Ticino7

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№ 16 del 18 aprile 2014 · con Teleradio dal 20 al 26 apr.

La via deL sacro

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Ticinosette n. 16 del 18 aprile 2014

Impressum Tiratura controllata 66’475 copie

Chiusura redazionale Venerdì 11 aprile

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

4 Arti Jazz. Ricordando Jim Hall DI TITO MANGIALAJO RANTZER .......................................... 7 Società Pellegrinaggio. Metafora della vita DI DON ROLANDO LEO ............................... 8 Letture La nuova era DI MARCO ALLONI ..................................................................... 9 Levante Il prezzo della libertà DI MARCO ALLONI ...................................................... 10 Concorso fotografico La foto del mese DI GIAN PIERO PAMPURI ............................. 11 Vitae Ponzio Pilato DI ROBERTO ROVEDA..................................................................... 12 Reportage Varese, il Sacro Monte DI ROBERTO ROVEDA; FOTO DI REZA KHATIR ................ 37 Tendenze Fuori dal teatro DI LAURA DI CORCIA ......................................................... 42 Cucina Dalla parte del cibo (1) DI PATRIZIA MEZZANZANICA ......................................... 44 Svaghi ................................................................................................................... 46

Agorà Arte. Critica poco critica?

DI

MARCO JEITZINER...................................................

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Salendo al Sacro Monte di Varese Fotografia ©Reza Khatir

Arte al palo L’ingresso nel nuovo millennio ha segnato legga a riguardo il pezzo di apertura di Marco un cambiamento profondo nei processi di Jeitziner). Certo, i “festival” spopolano (si produzione artistica e la crisi ha peggiorato apre fra poco Chiasso Letteraria 2014 con un la condizione economica di scrittori, mu- programma interessante di cui tratteremo a sicisti, attori e danzatori ecc. In un recente breve), tentativi più o meno riusciti di rivitaarticolo a firma Robert McCrum pubblicato lizzare un rapporto, quello fra pubblico e ausull’Observer e tradotto in italiano dal setti- tori, che la società contemporanea, nella sua manale Internazionale (n. 1043 del 21 marzo compulsività mercantile, sta distruggendo. 2014), lo scrittore Rupert Thompson, classe Resta la speranza e una certezza: la creatività 1955, considerato uno fra i migliori narratori è un elemento connaturato all’essere umano. britannici, interpellato a riguardo, dichiara Si tratta di trovare nuove vie. “Non compro niente, né vestiti né beni di lusso, Buona lettura, Fabio Martini niente. Non ho una rendita né una moglie ricca, un’eredità o una pensione. Non ho nulla a cui potermi appoggiare. Non c’è alcuna rete di sicurezza”. ”. Anche lo scrittore Hanif Kureishi, ben noto a livello internazionale, vive una condizione di grave difficoltà economica. E così via. Per chi, come il sottoscritto, è cresciuto in un universo in cui libri e dischi si acquistavano nei negozi, le recensioni avevano un peso e i giornali si leggevano – torniamo a citare McCrum – “èè come se un intero ecosistema culturale fosse stato spazzato via”. ”. Ma a chi dare la colpa di tutto questo? Di sicuro, internet e la digitalizzazione hanno demolito il diritto d’autore, Per vincere il premio di 250 CHF in palio chiamate lo 0901 una rivoluzione tecnolo59 15 50 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì gica compiuta in nome di 24 aprile 2014 e seguite le indicazioni lasciando la vostra una supposta conoscenza soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina libera e globale ma attuata postale con la vostra soluzione entro martedì 22 attraverso una sistematica e aprile a Twister Interactive AG “Ticinosette - Concorso “condivisa” pratica di rapina pasquale”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw culturale. Intanto, la critica, sempre più marginalizzata sui Il nome del vincitore verrà segnalato sul n. 18 media, o ridotta a puro esercizio in distribuzione il 2 maggio 2014. bloggistico-onanistico, ha perso la sua Buona fortuna! funzione di riferimento per i fruitori (si

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Critica poco critica? Arte. I critici ticinesi sono troppo buonisti nei loro giudizi sulle opere e gli artisti ticinesi? Perché? Quali le conseguenze per il settore, il pubblico e la cultura? Una riflessione tra letteratura, cinema, musica, teatro e televisione… di Marco Jeitziner

A

pprofondimento oppure semplice segnalazione o, peggio, “marchetta”? Il ruolo della critica d’arte, per la sua capacità di dividere e scontrarsi su forme e contenuti, ci pare non solo fondamentale per informare e orientare il pubblico, ma soprattutto è “un segno di civiltà, di vitalità di una cittadinanza”, come afferma lo storico italiano della televisione Giorgio Simonelli1. Tentiamo dunque una riflessione rivolgendo lo sguardo alla Svizzera italiana, limitandoci per ovvi motivi ad alcune arti (letteratura, cinema, musica, teatro) e dopo aver letto e ascoltato i nostri critici sui media nostrani.

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Quale critica? Il punto di partenza è il seguente: perché la critica ticinese ci pare così poco critica verso i nostri artisti? Perché talvolta, addirittura, tace? Con quali conseguenze per il pubblico e il mondo culturale? La critica che noi intendiamo è quella a cui alludeva Charles Baudelaire, onesta, appassionata, libera, affinché “apra più orizzonti possibili”2. Ci siamo invece imbattuti nel vezzo piccolo borghese che già lamentava tempo fa Francesco Chiesa, intellettuale di casa nostra, del “gretto sciovinismo” e della “faciloneria” tipica della sua (nostra) “repubblica delle iperbole”3. Non siamo i soli ad affermare che gli intellettuali di oggi sono complici del decadimento culturale (e non solo) a cui assistiamo. Questi, al contrario di Chiesa, da troppo tempo tacciono e, proprio perché silenti, qui vengono dati per morti4. E non saremo i soli a dire che anche la critica nostrana è complice del misfatto, perché troppo spesso preferisce l’ambivalenza del silenzio (si acconsente o no?) alla sana discussione. Che abbia ragione il critico italiano Fabrizio Ottaviani per cui alla “mancata stroncatura” corrisponde il “mancato riconoscimento”5? Può darsi, ma allora che lo si dica chiaramente. E invece, evitando la stroncatura ma scegliendo la compiacenza, costoro non solo dimostrano disonestà intellettuale, ma rifuggono l’ovvietà intrinseca alla critica: c’è ben poco da salvare, il resto è da buttare. Così volgiamo lo sguardo a quell’Italia a noi bislacca ma patria di Giulio Ferroni, critico letterario che bacchetta le pagine culturali di prestigiosi giornali, perché avulse di critici professionisti (come lui) e redatte da giornalisti “spesso solidali e amici dello scrittore che recensiscono”.6 Patria di Adriano Aprà, critico cinematografico che già negli anni settanta disse che – e ci sia concessa la citazione – a

parte qualche perla o qualche stella che brilla, ormai “ci circonda la merda”7. Viva la leggerezza Dario Robbiani, in veste di presidente dell’Associazione scrittori della Svizzera italiana, affermò che in Ticino “gli artisti della penna (…) sono pochi”8. Parole che risuonano come cannonate nell’euforica grancassa editoriale a cui (quasi) tutti i nostri critici ci hanno abituati. Un giallista ticinese ha trovato un editore in Italia e sembra talmente bravo che non abbiamo trovato un solo rimprovero dai professionisti, né ticinesi, né italiani, ma soltanto da alcuni lettori. Domanda: se tutti i critici sono concordi, che senso ha la critica? Se critico è soltanto parte del pubblico, a chi compete allora la critica? Una giallista nostrana si autopubblica e ci risulta che da noi è sempre stata segnalata (recensita sarebbe dire troppo) positivamente da redattori culturali navigati, ma persino dai novellini. Domanda: se un editore non è sempre indice di qualità, perché questo libro in Italia non è stato accolto in modo sempre favorevole dai critici? Premettendo che il pubblico vorrà sempre sapere cosa c’è (o non c’è) dietro a un libro, è chiedere tanto che la critica giunga “non da un giornalista qualsiasi ma da chi è competente e preparato”, come scrive giustamente la collega Natascha Fioretti?9 Questo, ci dice Fabiano Alborghetti, poeta e operatore culturale italo-svizzero, “significa sottovalutare la capacità di comprensione del pubblico, abituarlo alla diseducazione e indirizzarlo al doversi accontentare piuttosto che il contrario. Alcuni giornalisti questo lo sanno però, e lavorano con delicatezza e competenza, alzando sempre l’asta di una tacca. Ci sono isole felici”. Ma, continua, “alla base di questa piramide c’è infine un livellamento culturale pericoloso, un azzeramento della critica intesa come scambio o innovazione”. La critica in Ticino spesso non è tale, ma semplice segnalazione, “giusto per fare «il compito a casa»” rincara Alborghetti, che distingue: “la critica ha un peso ed è diretta all’approfondimento e al dibattito, la recensione ha per funzione la divulgazione. Sono importanti entrambe ma troppo spesso si preferisce la «leggerezza» della seconda”. Cinema: “reticenza o compiacenza” Piccolo che sia il Ticino, ci rallegriamo del suo fermento cinematografico, ma la sua qualità non viene mai messa in discussione dai professionisti. Non si trova un Pao-


