№ 20 del 16 maggio 2014 · con Teleradio dal 18 al 24 mag.
la grande bellezza
Schiacciati tra narcisismo e voyeurismo, siamo ormai schiavi del nostro aspetto? C T · RT · T Z · .–
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05.05.14 12:45
Ticinosette n. 20 del 16 maggio 2014
Impressum Tiratura controllata 66’475 copie
Chiusura redazionale Venerdì 9 maggio
Editore
Teleradio 7 SA Muzzano
Redattore responsabile Fabio Martini
Coredattore
Giancarlo Fornasier
Photo editor Reza Khatir
Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55
Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs
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In copertina
Beata gioventù Fotografia ©Reza Khatir
4 Mostre Nicola Magrin. Notturni di ValeNtiNa GeriG .................................................. 7 Società Belfie. Il lato che conta di Marco JeitziNer .................................................... 8 Mundus Avventure. No, viaggiare... di GiaNcarlo ForNasier ...................................... 9 Media Lingua. Varianti ticinesi di alba MiNadeo ...................................................... 10 Kronos Età. L’altra bellezza di Fabio MartiNi ........................................................... 11 Vitae Anna Testera di roberto roVeda..................................................................... 12 Reportage La vita in un attimo di daNiele FoNtaNa; Foto di GioVaNNi luisoNi ........... 37 Fumetto Il mostro del Ceresio. Capitolo 2 a cura di bookMaker coMics.................. 42 Concorso fotografico La foto del mese di daNiela baNFi .................................... 43 Tendenze Estetica. Il filo della bellezza di Marisa Gorza......................................... 44 Svaghi .................................................................................................................... 46 Agorà Media. Un giornalismo europeo?
di
Natascha Fioretti ....................................
Ma quanto siamo belli... Quello che state per sfogliare non è un numero speciale dedicato al film di Paolo Sorrentino, anche se alcune riflessioni sui modelli culturali imperanti e le proiezioni che facciamo di noi stessi sugli altri potrebbero pure starci. La nostra copertina vuole riassumere alcuni articoli che, in modo diverso, toccano il tema della bellezza, dell’apparenza e dell’età, di come viene percepito e modificato il nostro corpo oggi. La distinzione temporale è più che mai necessaria: senza scomodare Platone e i classici – e la stessa etimologia del termine “bellezza” –, il culto del corpo e la sua esposizione non sono un’invenzione di questo millennio, tanto che dell’armonia e del fascino delle forme – femminili e maschili – già i greci (e certo altri prima di loro) erano gran cultori. E che dire delle corti francesi a Versailles, della vanità di donne e uomini incipriati e iper-profumati (e delle loro realtà costruite su finzioni e apparenze). Ma i nostri tempi, ormai post-moderni e post-digitali, permettono altro e garantiscono mirabolanti soluzioni per abbattere non solo “insopportabili inestetismi” fisici, ma la trasformazione del nostro corpo attraverso interventi più o meno invasivi, e alla portata di tutte le tasche. Il fine ultimo? Il prolungamento di una miope visione della giovinezza. Come se essere dei ventenni significasse, in definitiva, avere un corpo prestante e sodo, muscoli tonici, pelle luminosa ed elastica,
capelli folti, lucidi ecc. ecc. Di ciò che nella zucca di quella/o ragazza/o passa, invece, pochi adulti forse si ricordano: turbe esistenziali, rivalità adolescenziali e relazionali, problemi familiari, di studio. Chi vorrebbero rivivere tutto ciò, oggi...? Superati in molti casi i limiti del buon gusto, non è raro oggi vedere donne e uomini (l’ordine è naturalmente alfabetico) agghindati e trasformati, pronti per entrare in un’età difficilmente inquadrabile: viso da trentenni (liscio e tirato), ma capelli dai colori improbabili (troppo chiari, troppo scuri, troppo pochi...), seni che sfidano la gravità, petti morbidi e glabri, fisici incongruenti se accostati a labbra e occhi che non posso in alcun modo appartenere allo stesso corpo. Frankenstein contemporanei, insomma. Qualche anno fa si lanciavano rumorosi allarmi sulla facilità con la quale la chirurgia estetica stava conquistando i 16/18enni, già convinti che il loro aspetto (naturalmente immaturo) necessitasse di ritocchi seguendo i soliti modelli cine-musical-VIP. Oggi la guardia sembra essersi abbassata e il web – seguendo trend già collaudati sulla stampa e in TV – è diventato un imbarazzante bazar di carne (di tutte le età) da esibire: e con lei si mostra molto altro. Quale sarà il prossimo confine da abbattere?, si chiede giustamente il nostro Marco Jeitziner (pag. 8). Facciamoci sorprendere. Buona lettura, Giancarlo Fornasier
Un giornalismo europeo? Media. Tra il 22 e il 25 maggio prossimi si terranno le elezioni per decidere i nuovi membri del parlamento europeo. L’Europa, il tema dell’UE, le sue dinamiche e i suoi progetti non sono però chiari a molti cittadini. A dire il vero, neanche a molti giornalisti, più interessati (o costretti a farlo) a temi nazionali e regionali
di Natascha Fioretti
A
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livello nazionale i media del vecchio continente tendono a parlare di Unione Europea molto in campagna elettorale, ma per il resto dell’anno tutto tace. Come mai Bruxelles e le sue dinamiche interessano così poco? Esiste oggi un giornalismo europeo, una sensibilità a guardare oltre i propri confini nazionali? E, soprattutto, esiste una volontà istituzionale europea a volere sostenere e diffondere un giornalismo di tipo europeo? Secondo la giornalista italiana Milena Gabanelli intervistata di recente sulla rivista Square dell’università della Svizzera italiana (USI), “per le maggiori testate europee (carta stampata e TV) sarebbe opportuno investire in un giornalismo europeo. In ogni paese l’informazione dovrebbe essere accompagnata da una edizione meno locale. Chi abita in Italia, in Francia o in Germania legge sui propri quotidiani o vede nei telegiornali notizie che riguardano solo la politica interna, la cronaca e le crisi (a ognuno la propria), come se a ogni popolo interessasse solo quel che avviene in casa sua. Occorre far entrare nella testa della gente che non siamo più in Italia, ma in Europa, e che quindi ogni scelta e decisione non deve essere presa a vantaggio o a danno di questo o quel paese, ma per la crescita di un’unica politica sociale, economica, fiscale”. Di giornalismo europeo e del suo futuro, attraverso lo sguardo competente e attento di centri studi e realtà giornalistiche attive a livello internazionale, ne abbiamo parlato con Stephan Russ-Mohl, direttore dell’Osservatorio europeo di giornalismo di Lugano, Gianpaolo Accardo, vice direttore di Presseurop a Parigi e Wilfried Rütten, direttore dell’European Journalism Centre a Maastricht. EJO: un ponte tra culture giornalistiche Secondo Stephan Russ-Mohl non esiste un giornalismo europeo ma piuttosto diverse culture giornalistche europee. Metterle in dialogo e in ascolto tra di loro costruendo ponti e relazioni è uno degli scopi principali dell’Osservatorio europeo del giornalismo (EJO), un progetto nato dieci anni fa all’USI, cresciuto nel tempo fino a diventare un network di
dieci partner istituzionali europei, tra i quali il prestigioso Reuters Institute for the Study of Journalism dell’università di Oxford, che molto probabilmente saranno presto undici con l’aggiunta di una nuova voce portoghese. Un bel traguardo per un network di istituti no profit che ha il suo centro nevralgico all’USI di Lugano e deve la sua esistenza anche al sostegno di fondazioni che dall’inizio ci hanno creduto, come la Fondazione per il Corriere del Ticino e il Fondo Nazionale svizzero per la ricerca che ha reso possibile l’espansione dell’EJO nei paesi dell’est. E se uno dei suoi pilastri fondanti è quello di gettare ponti tra le diverse culture giornalistiche europee, il secondo è quello della trasmissione della conoscenze tra il mondo accademico e quello professionale, un nodo cruciale per la crescita e la formazione di un giornalismo europeo moderno, consapevole, capace di mettersi in discussione. Russ-Mohl è convinto che “se da un lato i giornalisti devono guardare oltre i confini del proprio paese, approfondendo culture giornalistiche diverse dalla propria, dall’altro è altrettanto vero che dovrebbero essere sempre aggiornati sugli studi e sui risultati di ricerca che interessano il mondo dei media e del giornalismo”. Questo il concetto alla base del sito EJO (it.ejo.ch), una piattaforma online in dieci lingue (italiano, inglese, albanese, ceco, rumeno, lettone, polacco, serbo, tedesco, ucraino) che osserva e analizza i maggiori trend ed evoluzioni in atto nel mondo dei media e del giornalismo attraverso commenti, approfondimenti e la presentazione di importanti risultati di ricerca utili per giornalisti ed esperti di comunicazione interessati a sapere che cosa accade al di fuori della propria routine e del proprio contesto professionale. Un compito non facile secondo Russ-Mohl visto che “attualmente la ricerca in generale dispone di importanti finanziamenti pubblici che permettono ai ricercatori di lavorare bene e ottenere importanti risultati di studio dei quali però, al di fuori della cerchia accademica, non viene mai a conoscenza nessuno. I ricercatori dovrebbero imparare a non fare ricerca solo per se
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Il reparto spedizione del Centro Stampa Ticino SA, Muzzano (per gentile concessione)
stessi e i giornalisti convincersi che dovrebbero prendere esempio dai medici: aggiornarsi costantemente sugli sviluppi e sui cambiamenti della propria professione se vogliono continuare a esercitare bene la propria attività”. Determinante tra le varie attività dell’EJO è stato volgere lo sguardo a est “da quando abbiamo coinvolto i nostri partner dell’Europa orientale abbiamo posto maggiore attenzione a tematiche quali la libertà di stampa. Essere attivi in paesi come la Romania, la Polonia e l’Ucraina ci ha fatto capire quanto in molti luoghi la libertà di stampa sia ancora a rischio”. È anche vero che si tende ancora a guardare a est con diffidenza e superiorità pensando di non avere nulla da imparare: “nell’Europa occidentale siamo ancora vittime di una barriera mentale per cui ciò che accade a est, al di là di quella che una volta era la vecchia Cortina di ferro, non ci interessa. Eppure, in seguito alla caduta del muro che è stato anche un fare tabula rasa di tutto per ripartire da zero, anche a livello mediatico e giornalistico, ci sono stati diversi progetti interessanti meritevoli di attenzione. Per esempio Piano Media, una piattaforma che riunisce tutti i contenuti digitali delle maggiori testate slovacche rendendole disponibili a pagamento tramite un abbonamento unico”. Ma tutto questo parlare di media e di giornalismo, commentare gli ultimi dati di espansione di twitter, l’ennesimo calo registrato negli introiti pubblicitari delle testate,
oppure la media dei lettori sul tablet piuttosto che sul PC non sarà un po’ troppo? “In passato, si è sempre parlato nei mass media di politica, economia, cultura tralasciando invece il proprio mestiere anche perché è sempre difficile trovare la giusta distanza critica della propria professione. Oggi i media giocano un ruolo centrale nella vita dei cittadini che consumano quotidianamente stampa, radio, TV e siti web per diverse ore. Per questo credo sia importante sapere come funzionano i media, guardare che cosa succede dietro le quinte, non solo a livello nazionale ma anche europeo”. Presseurop.eu: lo sguardo perduto Nato nel 2009 a Parigi Presseurop è un sito web che quotidianamente pubblica una selezione di articoli scelti tra più di 200 testate europee e tradotti, resi disponibili in dieci lingue (inglese, tedesco, francese, spagnolo, rumeno, italiano, portoghese, olandese, polacco e ceco). In realtà però, dobbiamo parlare al passato e dire che Presseurop “era” un progetto interessante e importante per uno sguardo sull’informazione europea a 360 gradi perché oggi questa realtà, come ci racconta Paolo Accardo, non esiste più, sono finiti i soldi “Presseurop si è fermata perché era finanziato interamente dalla Commissione europea attraverso un contratto vinto da un consorzio gestito da quattro testate europee (Courrier International a Parigi, Courrier Inter- (...)
“I ricercatori dovrebbero imparare a non fare ricerca solo per se stessi e i giornalisti imparare a prendere esempio dai medici: aggiornarsi costantemente sugli sviluppi e sui cambiamenti della propria professione se vogliono continuare a esercitare bene la propria attività”
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nacional a Lisbona, Forum a Varsavia e Internazionale a Roma). Il contratto era della durata di cinque anni ed è scaduto a fine dicembre. La gara d’appalto per un nuovo programma era stata lanciata a giugno ma ritirata poco dopo, noi volevamo certamente continuare la nostra attività ma essendo stata ritirata ci siamo trovati un po’ colti alla sprovvista e senza più risorse”. Non sarà facile trovare una soluzione, rilanciare il progetto anche sotto nuove spoglie perché “quello di Presseurop è un modello estremamente costoso che prevede la gratuità e la pubblicazione di articoli acquistati da testate varie e la traduzione di questi ultimi, quindi per poterlo mantenere in vita l’unico modello che funziona, se si vogliono conservare questi standard, è quello della sovvenzione pubblica”. Anche l’ondata di sostegno arrivata da ogni parte, giornalisti, intellettuali, lettori, dopo l’annuncio della chiusura è stata inutile: a Bruxelles hanno detto “sono finiti i soldi” e le testate che erano dietro al progetto non avevano i mezzi per continuare a finanziarlo. Ma qualche speranza c’è ancora se, come dice Accardo, si sta “studiando un progetto di rilancio, una cosa abbastanza lunga e complessa perché è difficile trovare un modello economico in grado di mantenersi in modo autonomo anzi forse l’autonomia non esiste se si vuole rimanere gratuiti con una produzione altrettanto importante, bisogna studiare forme di mecenatismo e cose del genere che sono un po’ lunghe. Comunque, se si farà sarà con un altro nome e con dei contenuti idealmente diversi”. Della sua esperienza a Presseurop, di quello che ha imparato racconta: “Sei costantemente informato su quello che succede in Europa, ti trovi un po’ al centro di una rete europea tra corrispondenti, persone che lavorano in tante lingue, una squadra multilingue di giornalisti stranieri e poi scopri un po’ come funziona l’Europa. Una grande scoperta è stato il contatto con i lettori: mi sono reso conto che non si può più fare giornalismo o un giornale prescindendo dai lettori e dal loro sostegno. Sono parte integrante dell’essere giornale”. Anche Accardo come Russ-Mohl è convinto che non esiste una scuola di giornalismo europeo perché “in ogni paese il mestiere è praticato in modo diverso” però esiste una sorta di microcosmo giornalistico europeo a Bruxelles “dove si concentrano dei giornalisti esperti di questioni europee che sono gli unici in grado di decifrare il linguaggio e la pratica dell’informazione europea che ha un suo codice, un suo linguaggio, delle sue regole che sono particolari e ci vuole una conoscenza specifica per decifrarli, interpretarli e renderli chiari ai lettori. Se c’è un giornalismo europeo probabilmente è quello. La dimostrazione dell’esistenza di questa forma di giornalismo
è il fatto che tutti i corrispondenti a Bruxelles hanno spesso difficoltà a interessare i loro caporedattori alle tematiche europee. Sono pochi i giornali che si interessano davvero alle questioni europee un po’ perché non ne capiscono, non conoscono quel linguaggio e l’Europa istituzionale è lontana. Soprattutto le conseguenze di ciò che viene deciso a Bruxelles spesso non vengono capite, né percepite a livello nazionale”. Dunque un giornalismo europeo ancora non esiste, ma quali sono le vie da seguire per iniziare a costruirlo? Per Accardo non ci sono dubbi il giornalismo europeo “deve essere multilingue (e la produzione delle notizie deve rispecchiare questa condizione) e trasversale perché deve affrontare e rendere fruibili temi che riguardano tutti gli europei. I temi strettamente nazionali possono interessare i lettori di altri paesi solo se oppure c’è un riflesso nel loro paese oppure se possono in qualche modo identificarsi. Temi dell’immigrazione, l’ambiente, di come negli altri paesi vengono impiegate le energie rinnovabili o definite le politiche di aiuto all’occupazione, questo tipo di argomenti può interessare tutti e questo è il tipo di argomenti che il giornalismo europeo può trattare”. EJC: per formare giornalisti europei di domani Nato vent’anni fa a Maastricht, nel cuore dell’Europa, l’European Journalism Centre (EJC) è uno dei principali centri europei per l’aggiornamento professionale dei giornalisti, per lo sviluppo dei media e per l’informazione sui trend in atto nell’ecosistema dell’informazione. Il suo direttore, Wilfried Rütten, ha le idee chiare per quanto riguarda i giornalisti europei di oggi “la sfida principale consiste nel trovare un lavoro. Non è evidente di questi tempi. Poi il giornalista deve essere multimediale e flessibile, esperto di giornalismo dei dati”. L’EJC ha molto a cuore la formazione dei giornalisti e il loro costante aggiornamento sul campo. L’ultimo progetto realizzato è il Verification Handbook, una sorta di guida, prontuario per i giornalisti che in situazioni di crisi e di emergenza in tempo reale devono verificare le informazioni generate dal pubblico e dai cittadini. Sulla situazione del giornalismo in generale è poco ottimista e dice “viviamo in tempi difficili” e cita un proverbio cinese “quando soffiano i venti del cambiamento, alcuni costruiscono mura solide, altri mulini a vento…”. Anche a suo parere non esiste un giornalismo europeo ma diverse culture giornalistiche e spera che le istituzioni europee intervengano al più presto in suo favore “mi auguro che la Commissione europea prenda atto dell’importanza e l’urgenza di sostenere un progetto europeo del giornalismo”.
Mostre Notturni di Valentina Gerig
Cieli stellati, piccole figure umane di fronte all’incanto della natura, montagne silenziose. Fino al 7 giugno, allo Spazio 1929 di via Ciseri a Lugano, gli “interminati spazi” e i “sovrumani silenzi” di leopardiana memoria prendono forma negli acquerelli di Nicola Magrin. Classe 1978, di Milano, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera, questo giovane pittore ha realizzato ad hoc per l’esposizione un ciclo di trentatré dipinti inediti riuniti sotto il titolo Di Notte. Il ghiaccio, la neve, i lupi solitari illuminati dalla luna, ricordano le atmosfere selvagge del film Into The Wild, le piccole sagome che osservano i cieli punteggiati dalle stelle riportano alla poesia delle illustrazioni di Saint-Exupéry per Il Piccolo Principe. Lo stretto contatto con la natura è un leitmotiv di Magrin e i viaggi che ha realizzato negli ultimi anni, racconta, hanno reso questo rapporto ancora più forte: “La possibilità di trascorrere qualche mese dell’anno in una baita di montagna e i recenti viaggi ai piedi
dell’Himalaya e in Canada, nella zona dei grandi laghi, mi hanno permesso di instaurare una sorta di equilibrio con il mondo naturale che mi circonda”, dichiara il pittore. Sono viaggi in cui Magrin raccoglie sensazioni, atmosfere che poi, una volta tornato “a casa”, nel suo studio a Monza, esprime su tela, senza disegni preparatori, perché “così è più emozionante e c’è più concentrazione”. Un’altra fonte di ispirazione di Magrin sono i libri. E proprio nel mondo dell’editoria ha da poco affrontato una nuova entusiasmante avventura, realizzando le copertine delle ristampe di Primo Levi targate Einaudi e, ancora più recentemente, quelle delle opere di Tiziano Terzani, a dieci anni dalla scomparsa del giornalista e scrittore, questa volta per la casa editrice Tea. Vale la pena, quindi, passare dall’officina creativa Spazio 1929 per osservare da vicino e perdersi nei paesaggi silenziosi e notturni di questo giovane pittore capace di imprimere ai suoi acquerelli uno stile immediatamente riconoscibile.
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Di Notte. Acquerelli di Nicola Magrin Spazio 1929, Lugano (nell’imm.: Acquerello su carta, ©Nicola Magrin, 2014)
Il lato che conta
Dopo il “selfie”, impazza il femminile “belfie”, ossia la mania di fotografarsi il sedere. Tra voyeurismo e narcisismo, chissà che cosa mostreremo nell’immediato futuro Marco Jeitziner
Peccheremo forse di moralismo, quel che basta, ma speriamo non di sessismo o, peggio, di erotomania. Nell’era delle reti sociali, forse nessuno sa meglio della ventenne Jen Selter, ebrea newyorchese, ex insegnante di fitness col naso rifatto, cosa significhi lavorare col... sedere! Grazie a lui, insomma, proveremo a riflettere su cotanta frivolezza scatenata da una banale giovinetta assurta a reginetta del belfie (leggi belfi), cioè l’autoscatto del suo “lato b”. Certi media globali raccontano dei suoi tre milioni (!) di followers sul suo profilo di Instagram, seguaci dei suoi tonici quanto molto (troppo?) allenati glutei, dei ricchi contratti che starebbe strappando a importanti aziende sportive e di intimo.
Società 8
Chi guarda, chi alimenta Le stupefacenti, invero, forme del lui di costei, annullano nel tempo di uno scatto fotografico le ideologie, fallimentari con ogni evidenza, di quelle madri che si prestarono con convinzione alla denuncia. La madre di Jen sembra non saperne nulla, dichiarando al The Post che “sono molto fiera di lei perché è una ragazza che non vuole andare all’università”, siccome “è diventata famosa” con Instagram, e lei “ispira e motiva così tante persone”. Temiamo che abbia ragione. Fare l’università non è mai stato indispensabile, anzi, crediamo che lo sia sempre meno, ma alle lettrici lasciamo volentieri commentare. Quando Jen ha iniziato a fare allenamento, ha dichiarato al Daily Mail, ha notato che il sedere era diventato E dopo il sedere... più muscoloso – c’è chi soPer non essere ipocriti come spetta l’intervento di un mai lo fu Sartre dissertando chirurgo, ma lei smentisce sulle chiappe, l’occhio ma– e quindi si è lasciata “ispisculo volle sempre la sua rare” dalla trasformazione. parte e la sapiente vanità Ora la culturista delle natiJen Selter (100x100fan.com) femminile (benché oggi apche non va più nelle palepartenga anche al maschio, tanto lui è stato sdoganato dalle stre pubbliche perché, dice, “non mi piace essere guardata”. sempre meno nascoste fantasie femminili) seppe sempre Ha spiegato che pubblica quasi unicamente le foto di lui soddisfarla. Voyeuristi come tutti andammo a curiosare: perché “loro non vogliono vedere la mia faccia”. Se in quel niente di nuovo. Jane Fonda, però, ex reginetta del fitness “loro” ci vediamo parecchi uomini, spiegare le sue gesta una volta attrice decaduta, ebbe almeno la dignità di non con il vituperato “il mondo è uomo” ci pare riduttivo. mostrarcelo mai. Molto più osé del selfie, ma pur sempre Dietro all’idea del cellulare, del computer, di Instagram meno infangante del sexting (inviare a terzi foto di nudità c’è probabilmente un uomo, ma dietro ai numerosi arcol cellulare), ci chiediamo: dopo il selfie, la faccia e lui, cosa ticoli di stampa che le hanno dato risalto di qua e di là ci mostrerà in futuro certa gioventù? Le viscere? Le sinapsi dell’Atlantico, ci sono però parecchie donne1. Jen svilisce del cervello? No, quello ormai è accessorio, proprio come ulteriormente la donna? Allora perché le giornaliste ne sono secondarie l’etica e la dignità nelle scuole. parlano e addirittura la intervistano? Forse ci stuferemo anche dell’apoteosi dell’estetica, colti- Il lui di Jen soddisfa certamente i vari editori maschi, veremo la bruttezza, la disarmonia e il disfacimento del ma andremmo oltre: checché se ne dica, il lui femminile corpo. Genitali al punto giusto, sulle rotondità così feticcio sembra, innanzitutto per le donne, un tema che trascendi Jen non ci è possibile, ahi noi, smentire etologi, sociologi de la morbosità del gossip, per finire piuttosto nel sesso e sessuologi. Salvo noi, la stampa locale non sembra averne e nell’eros, ossia nel naturale e nel vitale. Vitale tanto ancora parlato, ma ci rifiutiamo di credere che non vi sia già quanto poteva essere il fitness insegnato da Jen. una seguace (o persino precursore) nostrana. Pubblicando ogni santissimo giorno le foto di lui in allenamento, a casa, in palestra, nei parchi, per strada, anche in pose teatrali – come lei stessa ammette – constatiamo ancora una volta note 1 Dalla giornalista Erika (Gazzetta dello sport), Cheryl (New York quanto lui sia culto in un’epoca per nulla di culto, priva di Magazine), Nicole (Huffingtonpost), Alexandra (Vanity Fair), Emqualsiasi altro credo che non siano fama e soldi. L’amarezza ma (Daily Star), Stephanie (Us Magazine), Carly (Cosmopolitan), Vanessa (International Business), Dana (New York Post) ecc. dopo l’ostentazione.
No, viaggiare... Lunghi spostamenti e notti all’addiaccio, pericoli scampati e incontri in “paesi che mi hanno profondamente cambiato”. Lontano, per scoprire se stessi?
VISITA LA CROAZIA. CONDIVIDI LA CROAZIA.
Non amo troppo viaggiare. Odio gli aeroporti, le file, non mi attraggono i treni sovraffollati; mi piace guidare, ma passare le giornate in interminabili ingorghi credo sia incivile. In compenso sono affascinato dalla letteratura di viaggio, adoro immergermi negli scritti di George Bryson (Una passeggiata nei boschi, Notizie da un’isoletta), nei labirinti geomorfologici di William Least Heat-Moon (Prateria, Le strade per Quoz), nelle riletture a spizzichi e bocconi di Bruce Chatwin (Anatomia dell’irrequietezza, Che ci faccio qui?). Tre autori contemporanei (Chatwin è scomparso nell’89) che nelle loro opere conservano lo spirito che da sempre spinge l’uomo a superare i confini del proprio orizzonte: una volta per cacciare, migrare alla ricerca di acqua, di cibo, fuggire dal freddo, dal caldo, dai pericoli; più recentemente per scoprire e comprendere il pianeta, altre culture e stili di vita. Come scrive Eric J. Leed ne La mente del viaggiatore. Dall’Odissea al turismo globale, “se la gente e il suo modo di vivere fossero uguali dappertutto, non avrebbe molto senso spostarsi da un posto all’altro”. Una considerazione banale ma che certo permette di sintetizzare il senso stesso del mettersi in viaggio, e fare luce sul mistero di tanta dedizione e dispendio di denaro che dedichiamo al viaggio: la curiosità. Sì, ma per che cosa, di preciso? Oggi sono poche le comunità che vivono il nomadismo e, come bene sappiamo in Svizzera, i problemi per questi ultimi non mancano. La condizione stanziale, la territorializzazione dell’uomo è diventata nei millenni tanto forte e prioritaria che tutte le maggiori civiltà (dagli egizi ai greci, ai romani, su su sino alle cittadelle medievali fortificate e oggi alle rivendicazioni regionalistiche di piccole comunità a cui regolarmente assistiamo) hanno difeso e combattuto, sa-
crificato membri della loro comunità per la difesa del territorio conquistato. E la stessa mobilità di cui tutti sono stati una volta portatori ha paradossalmente generato proprio il bisogno di stanzialità e dunque di stabilità, armonia tra comunità e luogo raggiunto con tanta fatica. Immagino siano ben pochi i luoghi del nostro pianeta non ancora calpestati: nel recente Atlante delle isole remote l’autrice Judith Schalansky ne raccoglie 50 nelle quali, come recita il sottotitolo “non sono mai stata e mai andrò”. Isolotti sperduti, alcuni così inospitali da essere inabitabili (per l’uomo di oggi). Il libro dimostra però come anche quei fazzoletti di terra siano stati scoperti ed esplorati. E in alcuni casi diventati leggendari e metaforici delle insidie del viaggio stesso. Negli ultimi decenni, sulla scia della riscoperta, per esempio, di autori come H.D. Thoreau o delle antiche vie dei pellegrini, spostarsi lentamente è diventato il nuovo paradigma del “vero” viaggiatore, quasi avessimo riscoperto il bisogno di muoverci con tempi simili a quelli delle nostre capacità, fisiche e/o mentali. O forse abbiamo scoperto che il viaggio “all’avventura” non esiste più, e questo già dai Grand Tour settecenteschi con tanto di programma. E che viaggiare non rappresenta quella rottura sociale che negli ultimi due secoli ne ha fatto anche la fortuna. Oggi non ci sono scoperte ma solo conferme: si viaggia per trovare quello che abbiamo già pianificato di scoprire. Tornare “cambiati” da ciò che eravamo e dai propri schemi culturali è assai raro: il più delle volte eravamo già quella persona (e non lo sapevamo). Anzi, spesso il viaggio affascina perché vi è un ritorno... che per molti è il fine più inconscio, nascosto. Una prova d’amore per “casa propria” e i nostri affetti più veri.
PHOTO BY IVO PERVAN
di Giancarlo Fornasier
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Ente Nazionale Croato per il Turismo
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Varianti ticinesi
Alle recenti Olimpiadi di Italiano hanno partecipato oltre 600 scuole, compreso un liceo di Lugano. Fra gli stranieri, hanno vinto una ragazza bulgara e un nigeriano. E i ticinesi? di Alba Minadeo
Media 10
La Sala d’Armi di Palazzo Vecchio ha ospitato in aprile la quarta edizione delle Olimpiadi di Italiano vinta da Caterina Dalmaso di Trento, per il biennio delle scuole superiori, e Niccolò Rizzotti di Novara, per il triennio. Primi classificati stranieri, Elena Kostova di Sofia e Ibinabo Kilali David-We di Lagos. Si sono contesi il podio 66 finalisti (tra cui due studenti d’italiano lingua 2 selezionati tra 21 scuole tedesche e ladine) che hanno dovuto dimostrare conoscenza grammaticale, capacità linguistica, comprensione e rielaborazione testuale. Alle selezioni hanno partecipato 14.769 studenti: 568 i candidati esteri, tra i quali 21 alunni del liceo scientifico paritario Leonardo da Vinci di Lugano che non hanno superato la dura selezione, suddivisa in due prove online, e non sono stati ammessi alla finale di Firenze, capitale simbolica della lingua italiana.
colmare svariate lacune. Gli esercizi più difficili sono quelli che riguardavano la morfologia: spesso i ragazzi confondono gli accenti, come per esempio, motòscafo con motoscàfo.
Triplette panelvetiche L’apprendimento dell’italiano è poco favorevole anche perché la concorrenza dell’inglese e dello spagnolo si fa sentire. Il ticinese Alessio Petralli insegna Teorie e tecniche del linguaggio dei media all’università di Bergamo (tra i suoi lavori, L’italiano in un cantone, Franco Angeli, 1991). Collaboratore del Gruppo Coscienza Svizzera, è da anni fra i promotori d’iniziative a sostegno della lingua italiana, e cita sempre un vecchio articolo di Giacomo Devoto, il grande linguista e glottologo, apparso sul Corriere della Sera del 1969: “Il problema linguistico ticinese deve essere trattato coPalazzo Vecchio a Firenze (territoridel900.wordpress.com) me se i ticinesi e i reto-italiani Ticinesismi fossero non trecentomila, ma Avrebbero potuto “vincere facile”, rispetto agli altri stra- tre milioni”. In tal senso, è sorto il Forum per l’italiano in nieri, visto che la lingua ufficiale del cantone è l’italiano Svizzera che tiene desta l’attenzione su quella che è una e Lugano è la più grande città di lingua italiana al di fuori lingua ufficiale della Confederazione. dell’Italia. Probabilmente sono stati penalizzati dal fatto Alla voce Italiano di Svizzera dell’Enciclopedia Treccani – comche l’italiano in Svizzera è una componente linguistica pilata da Bruno Moretti, docente di Linguistica italiana fortemente minoritaria, che tende a tradurre la termino- all’università di Berna e direttore dell’Osservatorio linguilogia ufficiale dal tedesco o dal francese e che, dal parlare stico della Svizzera italiana (OLSI) – è possibile approfondire quotidiano alla pubblicità, usa termini definiti ticinesismi, l’argomento e scoprire molti elvetismi: da quelli arcaici tipici dell’italiano regionale, non utilizzati nell’italiano (carta gommata, lapis, bottiglia con la macchinetta) alle corretto. A scuola si usano parole come corteggio per dire triplette panelvetiche (buraliste/Bürolist/buralista), così decorteo; invece di voti, note; al posto di verifica, espe; i test nominate dal linguista italiano Gaetano Berruto. a sorpresa sono chiamati blitz e i professori sore o soressa e L’italiano svizzero ricorda il missingsch che Kurt Tucholsky non prof. Si dice ho bocciato (al posto di sono stato bocciato) definiva “ciò che viene fuori dal tedesco del nord quando si ed è normale esprimersi in questo modo: sono strafalcioni atteggia a parlare l’alto tedesco. Tenta di arrampicarsi lungo la tremendi per l’italiano, a volte in uso anche tra i docenti. scalinata lucida e scivolosa della grammatica tedesca e a ogni piè Interferenze, prestiti o calchi da altre lingue o dialetti sospinto eccolo ricascare indietro, nel suo amato basso tedesco”. complicano lo studio della lingua italiana. Bon, per dirla con il nostro intercalare: parliamo pure la Il maggiore problema è il bilinguismo: gli studenti provenien- lingua di tutti i giorni, delle cose che più ci stanno a cuore, ma ti dalla Svizzera tedesca e francese o di altre nazionalità han- per non far sorridere i molti italiani che transitano dalle no difficoltà con la grammatica italiana perché non l’hanno nostre stazioni ferroviarie, correggiamo una volta per tutte studiata alle scuole elementari e medie, quindi devono almeno la scritta “Vietato traversare i binari”.
L’altra bellezza
La bellezza è ovunque, ci circonda e rende la nostra vita migliore. Soprattutto quando, sospinti dagli anni verso la vecchiaia, il nostro aspetto perde freschezza e splendore di Fabio Martini
La matematica non è mai stata la mia passione. E non per-
siamo giunti, almeno qui da noi, a una tale espansione ché fosse particolarmente gravoso comprenderne i concetti di bellezza che la domanda pare più che giustificata. È la e i procedimenti ma per una sorta di antipatia, indotta per questione non riguarda in specifico la signora Johansson lo più da un’indole pigra e dal maggiore interesse che da o un’altra fra le tante dive che da televisione, siti internet, sempre ho nutrito nei confronti delle materie umanistiche. cartelloni pubblicitari ci ammiccano ammalianti. Niente L’ultimo anno del liceo, conscio che avrei puntato tutto affatto. La domanda riguarda tutti noi, uomini e donne, che sulle discipline di cui ero più appassionato e avendo già in concentrazione maggiore e minore siamo, o siamo stati, deciso l’indirizzo universitario, depositari di cotanta bellezza. mollai gli ormeggi snobbanUn bellezza a volte tracimante do quasi completamente quel e quasi fastidiosa (“Ma chi era primo approccio all’analisi costei che sorgeva davanti a me matematica che il programcome l’aurora? Bella come la ma di allora (ma credo che luna, fulgida come il sole e terriancora oggi avvenga lo stesso) bile come un esercito schierato in prevedeva. Sostanzialmente si battaglia”, medita il personagtrattava di funzioni, derivagio di Adso, citando il Cantico te e integrali. Ovviamente il dei Cantici, nel celebre Il nome compito scritto di matematica della rosa, film tratto dall’omoall’esame di maturità non andò nimo romanzo di Umberto bene ma grazie alle materie Eco), altre volte elegantemente umanistiche me ne uscii con accennata e altre ancora, per i Scarlett Johansson (online-news.it) un voto rispettabile (ma con meno fortunati, solo desiderata comprensibile irritazione del e ricercata. Fino al paradosso di professore di filosofia che si aspettava ben altro da me). La voler negare il proprio decadimento fisico. Vittorio Gassman scelta di una facoltà umanistica confinò definitivamente i sosteneva che “invecchiare è un’indecenza”. In parte è vero, miei sforzi matematici a un epoca remota e tutto sembrò perché acciacchi e malattie non rappresentano affatto una finire lì. Poi, superati da un pezzo i trent’anni, alle spalle condizione desiderabile ed è naturale tentare di opporvisi, una laurea in lettere moderne a indirizzo storico artistico, mantenendosi in forma e conservando un aspetto il più in una calda e insonne notte estiva, accesi la televisione. Il giovanile possibile. Ma anche in questa resistenza all’imcaso volle che quella notte la RAI trasmettesse una lezione bruttimento che la vecchiaia comporta c’è un punto oltre di matematica dedicata proprio all’analisi matematica e, in il quale è indispensabile arrestarsi, accettando il proprio specifico, alle derivate. Attratto dall’eloquenza del professo- declino, a meno di trasformarci – come molte donne e re e dalla sua capacità di spiegare argomenti non semplici, uomini oggi appaiono – in misere caricature di ciò che un decisi di prendere foglio e penna per seguire la spiegazione. tempo eravamo. E allora non solo mi fu chiaro che cosa fossero le derivate ma divenni improvvisamente consapevole dell’assoluta Sotto assedio bellezza della matematica. In altre parole, andai incontro a Se la bellezza esteriore non ci abita più ciò non toglie che la un’esperienza estetica, esattamente come avviene quando si possa trovare ovunque poiché essa ci assedia e si genera un brano musicale, un quadro o un film ci coinvolgono continuamente sotto i nostri occhi: nel collo intravisto di profondamente rivelandoci aspetti del mondo e del reale bella donna alla guida di un’auto come in un meraviglioso che fino a quel momento ignoravamo. giardino (penso a quello, straordinario in questa stagione, di Villa Melzi d’Eril a Bellagio), in un cielo stellato come nella Dal big bang a Scarlett Johansson scrittura di un grande autore, nella grazia di un gatto, in un Questo è un altro straordinario, insondabile mistero. Cer- brano musicale… in una derivata. La bellezza che, invecto, di tempo ce ne è voluto tanto – circa quindici miliardi chiando, ci ha abbandonato la ritroviamo quindi intorno di anni –, ma il risultato è senza dubbio stupefacente: da a noi. Si tratta solo di non rinunciare a coglierla, tenendo quel granello iniziale da cui sono scaturiti spazio e tempo sempre gli occhi bene aperti e godendone sino alla fine.
Kronos 11
S
ono nata a Sorengo nel 1979, ma ho sempre abitato nel Mendrisiotto. Da piccola ho fatto le scuole dell’obbligo vicino a casa e poi ho frequentato le commerciali a Chiasso, dietro “suggerimento” dei miei familiari che avevano intuito che studiare non era in quel momento il mio forte e così mi hanno indirizzata verso una scuola vicina al mondo del lavoro. Da bambina mi sarebbe piaciuto fare la ballerina (mai fatto scuola di danza) poi la puericultrice, professione che ho scartato perché ho iniziato il percorso commerciale, che in quel momento di incertezza sul mio futuro mi avrebbe aperto gli sbocchi professionali. Mia mamma e i miei nonni materni mi hanno supportato molto negli studi. Purtroppo mio papà è mancato quando avevo solo dieci anni, ma ho avuto tante attenzioni da parte degli altri familiari, in particolare ero sotto l’occhio vigile di mia sorella. Oggi sono contenta della mia scelta e non rimpiango un possibile lavoro con i bambini e poi chissà, c’è ancora tempo per farlo. Alle commerciali sono stata bocciata un anno e da lì mi si è aperto un mondo: è cambiato il mio approccio con lo studio e alla fine del percorso scolastico sono uscita con un voto alto, tra i primi tre studenti dell’istituto. Grazie a questo ho deciso di frequentare la maturità post diploma. Subito dopo la scuola ho trovato lavoro in un’azienda importexport di gioielli e li sono stata un anno, dopo di ché mi sono licenziata a causa delle difficili possibilità di crescita professionale. Dopo questa esperienza sono stata assunta dall’istituto bancario presso il quale ancora oggi lavoro. Ho iniziato presso la sede centrale a Lugano e mi occupavo di crediti documentari. Poi mi è stato concesso un soggiorno linguistico di quasi cinque mesi a Londra per perfezionare il mio inglese. In seguito sono stata trasferita a Chiasso dove ho fatto un po’ di tutto, da back office, segreteria e cassa. Infine, nel 2005, sono passata a Mendrisio, dove era stata aperta una nuova agenzia. Al di fuori del lavoro, che occupa la maggior parte del mio tempo e delle mie energie, c’è soprattutto il mio cane, Leone, e ci sono le passeggiate con lui: d’obbligo quella serale al rientro dal lavoro che in estate col bel tempo diventano sempre
più lunghe. Sono ormai diversi anni che ho lasciato la casa di mia mamma e sono andata a vivere prima con il mio compagno di allora, poi da sola e oggi con il mio attuale compagno. La vita mi ha fatto cambiare un po’ di cose, ma Leone rimane sempre! Altra mia grande passione è la gastronomia, che condivido con il mio compagno. Si, perché ci piace mangiare, scoprire ristoranti nuovi e tutti gli anni andiamo in Piemonte o in Toscana, in agriturismi dove facciamo scoperte enogastronomiche. Non sono una di quelle donne che vanno al ristorante e ordinano un’insalatina, a me piace gustare tutto, dall’antipasto al dolce accompagnato da del buon vino. Trovo che la tavola sia un buon momento per stare con le persone e conoscerle: non è forse a cena o a pranzo che si concludono i contratti migliori o che si chiede alla propria amata, o amato, di sposarsi? E poi per me è un amore, quello con la cucina, che mi porto dietro dai tempi delle scuole medie, quando frequentavo un corso per imparare a cucinare e riproponevo poi a casa trucchi e ricette, in particolare da mio zio, con parenti e amici. Cucinare è per me qualcosa legato alle mie origini, alla mia famiglia. È importante per me tenere insieme ed esprimere le mie “due anime”, che possono sembrare contrastanti, quella della ragazza “moderna”, indipendente, che lavora tutto il giorno, e quella di una donna che ama la cucina, la casa, la famiglia. Se guardo al mio futuro, mi piacerebbe proseguire il mio lavoro in banca, magari sempre a Mendrisio perché dopo tanti anni mi sento parte del Magnifico Borgo e la piccola realtà della nostra agenzia mi permette di avere una visione a 360 gradi del mio lavoro. Certo, al di là della professione, ho il desiderio di costruire una famiglia. Ho anche un sogno nel cassetto: vorrei poter aprire un bed&breakfast o una tea room tutta mia dove preparare manicaretti e dolci di vario genere. Già ora in settimana mi rendo conto di cucinare cose veloci, ma nel weekend mi concedo più tempo e preparo torte e lasagne.
ANNA TESTErA
Vitae 12
Un lavoro in banca e le sue passioni: il cane Leone e i piaceri della tavola, grazie ai quali recupera una dimensione familiare esprimendosi in libertà
testimonianza raccolta da Roberto Roveda fotografia ©Flavia Leuenberger
La vita in un attimo di Daniele Fontana; fotografie ŠGiovanni Luisoni
sopra: Angelo, Morbio, 2009 a sinistra: Agnese-Manciana, Scudellate, 1991 in apertura: Angelina, Caneggio, 2001
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on è cosa facile il ritratto. Né per chi lo esegue né per chi viene rappresentato. Non è una questione di tecnica. È cosa più profonda. Intima. Essenziale. Non per nulla prima di arrivare al ritratto verosimigliante (fisionomico è il termine tecnico), nella storia dell’arte ce n’è voluto di tempo. C’è stato comunque anche chi, come Michelangelo, non ne ha mai voluti fare. E non è che con la fotografia sia andata meglio. Certo lì, in apparenza, non scappi. Quel che c’è si vede. In apparenza. Perché in verità cosa ci racconta uno scatto, un’immagine, un frammento? Quello che l’autore della foto ha voluto o cercato di dirci. Quello che la persona fotografata ha voluto o permesso di raccontarci. O forse niente di tutto questo. Un istante colto al volo, magari dopo lunghi appostamenti. Oppure così, per fulmine del caso. Un momento, appunto. Un istante del lungo, complesso, contraddittorio fluire delle vite. “A frame in a picture”, per sovvertire il titolo di una nota canzone. Un fotogramma in una fotografia. L’abilità del fotografo sta nel cogliere quell’attimo. Nel rappresentarlo. Nel dargli profondità sul rettangolo bidimensionale. Nel caricarlo d’arte, letteratura e psicologia. Ma poi tocca a noi. A noi che vediamo quelle immagini, che le ascoltiamo, che le facciamo diventare racconto dentro di noi. Non è come vedere un film. Quando guardiamo una foto, il film tocca a noi farlo. E lì dentro, non raccontiamoci storie, è la nostra che proiettiamo. In questi volti assorti, compassati, a volte distratti, come rapiti, ma
Rodolfo, Cabbio, 2003
Ricu fö in cò, Roncapiano, 1982
Aldo e Giuseppe, Morbio, 2006
sempre presenti, e perciò intensi, sta riflessa la nostra anima prima di quella dei protagonisti. E non è detto che per loro sia sempre cosa anche solo accettabile. Il ritratto degli altri come specchio di noi stessi, dunque. Come artificio magico che ci rimanda la nostra vita e, peggio, la nostra natura. Impietoso, implacabile, perché in quel suo ostinato, estetico mutismo ci parla. Dio solo sa quanto ci parla. Non smette mai. Anche quando lo sguardo è distolto, la pagina girata, la luce finita. È da dentro che ti parlano quei ritratti. Una lingua che forse solo tu conosci nella sua verità. Non c’è virtuosismo meccanico, né artificio digitale: nulla e nessuno può far sparire le rughe della nostra storia, gli inestetismi della nostra coscienza, le contraddizioni della nostra meschinità. I ritratti si fanno simboli, e come molti altri simboli ci parlano dell’assoluto. Di principi, valori, senso, e in fondo del destino di cui siamo noi stessi gli artefici. A maggior ragione, per chi non crede vi sia altro percorso oltre il transito terreste, quelle fotografie si fanno potente “memento mori”: “Generale, attento! Non cadere vittima della superbia. Ricordati che pure tu dovrai morire”. Loro, le fotografie, i ritratti, sono perciò eterni. Anche oltre la durata materiale dei supporti su cui sono stati fissati. Siamo noi invece caduchi, passeggeri, perituri. Lo racconta, con una forza e una bellezza struggenti, una delle più emozionanti canzoni di Enzo Jannacci: “La Fotografia”, appunto.
Guarda la fotografia sembra neanche un ragazzino io son quello col vino lui è quello senza motorino era il solo a non voler capire d’esser stato sfortunato nascere in un paese dove i fiori han paura e il sole è avvelenato e sapeva quanto poco fosse un gioco... la sua faccia nel mirino (...) la fotografia la fotografia la fotografia tutto il resto è facce false della pubbliciteria tutto il resto è brutta musica fatta solamente con la batteria tutto il resto è sporca guerra stile stile mafieria la fotografia tu che sei famoso, firma firma per piacere la fotografia.
Giovanni Luisoni Nato nel 1944 a Stabio, vive a Morbio Superiore in Valle di Muggio. Fotografo dal 1972, ha collaborato con quotidiani, riviste cantonali e d’oltralpe, concentrandosi in modo particolare sulla promozione del paesaggio nel Mendrisiotto. Da molti anni conduce una personale ricerca nel territorio della sua regione, con all’attivo diverse mostre e pubblicazioni. giovanniluisoni.ch
2 NO, INFATtI... APpARTENGONO AGLI ESsERI UMANI. LASCIA ANDARE QUEGLI UMANI. QUESTO LAGO NON E' COSA TUA!
CERESO, SIGNORE DELlE ACQUE. QUALE PRIVILEGIO.
SE INSISTI NON MI LASCI ALTRA SCELTA.
NESsUN PRIVILEGIO NEL VEDERE LA TUA ABERrANZA. VATtENE ORA! QUESTE ACQUE NON TI APpARTENGONO PIU'!
VISTA LA RILUTTANZA DEL MOSTRO DI NON ABBANDONARE LE ACQUE, CERESO DECISE DI RICORRERE AD UNA SOLUZIONE DRASTICA.
LA SOLA FUNZIONALE.
NON PUOI FARLO!!! CONTINUA... progetTo a cura di: BOoKMAKER COMICS Testi: MasSimo rOSI DISEGNI: EDUARDO MELlO COLORI: VINCENZO SALVO
Concorso. La foto del mese
Pubblichiamo la quarta immagine selezionata tra quelle giunte in Redazione nell’ambito del concorso fotografico lanciato da “Ticinosette” ai lettori. Il prossimo appuntamento è tra quattro settimane…
Se stessi, di Daniela Banfi
Tutti possono partecipare al concorso fotografico anche se, per ovvie ragioni sono, esclusi categoricamente i professionisti della fotografia (ma non gli apprendisti fotografi e altre persone in formazione). Nel corso dell’anno i partecipanti potranno inviare una sola foto per ogni sezione, anche in tempi diversi. Abbiamo definito sei grandi temi nei quali potete sbizzarrirvi: “se stessi”, “in movimento”, “la famiglia”, “il lavoro”,
“gli oggetti” e “l’invisibile”. Ricordiamo che in ogni invio deve essere specificata la sezione a cui si intende concorrere, oltre al proprio nome e cognome, l’indirizzo e un recapito telefonico. Come già indicato, le immagini – che saranno accettate solo se inoltrate in alta risoluzione (300/320 ppi) in modo da consentirne la pubblicazione – dovranno essere inviate al seguente indirizzo di posta elettronica: phototicinosette@gmail.com.
Mensilmente pubblicheremo un’immagine selezionata tra quelle giunte nell’arco delle quattro settimane, e ritenuta la più interessante dal comitato di Redazione. Tra un mese verrà dunque presentata la quinta immagine selezionata e alla fine del 2014 le migliori saranno raccolte in un reportage. Il vincitore finale, selezionato sempre dalla Redazione, riceverà un premio in contanti di ben 400 franchi.
Il filo della bellezza Tendenze p. 44 – 45 | di Marisa Gorza; foto Polaroid ŠReza Khatir
La bellezza è un bene prezioso, una virtù agognata, perseguita, riverita, venerata e… preservata in mille modi, scientifici ed empirici. Perché, come è noto, la bellezza è un dono fragile ed effimero e la sua permanenza è quanto mai appesa a un tenue filo
Con l’età, in seguito a un forte dimagrimento,
a stress o disturbi fisici, la pelle del viso, come i tessuti cutanei di diverse zone del corpo, tendono a rilassarsi con inevitabili e antiestetici cedimenti. Si va incontro, cioè, alla temuta “caduta libera”, o meglio alla “ptosi”, tanto per utilizzare il linguaggio medico. Fino a pochi anni fa la battaglia decisiva contro questa antipatica ineluttabilità consisteva nel ricorso al bisturi, ovvero nel tradizionale intervento chirurgico chiamato “lifting”. Una metodologia ancora oggi appannaggio di dive e personaggi pubblici con l’esigenza sociale e professionale di conservare l’allure della giovinezza. Giorni di degenza, una lunga convalescenza e impegni vari cancellati per almeno un mesetto e mezzo rimangono il prezzo (oltre ai costi esosi) da pagare, specialmente se l’operazione riguarda il viso. Appesi alla sospensione La tendenza attuale è tuttavia volta ai trattamenti “pausa pranzo”, veloci, immediati e senza evidenti segni post operatori. È davvero possibile un simile prodigio? “Certamente”, conferma la dott.ssa Simona Nichetti, medico estetico all’avanguardia. “L’innovazione più recente per il ripristino del tono, consiste nei «fili di sospensione riassorbibili». Introdotti sotto la pelle, senza ricovero in ospedale, correggono il rilassamento e, nel contempo, rivitalizzano i tessuti”. In cosa consiste questo filo che regge la bellezza e la sua armoniosa tonicità? “Si tratta di un medical device costituito da polidiossanone e/o caprolactone, sostanze stimolanti la proliferazione del collagene. L’applicazione di tali fili, sottili, ma efficaci, crea un effetto di ringiovanimento e compattamento del derma di diversi distretti anatomici del volto, quali il profilo mandibolare, l’area zigomatica, l’area periorbitaria e la zona del sottomento. Nonché zone del corpo quali braccia, interno cosce, glutei. La seduta si svolge in ambulatorio, però seguendo tutti i crismi di un’operazione in campo sterile”. Come avviene la seduta? Non sarà per caso... dolorosa?
“Il medico demarca con la matita dermografica le aree da trazionare con i fili. Dopo l’anestesia locale, procede all’inserimento del device tramite appositi aghi. Durante la seduta il paziente non avverte alcun dolore. Al termine del trattamento o il giorno successivo può comparire un edema e modesti ematomi risolvibili in tempi molto brevi. Da evitare per qualche giorno saune e solarium. I tempi di riassorbimento del filo sono di circa sei mesi, ma la stimolazione indotta nel tessuto è tale da garantire un pool di fibroplasti e collagene nuovi e permanenti. L’effetto tensore viene così prolungato fino a due anni”. Ci riassume i pro e i contro di questo trattamento rispetto al lifting chirurgico? “L’invasività di questo soft lifting è minima e ha una indicazione più ampia, dal momento che l’intervento chirurgico richiede incisione e scollamento dei tessuti, scartando così i fumatori e altri pazienti a rischio di necrosi. Il risultato finale è più naturale e continua anche dopo il riassorbimento del filo, date, come già spiegato, le sue capacità rigeneranti assenti nell’intervento con il bisturi che toglie solo l’eccesso di pelle. Inoltre, i costi sono di gran lunga inferiori. Va sottolineato ancora una volta che non lascia cicatrici, nemmeno negli interventi sul corpo. Certamente con l’intervento chirurgico la trazione permane più a lungo ed è totale. La scelta di uno o dell’altro dipende dalle aspettative del paziente. Limitante è anche un’età molto avanzata, dove per ottenere dei risultati bisogna ricorrere all’operazione con lo specifico strumento. Per età si intende quella biologica e non quella anagrafica. In generale, oggi, dati i ritmi veloci richiesti dalla vita moderna, si propende per l’inserimento dei fili”. Tale trattamento è richiesto dagli uomini? “Altroché! Di solito sono terrorizzati dalle guance cadenti e ci tengono a un aspetto fresco e gradevole che trasmetta una rassicurante immagine di dinamismo”. Proprio ciò che definiamo come un “bell’aspetto” al maschile! Insomma, per dirla con Dostoevskij, se “la bellezza salverà il mondo”, il filo magico salverà la bellezza?! Certo qui ci riferiamo alla beltà puramente esteriore, ma per il momento ci accontentiamo.
La domanda della settimana
Nella ricerca di un posto di lavoro, per voi o per un vostro familiare, avete mai fatto ricorso a una “raccomandazione”?
Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 22 maggio. I risultati appariranno sul numero 22 di Ticinosette.
Al quesito “Avreste nulla in contrario alla presenza di un centro per ospitare i richiedenti l’asilo nel vostro comune?” avete risposto:
SI
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NO
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Astri ariete Se dovete prepararvi a un esame questo è il momento giusto. Grazie a Venere e a Marte si accende in voi una vena di passionalità.
toro Situazioni inaspettate tra il 19 e il 21. Momento importante per i nati nella seconda decade. Farete i conti con nuove e vecchie responsabilità.
gemelli Dal 18 si apre un periodo di fortuna sentimentale. Incontri con stranieri originali. Opportunità professionali favorite dalla vostra creatività.
cancro Tra il 18 e il 19 Luna in opposizione. