eco nomico a porre nuove sfide: la guerra russo-ucraina e la grave crisi energetica hanno determinato un’inflazione eleva ta, unita a una bassa crescita dell’econo mia e a grandi incognite sul futuro di cittadini e imprese. Per traghettarsi ver
so questo futuro, pensando non soltanto alla resilienza di fronte alle crisi (sanitarie, politiche, economiche) ma a una vera trasformazione della società, l’Italia ha però a disposizione le notevoli risorse del Pnrr, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, varato nell’aprile del 2021 ed entrato ormai nella fase operativa: 191,6 miliardi di euro in tutto, tra sov venzioni (69 miliardi) e prestiti (122,6 miliardi), distribuiti su sei “Missioni” titolate, nell’ordine, “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e tu rismo”, “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, “Infrastrutture per una mo bilità sostenibile”, “Istruzione e ricerca”, “Inclusione e coesione” e “Salute”. Non soltanto nella prima, come evidente, ma anche nelle restanti cinque sezioni il digitale gioca un ruolo importante. Da un’analisi realizzata da The Innovation Group risulta che, sui 134 investimenti previsti dal Pnrr, 60 includono una componente digitale più o meno signi ficativa.
Un percorso a tappe Su lla carta, l’Italia sta rispettando la tabella di marcia. Su un totale di 527 obiettivi (sia qualitativi sia quantitativi) da raggiungere entro il 2026, a giugno di quest’anno ne erano già stati comple tati 96, soprattutto però di natura qua litativa. Da Bruxelles una prima tranche di risorse, pari a 24,5 miliardi di euro, è già stata erogata a titolo di prefinanzia mento nell’agosto del 2021. A fine set tembre di quest’anno è poi giunta dalla Commissione Europea una valutazione preliminare positiva che certifica il rag giungimento dei 45 traguardi e obietti vi che avrebbero dovuto essere, e sono stati, completati entro la fine del primo semestre 2022. E con il giudizio positivo è stata sbloccata la seconda seconda rata (da 21 miliardi di euro) dei finanzia menti del Recovery Fund destinati all’I talia. Fra i traguardi già raggiunti spic
cano le riforme nei settori dell’impiego pubblico, degli appalti pubblici, della professione di docente, dell’amministra zione fiscale e dell’assistenza sanitaria territoriale. Inoltre sono stati assegnati i fondi per investimenti riguardanti la banda ultralarga e il 5G, la digitalizzazione delle scuole, la ricerca, il settore del turismo e della cultura, la riqualifi cazione urbana e la (da tempo invocata) riforma del sistema giudiziario, oltre che un significativo progetto di transizione energetica teso a creare una filiera di produzione dell’idrogeno. “L’Italia con tinua a dar prova di un considerevole slancio riformatore in settori strategici fondamentali, quali l’impiego pubblico e gli appalti pubblici. Porgiamo dun que le nostre congratulazioni all’Italia augurandoci che prosegua per questa strada!”, ha dichiarato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, con tanto di punto esclamativo finale. Verrebbe da tirare un sospiro di sollievo, considerando la pluridecennale nomea dell’Italia come “Paese ritardata rio” e perennemente rallentato dalla bu-
L’inflazione avrà conseguenze negative di medio-lungo periodo sull’effettiva realizzazione dei progetti del PNRR?
rocrazia e da inefficienze della macchina pubblica. Ora il nuovo esecutivo dovrà sapersi dimostrare all’altezza di chi lo ha preceduto rispettando la prossima tappa, ovvero il completamento di altri 55 tra guardi e obiettivi entro la fine dell’anno. Con il semaforo verde di Bruxelles potrà partire, allora, una terza rata di finanzia menti del valore di 19 miliardi di euro. Va detto che un ruolo importante per il successo del Piano spetta anche agli enti locali, un ventaglio di realtà ampio, che va dalle Regioni ai singoli Comuni. Tra le altre cose, gli enti locali gestiranno progetti che includono una componente digitale più o meno rilevante: per esem pio, quelli riguardanti le reti in fibra ottica e 5G, la “migrazione” in cloud dei Comuni, lo sviluppo di nuovi servizi per la cittadinanza e le piattaforme per la valorizzazione del patrimonio culturale. Nella realizzazione dei progetti, le PA locali sono sottoposte a obblighi di mo nitoraggio, rendicontazione e controllo, oltre a dover concorrere al raggiungi mento degli obiettivi associati al proget to stesso. Nel farlo, devono rispettare sia le normative vigenti sia regole specifiche prescritte dal Pnrr, tra cui quella di non arrecare danno significativo all’ambien te e quella di portare a termine i lavori entro giugno 2026. In caso di irregolari tà riscontrate, gli enti locali sono tenuti a correggerle o, se necessario, a restituire le risorse usate indebitamente.
L’occasione da non perdere Da una ricerca condotta da The Inno vation Group e Gruppo Maggioli è emerso uno scenario a luci e ombre. E la metafora non è casuale, perché il clima (economico e psicologico) di una guerra non lontana, l’inflazione, la carenza e i rincari delle materie prime e dell’ener gia incombono minacciosi sul futuro delle aziende italiane, come nuvole ca riche di pioggia in un cielo che il Pnrr prometteva invece di rasserenare. Dal
IL PNRR IN NUMERI
Delle sei “Missioni” in cui si articola il Piano, la dotazione economica più corposa è riservata alla “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, con il 29,7% del totale messo a disposizione ovvero quasi 60 miliardi di euro (59,46 miliardi). Seguono, nell’ordine, le Missioni “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo” (21,3% dei fondi), “Istruzione e ricerca” (14,4%), “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, 13,4%, “Inclusione e coesione” (12,6%) e “Salute” (8,6%). La prima missione as sorbe quasi il 30% delle risorse totali anche perché molto estesa: si articola, infatti, nelle quattro componenti di agricoltura sostenibile ed economia cir colare (5,27 miliardi di euro), energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile (23,78 miliardi), efficienza energetica e riqualificazione degli edi fici (15,36 miliardi) e tutela del territorio e della risorsa idrica (15,05 miliardi).
sondaggio, titolato “Guerra, strategie aziendali e Pnrr” e realizzato tra giugno e luglio su un campione di 116 azien de e organizzazioni pubbliche italiane, è risultato che il 44% di queste realtà non aveva ancora avviato, al momento dell’indagine, alcuna iniziativa legata al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il 33%, invece, stava rivedendo i propri piani di investimento o strategie di bud get, è questa è la percentuale più elevata tra le attività in qualche modo legate al Pnrr. Non molti, il 26%, coloro che si
erano già informati sulle opportunità da cogliere consultando uno dei por tali Web istituzionali sul Piano (come “Capacity Italia” o “Italia Domani”) e ancor meno, il 24%, coloro che avevano avviato una riorganizzazione dei processi interni o modelli di governance. E pochissime, si scende alla cifra singola, sono le aziende che stanno assumendo personale specializzato per supportare le attività del Piano e quelle impegnate nella semplificazione della burocrazia. I pensieri delle aziende italiane, d’altra
IL RUOLO DEGLI ENTI LOCALI
All’interno del Pnrr, gli enti locali hanno un triplice profilo: s oggetti attuatori/beneficiari: assumono la responsabilità della gestio ne dei singoli progetti, accedono ai finanziamenti partecipando ai bandi emanati dai Ministeri competenti, ricevono direttamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze le risorse per realizzare i progetti, li monito rano e concorrono al conseguimento di traguardi e obiettivi; destinatari di risorse finalizzate: partecipano (tramite la risposta a ban di/avvisi pubblici) alla realizzazione di progetti che contribuiscono a per seguire obiettivi strategici definiti a livello di PNRR, la cui responsabilità è in capo alle amministrazioni titolari; s upporto a investimenti localizzati sul territorio, ovvero interventi che fanno parte della programmazione strategica definita a livello nazionale e/o regionale e i cui benefici impattano direttamente sui territori e sulle popolazioni residenti.
parte, oggi comprensibilmente si di rigono altrove, verso le “ombre” di cui parlavamo. E tuttavia proprio in questo momento storico è importante non tra scurare il Pnrr, e per due motivi: perché il treno sta passando adesso, e un doma ni potrebbe essere tardi per intercettare le risorse a disposizione; e perché la trasformazione digitale è un fattore di resilienza, che aiuta ad ammortizzare il colpo delle crisi. Dall’indagine è emerso che, in effetti, le paure sono diffuse. Il rincaro delle materie prime, in particola re, preoccupa la stragrande maggioranza delle aziende: il 52% degli intervistati crede che esso impatterà molto (22%) o moltissimo (30%) sull’andamento del business, il 27% ha risposto “abbastan za” e solo il 14% e il 7% hanno risposto, rispettivamente, “poco” o “per niente”. Estesi timori riguardano anche l’aumen to dei prezzi dell’energia (il 45% pensa che impatteranno “molto” o “moltissi mo”), la carenza di materie prime e le strozzature o ritardi delle catene di for nitura. Altre ombre sulle prospettive di successo del Pnrr nelle aziende si stagliano indipendentemente dallo scenario economico e di mercato contingente. Gli intervistati considerano come fatto ri critici lo scarso coinvolgimento delle imprese nella predisposizione dei pro getti (citato dal 47% del campione), la difficoltà a reperire sul mercato del lavo ro le giuste competenze (45%), la scarsa chiarezza nella definizione dei singoli progetti da realizzare (42%). In tutto questo, c’è comunque un dato positivo: la tecnologia resta per molti un investi mento critico per superare questa fase: il 71% delle aziende e degli enti inter vistati ha detto di voler incrementare la spesa in prodotti e servizi IT, proprio in conseguenza dell’attuale situazione ma croeconomica e di mercato.
Va lentina Bernocco, Carmen Camarca ed Elena VaciagoNELLA DIGITALIZZAZIONE BISOGNA ESSERE AMBIZIOSI
L’Italia ha fatto passi in avanti importanti su infrastrutture di telecomunicazione, competenze e adozione del cloud. Ma con il Pnrr possiamo e dobbiamo accelerare.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è lo strumento che l’Italia si è data per accelerare la “doppia transi zione”, digitale ed ecologica, e per col mare il gap di sviluppo che la separa dai Paesi tecnologicamente più avanzati. Come The Innovation Group ci siamo proposti di monitorare (e di presentare nel nostro rapporto annua le, il “Digital Italy Report”) lo stato di avanzamento degli investimenti in digitalizzazione previsti dal Piano, sia relativamente alla Missione 1 (“Digita lizzazione, Innovazione, Competitivi tà, Cultura e Turismo”) sia rispetto alle altre che presentano una componente di investimenti in digitale particolar mente significativi. Siamo al passo con la tabella di marcia per ottenere tutte le risorse a noi destinate dal Recovery Fund, ma oggi il necessario percorso verso la twin transition è attraversato da forti turbolenze legate ai rischi geo politici, all’inflazione, alla crisi energe tica e allo shortage delle materie prime e dei semilavorati: questi forti elementi di tensione impongono oggi alle nostre classi dirigenti delle scelte decise per garantire la continuità delle riforme e degli investimenti previsti dal Pnrr e per evitare al Paese possibili scenari di crisi. La capacità di cavalcare la discon tinuità tecnologica per far avanzare innovazione digitale e transizione eco logica nel pubblico e nel privato è, in fatti, una parte fondamentale di queste scelte, e gli investimenti del Pnrr sono oggi la chiave per una trasformazione concreta e profonda della nostra eco nomia, della nostra Pubblica Ammini strazione e della nostra società.
croeconomico il digitale ricopre “un ruolo di assoluto primo piano, rappre sentando una delle principali leve strategiche in grado di supportare e accele rare il processo di transizione in atto, e di limitare al minimo gli effetti negati vi causati dalle situazioni emergenziali e dalle crisi geopolitiche, favorendo la resilienza e la ripresa competitiva delle principali economie mondiali”, come scrive Agostino Santoni, vicepresidente di Confindustria con delega al Digitale, nel suo contributo all’interno del nostro report.
Ma che cosa vuol dire, esattamente, digitalizzare? Letteralmente, significa passare dalla forma analogica (quella della realtà materiale) ai bit, ma oggi quello di digitalizzazione è diventato un concetto assai più complesso. Per diven tare digitali è necessario riorganizzare e talvolta stravolgere i processi, quelli aziendali così come quelli della Pubbli ca Amministrazione. Un’opera distrut tiva e costruttiva insieme, che punta all’efficienza, alla produttività, alla semplificazione. E digitalizzare signifi ca anche diventare “amici” del digitale,
imparando a conoscerlo: qui si innesta il ben noto problema delle competen ze, un problema che parte dalle sacche di analfabetismo informatico ancora esistenti in Italia e arriva alla difficoltà delle aziende di reperire professionisti specializzati nelle aree più innovative dell’informatica (la scienza dei dati, l’intelligenza artificiale, la cybersicu rezza). Non è un caso che molti degli autori che hanno contribuito al nostro “Digital Italy Report” abbiano citato il posizionamento dell’Italia nell’In dice Desi, ovvero l’indice con cui dal 2014, annualmente, la Commissione Europea misura i progressi delle nazioni Ue sul percorso della digitaliz zazione. In un solo anno l’Italia ha migliorato la posizione in classifica: sul totale dei 27 Paesi Ue, era al ventesimo posto nel 2021 ed è salita al diciottesimo posto nell’indice Desi 2022. Il progresso è in parte dovuto alla re alizzazione di nuove infrastrutture di rete a banda larga, così come all’allar gamento dei servizi di Pubblica Am ministrazione digitale. E oggi, forse anche grazie allo shock della pande mia e alla conseguente adozione del cloud computing, il 60% delle piccole e medie imprese italiane ha raggiunto almeno un livello base di intensità di gitale. Inoltre abbiamo un po’ ridotto il ritardo sulle competenze digitali di base, ma ancora nel 2022 oltre la metà dei cittadini italiani ancora non le pos siede. Nel complesso l’Italia, la terza economia Ue per dimensioni, può e deve fare meglio.
Roberto Masiero, presidente di The Innovation GroupLE VOCI DEL DIGITAL
Quando parliamo di innovazione digitale non stiamo parlando di qualcosa di irrilevante. Parliamo della competitività del nostro Paese. Tutto ciò che faremo in quest’ambito condizionerà lo sviluppo futuro dell’Italia, un futuro in realtà molto prossimo. Siamo nel pieno svolgimento della realizzazione del nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il Pnrr, le cui azioni sono propedeutiche alla crescita del nostro Paese. Al netto di difficoltà che si sono presentate in modo del tutto inatteso sullo scenario nazionale e internazionale, abbiamo visto negli ultimi due anni che il digitale è un tratto distintivo legato alla crescita e pensiamo che questo possa consolidarsi.
Anna Ascani, Sottosegretaria di Stato, Ministero dello Sviluppo EconomicoUno degli obiettivi più importanti relativi alla digitalizzazione del nostro Paese, indicato dal Piano di Ripresa e Resilienza, è quello di offrire entro il 2026 il 75% dei servizi digitali della Pubblica Amministrazione su infrastrutture cloud sicure, efficienti e affidabili. Entro tale data, tutti i servizi e i dati strategici della PA saranno ospitati su infrastrutture più sicure, che consentono l’autonomia strategica e decisionale per il controllo dei dati e la sovranità digitale.
Adriano Avenia, business analyst, Dipartimento per la Trasformazione Digitale, Presidenza del Consiglio dei Ministri
Il futuro del digitale si basa sulla creazione di filiere digitali, e i dati rappresentano il collante delle filiere, di qualsiasi prodotto, servizio o dominio. È quindi necessario che tutti gli attori della filiera (siano quelli del manifatturiero, del retail, della salute o, nel caso del settore pubblico, dell’istruzione o dei trasporti) siano integrati in una “economia dei dati” e siano digitalizzati. Si verrebbe a creare così il “gemello digitale”, il digitaltwin di una filiera, in cui tutti gli attori mettono a disposizione i propri dati, ma per realizzarlo è necessario avere delle regole comuni da condividere e fidarsi di coloro con cui si condividono i dati, riconoscerne l’identità. Bisogna, inoltre, disporre di piattaforme che diano un livello di garanzia su controllo e sicurezza.
Francesco Bonfiglio, chief executive officer di Gaia-X Aisbl
Proattività significa andare incontro all’utente, mettendo in piedi un’intera filiera di servizi legati a stack tecnologici (per esempio l’intelligenza artificiale) che presuppongono competenze notevoli, difficilmente presenti all’interno di un ente come il nostro. Da questo scenario è nata in Inps una riorganizzazione interna, orientata a una maggiore specializzazione dei ruoli e delle competenze, con una distinzione tra personale addetto alla gestione e personale esperto delle piattaforme tecnologiche che abilitano il paradigma della proattività. Abbiamo anche portato al nostro interno alcune centinaia di nuovi dipendenti esperti di informatica, tra cui anche molti giovani neolaureati, che potranno aiutarci in questo processo di trasformazione. Esiste sicuramente una criticità legata a un know-how che non è sempre facile reperire sul mercato e che deve cambiare rapidamente per stare al passo con le nuove tecnologie.
Massimiliano D’Angelo, direttore Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione di Inps
ITALY REPORT
Con 6,71 miliardi di euro l’Italia si appresta a conoscere un nuovo ”Rinascimento digitale”, grazie a connessioni superveloci in grado di colmare il digitaldivide. Entro il 2026 gli obiettivi del Pnrr prevedono velocità di connessione ad almeno 1 Gbps e copertura 5G su tutto il territorio nazionale. Le indicazioni dell’Europa sono chiare: entro il 2030, tutte le famiglie dell’Unione dovranno avere una connettività ultraveloce e le zone abitate dovranno essere coperte dalle reti 5G. Queste soglie sono necessarie per sviluppare reti future-proof , a prova di futuro, ossia prontamente aggiornabili e in grado di soddisfare nel tempo il crescente fabbisogno di connettività per la fruizione di servizi sempre più avanzati, tra cui video streaming lineare 4K/8K, realtà virtuale e aumentata, collaborazione immersiva, smart working e formazione a distanza, cloud computing, online gaming, domotica avanzata, telemedicina.
Laura Di Raimondo, direttore di Assotelecomunicazioni-AsstelNella nostra visione, governare la sanità digitale deve significare assicurare e sviluppare la diffusione dei servizi ad alto impatto tecnologico in modo equo e omogeneo su tutto il territorio nazionale. Significa, inoltre, avere degli strumenti digitali a supporto delle cure, della programmazione e della governance della sanità: elementi che devono basarsi su dati di qualità, costantemente aggiornati, oltre che sull’importantissimo empowerment dei cittadini, per una loro partecipazione attiva utile ad aumentare l’efficacia delle cure.
Enrico Coscioni, presidente di Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali)
L’Italia sembra aver finalmente intrapreso la strada giusta ma deve aumentare il proprio livello di digitalizzazione per colmare il divario che la separa dai principali competitor a livello europeo e mondiale. Per raggiungere questo obiettivo è necessario coinvolgere nel processo le piccole e medie imprese, che rappresentano la spina dorsale del tessuto produttivo del nostro Paese, prevedendo azioni mirate di accompagnamento nel percorso di transizione al digitale sia a livello di competenze digitali sia a livello di progettualità.
Agostino Santoni, vicepresidente di Confindustria con delega al Digitale
Il Pnrr è una grande occasione per le imprese femminili. Può dare vita a nuove forme di impresa, può creare nuovi modelli economici e anche ridisegnare il ruolo di banche e assicurazioni. È ormai noto che il raggiungimento della parità di genere nella crescita delle imprese potrebbe stimolare il prodotto interno lordo globale con un contributo di fino a duemila miliardi di dollari, il 2%-3% del PIL globale e potrebbe anche generare tra 288-433 milioni di posti di lavoro. Tuttavia, sono necessari servizi, sostegno e finanziamenti mirati per garantire tutto questo, perché al momento manca un quadro globale e nazionale per l’imprenditoria femminile, e mancano informazioni e dati sull’ecosistema.
Elvira Marasco, senior advisor di Women20Interventi tratti dal report di The Innovation Group, Digital Italy 2022. Il verde, il blu e il Pnrr, Maggioli Editore.
l’analisi
METAVERSO E WEB3: MERCATI ACERBI, MA PROMETTENTI
In un futuro non lontano le tecnologie Web3, come realtà aumentata e virtua le, blockchain, NFT (Non-Fungible Token) e intelligenza artificiale, sa ranno determinati per lo sviluppo di Internet. Il metaverso – un mondo virtuale, immersivo, tridimensionale e interconnesso – sarà il luogo dove realizzare esperienze sociali e sensoriali del tutto uniche. Questi concetti attirano sempre di più l’attenzione del pubblico e stanno diventando bagaglio di co noscenza comune anche nelle aziende italiane, come ha messo in luce una recente indagine, “Il futuro del Web3 e del Metaverso”, svolta da The Innovation Group e Web3 Alliance a settem bre 2022 (la ricerca è stata condotta su un campione di 142 aziende italiane dei diversi settori e di diversa dimen sione). I risultati dimostrano che, pur trovandoci ancora all’inizio di questa tendenza, già oggi il 75% delle aziende è interessato al fenomeno. Di queste, il 64% lo sta studiando, un 7% ha un progetto pilota in corso e solo il 4% già utilizza tecnologie di Web3 o metaver so. Solo il 25% delle aziende del cam pione non le considera in alcun modo. Siamo all’inizio di un’evoluzione che porterà alla nascita di mondi virtuali in cui le persone, tramite il proprio ava tar, potranno interagire tra loro e con l’ambiente, possedere oggetti digitali, provare emozioni nuove. In questo momento le tecnologie devono ancora essere affinate, le regole vanno defini te, gli standard condivisi mancano e
convivono molte diverse versioni del metaverso. La presenza delle aziende in questi ambienti risulta però già oggi giustificata, sia dalle nuove opportu nità che possono essere originate nel Web3 (secondo il 52% dei risponden ti) sia dalle nuove forme di interazione (30% delle risposte). Tra le motivazioni d’interesse principali, la possibi lità di incrementare brand awareness, promuovere nuovi prodotti e servizi, allargare la base di clientela. Solo per una minoranza di aziende il metaverso è una perdita di tempo (7%) o un ri schio inutile (3%).
Quali sono le iniziative che le aziende italiane stanno progettando? Conside rando tra le realtà del campione solo quelle che nutrono già oggi interesse per il metaverso, i principali ambiti di sviluppo (su cui alcuni hanno già in vestito o investiranno già quest’anno) sono: brand awareness, eventi digitali, collaborazione virtuale, creazione di prodotti digitali ed NFT.
Dall’indagine emerge che Web3 e metaverso aprono nuove modalità di creazione di valore per il business: la possibilità di entrare in nuovi mercati (52% del campione) e di creare un’e sperienza diversa per i clienti (51%),
il poter sfruttare modelli basati sulla socialità delle persone (45%), il parte cipare a ecosistemi innovativi (42%).
Differenziazione competitiva e rispar mi su tempi e costi sono stati citati da una minoranza di aziende, così come il tema della salvaguardia dell'ambiente.
Al momento molti vincoli frenano svi luppi più ampi: le aziende sono ancora in attesa di vedere come sarà migliorata l’esperienza utente in questi mondi vir tuali. La tecnologia appare ancora immatura, le performance di rete insuf ficienti, le competenze richieste sono molteplici e le piattaforme immersive risultano ancora poco utilizzate, se si escludono alcuni ambiti come il gaming utilizzato dai più giovani. In termini di risultati attesi dalla mag giore presenza futura nel metaverso, far parte di ecosistemi innovativi e aumen tare la riconoscibilità del brand sono gli elementi citati con maggiore frequenza (rispettivamente dal 53% e 51% degli intervistati). Seguono la possibilità di ampliare la clientela (49%) e fideliz zarla (39%) e di sviluppare nuove aree di offerta (34%). Solo una minoranza (21%) si aspetta di realizzare profitti. Dotarsi di persone con competenze specifiche, scegliere partner specializ zati e investire in tecnologie adeguate determineranno il successo di un per corso verso il Web3.
Elena Vaciago, associate research manager di The Innovation Group
IL BACKUP OBSOLETO È UN PROBLEMA DA AFFRONTARE
Un backup tradizionale, d’annata o addirittura “arcaico”, così come lo definisce Cohesity nella sua ultima ricerca sul tema della protezione e recovery dei dati in azienda. Realizzata da Censuswide su duemila professio nisti informatici (mille responsabili IT e mille responsabili delle operations di sicurezza), l’indagine ha evidenziato che quasi metà delle organizzazioni, il 46%, impiega un’infrastruttura di ba ckup e ripristino risalente a prima del 2010. Ma non è raro imbattersi in so luzioni concepite nel vecchio Millennio o addirittura (in circa un’azienda su venti) risalenti agli anni Novanta. Insomma l’aggettivo “arcaico”, trattan dosi di tecnologia, non pare esagerato. Oggi anche un software di gestione dei dati che abbia “solamente” dieci o dodici anni di età rischia di essere obsoleto, considerando le molte in novazioni introdotte in tempi recen ti dai vendor del settore: alert basati
su intelligenza artificiale, funzioni di air gapping (la creazione di copie su risorse offsite isolate) e di immutabi lità del dato, per citarne qualcuna. E soprattutto la capacità di operare in architetture ibride e multicloud, fatte di server interni all’azienda, server in cloud (di più di un fornitore, quasi sempre), macchine virtuali, container.
“Le architetture IT oggi sono molto diverse da quelle del passato”, ha com mentato Albert Zammar, regional director Southern Europe di Cohesi ty. “Non a caso, un buon numero di inter vistati ha espresso preoccupazioni sull’adeguatezza delle proprie soluzio ni di backup”. Non è un mistero per nessuno la principale ragione per cui proteggere i dati sta diventando sempre più difficile. “Non esiste azienda che sia esente dagli attacchi informati ci”, ha proseguito Zammar. “Notoria mente le grandi aziende sono oggetto di attacchi ma nell’ultimo anno anche sulla stampa abbiamo letto di attacchi rivolti alla Pubblica Amministrazio ne. Quest’ultima, insieme al settore bancario, sempre più è nel mirino. E anche il settore energetico, come mo strano recenti fatti di cronaca, è tra i principali bersagli dei cybercriminali”. Proteggere i dati diventa più difficile anche perché la loro gestione è sem pre più frammentata. Tra le azien de del campione, il 41% conserva i propri dati in sede, il 43% si affida al cloud pubblico, il 53% utilizza un cloud privato e il 44% ha adottato un modello ibrido (la somma delle
percentuali non è cento perché in al cuni casi si utilizza più di un’opzione, tanto per complicare ulteriormente lo scenario). Nell’eventualità, non certo remota, di un attacco ransomware, le aziende saprebbero tornare operative rapidamente? Gli intervistati hanno citato come ostacoli per un veloce ripristino l’attuale integrazione tra i sistemi IT e di sicurezza (41% del campione), la mancanza di coordina mento tra i due team (38%), l’assen za di un sistema di disaster recovery automatizzato (34%), l’uso di sistemi di backup e recovery superati (32%), l’assenza di una copia recente, pulita e immutabile dei dati (32%) e la man canza di alert dettagliati e tempestivi (31%). “Il personale IT e gli addetti alle operazioni di sicurezza dovrebbero lavorare insieme per proteggere i dati, cioè la risorsa più preziosa dell’azien da, ma anche per capire se le soluzioni di backup siano adeguate alle attuali architetture”, ha ammonito Zammar. “In caso di ransomware l’obiettivo dovrebbe essere la ripartenza del ser vizio in poche ore, quattro-otto, o addirittura immediata. Chiaramente ser vono soluzioni in grado di fare non solo backup tradizionale ma anche object storage e in grado di garantire l’immutabilità del dato. L’obiettivo di Cohesity è di far ripartire i servi zi in poche ore. Non basta, tuttavia, che l’azienda si doti di soluzioni mo derne: anche i suoi fornitori dovreb bero farlo per assicurare un ripristino rapido su tutta la supply chain”. V.B.
Il 46% delle aziende usa soluzioni di protezione dati e ripristino precedenti al 2010 e inadatti alle attuali architetture IT, come evidenziato da una ricerca di Cohesity.Albert Zammar
l’intervista
LA TECNOLOGIA VIDEO PUÒ E DEVE ESSERE RESPONSABILE
stazioni dei semafori. In molte nazioni la nostra tecnologia viene anche usata per gestire le chiamate di emergenza.
Di tecnologia responsabile i vendor parlano sempre più spesso, citando i valori della privacy, dell’inclusione, del benessere dei dipendenti. E Milestone Systems, società danese che dalla fine degli anni Novanta si occupa di tecnolo gie video (oggi soprattutto con una ricca offerta di software, oltre che di hardware e servizi), ribadisce che non si tratta solo di parole. Ne abbiamo discusso con il Ceo, Thomas Jensen.
Si parla sempre più spesso di tecnolo gia responsabile, è uno degli effetti del “new normal”?
In realtà la “nuova normalità” che crede vamo di aver raggiunto non si è ancora assestata, viste le attuali sfide di supply chain, la carenza di componenti, la guer ra e la crisi dell’energia. Per un vero “new normal” dovremo ancora aspettare. La nostra cultura aziendale è quella di met tere al primo posto le persone, non solo
i nostri partner ma anche i clienti e la società. Per esempio abbiamo introdot to un programma in cui cerchiamo di stimolare il benessere dei dipendenti con semplici esercizi, yoga e meditazione.
Dopo la pandemia è cambiato anche l’u so delle tecnologie video?
Sicuramente durante i lockdown abbia mo assistito a un differente uso dei si stemi di sorveglianza degli edifici, dato che gli uffici erano spesso vuoti. Inoltre la tecnologia video è stata impiegata per monitorare il rispetto delle misure di si curezza, come il distanziamento e l’uso delle mascherine, nonché per il controllo della temperatura. Abbiamo capito però che in molti casi le tecnologie non erano abbastanza valide, che l’accuratezza di sensori e analytics non era sufficiente.
Secondo Idc, la quota di aziende che pianifica di adottare tecnologie video evolute e connesse ad altri sistemi pas serà dall’8% al 26% nel giro di due anni. Quali utilizzi si stanno affermando?
Crediamo che la tecnologia video pos sa essere usata per scopi molto più ampi rispetto alla sicurezza. Per esempio il supporto ai pazienti ricoverati in case di cura con staff ridotto, oppure lo studio del traffico cittadino per comprendere come ottimizzare la viabilità. In alcune città del Nord America, per esempio, la tecnologia video sommata agli analytics ha permesso di capire che le persone si spostavano prevalentemente su alcune rotte e, quindi, di modificare le impo
Come intercetterete queste tendenze?
Continueremo a sviluppare la tecnologia video e a innovare. Ma vogliamo anche focalizzarci sulla creazione di valore per i clienti e la società, considerando spe cialmente il modo in cui analytics e dati possono supportare le tecnologie. I dati nel video sono di tre tipi: storici (per capire eventi già accaduti), in real time (per monitorare ciò che accade) e di analytics tradizionali o predittivi (per capire che cosa potrebbe succedere). Quando si uti lizzano i dati in questi modi è essenziale farlo in modo responsabile.
E come si fa?
Spesso la tecnologia viene percepita come avida e senza scrupoli, ma in Milestone pensiamo che sia anche nostro compito evitare che ciò accada. Abbia mo definito internamente un approccio di “tecnologia responsabile” e il diparti mento corporate affair controlla il nostro posizionamento in diverse aree. Stiamo poi conducendo un assessment interno per comprendere gli impatti della nostra tecnologia. Inoltre vogliamo approntare programmi di formazione per i partner in modo che anche la vendita sia con dotta secondo principi di responsabilità. C’è un terzo elemento: possiamo creare e vendere tecnologia in modo respon sabile, ma bisogna considerare anche le modalità d’uso. Sarebbe utile una mag giore regolamentazione, per permettere a lle aziende di sfruttare la tecnologia ma rispettando i diritti umani e la privacy.
Valentina BernoccoL’uso di telecamere e analytics è crescita. Il punto di vista di Milestone.Thomas Jensen
AUTOMAZIONE E ANALYTICS PIACCIONO AI CFO
Una ricerca di Gartner evidenzia che il 98% dei direttori finanziari intende confermare o aumentare il budget annuale destinato a queste tecnologie. Se aumenta l’inflazione, meglio investire in automazione. Rime a parte, il problema dell’impennata dei prez zi delle materie prime e dell’energia, legato al conflitto geopolitico e alla crisi macroeconomica attuale, non ha certo una soluzione semplice e univoca. Tuttavia l’automazione IT e altre tecnologie capaci di favorire la produttività e l’ottimizzazione dei costi sono per le aziende una risorsa da sfruttare. Un nuovo studio di Gartner, condotto nel mese di luglio su 226 direttori finanziari (chief fi nancial officer, Cfo), ha rilevato che per le aziende l’accelerazione digitale è la priorità di investimento numero uno nel breve-medio termine. Il 98% degli intervistati ha detto che tra gli investimenti dei prossimi dodici mesi l’accelerazione digitale è la priorità: semmai si possono tagliare altri tipi di spesa, ma non questa. Infatti è di appena il 2% la quota di coloro che ridurranno il budget destinato all’accelerazione digitale (nel perio
do luglio 2022-luglio 2023 rispetto all’anno precedente), mentre il 32% manterrà lo stesso livello e il 66% aumenterà la spesa. Per converso, le aree più soggette alla probabilità di un ta glio di budget nei dodici mesi succes sivi all’indagine sono, per le aziende interpellate, i servizi di consulenza e gli investimenti immobiliari. Ma che cosa significa investire in ac celerazione digitale? Qualche detta glio in più lo fornisce un’altra ricerca di Gartner, realizzata nel mese di
IL RITARDO DELLE INFRASTRUTTURE
L’automazione IT è un ambito va sto, che spazia dalla programmazione delle attività di lavoro alla gestione delle infrastrutture informatiche, dal trasferimento dei dati allo sviluppo software. Da un’indagine di Gartner è risultato che già oggi la stragrande maggioranza dei responsabili delle infrastrutture e operations (l’80%) considera l’automazione come una
via preferenziale verso l’obiettivo del taglio dei costi. Tuttavia, al momen to, nell’automazione delle infrastrut ture molte aziende non sanno da dove cominciare. Nel 2021 soltanto una su cinque (escludendo gli utilizzi episodici) aveva già adottato sistemi di automazione delle infrastrutture, ma la percentuale salirà, da stime, al 70% entro il 2025.
giugno su 128 Cfo e amministratori delegati: un terzo delle aziende darà la precedenza alle tecnologie per l’automazione del back-office (considera te nella rosa delle tre priorità di inve stimentio), il 32% agli analytics per l’ottimizzazione del pricing, il 28% alla gestione degli approvvigionamenti, il 27% all’automazione delle operations (manifatturiero, magazzi ni, trasporti), e ancora analytics per l’ottimizzazione degli inventari, per la visibilità dei processi, per la com prensione della profittabilità di pro dotti e clientela.
“Automatizzare i flussi di lavoro del back-office è cruciale per ottenere miglioramenti di efficienza in vari ambiti, tra cui pagamenti, incassi e servizi IT interni, come il supporto helpdesk”, ha dichiarato Randeep Rathindran, vicepresidente della ricerca di Gartner Finance Practice.
“In un contesto di penuria di liqui dità, in cui la marginalità è sotto pressione, si intensifica l’urgenza di migliorare la produttività in queste aree”. V.B.
IL RUOLO DELLA TECNOLOGIA PER UN FUTURO (PIÙ) ROSEO
Il commento di Claudio Bassoli, AD di Hpe Italia.
Claudio BassoliCrescere nella digitalizzazione può ser vire ad alleviare i mali che affliggono il Paese. Hpe ne è convinta, e promuove la tecnologia al ruolo primario di oliare i meccanismi economici e di sostenibi lità che potrebbero far viaggiare l’Italia a una velocità maggiore rispetto a quella attuale. Nonostante gli elementi di fre no. Sono tanti, in effetti, i problemi che stanno opprimendo la crescita futura dell’Italia e dell’Europa, anche di na tura endogena certamente, ma attual mente sono soprattutto esogeni i fattori che minacciano l’economia nazionale, a partire dalla guerra in Ucraina e dalle sue conseguenze in termini di aumento dei costi energetici e interruzione della supply chain. A tutto ciò si aggiungono preoccupazioni collegate all’inflazione e al costo del denaro.
Pessimismo ma anche note di ottimi smo sono emersi tra gli economisti, i
rappresentanti dei partiti e delle mag giori aziende italiane che hanno partecipato all’edizione 2022 del Forum Am brosetti tenutosi a Cernobbio all’inizio di settembre. Testimone d’eccezione Claudio Bassoli, presidente e ammini stratore delegato di Hpe Italia, che ha sottolineato come i presagi di crisi fu tura si alternino a dati ottimistici, quali “un PIL superiore al resto dell’Europa e con un andamento della produzione industriale e del turismo positivi, come anche positivo è il trend degli investi menti tra le aziende italiane”. Il 70% di quelle presenti al Forum prevede per il 2023 di aumentarli del 20-30% rispetto al 2022 e molte proseguiranno il trend anche per l’anno successivo.
Questi segnali positivi si scontrano con l’impellenza di dover affrontare un au mento straordinario dei costi energetici, imponendo alle aziende stesse di punta
re a una maggiore sostenibilità e a una digitalizzazione dai risvolti green. “Sfor zi per i quali le nostre tecnologie per la trasformazione digitale possono dare un tangibile contributo”, ha commen tato Bassoli. “I nuovi Hpe Green Lake arrivano, infatti, a ridurre fino al 33% i consumi energetici per la parte digitale, facendo intervenire l’intelligenza artifi ciale, che ‘decide’ di utilizzare l’energia solo quando serve. Andando a toccare i diversi elementi costitutivi del data cen ter, permettiamo alle aziende di tagliare fino al 50% dei costi energetici”. Il risparmio energetico che il vendor è in grado di garantire deriva anche dalla visione Hpe nella gestione dei dati, che ne consente l’elaborazione nel luo go fisico, periferico, dove essi vengo no prodotti. Questo evita gli alti costi energetici necessari per il trasferimento dei dati e, nel contempo, consente una riduzione drastica della latenza.
L’energia non è l’unica emergenza che il nostro Paese deve affrontare. Abbiamo, infatti, da onorare i diversi progetti di modernizzazione e di recupero finan ziabili attraverso i fondi europei e ge stiti con il Pnrr. Progetti “a rimborso”, per i quali diventa vitale una corretta gestione dei tempi di realizzazione e di consegna. E qui il ruolo abilitante della tecnologia digitale è evidente, giacché il cloud di nuova generazione può taglia re fino al 70% il tempo di rilascio delle applicazioni. Ma c’è un ma: “Il rischio”, ha spiegato Bassoli, “è che i criteri che stanno alla base del codice degli appal ti si basino prevalentemente sul fattore prezzo e sugli sconti possibili. Speriamo invece che il governo riesca a mettere mano a questo codice, introducendo ol tre al costo anche elementi qualitativi, di sostenibilità e di innovazione socia le”.
Loris FrezzatoLe opportunità del Pnrr si intrecciano ai timori per la salute dell’economia nazionale, come emerso al Forum Ambrosetti di quest’anno.
PIÙ PRODUTTIVITÀ E SICUREZZA CON I SERVIZI DI STAMPA GESTITA
Una rivoluzione è in atto. A guidarla è la digitalizzazione, che coinvolge diversi attori: istituzioni, imprese e singoli individui. E tra le innovazioni apportate dalla trasformazione digitale c’è anche quella riguardante la ge stione dei flussi documentali delle organizzazioni, chiamate a riformulare i tradizionali cicli cartacei all’interno di nuovi processi. In questo scenario, tutti gli attori sono tenuti a dare il proprio contributo alla trasformazione e si afferma anche un fenomeno già in atto: la “migrazione” del flusso documentale verso soluzioni che utilizzano il cloud. È un processo che non elimina la produzione cartacea, ma apporta anzi nuovi spunti per il suo efficientamento e per una gestione dei supporti in linea con le necessità di produttività, sicurezza dei dati e controllo delle procedure e dei costi. I servizi di stampa gestita (Managed Print Services, Mps) forniti da Brother sono la soluzione per acquisire il pieno controllo del flusso docu mentale in ambito aziendale, garantendo la possibilità di automatizzare il lavoro, aumentare la produttività e migliorare la sostenibilità. Analizzare l’ambiente di stampa è il primo passo per l’individuazione delle ineffi cienze e delle aree su cui occorre agire in prima battuta. Un’operazione capace di generare risparmi dal 25% fino al 40% dei costi. Tra le principali inefficienze riscontrate si evidenzia un parco macchine non adatto alla realtà aziendale o non in linea con le richieste di privacy, sicurezza e di stanziamento sociale. A questo si sommano un’inadeguata gestione delle scorte, la difficoltà nella scelta sulla stampa a colori e, più in generale, un utilizzo carente della funzionalità di stampa fronte-retro.
I benefici dei Managed Print Services
I servizi Mps accelerano la produttività aziendale grazie all’ottimizzazione dei processi legati ai flussi documentali. I software di print management semplificano le operazioni di stampa e consentono di monitorare le atti vità di printing lanciate da tutti gli endpoint, inclusi quelli mobili come smartphone e tablet. La sicurezza delle informazioni, inoltre, è alla base del corretto funzionamento di tutta la macchina aziendale. Brother assi cura il controllo delle stampe in uscita mediante la soluzione integrata Secure Function Lock, che permette di assegnare a ogni utente funzioni di stampa differenziate, attivabili attraverso l’autenticazione con l’utilizzo di schede di identificazione Nfc o Pin. Non solo: la sicurezza a fronte di even tuali violazioni informatiche è garantita dall’assenza di dischi fissi nelle periferiche (in questo modo si evita l’hackeraggio dei documenti memoriz
zati negli hard disk). Per impedire fughe di dati, inoltre, le macchine laser di fascia alta sono tutte dotate delle funzionalità di sicurezza dei protocolli crittografici TLS/SSL e di filtraggio degli indirizzi IP. Il software di secure management SecurePro, infine, consente di miglio rare e limitare l’impatto ambientale grazie alla gestione degli accessi e al monitoraggio dell’infrastruttura di stampa. Tra le soluzioni più sostenibili si configura il Pull Printing, che crea una “coda virtuale” dei documenti inviati alla stampa, garantendo il controllo da remoto e il ritiro soltanto da parte dell’utente in grado di autenticarsi “fisicamente”.
L’offerta Mps di Brother per le piccole e medie imprese Brother ha anche creato un’offerta Mps dedicata al mondo delle Pmi. Il servizio di stampa gestita Pagine+ fornisce, infatti, un servizio di consulen za al cliente nella gestione documentale e nel processo di ottimizzazione delle attività di stampa. La consulenza comprende il calcolo del Total Cost of Ownership in termini di costo per pagina prodotta, la valutazione de gli obiettivi dell’azienda, il supporto nella scelta del miglior hardware di stampa e la presentazione dei risultati ottenuti. Pagine+ mette a dispo sizione i dispositivi di output, l’installazione, la fornitura di consumabili e l’assistenza tecnica, oltre a un certo numero di pagine stabilito in funzio ne degli effettivi carichi medi mensili, consentendo di fatturare a parte le stampe eccedenti e di pagare semestralmente solo ciò che effettivamente si produce.
I Managed Print Services favoriscono la digitalizzazione dei processi aziendali, senza però escludere l’utilità dei documenti cartacei.
l’intervista
NEL MANIFATTURIERO, IL DIGITALE È PIÙ PREZIOSO CHE MAI
La spinta all’innovazione in questo settore si scontra con le difficoltà delle supply chain e dell’economia mondiale. La tecnologia, però, è una risorsa da sfruttare, come spiega ServiceNow.
L’attuale scenario politico ed econo mico internazionale, segnato da una guerra che non sembra destinata a risolversi, da inflazione, rincari delle materie prime e ritardi nelle supply chain, è l’ultima cosa di cui il mon do manifatturiero (già segnato da due anni di pandemia) aveva bisogno. La digitalizzazione, però, può essere un grande alleato per le aziende di questo settore. Ne abbiamo parlato con Luca Morlupi, senior manager, solution consulting di ServiceNow
A che punto sono con la digitalizzazio ne le aziende manifatturiere italiane?
L’industria manifatturiera italiana è or mai pronta a un grande cambiamento culturale caratterizzato da una forte spinta verso tecnologie 4.0 e processi digitali. La formazione del personale è un elemento chiave per supportare questo cambiamento e la maggior par
te delle aziende di questo settore sta già realizzando interventi di reskilling per adeguare le competenze tecniche in ambito digitale con formazione mirata e corsi di aggiornamento. Anche gli in centivi del Pnrr hanno un ruolo fonda mentale per sostenere gli investimenti nell’innovazione e nelle competenze digitali. Possiamo pertanto parlare di un vero e proprio “rinascimento” del settore manifatturiero, anche se persi stono aziende ancora legate ad approc ci tradizionali oramai anacronistici.
Tra pandemia e guerra, quali conse guenze osservate sulle aziende vostre clienti?
L’aumento dei costi di produzione le gati all’approvvigionamento di ener gia, i rincari, la carenza delle materie prime e l’aumento dei prezzi di tra sporto hanno impattato enormemente sull’intero settore. Molti produttori si aspettano anche un aumento di attac chi informatici operativi che possono bloccare l'attività. La gestione del ri schio è diventata particolarmente cru ciale e richiede un’analisi e una gestio ne efficace dei controlli e delle opzioni disponibili per ridurre al minimo l'im patto sulla supply chain. Anche qui l'automazione dei processi ha un peso importante. Considerando gli effetti della pandemia e della guerra, dob biamo sottolineare l'importanza di un processo efficace di Exception Mana gement per la supply chain, in grado di accelerare e automatizzare la gestione
dei problemi che dovessero verificarsi. È necessaria una torre di controllo in grado di fornire l'evidenza sulla resi lienza e performance dei fornitori, ma che consenta anche di intraprendere azioni nei loro confronti aumentando la visibilità sulla filiera e migliorando la collaborazione tra gli attori coinvolti.
