laurent raccolta
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Origini
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Origini è il racconto di due laboratori tenutisi presso l’Istituto Professionale Mazzini Da Vinci di Savona nell’anno 2016-17 Laboratorio di Teatro Sociale a cura di Teatro 21 in collaborazione con le proff.sse Sabina Minuto e Claudia Palone finanziato e promosso da: Istituto Mazzini Da Vinci di Savona CGIL Camera del Lavoro di Savona Laboratorio di scrittura secondo il metodo ‘Writing Workshop’ a cura della proff.ssa Sabina Minuto Fotografie di Marcello Campora Poesie degli alunni della classe 2B dell’Istituto Professionale Mazzini Da Vinci di Savona anno 2016-17
Laurent Ani Guibanhi era nato il 5 febbraio 2005 a Yopougon distretto di Abidjan in Costa d’Avorio e frequentava regolarmente la scuola. Laurent era riuscito a intrufolarsi dentro il carrello di un Boeing dell’Air France partito lunedì 6 gennaio 2020 da Abidjan con destinazione l’aeroporto Charles De Gaulle di Parigi. Qui è stato rinvenuto privo di vita; la morte è sopravvenuta per assideramento, poiché ad alta quota la temperatura è scesa a 50 gradi sottozero e il volo è durato poco meno di 7 ore. Secondo la versione dell’episodio resa nota dal ministero ivoriano il ragazzino, che indossava solo una t-shirt, si è aggrappato al carrello poco prima del decollo, durante la fase di rullaggio. l a ure n t è il titolo che unisce fra loro queste raccolte.
Origini
Fotografie di Marcello Campora Poesie degli alunni della classe 2B d e l l’ I s t i t u t o P r o f e s s i o n a l e M a z z i n i D a V i n c i di Savona anno 2016-17
Sono entrato per la prima volta nella 2B dell’IPSIA di Savona l’8 marzo 2017 alle ore 12 per una lezione che sarebbe durata 2 ore. Ero stato coinvolto da Sara Moretti di Teatro 21 e Sabina Minuto professoressa di lettere in un progetto di teatro sociale da tenere con i ragazzi di quella classe. Qualche giorno dopo, all’Istituto Mazzini, nella classe 1D durante la lezione tenuta dalla professoressa Claudia Palone, avrei fatto la stessa cosa, in questo caso sotto la guida di Gaia De Marzo sempre di Teatro 21. Non sapevo come si sarebbe sviluppata l’attività, ricordo solo che entrando a scuola Sara mi disse ‘tu guarda quello che faremo e fotografa. Mi fido di quello che farai’. Sara predilige il metodo di guardare al risultato saltando la spiegazione dei passaggi intermedi per la paura, non dichiarata, che questi possano diventare lacci; per questo motivo quando ho iniziato non capivo del tutto cosa avremmo combinato… ma ora, a progetto concluso, posso dire che è un metodo che in effetti funziona. Il mio percorso per arrivare a questa nuova esperienza era stato il mio interesse per l’attività di Teatro 21 con i migranti ospiti della nostra provincia ed in particolare del comune di Altare. Tre di loro, Alpha, Makan e Ousman, avrebbero collaborato con Sara e Gaia alle attività proposte a scuola coadiuvandole come animatori. Mi interessava molto anche questo aspetto: Teatro 21 cercava con questa esperienza una possibilità di ‘Integrazione attiva’ di questi ragazzi. Sara mi aveva descritto quelle classi in cui saremmo entrati come l’ovvio risultato di sedimentazioni di etnie e storie differenti; dalla composizione di questa realtà Teatro 21 aveva preso spunto per proporre alle professoresse Sabina Minuto e Claudia Palone di lavorare coi ragazzi sul significato della parola ‘ORIGINE’.
Pensiero fra me e me n°1 Io non avevo mai potuto conoscere nella mia vita scolastica una classe fatta di persone dalle origini differenti. La mia educazione si era svolta dalle elementari sino all’università in un ambiente uniformato su quello che erano io e le mie origini. Cosa mi ero perso? Le famiglie dei miei amici non erano così diverse dalla mia. Le eccezioni erano rare e venivano considerate tali. Quanto tutto ciò aveva influenzato e stava influenzando i miei comportamenti attuali? Nel frattempo Sara, presa la parola, aveva iniziato da subito a guidare il gruppo. Dopo pochi giorni pure Gaia avrebbe iniziato in maniera analoga. Quando ho raccontato questa mia esperienza, ho spesso semplificato quello a cui ho assistito, ma la realtà è stata proprio caratterizzata dalla sua semplicità.
I ragazzi sono stati introdotti a quanto avrebbero fatto attraverso sia attività fisiche semplicissime sia altre in cui la gestualità li avrebbe messi in contatto l’uno con l’altro a coppie e a gruppi. Si è lavorato sul contatto fisico, ma anche sugli sguardi, sulla forza che gli occhi possono avere nel rapportarsi all’altro. L’intento è stato quello prima di sciogliere il corpo e, in seguito attraverso l’uso del corpo, le menti. Io almeno ho interpretato così quello a cui assistevo.
Pensiero fra me e me n°2 I ragazzi rispondono e fanno quello che viene proposto con spontaneità. Sono liberi di farlo e lo fanno senza frenare la propria espressività. Io alla loro età non avevo abitudine a questo . Ognuna delle lezioni è iniziata con questo lavoro sulla gestualità. Dopo questo primo passaggio, riproposto ogni volta in modi differenti, si è passati ad attività che coinvolgevano i ragazzi in forme espressive creative quali la scrittura, il disegno e la stessa espressione corporea. In alcuni di questi casi si è chiesto di raccontare di sè al gruppo.
Pensiero fra me e me n°3 In mezzo a loro mi sono dimenticato che queste classi erano formate da ragazzi dalle origini differenti. La gestualità di ognuno, il loro stare insieme, la loro spontaneità nell’uso del corpo non lasciava spazio a divisioni per stati, religioni o modi di vivere. I giovani sono soprattutto giovani, che esprimono voglia di crescere e la bandiera che hanno nel cuore non si legge nel viso. C’è chi parla di un paese lontano e chi racconta di un posto qui vicino con la medesima emozione. Il percorso in entrambe le classi si è concluso con la realizzazione delle sagome. I ragazzi sdraiandosi su un enorme foglio bianco si sono fatti disegnare da un amico su di esso la sagoma del loro corpo a grandezza naturale e successivamente sulla propria sagoma ognuno ha liberamente espresso, in modi e forme libere, quanto si sentiva di dire rispetto alle proprie origini e alle cose che reputava più importanti per sè.
Pensiero fra me e me n°4 Il mondo è cambiato e i ragazzi che ne fanno parte ne sono coscienti e lo sanno cavalcare. Ognuno di loro sa da dove viene e sa che tutto questo è una ricchezza che vuole portare sempre con sè. Nelle loro parole c’è l’orgoglio di essere parte protagonista di questo cambiamento. Là fuori, il mondo adulto non accetta il non poter guidare tale trasformazione e pone barriere inesistenti. Io nel frattempo al fianco di ognuno di loro, scattavo, scattavo.. scattavo.
Pensiero fra me e me n°5 Il mondo è cambiato e i ragazzi che ne fanno parte lo sanno cavalcare. Ho girovagato tra di loro per ore e li ho inquadrati; mai ho percepito in loro il fastidio dell’essere immortalati in quello che si faceva, mai ho avuto la sensazione del pudore per un sorriso o per un attimo di tristezza. Ho pensato che le giovani generazioni, ormai abituate all’inqudratura delle webcam hanno il coraggio dell’essere se stesse. Al suono dell’ultima campanella ho goduto nel vedere gli abbracci di chi aveva fatto con me questa esperienza, il grazie sincero a chi la aveva permessa. L’abbraccio a Alpha, Makan e Ousman mi ha emozionato.
Pensiero fra me e me n°6 I ragazzi hanno bisogno di gesti, di abbracciare e di essere abbracciati. Successivamente alla mia esperienza in classe la professoressa Sabina Minuto ha messo in atto con gli alunni della 2B un laboratorio di scrittura attraverso il metodo del ‘Writing workshop’ che ha prodotto le poesie dal titolo ‘Vengo da’ che accompagnano l’intero volume. Ho fatto sedimentare quanto raccolto in queste 12 ore di attività coi ragazzi e ho centellinato per giorni la visione delle foto che avevo scattato e delle emozioni che avevo provato. Non amo generalizzare un’esperienza umana perchè so che l’uomo è essere unico, e che ha di conseguenza comportamenti non catalogabili. Credo però che i racconti servano a capire che esiste una realtà fuori dalle mura di casa nostra ed è quella che dobbiamo cercare per imparare a conoscere e capire. Marcello Campora
ORIGINI PAROLE DENTRO PAROLE FUORI Uno dei problemi principali in adolescenza è darsi un nome, un volto, riconoscersi e riconoscere se stesso nel mondo. Spesso ciò costituisce un processo naturale. Altre volte la strada è dura e dolorosa, a volte straziante. Entra in gioco quindi anche la scuola dove gli adolescenti passano molto del loro tempo, il tempo dell’apprendere. L’apprendimento, ormai è noto, avviene solo in situazioni dotate di significato. La scuola spesso non lo è . “E’ un luogo non luogo” come direbbe Augé, una specie di terra di nessuno, con qualche regola noiosa, incomprensibile, un obbligo: i ragazzi ci vengono , ma non ci “stanno”. Il laboratorio Origini parte da questo: dal recupero di un senso dell’apprendimento che passa prima attraverso il recupero del proprio senso, nel qui ed ora e nella costruzione di una visione del sé degna di essere guardata, disegnata, tradotta in gesti o parole. Si tratta della didattica dell’essere più che di quella del fare. Si “sta” insieme ai ragazzi migranti e si crea in un percorso comune di integrazione semplicemente essendo gruppo. Ci serviva una parola che fosse la direzione del lavoro, la parola su cui indagare, la domanda a cui rispondere insieme. L’obiettivo era quello di lavorare sull’integrazione, in classi multietniche (e multiproblematiche), cercavamo una parola trasversale a più discipline che andasse bene per la meccanica e per l’elettronica, ma anche per la grafica e la letteratura, così è arrivata Origini . E’ difficile “narrare” un laboratorio, ma possiamo tentare di dire cosa esso sia per noi. Un laboratorio è un luogo dove si cerca di rispondere a una domanda, a volte producendone altre, utilizzando gli strumenti che si hanno a disposizione. La risposta spesso non c’è o arriva piano piano e si costruisce insieme. Il gruppo deve essere messo in grado di ricevere la risposta e accettarne a volte l’incertezza. Questa visione del laboratorio è condivisa da entrambe le metodologie, dal teatro sociale e dal writing e reading workshop e, dunque, esse hanno potuto incontrarsi e viaggiare unite costruendo il percorso di questo libro.
Ho deciso infatti di continuare con la scrittura in poesia. La dignità del testo scritto rende dignità alla vita e alle esperienze di tutti noi. Le parole di dentro escono fuori. E vivono sulla carta. Qui ho utilizzato il metodo del Writing Workshop che sto sperimentando da alcuni anni. Parole chiave del metodo sono: laboratorio, scelta, autonomia, percorso, comunità, metacognizione. E’ una metodologia in cui si lavora per competenze e ha come fine quello di creare scrittori e lettori autonomi, critici e appassionati. Nel laboratorio si parte dagli attivatori, dall’uso del taccuino dello scrittore e dalla ricerca dei propri territori di scrittura. Si lascia agli studenti libertà di scelta, in modo che autonomamente sviluppino il gusto per lo scrivere e ampia opportunità di praticare la scrittura in classe. L’insegnante interviene insegnando strategie e guidando attività di metacognizione e di pratica riflessiva. In questo modo ognuno ha la possibilità di incontrare la parola scritta con i suoi tempi e di fare emergere, a poco a poco, la sua vera identità di scrittore. Si tratta, dunque, di abbandonare la pratica scolastica legata solo alla scrittura come prodotto, confinata in tempi prestabiliti e ristretti per avventurarsi in un sentiero più entusiasmante, personale e autonomo ove la scrittura vive come percorso, i tempi si dilatano e il docente non si configura più come un trasmettitore di contenuti, ma, se mai, come un coach o un mentore. In Italia questa metodologia ha trovato casa nel gruppo Italian Writing Teachers (IWT) di cui anche io mi onoro di far parte. Solo attraverso i capisaldi di questo percorso didattico per ognuno dei miei studenti è stato possibile scrivere quanto trovate in queste pagine e proporre ai lettori la loro vera voce, unica, sincera e irripetibile. La professoressa Elisabetta Biffi dell’Università Milano Bicocca al Convegno Erikson “Didattiche 2016” ha affermato che “Spesso gli adolescenti studiano e ripetono a memoria perché non hanno parole e usano solo quelle di cui si fidano”. Trovare parole nuove e vere, di cui fidarsi, è stato dunque il senso del nostro laboratorio: costruire un’esperienza di senso, anche a scuola, anche insieme a Makan e Osman, anche riempiendo di parole una sagoma disegnata. Tutti veniamo da un luogo dell’anima, da un’origine e possiamo costruire insieme percorsi diversi ma possibili Prof.ssa Sabina Minuto
Vengo dal Bangladesh un paese meraviglioso di risaie libere e verdi. Vengo dalla moschea dai suoni della preghiera del mattino presto. Vengo dalla scuola coranica dal maestro con la sua bacchetta. Vengo dalle difficoltĂ di ogni giorno dalle parole difficili della lingua italiana, dalle prese in giro di chi le sapeva meglio Vengo dalla tristezza di ogni singolo desiderio di quello che ho voluto e mai avuto. Vengo dal lavoro, dalla mattina alla sera, che sembra non finire mai. Raschid
Vengo dal sapore di tabacco delle mie ultime sigarette. Vengo dal nervoso che mi divora nelle lotte con me stesso. Vengo dalle sere con lei con i suoi occhi color cioccolato. Vengo dalle urla di mia madre che spaccavano quel silenzio angosciante. Vengo dall’hardcore che mi scollega dal mondo esterno. Vengo dalle cicatrici di risse con cui combatterò sempre. Vengo dalle vacanze con mio padre dove per lui esistevo solo io. Vengo da un popolo di pecore ma il gregge mi disgusta. Luca
Vengo da una vacanza in Sardegna dal cigolio delle altalene, dallo scroscio dell’acqua Vengo da un lettone profumato di camomilla Vengo da mia madre dalle storie raccontate Vengo da mia nonna dall’odore del pesto fatto in casa Vengo dai colpi contro il muro per svegliare i vicini Vengo da una cucina con pentole di rame Vengo da mio nonno dal suo dialetto incomprensibile Vengo da un letto gommoso come la mollica di pane Vengo da un’amicizia giorni veri di tante battute Vengo da mio fratello quella vita profondissima trascorsa insieme Vengo dall’amore per il verde Vengo dall’odio persone finte, schiaffi in faccia Vengo dalla scuola gocce di inchiostro su fogli calcati Vengo da una stanza di colore azzurro cielo vicino an un mare ancora più azzurro. Elia
Vengo dalla confusione di Roma piena di gente e di vita Vengo da una notte illuminata dove si festeggia ogni sera Vengo dal cuore dell’Italia dove per me è iniziato tutto Vengo da una fatica l’esame della patente Vengo dall’alcool che mi ha fatto passare brutti momenti Vengo dall’estate mi ha dato un sogno diventato realtà Vengo dai viaggi che mi hanno segnato Vengo dalla mia ragazza che mi ha cresciuto un’altra volta. Alessio
Vengo dal mio primo allenamento ero il piĂš piccolo di tutti i piĂš alti Vengo da giochi con Dorde dalla sua testa rasata Vengo da Podgorica dove ho giocato nella mia prima squadra Vengo da mio fratello Predrag dalla sua barba. Paule
Vengo dalle estati in Marocco spiagge di oceano immense vicino ad una moschea sul mare. Vengo dai cibi marocchini a tavola tutti insieme. Vengo dalle serate a Ellera a giocare a nascondino tra i vicoli. Vengo dai giri in bicicletta nel bosco sullo sterrato morbido e fangoso, il bosco verde, profumato di fresco. Vengo dalle partite di calcio in un campetto di terra immaginate in un stadio vero. Vengo dalle capanne nel bosco vere basi militari. Vengo dall’acqua fredda del fiume, i piedi dentro per rinfrescarci, il profumo di fiume sulla pelle, nelle giornate piÚ calde. Soufiane
Vengo dalla passione e dall’amore di cui sono il frutto Vengo dalla fiducia del mio cane di cui mi posso fidare Vengo da mia nonna, ramo della famiglia che, alla sua morte, ha perso le foglie Vengo dal mare il suo rumore mi rilassa Vengo dalla mia ragazza che mangio con gli occhi. Giacomo
Vengo dalla campagna dove non si ha paura di sporcarsi le mani Vengo dal mio papà ho sempre voluto essere come lui Vengo dalla musica mi fa pensare e ragionare Vengo dall’amore di una famiglia non tutti ce l’hanno Vengo dalla semplicità come i miei genitori mi hanno insegnato Vengo dagli amici siamo assieme da quando siamo nati Vengo dalla rabbia mi chiudo in me e non parlo con nessuno Vengo dall’immaginazione di aver fatto tutto ciò che mi piace Vengo dal rispetto verso chi lo dimostra a me. Simone
Vengo dalle panchine sul lungomare dagli alberi che filtrano il sole Vengo dai campi da calcio dal sudore di ogni allenamento Vengo dagli amici delle medie dall’adrenalina dopo ogni fuga Vengo da mio fratello dal ”non dirlo a mamma e papà” Vengo dalla casa dei nonni dall’odore del ragù a mezzogiorno Vengo da mamma e papà dai loro sacrifici per non farci mancare niente. Andrea
Vengo dalla mia determinazione che mi serve per realizzare sogni Vengo dai campi di calcio per 90 minuti mi sento libero Vengo dagli occhi di mia madre che mi danno la forza di non mollare mai Vengo dall’amore per il mio paese che ogni giorno mi manca sempre di più Vengo dall’orgoglio trasmesso da mio padre a volte bisogna metterlo da parte Vengo dalla profondità del mare dove il buio misterioso nasconde la luce Vengo dall’Albania dove ho sepolto il cuore e l’anima. Roeld
Vengo dal profumo dolce di mio nonno lui che mi ha cresciuto da bambino. Vengo dagli insegnamenti di mia madre che mi ha reso quello che sono. Vengo da dove il cielo è blu dove, Lilly, ci sei anche tu. Vengo dalle giornate a Luceto le partite fino all’ultimo sangue. Vengo da mio padre lui che mi ha dato questi occhi. Vengo dal Centro Ragazzi lÏ ho conosciuto i miei primi amici. Vengo dal profumo dolce di mio nonno lui che mi aiutava a prender sonno. Klaudio
Vengo da pomeriggi davanti al computer a studiare la mia passione Vengo dalla mia Frenchcore vado piano, ma non con i bpm Vengo dalla curiosità vivere è un mistero e scoprire una gioia Vengo dalla paranoia mi ha reso più responsabile Vengo da “niente se, niente ma” in bilico sul filo non ci sto. Vengo dalla malizia le battute piccanti mi divertono. Vengo dalla presunzione dallo sguardo di chi pensa di avere vinto Vengo dagli insulti tra amici è una dimostrazione di affetto Vengo dalle imprecazioni a volte recitare il rosario mi tranquillizza Vengo dalle denigrazioni altrui in fondo in fondo mi danno importanza Vengo dal menefreghismo in alcuni casi ti aiuta a vivere meglio. Mommo
Vengo da una sigaretta spenta e la voglia sfrenata di consumarla col vento Vengo dalla gola secca simile ad un deserto completamente arido Vengo dalle discussioni in famiglia fucilate nel petto Vengo da una lingua in fiamme Vengo da un fiume di lava in bocca Vengo dagli amici in lontananza e la voglia di scappare per raggiungerli Vengo da un luogo accogliente e l’odore di pulito nell’aria Vengo dalla tomba di mio padre non avendola mai neanche toccata Vengo dalla musica il suo suono assordante rimbombante in testa Vengo da una calda pizza e il suo gusto eccezionale Vengo dai miei errori e le mie scelte che mi hanno cresciuto fino ad oggi. Alin
Vengo dalla carne di agnello grigliata nel deserto piÚ caldo del mondo Vengo dalla mia famiglia forte come una sbarra di ferro Vengo da mio zio Nabil anche se mi ha lasciato troppo presto Vengo dal camion diretto ad Alessandria per vedere il mare blu e la sabbia fine Vengo dal ramo di un albero anche se mi ha rotto un polso Vengo dai miei parenti a casa di mio nonno dove si mangia con le mani dallo stesso piatto Vengo dalle mie Nike dispiaciuto per i bambini in fabbrica dall’altra parte del mondo. Ahmed
Vengo dalla mia famiglia da quello che mi hanno insegnato Vengo dai miei nonni che mi hanno aiutato a portare avanti l’azienda Vengo da mio fratello le sue urla quando gli rompevo i giochi Vengo dalla mia moto che mi mette adrenalina quando scaldo il motore Vengo da mio papà ogni volta che lo guardo mi riconosco Vengo dalle corse con il mio cane ogni volta che scappava Vengo dalla mia fattoria che mi ha regalato molte emozioni Vengo dal mio paese i suoi funghi e i suoi amaretti Vengo dal parco che mi ricorda quando ero piccolo Vengo dalla morbidezza del mio cuscino che mi ha coccolato tutte le notti Vengo dall’odore della legna bruciata dal caldo ti tutti gli inverni. William
Vengo dall’Italia che sembra uno stivale con una cerniera in mezzo Vengo dalla scuola media con le sue parole amare decise e demolitrici Vengo dalla morte di un caro mi ha insegnato a non mollare Vengo dalla mia volontà che mi sono lasciato rubare come se avessi lasciato il cancello aperto Vengo dall’Ipsia mi aiuta a credere Vengo da L. M. F. L.Y. che mi svelano la scelta, come veggenti Vengo dai picnic dove ho imparato a cucinare la carne alla brace Vengo dalle scuole superiori dove ho ritrovato la mia autostima. Nicolas
Vengo da mia madre piena di affetto ma ancora non lo ammetto e la tratto, da scemo, come un difetto. Vengo dall’educazione di un muratore, sotto il sole per ore per darmi un futuro migliore Vengo dalla Toscana amata terra sana, sempre stata così lontana Vengo dalle serate con i miei fratelli grigie, che noi coloravamo con gli acquarelli Vengo dalle notti solo in giro, quando sentivo lento il mio respiro e a star tranquillo bastava un altro tiro Vengo da quello schifo di medicinali ho passato giorni infernali mi han fatto cadere in vuoti abissali quasi mi sembrava di nuotare tra squali Vengo da un sogno lontano volare via su un aeroplano scrivendo solo un altro brano Vengo dall’amore per la musica lei che per me è sempre stata l’unica. Federico
Vengo dai miei genitori mi hanno fatto così Vengo da mio fratello mi riconosco in lui Vengo da un campetto di paese passate emozioni Vengo dalla mia casa milioni di ricordi Vengo da mio nonno che mi ha insegnato a seminare i pomodori Vengo da Sassello dove ho iniziato i miei studi Vengo dalle amicizie per superare la mia timidezza Vengo dalle mie galline ogni giorno la magia di trovare l’uovo alle sei di mattina Vengo dal mio cane mi ha fatto capire la lealtà e la fedeltà Vengo dai miei boschi di pini, castagni e funghi. Gianguido
Vengo da mia nonna dall’odore della sua cucina Vengo dal rumore del mare quando vado a pescare Vengo da mia mamma quando mi faceva la pastina con il sugo Vengo da mio papà quando mi raccontava storie per farmi dormire Vengo dai miei genitori che mi fanno crescere Vengo dall’odore dell’erba quando giocavo ai giardini Vengo dalla mia casa vecchia i muri tappezzati a fiori rosa Vengo dalla mia cameretta quando giocavo con i miei fratelli Vengo dalle molle del letto scricchiolanti quando mi ci buttavo sopra Vengo dal canto degli uccelli quando, fuori dalla scuola, giocavo. Francesco
Vengo dai miei genitori e le loro difficoltà Vengo da mia madre che ha scelto il meglio per me Vengo dal calcio e la grinta che metto in campo ogni volta Vengo dalle scelte che segnano ogni giorno la mia vita Vengo dalle possibilità che non sempre riesco a cogliere Vengo dall’odio ma riesco a controllarlo Vengo dal tempo che è costantemente ingiusto. Michael
Vengo da mia mamma che mi ha tenuto dentro di lei Vengo da mio papà che mi ha insegnato a crescere Vengo dal porticato sotto casa mia dove giocavo da piccolo Vengo da “Piazzale” dove sono nato e cresciuto Vengo da una stella che mi ha illuminato Vengo dalla strada come coloro a cui mi ispiro Vengo dai miei sogni cercando di farli avverare Vengo dall’amore che spesso fa male Vengo dall’infinito che non morirà mai Vengo dall’odio e dalla rabbia che ho dentro che mi mangia e che mi distrugge. Alessandro
Vengo da un paesino pieno di natura e vecchi rompipalle Vengo da una vita piena di sacrifici lavorando senza essere mai pagato Vengo dal motocross col sapore della terra in bocca Vengo dalla casetta sull’albero del mio bosco di castagni e di querce Vengo dalla baracca con l’odore di olio e di benzina Vengo dai giri in bicicletta salti e cadute Vengo dalla mia moto l’amica che mi ha rotto tutte le ossa Vengo dalle vacanze in Valle d’Aosta con i laghi che riflettono le montagne Vengo dalla scuola che tutte le mattine mi sveglia con i suoi muri gialli lucenti. Antonio
Quando il teatro sociale diventa teatro di comunità? Quando ha la capacità di guardare lontano, di amplificare al massimo la risonanza, di mostrare con dignità e rispetto il dentro fuori. Non per vanità o per guadagno, ma per assolvere al primo compito del teatro, quello di comunicare. Spesso capita di essere così concentrati su quello che si fa, nella cura che si ha per il proprio gruppo, per il dentro diciamo, che si dimentica il fuori. Marcello Campora, silenziosamente, è arrivato per ricordarci questo, per portare il nostro dentro fuori e noi possiamo solo ringraziare Gaia De Marzo e Sara Moretti per Teatro 21
di e con Nicolas, Antonio, Klaudio, Federico, Francesco, Elia, Ahmed, Souflane, Simone, Gianguido, Alessio, Giacomo, Giovanni, Michael, Pavle, Andrei, Roeld, Moreno, Alin, Rashid, Luca, Andrea, Samba, Alfred, Sabrina, Claudia, Giada, Nicoleta, Nicolò, Rebecca, Simone, Samantha, Ilaria, Nicole, Ylber, Thomas, Sharon, Ramona, Lorisa, Chiara, Simone, Ousman, Alpha, Makan. Grazie
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