Ticino7

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numero

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L’appuntamento del venerdì

R EPORTAGE Calendari medievali AGORÀ Immigrazione | A RTI Pina Bausch | K RONOS Decorazioni Corriere del Ticino

laRegioneTicino

Tessiner Zeitung

CHF 3.–

con Teleradio dal 3 al 9 gennaio


Âť illustrazione di Adriano Crivelli


numero 1 31 dicembre 2009

Agorà Svizzera. Quale immigrazione? Arti Pina Bausch. Il teatro totale

DI

ELISABETH ALLI

DI

PAOLA TRIPOLI

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Impressum

Kronos Decorazioni. Il male specchiato

Tiratura controllata

Vitae Renata Goldhorn

Chiusura redazionale

Reportage Calendari medievali

R. CAROBBIO; FOTOGRAFIE DI A. MENICONZI . . . . . . . . . . . . . . .

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Editore

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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89’345 copie (72’303 dal 4.9.2009)

DI

DEMIS QUADRI DI

DI

GIANCARLO FORNASIER . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giovedì 24 dicembre Teleradio 7 SA Muzzano

Direttore editoriale

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Peter Keller

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Società Editrice CdT SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 31 31 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

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(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

La rappresentazione di “Ottobre” in un dipinto murale nella chiesa di San Michele, Palagnedra Fotografia di A. Meniconzi

Memorie danesi

Si potrebbe dire che a Copenhagen la montagna ha partorito il topolino. Una metafora banale ma in grado di spiegare sommariamente quanto accaduto nel corso della tanto attesa conferenza: i capi di Stato e le 45.000 persone a seguito (glissiamo sui costi astronomici di un’iniziativa simile) non sono riusciti a raggiungere un accordo legalmente vincolante riguardo al clima e ai suoi cambiamenti. Da parte sua l’Europa ha fatto l’ennesima pessima figura presentandosi in ordine sparso e senza una reale compattezza politica e strategica, nonostante le assunzioni di principio in taluni casi assai ambiziose. La partita se la sono giocata tutta fra loro Stati Uniti e Cina, con qualche intervento degli altri paesi del cosiddetto BRIC, e cioè Russia, Brasile e India. La Cina, da parte sua, ha un obiettivo evidente: nell’arco dei prossimi 15/20 anni, prima cioè che la sua popolazione inizi a invecchiare drasticamente, deve imporre un ritmo elevato allo sviluppo della sua industria di base (estremamente inquinante), oltre a dotarsi di un sistema adeguato di infrastrutture. E in questo processo non intende essere frenata. E così gli americani si sentono dire: “Volete che adottiamo tecnologie più pulite? Bene, regalatecele, in fondo vi diamo la possibilità di accedere alle nostre riserve in dollari”. Il paradosso sta in questo: i cinesi continuano a sottoscrivere nella valuta americana mentre gli statunitensi avviano un piano anti-inquinamento da 100 miliardi di dollari che a loro volta si fanno prestare dai primi. Questi ultimi, fra l’altro, prima della conferenza nella capitale danese, hanno ottenuto l’avallo da parte di Obama per la

cessione di quattro centrali nucleari di ultima generazione Westinghouse, “regalo” che Bush aveva sospeso per timori di natura strategica. A parte il passo a due fra Cina e USA, altre riflessioni si possono trarre osservando quanto accaduto in Danimarca. L’impressione è infatti che all’interno dei decisori politici non pochi siano i dubbi riguardo il fattore antropico del riscaldamento globale, e questo a prescindere dalla corposa rappresentanza di repubblicani americani, presente alla conferenza a sostegno della tradizionale lobby petrolifera statunitense. Va aggiunto poi che ad alcuni paesi – Canada, in parte gli stessi Stati Uniti, ma anche Russia e i paesi nordici – il fatto che la Terra si riscaldi un po’ non dispiace affatto: il nuovo scenario consentirebbe non solo la possibilità di accedere a giacimenti minerari sino a ora solo ipotizzati, ma anche di aprire rotte di navigazione verso l’Asia molto più rapide. Sullo sfondo resta l’affare della green economy, per i più scettici il reale volano di tutta la faccenda, per altri, un settore su cui è necessario investire (benché ancora in fase embrionale) se si vuole far fronte alla questione ambientale. Naturalmente, se ben coordinato (e foraggiato dagli stati, almeno nella sua fase iniziale), il settore potrà soddisfare una parte della richiesta energetica ma la sua “potenza” resta comunque limitata: illuminare o scaldare le abitazioni è altra cosa dal sostenere energicamente un’industria automobilistica o un’acciaieria. Le semplificazioni, a quanto pare, qui come a Copenhagen non funzionano… Cordialmente, Fabio Martini


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Svizzera. Quale immigrazione?

Agorà

La Svizzera, a lungo crocevia dell’Europa, ha oggi un ruolo rilevante per quanto concerne la presenza di stranieri sul suo territorio. Un tema che fa discutere e che viene abilmente sfruttato sul piano elettorale da alcune formazioni politiche. Ma qual è la situazione? Cosa resta della tradizionale accoglienza svizzera verso i rifugiati politici? E quali nuovi scenari contribuiranno a stimolare lo spostamento di nuove genti verso il nostro paese? Ne abbiamo parlato con uno dei massimi esperti nazionali ed europei, il professore svizzero Etienne Piguet