Di che cosa hanno bisogno le imprese manifatturiere in un momento di incer tezze come quello attuale?
Le aziende scelgono la piattaforma Ser viceNow per digitalizzare e orchestrare i processi, rendendoli più semplici, più efficienti e, soprattutto, più misurabili. Questo è fondamentale per poter intro durre in azienda una cultura di trasfor mazione dell'esperienza, sempre rivol ta all'innovazione e al miglioramento continuo. Conosciamo le sfide che le aziende manifatturiere devono affron tare nel contesto attuale. Tra queste, ad esempio, la cosiddetta talent war. Per questo motivo sempre più aziende decidono di adottare le funzionalità low code/no code messe a disposizione da ServiceNow per affrontare l'obso lescenza delle competenze, offrendo ai dipendenti la possibilità di contribuire in modo attivo all'innovazione digitale dell'azienda. Un altro tema per il qua le ServiceNow cerca di dare il proprio contributo è quello relativo alla so stenibilità. Le aziende ci chiedono di aiutarle non solo nella produzione dei report di sostenibilità, ma anche nella governance delle iniziative progettuali
e nella mitigazione dei rischi che i temi Esg comportano se non affrontati nel modo corretto.
Quale strategia di offerta avete messo a punto?
L’offerta di ServiceNow si focalizza su alcune delle priorità strategiche delle aziende manifatturiere, che possiamo riassumere in sicurezza, esperienza ed eccellenza operativa.
Sicurezza: aumentare la visibilità su tutti gli asset aziendali, IT e OT e identificare le vulnerabilità, anticipare le minacce alla sicurezza e mitigare il rischio in modo rapido e proattivo.
Esperienza: responsabilizzare la forza lavoro integrandola in iniziative più ampie, ridurre il tasso di abbandono, accelerare il time-to-value per i nuovi assunti, soddisfare i clienti e fidelizzarli semplificando i processi di acquisto.
Eccellenza operativa: promuovere una maggiore collaborazione all'interno della catena di fornitura e abbracciare l'iper-automazione per promuove re l'efficienza del front, del back e del middle office.
Il tema della customer experience ha tenuto banco negli ultimi anni, un po’ in tutte le categorie di software e ser vizi. Pensate che sia ancora centrale? Assolutamente sì. La pandemia ha reso le esperienze digitali dei clienti un fat tore critico per il successo. Anche per l’azienda manifatturiera la customer experience rimane un tema centrale e in continua evoluzione per suppor tare la competitività dell’azienda. Si è passati da un modello di business nel quale alla vendita del prodotto veniva associato il servizio di assistenza, a un modello più evoluto, nel quale il ser vizio correlato al prodotto è a valore, e dunque orientato alla servitization. I produttori devono considerare l’op portunità di migliorare le proprie capa cità di servizi post-vendita come parte sempre più essenziale e stabilizzante del proprio business. I clienti di oggi si aspettano di avere la possibilità di ri solvere i loro problemi senza rivolgersi a un agente del servizio clienti. Man mano che i consumatori diventano sempre più esperti nel mondo digita le e più sono a loro agio con l’idea di
SOSTENIBILITÀ ED EFFICIENZA ENERGETICA
GUIDANO LE STRATEGIE DI VERTIV
Negli ultimi due anni i data center hanno svolto un ruolo fondamenta le nel supportare sistemi IT, nuove modalità di lavoro e altre tecnolo gie essenziali. Questo ha dimostrato l’importanza della business conti nuity nella quotidianità di privati e aziende, ma ha anche fatto emergere altri aspetti legati al consumo energe tico e alle tematiche ambientali. Se condo gli esperti di Vertiv, nel 2022 la sostenibilità dei data center sarà
una priorità per molte aziende. Le tendenze indicano l’adozione di cel le a combustibile, risorse rinnovabili e sistemi di stoccaggio dell’energia di lunga durata, compresi i sistemi di stoccaggio dell’energia a batteria (Bess) e le batterie agli ioni di litio. Nello specifico, le celle a combustibi le e le risorse di energia rinnovabile, se abbinate a un sistema di immagaz zinamento dell’energia, forniscono un’alimentazione di lunga durata,
utilizzare bot, automazione e strumen ti intelligenti per risolvere i problemi, il self-service è ovunque. La soluzione proposta da ServiceNow affronta il tema della customer experience offren do un coinvolgimento digitale omni canale e una trasparenza end-to-end sul lavoro svolto da tutti i team. Il tema della trasformazione dell’espe rienza non riguarda soltanto i clienti ma anche i dipendenti, con il fine di migliorare il loro ingaggio sotto tut ti i punti di vista: la produttività per il benessere economico dell'impresa, ma anche il loro stare bene in azienda è fondamentale per mantenere o svi luppare i talenti. Sempre più aziende utilizzano un approccio di “esperienza totale” per conquistare i clienti e so stenere i dipendenti. Esiste infatti una chiara relazione tra l’impegno dei di pendenti e la soddisfazione dei clien ti. I workflow digitali di ServiceNow sono un aiuto in questo, semplificando e automatizzando le attività per ridur re al minimo gli errori e aumentare la produttività, favorendo così l’esperien za totale. V.B.
economica e a basso impatto ambien tale. La realizzazione di data center sostenibili richiede agli operatori di data center e agli urbanisti di colla borare per rendere queste infrastrut ture un punto di riferimento per la comunità. Difatti, le energie rinno vabili presenti in loco e l'immagazzi namento di energia per il data center potrebbero contribuire a stabilizzare la rete elettrica locale, offrendo ener gia pulita alla comunità locale.
Karsten Winther, vice president of sales Europa, Medio Oriente e Africa di Vertiv
TRENT’ANNI FESTEGGIATI IN GRANDE STILE
In occasione del trentennale dei server ThinkSystem, Lenovo ha annunciato decine di novità, riguardanti anche i sistemi iperconvergenti e la sostenibilità.
Trent’anni fa nasceva il mar chio ThinkSystem e per cele brare l’anniversario dei suoi server Lenovo ha annunciato un’impressionante carrellata di novità riguardanti l’offerta di server e sistemi iperconvergen ti, ma anche il software e i sistemi di raffreddamento, potenziati in ottica di migliore sostenibilità ambientale. Kirk Skaugen, presidente dell’Infra structure Solutions Group dell’azien da, ha rimarcato che si tratta del “più ampio potenziamento del portfolio di infrastruttura di Lenovo” mai realizzato, con oltre cinquanta tra nuovi prodotti e soluzioni annunciati tutti insieme. Skaugen lo ha anche definito come “uno dei giorni più emozionan ti nella storia di Lenovo”, ricordando i progressi e le conquiste degli ultimi anni (in particolare l’affermazione nel mercato dei sistemi di storage) e il passaggio a un modello di busi ness non più solamente incentrato sull’hardware. “L’Infrastructure So lution Group di Lenovo è nel mezzo di una trasformazione trainata dai servizi”, ha detto il presidente della divisione. A partire dai trent'anni di presidio del mercato dei server x86 con la gamma ThinkSystem, oggi la società guarda al futuro promettendo ai clienti di aiutarli a risolvere uno dei problemi primari per le aziende di ogni setto re e dimensione: la proliferazione dei dati. “Nel 1992 ero appena entrato in azienda”, ha ricordato Skaugen. “In quel momento nessuno poteva imma
ginare la quantità di dati che sarebbe ro stati creati nei successivi trent’anni. E nei prossimi tre anni sarà creata una quantità di dati maggiore di tutta quella prodotta finora nella storia dell’umanità”.
Le novità annunciate attraversano trasversalmente tutta l’offerta infra strutturale, cioè i server, i sistemi di storage e i sistemi iperconvergenti delle gamme ThinkSystem, ThinkA gile e ThinkEdge. I destinatari, ha rimarcato Lenovo, non sono soltan to i grandi fornitori di servizi cloud proprietari di data center ma anche le aziende di ogni dimensione. Carat teristiche in comune, tra i numerosi nuovi prodotti, sono l’impiego di pro cessori di ultima generazione di Intel e Amd, il software di intelligenza ar tificiale Nvidia AI Enterprise e fun zionalità di sicurezza (Lenovo Thin kShield) potenziate. Con l’evoluzione dell’offerta si va, ha spiegato l’azienda, verso maggiori “agilità, resilienza e performance”, ma anche verso un mi glioramento dell’efficienza energetica in ottica di risparmi e di sostenibilità. Per quanto riguarda i sistemi di stora ge, nella seria DE debuttano quattro nuovi modelli (DE6400F, DE660F, DE6400H e DE660H) che promet tono di raddoppiare la velocità di ac cesso ai dati e di migliorare del 50% il
rapporto prezzo/prestazioni. La nuova generazione dei sistemi di infrastruttura iperconvergen te, ThinkAgile V3, può vantare la pre-integrazione dei software di alcuni tra i partner tecnologici di Lenovo, come Microsoft, Nutanix e Vmware. “I clienti possono mettere insieme la comodità di un’esperienza simil-cloud con la sicurezza e il controllo delle soluzioni on-premise tra dizionale”, ha detto Skaugen. Oltre all’acquisto diretto, per le nuove pro poste della gamma ThinkAgile è pre vista l’opzione “as-a-Service” (TruScale Infrastructure as a Service). Altri annunci, a corollario, si collo cano nell’alveo della sostenibilità. Il nuovo sistema di raffreddamento Neptune Direct Water-Cooling di quinta generazione ricicla i loop di acqua calda per raffreddare i sistemi, consentendo notevoli risparmi sul consumo energetico dei data center. Lenovo ha anche messo a punto un diverso metodo di integrazione dei rack per spedire i server preinstallati, evitando l’utilizzo di oltre 3.500 ton nellate di cartone.
Inoltre la società ha esteso ad alcuni modelli di server ThinkSystem i pro pri CO2 Offset Services, servizi che permettono di compensare le emis sioni di gas serra prodotte da fabbri cazione, consegna e utilizzo dei di spositivi. Tutti questi progressi, messi insieme, dovrebbero aiutare Lenovo a raggiungere l’obiettivo di essere un’a zienda a “emissioni zero” entro l’anno 2050.
L’ANALISI DEI DATI FA CRESCERE IL BUSINESS E CREA LAVORO
Numeri in rialzo (ricavi e personale) per la filiale italiana di Sdg Group, società di consulenza informatica: la domanda di data analytics fa da traino.
Quella dei data analytics continua a essere un’area tecnologica in forte cre scita e attuale, anche grazie alle nuove possibilità introdotte dall’intelligenza artificiale. Ne è testimonianza il per corso di Sdg Group: la filiale italia na dell’azienda (il cui acronimo sta per Strategy, Decision, Governance) sta crescendo in fatturato e “teste”, avendo avviato l’anno scorso una campagna di assunzioni tesa a gua dagnare nuove competenze e, quindi, ad assecondare la crescente domanda di soluzioni di data analytics per le imprese. Nel corso del 2021 la filiale ha accolto duecento nuovi in gressi a cui ne sono seguiti altri 130 quest’anno: si tratta in prevalenza, per circa il 70%, di figure esperte che lavoreranno in ambito di data visualization, data management e cor porate performance management. La campagna di assunzioni non è termi nata, bensì prevede l’ulteriore ricer ca di una settantina di profili Stem, e inoltre la società sta progettando l’apertura di un ufficio in Calabria per affiancare le sue sedi principali di Milano, Roma, Verona e Firenze. “Vorremmo crescere ancora di più ma fatichiamo a trovare i profili che cer chiamo”, spiega Luca Quagini, am ministratore delegato di Sdg Group in Italia. “Solitamente le persone che assumiamo provengono da corsi di in gegneria informatica, economia con orientamento all’analisi dei dati, sta tistica e data science: figure che han
no una competenza informatica ma centrata sul mondo aziendale, o vi ceversa una formazione economica e manageriale ma con un orientamento alla data analytics. Insomma, cerchia mo dei tecnologi appassionati di mo delli di business o degli economisti impallinati di tecnologia. Entrambe le componenti sono importanti per poter tradurre una tecnologia in una soluzione da proporre a un cliente”. Le competenze sono un valore parti colarmente caro a Sdg Group, considerando che la società si occupa soprattutto di consulenza e persona lizzazione dei progetti, rivolgendosi prevalentemente a un target di azien de medie e grandi e lavorando insieme a diversi grandi fornitori (come Microsoft, Aws, Google, Sap, Oracle, Cloudera e Snoflake, per citare i prin cipali).
Notoriamente, quello delle compe tenze è un leitmotiv nei discorsi delle aziende che operano in campo Ict, ma in questo caso i fatti supporta no le dichiarazioni: Sdg prevede per i nuovi collaboratori un centinaio di ore di formazione solamente nel la fase di onboarding e prosegue ri servando a questa attività il 15% del tempo di lavoro del primo anno dopo l’assunzione e il 10% del tempo del secondo anno. Inoltre l’azienda rivol ge questa attività anche all’esterno, partecipando ai comitati di indirizzo di alcuni corsi di laurea (per esempio per l’Università di Verona e la Stata
le di Milano) e avendo collaborato ai corsi di laurea e master di diversi atenei (l’Università di Firenze, il Po litecnico di Milano, l’Università di Verona e Padova, la sede di Bergamo dell’Università Cattolica). “Ultima mente molti nostri nuovi consulenti provengono da università del Sud Italia oppure sono originari del Meridione, pur avendo studiato altrove”, ha spiegato Quagini. Tra i progetti di successo realizzati da Sdg Group spicca DocDot, un’ap plicazione per smartphone per per il monitoraggio remoto dei pazienti af fetti da Covid-19: sviluppata nel mar zo del 2020, nel pieno dell’emergen za sanitaria, è stata progressivamente arricchita di funzionalità per poter misurare non solo i parametri vitali più rilevanti (saturazione dell’ossige no nel sangue, frequenza respiratoria, frequenza cardiaca e variazione della stessa) ma anche per determinare, tramite algoritmi, la pressione sangui gna minima e massima. In futuro po trà anche monitorare ulteriori fattori, come emoglobina, tasso alcolemico e glicemia. V.B.
LA FINANZA SI TINGE DI VERDE
Aumenta il peso dei fattori Esg nella valutazione finanziaria delle aziende e contemporaneamente avanzano gli investimenti “green”. Un nuovo capitalismo “responsabile”?
La redditività e la rischiosità delle attività aziendali rappresentano i driver del mercato dei capitali, ma negli ultimi anni l’importanza di que sti due indicatori sta lasciando spazio al fattore “sostenibilità aziendale”. Questo concetto esprime la misura in cui le at tività dell’azienda sono sostenibili da un punto di vista non solo economico, ma anche ambientale e sociale, e rappresenta un elemento sempre più rilevante nelle decisioni di investimento. Ciò è dovuto a un lento processo di transizione verso una finanza sempre più green. Dopo la crisi finanziaria del 2008 la rilevanza di questi temi nelle decisioni di investimen to è cresciuta notevolmente, tanto da far
nascere la necessità di strumenti di valu tazione non limitati alla redditività dell’a zienda. In questo contesto si affermano i “fattori Esg”, ovvero le variabili am bientali (Environment), sociali (Social) e di governo aziendale (Governance) che vengono influenzate o che influenzano a loro volta le attività aziendali. L’idea su cui è basata l’implementazione di questi concetti all’interno del mercato dei ca pitali è che, valutando le imprese secon do questi valori, esse dovranno rendere conto alla totalità degli stakeholder. Ciò diventa possibile dal momento in cui la loro prestazione viene valutata guardan do non solo alla redditività e al rischio associato alle attività, ma anche all’impat
to dell’operato aziendale sull’ambiente e sulla società.
Le difficoltà di misurazione Oggi è spesso difficile avere parametri di misurazione confrontabili che quan tifichino l’impatto degli eventi ambien tali o sociali, così come è difficile avere sistemi di rendicontazione integrata, che consentano di valutare l’attività aziendale nella sua totalità, affiancando informa zioni riguardanti il rapporto tra impre sa, ambiente e società ai dati finanziari. Nonostante queste difficoltà, i fattori Esg stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante negli investimenti globali, spinti da una maggiore consapevolezza riguardo ai temi ambientali e sociali.
Inoltre, come rilevato da un report dell’Esg European Institute, l’impor tanza di questi fattori ha reso necessaria l’integrazione di indicatori a essi connessi
nelle procedure di rendicontazione azien dale. Per quanto riguarda il tema ambientale vengono presi in considerazione indicatori che hanno a che fare con l’in quinamento e i rifiuti, il cambiamento climatico, i processi di urbanizzazione, la scarsità di risorse. Nella sfera sociale assumono rilevanza aspetti come la tutela dei diritti umani, le condizioni di lavoro, le pari opportunità, la sicurezza dei dati. Sul piano della governance aziendale si guarda invece a elementi come l’indipendenza del consiglio di amministrazione, le retribuzioni dei manager, le politiche fiscali o, ancora, gli aspetti etici delle atti vità realizzate dalle aziende. Alcuni di queste variabili, però, risultano difficili da inquadrare all’interno di mi sure quantitative e richiedono il ricorso a strumenti di natura qualitativa, capaci di descriverne l’impatto. Nonostante queste limitazioni, la misurazione della performance di sostenibilità aziendale è neces saria per quattro motivi: impedisce pos sibili pratiche di greenwashing; garantisce un processo di valutazione oggettivo; mi gliora la divulgazione delle informazioni relative alla performance ambientale e sociale nei confronti degli stakeholder che vengono influenzati da esse; consente la mappatura dei rischi legati all’impatto non finanziario delle attività aziendali.
Il posizionamento strategico delle azien de, sia nei confronti dell’esposizione al rischio sia per quanto riguarda i provve dimenti adottati per arginarlo, prevede l’adattamento dei modelli di business alle più recenti normative ed è valutato accuratamente in sede di investimento.
Il concetto di rischio climatico è compo sto dal pericolo materiale (definito come l’impatto del surriscaldamento globale sugli asset aziendali), dal danno reputa zionale derivante da determinate azioni o dalla mancanza di esse, e dal rischio di transizione, che riguarda le possibili per dite finanziarie connesse all’adeguamento del business alla gestione sostenibile.
Investimenti “verdi” in crescita
Le valutazioni in questi ambiti hanno portato a una rinnovata considerazione delle azioni non finanziarie delle aziende, che rientrano all’interno della generazio ne di valore di lungo periodo. Questa pratica prevede di escludere dalle decisioni di investimento le aziende che non attuano provvedimenti di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Da qui nasce l’Esg investing, che aggiunge a questi principi il focus sulla governance aziendale nella valutazione della crescita delle imprese.
La spinta all’adozione di soluzioni Esg non arriva solamente dalla crescente con sapevolezza della finanza nei confronti di questi temi. Le istituzioni pubbliche eu ropee e italiane hanno contribuito signi ficativamente alla diffusione di strumen ti per la finanza sostenibile, sia creando fondi dedicati sia assumendo il ruolo di primi investitori. Questi provvedimenti hanno impattato sul mercato azionario italiano, che tra il 2015 e il 2020 ha as sistito a una crescita significativa delle soluzioni Esg, per arrivare nel 2021 ad avere una quota del 29% di investimenti sostenibili sul totale dei fondi aperti. Se condo Assogestioni, nel primo trimestre del 2021 l’industria del risparmio gestito in Italia contava 1.063 miliardi di euro di patrimonio promosso dai fondi aper ti; le variabili ambientali e sociali erano considerate nella politica di investimento per il 25,9% del totale, cioè 276 miliar di di euro. Come evidenziato dai dati BlackRock, gli asset gestiti secondo criteri di sostenibilità stanno crescendo sul mercato dei capitali. Il fenomeno si manifesta sia a livello mondiale, dove le soluzioni Esg hanno toccato nel 2021 i 607 miliardi di dollari, sia per quanto ri guarda l’Italia, dove è stato registrato un aumento di 69,2 miliardi di euro negli investimenti Esg, mentre tutti gli altri sono calati per un valore pari a 20,4 mi liardi di euro.
In aggiunta a questo fenomeno, è rilevan te considerare la diffusione dei green bond. Questo strumento consiste in obbligazioni legate a progetti di sostenibilità, che dal 2007 sono entrate a far parte del mercato finanziario e riflettono l’importanza della transizione ecologica sul mercato azionario. Guardando ai dati raccolti dalla Climate Bond Initiative, nell’Unione Europea nel 2021 risultavano investiti 210,9 miliardi di dollari in obbligazioni “verdi”, con una cre scita del 47,1% in un anno. In Italia l’aumento dei green bond fra il 2020 e il 2021 è stato di circa 15 miliardi di euro. Le con sistenze sono passate da 4,5 miliardi a 19,6 miliardi di euro, con un incremento del 336%. Tra i settori più attivi nell’acquisto di green bond spiccano energia, costruzioni e trasporti.
Un percorso tracciato
Si sta assistendo, dunque, all’affermazione di una nuova modalità di fare impresa e più in generale di business, ampliando la logica dei modelli economici e dei bilan ci per includere anche quei fattori – am biente, salute, società, etica – un tempo trascurati. Questo nuovo approccio, ca ratterizzato dalla presenza della doppia P, dove accanto e direi in aggiunta al profit c’è il purpose (lo scopo), viene sempre più apprezzato da aziende e organizzazioni appartenenti a diversi settori e incomincia a essere premiato anche dai mercati. Sul tema è intervenuto di recente anche il Ceo di BlackRock, Larry Fink, che ha parlato della necessità di promuovere un “capitali smo responsabile trasparente”, affermando che “utili e scopo non sono affatto in con traddizione, anzi risultano indissolubil mente legati tra loro, poiché gli utili sono essenziali a una società per servire efficace mente tutti i suoi portatori d’interesse nel tempo e lo scopo guida la cultura, creando un quadro di riferimento per un processo decisionale coerente e contribuendo a so stenere i rendimenti finanziari”.
Ezio ViolaI CLIENTI DEI SERVIZI FINANZIARI PREDILIGONO LA PERSONALIZZAZIONE
I clienti dei servizi finanziari sembrano ormai definitivamente orientati verso le esperienze digitali anche per attività ordinarie come i versamenti o i bonifici. Anzi, all’interno del loro customer journey, si aspettano di avere un rapporto più interattivo e di ricevere attenzione e servizi nel momento stesso in cui espongono un bisogno. Si tratta di una delle prin cipali risultanze dell’indagine “Future of Financial Services”, realizzata da Salesforce su un campione di oltre duemila clienti a livello mondiale.
Il 78% degli utenti bancari, in particolare, stabilisce una prima connes sione con il proprio istituto attraverso il Web o le app. Il dato scende al 44% in campo assicurativo e al 42% nel wealthmanagement . Le espe rienze digitali devono servire a ottenere il tipo di servizio che il cliente sta cercando, tant’è vero che uno su tre si è dichiarato pronto a cambiare interlocutore se la relazione risultasse deludente o poco intuitiva. Al cen tro delle aspettative sembra esserci soprattutto la capacità di offrire un servizio personalizzato, ma anche quella di anticipare i bisogni. Su questo fronte, però, sembra che ci sia ancora molto lavoro da fare, visto che meno del 15% del campione rileva questo tipo di attitudine negli istituti con i quali si rapporta.
La customer satisfaction può essere migliorata anche attraverso l’impiego di tecnologie che liberino il personale di front-line da compiti a basso valore per poter gestire interazioni più orientate alla consulenza e alla gestione di casistiche complesse. Molti clienti lamentano di ottenere uno scarso servizio quando vengono rimandati a un customer service di prima linea. Una maggior automazione viene vista come elemento chiave per dare una svolta alla customer experience. Se nei rapporti verso l’esterno l’utilizzo di virtual bot o altri tool può essere un fattore di differenziazione, è soprattutto nei processi interni, di middle office , che si possono otte nere grandi vantaggi, visto che oggi il passaggio di informazioni da un dipartimento all’altro avviene ancora spesso manualmente, rallentando i processi e generando errori.
Per rispondere alle problematiche evidenziate, Salesforce ha di recente potenziato l’offerta Salesforce for Financial Services con funzionalità di automazione e intelligenza artificiale, allo scopo di supportare l’erogazio ne di un miglior servizio ai clienti nelle interazioni dirette, nella presa di
decisioni rapida (per esempio nel rilascio di un prestito) o nella gestione di attività amministrative. Lo scorso anno i clienti di Salesforce hanno in dicato un aumento del 27% nelle capacità di risoluzione dei problemi con l’utilizzo di strumenti di automazione self-service e intelligenza artificiale. Virtual Assistant, una soluzione chatbot per i servizi finanziari potenziata dalla tecnologia Einstein, è proprio pensata per automatizzare richieste di routine attraverso i canali digitali, lasciando l’interazione umana alle attività dove essa può generare maggior valore.
La risposta all’attuale scenario arriva con Genie, evoluzione della Custo mer Data Platform di Salesforce, che tratta flussi di dati in tempo reale provenienti da diversi canali e li combina con quelli transazionali del Crm, alimentando allo stesso tempo anche altre componenti chiave, come il motore analitico Einstein AI e i servizi di automazione dei flussi. Di fatto, una società finanziaria può così intercettare in tempo reale i bisogni dei clienti e interagire su diversi canali per trovare la soluzione ideale.
La domanda di esperienze digital-first è in crescita nel settore.
Salesforce for Financial Services si propone come la giusta risposta.
TECHNOPOLIS PER DELOITTE
LE TRE DIMENSIONI DEL FUTURO NEL SETTORE BANCARIO
L’incertezza che ha caratterizzato gli ultimi anni, dalla pandemia in poi, ha stimo lato le banche a reagire rapidamente al contesto in continuo mutamento, che pro pone incessantemente nuove sfide e nuove opportunità. Abbiamo provato a pre vedere le prossime tappe di questa trasformazione con i professionisti di Deloitte Consulting che, ogni giorno, supportano le aziende del settore finanziario a pre pararsi al futuro pianificando e implementando la propria digital transformation.
Nella tua lunga esperienza in Deloitte hai gestito grandi processi di trasformazione per banche italiane e internazionali. Alessandra Ceria ni, nel tuo ruolo di Central Mediterranean FSI Consulting Leader, quali sono i temi che le banche affrontaranno nei prossimi anni?
La pandemia ha spinto le banche a premere l’acceleratore sulla digitalizzazio ne, permettendo loro di emergere ancora più forti dopo il periodo pandemico. Ora l’attenzione si sposta su altri temi, che sono solo in parte legati alla sfera tecnologica. Una delle maggiori sfide è sicuramente quella posta dalle FinTech: una sfida che può rivelarsi un’opportunità di crescita per gli istituti tradizionali, attraverso iniziative di collaborazione che permettano di beneficiare dell’agilità e dell’innovatività tipica delle FinTech. Un altro tema è senza dubbio quello legato al mondo degli asset digitali e della finanza decentralizzata, che potenzialmente può determinare una rivoluzione radicale nel modo in cui gli strumenti finanziari vengono approcciati e gestiti. Un cambiamento che le banche non possono non tenere in considerazione. Infine, il settore bancario si trova in un momento storico
unico per tradurre i propri propositi in termini di sostenibilità, diversity e inclu sione in azioni concrete. Secondo i dati raccolti da Deloitte nell’indagine “Italian Financial Industry 2022, Deloitte DE&I Maturity Index”, l’84% delle aziende del settore finanziario promuove già iniziative di diversity&inclusion , ma rimane an cora molta strada da fare considerando che meno del 20% delle posizioni apicali è affidato a donne. In questo contesto, tutti gli attori del settore bancario hanno un’opportunità irripetibile di crescere e di creare innovazione, supportando allo stesso tempo la trasformazione del tessuto sociale a livello locale e nazionale.
Parlando di sfide sistemiche, la Finanza Decentralizzata (DeFi) ha il potenziale per rivoluzionare il mondo finanziario. Paolo Gianturco, nel tuo ruolo di FinTech Leader di Deloitte, qual è il tuo parere?
L’introduzione di blockchain e crypto nel sistema finanziario tradizionale ha già innescato un cambiamento radicale. Sempre di più vediamo un sistema di “finan za centralizzata” (CeFi) in cui gli operatori finanziari mettono a disposizione dei clienti strumenti basati sulla blockchain, pur rimanendo regolati come soggetti tradizionali. Il passo ulteriore è quello della finanza decentralizzata vera e propria (DeFi), in cui attività tradizionali come i prestiti avvengono direttamente tra gli utenti, senza intermediazione di un soggetto centrale.
Si tratta di un mercato ancora quasi completamente inesplorato, che nel solo 2021 ha raggiunto i 130 miliardi di dollari di capitalizzazione. Un mondo nuovo che può rivelarsi un’opportunità per gli attori tradizionali, ma solo a patto di arrivare preparati investendo in conoscenze e competenze specifiche per essere consapevoli dei rischi connessi a un contesto ancora non regolato.
Digitalizzazione, finanza decentralizzata e criteri Esg: alle prese con queste nuove sfide (e opportunità), le banche stanno vivendo un momento storico di cambiamento.Paolo Gianturco Alessandra Ceriani
I DATI PER LE STRATEGIE DI SOSTENIBILITÀ NEL FINANCE
Le piattaforme low-code aiutano a tracciare e a rendicontare le iniziative Esg, sfruttando l’automazione e l’intelligenza artificiale.
Le priorità ambientali, sociali e di governance (Esg) si sono evolute in modo significativo da quando, negli anni Ottanta, il mondo ha visto emergere il concetto moderno di sostenibilità. Nel corso del tempo, da temi come gas serra ed efficienza energetica, l’orizzonte si è allargato alle priorità sociali e di governance, che possono spaziare da problematiche di libertà e uguaglianza individuali all’etica aziendale e alla compliance. Ecco perché questa evolu zione è importante per tutte le aziende, inclusi gli istituti di servizi finanziari. Oggi l’Esg comprende una serie di comportamenti, linee guida e policy in rapida evoluzione, molte delle quali con scadenze ambiziose e requisiti di rendicontazione dettagliati. Con l’intensificarsi dei requisiti di rendicontazione delle questioni sociali e di governance, come la corruzione, il riciclaggio di denaro e le frodi, il settore dei servizi finanziari è uno dei più regolamentati al mondo. Tuttavia, le autorità preposte sono solo una delle parti interessate che oggi stanno puntando lo sguardo sulle attività Esg degli istituti di servizi finanziari. I fondi e i gestori patrimoniali utilizzano sempre più spesso criteri di questo tipo per vagliare i potenziali investimenti, riconoscendo il valore commerciale dell’investimento in aziende che rispettano i principi Esg e valutando i rischi di fondo di pratiche che violano tali principi. Le banche tengono conto di criteri di impatto am bientale, come l’impronta di carbonio, quando decidono di concedere prestiti e condizioni di finanziamento
Per comprendere la portata della compliance e del controllo Esg, è importante considerare la lunga e articolata catena di valore delle persone coinvolte nelle attività, che si estende attraverso tutte e tre le linee di difesa, ossia delle fun
zioni di controllo della gestione, del rischio e supervisione della compliance e di una garanzia indipendente o dell’audit interno. Con l’evoluzione delle regole e dei requisiti, i leader aziendali devono essere agili nel tracciare e rendicontare le iniziative Esg. Ma questo è spesso più facile a dirsi che a farsi, per ragioni che vanno al di là dei quadri normativi. Fortunatamente, una soluzione sta emergendo nelle piattaforme low-code, che rendono più facile per le istituzioni finanziarie semplificare la gestione Esg e tenere informate le parti interessate. Una piattaforma centralizzata of fre alle società di private equity, ai dipartimenti di fusione e acquisizione e ad altri team di servizi finanziari la possibilità di tenere traccia dei dati di due diligencee mapparli con le tassonomie e le policy Esg più attuali e rilevanti. Per la creazione di relazioni con i clienti, i processi automatizzati e i workflow orchestrati aiutano i team del servizio clienti a indirizzare gli sforzi di marke ting verso nuovi prodotti e servizi legati all’Esg. Un’unica visione del cliente aiuta i rappresentanti a rispondere a domande e richieste, mentre le funzio nalità di machine learning e di intelligenza artificiale migliorano la capacità del team di analizzare i dati storici per ottenere raccomandazioni mirate su prodotti e servizi. “Per gli istituti finanziari, la crescente pressione sul fronte Esg e la necessità di tenere informati gli stakeholder può essere semplificata con una piattaforma low-code come Appian”, osserva Herbert Schild, in dustry leader, financial services di Appian. “Le aziende possono raccogliere, revisionare, consolidare e dare priorità ai propri dati in modo più facile, per poter affrontare iniziative e redigere report sullo status Esg, a beneficio di stakeholder ed enti regolatori, in uno scenario in continua evoluzione”.
ESG, OPTICANALITÀ, METAVERSO: IL BANKING È IN TRASFORMAZIONE
Le tecnologie informatiche per il settore dei servizi finanziari sono in conti nua evoluzione. Quali cambiamenti attraversano e attraverseranno, oggi e in futuro, l’offerta e la domanda in questo mercato? Ce ne parla Adriano Gerardelli, head of financial services per l’Italia di Minsait, società del Gruppo Indra.
Quali tendenze attraversano il mercato bancario negli ultimi anni? Nuovi sistemi di pagamento e centralità dei parametri Esg (Environmental, Social, Governance) per la concessione di credito sono solo alcuni tra i principali trend che stanno rivoluzionando il mercato bancario. Il sistema di pagamento buy now pay later (BNPL) permette l’erogazione istanta nea di piccole somme di denaro mirate all’acquisto di beni di consumo da restituire ratealmente. Per quanto concerne i parametri Esg, numerose banche che hanno aderito al programma delle Nazioni Unite “Net-Zero Banking Alliance” (che mira a raggiungere le emissioni zero entro il 2050 per quanto riguarda i portafogli di prestiti e investimenti di questi istituti creditizi) devono considerare lo score Esg all’interno delle loro valutazioni analitiche per concedere il credito alle imprese.
E quali novità si profilano per il futuro?
Il metaverso è uno dei trend più interessanti da osservare. Si tratta di uno spazio virtuale, aperto e collettivo, nel quale convergono realtà fisica e digitale, in cui le banche italiane possono avviare esperimenti pioneristici attraverso la creazione e il rafforzamento del rapporto con i propri clien ti. Potrà rappresentare, in misura sempre crescente nei prossimi anni, un potente canale di vendita e di servizio che consentirà di proporre prodotti personalizzati – come prestiti, servizi di pagamento, pacchetti di investi mento – a nuovi segmenti di clientela.
Dove va l’innovazione nelle aziende vostre clienti?
I progetti di maggior interesse sono quelli relativi alla opticanalità e all’e voluzione dei sistemi di contact center. Infatti, l’aspettativa dichiarata dai clienti è quella di usufruire di un sistema bancario digitale agile e sicuro e, allo stesso tempo, più umano ed empatico, capace di accompagnare e consigliare nei momenti chiave del ciclo di vita, come l'acquisto di una casa o la nascita di un figlio. Per questo motivo, la confluenza di que ste due esigenze – digitalizzazione e umanità – richiede l'adozione di una strategia basata sul concetto di opticanalità phygital . La rivoluzione phygital implica l'integrazione del mondo fisico e digitale che, applicata al settore bancario, richiede una proposta di relazione con il cliente che
integri, in modo coerente e uniforme, i canali bancari presenziali con i canali online. Secondo questa strategia, i canali di contatto mobile, tele fonico, fisico e via dicendo devono essere integrati in una piattaforma che consenta di avere una visione completa del cliente: i Cognitive Experience Centers (CEC).
Come si sta trasformando l’offerta di soluzioni e servizi di Minsait?
La nostra offerta si sta sviluppando nelle due aree di maggior interesse per le banche e che possono generare ritorni significativi: il miglioramento dell’esperienza del cliente e l’automazione e esternalizzazione dei proces si. Per quanto riguarda la customer experience, è fondamentale misurare il ritorno sull’investimento attraverso la metodologia dell'Experience Econo mics, che incorpora nuovi Kpi e correlazioni esperienza-business in grado di fornire una visione trasversale e quantificare l'impatto dell'investimento in CX sul business. Quando invece ci troviamo a operare in progetti di automazione dei processi, ad esempio attraverso il modello di program mazione low code, abbiamo evidenziato come sia possibile ridurre i tempi di progettazione e di sviluppo delle soluzioni cloud del 48%, migliorando il time to market e intervenendo su aree quali la standardizzazione delle procedure, l’onboarding digitale e il monitoraggio degli errori. Nella nostra esperienza questo si traduce a ritorni sugli investimenti fino al 502%, con ammortamenti inferiori a un anno.
IL METAVERSO HA UN LATO OSCURO
Ese il metaverso fosse un luogo oscuro, popolato di pericoli?
Un universo digitale basato su un cloud distribuito e multivendor, che permette di creare esperien ze immersive e interattive di ogni gene re (di shopping, videogioco, turismo, fruizione multimediale, partecipazione a eventi sportivi e spettacoli, e molto altro ancora), racchiude molte oppor tunità anche per i malintenzionati. E mentre il concetto di metaverso è an cora in via di definizione, le sue tecno logie sono in fase di sviluppo e il suo mercato è ancora tutto da esplorare, oggi già si parla di Darkverse, il “lato oscuro” del metaverso, che rappre senta l’equivalente di ciò che il Dark Web è per il Web. Non è da esclude re che nel metaverso vengano creati degli spazi chiusi, accessibili solo agli addetti ai lavori dell’illegalità, in cui scambiarsi comunicazioni senza il ri
schio di essere intercettati e in cui po ter vendere e comprare droghe, armi, codice malware, dati e file rubati. Proprio perché i suoi confini e la sua identità sono ancora incerti, il metaverso non ha ancora un siste ma di difesa definito e dunque ri sulta particolarmente esposto al ri schio di una deriva cybercriminale. Sul tema si è espressa Trend Micro, tracciando una inquietante previsio ne: molti cybercriminali potrebbe ro migrare dai forum del Dark Web agli “angoli nascosti del metaverso”. Inoltre l ’ ingegneria sociale, la propa ganda e le fake news qui potrebbero trovare dei nuovi canali di diffusione. Trend Micro arriva anche ad affermare che “non esisterà più una privacy come la conosciamo”, poiché le aziende ope ranti nel metaverso avranno una visibi lità senza precedenti sulle azioni degli utenti.
Dall’industria ai videogiochi
Gli esperti di Trend Micro immaginano, in particolare, tre categorie di potenzia li minacce. La prima deve preoccupare l’Internet of Things industriale (IIoT), un ambito dove già oggi si utilizzano visori di realtà aumentata o virtuale per operazioni di controllo, manutenzione e intervento tecnico da remoto. Un attore malevolo potrebbe, con un attacco manin-the-middle di tipo “cyber-fisico”, inse diarsi tra i sistemi di IIoT e l’operatore remoto. Non sono esclusi nemmeno gli attacchi informatici tradizionali, basati sullo sfruttamento di vulnerabilità: in questo caso, data la natura interconnes sa del metaverso, il rischio è amplificato dalla possibilità di movimento laterale. Inoltre i criminali potrebbero usare i digital twin, cioè le repliche digitali di particolari ambienti, macchine o edifici (per esempio, un impianto industriale), per esplorare il sistema bersaglio in realtà virtuale o aumentata e andare poi a colpo sicuro nel successivo assalto fisico. Una seconda categoria è quella delle minacce che incombono su chi vende o colleziona oggetti d’arte digitale. Gli Nft, i token
DIECI PERICOLI DA NON SOTTOVALUTARE
Sui rischi del metaverso si è espresso anche l’Identity Management Institute, so cietà californiana di servizi di formazione e certificazione in area cybersicurezza. L’azienda ne ha elencati dieci.
Furto d’identità. Pratica già diffusa (e in crescita) nel Web, nel metaverso potreb be risultare ancor più semplice da realizzare, vista l’assenza di regolamentazione e di misure di sicurezza.
Raccolta di dati senza consenso. Rispetto a quanto accade su Internet (trami te cookie e altri strumenti), nel metaverso la raccolta non autorizzata potrebbe riguardare ulteriori tipologie di dati, come quelli biometrici. Negli scenari più estremi, le aziende disoneste potrebbero ottenere l’identikit degli utenti, il calco esatto della loro voce o dei loro volti, mappati e misurati al millimetro.
Attacchi ransomware. Nel metaverso questi attacchi potrebbero colpire e critto grafare un ampio ventaglio di informazioni anche sensibili, relative alla biome tria o a parametri vitali degli utenti.
Attacchi ed exploit di vulnerabilità. L’inserimento di codice malevolo o sfruttamento delle vulnerabilità potrebbe causare danni particolarmente gravi, conside rando la quantità di dati sensibili racchiusi nel metaverso.
Deep fake. Per i contenuti audio e video creati o contraffatti attraverso l’intelli genza artificiale si aprono nuovi scenari e possibilità di falsificazione ancora non immaginabili.
Social engineering. Le tecniche di raggiro e manipolazione psicologica, tese a spingere l’utente a cedere informazioni sensibili o denaro, possono trovare nuovi canali di contatto e far leva sulla maggiore empatia creata dal contesto.
Tensioni ed hate speech. Il metaverso è fatto di luoghi condivisi, spazi virtuali in cui le persone interagiscono. Tensioni, insulti e bullismo tra gli avatar potrebbero proliferare, causando stress o danni psicologici nel mondo reale.
Cyberbullismo e molestie. Esistono dei precedenti, come il caso di una videogio catrice che sostiene di essere stata molestata lo scorso febbraio da un gruppo di videogiocatori del sesso opposto.
Danni psicologici e psicofisici. Con l’inserimento di immagini o video confe zionati ad hoc, un malintenzionato potrebbe causare senso di nausea, vertigini, stordimento o anche attacchi epilettici.
Alterazioni percettive e psicologiche. Le immersioni nel metaverso potrebbero alterare il modo con cui le persone interagiscono con la realtà esterna anche una volta tolti i visori (alcuni studi empirici dell’Università di Stanford stanno fornendo evidenze in tal senso).
non fungibili, potrebbero essere blocca ti da attacchi ransomware crittografici, con conseguenti richieste di riscatto ai proprietari. E secondo le stime di Trend Micro, man mano che diventeranno un importante asset del metaverso per la regolamentazione della proprietà, i NonFungible Token saranno sempre più presi
di mira da ransomware, phishing o altri tipi di attacco. Inoltre gli Nft sovrasti mati potranno servire ai criminali per operazioni di riciclaggio di denaro. Bi sogna poi considerare che nel metaverso, così come nel Web, c’è il pericolo di frodi finanziarie sugli oggetti d’arte venduti e acquistati. Altro rischio all’orizzonte è
quello delle finte gallerie d’arte in cui vengono proposte opere digitali contraffatte.
L a terza categoria di minacce descritta dagli esperti di cybersicurezza riguarda il mondo dei videogiochi, i suoi appas sionati così come chi li sviluppa e vende. I rischi includono innanzitutto due pro blemi noti già nel Web, ovvero il furto di dati (in questo caso anche relativi alle caratteristiche biometriche degli utenti) e le violazioni di privacy. Ma non sono da escludere nemmeno i danni materiali, ipotizzando per esempio che un hacker possa modificare un videogioco agendo su luci e suoni per causare danni alla vi sta o attacchi epilettici alla persona che indossa i visori.
Nuove frontiere sensoriali Quelli elencati da Trend Micro non sono, tuttavia, gli unici pericoli potenziali. Alle tecnologie di realtà aumentata e virtuale oggi già disponibili se ne ag giungeranno altre in futuro, e dalle nuo ve possibilità deriveranno nuovi rischi. Pensiamo alle interfacce aptiche, che impiegano sensori tattili e cinestetici per restituire sensazioni fisiche attraverso un joystick o un guanto hi-tech: nel diven tare sempre più sofisticate, queste tecno logie creano l’illusione di una corporeità all’interno di un mondo immateriale. Se compromesse, potrebbero esporre diret tamente il corpo delle persone a un at tacco informatico. Un esempio di nuova frontiera è la e-skin, la pelle elettronica su cui da anni sta lavorando Samsung: po trà veicolare variazioni di temperatura, pressione e anche sensazioni di dolore.
Le potenziali applicazioni spaziano dal gaming alla telemedicina, ma sarà fonda mentale garantire che nessun hacker pos sa mai intaccare tecnologie come queste.
In sostanza, più il metaverso diventerà realistico, immersivo e totalizzante, e più come utenti diventeremo vulnerabili.
Valentina BernoccoIL DIGITALE
È UN PILASTRO DELLA SOSTENIBILITÀ
Esg è un acronimo divenuto po polare negli ultimi anni e reso drammaticamente attuale dagli eventi climatici dell’ultimo periodo. Sta per Environmental, Social & Governan ce e racchiude criteri di base ai quali le aziende dovrebbero ispirarsi per costru ire strategie e iniziative volte a miglio rare la propria sostenibilità ambientale. Alla luce degli effetti già oggi misurabili, anche in Italia, dei piani istituiti a livel lo europeo (il Green Deal europeo, in modo par ticolare, ma anche le direttive
Ue per ridurre le emissioni di gas serra del 55% già entro il 2030) e degli stimoli derivati dai meeting globali, come l’ulti mo Cop26 di Glasgow, i manager sono chiamati a definire le strategie necessa rie affinché le proprie aziende possano intraprendere percorsi “intelligenti” di decarbonizzazione e arrivare al cosid detto “impatto zero”. Le massime figu re di responsabilità sono naturalmente coinvolte, ma in un mondo sempre più digitalizzato anche i responsabili dell’in novazione e delle tecnologie devono por
tare il proprio contributo alla riduzione complessiva del carbon footprint fin qui generato direttamente. Devono, inoltre, supportare i piani e le iniziative in via di definizione e attuazione a livello cor porate.
Già oggi il digitale e la sostenibilità stanno convergendo verso un percorso comune. Per approfondire il tema, The Innovation Group ha organizzato, con il supporto di Nutanix, una executive round table che ha coinvolto responsabili della tecnologia e dell’innovazione di una decina di aziende italiane medio-grandi.
Ne è emerso un quadro composito, di realtà accomunate da una sensibilità sul tema in via di consolidamento, ma con differenze nelle pratiche di applicazione
Le imprese italiane medio-grandi sono accomunate da una crescente sensibilità ai temi Esg. Le iniziative messe in campo attraverso il dipartimento IT, però, sono variegate.
derivanti da un mix di tradizione ancora vincolante, limiti di budget e natura specifica del settore di appartenenza.
L’orientamento delle aziende De’ Longhi è una tra le aziende nelle quali la transizione ecologica è diventata già da tempo una priorità strategica, che fin dal 2017 ha portato alla pubblicazio ne del report di sostenibilità e, due anni dopo, all’istituzione di un comitato en doconsiliare interno dedicato alla supervisione di tutte le iniziative focalizzate sui tre pilastri dei prodotti, dei proces si industriali e delle persone. “Abbiamo identificato otto aree di commitment, che vanno dal packaging all’approccio circolare, per arrivare all’innovazio ne tecnologica”, ha raccontato Enrica Monticelli, group technology innova tion director di De’ Longhi. “Per ciascu na di queste, vengono elaborate iniziative e relativi target per dare concretezza al nostro impegno in termini di impatto ambientale. Le tecnologie digitali si in nestano in questo progetto strategico per aiutarci a individuare meglio quali soluzioni implementare, ma anche a rag giungere gli utenti finali con proposte che contribuiscono a migliorare la value proposition dei nostri prodotti”. Antonio Astone, global sustainability and supply chain manager di Dnv, ha portato l’attenzione sul concetto di di gital product passport, inserito all’interno della Sustainable Products Initiative de finita a livello di Unione Europea e fi nalizzato a raccogliere dati sulla catena del valore dei prodotti, anche allo scopo di favorire la transizione verso l’econo mia circolare. “Per arrivarci, è neces sario disporre di informazioni sempre più accurate, precise e tempestive”, ha spiegato Astone. “Senza l’ausilio delle tecnologie digitali questo sarebbe im possibile. Anche per questo, occorre convincersi a non misurare l’impatto dell’IT solo come un costo. I consumi
associati all’utilizzo delle tecnologie in formatiche sono inevitabilmente destinati a salire, così come i relativi costi, ma occorre considerare gli stessi non come una pura voce di spesa bensì come in vestimenti per abilitare processi circolari e di sostenibilità, che senza il suppor to digitale non potrebbero essere attivati. Solo mettendo in relazioni costi e ricavi, in termini di processi virtuosi e sosteni bili, potranno essere misurati l’impatto e il costo reale dell’innovazione digitale e il maggiore risparmio ottenuto”. Per le aziende che sulla tecnologia avan zata costruiscono in gran parte la pro pria strategia di innovazione, l’efficienza energetica non può che toccare direttamente l’infrastruttura, in connubio con l’uso di strumenti evoluti oggi a dispo sizione. È il caso di Snam, che ha creato da tempo con Eni uno dei più impor tanti data center “verdi” in Europa e che fa leva sull’intelligenza artificiale per mi gliorare l’efficienza della gestione di rete. “Utilizziamo l’AI per la previsione della domanda di gas, oltre che per attività di manutenzione della rete”, ha spiegato la responsabile di architetture, intelligenza artificiale e servizi digitali di Snam, Ire ne Sardellitti. “L’innovazione si estende anche all’impiego di droni e robot mobi li per il controllo delle linee sul territorio nazionale”.
Strategie a due tempi
Dovendo agire e produrre risultati con creti, l’IT nelle aziende ha sostenuto, in questi ultimi anni, progetti e iniziative che hanno un effetto considerevole in termini di riduzione dell’impatto am bientale (anche qualora essa non sia l’o biettivo primario). È il caso, per esem pio, delle realtà che hanno intrapreso il percorso di migrazione verso il cloud, certamente mosse da motivazioni più generali (quali un miglioramento del time to market, l’aumento di availability, la sicurezza, la riduzione dei costi com
plessivi) sulle quali si è innestata anche qualche obiettivo “green”. “Per noi il percorso è iniziato tre anni fa e non è certo breve, visto che pensiamo di com pletarlo il prossimo anno con la com ponente Sap”, ha sottolineato Massimo Pernigotti, Cio di Edison. “Rispetto alla situazione preesistente, il risparmio nei consumi è evidente, visto che gioca l’effetto-condominio e si utilizzano tec nologie più avanzate. A questo aggiun giamo il passaggio di tutti i processi da car tacei a elettronici, anche nei rapporti con la clientela, e il fatto che supportia mo però anche il business in un cambio di posizionamento strategico. Questo ha visto, fra l’altro, la cessione di divisioni aziendali che si occupavano di ricerca sugli idrocarburi a vantaggio di un fo cus sulle fonti rinnovabili e sui servizi, nell’ottica del raggiungimento della car bon neutrality entro il 2050”.
Gli ha fatto eco Michele Mariella, Cio di Maire Tecnimont: “Abbiamo com pletato la transizione al cloud quest’an no e siamo quindi passati dalla filosofia del possesso a quella dell’accesso. Ne abbiamo ottenuto, a parità di workload, un risparmio fra il 20% e il 30% sem plicemente per l’effetto-condominio in termini di riduzione degli sprechi. Ora prestiamo molta attenzione alle infor mazioni che provengono dai provider, apprezzando chi è già in grado di fornire indicazioni di consumo anche del singo lo thread. Queste evoluzioni fanno mag gior peso alla componente di governan ce, ma la tecnologia ci ha consentito di lavorare anche su elementi spesso poco considerati, dall’eliminazione dell’abitu dine di stampare il superfluo allo spegni mento automatico dei Pc, spesso lasciati accesi dai titolari anche fuori dall’orario di lavoro”.
Allo stesso modo, c’è chi ha agito diret tamente sui processi produttivi per dar corpo alla propria visione sulla sostenibi lità: “Una nostra soluzione tecnologica,
sviluppata recentemente, riguarda l’in stallazione dei parchi fotovoltaici, oggi gestiti su una linea robotizzata mobile e trasportabile”, ha descritto Giovanni Di Stefano, chief innovation officer di Comau. “Qui la componente digitale è fondamentale perché diventa possibile controllare che tutte le operazioni di as semblaggio siano state eseguite e offrire tracciabilità della qualità ottenuta. La robotica è al centro dei nostri sviluppi, come dimostra il recente lancio del robot N-220, più leggero e quindi meno energivoro, ma anche la creazione del metalinguaggio Miratexter, per rende re elementare la programmazione delle macchine”. Una realtà come Officine Maccaferri, invece, sviluppa per i propri clienti so luzioni ingegneristiche innovative, sicu re ed environmental-friendly, nel settore nell’ingegneria civile e ambientale. Tra le aree di intervento, soluzioni per con trastare il rischio idrogeologico e tutelare l’ambiente e le persone. Proprio per que sto l’azienda deve allineare anche le pras si interne: “Abbiamo affrontato il tema della razionalizzazione dell’infrastruttura di gruppo pensando anche all’impatto sull’ambiente”, ha ricordato il group IT director dell’azienda, Raffaele Frattini “Ragionare maggiormente in una logica di gruppo porterà sicuramente vantaggi operativi ma anche effetti green, tanto sulla produzione quanto sui processi. Su questo stiamo improntando il percorso di trasformazione digitale”.
Se nel manifatturiero gli interventi tec nologici a scopi di sostenibilità sono facilmente comprensibili, anche il mondo assicurativo sta dando il proprio contri buto. Sara Assicurazioni, per esempio, ha da tempo automatizzato tutti i proces si autorizzativi e di firma, di fatto eliminando l’uso della carta all’interno dell’or ganizzazione: “Abbiamo agito anche nei rapporti verso la clientela”, ha precisato il chief operation & technology officer, Luigi Vassallo. “La contrattualistica è ormai tutta digitalizzabile e altrettanto stiamo facendo sulle comunicazioni ob bligatorie”. La compagnia coniuga tec nologia e sostenibilità anche nell’offerta e nei ser vizi per i clienti. “Abbiamo favorito la mobilità dolce, con tutta una serie di prodotti assicurativi per l'utilizzo di mezzi alternativi come il car sharing e i monopattini elettrici”, ha proseguito Vassallo. “Inoltre con la app Guido Bene promuoviamo comportamenti virtuosi fornendo ai clienti l’informazione sullo stile di guida, accompagnata da consigli su come migliorare”.
Assimoco, compagnia di movimento del credito cooperativo, ha invece puntato in nanzitutto sulla certificazione Bcorp (che analizza fattori del tutto simili a quelli Esg, ma tocca anche l’ambito sociale) per poi completare la trasformazione in socie tà benefit. “Per questo abbiamo cambiato lo statuto e inserito al suo interno scopi di beneficio comune”, ha dichiarato Danilo Ughetto, direttore Ict di Assimoco. “È stata anche creata una funzione deno
minata Cultura & Sostenibilità, che cura l’armonizzazione tra gli aspetti di cultura organizzativa in modo integrato e la strategia aziendale. La digitalizzazione è un processo in estensione anche verso la clientela, ma prestiamo attenzione a mol ti aspetti, compresi quelli sull’acquisto di dispositivi che presentino certificazioni energetiche a livello dei nostri standard”. Se ad accomunare molte delle realtà coin volte nella round table c’è un passaggio più o meno completo al cloud, esiste anche qualche voce dissonante, sebbene non per questo meno attenta al tema della so stenibilità. “I fermi per noi hanno un co sto rilevante e se avvengono per colpa di una seppur momentanea interruzione del servizio di un provider causano danni a noi e ai pazienti”, ha raccontato Riccardo Salierno, Cio di Sapio. “Per questo siamo ancora in buona misura on-premise. Però facciamo leva su partner e fornitori per migliorare il nostro impatto sull’ambien te e possiamo agire anche su alcuni aspetti della nostra organizzazione. Quest’anno il costo dell’energia elettrica, a parità di pro duzione, più che triplicato ed è diventato il primo costo superando il costo del per sonale. Quindi, stiamo progressivamente adottando sistemi di intelligenza artificia le e algoritmi utili a comprendere come poter governare il consumo energetico nei nostri impianti di produzione delle bom bole a ossigeno, riuscendo ad anticipare e controllare il fabbisogno e la governance degli stabilimenti”.
Roberto BoninoLE EMISSIONI DI GAS SERRA NON SONO TUTTE UGUALI
Come si misurano le emissioni di gas serra, e di conseguenza come si calco lano le azioni necessarie per azzerarle o compensarle? Dipende. La prima fase di un progetto di riduzione dell’impronta carbonica investe solitamente le emis sioni cosiddette Scope 1, cioè quelle
prodotte direttamente dall’azienda per alimentare edifici, fabbriche, magazzini e data center o per le proprie operazio ni. Le emissioni Scope 2 sono invece quelle indirette, legate ai consumi di elettricità acquistata o in altro modo acquisita dall’azienda. L’impatto zero è
però davvero tale se nella strategia ven gono incluse anche le emissioni Scope 3, che considerano anche i gas serra prodotti dai dipendenti di un’azienda, dai suoi clienti (per esempio, nell’utiliz zo di un dispositivo hardware) e lungo l ’intera catena di fornitura di un bene.
VERSO LA “SOBRIETÀ DIGITALE”, MA CON MOLTI OSTACOLI
Il fabbisogno energetico dei data cen ter è in costante crescita, in relazione ai processi di trasformazione in corso e a fenomeni che si sono sviluppati e consolidati nel tempo. Basti pensa re a come oggi Internet sia il sistema operativo delle moderne economie e a come il numero di utenti e il vo lume di traffico in dodici anni siano aumentati di quindici volte rispetto al 2010. L’utilizzo di tecnologie come Internet of Things (IoT), intelligenza artificiale, 5G, edge computing, realtà virtuale e video streaming sta facendo lievitare sia la quantità di dati generati sia i requisiti di potenza di calcolo per supportare queste applicazioni. Se non altro, oggi molti colossi tec nologici sono accomunati dall’impegno verso la transizione ecologica: Amazon, Apple, Facebook, Ibm, Mi crosoft, Samsung, Lenovo, e la lista potrebbe continuare. Un impegno che si declina in varie forme (in particolare utilizzo di energie rinnovabili, efficientamento dei consumi, riduzio ne degli sprechi, compensazione delle emissioni di gas serra) e che in molti casi comporta un graduale ma radicale stravolgimento del modo in cui que ste aziende operano. Amazon, primo fornitore di cloud pubblico al mondo con la propria divisione Aws, ha an nunciato di voler arrivare entro la fine del 2025 all’utilizzo delle sole fonti energetiche “verdi” in tutte le proprie attività, dai data center alle consegne. L’azienda è già ben posizionata: a fine 2021 è arrivata a usare le rinnovabili in percentuale dell’85% sul totale dei propri consumi energetici, sia grazie a impianti fotovoltaici ed eolici di pro prietà, costruiti a ridosso dei dati cen ter, sia attraverso l’acquisto di energia
pulita da fornitori locali. Attualmente Amazon è, tra le aziende del mondo, il più grande acquirente di energia verde e ha già avviato 379 progetti incentrati sulle rinnovabili in 21 nazioni: nel dettaglio si tratta di 154 impianti eo lici e fotovoltaici e di 225 installazioni di pannelli solari, per un totale di 18,5 gigawatt di potenza. Per raggiungere il traguardo del 100% entro il 2025, la società di Seattle avvierà nei prossimi mesi ben 71 nuovi progetti incentrati sulle rinnovabili in diverse regioni ge ografiche.
La transizione ecologica del settore IT comporta però anche un cambiamen to culturale e di approccio. Su scala continentale e su spinta dell’Unione Europea si sta progressivamente affermando il concetto di “sobrietà di gitale”, come evoluzione di un tema precedentemente identificato come green IT, per definire un approccio al mondo digitale meno istintivo e compulsivo, più controllato e in grado di definire le direzioni di sviluppo com parando adeguatamente opportunità e rischi.
In questo scenario, ai dipartimenti IT sempre più viene richiesto di mette re in atto misure di riduzione diretta dell’impatto sull’ambiente, agendo sulle risorse infrastrutturali impiegate, sui cicli di vita degli apparati o sull’uso delle risorse a disposizione. Ai dipar timenti IT viene anche richiesto di supportare i piani di sostenibilità che le aziende stanno mettendo a punto e che andranno a sfociare obbligato riamente nella produzione di report, come indicato dalla Corporate Sustai nability Reporting Directive (Csrd) in via di emanazione a livello di Unione Europea.
Viene da chiedersi se l’accresciuta sensibilità sui temi legati all’ambien te e la crescente pressione normati va si stiano già traducendo in azioni concrete da parte delle aziende ita liane e, in particolare, di coloro che presiedono gli sviluppi tecnologi ci e legati all’innovazione digitale. L’ultima edizione della annuale “Digital Business Transformation Sur vey” di The Innovation Group ha evidenziato che il 47% delle aziende del campione prevede di aumentare, rispetto ai livelli del 2021, il proprio budget dedicato ad attività e progetti sostenibili. Le risorse stan ziate con il Pnrr sono state indicate come principale fattore di traino (40%), ma un peso non trascurabile è ricoperto anche dalla necessità di differenziare i prodotti o dell’evo luzione delle dinamiche di mercato (30%), dalla maggiore consapevo lezza sulla necessità di promuovere investimenti virtuosi (28%) e da un management più preparato sulla pro fittabilità di tali investimenti (28%). L’indagine indica anche che la neces sità di produrre bilanci sociali e re port di sostenibilità sta inducendo le aziende a introdurre strumenti di mo nitoraggio e misurazione delle perfor mance ambientali (42%) e che anche i processi produttivi sono in fase di revisione in un’ottica green (40%). Emergono qui però anche alcune dif ficoltà ancora da superare, in primis la completezza di una misurazione che per chi possiede un data center dovrebbe non limitarsi al Pue (Power Usage Effectiveness, l’indice di effi cienza energetica più comunemente utilizzato) e che si complica ulterior mente per chi lavora in logica ibrida.
LA GESTIONE DEI DATI È LA CHIAVE DEL SUCCESSO
La gestione dei dati sta diventan do un’attività essenziale e spesso strategica in molti settori di attività. Dalla piccolissima azienda alla grande multinazionale, nessuno or mai può permettersi il lusso di trascu rare i propri dati, di non raccoglierli, non proteggerli, non analizzarli, non sfruttarli per ottenere indicazioni preziose. Non fa eccezione il settore della manifattura, dove l’Enterprise Information Management può ser vire a ottimizzare la produzione, la logistica, le vendite, le relazioni con i clienti e anche – elemento peculia re – la manutenzione degli impianti. Ne abbiamo parlato con Benedetto Angelini, senior account executive di OpenText.
L’Enterprise Information Management è davvero così importante come molti vendor tecnologici sostengono?
Nello scenario odierno, la chiave per prendere decisioni consapevoli ed efficaci sono le informazioni, dalle quali non si può più prescindere per costruire una strategia di business di successo. In tale contesto, in cui i fru itori delle informazioni sono prima di tutto gli utenti aziendali, tendia mo quindi a non guardare solo all’e sperienza dei singoli clienti finali ma anche a quella dei dipendenti stessi: il concetto di customer experience si estende così anche a quello di digital e user experience. Il ruolo delle piat
taforme di Enterprise Information Management è dunque quello di fa cilitare il più possibile le attività degli utenti, siano essi interni o esterni all’azienda, sfruttando soluzioni do cumentali all’avanguardia per rendere le informazioni accessibili a tutti con semplicità e nel momento giusto, abilitandone il valore. La qualità delle decisioni che vengono prese, infatti, dipende innanzitutto dalle caratteri stiche valoriali delle informazioni che si hanno a disposizione.
Questo, ad esempio, è un aspetto fon damentale per il mondo manifatturie ro, un aspetto che coinvolge anche la sfera della sicurezza: se si pensa agli impianti di produzione, poter accedere a informazioni aggiornate non solo determina la crescita del business, ma consente di contenere gli errori ga rantendo la sicurezza del personale e delle operazioni che vengono svolte.
È il caso della manutenzione preditti
va, nella cui dinamica l’operatore sul campo unisce la propria esperienza con i dati che vengono raccolti e mes si a disposizione, per poi trarre le con clusioni che portano alla definizione del processo.
Nel mondo manifatturiero il cloud è stata una rivoluzione? Il cloud è certamente una tecnolo gia abilitante: pur non essendo una frontiera futura in quanto già ampia mente presente nelle realtà aziendali attuali, non ha ancora espresso il suo massimo potenziale, tanto che la sua adozione massiva in determinati processi più complessi è ancora in itinere. In particolare, la standardizzazione che abilita si contraddistingue come prerequisito nel modo di operare a livello IT: a differenza di quanto si possa pensare, i cosiddetti “vincoli” imposti dal cloud nel modo in cui si sviluppano le applicazioni sono un aspetto abilitante, poiché consentono di rimanere all’interno di standard che, in ultima analisi, forniscono al panorama IT quella flessibilità e quell’agilità necessarie per far par tire i progetti velocemente e reagire efficacemente alle disruption di oggi. Le specificità del cliente vengono dunque gestite all’esterno della solu zione senza alterare il prodotto stesso: si tratta di un cambiamento nel livello di customizzazione rispetto al modo tradizionale in cui le aziende sono abituate a implementare i sistemi con le installazioni classiche on-premise. In un mondo dominato dal cloud, in cui i provider devono impegnarsi a
L’Enterprise Information Management è particolarmente strategico nel settore manifatturiero, anche in tempi di crisi come quelli attuali.
Benedetto Angelini
dare diversi livelli di servizio, tutti con standard elevati, la standardizzazione rappresenta una vera opportunità.
Quanto sono mature le strategie di gestione delle informazioni nel manifatturiero?
Nel manufacturing, rispetto ad altri settori dove il volume di documenti, utenti e clienti coinvolti è più alto, c’è una minore maturità relativamente alle soluzioni di Information Mana gement. Se, soprattutto grazie all’In ternet of Things, le aziende si stanno già focalizzando molto sulla raccolta di dati strutturati che abilitano, tra le altre cose, la manutenzione pre dittiva, d’altro canto la gestione delle informazioni non strutturate è ancora acerba: l’interesse tuttavia sta salendo, poiché le aziende si stanno rendendo conto che sistemi in crescita implica no un aumento del volume delle in formazioni e dei documenti da gestire. Dunque diventa necessario organiz zarsi già in un’ottica a medio termine per garantire da un lato la sicurezza, dall’altro l’accesso e la fruizione delle informazioni da parte degli utenti. Non dobbiamo però dimenticare che il livello di maturità nell’adozione di
strategie di gestione delle informazioni varia in base alla dimensione e alla visione aziendale: esistono anche in Italia, infatti, grandi realtà leader che si sono orientate già da tempo in que sta direzione. In generale, tuttavia, il tessuto economico italiano – in cui le Pmi sono protagoniste – ha portato a un generale ritardo dal punto di vista dell’Information Management, do vuto alla tendenza a evitare i rischi di fermo potenzialmente legati ai cam biamenti nei sistemi IT.
Nella gestione dei dati c’è qualche aspetto ancora oggi particolarmente trascurato?
Dati e informazioni, oltre a essere rac colti, devono anche essere governati. È quindi necessario entrare nell’ottica per cui non è sufficiente soltanto una governance vista come strumento di collaborazione per il singolo indivi duo, ma vanno adottate anche solu zioni che consentano una governance centrale a livello enterprise. L’azienda deve disporre di un unico luogo dove controllare, gestire e regolamentare documenti e informazioni: in tale contesto, è anche indispensabile te nere in considerazione le normative
in materia di privacy e protezione dei dati per essere conformi alle regola mentazioni previste dal Gdpr (il rego lamento europeo sulla protezione dei dati personali, ndr).
La pandemia, prima, e la guerra poi hanno messo in crisi le supply chain mondiali. Un corretto uso dei dati può aiutare le aziende a superare le difficoltà di approvvigionamento? Si tratta di un tema estremamente at tuale, poiché le disruption che abbia mo vissuto negli ultimi anni hanno avuto un impatto notevole sulla sup ply chain, influenzando in particolare le aziende manifatturiere e l’ecosiste ma in cui operano. In tale contesto, la condivisione delle informazioni diventa fondamentale non soltanto all’interno della singola azienda ma con tutti i protagonisti della filiera. A tale scopo esistono piattaforme e soluzioni che supportano le organiz zazioni nelle strategie di condivisione delle informazioni, tenendo conto dei diversi fattori che influenzano i pro cessi e che possono variare considere volmente a seconda dei settori e dei cambiamenti di cui sono protagonisti: si pensi ad esempio all’automotive, che con l’avvento dell’elettrificazione ha visto cambiare completamente il prodotto e i suoi componenti, con una disruption dell’intera catena di fornitura. Non solo: le difficoltà di approvvigionamento e l’aumento dei costi delle materie prime richiedono alle aziende un livello di efficienta mento senza precedenti. Alla luce di tali cambiamenti, diventa evidente come un approccio alla gestione delle informazioni coordinato e condiviso sia molto più importante rispetto al modo di operare stabile del passato.
Valentina BernoccoUNA “MENTALITÀ CIRCOLARE”
PER USCIRE DALLA CRISI
La shortage economy non aiuta il set tore manifatturiero. Quest’anno, come noto, l’energia, le materie pri me dell’industria delle lavorazioni mecca niche e anche le materie prime dell’indu stria alimentare hanno avuto un’ulteriore contrazione in termini di disponibilità, inaugurando un probabilmente lungo periodo di scarsità che gli imprenditori del settore ora devono affrontare. A ciò si somma l’effetto psicologico sui mercati (tutti i mercati a parte l’industria bellica), di clienti e consumatori spaventati dal rischio di un allargamento del conflitto. Se la possibilità concreta che vengano
bloccate completamente le importazioni di gas dalla Russia causerebbe il fermo di molte imprese, il rincaro dei costi ener getici già sta provocando l’interruzione a singhiozzo della produzione, che in alcu ni casi risulta ormai antieconomica. Da fine estate si moltiplicano i segnali di allarme di analisti e imprenditori soprat tutto per i costi dell’energia (in partico lare il gas), arrivata a vedere decuplicato il suo prezzo e a rendere troppo onerosi i processi di alcuni comparti, primi tra tutti quelli delle ceramiche, dell’acciaio e della carta. Forse anche per questo, la produzione industriale in Italia, dopo
una fase di crescita proseguita a dispetto della guerra, ha poi subìto tra maggio e giugno un’inversione di tendenza, mo strando per la prima volta in dodici mesi un indice negativo sia rispetto al mese precedente sia su base annua.
Il futuro non appare roseo, e a parte l’auspicabile mitigazione dell’impennata dei costi da parte di organismi nazio nali ed europei (si parla sempre più in sistentemente di tetto al prezzo del gas, una misura che però al momento in cui scriviamo pare insufficiente) non sembra profilarsi all’orizzonte nessuna soluzione di lungo periodo per questo nuovo sce nario, se non l’implementazione dei suc citati blocchi di produzione (da alcuni, come detto, già attuati) o di politiche di ottimizzazione energetica in chiave stra tegica e di lungo periodo.
I rialzi dei prezzi di materie prime ed energia stanno ostacolando la produzione industriale, già provata dalla pandemia. Sostenibilità e circolarità sono una risposta.
Dieci raccomandazioni
Per molti osservatori, la richiesta di sostenibilità e la circolarità arriva e ancor più in futuro arriverà dalla domanda. I nostri figli compreranno probabilmente (e auspicabilmente?) automobili elettri che prodotte solo di notte, con costi e ottimizzazioni nel consumo di risorse ed energia; tanti useranno i beni “as a servi ce”, senza necessariamente doverli acqui stare. Le spinte dall’esterno e dall’interno sono quindi ormai un fatto incontrovertibile, tanto che la World Manufacturing Foundation ha fatto della circolarità il tema principale del piano strategico quin quennale 2020-2025 e anche del proprio rapporto 2021. L’approccio è piuttosto ampio: tratta di una circolarità a 360 gradi (mi si perdonerà il gioco di parole), che abbraccia già la fase di concepimento e progettazione dei prodotti e che richie de un grande sforzo culturale, oltre che tecnologico. È per questo che molte del le dieci raccomandazioni tracciate dalla World Manufacturing Foundation sono relative alla promozione della cultura e alla creazione di un mindset appropriato, elementi indispensabili per arrivare a una vera applicazione della circolarità e quin di sostenibilità. La prima raccomandazione è la promo zione di una mentalità focalizzata sulle opportunità offerte dall’economia circo lare e sul ruolo chiave delle tecnologie digitali. La seconda è la promozione dei concetti di circolarità nei confronti dei consumatori, in modo che siano proattivi e scelgano su una base di consapevolezza (ma abbiamo visto che in questo caso il rischio è che i consumatori siano anche più avanti dell’offerta). La terza è lo sti molo a iniziare una fattiva cooperazione tra stackeholder che porti alla costruzione di catene del valore circolari. Un esempio sono le best practice del re-manufacturing e del de-manufacturing, ma non solo. Le successive tre raccomandazioni sono anch’esse espressione della volontà di for
mare, comunicare e convincere, perché fanno riferimento ad azioni di promozione più che di revisione dei processi in dustriali: spingere modelli di business che abbraccino la circolarità, implementare politiche globali che riconoscano il digi tale come principale abilitatore della manifattura circolare e promuovere misure economiche volte a favorire la transizione e l’adozione del digitale (il ben noto blue & green).
Le ultime quattro indicazioni sono per molti versi le più interessanti, perché introducono una componente di “azio nabilità” tangibile: realizzare piani di for mazione in ambito digitale per la forza lavoro coinvolta nei processi di manifattura circolare, sfruttare i dati a disposizio ne per supportare la transizione, aiutare le Pmi industriali nell’adozione del mo dello circolare e individuare le eventuali criticità tipiche del digitale che possono impattare negativamente sull’ambiente per affrontarle e risolverle in tempo utile.
Costi energetici e sostenibilità
Anche se il tema dei combustibili fossili e del loro ciclo è ben presente negli schemi generici dell’economia circolare e della transizione ecologica, paradossalmente esso non compare in alcuni documen ti importanti come, tanto per fare un esempio, il diagramma dell’Economia Circolare di Closed Loop Partners, che li colloca all’interno della voce generica “estrazione di materie prime”, una voce che, ovviamente, è destinata, nella visio ne circolare, ad essere tagliata e ottimiz zata. Closed Loop Partners si concentra piuttosto, come era naturale fino a pochi mesi fa, su punti altrettanto importanti (e per i quali c’è ancora moltissimo da fare) come il design for durability, l’utiliz zo di sostanze chimiche e materiali non dannosi per la salute, l’impiego di mate riali riciclati e riciclabili, la distribuzione ottimizzata dei prodotti e il re-manufacturing. La crisi energetica scatenata (ma
non causata direttamente) dalla guerra in Ucraina non ha solo messo allo scoperto la debolezza del sistema di approvvigio namento e scambio dei combustibili fos sili, ma ha anche svelato la fragilità del le fonti alternative: in Francia più della metà delle centrali nucleari è stata colta dalla crisi mentre era in una fase di ma nutenzione, quindi non completamente operativa e non in grado di assorbire la minor disponibilità di gas e petrolio per la generazione di energia elettrica. La realizzabilità, in tempi brevi, di centrali elet triche a energia solare o eolica è notoria mente ostacolata sia da problemi tecnici e strutturali (mancano anche le materie prime per costruire pannelli e componenti) sia da lacci e lacciuoli di carattere legislativo e normativo.
Insomma, non avevamo ancora finito di metabolizzare come, a nostre spese e spese delle imprese manifatturiere, fosse fragile la struttura economica e logistica frutto della globalizzazione (scarsità di materie prime, carenza di chip) che sia mo stati investiti da un problema ancora più impattante, quello dei comparti industriali più energivori, che spesso (pen siamo all’acciaio) fanno parte di filiere più complesse la quali potrebbero essere comunque bloccate o compromesse an che se non direttamente colpite dall’in cremento dei costi energetici.
Al momento, quello della disponibilità di gas e dei costi dell’energia elettrica è il problema che, più di ogni altro, tiene sve gli imprenditori e manager del comparto manifatturiero (e non solo). Un problema che va risolto anche a livello culturale (la “fine dell’abbondanza” citata da Macron, tanto per fare un esempio) e politico, ma che deve essere inserito di prepotenza e con priorità massima anche nei proget ti di manifattura circolare e sostenibile, pena il fallimento di ogni tentativo, an corché geniale e virtuoso, di ottimizzare processi progettuali, produttivi e logistici.
Emilio MangoAI-WASHING, NON È TUTTO ORO CIÒ CHE LUCCICA
Molte startup affermano di utilizzare l’Artificial Intelligence, ma non sempre questo accade davvero. Inoltre l'AI è realmente preziosa soltanto in alcuni casi d'uso.
L’intelligenza artificiale è davvero utile? Sì, ma solo in alcuni casi. Sempre più startup nel mondo stanno dando la priorità assoluta allo sviluppo di soluzioni di intelligenza ar tificiale. Spesso, tuttavia, per esse l’AI è solo un’etichetta per ottenere più finan ziamenti, come avviene nel campo della sostenibilità ambientale con il greenwashing. Negli ultimi anni nel mondo gli investimenti in startup di intelligenza artificiale sono raddoppiati e le princi
pali aziende tecnologiche come Google sono passate da una strategia mobile-first a un approccio AI-first, dando la priorità all'Artificial Intelligence rispetto a tut te le altre tecnologie e piattaforme. Ma questa è davvero una buona notizia?
L'AI è un sistema informativo in grado di intraprendere azioni senza essere pro grammato per farlo, cioè con un approc cio basato non su regole predefinite bensì sull’accumulo e sull’elaborazione della maggior quantità possibile di dati. A dif
ferenza dell'automazione, che prevede operazioni eseguite sempre allo stesso modo, l’Intelligenza artificiale suppor ta il processo decisionale seguendo uno schema logico, spesso non tangibile o decodificabile, basato sulle informazioni raccolte nel tempo.
Forma o sostanza?
L’AI, dunque, non è sempre funzionale rispetto a un determinato obiettivo, per ché richiede un'elevata quantità di dati e capacità di elaborazione. Eppure le startup ne fanno sempre di più un punto di riferimento, e spesso senza nemmeno capirne il significato. Da una recente ri cerca condotta da Mmc Ventures nel Re
gno Unito risulta che la maggior parte delle startup che affermano di applicare l'intelligenza artificiale ai propri prodot ti in realtà non la conosce affatto. Non solo: non ci sono prove che l'intelligen za artificiale sia rilevante per i prodotti offerti nel 40% delle 2.830 startup europee esaminate. Questo accade anche perché, per fare un esempio, un chatbot comune o uno di quei piccoli robot che fanno le pulizie nelle nostre case non sono applicazioni di AI in quanto vengono programmati con regole prestabilite. Sono invece corretti esempi di AI il pro gramma di assistenza vocale Siri, l’auto a guida autonoma o il software che ricono sce il volto delle persone nelle foto sullo smartphone, perché appunto nell’ultimo caso l’algoritmo impara da milioni di volti ed è in grado di riconoscere le loro
caratteristiche specifiche. Sempre più spesso, insomma, l’Intelligenza artificiale sta diventando un’etichetta per ottenere più finanziamenti, come avviene per la sostenibilità ambientale con il cosiddetto greenwashing. Inoltre, anche supponen
UN FENOMENO INARRESTABILE
I numeri dell’intelligenza artificiale fanno girare la testa, avendo raggiunto livelli importanti e crescendo rapidamente. Sullo sfondo resta il problema di delimitare il campo, distinguendo l’AI vera e propria dalle tecnologie che semplicemente impiegano un’automa zione evoluta. Secondo le stime di Idc, il mercato mondiale dell’AI è arrivato nel 2021 a valere quasi 60 miliardi di dollari (59,67 miliardi) e per il 2022 ci si attende una crescita superiore al 19% e un giro d’affari di 422 miliardi di dolla ri. Nel 2023, poi, sarà superata la soglia dei 500 miliardi di dollari. Un’altra so cietà di ricerca e di analisi, Grand View Research, stima invece per il mercato mondiale dell’AI un valore di 93,5 mi liardi di dollari nel 2021. Questa discre panza, citata a mo’ di esempio, rende l ’idea dei confini incerti dell’intelligen za artificiale, tra software e sistemi di machine learning, deep learning, visio
ne artificiale, elaborazione del linguag gio naturale e altro ancora. Tuttavia, a l netto del problema delle definizioni, l’intelligenza artificiale sta dimostrando di non essere una bolla destinata a scop piare bensì, al contrario, un’evoluzione non reversibile. “Attualmente le solu zioni di intelligenza artificiale si focaliz zano su problemi relativi ai processi di business”, ha commentato Ritu Jyoti, vicepresidente di gruppo, Worldwide Artificial Intelligence and Automation Research di Idc, “e spaziano dalla human augmentation a i miglioramenti della pianificazione e delle previsioni, che potenziano le decisioni e i risultati. I progressi nelle tecnologie di linguaggio, voce e visione e le tecnologie di AI mul timodale stanno rivoluzionando l’effi cienza delle persone”. A detta di Idc e di a ltri osservatori, la carta vincente per le aziende sarà l’uso combinato di intelli genza artificiale e ingegno umano.
do di poter accedere a una grande quan tità di dati da elaborare, l'uso dell'AI non è sempre la risposta corretta a un proble ma o a un progetto di sviluppo tecno logico.
Tre casi di AI davvero utile Applicare l'intelligenza artificiale è real mente utile in tre casi. In primo luogo, quando si conosce il problema ma non sono disponibili dati. In questo caso, grazie alla serie di dati che vengono raccolti, l’AI può ottimizzare i processi. La manutenzione predittiva in un'auto è un esempio in cui questa tecnologica può fare la differenza: con una serie di punti dati che vengono raccolti tramite sensori nel veicolo (comportamento di guida, velocità, tipo di tempo, eccetera), il sof tware può prevedere quando la parte non funzionerà in modo ottimale, sulla base delle interazioni dei componenti nel sistema interno ed esterno.
Una seconda circostanza in cui l’AI si ri vela utile è quando un problema non può avere una soluzione analitica: ad esem pio, per riconoscere un volto in un’immagine digitale composta da milioni di pixel, con un linguaggio di programma zione standard servirebbero un milione di righe di codice. In terzo luogo, l’AI è preziosa nei casi in cui è necessario ot timizzare l'interazione uomo-macchina. Se si sta guidando un’auto e si vuole in viare un messaggio dal cellulare, è meglio chiedere a Siri di farlo. Ad esempio, se sono al volante della mia auto e voglio inviare un messaggio di testo, tenere il telefono in mano e contemporaneamen te guidare non va bene perché disorienta la mia attenzione sulla conduzione del veicolo. È meglio chiedere a un sistema di riconoscimento vocale di inviarlo per mio conto.
Devid JegersonDevid Jegerson, comitato scientifico di Aicel (Associazione Italiana Commercio Elettronico)
APP LEGACY, LA SCOMODA “EREDITÀ”
Iprocessi di trasformazione interessano le aziende a ogni livello, ma in molti casi resiste uno zoccolo duro di processi ancorati a sviluppi costruiti nel tempo. Molti degli attuali scenari applicativi vedono la compresenza di sviluppi recenti, perlopiù legati ai processi di trasformazione digitale, e di sistemi installati in passato e stratificatisi nel tempo con personalizzazioni e ag giunte funzionali alle esigenze delle aziende: sono le cosiddette applicazioni legacy (let teralmente, quelle “ereditate” dal passato).
La necessità di far dialogare i due mondi non rappresenta di per sé un fenomeno nuovo, tant’è vero che storicamente abbiamo assi stito all’adozione di soluzioni point-to-point, specifiche per ogni necessità di integrazione, tramite tool creati in casa, sviluppo di Api (Application Programming Interface) spesso delegate a soggetti esterni o adattatori nativi. L’aggiunta di nuove applicazioni, in que sti contesti, ha richiesto di volta in volta nuovo lavoro ai dipartimenti IT, con re lativo aumento della complessità anche in termini di manutenzione e sicurezza.
L’irruzione del cloud sta caratterizzando l’at tuale evoluzione delle infrastrutture appli cative. Se le scelte in questa direzione acco munano gran parte delle aziende italiane, lo scenario complessivo mostra un’ibridazione che fa ancora pendere l’ago della bilancia verso la tradizione.
La “Digital Business Transformation Survey” realizzata The Innovation Group evidenzia
come nel 2021, nelle aziende italiane, il 68% della spesa IT infrastrutture hardware e software sia stato assorbito dal mondo onpremise e lo stesso a grandi linee si può dire della componente applicativa, dove la per centuale scende di poco (64%). Il percorso appare segnato, visto che il 47% del campio ne d’indagine ha indicato di aver adottato una roadmap per gestire ambienti non solo ibridi (ovvero composti da risorse on-premi se e cloud), ma espressamente multicloud (cioè appoggiati a differenti fornitori). Per comprendere in dettaglio quali siano le ricadute applicative e le relative sfide colle gate ai progetti di trasformazione digitale in corso, Technopolis ha realizzato una ricerca qualitativa che ha coinvolto una ventina di aziende di medie dimensioni appartenenti a differenti settori merceologici. L’iniziativa si è posta, in modo particolare, l’obiettivo di indagare in quale misura i sistemi “core” del le aziende siano già stati coinvolti in progetti di modernizzazione, quali eventuali ostacoli ne stiano frenando lo sviluppo, quanto pesi la componente legacy e come venga interpre tato il ruolo del cloud nell’opera di trasfor mazione.
Nel percorso di evoluzione tecnologica, una parte significativa del campione ricade ancora in una fase definibile come moder nizzazione. I sistemi gestionali “core” e quelli fondamentali per la definizione dell’attività specifica di ogni realtà (pensiamo alla ge stione della produzione nel manifatturiero)
rappresentano lo scoglio più complesso da affrontare in un percorso di innovazione. Questo accade per diversi motivi, tra cui le personalizzazioni sviluppate negli anni, ma anche le piattaforme sulle quali i sistemi sono ospitati, la resistenza al cambiamento delle figure non tecniche e, ancora, la persi stente diffidenza verso l’esternalizzazione di dati e processi ritenuti preziosi.
Minoritaria è la quota di aziende che ha af frontato un processo strutturato di digital transformation, pianificato sull’insieme dei processi aziendali o almeno su una parte di essi. Le aree maggiormente coinvolte riguar dano l’evoluzione delle relazioni con la clien tela, l’organizzazione della supply chain e della logistica, alcuni aspetti della produzio ne in ottica Industria 4.0 e aree di frontiera nelle quali sono state attivate, per esempio, applicazioni di realtà virtuale e aumentata o di intelligenza artificiale evoluta.
Diversi gli ostacoli ancora da superare. Al cuni sono di natura prettamente culturale e riguardano l’impatto sull’organizzazione aziendale, la necessità di agire sul mindset delle persone, la cronica mancanza di com petenze e personale adeguatamente prepara to e le limitazioni di budget. Nelle aziende non mancano, tuttavia, anche remore di natura tecnologica, seppur di minore impat to, con particolare riferimento a difficoltà di razionalizzare correttamente la gestione delle grandi quantità di dati accumulati, alla già citata presenza di personalizzazioni vinco lanti nelle applicazioni e, più in generale, al peso della componente legacy in alcune aree specifiche dei sistemi informativi.
Foto di Gerd Altmann da PixabayL’integrazione fra vecchio e nuovo non è un processo semplice. Il cloud offre una strada per la modernizzazione.
DALL'IPAAS VERSO L’INTEGRAZIONE
I concetti di data integration e application integration non sono nuovi. La spinta dell’economia digitale e il focus su nuovi servizi al cliente per sostenere la crescita hanno però fortemente riattualizzato il tema dell’integrazione. La necessità di modernizzare l’ecosistema applicativo adottando soluzioni aggiornate (Erp, Crm, Hcm, sistemi di fabbrica, ecc.) spesso erogate as-a-Service, il proliferare delle sorgenti di dati, la loro rilevanza nei processi aziendali e la spinta del business per fornire nuovi servizi a valore obbli gano a ripensare l’integrazione in chiave moderna. La ricerca di The Innovation Group fornisce interessanti spunti sullo
L’iter delle applicazioni “core”
Nei processi di trasformazione digitale, come evidenziato, gioca un ruolo rilevante la storia delle applicazioni “core”, gestite ancora onpremise o modernizzate seguendo le indica zioni (talvolta percepite come coercitive) del vendor di riferimento. Sull’Erp, com’è noto, risiedono processi centrali per il business delle aziende e sull’impalcatura principale sono state costruite personalizzazioni o ver ticalizzazioni funzionali a specifiche esigenze. Questo stato delle cose rappresenta uno zoc colo duro se proiettato verso un’evoluzione in chiave digitale. L’altra importante com ponente legacy complessa da far evolvere è legata ai sistemi di produzione, per le realtà appartenenti al mondo manifatturiero. L’in novazione all’interno degli stabilimenti ha già trovato vari ambiti di applicazione, dall’a dozione dei Mes (Manufacturing Execution System) all’IoT e all’intelligenza artificiale per recuperare efficienza e arrivare alla manu tenzione predittiva. Quella che sembra anco ra mancare è un’integrazione vera con altre componenti del sistema informativo azien dale, soprattutto per poter sfruttare in modo più esteso e razionalizzato i dati generati dagli ambienti di produzione. In generale, i pro
stato di maturazione del mercato Italia no. Vediamo un panorama in cui troppe aziende hanno ancora un approccio “sin golo vendor”, ove è sempre più evidente il conflitto d’interessi tra il ruolo di integratore (motivato a facilitare l'inserimen to di nuovi prodotti) e quello di main vendor (che cerca di ostacolare l'adozio ne di prodotti di concorrenti). Le azien de che hanno avuto più successo nella trasformazione digitale hanno di contro usualmente adottato un approccio bestof-breed, scegliendo i migliori strumenti (spesso SaaS) e una struttura di gover nance del dato basata su un bus moderno e flessibile (iPaaS), che è equidistante da
cessi di modernizzazione o trasformazione sembrano seguire uno schema piuttosto definito in fase di esecuzione. Il team IT interno si occupa delle fasi di progettazione, presidio e controllo sui processi. Nelle realtà più arti colate, accanto alle risorse presenti in azienda operano uno o più global system integrator, che cooperano in fase di pianificazione e poi seguono gli aspetti più strettamente operati vi. Nelle aziende con sede in Italia, relativa mente piccole e operanti in ambiti piuttosto circoscritti, c’è maggiore spazio per l’apporto di specialisti locali dell’integrazione e dello sviluppo: in linea di massima vengono scelti per le comprovate competenze verticali o più semplicemente per ragioni di costo.
Influenza e prospettive del cloud Come abbiamo visto, lo sviluppo stratificato di aggiunte e personalizzazioni alle applica zioni “core” costituisce un elemento di freno nei processi di innovazione digitale. Nelle aziende prese in esame dalla ricerca qualita tiva, prevale la consapevolezza che esista e sia destinata a durare nel tempo la convivenza fra componenti legacy e nuovi sviluppi creati con logiche più moderne, agili e flessibili. Se in passato una quota rilevante delle risorse
tutte le parti ed elimina i freni al cambiamento. In questo scenario, gli iPaaS ven gono adottati sempre più rapidamente, anche grazie a specialisti focalizzati sulle architetture e molto più rapidi nell’inte grare i prodotti cloud (in continua evoluzione) con il legacy on-premise. La piat taforma iPaaS cloud-native e low code di Boomi aiuta i reparti IT a tenere il passo con le esigenze dell'organizzazione, a ri durre i costi della tecnologia e a garantire che le informazioni siano sempre affida bili e accessibili.
Fabio Invernizzi, sales director Emea South di Boomi, e Simone Avogadro, Ceo di Mind Mercatis
IT interne era stata dedicata allo sviluppo di interfacce o Api che permettessero ai vari sistemi di dialogare fra loro, oggi la tendenza appare un po' in contrazione. Soprattutto nelle realtà più articolate, sono state adottate piattaforme di integrazione applicativa, allo scopo di consentire di far lavorare meglio e in modo automatico strumenti progettati e implementati in epoche diverse. La crescen te presenza di soluzioni Software as a Service (SaaS) nelle aziende ha ulteriormente com plicato un panorama già intricato e la pressio ne sui team IT interni sta ponendo questioni di adozione di soluzioni che il più possibile spostino altrove il peso operativo anche del le integrazioni. La disponibilità di servizi di tipo iPaaS (Integration Platform as a Service) appare lo sbocco più naturale per il corretto approccio alle sfide della trasformazione di gitale. Nel campione analizzato, da un lato, si tende a delegare ai fornitori specializzati questi aspetti; dall’altro lato, laddove la mi grazione al cloud sia stata individuata come la strada maestra per il futuro dei propri sistemi informativi, prevale la propensione a esterna lizzare sui player di riferimento anche ciò che riguarda la componente di integrazione.
Roberto BoninoITER A CONFRONTO
In questa fase al tradizionale dinamismo si sta aggiungendo un percorso di riconver sione verso una chimica di specialità. Per questo le nostre scelte infrastrutturali, in accordo o su input della casa madre france se, si stanno orientando verso il cloud, pur avendo mantenuto temporaneamente una componente legacy convogliata in una bolla, per poi progressivamente sostituire tutto con sistemi standard. Il nostro sforzo di inte grazione si aggiorna di continuo, visto l’alto numero di acquisizioni.
Roberto Massironi, direttore Ict di Arkema Italia
Per noi il lockdown non ha voluto dire shutdown e quindi il dipartimento IT è sta to coinvolto in numerosi progetti di rinnovamento, spaziando dall’ampliamento del supporto ai pagamenti digitali ai processi di movimentazione delle merci, in particolare di replenishment e forecasting sulle scorte e sulla distribuzione in negozio. L’integrazione con altre componenti gestionali, tipiche di chi opera nel retail, è stata affrontata senza aggiungere elementi di complessità. Pierdomenico Rusconi, IT manager di Douglas Italia
Fai Service è il principale player italiano nei servizi a valore aggiunto a supporto del tra sporto pesante, con circa ottomila clienti e un parco veicoli di oltre centomila unità. Stiamo cambiando il rapporto con i nostri interlocutori, gli autotrasportatori, con lo sviluppo di una piattaforma operativa cu stom che trasformerà il paradigma di inte razione da una logica di sportello a una di tipo self-service. Abbiamo puntato molto sui dati e vogliamo che la piattaforma sia in grado di estrarre valore dalla grande mole di informazioni a nostra disposizione per me glio supportare i nostri clienti e offrire nuovi servizi al mercato.
Ernesto Ghetti, Cio & Cto di Fai Service
La nostra società nasce di fatto già digitale, nel 2014, e la quasi totalità del nostro giro d’affari deriva dall’e-commerce. Cionono stante, alcune componenti del nostro siste ma informativo presentano caratteristiche più tradizionali, in particolar modo l’Erp e la gestione del magazzino. I nostri sistemi devono modificarsi molto rapidamente, perché operiamo in un mercato che richiede reattività, pertanto l’integrazione deve essere altrettanto veloce: non ci si può permettere di essere più lenti del business.
Ivano Cortinovis, direttore sistemi informativi di Farmaè
Nella siderurgia i processi di digitalizzazione sono stati avviati da diverso tempo, adot tando tecnologie di sensorizzazione, ma per noi anche dando una spinta in direzione predittiva nell’ambito del processo produt tivo, con modelli statistici di intelligenza artificiale. Lavoriamo in logica di ecosistema e siamo già pronti a sviluppare soluzioni in direzione dell’edge computing, ma sono in corso sperimentazioni anche sul 5G. Natu ralmente esiste ancora una componente più tradizionale, soprattutto applicativa, ma col tempo speriamo di poter far crescere anche questi elementi.
Francesco Besacchi, Cio di Feralpi Siderurgica
Siamo una società biofarmaceutica globale, con una gamma di soluzioni terapeutiche specialistiche, e la trasformazione digitale sta investendo tutta l’azienda, con un peso certamente notevole per la parte di marke ting, nell’ottica della multicanalità e della user experience. Ma il rinnovamento è a 360 gradi e tocca anche il personale interno e le modalità di fruizione della formazione, oggi assai più immersiva. Ci stiamo concen
trando sull’evoluzione del mindset digitale, con un’academy interna dedicata a tutte le funzioni aziendali.
Cristiano Poian, associate director, digital & multichannel di Gilead Sciences
In numerose aree abbiamo introdotto innovazioni funzionali al miglioramento del processo di produzione. I dati derivanti dal campo, grazie all’IoT, ci servono anche per un’analisi puntuale dei costi di fabbrica, ma abbiamo deciso di investire in direzione della digitalizzazione anche per quanto riguarda la parte di procurement e di gestio ne dei flussi documentali con i fornitori. In generale, le aree in cui ci siamo spinti di più in direzione dell'innovazione comunque in prima battuta hanno a che fare con la fab brica, per portare governo e comunicazione a tutti i livelli.
Omar Moser, Group Cio di Gnutti Carlo
Soprattutto dopo l’ingresso nel gruppo Hei delberg Cement, c’è stata una spinta verso la digitalizzazione e una velocizzazione dei processi di trasformazione. In Italia abbiamo cominciato modernizzando l’Erp degli impianti. Il fronte di sviluppo attuale riguarda una componente della nostra produzione, il calcestruzzo, che fa capo alla società Cal cestruzzi Spa: digitalizzeremo i processi di consegna del prodotto. È già operativa per Italcementi, invece, una app che consente ai clienti di prenotare l’acquisto di cemento. Il digital workplace è un altro fronte di im pegno, per favorirne una diffusione estesa a tutto il personale.
Mario Federico De Duro, IT Country Operations Lead di Italcementi
Operiamo nel settore di trasporto e logi stica per l’alimentare. La recente pandemia ha dato una spinta alle strategie aziendali in termini d’innovazione, sia rispetto alle siner gie con altri player per rafforzare la catena distributiva sul territorio nazionale, sia per le consegne ai punti vendita medio-piccoli dei centri urbani, una richiesta di svariati nostri
clienti. Abbiamo investito molto anche sul fronte delle app mobili per i nostri autisti, al fine di raggiungere i massimi livelli di pun tualità e completezza d'informazioni nelle consegne.
Riccardo Savoldelli, IT director di Italtrans
L’evoluzione del modello di business verso quello di azienda omnichannel ci ha portati a rivedere profondamente alcune compo nenti del nostro Erp. Ora la sfida si sposta nei negozi fisici, dove ai processi di checkout tradizionali dovranno essere affiancate nuo ve esperienze per i clienti. Come tutti i de partment store nel mondo, Rinascente deve trasformarsi continuamente bilanciando le aspettative di nuove esperienze dei clienti e i processi interni, condizionati dai grandi volumi di frequentazione e dalla stagionalità degli assortimenti. Queste sfide, che vedo no cadere le barriere tra ambiti applicativi, ci mettono nello stesso campo dei fornitori che devono continuamente adeguare le pro prie competenze e modalità di lavoro.
Paolo Ciceri, Cio di La Rinascente
In un’azienda come la nostra, la modernizzazione dei sistemi viaggia di pari passo con l’innovazione di prodotto. Dalla videocito fonia connessa alla home automation, nella nostra offerta si è fatta largo la mobility con le relative app per gestire i dispositivi; l’edge computing diventa una tecnologia chiave per migliorare l’esperienza utente mettendo ancora una volta la tecnologia al servizio ai clienti. La vera sfida, oggi, sta proprio nel la capacità di estrarre valore dall’aumentata esperienza utente perché quest’ultima im patta sulle scelte infrastrutturali.
Marco Catuozzo, Cto di Legrand Eliot
I nostri progetti durano da tre a cinque anni, e alla fine di ogni ciclo si riparte potendo sfruttare nuove soluzioni più aggiornate. Quindi, più che sugli aspetti tecnologici, oc corre lavorare sugli ostacoli culturali ancorati alle abitudini delle persone e sulla resistenza al cambiamento, che si supera davvero solo
con i salti generazionali. Internamente lavo riamo molto sui giovani, mentre sul mercato puntiamo alla partecipazione dell’utente nella creazione di valore, garantendo una delivery regolare e veloce.
Michele Mariella, Cio di Maire Tecnimont
Negli ultimi tre anni si è registrata una for te accelerazione evolutiva in ambiti come data analytics e reportistica, verso soluzioni cloud-based. Qui ci siamo diretti anche con il Crm, per supportarne l’uso in mobilità da parte della forza vendita. Allargando il rag gio agli sviluppi di prodotto, possiamo rile vare un’accelerazione anche verso soluzioni basate su intelligenza artificiale, soprattutto per gestire l'interpretazione assistita della diagnostica in ambito medicale.
Massimiliano Pepe, IT managerhealthcare IT and Brm di Medtronic
Nei processi di trasformazione digitale il focus è certamente più spinto sul fronte della gestione del cambiamento organizzativo e dell’approccio delle diverse figure azienda li coinvolte, che si tratti di responsabili di processo o di utenti legati all’operatività e con competenze verticali. Con loro occorre fare un percorso di allineamento su logiche più legate ai sistemi, alla cura del dato e alla gestione del ciclo di vita delle informazioni all’interno dell’azienda. Questa è certamente l’area più complessa da gestire. Danilo Duina, Cio di Ori Martin
Viviamo in un transitorio bimodale che dobbiamo riuscire a unificare in una sola azienda agile e digitale. Da un lato ci sono aree già investite da processi di trasformazio ne, come quelle riguardanti la relazione con il cliente, ripensate in ottica digitale, multi channel e con i dati al centro dei processi. Dall’altro c’è un mondo più legacy waterfall che afferisce tendenzialmente all’Erp, il qua le mantiene un assetto tradizionale. Per con sentire la convivenza di queste due sfere, in termini di performance dei servizi e velocità del cambiamento, i dati dei sistemi Erp ven
gono replicati nel data lake e sulle piattafor me digitali disaccoppiando così questi due mondi, garantendo da un lato l’affidabilità dei processi e dall’altro l’agilità richiesta dalla trasformazione digitale.
Alessandro Bertoli, Direttore Ict di Sorgenia
Abbiamo fatto notevoli passi avanti soprat tutto nell’implementazione dell’IoT, predi sponendo sistemi basati su sensori e gestio ne dei dati per raccogliere le informazioni relative, ad esempio, alla qualità dell’aria o al rendimento degli impianti gestiti. Simil mente, a livello di impianto, molte com ponenti tecnologiche sono state migrate da soluzioni on-premise a infrastrutture cloud per favorire la gestione delle enormi quantità di dati raccolte dai siti e per aumentare si curezza e disponibilità dei sistemi e dei dati.
Fabrizio Locchetta, Cio di Siram Veolia
Molte aziende, compresa la nostra, stanno lavorando per la digitalizzazione del nostro Paese. Operando sia nel pubblico sia nel privato, abbiamo avuto modo di constatare come il cloud non sia la risposta a tutte le possibili esigenze. Un valido compendio è rappresentato dall’edge cloud, per poter su perare possibili problematiche di connettivi tà, avere efficienza della comunicazione con il provider e garantire la business continuity anche in presenza di blocchi. Gianni Sannino, head of operations and company information & technology office di Sirti
Siamo in una fase di crescita veloce e il parco di soluzioni fin qui implementato fatica a se guire questo ritmo. Nella consapevolezza di questi limiti, abbiamo scelta di andare verso soluzioni più evolute, ma anche integrate tra i vari sistemi. Certamente abbiamo mante nuto un atteggiamento cauto e fin qui non abbiamo corso, ma stiamo iniziando a muo verci nel campo della relazione con la clien tela, della gestione del magazzino e del Crm. Mauro Sommariva, operations manager di Ssh Pharma
stenti. Una corretta progettazione pun ta quindi alla realizzazione di ambienti semplici e modulari per il controllo e la gestione degli accessi. La semplificazio ne dello stack di sicurezza può eliminare alcuni tradizionali problemi di gestione, ridurre significativamente il sovraccarico operativo e aiutare a scalare fino a decine di migliaia di utenti o di dispositivi che si collegano alle reti. Allo stesso modo, l’onboarding di dipendenti, terze parti, cloud provider e operatori della supply chain IT potrà diventare più efficiente, flessibile, reattivo e sicuro.
LA “FIDUCIA ZERO” È LA MIGLIOR DIFESA
La maggior parte delle grandi aziende italiane ha già iniziato ad adottare i principi e le architetture Zero Trust. Nessuna, tuttavia, ha già completato il percorso.
Una guerra ibrida, materiale e cibernetica, è in corso. Questa nuova ombra si aggiunge all’in cremento esponenziale delle minacce ci bernetiche, a superfici di attacco che si sono estese oltre misura verso il cloud, a rischi legati a una eccessiva esposizio ne verso le “terze parti”. È indispensabile passare a un approccio di cybersecurity olistico e integrato, secondo cui ogni componente del sistema è da salvaguar dare, con logiche di prioritizzazione va lide per tutti gli asset e per tutte le in formazioni. Un tema al centro dei nuovi sviluppi di cybersecurity è lo Zero Trust: questo modello, noto già da una decina d’anni ma solo di recente salito alla ri balta, prevede che ogni volta qualcuno o qualcosa abbia accesso a una rete, senza prova contraria e senza una verifica, sia
considerato come non affidabile. In un mondo in cui il perimetro di sicurezza ha perso senso, ogni transazione deve essere autenticata prima di potersi concretizza re. Per le aziende, in un contesto in cui la superficie attaccabile continua a espan dersi e le risorse critiche sono sempre più esposte, è fondamentale proteggersi me glio e non fidarsi a priori (cioè concedere “zero fiducia”) evitando di lasciare aperti gli accessi a utenti che hanno privilegi su periori a quelli necessari, ai fornitori della supply chain, a terze parti che accedono ai sistemi aziendali, a device non gestiti che si collegano alla rete.
Il cambio di mentalità porta con sé l’ado zione di una serie di principi che guidano lo sviluppo dell’architettura di sicurezza (Zta, Zero Trust Architecture) basata su investimenti e processi di sicurezza esi
Il percorso in Italia
L’interesse per i principi Zero Trust (ZT in seguito) è costantemente cresciuto negli ultimi anni e ora si comincia a ve derne l’effettiva applicazione. Secondo la “Zero Trust 2022 Survey” di The Inno vation Group, condotta a giugno 2022 su un campione di 40 imprese italiane di grandi dimensioni (composto per l’80% da realtà con oltre 500 addetti), oggi la maggior parte delle aziende è in una fase di implementazione iniziale (46% delle risposte) o parziale (37%) del modello, con un percorso di adozione che avverrà inevitabilmente per passi successivi. Nes suno ha implementato ZT in toto: il mo tivo è che un progetto di questo genere presenta complessità elevate. Alcuni degli intervistati segnalano che ancora non ci stanno pensando (17% delle risposte), ma nessuno ritiene che ZT non possa essere applicato alla propria realtà, con fermando così l’interesse universale per questi principi.
L’adozione di ZT sta quindi crescen do grazie ai numerosi vantaggi offerti: la maggiore sicurezza attraverso tutta la superfice digitale attaccabile (incluso il cloud), l’accesso sicuro alle applicazioni fuori dal network, il maggiore controllo sugli accessi e la visibilità incrementata, la maggiore agilità del business e la minore complessità di gestione della sicurezza, la
Foto di fancycrave1 da Pixabaypossibilità di assicurare una scalabilità fu tura dell’architettura di sicurezza. Come ultimo punto, indicato solo da pochi inter vistati, ZT potrebbe servire anche a migliorare la user experience di chi si col lega da remoto: un tema, questo, che do vrebbe nei prossimi anni ottenere sempre maggiore interesse da parte dei responsa bili della cybersecurity.
Rafforzare la sicurezza degli accessi Le aziende hanno intrapreso un percorso ZT di protezione degli accessi che passa attraverso vari accorgimenti, come l’in troduzione della gestione dei login tra mite autenticazione a più fattori (multi factor authentication, Mfa), l’introduzione di sistemi di gestione degli accessi privilegiati e di edge security in ottica multi-cloud. Inoltre si punta a miglio rare la cosiddetta “postura di sicurezza” (security posture) per accessi da remoto o Lan (Local Area Network) interna, ad applicare profili utenti più stringenti e una segmentazione della rete più granu lare. C’è il tema della client sanitization/ validation, ossia i dispositivi dovranno rispondere a specifici requisiti per passare i controlli (tipologia di antivirus usato, patching, tipologia di utente). In base a tutti questi elementi, con un approccio Zero Trust gli accessi autorizzati sono esclusivamente quelli legati a specifiche tipologie di profilo degli utenti.
Una difficile trasformazione
Nelle aziende in cui stata definita una strategia per l’adozione del modello Zero Trust c’è la consapevolezza che non si tratta di un percorso breve e che non è solo una questione tecnologica: ci sono elementi organizzativi da considerare, soprattutto legati alla profilazione degli utenti sulla base dei processi di business da proteggere. Guardando alle principali “difficoltà tecniche” nello sviluppo di una roadmap per lo ZT, al primo posto (57% delle risposte) ci sono la necessità di
considerare le diverse tecnologie in uso, aspetti di integrazione e assessment preliminare di eventuali gap di sicurezza. In aziende in cui l’automazione è già entra ta in altri ambiti (DevSecOps, NoOps), un’architettura ZT basata su capacità di automazione e orchestrazione deve essere pensata in modo accorto, per funzionare bene in sinergia con altri aspetti. Al se condo posto, il problema legato al man tenimento di legacy e del cosiddetto technical debt: soprattutto in grandi aziende, per ridurre la complessità di gestione si consiglia di identificare singoli blocchi più facilmente gestibili. A livello operativo, le principali sfide le gate alla transizione ZT sono quelle da ricondurre all’utilizzo sempre più ampio di modelli gestiti di security; a difficol tà organizzative nella gestione di ruoli, identità, permessi; alla necessità di supe rare i silos organizzativi e di “recuperare” le competenze corrette per questo passag gio. Non vanno poi assolutamente sotto valutati i temi della user experience: con ZT si mette un po' in crisi il rapporto con l’utente, soprattutto dove le persone sono abituate a privilegi che poi vengo no ridotti. Da conversazioni con i Ciso (chief security information officer), quel lo che emerge è che le principali difficoltà non sono di natura tecnologica ma orga nizzativa e legate alla cultura interna. Il lavoro preliminare da fare è quindi spie gare internamente in azienda che cosa sia esattamente Zero Trust.
Come avere successo con lo Zero Trust
L’aspetto più critico per il successo di un programma di questo tipo è avere una piena ed effettiva conoscenza di che cosa l’azienda abbia “in casa” e di come queste tecnologie e processi funzionino. Serve quindi un lavoro strutturato per agire successivamente con policy e controlli: solo così si garantisce ad altri utenti, a chiunque abbia a che fare con la tecnolo gia, di far parte del nuovo sistema.
Gli aspetti da considerare quindi sono, prima di tutto, la data discovery & clas sification (che comprende data gover nance, inventory, classification, tagging). Per realizzare delle “zone di fiducia” (trust zone) e controlli sugli accessi le aziende devono conoscere i propri dati, dove risiedono, come sono classificati, chi vi può accedere. Poi, vanno considerati l’asset di scovery e la gestione della superficie d’at tacco (attack-surface management): molte aziende non hanno, ancora oggi, un inventario aggiornato delle proprie risorse IT, fra cloud, indirizzi IP, sottodomini, applicazioni, repository, account social, asset fisici come Pc, server, dispositivi mobili e altro ancora. Senza questa conoscenza è molto difficile misurare quanto sia estesa la propria superficie d’attacco.
In terzo luogo, serve un cambiamento culturale ed è necessario rendere le perso ne più responsabili per quello che fanno.
Zero Trust è un’innovazione che riguarda l’intera organizzazione, tutti devono par teciparvi in modo convinto. Un aspetto fondamentale è avere il commitment dell’alta direzione: la sicurezza informatica non appartiene solo ai “tecnici” ma è oggi parte integrante del business, un processo profondamente integrato nella catena gestionale del rischio e, per que sto, è importante il flusso continuo verso il board e l’alta direzione, elemento es senziale di governo dell’organizzazione. Infine, un’attività raccomandata è adot tare indicazioni a livello di framework generale, così come avere strutturato internamente una security governance e policy precise per il passaggio. Molti fra mework affrontano la complessità della sicurezza ponendo al primo posto l’ana lisi dei rischi: questo deve far propendere per approcci graduali, in passaggi suc cessivi, in modo da poter identificare le scoperture maggiori, quelle più rischiose, e intervenire su queste puntando all’o biettivo finale.
Elena VaciagoTECNOLOGIE E CULTURE PER IL CAMBIAMENTO
Il contesto di minaccia attuale ci obbli ga a garantire un’adozione omogenea di principi avanzati di controllo degli ac cessi e rinsaldare quelli di segregazione che, con l’evoluzione digitale, non si limitano più ai soli ambienti ma anche, ad esempio, a workload e microservizi. Su queste tematiche abbiamo una visio ne che cerca di essere quanto più on nicomprensiva e incrementale possibile poiché il passaggio, se sulla carta può sembrare di immediata attuazione, so
prattutto considerando il grado di sofi sticazione delle tecnologie di ultimo gri do, racchiude di fatto molte complessità che vanno oltre l’aspetto tecnico. In particolare le persone, il modo con cui sono comunicati, recepiti e realizzati questi approcci e i principi di sicurez za, costituiscono anche in questo caso la chiave del successo, perché la sicurezza è un processo, non una tecnologia.
Alessandro Marzi, chief security information officer di A2A
La filosofia Zero Trust forza le organiz zazioni a ragionare sull’individuazione e minimizzazione dei rischi collegati a comportamenti non corretti, permetten do alle persone di accedere solo e soltanto a ciò per cui sono autorizzate, abilitando esclusivamente i flussi permessi e bloc cando tutto il resto. È inoltre fondamen tale rafforzare i presidi di monitoraggio e controllo, con logiche di correlazione eventi, alerting, analisi comportamentale e intelligenza artificiale.
Riteniamo che la tematica degli accessi vada affrontata in logica progressiva e intervenendo su ambiti definiti e più facili da aggredire. In questo percorso non può mancare l’adozione dell’au tenticazione multifattore (Mfa) per l’accesso agli strumenti di collabora tion in cloud e per l’accesso alle po stazioni di lavoro. Anche l’adozione di uno strumento di Network Access Control (Nac) permette di tenere sotto controllo gli accessi considerati critici. Occorre dotare di Mfa tutti gli acces si esterni (Vpn e Vdi). Un occhio di riguardo va sicuramente prestato alla protezione della postazione di lavoro quando non connessa alla rete azienda le. In questo percorso, tra le maggiori criticità vi è certamente la disponibilità degli skill necessari e il saper selezio nare, di volta in volta, la migliore tec nologia da interfacciare con il sistema informativo.
David Cecchi, cyber security governance specialist di Banca Mps
Zero Trust è un modello che, a fron te di un’evoluzione dinamica della minaccia, richiede un atteggiamento diverso da parte delle organizzazio ni: abbandonare la tradizionale difesa di perimetro per guardare agli utenti, alle risorse e agli strumenti. Da una concezione statica a una fortemente dinamica, in cui sono cruciali la cen tralità dei processi di autenticazione e autorizzazione e la conoscenza intima delle informazioni, dei sistemi e delle reti. Questo approccio aiuta le organiz zazioni, specialmente quelle sottoposte a processi di regolazione avanzati come il Perimetro della Sicurezza Nazionale Cibernetica, a definire la propria stra tegia e ad attuarla, sulla base di chiari e codificati principi.
Francesco Di Maio, head corporate security department di Enav
In una realtà enterprise vasta ed etero genea è possibile solo applicare un pro cesso di migrazione graduale allo Zero Trust. In tal modo, si potrà impiegare un adeguamento reiterato della fiducia, usando le indicazioni del modello in questione alle informazioni possedute, per assegnare o rimuovere le autoriz zazioni agli utenti. Dove la tecnologia permette di farlo in automatico avremo sicuramente vantaggi in termini di ve locità, altrimenti in modalità manuale saranno richiesti ovviamente maggior tempo e quantità di lavoro. Un passaggio graduale inoltre non limita la pro duttività e riduce tra l’altro i rischi ed eventuali malfunzionamenti.
Vittorio Baiocco, responsabile sicurezza Ict e team Soc di Inail
Prima per le infrastrutture di accesso i requisiti erano velocità e flessibilità, ora il requisito principale è la sicurez za. Mettere mano a temi organizzativi come ruoli e permission è però più sem plice da dire che da fare. A questo spes so si aggiunge il problema di ambienti legacy che difficilmente possono rien trare in schemi nuovi: su alcuni di que sti non si ha più alcun controllo. Per superare questi limiti, è fondamentale avere l’endorsement del management e il supporto di tutte le funzioni azien dali coinvolte. E avere una roadmap, per analizzare e comprendere bene gli elementi che via via saranno portati a bordo, per ridefinire in modo puntuale chi fa che cosa.
Marcello Fausti, head of cybersecurity di Italiaonline
Abbiamo fissato degli obiettivi chiave da raggiungere nei prossimi dodici mesi per preparare la roadmap: questo ci porterà a essere in una condizione “ZT
ready”. Il primo milestone che voglia mo mettere a terra è quello di gestire con principi ZT gli accessi remoti: oggi abbiamo la classica Virtual Private Net work protetta con autenticazione mul tifattore (Mfa) ma la direzione che stia mo prendendo è quella verso un Zero Trust Network Access (Ztna), in modo da poter fare valutazioni sul dispositivo che si sta connettendo alla Vpn. Alessio Setaro, chief security information officer di Leroy Merlin Italia
Negli ultimi due anni abbiamo assi stito a una digitalizzazione sempre più diffusa. Il trend, iniziato nella risposta reattiva alla crisi pandemica, si è poi evoluto in un nuovo modello stabile, con un perimetro digitale più vasto ed esteso, accessibile all’interno e all’e sterno. Oggi al personale dipendente che lavora da remoto si affiancano terze parti come partner, fornitori, ma nutentori dei sistemi Ict e industriali che si collegano dall’esterno ai sistemi aziendali. Ciò rende l’approccio Zero Trust un modello necessario nella gestione degli accessi per il governo della sicurezza dei sistemi.
Simonetta Sabatino, head of cyber security & workplace management di Saras Group
La mobilità, lo smart working, la ne cessità di lavorare in ambienti non controllati e prevedibili rende neces sario cambiare l’approccio, passare a verificare endpoint e identità. Inoltre, bisogna restringere per quanto possi bile il percorso e le attività effettuate dagli utenti quando accedono ai vari sistemi. Per raggiungere questo, la par te più importante è il cambiamento culturale, le persone devono avere un approccio diverso e più responsabile per tutto quello che fanno.
Gian Fabio Palmerini, information and cyber security manager di Webuild
L’OMNICANALITÀ È IL “GIOIELLO” DELLO SHOPPING
Con il supporto di Horsa la storica catena di gioiellerie ha migliorato le attività di e-commerce, la gestione degli scontrini e l’analisi dei dati.
Saper analizzare i dati e integrare perfettamente le vendite in nego zio e l’e-commerce, realizzando una vera omnicanalità, sono oggi due se greti per il successo per chi si occupa di commercio al dettaglio. Sul mercato fin dal 1996, oggi Stroili Oro è un marchio di riferimento della gioielleria, con i suoi oltre 400 negozi retail di proprietà e un sito di e-commerce che negli ultimi due anni si è trasformato profondamente. Un risultato ottenuto anche grazie a Horsa, suo partner tecnologico da oltre vent’anni. Nel 2019 è stato avviato un progetto di potenziamento dell’omnica nalità teso a creare nuove possibilità di shopping, nonché a ottenere un unico metodo di gestione per gli scontrini degli acquisti in negozio, gli ordini degli agen ti all’ingrosso, gli acquisti da sito Web. Le molte casistiche applicative coperte dai negozi (vendita al dettaglio, acconti e prenotazioni, acquisti di oro) rendevano il compito particolarmente complicato, e
nel 2020 a tutto ciò si è aggiunta la forte pressione sul canale digitale determinata dai lockdown.
L’adozione di una nuova piattaforma di e-commerce ha permesso di ottimizzare i processi di back-end amministrativi e logistici, mentre nei negozi fisici è stata realizzata in più passaggi la migrazione da un precedente software di cassa a uno nuovo. Il team Horsa Way di Horsa ha dapprima creato una comunicazione sta bile tra il software di cassa presente nei negozi e l’Erp Microsoft Dynamics usa to dall’amministrazione centrale: questo ha richiesto un anno di lavoro di analisi, sviluppo e testing delle casistiche in ge stione sul punto vendita, per arrivare al “go-live” (eseguito quasi interamente da remoto) a giugno 2020. Il secondo pas so è stato l’abbandono del precedente software di gestione cassa in favore di quello nuovo, con go-live sul punto vendita di Amaro (Udine) nell’aprile 2021. Tutto ciò ha permesso a Stroili di attivare tre diverse funzioni di e-commerce: per i clienti, l’acquisto da sito Web, con scelta tra la consegna al domicilio o in un punto vendita (che diventa punto di raccolta), e l’acquisto “Click & Collect 2H”, con ri tiro garantito entro due ore dall’ordine (in questo caso si utilizzano le scorte del negozio); per i negozi, la possibilità di ordinare un articolo sul portale e-commer ce e di riceverlo entro quattro o cinque giorni. Con l’e-commerce Stroili ha non solo affrontato il periodo pandemico per restare a galla, ma ha incrementato le vendite in modo significativo. Inoltre
ha semplificato molti processi e centra lizzato le attività di controllo dei flussi di vendita e acquisto. Un’altra iniziativa trasformativa, avvia ta nella primavera del 2020, riguarda la Business Intelligence. Il sistema di re portistica in uso consentiva di gestire le attività quotidiane ma risultava rigido e non abbastanza dettagliato nelle possibi lità di analisi dei dati. Insieme al cliente, i consulenti di Horsa Insight (il team di analytics di Horsa) hanno definito nuovi Kpi e indicatori di sintesi significativi per il settore. La scelta tecnologica è ricaduta su Qlik Sense, piattaforma di analytics di Qlik, che ha garantito a Stroili un si stema di Business Intelligence più moderno, accessibile, decentralizzato ma ben gestibile. Per i commerciali è stata creata un’app a supporto dei manager che si occupano della forza vendita, per monitorare le performance di tutti i 400 negozi. Questi ultimi, inoltre, rice vono report giornalieri e mensili e pos sono accedere a un cruscotto analitico su vendite effettuate, target da raggiun gere, promozioni e feedback dei clienti. Diversi i risultati ottenuti: grazie a que sto progetto, Stroili Oro è riuscita a ot timizzare i propri report e attività, e ora l’azienda ha a disposizione uno strumen to moderno e self-service per la Business Intelligence e un tool con schedulatore integrato per la generazione di report per i negozi. Uno tra i principali vantaggi è la riduzione dei tempi necessari per ela borare i dati e per metterli a disposizione degli utenti.
IPERCONVERGENZA E DISASTER RECOVERY, LA COPPIA PERFETTA
La società consortile appartenente al Gruppo Proges ha adottato la tecnologia di Nutanix per potenziare la sicurezza, l’efficienza e la scalabilità delle risorse IT.
Trasformare un data center può si gnificare stravolgere (in meglio) il modo in cui si lavora: è il caso di Digilan, società consortile appartenente al Gruppo Proges. Quest’ultimo è una realtà da 200 milioni di fatturato annuo e cinque mila dipendenti, composta da una trentina di società e cooperative impegnate nel cam po dei servizi alla persona. In particolare, Digilan (5 milioni di euro di fatturato e una quarantina di dipendenti) ha in carico i ser vizi “non core” delle altre realtà del gruppo e gestisce, tra le altre cose, le attività relative a tesoreria, servizi generali, contabilità, pa ghe, affari legali e – non da ultimi – servi zi informatici. Dalla sede di Parma, dove è ubicato il data center del gruppo, Digilan si occupa di far funzionare gli applicativi delle diverse società e cooperative, oltre che di erogare servizi come la pubblicazione dei cedolini per i dipendenti e la conservazione sostitutiva dei documenti. I servizi erogati vengono fruiti dai cinquemila dipendenti del Gruppo Proges, ma considerando anche gli utenti ultimi (fra cui docenti e alunni delle scuole) si può dire che oltre 20mila persone fanno affidamento sull’efficienza dei sistemi informativi gestiti da Digilan. “Avevamo un unico data center strutturato su due centri elaborazione dati, configurati in cluster, in due edifici diversi”, racconta Daniele Cavazzini, responsabile sistemi informatici di Digilan. “Ma il materiale, eterogeneo per tipologia e brand, iniziava a diventare obsoleto e le prestazioni comin ciavano a scadere, e noi avevamo bisogno di implementare un più alto livello di sicurezza e affidabilità”. Per migliorare questi
aspetti, ma anche per supportare la crescita dell’intero gruppo e garantire scalabilità e facilità di gestione dei servizi IT, Digital ha scelto di trasformare il proprio data cen ter con le architetture iperconvergenti. Si è dunque affidata a Errevi System, società di servizi Ict di Reggio Emilia, per farsi aiutare nella scelta. “Dopo una attenta analisi delle esigenze di Digilan”, illustra Luca Meglioli, Ict consultant di Errevi System, “i nostri re parti di Data Protection Presales hanno in dividuato in Nutanix, e in particolare nella soluzione di Disaster Recovery Iperconver gente, la tecnologia migliore per gestire in maniera semplice il processo di riattivazione delle virtual machine in caso di disastro, ri spettando gli obiettivi di Rpo e Rto indicati dal cliente”. Le metriche del Recovery Point Objective (Rpo) e Recovery Time Objecti ve (Rto) sono state, dunque, due elementi tecnici che hanno orientato la scelta, ma più in generale ha giocato a favore la “predisposizione di Nutanix verso il cloud”, spiega Meglioli. La migrazione alla nuova infra struttura, realizzata in poche settimane, ha da subito prodotto un miglioramento delle
LA SOLUZIONE
Sono stati installati cinque nodi Nutanix nella sede di Parma e di altri tre all’interno di un data cen ter esterno (destinato al disaster re covery), oltre ai software Nutanix Aos (per gestire 100 TB di storage) e Prism (per l’accesso ai sistemi di stribuiti).
prestazioni. “Dal punto di vista IT”, spiega Cavazzini, “ci è stato molto utile poter eli minare i sistemi Nas, distribuendo lo sto rage sui diversi nodi, e abbiamo apprezzato molto la facilità e la centralità di gestione dell’infrastruttura Nutanix. Grazie all’uni ca console di gestione abbiamo potuto spe rimentare che il famoso one-click non è solo uno slogan”. Impiegando, attualmente, oltre 150 server virtualizzati, Digilan può gestire il provisioning con facilità e flessibilità. Ap profittando della nuova architettura, la so cietà ha anche adottato un nuovo sistema di backup al posto delle precedenti tecnologie a nastro. Inoltre ha potuto creare un sito di disaster recovery in cloud, che assicura ele vata affidabilità e continuità. “Siamo partiti traguardando uno storage complessivo di 30 Terabyte”, specifica Cavazzini, “e siamo arrivati a installarne 100, una quantità che ci consente di operare con tranquillità per i prossimi cinque anni anche considerando la crescita a doppia cifra del Gruppo”. A pro getto completato, Digilan sposterà in cloud anche le attività di produzione dell’IT.
DpControl
L’INTELLIGENZA SALE A BORDO DELLE TELECAMERE
L’azienda salernitana, specializzata in sistemi di visione, ha scelto Lenovo per combinare l’Artificial Intelligence e l’edge computing nell’analisi dei dati.
Vent’anni non sono pochi per un’azienda e DpControl li ha vis suti all’insegna del cambiamen to continuo e dell’innovazione. Partita in origine con un’offerta di sistemi commerciali di visio ne per applicazioni industriali, la società salernitana ha presto deciso di estendersi alla proget tazione dell’hardware e poi allo sviluppo autonomo dei componenti. Oggi propone soluzioni hardware e software personaliz zate, sensori di imaging e mul timodali per un’ampia gamma di utilizzi, tra i quali IoT industriale, automazione dei processi, robotica e droni, sicurezza, biometria e altri. L’offerta si basa sulla ca pacità di capacità di estrarre dati rilevanti a partire da grandi volumi di immagini fisse e video, in modo rapido e a costi ridotti. Per arrivare a questo, l’azienda ha scelto da tempo di integrare l’intelligenza artificiale nella propria tecnologia in combinazione con l’uso di server Hpc (High Performan ce Computing) per gestire le operazioni di elaborazione e analisi. L’ultima evoluzione della ricerca interna ha portato all’adozione di tecnologia dove l’Artificial Intelligence si combina con l’edge computing, in modo tale da integrare l’intelligenza direttamente nelle teleca mere e spostare, quindi, in periferia l’inte ro processo di elaborazione dei dati: “Per renderlo possibile, abbiamo bisogno di ad destrare reti neurali che possano fornire risultati rapidi e accurati utilizzando risorse
di calcolo minime”, spiega Mario Vigliar, Ceo di DpControl. “Più veloce diventa il processo, prima possiamo arrivare sul mercato con soluzioni di telecamere peri metrali”. Poiché l’addestramento delle reti ha aumentato di cento volte la complessità
LA SOLUZIONE
Dopo aver valutato varie soluzioni di data center, è stato scelto come nuova infrastruttura on-premise il server Lenovo ThinkSystem Sr670 con adattatore di rete Nvidia Con nectX 2x100GbE a bassa latenza. In questo modo, DpControl ha po tuto sfruttare la propria partecipa zione al programma Nvidia Incep tion, che aiuta le startup a crescere più rapidamente attraverso l’accesso a tecnologie Gpu all'avanguardia, come l’A100 Tensor Core.
dei modelli di deep learning, facendo crescere allo stesso tempo il consumo di risorse di Cpu e Gpu, l’azienda ha do vuto far evolvere le prestazioni di calcolo della infrastruttura esistente basata su workstation che stavano creando un signi ficativo collo di bottiglia. “Ge stiamo decine set di dati dai 2 ai 10 terabyte ognuno”, dettaglia Vigliar, “e volevamo mantenere tutto in loco. Di conseguenza, abbiamo cercato una piattafor ma infrastrutturale efficiente in termini di costi che potesse soddisfare le nostre richieste di prestazioni sempre più esigenti”.
Le telecamere edge hanno un potenziale elevato nel retail, ma l’azienda guarda con molta attenzione anche ad applicazioni nella videosorveglianza, nel controllo del traffico e delle smart city, oltre che nella factory automation: tutti ambiti nei quali occorre centellinare i dati da mandare al centro, ma anche ottimizzare la latenza, per non dover dipendere solo dalla connettività. Il risultato? Secondo Vigliar, “La nuova soluzione è rivoluzionaria. Infatti, adesso siamo in grado di completare i nostri ca richi di lavoro legati all’addestramento in ore anziché in giorni e siamo diventati 28 volte più veloci di prima. Inoltre, possiamo effettuare più cicli nella stessa quantità di tempo e questo ci consente di espanderci in nuove aree di ricerca, far evolvere i si stemi più promettenti e accelerare l'innovazione”.
UNA TRASFORMAZIONE DIGITALE A 360 GRADI
La società trevigiana di calzature e attrezzature sportive è passata dall’on-premise al cloud attraverso i servizi Rise with Sap, all’interno di un più ampio progetto ancora in corso.
Il passaggio al cloud è ormai quasi sempre uno degli ingredienti essen ziali nei progetti di trasformazione digitale. Così è stato anche per Tecnica Group, storica azienda veneta (fondata nel 1960 a Montebelluna, nel trevigiano) che produce e vende calzature outdoor e attrezzatura per sci e altri sport all’aper to: suoi sono i marchi Tecnica, Nordica, Moon Boot, aLowa, Blizzard e Rollerbla de. Oggi è un gruppo multinazionale che opera tramite il quartiere generale di Giavera del Montello (Treviso), una decina tra filiali e agenzie dirette e sei siti produttivi di proprietà, impiegan do circa 3500 collaboratori nel mondo. Nel 2022 Tecnica Group ha avviato un progetto di trasformazione digitale “a 360 gradi”, che coinvolge tutte le fun zioni organizzative e le filiali nel mondo. Il primo passo è stato quello di adottare delle architetture informatiche erogate in cloud, così da migliorare le presta zioni, l’agilità e la scalabilità dell’infra struttura, permettendo al contempo una maggiore flessibilità nell’accesso ai dati. Dal 2018 l’azienda utilizzava l’Erp (Enterprise Resource Planning) Sap S/4Hana on premise, limitatamente ad alcune sue sedi. Desiderava, invece, estenderne l’uso a tutto il gruppo e allo stesso tempo adot tare altre soluzioni Sap, come quella per la gestione della catena di fornitura. Pri ma di arrivare a questo, Tecnica Group ha deciso di portare Sap S/4Hana e per farlo si è affidata ai servizi di trasformazione digitale Rise with Sap. “Il passaggio a Rise with Sap”, racconta Sonia Covi, group IT
e Digital Transformation Director di Tec nica Group, “è stato un passo per noi mol to importante, propedeutico a tutti gli stream progettuali della trasformazione digitale, con una tempistica quindi molto sfidante: il kick-off a gennaio di quest’an no e il 20 giugno il rilascio in produzione, passando per un aggiornamento di relea se e una migrazione al cloud”. Il proget to è stato portato avanti coinvolgendo il personale in vari modi, attraverso tavoli di lavoro e attività di formazione sulle
LA SOLUZIONE
Attraverso Rise with Sap è stata adottata la versione cloud dell’Erp di Sap (S/4Hana Cloud), attual mente usata da un centinaio di utenti. La soluzione Sap Exten ded Warehouse Management sarà adottata per la gestione di un magazzino B2C. Il progetto pros simamente sarà esteso ad attività di produzione e ricerca e sviluppo.
nuove tecnologie adottate. Accenture ha supportato l’azienda veneta nella scelta del fornitore di infrastruttura (Google Cloud) e nel passaggio a Rise with Sap. Questa soluzione attualmente è usata da un centinaio di utenti in Italia, Unghe ria, Germania, Francia e Svizzera. “La roadmap prevede nei prossimi mesi/anni la copertura delle altre filiali nel mondo, con l’estensione alle soluzioni Sap per la supply chain”, aggiunge Covi. Già nei prossimi mesi Tecnica Group adotterà la soluzione Sap Extended Warehouse Management per la gestione del proprio magazzino B2C nella sede di Giavera del Montello: questo permetterà, tra le altre cose, di integrare la logistica della catena di approvvigionamento con i processi di stoccaggio e distribuzione, migliorando visibilità e controllo. A partire dal 2023, inoltre, Rise with Sap sarà utilizzata per rivedere la gestione di una delle filiere produttive, che comprende il sito pro duttivo in Slovacchia e la sede di ricerca e sviluppo del marchio Lowa in provincia di Treviso.
AI DEVWORLD
Quando: 25-27 ottobre (in presenza) e 1-3 novembre (online)
Dove: San Jose e www.aidevworld.com
Perché partecipare: è uno dei principali eventi internazionali dedicati allo sviluppo softwre, all’intelligenza artificiale e alla scienza dei dati.
ICT ECOSYSTEM PROGRAMWEB CONFERENCE
Quando: 24 novembre
Dove: www.theinnovationgroup.it
Perché partecipare: nuovo appuntamento online nel ciclo di eventi di The Innovation Group sull’universo dell’Ict. Si parlerà, tra le altre cose, delle potenzialità dei dati in ambito Erp e Crm e dell’uso del machine learning nei progetti aziendali.
NETCOMM FOCUS MARKETPLACE
Quando: 9 novembre
Dove: Milano, Palazzo delle Stelline
Perché partecipare: terza edizione dell’evento di Netcomm (Consorzio del Commercio Digitale Italiano) dedicato alle opportunità, novità e tendenze del mondo dei marketplace. In programma testimonianze e casi di successo di aziende italiane.
CONSUMER ELECTRONICS SHOW
Quando: 5-8 gennaio 2023
Dove: Las Vegas, Convention Center, e www.ces.tech
Perché partecipare: il Ces non ha bisogno di presentazioni. Fra i temi al centro di questa edizione ci sono le automobili self-driving, il metaverso, il 5G, le tecnologie per la sostenibilità e la resilienza.
possibile spiffero. E gran parte di essi, se elaborati in maniera logica e veloce, portano un bagaglio di informazioni che fino a qualche tempo fa restava indecifrato. L’impiego degli algoritmi e dell’Intelligenza Artificiale rende possibile l’analisi di una mole impressionante di dati in tempi velocissimi e utili affinché possano sortire degli effetti tangibili sfruttabili per migliorare il business aziendale.
Questa Web Conference vuole mostrare agli utenti finali come i system integrator, con l’ausilio delle ultime tecnologie messe a disposizione dai vendor, riescono a ottimizzare i processi di business dei propri clienti e farli diventare delle vere e proprie data driven company, partendo dall’analisi, indirizzamento e interpretazione dei dati.
Come i nuovi