Immagine tratta da wikipedia.org

lo D’Agostini (Corriere della Sera) ticinese che annienta l’ultimo film di un monumento nazionale qual è Carlo Verdone. Non c’è un Alberto Pezzotta (Corriere della Sera) nostrano che riconosce che “la situazione è tragica ma anche ridicola” perché il critico acritico è “sempre più accessorio”10. Da noi, a parte qualche rarissima bacchettata, il più delle volte amalgamata al panegirico, la benevolenza è sempre di casa. “L’impressione è che, finché si tratta di produzioni che non ci toccano direttamente, tutto va abbastanza bene. Sia alla radio che sulla stampa si possono trovare contributi competenti e appassionati” ci dice Claudio Lo Russo, cinefilo con esperienze a Roma e capo redattore cultura a LaRegione. “Il problema, piuttosto, si pone quando dobbiamo parlare di noi stessi”. Cioè? “Sappiamo tutti che la nostra è una realtà piccola, ben presto ci si conosce tutti. E questo non aiuta i produttori a scegliere che cosa realizzare, né i giornalisti a valutarlo criticamente. Credo si noti in questo senso una certa reticenza o compiacenza”. E torniamo all’iperbole del Chiesa: se non amassimo tanto autocelebrarci, perché mai creare il “Premio Cinema Ticino”, un unicum svizzero a quanto ci consta, nemmeno nato tra critici e cinefili ma tra le fila dei politici11? Potremmo confidare in una “nuova critica” che verrà, ma le poche presenze nelle sale ticinesi e svizzere a incensatissime finzioni ticinesi (salvo forse “Frontaliers” e “Sinestesia”) potrebbero farci cambiare idea12. Musica: “malsane le critiche solo positive” Per quanto riguarda la musica (e pensiamo solo ai generi pop-rock)... la musica non cambia! “È certo che si trova assai poco nella carta stampata ticinese” osserva Zeno Gabaglio,

eclettico musicista, compositore e recensore (Azione). Gli interventi, dice, “sono più spesso rivolti alla presentazione – magari con intervista ai protagonisti – che non alla critica, anche perché ai musicisti e agli organizzatori interessa di più la promozione che non un giudizio potenzialmente anche negativo”. Ma, avverte, “le critiche esclusivamente positive probabilmente non sono sane, e se non ci sono stroncature è forse perché si pensa che la critica peggiore sia quella di tacere del tutto un certo argomento”. Il motivo è che, continua Gabaglio, “la nostra regione è troppo piccola e pensare di limitare ad essa la portata del proprio lavoro (dischi, concerti, video ecc.) è una strisciante ammissione di dilettantismo”. Eventi come “Palco ai giovani” non sono forse esempi di strapaese? I critici nostrani tacciono. Ma, rincara Gabaglio, “quello che stupisce è piuttosto l’inesistenza di webzines ticinesi (pubblicazioni online indipendenti, ndr.) in cui gli appassionati di musica potrebbero esercitare in modo pubblico la propria capacità di critica”. In realtà, qualcuno ci ha provato, ma nel webzine “universomusica” bisognava “astenersi dal commentare il disco di una band della propria regione” a causa della “difficoltà nel rimanere obiettivi”13. In “musicalmonitor” la critica nostrana non fa testo. Nel nuovo “pnpmag”, stando ai responsabili14, si tratterà anche la musica ticinese: aspettiamo fiduciosi. Una novità è anche “bmint”, dove però la stroncatura non sembra esistere. A noi pare che di musica nostrana non si dibatta mai, ma crediamo sia importante sapere se un concerto è stato buono o meno e, come dice Fioretti, se “questo poi accada sulla carta o sul web, poco importa”. Teatro: dilaga il buonismo Scriveva l’autore ticinese Pierre Lepori: “la critica teatrale nei giornali ticinesi è spesso limitata ad alcune osservazioni su trama della commedia e dizione degli attori”15. Lo stesso discorso lo si potrebbe fare per la danza, ma tutti o quasi i critici teatrali ticinesi non sembrano (saper o voler) andare oltre una generale compiacenza. Lontanissimi dall’Italia di un Paolo Isotta (Corriere della Sera), talmente critico da essere ritenuto persona non grata alla Scala di Milano; siamo lontani anche dagli anni cinquanta di un Plinio Grossi, allora giovane redattore nostrano, che castigava persino la blasonata compagnia “Piccolo Teatro della Svizzera italiana”16. Oggi non c’è da stupirsi se tutti i siti internet delle compagnie sfoggiano, giustamente, soltanto lodi e complimenti a mezzo stampa, manco fossero tutti degli Albertazzi o degli Shakespeare. Degni di nota almeno due fatti. In Ticino non è stato un regista o attore nostrano, ma italiano, a criticare17 la politica istituzionale delle sovvenzioni pubbliche a pioggia che, invece, sembra convenire a tutte le compagnie nostrane, critici compresi18. E non è stato un critico ma un direttore artistico nostrano a sostenere che, dagli anni ottanta, “si sono moltiplicate le compagnie (...)

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I critici nostrani sembrano divisi solo tra chi coltiva l’apologia universale (si loda l’intera scena ticinese recensendo magari due sole compagnie!) e chi il vittimismo sciovinista (impegni organizzativi, manca il tempo, c’è poco spazio in pagina ecc.), ma alla fine si assomigliano tutti, annullandosi.

in maniera secondo me abbastanza scriteriata (…)”, con una “produttività poco omogenea, sia a livello quantitativo che qualitativo (…)”19. I critici nostrani sembrano divisi solo tra chi coltiva l’apologia universale (si loda l’intera scena ticinese recensendo magari due sole compagnie!) e chi il vittimismo sciovinista (impegni organizzativi, manca il tempo, c’è poco spazio in pagina ecc.), ma alla fine si assomigliano tutti, annullandosi. Tanto vale, dicono i secondi, riempire questo misero spazio nei giornali ticinesi “valorizzando ciò di cui gli altri di solito non scrivono”20. Ma gli “altri”, cioè i giornali italiani più ricchi di pagine culturali, perché mai dovrebbero scrivere del teatro ticinese? Non ci è chiaro. Infine, appunto, ecco ancora quel “valorizzare”, ad libitum, sempre e ancora, compreso il pacchiano e il dozzinale. Non ricorda un po’ l’avanspettacolo?

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“Senza critica invecchia il paese” Se il pluralismo alla RSI è un dovere, allora nella critica (pluralista) c’è qualcosa che non funziona: non esistono filmacci ticinesi, né letteratura spazzatura, tantomeno musicaccia ecc. Possibile? Ovviamente no, ma la RSI, diceva dieci anni fa l’intellettuale, scrittore e critico Guglielmo Volonterio, forse “è incapace di proporre una critica (...) che abbia le carte in regola”21? Per Lo Russo l’ente “si limita a fare da cassa di risonanza, più che a proporsi come occasione di lettura critica, rinunciando così a valorizzare i propri giornalisti più preparati”. Così, continua, “non si rende un gran servizio al suo autore, magari giovane, al quale è più utile una critica onesta e costruttiva. E se magari qualcuno la propone, scatta il sospetto che sia mosso da misteriosi motivi personali”. Se il problema fossero le coproduzioni e i finanziamenti RSI, allora perché alla RAI (“Cinematografo”, RaiUno) la critica ai film, anche vivace, esiste e non alla RSI? Noi da valide trasmissioni culturali RSI com’era “Festa Mobile”, o come sono “Cult tv” e “Turné”, peraltro spesso pensate e condotte da giovani, ci aspetteremmo forse qualcosa di più22. Per Maurizio Canetta, già capo dell’informazione e futuro direttore RSI, ammettere che nel criticare un autore ticinese, rispetto a uno straniero, si sta più attenti agli aggettivi, non è riconducibile a una questione di autocensura, quanto piuttosto alla “coscienza di dove va a finire il tuo prodotto”23. Ci chiediamo: non si finisce in questo modo per confondere la pacatezza con il quieto vivere e la cautela con l’obiettività? “La critica in Ticino è insufficiente, innanzitutto in termini di quantità. Sommando quotidiani e periodici si arriva al numero desolante di tre o quattro rubriche televisive. E come se non bastasse, non tutte sono un esempio di professionalità” ci dice Antonella Rainoldi (Azione, Per.Corsi) che, con Marisa

Marzelli (Corriere del Ticino), è l’unica critica televisiva in Ticino. “Il primo motivo è che l’esercizio critico – che non è la marchetta né lo sfogo da bar sport – ha bisogno di distanza. La maggior parte dei giornalisti ticinesi, invece, ha un sogno da coronare: entrare alla RSI. Il secondo è la competenza: per chi si occupa di critica televisiva è condizione necessaria. Per arrivarci occorre scarpinare molto: studiare, leggere, viaggiare, partecipare a dibattiti, stabilire un rapporto intenso con i più grandi maestri. Il terzo motivo riguarda la direzione del giornale: dal momento in cui decidi di occuparti di TV devi poter contare su un capo che sia pronto ad attraversare momenti difficili per causa tua. La critica infastidisce e a volte crea problemi. Peter Schiesser, il redattore responsabile di Azione, ha spalle larghe. La critica televisiva” conclude Rainoldi, “offre spunti, analisi, valutazioni, chiavi di lettura e aiuta il lettore a capire la TV e a coinvolgerlo nel dibattito. Senza critica invecchia il paese e, come dice Aldo Grasso, «invecchiano anche i programmi e i conduttori»”. note 1 Riferito a due opposte recensioni sul film “La grande bellezza”, ilfattoquotidiano.it, 30.5.2013. 2 “À quoi bon la critique?”, in Salon de 1846 (pubbl. Michel Lévy frères, 1846). 3 Da G. Pedroli, Il socialismo nella Svizzera italiana 1880-1922 (Feltrinelli, 1963). 4 Nel 2012 “Il mattino della domenica” pubblicò un annuncio funebre per lo scrittore Giovanni Orelli. 5 il Giornale, 3.3.2006. 6 il Giornale, 22.4.2010. 7 In Critici e autori: complici e/o avversari?, a cura di G. B. Cavallaro, Marsilio, Venezia 1976. 8 assi-ti.ch/uploads/images/Foto/Edicola/LeggerTI/16.pdf 9 Corriere del Ticino, 4.2.2013. 10 In Brancaleone - Cinema cultura società, Milano, 2007 (pdf). 11 Si veda il dibattito parlamentare “Legge sul cinema”, novembre 2005. 12 Basta inserire il titolo del film all’indirizzo procinema.ch/i/index.html 13 Dalla recensione del gruppo “Kovlo” (universomusica.com). 14 ticinonline.ch, 21.1.14. 15 Nota in “Il teatro nella/della Svizzera italiana (1932-1987)”, Pierre Lepori, Berna, 2005, p. 161. 16 Da Popolo e Libertà, (14.12.1957). 17 Giornale del popolo, 17.2.2014. 18 Nel canton Vaud, per esempio, si aiutano “a rotazione” solo le compagnie più meritevoli. Più in generale, sembra che la polemica sulla “cultura sussidiata”, esplosa in Svizzera nel 2012 grazie all’ex direttore di Pro Helvetia Pius Knüsel, non sia servita a niente. 19 Dalla serie “Tracce” di P. Belli (RSI, Logos, 8.4.1996). 20 culturactif.ch, 11.4.2008. 21 ibid. 19, febbraio 2004. 22 “Tourné, la bella idea non basta”, di A. Rainoldi, Azione, 7.10.2013. 23 Ticinosette, n. 38/2012.


Ricordando Jim Hall Un omaggio a un grande del jazz da poco scomparso riascoltando due dischi che lo videro protagonista di Tito Mangialajo Rantzer

Il 10 dicembre del 2013 si è spento, all’età di 83 anni, Jim durante gli anni con Giuffre. La chitarra diventa così quasi Hall, chitarrista americano, uno dei più grandi jazzisti di un secondo strumento a fiato al fianco dell’immenso Rollins sempre, ispiratore e maestro di importanti musicisti quali (che tra l’altro in questo disco fornisce una delle sue prove Pat Metheny, John Scofield, Bill Frisell. Nato a Buffalo, più straripanti ed emozionanti). nello stato di New York, nel 1930, fin da piccolo cominciò Il primo brano, lo standard “Without a Song” è un capoa essere attirato dalla musica, entrando subito in contatto lavoro di swing, solismo, sound, ritmo: la felicità di fare col jazz grazie all’ascolto di dischi di Charlie Christian e musica e di comunicare attraverso essa la bellezza e la gioia Django Reinhardt. della vita appare evidente (spesso Diplomatosi, si trasferì sulla West inizio la giornata ascoltando un Coast, a Los Angeles, dove codisco di Rollins: una dose di viminciò a collaborare con jazzisti talità e di ottimismo dall’effetto del calibro di Chico Hamilton, durevole!). Ma è tutta la registrabatterista e band leader, nel cui zione a lasciare il segno e a fare di gruppo, sempre in equilibrio tra Jim Hall uno dei più importanti tradizione, avanguardia e sperijazzisti di sempre. mentazioni cameristiche suonò in seguito anche il grande sassoNaturalezza e perfezione fonista Eric Dolphy. Di lì a poco, Il duo con Bill Evans, invece, ci siamo nella seconda metà degli porta in un altro territorio. Underanni cinquanta, entrerà in concurrrent, fu registrato nell’aprile/ tatto con il clarinettista, sassofonimaggio 1962 e segnò il rientro sta e arrangiatore Jimmy Giuffre, in sala di registrazione per Bill suonando nel suo trio, per l’epoca Evans, distrutto dopo la morte altamente sperimentale: clarinetto improvvisa del bassista del suo (o sassofono), chitarra e contrabtrio, Scott La Faro, nel giugno basso, in seguito sostituito dal del 1961 a soli 26 anni. Questa trombone di Bob Brookmeyer, circostanza, unita al fatto che la altro grandissimo musicista e sopoetica di Evans è molto distante Jim Hall e Bill Evans al tempo della registrazione prattutto finissimo arrangiatore. da quella vulcanica di Rollins, di Undercurrent (lallysalley.blogspot.com) Da quel momento in avanti la fanno sì che qui Hall riveli un’alcarriera musicale di Hall decollò tra faccia della sua personalità. definitivamente e innumerevoli furono le sue collaborazioni Il disco è più scuro, intimista, a volte segnato da una palpanonché i dischi e i concerti con i suoi gruppi. bile malinconia. L’intreccio polifonico tra i due strumenti rasenta la perfezione, senza però diventare affettata. I due Maestro del contrappunto musicisti suonano con una grande sincerità e il loro essere, Per ricordarlo, in questi giorni ho riascoltato più volte, con la loro cifra artistica, si rivela con naturalezza. Non manimmenso piacere, due dischi degli anni sessanta che ho cano momenti davvero trascinanti, come in “My funny amato molto fin quando ero un ragazzo alle prime armi Valentine”, suonata a un tempo più veloce del solito. Qui col contrabbasso e col linguaggio jazzistico. Si tratta di The l’accompagnamento di Hall al solo di Evans lascia senza Bridge, del quartetto di Sonny Rollins e di Undercurrent, rea- fiato: il chitarrista sembra assommare in se stesso un’intera lizzato in duo con il pianista Bill Evans. The Bridge fu l’album sezione ritmica formata da chitarra, contrabbasso e batteria. che Rollins realizzò dopo quasi tre anni di ritiro dalle scene Sembra non mancare nulla in questa illusione musicale musicali, anni spesi a raffinare la sua tecnica strumentale ed creata dal grande musicista di Buffalo. Se ancora ci fossero espressiva. Il titolo nasce dal fatto che durante quel periodo dei dubbi, Undercurrrent sottolinea una volta di più l’apporto Sonny trascorreva ore e ore sul Williamsburg Bridge di New importantissimo di Jim Hall alla storia del jazz. York a studiare sassofono, dato che in casa non poteva farlo Questi due dischi sono quindi un’ottima introduzione senza infastidire i vicini. Qui l’apporto di Hall è davvero all’arte dello scomparso Hall e, per chi già lo conoscesse, essenziale: non riducendosi al mero ruolo di accompagna- riascoltarli rappresenta un ottimo modo per ricordarlo, tore, emerge tutta la sua maestria di solista e soprattutto pensando a quanta buona musica ci ha regalato in tutti di abile creatore di contrappunti estemporanei, maturata questi anni.

Arti 7


Metafora della vita Il pellegrinaggio è sempre metafora di un cammino, dello scorrere dell’esistenza, di una ricerca di se stessi e del senso della propria vita di don Rolando Leo

Tendenzialmente il cammino richiama un bisogno di rela-

zione, una ricerca anche di aiuto, la necessità di una risposta, magari a una chiamata, forse semplicemente per dimostrare a se stessi che si è, che si vale, oppure semplicemente per collezionare un’ulteriore prestazione personale, per una sfida propria o da condividere con altri. Si parte perché si è toccato il fondo, per fuggire, per riflettere, per dimenticare, per ritrovarsi, per un atto di fede, per crescere nella fede.

Società 8

elemento, una sesta corda che completa la musica, la motivazione, lo slancio e il contenuto al mio andare, mai vagabondando (come la categoria monastica dei girovaghi, mai tanto stimata da san Benedetto): la necessità di fare un po‘ di fatica e di non smettere di affidarsi.

Il programma In questi dieci anni siamo stati spesso in Italia (Umbria, Piemonte, Lombardia), Francia (Borgogna, Lourdes, la regione della Loira pernottando sui battelli lungo il fiume), l’AuSpostamento stria, lungo il Danubio, e Spostandosi, uscendo dal la Germania (recandoci a proprio ambiente, si ha Colonia nel 2005 per l’inl’impressione anche di contro mondiale dei giovoltare pagina, di darsi vani col Papa). Quest’anno un’altra possibilità, di riè giunto il momento di scattarsi, di azzerare tutto. percorrere uno dei tre Ma allora uscire da se stessi più importanti itinerari è anche bisogno di darsi medievali, dopo Gerusasperanza, sperimentando, lemme e Roma: Santiago sul cammino, l’ospitalità de Compostela in Spagna come forma sublime di ca(Galizia). La tradizione e rità (xenodokia). la storia ricordano il cammino missionario di evanSantuario gelizzazione dell’apostolo Il santuario è esperienza di Gesù, san Giacomo il del sacro, legittimazione Immagine tratta da bicizen.it maggiore (appunto, Sane conferma della validità e del valore del viaggio, simbolo dell’oltre, dell’invisibile, tiago), rappresentato nell’arte sempre con una conchiglia, occasione di purificazione e riconciliazione, è incontro col segno del suo cammino fino al mare della fine del mondo (Finisterre). L’abbiamo percorso a tratti due anni fa a piedi mistero, di cui anche l’essere umano è composto. con un gruppetto di giovani, ma è giunta l’ora di inforcaRitorno e arricchimento re la bicicletta, salire in sella, come nostra abitudine! Dopo la permanenza, dopo l’introspettiva, la fase del ritorno Partiremo in diciassette il 2 agosto e rientreremo il percorso studiaè importante. Nella permanenza immetto del mio nel san- 16, divorando circa 600 km di un tuario (ex-voto) e la reliquia che si incontra generalmente to da un gruppo di giovani studenti per noi. Si tratta di permette una sorta di processo osmotico, ripartendo con una ragazzi più o meno sportivi e appassionati di ciclismo, parte del santuario in me. Tutto ciò suscita un arricchimento dai 16 ai 24 anni, provenienti da varie regioni del Ticino e il desiderio di reiterare l’esperienza in altri momenti della e da varie esperienze, con variegati cammini di fede alle propria vita o addirittura proponendosi questi spicchi di spalle. Ci avvalliamo della preziosissima e indispensabile collaborazione volontaria di due amiche che trasferiranno vita vera con regolarità. su strada i rampichini personali, mentre noi voleremo a Madrid per poi iniziare a far girare le ruote a Burgos per Ascesi spirituale e sforzo fisico In questi anni ho ricercato sempre più anche un sesto arrivare, dieci giorni dopo, a Santiago.


Letture La nuova era di Marco Alloni

Perché un libro non fa il suo tempo? Per-

mente spietato e di grande utilità sia per giovanissimi che per adulti. Al punto che potremmo dire che con questo romanzo sono smantellati i grandi miti fasulli non solo della New Age ma di tutta quella fatuità intellettuale che nutre spesso la categoria ibrida dell’adolescenza. Un libro assolutamente da leggere, non foss’altro per scoprire come la responsabilità, la maturità, lungi dall’essere scoperte naturali della crescita, sono perpetuamente insidiate da illusioni pertinaci e profondamente insidiose. Una di queste anni fa è stata appunto il New Age (che ancora sopravvive persino in letteratura). Ma essendo il romanzo di Doninelli ben altro di un ritratto epocale destinato a esaurire la sua forza in un decennio o due, l’illusione di cui parla, i mali che questa porta con sé, continuano a sopravvivere. E ci ricordano, con stile impeccabile e sapiente indagine psicologica, come la giovinezza sia un bene da preservare ma anche un male da curare: in qualsiasi epoca e a qualsiasi latitudine.

La nuova era di Luca Doninelli Garzanti, 2002

Con un credito di CHF 10’000.– a un tasso d’interesse annuo effettivo compreso tra il 4.5 % e il 6.9 % (fascia dei tassi d’interesse) e una durata di 36 mesi risulta un costo totale degli interessi tra CHF 693.80 e CHF 1’064.60. Il tasso d’interesse dipende dalla solvibilità del cliente. Avvertenza legale: la concessione di crediti è vietata se conduce a un indebitamento eccessivo (art. 3 LCSI). CREDIT-now è un marchio di BANK-now SA, Horgen.

ché è scritto bene. Ma non solo: perché la tematica di cui tratta, pur essendo legata al suo tempo, è affrontata a prescindere da tale tempo. Un caso emblematico è un “vecchio” libro di Luca Doninelli, La nuova era, che nel trattare fin dal titolo la New Age è in realtà un romanzo sul malessere giovanile in qualsiasi epoca e a qualsiasi latitudine. Il tema e l’impostazione del libro sono apparentemente dei déjà-vu. Un professore, temprato alle insensatezze della vita e ai luoghi comuni dei suoi allievi, scopre il caso dell’alunna Chiara, una giovane new age impestata di pseudomitologie adolescenziali. Ma se l’approccio è piuttosto “classico” la penna e l’intelligenza di Doninelli ci svelano margini profondi di alienazione esistenziale che solo pochi libri riescono ad avvicinare senza cadere nella banalità. Cinismo, tenerezza e condanna si alternano nel giudizio del professore sulla ragazza, e ne viene uno scandaglio delle contraddizioni della giovinezza assoluta-

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Una soluzione si trova sempre


Il prezzo della libertà Professarsi atei o agnostici in Egitto, e nel mondo islamico in genere, è ancora un atto eroico di cui riteniamo importante riconoscere alcune implicazioni di Marco Alloni

Levante 10

In occidente l’ateismo è stato sdoganato da tempo, e di emancipazione progressista e persino agnostica – ogni raramente la sensibilità occidentale ricorda che cosa po- e qualsiasi forma di pragmatismo commerciale e traditeva significare definirsi atei nei “secoli bui”, quando le zionale. A partire dalla letteratura esotica per arrivare ai condanne per eresia erano all’ordine del giorno. Eppure best-seller di nessuna rilevanza dal punto di vista dell’insolo una simile paradossale “memoria” può spiegarci novazione culturale dei popoli arabi. che cosa attualmente accade in paesi come l’Egitto, dove professarsi a-religiosi o addirittura anti-religiosi implica, Messa all’indice dapprima la riprovazione sociale e poi, rispettivamente, I casi di cosiddetto “oltraggio alla religione” in Egitto non si contano. Sotto condanne penali di anni o la presidenza Morsi erano decenni con il rischio di addirittura aumentati, sefatawa (pl. di fatwa) da condo le stime di Amnesty parte dell’istituzione di AlInternational, del 100%. Azhar (o di scomuniche Un articolo della costituda parte della chiesa copta zione morsiana – varata in ortodossa). Né musulmani fretta e furia in tre giorni di né cristiani sono dunque “golpe bianco” – comprenimmuni dall’anatema che deva addirittura un chiaro colpisce chi osa professare appello alla difesa della rel’“inattualità” della fede o ligione dalla “blasfemia”. la sua “collusione” coi poInutile tracciare la mappa teri forti: con quello “stato delle vittime. Il caso più nello stato” che è l’estaeclatante è quello recente blishment religioso o di Karam Saber, condannail clero, a qualunque to a cinque anni di detencredo esso si riferisca. Manifestazione al Cairo (irtiqa-blog.com) zione per la pubblicazione, Ma vi è poi un altro aspetto. Laddove venga formalmente riconosciuta, anche all’inter- prima online e poi su carta, del suo Ein Allah (Dov’è Dio), no della nuova costituzione egiziana, una piena libertà di raccolta di racconti giudicata “lesiva dell’integrità della espressione e di parola – e tuttavia una concreta libertà di religione e dello stesso popolo egiziano” tanto dall’istituzioespressione e di parola venga fatta sistematicamente rica- ne musulmana di Al-Azhar quanto dalla chiesa coptodere nel cosiddetto “oltraggio” o “vilipendio” alle religioni ortodossa di Alessandria d’Egitto, per voce del medesimo (isdiraa al-adian) – è del tutto evidente che i presupposti Papa Tawadrus II. minimi per la costituzione di una democrazia laica com- Saber, prima di darsi alla macchia, ha affermato che il piuta – come promossa dalla Primavera araba – siano del suo lavoro non aveva “nessuna intenzione denigratoria nei tutto assenti. Fintantoché non sarà ammesso l’ateo fra le confronti dell’Islam” e che le figure presenti nel libro non minoranze consapevoli e legittime, finché la società civile, erano che “metafore” e “fonti di interrogazione critica sulle le stesse istituzioni statali e la stessa legislazione penale difficili sfide legate al contesto sociale ed economico attuale”. non accoglieranno questa forma di “dissidenza” e “disap- Niente da fare. Il tribunale di Beni Suef ha deciso della sua partenenza” come legittime, il processo rivoluzionario sarà condanna e ora a Saber non resta che l’ostracismo sociale e la messa all’indice e alla sbarra. deprivato della sua forza coesiva essenziale. Detto questo, non nascondiamoci dietro un dito. Gridare Un caso di provata blasfemia? Nemmeno per sogno. Anche all’oscurantismo non ha senso. Piuttosto andrebbe pro- in questo caso – in un Egitto che muove clandestinamente mosso quel processo di ascolto dapprima, e di sostegno i suoi primi passi verso l’ateismo annunciandosi sui siti poi, che la cultura occidentale ha sempre dismesso in internet sotto pseudonimi e nomi di copertura – il pretesto nome della comodità del conformismo ideologico più è infatti politico. Saber non piaceva a un certo sheikh per crasso. Ovvero, ha sempre disatteso preferendo attestarsi le sue battaglie civili: di lì a usare pretestualmente l’Islam sull’ovvio e il risaputo. Sostenendo – invece dei movimenti è stato un passo.


Concorso. La foto del mese

Pubblichiamo la terza immagine selezionata tra quelle giunte in Redazione nell’ambito del concorso fotografico lanciato da “Ticinosette” ai lettori. Il prossimo appuntamento è tra quattro settimane...

L’invisibile, di Gian Piero Pampuri

Tutti possono partecipare al concorso fotografico anche se, per ovvie ragioni sono, esclusi categoricamente i professionisti della fotografia (ma non gli apprendisti fotografi e altre persone in formazione). Nel corso dell’anno i partecipanti potranno inviare una sola foto per ogni sezione, anche in tempi diversi. Abbiamo definito sei grandi temi nei quali potete sbizzarrirvi: “se stessi”, “in movimento”, “la famiglia”, “il lavoro”,

“gli oggetti” e “l’invisibile”. Ricordiamo che in ogni invio deve essere specificata la sezione a cui si intende concorrere, oltre al proprio nome e cognome, l’indirizzo e un recapito telefonico. Come già indicato, le immagini – che saranno accettate solo se inoltrate in alta risoluzione (300/320 ppi) in modo da consentirne la pubblicazione – dovranno essere inviate al seguente indirizzo di posta elettronica: phototicinosette@gmail.com.

Mensilmente pubblicheremo un’immagine selezionata (quella qui presentata) tra quelle giunte nell’arco delle quattro settimane, e ritenuta la più interessante dal comitato di Redazione. Tra un mese verrà dunque pubblicata la quarta immagine selezionata e alla fine del 2014 le migliori saranno raccolte in un reportage. Il vincitore finale, scelto sempre dalla Redazione, riceverà un premio in contanti di ben 400 franchi.


S

ono stato un soldato e un funzionario fedele. Magari non irreprensibile e certo qualche volta ho fatto anche la cresta sulle forniture per la mia legione oppure mi sono intascato parte dei tributi destinati all’imperatore. Ma senza esagerare, senza che nessuno se ne accorgesse. E poi ditemi: quale funzionario non trae qualche vantaggio dalla sua autorità? Perché non avrei dovuto farlo anche io? Raccontano poi che ho usato la violenza per mantenere l’ordine in Giudea di cui ero governatore. Ma io eseguivo ordini dall’alto e mi era stato comandato di non tollerare ribellioni e sedizioni. E poi, si sa bene come finiscono queste cose: se mi fossi dimostrato debole, a Roma mi avrebbero accusato di essere un mollaccione, che lascia fare ai giudei quello che pare loro e in un battibaleno mi sarei ritrovato destituito dalla carica. Certo, potevo agire con più prudenza, cercare accordi e mediazioni con i sommi sacerdoti e con i potenti tra gli ebrei ma io sono nato con la spada e la lancia in mano. E con quelle ho sempre pensato di farmi strada nella vita, fin da bambino quando correvo per i boschi del mio Abruzzo dove sono nato. Non avevo la strada spianata come certi aristocratici, io… sapevo di dover sgomitare. La mia era una famiglia benestante, ma mica nobile. Avevamo terre e un precettore si sforzava di insegnarmi i rudimenti della retorica e della filosofia. Nulla da fare, preferivo la caccia e allenarmi alla guerra facendo onore al mio nome, Pilato, che deriva dal pilum, il giavellotto dei soldati di Roma. Nell’esercito ho fatto il mio apprendistato e lì ho fatto carriera. Mi sono distinto combattendo contro i germani e alla fine ho ammassato qualche ricchezza, grazie ai bottini di guerra e, come detto, a qualche peccatuccio che mi ha fornito i mezzi per ungere un poco gli ingranaggi e ottenere cariche e appoggi. Il mondo va così e io mi sono adattato, tanto che alla fine ho ottenuto dall’imperatore Tiberio un provincia da governare. E qui sono cominciati i miei guai, perché il “divino” Tiberio ha voluto prendersi gioco di me e mi ha affidato la Giudea, una terra di ribelli e di sediziosi, che a fatica accettavano l’autorità di Roma e quindi la mia. Una cosa intollerabile a mio parere e per

questo ho usato il pugno di ferro e ho fatto capire chi comandava, cioè io. Ne sono nate piccole rivolte che ho soffocato nel sangue fino a che si è messa di mezzo la politica. Sono state mandate a Roma delle missive in cui mi si accusa di tormentare i giudei e che la Palestina era in rivolta. Addirittura i sommi sacerdoti si sono rivolti all’imperatore in persona e quello, invece di sostenermi, ha dato ragione a loro! Ho dovuto pure restituire quella parte del tesoro del Tempio di Gerusalemme che avevo preso in “prestito” per sostenere alcune spese. A forza di grattacapi mi sono ritrovato a passare le giornate con un mal di testa lancinante che non mi ha più abbandonato e che è divenuto particolarmente forte il giorno in cui sempre i sacerdoti hanno mandato a me quel Gesù e mi hanno chiesto di giudicarlo. Lo accusavano per delle diatribe tra giudei riguardo alla loro religione, sofismi che non mi interessavano perciò questo Gesù, Messia o no, uomo o profeta che fosse, l’avrei lasciato andare subito, per non perdere troppo tempo. È stato però lui a complicare le cose, a mettersi a fare discorsi ambigui e nebulosi, a dire che era “re” ma non di questo mondo, come se esistessero chissà quali altri mondi. Ha poi parlato di “verità” quasi non sapesse che essa appartiene solo a chi detiene il potere e ha la forza di imporla. Io avevo quel potere e avevo quella forza e per questo mi sono lavato le mani del destino di quel Gesù e l’ho consegnato al carnefice. Era la scelta più saggia per evitare tumulti, mantenere l’ordine, rafforzare la mia autorità. Era il mio dovere eppure anche qui non ho ottenuto gratitudine, neppure da quei giudei di cui avevo accolto le richieste. Anzi alla fine hanno pure ottenuto che fossi richiamato a Roma e mandato a un altro incarico in un luogo sperduto della Gallia. E in più mi è rimasta la fama di uomo che non ha saputo assumersi le sue responsabilità, un bel “Ponzio Pilato”. Ma ditemi: cosa ci guadagnavo a salvare quell’uomo che non faceva nulla per salvarsi?

PoNzIo PILATo

Vitae 12

Rifiuta la fama negativa che gli deriva dal fatto di essersi “lavato le mani” della sorte di Gesù. Si considera, infatti, una persona che ha fatto il proprio dovere e in fondo, si sente un incompreso…

testo di Roberto Roveda illustrazione ©Bruno Machado


Varese, il sacro Monte

“Pare che gli italiani non possano guardare un posto elevato senza desiderare di metterci qualcosa in cima, e poche volte l’hanno fatto più felicemente che al Sacro Monte di Varese” (Samuel Butler, Alpi e santuari di Piemonte e Canton Ticino, 1881)

di Roberto Roveda; fotografie ©Reza Khatir


L

a via acciottolata avanza in salita con gradualità, seguendo il profilo del monte, progettata per adagiarsi ad esso e per farne completamente parte. Le pietre tonde che la compongono hanno il colore delle selci e dei sassi del luogo e paiono fondersi con la natura circostante, fatta di massi grigi, castagni, noccioli e faggi. Varese è sotto, a pochi passi, vicino passa la funicolare che porta in cima, eppure tutto questo appare lontanissimo mentre si procede, senza strappi, senza fretta, trasportati dai propri pensieri. Ci si ritrova così, da semplici gitanti e turisti a esser trasformati in pellegrini intenti a salire per il Sacro Monte, parte di quella marea umana che ha levigato questi ciottoli con i propri passi attraverso i secoli, per poi trovare quello che cercava – pace, serenità, semplice riposo o magari Dio – sulla sommità del monte Orona.

Reza Khatir Nato a Teheran nel 1951 è fotografo dal 1978. Ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali. Ha vissuto a Parigi e Londra; oggi risiede a Minusio ed è, fra le altre cose, docente presso la SUPSI. khatir.com Le fotografie qui presentate sono state scattate con un apparecchio fotografico Diana 6x6cm su pellicola Kodak Portra 400. Le foto di interni sono state realizzate con una reflex digitale.

Il pellegrinaggio dei poveri Un cammino sacro e nel sacro, quello che porta al santuario di Santa Maria del Monte; un cammino incominciato quando ancora la strada selciata non esisteva e sul monte vi era solo una cappella, secondo la leggenda eretta da sant’Ambrogio come ringraziamento al Signore per aver estirpato l’eresia ariana dalle terre lombarde. In seguito, nel corso del medioevo, il piccolo edificio lasciò il posto a un vero e proprio santuario dedicato a Maria, all’interno del quale trovava posto una statua della Madonna nera molto venerata dalla gente del luogo, ma anche dai pellegrini giunti qui dalle zone del comasco e anche della terre ticinesi. Si trattava soprattutto di gente semplice, poveri contadini e montanari che mai avrebbero potuto recarsi nei luoghi santi più blasonati come Roma o, addirittura, Gerusalemme, e che quindi affidavano alla Madonna del monte Orona le loro preghiere. Pellegrinaggi umili, al massimo di una o due giornate per poi tornare in fretta al lavoro nei campi o nei boschi. A dare ospitalità ai viandanti e ai pellegrini erano le suore dell’Ordine delle Romite Ambrosiane che presso il santuario avevano un monastero. Fu una di loro, Maria Tecla Cid, all’inizio del seicento ad avere l’idea di creare un percorso che facilitasse la comunicazione della valle col santuario a monte. Un percorso che doveva, però, possedere le caratteristiche di una via “verso il sacro”: una salita che ricordasse l’ascesa di Cristo al monte Calvario e la sua Passione, e durante la quale pregare e meditare recitando il rosario nei momenti di sosta presso alcune cappelle costruite lungo cammino. Un patrimonio frutto del fervore popolare L’idea incontrò un grande favore negli ambienti ecclesiastici che all’inizio del XVI secolo vedevano nella recita del rosario e nella creazione di percorsi di pellegrinaggio e devozione un modo per rinfocolare tra il popolo la fede cattolica, così da fronteggiare al meglio il diffondersi in quegli anni del protestantesimo. Per questo i predicatori del Varesotto, ma anche delle terre comasche e ticinesi, si diedero molto da fare e dai pulpiti delle chiese invitarono i fedeli a contribuire all’opera donando offerte oppure mettendo a disposizione il proprio lavoro. In molti, durante la messa, fecero come un padre cappuccino di Malnate, presso Varese, che, a detta


in questa pagina sopra: la settima Cappella rappresenta il mistero Glorioso della Ascensione di Gesù al cielo. L’edificio si trova in posizione dominante la pianura sottostante, a simboleggiare l’ascesi. in basso: la statua di Paolo VI nel piazzale antistante il Santuario

in apertura Il terzo arco, o arco di Sant’Ambrogio, segna la fine dei misteri Dolorosi e introduce ai misteri Gloriosi. Sullo sfondo, la Cappella della Crocefissione dalle eleganti linee neoclassiche. nella pagina accanto sopra: la parte finale della salita, verso la sommità del Sacro Monte. in basso: adagiata sul fianco della montagna, la Cappella dell’Incoronazione di spine che fu terminata nel 1623.


sopra Il fastoso interno del Santuario con al centro l’altare maggiore. L’edificio, situato alla sommità del borgo di Santa Maria del Monte, venne edificato nel corso del quattrocento per volontà di Gian Galeazzo Sforza. Alla sua realizzazione definitiva, nel corso dei due secoli successivi, contribuì un gran numero di artisti e decoratori di area lombarda


di una cronaca dell’epoca: “gittò dal pergamo un fazzoletto che, poco avanti, gli era stato dato in elemosina e, parendogli poco, gittò abbasso anche il mantello per principio e fondamento dell’opera e di tutte le oblazioni e raccolte di essa”. Fu una gara per tutti, dopo il gesto del frate cappuccino, a offrire frumento, anelli d’oro, veli e grandi e piccole ricchezze, come tra l’altro, un paio di scarpe bianche, comperate per ballare, offerte da una giovane contadina: “Ognuno dà qualche cosa”, disse la fanciulla, “ed io non ho che dare, per avere speso tutto per ballare; orsù voglio che queste scarpe facciano penitenza”. Manifestazioni di fervore popolare e munificenza che si ripeterono molte e molte volte e che fecero sì che i due chilometri della via sacra con le sue quattordici cappelle dedicate alle storie della Vergine e di Cristo venissero completate quasi totalmente in meno di vent’anni, tra il 1604 e il 1623. Varese aveva quindi il suo Sacro Monte che si andava ad aggiungere a quelli eretti o in via di realizzazione in quegli anni sulle Prealpi del Piemonte e della Lombardia: Belmonte, Crea, Domodossola, Ghiffa, Oropa, Orta, Varallo, Ossuccio e, appunto, Varese. Nove Monti Sacri che all’epoca esprimevano la volontà della Chiesa cattolica di erigere una sorta di vallo, di diga per arginare la marea protestante e che oggi sono soprattutto monumenti patrimonio dell’umanità come ha sancito l’Unesco nel 2003, luoghi dove natura, arte e ingegno umano trovano modo di coniugarsi in maniera mirabile. Senza che per questo sia venuta meno la loro funzione di luoghi dell’anima e dello spirito, come affermò Stendhal che all’inizio dell’ottocento, proprio al Sacro Monte di Varese scrisse: “Ho trovato un po’ di consolazione nella chiesa della Madonna del Monte”. in alto a destra Particolari del complesso di statue policrome rappresentante la salita di Cristo al Calvario

per informazioni sacromonte.it sacrimonti.net


FUORI DAL TEATRO Tendenze p. 42 – 43 | di Laura di Corcia


Il

teatro fuori dal teatro. La tendenza, da parte delle compagnie teatrali, di uscire dallo spazio normalmente pensato per la messa in scena dei testi, di raggiungere la gente, è sempre più forte, come se la quarta parete (quella che divide il pubblico dallo spettatore) fosse una barriera via via più grande, da abbattere anche proprio in quanto luogo. Accanto all’ormai conosciuto e apprezzato teatro di strada, da qualche tempo, è nata una nuova moda (intesa soprattutto come modalità): portare il teatro nelle case private, invadere quel piccolo spazio e trasformarlo in un luogo di ricerca e di scoperta. Lo scopo è quello di creare un’atmosfera intima, domestica, appunto: e, in controtendenza rispetto a un’abitudine ottocentesca (ma ancora in voga oggi) che vedeva nel teatro l’evento mondano per eccellenza, trasformare uno spettacolo in un vero momento di incontro e di confronto. Sacrosanto, in un’epoca come la nostra, dove la relazione come ben sappiamo si sta sfarinando sempre di più nel virtuale, relegando il corpo e la sua verità ai margini – una situazione, questa, che il teatro sta cercando di contrastare con tutte le sue forze, proponendo ogni volta il valore della presenza fisica. Nel caso del teatro a domicilio, questa (la presenza) è portata nelle case, ricollegata alla quotidianità, in modo da invaderla e rigenerarla, creando nello spettatore una sensazione di irripetibilità e di unicità, ricollocandolo al centro di un dialogo in carne e ossa, agito col corpo.

COME L’azione può svolgersi in cucina, in soggiorno, in camera: in tutta l’abitazione, in pratica. Gli spettacoli ovviamente non possono godere di un allestimento complesso, ma semplice, adattato ogni volta in base al luogo, allo spazio e agli oggetti a disposizione. Mariella Fabbris, che verso la fine degli anni ottanta ha inaugurato questa nuova modalità con altre due attrici, Laura Curino e Lucilla Giagnoni (che facevano capo alla Fucina teatrale di Settimo torinese), racconta che entravano in casa in punti di piedi, iniziando a cercare quello che serviva per la scena: una sedia, un baule, una caffettiera, creando quindi un luogo per gli attori e uno per gli spettatori. “Vestivamo i panni dei personaggi dalla mattina alla notte” spiega Lucilla Giagnoni. “Entravamo nella casa e la trasformavamo, creando un rito che durava il tempo di preparazione di un caffè napoletano. Dovunque andassimo, rappresentavamo il sud del luogo: in Puglia eravamo l’Albania, in Spagna la cultura gitana”. L’esperienza non è certo stata fine a se stessa, se da essa ha preso avvio il teatro di narrazione in Italia, come spiega l’attrice e drammaturga. “Col nostro furgone ci spostavamo di casa in casa, grazie al passaparola e, tappa dopo tappa, siamo finite al Festival di Edimburgo. È stata una bella esperienza, fatta da giovani, in un momento in cui i fondi scarseggiavano, ma le idee no”. IL TEATRO NELL’ORECCHIO Una storia sussurrata nell’orecchio… questo il sogno, la magia dell’Im-

buteatro, performance di narrazione orale della durata massima di due minuti, ideata da Cinzia Morandi del Teatro Pan di Lugano. Come funziona? Ci sono due attrici (accanto all’ideatrice, Viviana Gysin ed Egidia Bruno) e un solo spettatore che ascolta la storia attraverso un tubo, lasciandosi trasportare in un universo parallelo. L’Imbuteatro è un’incursione poetica che può aver luogo in occasioni e circostanze separate, soprattutto durante i festival, ma in futuro (sperano le ideatrici) anche nell’ambito di cerimonie e feste. “Non ho mai fatto teatro di strada” spiega Cinzia Morandi “poi un giorno mi sono ritrovata con questi tubi in mano e mi è venuta l’idea. È un modo per accostare all’arte della narrazione quelle persone che a teatro normalmente non ci vanno”. Lo spettatore non deve far altro che chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dai suoni e dalle parole: si tratta, come sempre a teatro, di un viaggio. “Si tratta di storie di saggezza, piccoli racconti che fanno riflettere, poesie” continua l’ideatrice. “Attorno al testo, costruiamo un universo fatto di suoni e di ritmo, scegliamo una modalità per raccontarlo. Spesso mostriamo allo spettatore diverse carte, lui ne sceglie una e da lì parte l’avventura”. Questa modalità funziona? “Funziona. La gente si rilassa, comincia a sorridere. Infatti lo portiamo in giro parecchio: abbiamo date in Germania, Spagna, Francia. Ora stiamo traducendo i testi anche in inglese”. Un modo, anche questo, per fare teatro al di fuori dei teatri.


Dalla parte del cibo Cucinare p. 44 – 45 | di Patrizia Mezzanzanica

Primo di una serie di articoli dedicati alla cucina, vogliamo offrire ai nostri lettori e lettrici una serie di ricette semplici ma di effetto. Anche per liberarci dall’ossessione che la comunicazione relativa al cibo, che ci vorrebbe tutti grandi chef, ha imposto in questi ultimi anni

P

arlare di cucina. Non è facile di questi tempi. È un argomento “scottante” – e mai termine è parso più appropriato – perché tutti sembrano conoscerne i segreti, ognuno ha da dire la sua e in televisione, su blog, riviste e molti, moltissimi libri, le ricette si sprecano. Io stessa, che in quest’ambito lavoro, mi sorprendo spesso ad arricchire di termini ricercati i menù da presentare. E se da una parte è un lavoro necessario, dato che il mercato, oggi più che mai, lo richiede, dall’altra lo vivo decisamente come un fatica. Quello che qualche anno fa era un risotto con asparagi e gamberi ora diventa “con punte di asparagi croccanti di stagione e gamberi rossi di Sicilia.” Così come le polpettine di manzo vendute “con aromi freschi di stagione”, sono le stesse che le nostre mamme e le nostre nonne facevano

dando per scontato che bisognasse insaporirle a dovere con ingredienti di qualità e non certo liofilizzati. Forse si caramellava meno, forse si marinava o si glassava meno, forse l’aspetto di ciò che mangiavamo non era così elegante, ma la sostanza non cambiava. Con questo non voglio affermare che, in questa rubrica, parleremo solo di ingredienti ignorando l’aspetto della presentazione delle pietanze, al contrario. Cercheremo però di mettere ordine in tutta questa cagnara di fashion food che si vanta di servire piatti poveri della tradizione, come per esempio la pasta e fagioli (e vi risparmio le possibili versioni glamour di descrizione), in raffinati e costosissimi piatti di porcellana bianca di dimensioni esagerate. Ecco, noi, invece, saremo dalla parte del cibo. Di quella povera pasta e fagioli che, a nostro parere, è molto più suo agio in un ciotola di coccio, o di legno, che in un tondo di Limoges.


Le ricette del mese UNA PROPOSTA PRIMAVERILE

La primavera e l’estate offrono una varietà di menù semplici da preparare anche per i neofiti del settore, decisamente coreografici. Frutta e verdura abbondano e, dato il clima temperato, non è sempre necessario servire cibi caldi. Quello della stagionalità è un argomento ormai acquisito dai più, così come i prodotti a chilometro zero. Non solo gli ingredienti sono più saporiti, ma il loro costo è decisamente più abbordabile e, in tempi di crisi, l’argomento è particolarmente apprezzato. Di seguito vi offriamo un esempio di menù da servire e preparare con poca spesa e grande soddisfazione, che tiene anche conto dell’aspetto estetico. Partiamo con l’antipasto che potrebbe essere una torta di pomodori con pesto di rucola e pistacchi. La base è un pasta brisé, che Elvin Montesino, il nostro consulente chef per questa rubrica, consiglia di lavorare con acqua gasata perché risulti più croccante. Come primo un mix di quattro risi: artemide, thaibonnet, integrale ed ermes (volendo si trova la confezione già pronta) con fagiolini, asparagi, finocchi, melanzane, pomodorini e piselli, da servire a temperatura ambiente. A seguire uno spezzatino di lonza di maiale – meno costosa ma tenera come il vitello – con olive taggiasche e capperi possibilmente di Pantelleria, più gustosi e carnosi. E per finire sicuramente un budino alle fragole, ricoperto da frutti freschi e caramello. Un menù basico, ma di gusto, da servire in piatti e ciotole di ceramica colorata, e comunque non troppo pretenziosi. Vanno bene anche se un po’ consunti e sbeccati e non tutti uguali. Anzi, danno più personalità alla tavola. Non a caso i francesi ne vanno matti e lo chiamano shabby chic style.

Torta rovesciata di pomodori con pesto di rucola e pistacchi Amalgamare farina, burro e acqua gasata per la base di pasta brisé e tirarla fino a che non risulti una sfoglia sottile. Stendere su una teglia i pomodori tagliati a metà, dopo averli svuotati, e sistemarli con il lato tagliato verso l’alto, in modo che coprano tutta la superficie. Riempirli con il pesto (realizzato come quello genovese, ma con rucola al posto del basilico e pistacchi invece dei pinoli), e ricoprire il tutto con la pasta brisé, dopo aver abbondantemente condito i pomodori con olio extra vergine di oliva e sale. Infornare a 180 °C per 25 minuti Mix di quattro risi Bollire i risi in acqua salata: hanno tutti lo stesso tempo di cottura, per cui può essere fatto in un’unica pentola. Una volta scolati, aggiungere le verdure precedentemente cotte a vapore e tagliate e insaporire con olio extra vergine d’oliva, sale, pepe. Spezzatino di lonza di maiale con olive taggiasche e capperi In una padella caramellare un po’ di zucchero in olio d’oliva. Quando è diventato scuso aggiungere la carne tagliata a dadini e girarla perché si caramelli bene. Unire al tutto i pomodori secchi a pezzettini, olive, capperi, alloro e una porzione abbondante di sedano tritato. Durante la cottura aggiungere poca acqua alla volta (o brodo), perché la carne non deve mai bollire. Tempo di cottura un’ora e mezza a fuoco lento. Budino di fragole fresche In un pentolino scaldare il latte, una stecca di vaniglia e un po’ di zucchero. Quando è al punto di ebollizione aggiungere le fragole precedentemente tritate. Nel frattempo, in una ciotola, amalgamare il rosso dell’uovo, dello zucchero e della farina. Con un colino aggiungere il primo composto al secondo. Mettere in una teglia e cuocere in forno a 160 °C a bagnomaria per 20 minuti.


La domanda della settimana

Siete favorevoli al mantenimento delle festività religiose in Ticino?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 24 aprile. I risultati appariranno sul numero 18 di Ticinosette.

Al quesito “Ritenete plausibile la presenza di vita extraterrestre su altri pianeti della nostra galassia?” avete risposto:

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Astri ariete Non è il momento per le mezze misure. Attenti a non commettere imprudenze. Intorno al 21 Luna nella decima casa solare: competitività.

toro Gli effetti della croce cardinale spingono a una svolta. A partire dal 24 Mercurio favorirà nuovi contatti. Novità in arrivo per i nati in aprile.

gemelli Relazioni clandestine. Mercurio e Urano insieme vi daranno il colpo di genio per dare una svolta alla vostra vita. Assai fortunati tra il 22 e il 24.

cancro Rottura di ogni cordone ombelicale. Affrancatevi da tutto quello che tende a limitarvi: potrete tornare a fare le cose alla grande. Colpi di fulmine.

leone Periodo attraversato da originalità per i nati nella prima decade. Incontri karmici per i nati nella terza decade. Calo energetico tra il 22 e il 24 aprile.

vergine Passione e forte crescita dell’erotismo. Momento giusto per spassarsela un po’. Risultati professionali. Maggior cautela tra il 24 e il 25.

bilancia Sfide con gli altri e con voi stessi. Non fatevi manipolare dai familiari. Pensate ai vostri obiettivi. Incontri karmici per i nati nella terza decade.

scorpione Calo della lucidità. Evitate di affrontare le situazioni utilizzando schemi prestabiliti. Nel rapporto di coppia concentratevi sulle affinità.

sagittario Scarso interesse per il lavoro e mancanza di autodisciplina. Comunque fortunate le attività professionali creative riconducibili ai favori uraniani.

capricorno Potete intraprendere un viaggio o darvi a nuove letture. Fortunati investimenti finanziari. Rivoluzione riguardo al patrimonio familiare.

acquario Mercurio entra nel Toro: atteggiamento più riflessivo. Disturbi di stagione. Belle novità per i nati nella terza decade. Seguite la vostra natura.

pesci Tra il 20 e il 21 Luna di transito. Approfittatene per compiere qualcosa di importante anche insieme al partner. Riconoscimenti pubblici.


Gioca e vinci con Ticinosette

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 18

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 24 aprile e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 22 apr. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali 1. Il malato spera in quella completa • 9. Pari in fabbri • 10. Grovigli • 11. Mobiletti del panettiere • 13. Il Paradiso perduto • 14. Empi • 16. Pari in tende • 17. Si contrappone a on • 18. Fossa centrale • 20. Re francese • 22. Filamenti dei funghi • 24. Le iniziali di Toscanini • 25. Trabiccolo • 27. La nota Zanicchi • 29. Piacevole, bella • 30. La terza nota • 31. Genere di piante • 33. Mezza paga • 34. Frustate • 36. Il figlio di Anchise • 38. Due romani • 39. Associazione Sportiva • 40. Vero, concreto • 42. Lo formano gli attori • 44. Articolo maschile • 45. Togliersi • 47. Elevata • 49. Ha salvato la fauna • 50. Fiume francese • 52. Dittongo in guitto • 53. Colpiti in pieno. Verticali 1. Altro nome della mazzancolla • 2. Il Santo di Gubbio • 3. Ama Radames • 4. Vano, privo d’effetto • 5. I confini di Grono • 6. Come sopra • 7. Intacca la vite • 8. Il noto Calindri • 12. Pari in fiasco • 15. Fugaci, labili • 19. Priva di malattie • 21. Profonda, intima • 23. Vigorosa, drastica • 26. Delfino di fiume • 28. L’indimenticato Raimondo della TV • 31. Garantire, approvare • 32. Professioni • 35. Un mammifero dei Carnivori • 37. Dittongo in beato • 41. Vocali in spesse • 43. Il condominio dell’ape • 46. Vero solo a metà • 48. Vezzo nervoso • 51. Cuor di cane • 52. Antica città mesopotamica.

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La soluzione del Concorso apparso il 4 aprile è: TRAFITTO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Carmen Cavadini via Pragee 1b 6877 Coldrerio Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: tre carte giornaliere “Arcobaleno”

Carta giornaliera. La scelta giusta per circolare liberamente tutto il giorno.

Arcobaleno mette in palio una carta giornaliera di 2a classe (per tutte le zone; il valore complessivo dei premi è di CHF 156.–) a tre lettori di Ticinosette che comunicheranno correttamente la soluzione del Concorso.

Con la carta giornaliera si viaggia tutto il giorno all’interno delle zone prescelte, interrompendo e riprendendo il viaggio quante volte si desidera, fino alla fine dell’esercizio. È possibile acquistare anche la multi giornaliera, che offre 6 viaggi al prezzo di 5.

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UN E S PR E S S O COSÌ <wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2NbAwMAAAtUAceA8AAAA=</wm>

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C A P S U L E C O M PAT I B I L I C O N L A M A G G I O R PA R T E D E L L E M A C C H I N E N E S P R E S S O ® *

*Nespresso® è un marchio terzo che non ha alcun legame con Mondelēz International. Informazioni più precise sulla compatibilità sono disponibili su www.jacobsmomente.ch

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Appel Grafik H1410005 Stand: 11. März 2014 @sp JACO_JacobsEspressoKapseln_CH_IT_AZ_210x295_TicinoSette_H1410005_F39

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