I

l tema della mobilità umana è al centro delle tematiche sociali e politiche di moltissimi paesi occidentali. Il fenomeno della globalizzazione economica, le eredità della vecchia politica coloniale e, ora, il sopraggiungere delle conseguenze connesse ai cambiamenti climatici sembrano mettere in profonda discussione gli assetti sociali di molte nazioni. A tal riguardo, Etienne Piguet, professore di geografia all’Università di Neuchâtel e indiscusso specialista della mobilità delle persone, ha di recente pubblicato il volume L’immigrazione in Svizzera Sessant’anni con la porta semiaperta (Edizioni Casagrande), una rilettura storica del dibattito politico federale attorno alla questione dell’immigrazione. Ticinosette l’ha incontrato in esclusiva. Professor Piguet, com’è nata l’intenzione di tradurre il suo volume in italiano? “Una seria di circostanze positive mi hanno permesso di trovare un traduttore – Walter Rosselli – e un editore ticinese che ha realizzato la pubblicazione. Ne sono felice poiché era veramente qualcosa che mi stava a cuore: rendere accessibile alla parte italofona della Svizzera e anche agli Italiani – primi veri protagonisti della politica migratoria elvetica – la lettura integrale del mio libro. È infatti con l’Italia che la Svizzera nel 1948, bisognosa di forza lavoro, firma il primo accordo di reperimento di mano d’opera straniera”. Si è trattata di una scelta meditata? “La scelta dell’Italia è stata una scelta di ripiego. Infatti, in un primo tempo, la Svizzera si era rivol-

ta alla Germania, all’Austria e alla Francia, da dove tradizionalmente attingeva la forza lavoro necessaria alla sua economia. Tuttavia i tre paesi rifiutarono di firmare l’accordo visti i bisogni interni, dopo una guerra che era loro costata moltissimo dal punto di vista umano. Per quanto riguarda l’accordo firmato con l’Italia c’è un aneddoto che oggi fa sorridere: ci si è a lungo interrogati se la distanza culturale dell’immigrato italiano nei confronti del cittadino svizzero avrebbe rappresentato un problema…”. In che modo veniva e viene misurata la distanza culturale? “Fino a oggi nessuno studio scientifico è mai stato in grado di quantificarla né tanto meno di identificare i parametri a essa associati. Si tratta di uno dei tanti luoghi comuni sull’immigrazione, privi di fondamento. Nel 1992 il rapporto di HoffmannNowotny presentato al Consiglio svizzero della scienza ha evocato i rischi di una «distanza culturale» troppo elevata tra gli autoctoni e le diverse comunità emigranti. Questo studio fu poco criticato nonostante fosse basato su di una base concettuale alquanto fragile”. Evitando i pregiudizi, è possibile affermare che esiste un rapporto diretto tra la situazione geografica di crocevia europeo della Svizzera e l’elevata presenza di stranieri? “Si tratta di un’ipotesi attendibile, ma anche qui mancano dati scientifici sicuri. Negli ultimi sessant’anni si può però affermare che l’immigrazione in Svizzera è sempre stata dettata dai bisogni dell’economia. Ciononostante, più il territorio di


Svizzera è un chiaro fallimento. A questo proposito auspico che in futuro venga fatta maggior chiarezza riguardo alle modalità per accedere allo statuto di rifugiato in maniera tale da garantire una più grande trasparenza del processo”. Pensa che lo statuto di rifugiato sopravviverà nel tempo? “La Convenzione del 1951 che sancisce lo statuto del rifugiato rimane e rimarrà una grossa conquista sulla quale non vi è da discutere. Ciononostante, le sfide che si profilano negli anni 2000 non corrispondono più alle proiezioni di cinquant’anni fa. Sempre più persone infatti saranno costrette ad abbandonare territori diventati climaticamente invivibili (a causa d’innondazioni, carestie, grandi siccità eccetera), e per questa gente, anch’essa minacciata, bisognerà ampliare o riformulare lo statuto di rifugiato. Va inoltre evidenziato che attualmente a beneficiare della globalizzazione dell’asilo sono in primo luogo giovani uomini celibi e senza famiglia a carico”. A che cosa è dovuta questa differenziazione sessuale? “Chiaramente il viaggio del richiedente d’asilo e le condizioni nelle quali esso avviene sono pericolose e sicuramente meno adatte a una famiglia o a una donna. Prendiamo, per esempio, il caso di un’esponente femminile di un partito d’opposizione, sulla sessantina, e il cui attivismo politico costituisce una minaccia per la sua vita. Malgrado il quadro preoccupante, non sarà così evidente per questa donna «in vista» e di una

certa età lasciare il proprio paese in modo segreto, magari su di una piroga. A questo proposito mi sono espresso pubblicamente affinché la Svizzera mantenga la possibilità di accettare domande d’asilo direttamente nelle proprie ambasciate”. Non è una pratica rischiosa se l’obiettivo a lungo termine è quello di diminuire le domande? “Senza questa opportunità ometteremmo di dare la possibilità alle persone più vulnerabili di chiedere asilo politico, privilegiando un tipo di rifugiato forte e sano. D’altra parte, per rispondere alla sua domanda posso dire che l’aumento dell’immigrazione appare oggi come una delle rare maniere disponibili per mantenere un rapporto equilibrato tra le diverse classi d’età nel nostro Paese. Attualmente per ogni pensionato ci sono quattro persone in età lavorativa che possono sostenerlo, ma tra trent’anni il rapporto sarà praticamente dimezzato: 1 pensionato per 2,2 lavoratori”. L’immigrazione sarà dunque uno strumento per riequilibrare la curva demografica? “Un’immigrazione il cui tasso d’occupazione resta basso a causa delle difficoltà d’integrazione sul mercato del lavoro oppure un’immigrazione i cui salari sono tra i più bassi non porta alcuna soluzione allo squilibrio delle classi. Quella di cui si ha bisogno è dunque una chiara volontà politica affinché la storia dell’immigrato giunto in Svizzera si trasformi una success story per il nostro Paese”.

» di Elisabeth Alli; illustrazione di Micha Dalcol

un paese è piccolo più la proporzione degli stranieri tende a essere elevata. E inversamente, se dovesse esserci una sola e grande nazione al mondo, la percentuale degli stranieri sarebbe dello 0%. Il tasso d’immigrati diventa perciò un indicatore bizzarro poiché è artificialmente legato alla superficie del Paese”. La piccola Svizzera, dalla grande tradizione di accoglienza, è oggi vittima dell’aumento delle domande d’asilo? “Oggigiorno assistiamo a quella che è stata definita la «globalizzazione» dell’asilo, ciò significa che, per un richiedente, è diventato più facile che in passato spostarsi per far richiesta d’asilo, ciò ha senza dubbio contribuito a far lievitare il numero di domande. A torto, si è spesso parlato del «vero» e del «falso» richiedente d’asilo, insinuando che sono soprattutto aumentati quelli falsi. Per uscire da questa dicotomia è assolutamente necessario tener conto della variabile “mobilità”, domandandosi se il sistema d’asilo messo a punto oltre 50 anni or sono sia sempre attuale”. Di che tipo d’aggiornamento necessiterebbe il sistema istituzionale che si occupa delle richieste di asilo? “Restando il più fattuale possibile, ciò che posso costatare è che il 30% delle domande d’asilo che vengono depositate in Svizzera si concludono con un esito positivo. Questa è una dimostrazione che la tradizione d’accoglienza umanitaria elvetica si mantiene nel tempo. D’altro canto va preso atto che per il 70% dei richiedenti il soggiorno in


Il teatro totale

coreografie per il corpo di ballo della sua prima scuola, la Folkwang, della quale l’anno successivo diviene la direttrice. Dal 1973, è direttrice artistica del Tanztheater con sede a Wuppertal, in Germania. Da quella città, cuore carbonifero d’Europa, ha esportato i suoi spettacoli e insegnato alla fine del Novecento un’arte scabrosa. Nel 1978 il successo esplode, fino ad arrivare alla svolta decisiva dopo la realizzazione del suo spettacolo più celebre, Cafè Muller (1978), una sorta di perla nera con lei protagonista in scena, tra quelle austere sedie da caffè di una sala di eterna attesa. La sua danza totale ha radici antiche, La coreografa e ballerina Pina Bausch (da www.festivaldispoleto.com) che spesso, in un filo diretto, si sono incrociate con i pionieri della danza libera: dalle prime teorie di François Delsarte, di Rudolf Sigaretta alla mano, accen- Ascoltai, piccola piccola come Von Laban e di Emile Jaques Dalcroze fino dino praticamente inutile. mi sentivo. Dopo 69 anni è all’avventurosa esperienza di Monte Verità, Amava fumare, era la sua on- andata via, lo scorso giugno, ad Ascona, una sorta di scuola-colonia, a cui nipresente occupazione du- mentre stava per debuttare in partecipano tutti i rappresentanti della “conrante la giornata, insieme al Italia, dopo una lunga assenza, trocultura” del tempo. Laban si dedicherà ai suo lavoro. Una sigaretta dopo al Festival di Spoleto, con il suoi studi teorici, ma tra i suoi allievi due in l’altra senza bisogno di accen- suo ultimo spettacolo Bamboo particolare, Mary Wigman e Kurt Jooss – che dere se non con il mozzicone Blues. Io sapevo bene chi era. sarà maestro di Pina –, porteranno avanti non ancora spento della siga- E la mia soggezione di quel una ricerca più pratica sul movimento e sulla retta appena terminata. Occhi giorno nasceva dalla consadanza. Da Monte Verità a Pina Bausch, colei sornioni, una lunga casacca su pevolezza di trovarmi davanti che ha plasmato l’immaginario di diverse gepantaloni neri. Abiti leggeri. Il a un mito, un esempio, una nerazioni di artisti inventando un linguaggio collo lungo e bianco, capelli maestra. tutto suo, il teatrodanza si è costituito come raccolti e dietro, la sua mitica La sua carriera era iniziata chiave e cifra fondamentale per raccontare e crocchia grigia. Era l’estate del ancora adolescente: a quindici leggere il mondo. 1990. Questo il mio primo anni, terminate le scuole, doRicordo il nostro ultimo incontro, a casa mia. incontro con Pina. veva decidere del suo futuro e, Era il 1998. Una cena organizzata insieme ad Laica ed egualitaria, total- come mi raccontò, tra le altre alcuni ballerini della sua compagnia, casualmente emancipata nono- cose, un anno dopo e poi ogni mente ritrovatisi nel Salento ed alcuni suoi ex stante l’apparenza da distinta anno in agosto, dopo il suo allievi, già presi dal panico nel pomeriggio, al fraulein. Era solita ogni estate arrivo a Castro, l’unica cosa solo pensiero di rivedere la maestra. Tutto si dedicarsi una vacanza al ma- che sapeva fare o che almeno svolse nel mio piccolo giardino, tra un albere, con marito e figlio. Stessa conosceva era la danza. Supera ro di limoni e uno di mandarini. Non c’era spiaggia, stesso mare, come l’esame e viene ammessa alla abbastanza posto in frigorifero. Allestimmo dice una canzone famosa. Lo- Folkwangschule di Kurt Jooss, nella vasca da bagno calità: Castro Marina, sulla costa adriatica salentina, Ho- Scomparsa alcuni mesi fa, Pina Bausch è un frigo d’urgenza, con tel Panoramico. Una piccola stata certamente una delle figure centrali blocchi di ghiaccio reperiti, com’era ancopiscina interna e soprattutto nella cultura europea contemporanea ra abitudine in molti il mare, la scogliera a pochi paesi del sud Italia, in alcuni magazzini di passi. Io e Pina Bausch, a un che frequenterà per quattro bibite. Il suo sorriso all’arrivo ci rese felici e ci tiro di schioppo… io giovane anni. Negli anni Cinquanta, raccontò di come Philippina fosse fantastica. studentessa di teatro, lei un vinta una borsa di studio, si Sigaretta alla mano. Nessun accendino. Una pezzo di storia vivente del iscrive alla Juillard School of dopo l’altra senza bisogno di accendere se Novecento. Inutile dire che Music di New York. Nel 1962 non con il mozzicone non ancora spento di l’emozione fu grande e le pa- rientra in Germania e inizia quella appena terminata. role non riescono a spiegarla. nel 1968 a comporre le prime

» di Paola Tripoli

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Leonetta Bentivoglio e Francesco Carbone Vieni, balla con me Barbés editore, 2008 Un viaggio nel percorso del Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch compiuto da una delle maggiori esperte della sua opera.

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Arti

Libri


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Il male specchiato L’Epifania si avvicina e terminano così anche le festività. Giunge pure il tempo di “sacrificare” l’albero di Natale, con le sue luminarie, ghirlande, decorazioni… sì, tutti quegli esoterici e pagani giochi di luce tanto cari ai cavalieri medievali

Sull’origine dell’albero di Natale le notizie, accertate o meno,

Kronos

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» di Giancarlo Fornasier

eventi durante i quali il “malocchio avrebbe senza dubbio colpito, non mancano. La stessa immagine dell’albero quale simbolo del causando piaghe, malessere, malattie e disturbi”. La protezione rinnovarsi della vita è un tema che si ritrova in molte culture. dalle forze maligne veniva solitamente affidata a immagini di Dai Saturnali della Roma pagana – feste in onore di Saturno, dei pagani che, grazie ai loro poteri soprannaturali, erano in dio dell’agricoltura, che si svolgevano dal 19 al 25 dicembre con grado di respingere gli spiriti maligni riportandoli “nel mondo scambi di doni e banchetti – al solstizio d’inverno (21 dicembre) oscuro dal quale erano emersi”. nel quale i sacerdoti del nord veneravano gli abeti come simbo- Il Sole, la falce di Luna crescente, il cuore e i fiori di loto che lo di “lunga vita” (perché sempreverdi), la tradizione fu dunque evocavano il dio del Sole, la svastica come simbolo del Sole traghettata nei secoli direttamente nel che si muove in cielo, le stelle… erano Cristianesimo, con evidenti richiami solo alcuni degli antichi simboli che al Paradiso, Adamo ed Eva, l’albero e comparivano sugli animali. I materiali il frutto del “peccato originale”. Sulle maggiormente utilizzati per la loro decorazioni dell’albero, invece, le oriconfezione erano i metalli, in particogini paiono meno chiare… lare quelli che “scintillavano e brillavaSe la pianta addobbata e decorata con no” lanciando “guizzi dorati (...) sotto i “mele, noci, datteri e fiori di carta” raggi del sole”. La lucentezza portava riconduce ancora alle città tedesche così un’ulteriore protezione, perché – Briga è tra quelle che reclamano defletteva lo sguardo “del malocchio”. la paternità del “primo albero di caA questo proposito Morris potrebbe podanno” (1510) – il richiamo alla essere caduto nella trappola della “gesfericità delle comuni bocce o palline neralizzazione”. Egli sostiene infatti di Natale potrebbe non fermarsi alla che questi oggetti erano d’ottone: somiglianza con la rotondità delle mequest’ultimo è però una lega di rame le. E d’altro canto, non si capisce per e zinco (un elemento meno diffuso quale ragione dalla frutta si sia passati di rame e ferro) e oltretutto piuttosto ai mille riflessi e alla luminescenza “dura” da lavorare, con un punto di fudei moderni addobbi: richiami alla sione relativamente elevato. Se la funricchezza, all’oro, al vetro, ai cristalli, zione doveva essere solamente quella alle perle e fors’anche alla sfera come di “scintillare e brillare”, allora i metalli I finimenti del cavallo di “Melchiorre” in La cavalsimbolo della perfezione, divina? per i finimenti potevano essere l’arcata dei Magi (1459–61; part.) dipinto murale di In Amuleti e talismani (Tecniche Nuogento (più “luminescente” ma anche Benozzo Gozzoli, Palazzo Medici Riccardi, Firenze ve, 2000) l’etologo Desmond Morris costoso...) o il rame, senza escludere il dedica una pagina a “Finimenti in ottone”. Scrive l’autore: meno nobile ma molto diffuso bronzo (una lega di rame e altro “Quando in una fiera di campagna vediamo un cavallo da tiro con metallo, di solito stagno). Ma perché la riflessione aveva una finimenti decorati e riccamente inghirlandati di ornamenti in otto- tale rilevanza? Semplice: se gli spiriti maligni avessero posato ne lucido e scintillante, proviamo un intenso piacere. Attualmente i loro occhi sul cavallo, avrebbero visto la loro immagine e il consideriamo questi finimenti puramente ornamentali, ma la loro loro sguardo riflesso, spaventandosi e rimanendo così sconfitti. storia è più complessa di quello che appare. Gli accessori equini, Per accentuare questa capacità di “specchiare”, i finimenti (a finimenti ornati in ottone, originariamente erano considerati magici volte veri e propri gioielli) potevano avere una forma convessa, e potenti oggetti apotropaici, le cui radici affondano nella cultura in grado dunque anche di deformare l’immagine. Il più diffuso pagana”. Morris si addentra nel tema con il classico taglio erano noto come sunflash (o spaccasole), una sorta di mezza pragmatico che lo contraddistingue, ricordandoci che “per sfera che veniva posta sulla testa o sul collo del cavallo come un migliaia di anni i cavalli sono stati l’unico, effettivo e irrinunciabile pendente: dondolando in seguito al movimento dell’animale, mezzo di trasporto dell’uomo. Il cavallo era un animale talmente l’oggetto aumentava e moltiplicava i suoi continui “scintillii”, prezioso da essere protetto a tutti i costi. Poiché è animale maestoso, disorientando il “malocchio”. imponente e indispensabile, i superstiziosi erano convinti che le sue Ora, osservate quel che rimane del vostro albero, delle sue doti attirassero le malvagie forze occulte”. Tra gli eventi sociali, scintillanti palline dai mille colori e gli infiniti giochi di luce le cerimonie e le parate erano i momenti più importanti e, che lo illuminano. Che ne dite, saranno solamente banali e proprio per la loro carica ufficiale, venivano considerati come commerciali “decorazioni” di un Natale già scordato…?


» testimonianza raccolta da Demis Quadri; fotografia di Igor Ponti

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tante avere le assicurazioni, ma è ancora meglio non averne bisogno. Con tutte le mie esperienze ospedaliere, ho avuto l’impressione che un tempo – perché adesso mi sembra si collabori di più, per esempio fra i vari centri di cardiologia, di oncologia eccetera – ci fosse maggiore concorrenza fra i medici per arraffarsi il paziente. È un po’ come con le nostre istituzioni che non ti fanno sapere quello che ti spetta e quello che non ti spetta. Ognuno cerca di fare il suo interesse. Anche con le assicurazioni mi sono trovata in brutte situazioni, finché non ho scoperto Pro Appassionata di sport, sognava di poter Infirmis, dove mi hanno detlavorare nella ristorazione. Costretta su to cosa dovevo fare e a chi una sedia a rotelle, oggi getta uno sguar- dovevo rivolgermi per ricevere quanto mi spettava di do critico sulle storture della società diritto. Quando non ho più potuto lavorare ho visto scritme la cavicchio. Devono aver to su tutte le polizze delle assicurazioni che, sbagliato qualche cosa nel pridopo 720 giorni di inabilità al lavoro causa mo intervento: è un po’ strainfortunio, subentra automaticamente l’inno subire 12 operazioni per validità, ma io ho dovuto aspettare quasi 8 essere andati addosso a una anni prima di poterla ottenere. Intanto ho porta. A un certo punto avevo sempre pagato le imposte e le fatture, metpersino pensato di avere una tendoci dentro tutti i soldi, perché tanto malattia delle ossa. Comundoveva arrivare presto l’invalidità. E così que non ho fatto nessuna sono finita in assistenza. Vivevo con una causa. Sono andata all’assomiseria. All’epoca tra l’altro guidavo ancora ciazione di protezione dei e avevo chiesto qualche soldo in più per la pazienti, ma poi non c’erabenzina per andare a fare terapia, e mi aveno soldi, ho visto che potevano risposto di no perché la macchina è vo di nuovo camminare e ho considerata un lusso, ma che se presentavo pensato: “Ma chi se ne frele fatture del taxi me le pagavano. È tutto un ga”. Oggi mi do un po’ della controsenso. Ma spesso funziona così. Quanscema, perché magari potedo ho detto che avevo bisogno della sedia a vo mettere via qualche franrotelle elettrica, mi hanno domandato se era chetto. Nel frattempo avevo proprio necessaria. Ho risposto: “No, voglio conosciuto un avvocato che solo andare a fare una sparata”. Oggi, oltre mi ha consigliato di andare a tutto si sente il problema della recessione, parlare col dottore, se dovesse quindi ti fanno pesare di più le prestazioni per disgrazia succedere ancoche chiedi. A chi sostiene che con l’invalidità ra qualcosa del genere, visto si diventa sciori rispondo: “Provate voi”. Ma che comunque i medici sono se ci si domanda come mai l’invalidità va in coperti dalle assicurazioni. fallimento: è perché spesso buttano i soldi Con una causa, invece, arrifuori dalla finestra. Comunque ho la fortuvi al massimo alla restituziona di avere tante persone che mi vogliono ne dei soldi spesi per l’avvobene. E sono contenta di aver conosciuto Pro cato. Si dice degli altri paesi, Infirmis, che mi ha dato una sicurezza anche ma la Svizzera non è poi tandal lato finanziario. Ho imparato a guardare to diversa. In più da noi ti il positivo delle situazioni: per esempio non obbligano ad avere le assicusono più così dipendente dagli orari della razioni, e quando però ne hai società e posso ascoltare di più il mio corpo. bisogno ti dicono che qui c’è Tante volte mi dicono che sono molto soruna clausolettina, qui ce n’è ridente. È il mio carattere. E poi a piangere un’altra... Credo sia imporcambia qualcosa?

Renata Goldhorn

Vitae

ono nata e cresciuta a Losone, dove ho frequentato le scuole elementari, in una famiglia numerosa di 11 figli tra fratelli e sorelle. Quando avevo 12 anni ci siamo trasferiti a Gerra Piano. Terminate le Maggiori ho frequentato a Locarno l’avviamento commerciale, cioè un anno di transizione prima di iniziare l’apprendistato, dove con il primo infortunio – ho picchiato il ginocchio contro lo spigolo di una porta – sono iniziate le mie disgrazie. In seguito a quell’incidente sono stata operata 12 volte e sono riusciti, dopo tante peripezie, a rimettermi in piedi. Nei pochi anni che ho potuto rimanere senza stampelle mi son buttata nel lavoro che desideravo fare, la ristorazione. Purtroppo nel 1991 sono inciampata in una scala e mi son rotta di nuovo lo stesso ginocchio. Così è ricominciato il calvario: operazioni su operazioni... Ho provato due protesi, che però sono state entrambe rigettate. A me non interessava tanto il camminare dritto, ma volevo almeno non avere più dolori. Restava allora la soluzione dell’artrodesi, attraverso la quale non essendoci più l’articolazione del ginocchio sono state fatte crescere insieme la tibia e il femore rendendo la gamba bloccata. Ma ciò non ha portato alla soluzione desiderata: i dolori si sono acuiti, per cui camminando con le stampelle non ho più potuto appoggiare il piede, finché non hanno più tenuto nemmeno le braccia, molto probabilmente per il logorio di andare avanti in quel modo. Adesso non posso più camminare anche a causa di due ernie cervicali, operate tre anni fa per non perdere la mobilità delle braccia. A quasi 51 anni mi ritrovo sul gobbo un numero esasperato di interventi chirurgici, 54, ma spero di arrivare prima di morire almeno a una media un po’ civile di operazioni... Comunque sono già stata peggio di adesso che ho la mia casetta, i miei gatti, e

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CALENDARI MEDIEVALI

I TEMPI DELLA VITA Il calendario: una suddivisione dei dodici mesi in 365 giorni che porta con sĂŠ una storia antichissima e ricca di eventi. A questa appartengono anche i cicli dei mesi raffigurati in alcuni edifici religiosi del Ticino e dei Grigioni che presentiamo in questo breve viaggio

di Raffaella Carobbio; fotografie di Alessandra Meniconzi


I

II

III

IV

in queste pagine: la rappresentazione delle dodici stagioni presente nella chiesa di Santa Maria a Mesocco. Nel De controversia mensium, Bonvesin de la Riva (XIII sec.) narra la disputa che vede i mesi dell’anno contestare a Gennaio il suo primato: “Mentre Gennaio se ne stava vicino al fuoco, per paura del freddo, i mesi si sono riuniti adirati e infuriati proprio per l’invidia di colui che è loro signore, cioè ser Gennaio, che vive senza lavorare (...)”

Almanacchi, calendari e riforme del tempo Tempo cosmico e tempo umano, naturale e sacro, della quotidianità individuale e collettiva. Da che esistono, i calendari tentano di scandire e conciliare queste dimensioni: la regolamentazione del tempo è dettata dalle esigenze religiose, politiche e sociali delle comunità che rispecchia fedelmente. Civiltà e religioni elaborarono i propri calendari – i maya, gli antichi cinesi, i romani, gli arabi (e dall’arabo viene l’almanacco: “il libro dei mesi”) ecc. – e ognuno di questi popoli è l’espressione di una particolare concezione del tempo. Anche il potere politico cercò, in diverse fasi della storia, di imporre il proprio sigillo alla scansione del tempo (pensiamo per esempio al calendario post Rivoluzione francese). La stessa parola “calendario” risale all’epoca romana: il calendarium era il libro in cui venivano annotati i conti, infatti

gli interessi dei prestiti venivano pagati alle calende, ossia il primo giorno del mese. Ai Romani, in particolare alla riforma attuata nel 46 a.C. da Giulio Cesare, si deve il numero dei giorni che compongono l’anno e l’introduzione dell’anno bisestile. Successivamente nel 1582, papa Gregorio XIII introdusse una nuova riforma per ovviare alle imprecisioni del calendario giuliano. Il calendario gregoriano non venne adottato ovunque allo stesso tempo: nei paesi protestanti, in particolare in Germania, venne adottato solo attorno al 1700, mentre nei paesi di religione ortodossa il calendario giuliano rimase in vigore fino all’inizio del 1900. Una rivalutazione del lavoro umano I primi calendari figurati risalgono all’antica Grecia e si ricollegano alle feste religiose e alle divinità che le presiedo-


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“(...) Parla Marzo arrabbiato e dice rudemente col capo tutto scarmigliato: «Anch’io sono stato beffato da Gennaio e son stato da lui trattato come un servo disprezzabile. Io poto le viti con le mie mani e so ben tendere i pampini, da ciò si ha l’abbondanza di vino che lui poi dilapida. E lui non mi esprime nessuna riconoscenza e questo dimostra la sua superbia ancora, io faccio apparire la violetta profumata che annuncia il prossimo arrivo dell’estate, preparo e semino gli orti di cui tutti usufruiscono. Di tutti questi beni che faccio, gennaio non fa nulla» (...)”

no. In epoca cristiana il primo calendario figurato porta la data del 354: si tratta del Cronografo del calligrafo pontificio Filocalo. Quest’opera costituirà, per quanto riguarda la personificazione dei mesi, la principale fonte alla quale attingeranno gli autori dei calendari medievali. Infatti, l’arte religiosa medievale si appropria del tema del calendario e in numerose chiese dell’epoca si possono osservarne le raffigurazioni. Particolarmente interessante è il fatto che quest’iconografia – come nota Simona Boscani Leoni in un saggio apparso sul n. 23 del 2007 della rivista di GEA - Associazione dei geografi, www.gea-ticino.ch – si distingue soprattutto per l’introduzione di scene che rappresentano il lavoro agricolo. Ma le prime raffigurazioni dei lavori dei mesi si trovano in manoscritti d’epoca carolingia (in particolare il De rerum natura di Beda risalente al VII secolo).

Il calendario scandisce non solo il tempo sacro ma anche quello dell’uomo: un tempo finito, segno della caduta dell’uomo dopo il peccato originale. A partire dal XII secolo, il lavoro – assieme alle personificazioni dei mesi – prende il posto delle feste religiose, conquistando nuova importanza nell’ambito culturale cristiano. Il succedersi ciclico dei lavori agricoli e delle stagioni si ricollega e rispecchia la ciclicità del calendario liturgico, con le sue feste e i suoi riti. E il lavoro non è più, soltanto, il castigo conseguenza della cacciata dall’Eden – come per l'ordine dei benedettini –, ma assume un valore sempre più positivo, anche se si tratta di una rivalutazione che avviene lentamente e che si manifesta in particolare nella regola di alcuni ordini monastici come, per esempio, i cistercensi.


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“(...) Ser Gennaio mi ha messo dopo gli altri, così come ultimo. Ma io non sopporterò quel ghiotto baccanare... Io son più degno di lui e lui invece si fa beffe di me. Io gli preparo luganighe e insaccati, gli faccio avere cervellate e tomacelle e per merito mio ha uccelli e prodotti della caccia. La festa di Natale, nella quale gli uomini prendono conforto, sta a casa mia e facciam gran festa, ma ser Gennaio malvagio non dà nessun buon frutto che lo renda degno di tanta signoria”

I calendari medievali della Svizzera italiana In Ticino e nei Grigioni si trovano alcuni esempi di calendari medievali molto interessanti. Fra questi il ciclo dei mesi nella chiesa di Santa Maria a Mesocco e quello di San Michele a Palagnedra risalenti al XV secolo: il primo è opera dei Serengnesi, quello di Palagnedra di Antonio da Tradate. Le raffigurazioni dei mesi sono molto simili e denotano la vicinanza geografica: infatti in entrambi, tra i lavori dei mesi si trovano la raccolta delle castagne, le attività legate all’allevamento dei bovini – così importanti per gli abitanti delle valli alpine – o la cerealicoltura, assente in calendari realizzati in altre regioni (per esempio, dove non crescono castagni). Lavori legati alla terra e al clima, e quindi caratterizzati dall’appartenenza locale. Infatti, un altro aspetto interessante è dato dal fatto che a differenti latitudini i lavori

agricoli avvengono in tempi diversi, e di conseguenza le loro raffigurazioni “migrano” lungo il calendario, per cui nei calendari del sud d’Europa la vendemmia rappresenta il mese di agosto piuttosto che quello di settembre od ottobre. Fra le molte particolarità dei calendari della Svizzera italiana si potrebbe ancora osservare come accanto al lavoro venga descritto anche il solarium, il divertimento sia dei nobili sia del popolo (per esempio la falconeria o il Calendimaggio) In questi cicli è dunque possibile leggere tanto la complessa elaborazione del concetto di tempo che viene a svilupparsi nel corso dei secoli in questione, quanto la relazione che lega queste raffigurazioni sia alle tradizioni culturali precedenti – tanto cristiane quanto pagane – sia alle peculiarità di un territorio circoscritto (con i suoi particolari tipi di colture e pratiche agricole) ■


sopra: un’ulteriore testimonianza di questo tipo di iconografia è presente nella chiesa di San Bernardo a Monte Carasso in prima di reportage: chiesa di San Michele a Palagnedra. Nell’antico coro – ora adibito a sacrestia – la raffigurazione allegorica dei dodici mesi, opera tardogotica di Antonio da Tradate


Goffredo Parise Guerre politiche Adelphi, 2007

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Abbiamo letto per voi Goffredo Parise (1929–1986)

rappresenta una figura singolare nel panorama della cultura letteraria di lingua italiana del secondo dopoguerra. Scrittore, giornalista, sceneggiatore, uomo profondamente legato alle origini venete e alla realtà della provincia vicentina, rappresentata con sarcasmo e senza tentazioni nostalgiche, si affermò grazie una scrittura veloce e vibrante (la memoria corre in particolare ai Sillabari), che seppe incantare lo stesso Montale. Spinto da una sorta di insopprimibile curiosità per il mondo che ha fatto parlare alcuni critici di uno scrittore divenuto adulto ma con occhi di bambino (Silvio Perrella), Parise si accostò a esperienze artistiche ed espressive diverse con leggerezza ma anche con

un eclettismo quasi da umanista che in parte lo accomuna a un altro grande intellettuale del nord-est italiano, Pier Paolo Pasolini. La sua carriera giornalistica lo condusse per alcuni anni, dal 1967 al 1973, lontano dalle sue terre, in paesi – Vietnam, Biafra, Laos, Cile – attraversati da conflitti e crisi umanitarie profonde. I reportage che ne scaturirono, raccolti da Adelphi nel 1976 sotto il titolo, a mio parere non pienamente rispondente, di Guerre politiche, testimoniano della particolare capacità di analisi e lettura della realtà dello scrittore vicentino. Come ha scritto Raffaele La Capria, “Parise possedeva l’intelligenza del cuore”, ed è proprio attraverso questo “strumento” che vengono descritte le vicende di uomini e

donne coinvolti nello spietato gioco della storia. Le informazioni di carattere geopolitico, le riflessioni tecniche e le disquisizioni ideologiche non rientrano in queste pagine ma restano sullo sfondo. È piuttosto l’umanità a essere colta nella sua essenza profonda e nelle sue differeze antropologiche (bellissima la descrizione dei minuscoli vietcong di fronte all’imponente e pluritatuato ufficiale americano). La passione per l’altro da sé, i momenti di profonda paura per la propria incolumità fisica, la crudezza di certe descrizioni vengono filtrati da una scrittura repentina e scattante e da una lucida capacità di analisi che trasforma questi reportage in un veri e propri paradigmi giornalistici.

» di Fabio Martini

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Astri toro

gemelli

cancro

Grazie a Marte in trigono, il 2010 inizia in maniera dinamica e positiva. Se siete nati nella seconda decade, attenti a non incappare in errori di comunicazione, soprattutto nell’ambiente professionale.

Gennaio alla grande grazie ai transiti di Marte e Venere. Vita sentimentale ok. Possibile incontro con l’anima gemella. Amori karmici per i nati in aprile. Marte in quadratura per i nati della seconda decade.

Tra il 3 e il 4 gennaio la Luna assieme a Marte formerà un magnifico sestile. Grazie a questo aspetto potrete riscoprire una maggiore fiducia in voi stessi. Vita sociale in fermento. Svolte professionali. Rischiate di più!

Il 2010 inizia con Mercurio e Venere in opposizione. Possibili disguidi con il partner provocati da una carenza di comunicazione. Grandi cambiamenti per i nati nella prima decade provocati dagli aspetti con Plutone e Saturno.

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Grazie ai transiti di Mercurio e Venere facilitati gli incontri sentimentali in ambito professionale. I nati nella seconda decade, soprattutto tra il 3 e il 4 agosto, dovranno controllare la propria irascibilità.

Il 2010 inizia con un momento favorevole per le vostre attività professionali, soprattutto se inerenti a un settore creativo. Puntate sull’investimento tecnologico. Possibili incontri con persone importanti e carismatiche.

Avvio dell’anno alla grande per i nati nella terza decade enormemente favoriti dai transiti di Giove. Successo e fortuna professionale. Difficoltà familiari per i nati nella prima decade per mancanza di comunicazione.

Il transito di Marte in Leone viene accompagnato da un calo energetico. Possibili discordie con il partner riconducibili a una reciproca affermazione delle rispettive personalità. Incontri e nuove storie d’amore.

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Tra il 3 e il 4 gennaio potrete godere di un importante transito tra Marte e Luna. Grazie a questa configurazione troverete la giusta determinazione per iniziare bene il nuovo anno. Incontri con donne importanti.

Situazioni inaspettate tra il 6 e il 7 gennaio. Mentre i nati di dicembre privilegeranno gli incontri con persone più mature, i nati in gennaio saranno maggiormente attratti dalle persone più giovani.

Se volete osare, dovete assolutamente farlo in questo periodo. Ormai non potete più rimandare. Giove ritornerà nel vostro segno fra 12 anni. Se saprete rischiare vi premierà proficuamente. Luna ballerina.

Il 2010 inizia bene per via dei benefici transiti in Capricorno. Potrete realizzare importanti progetti insieme al vostro partner e ricevere aiuto da parte di un amico influente. Con il transito di Marte possibili attacchi di ansia.

» a cura di Elisabetta

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1. Così si definisce ironicamente qualcosa di stupendo • 2. Mezza paga • 3. La giudichessa d’Arborea • 4. Una pedina coronata • 5. Abbrancare • 6. Scuola filosofica buddhista • 7. Rosa nel cuore • 8. Appunto • 9. Particella elementare • 13. Lo trova... chi trova un amico • 16. Falò, incendio • 18. I confini di Locarno • 21. Cortili agresti • 23. Assembla libri • 24. Recinti • 26. Uncini da pesca • 30. Seggi regali • 32. Nulla • 37. Ha scritto “E le stelle stanno a guardare” • 40. Spagna e Uruguay • 42. Attraversa l’Egitto • 44. Due al cubo • 46. Prep. semplice • 49. Consonanti in elogio • 50. Mezzo granello di pepe.

Verticali

1. Intervento chirurgico • 10. Il filosofo di Mileto • 11. La nota più lunga • 12. La sigla del Tritolo • 14. La bevanda che si filtra • 15. Località grigionese • 17. Città israeliana • 19. Il “de” tedesco • 20. L’ha buono chi ha fiuto • 22. Astuccio per sarti • 24. Consonanti in siero • 25. Moderato, controllato • 27. Palla... al centro • 28. Emirato arabo • 29. Romania e Thailandia • 31. Uno detto a Zurigo • 33. Ghiaccio inglese • 34. In mezzo al mare • 35. Allegro, brioso • 36. Librarsi • 37. Il rilancio del pokerista • 38. Prep. semplice • 39. È vicino a Minusio • 41. Il Paoli, cantautore • 43. Segue il fulmine • 45. Ispide • 47. Il nome di King Cole • 48. Fiume bavarese • 50. Il bel Brad • 51. Lo si cerca invano nel pagliaio • 52. Università.

Orizzontali

A quale romanzo appartiene il seguente finale? La soluzione nel n. 3. Al vincitore andrà in premio Il cuore dell’Himalaya di Gian Antonio Romano. Fatevi aiutare dal particolare del volto dell’autore e inviate la soluzione entro giovedì 31 dicembre a ticino7@cdt.ch oppure su cartolina postale a Ticinosette, Via Industria, 6933 Muzzano.

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Schema realizzato dalla Società Editrice Corriere del Ticino

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“Al lido! dico io. Non nelle strade, e non negli uffici delle sue banche. O forse fuori, sul lago! verso il ramo di Gandria, davanti alle Cantine, dove tre amici, sparse le ceneri del quarto, su vele bianche uguali e spaiate, si sfidano in una regata che per primo ha un giro di birra spinata al bar del Gambrinus”. Il premio

Le soluzioni verranno pubblicate sul numero 3.

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Soluzioni n. 52 N

Il cuore dell’Himalaya (2008) è una cartella fotografica composta da 17 immagini a colori di 30x30 cm. All’interno, accompagnagno le fotografie di G. A. Romano scritti e proverbi della tradizione asiatica e diversi altri contributi. Della cartella e del progetto umanitario che ne è all’origine rimandiamo a Ticinosette n. 51.

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La soluzione a Epigoni è: Il commissario Hunkeler e la mano d’oro di Hansjörg Schneider (Casagrande, 2009). Nessun lettore ha correttamente risposto al concorso del numero 52.

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27.7.2009

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© Amnesty

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www.amnesty.ch/dignite

LA POVERTÀ NON È UNA FATALITÀ DIRITTI UMANI = MENO POVERTÀ

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AMNESTY INTERNATIONAL Centro regionale della Svizzera italiana . Via Besso 28 . 6900 Lugano T: 091 966 34 74 . E: centroregionale@amnesty.ch . www.amnesty.ch/dignite

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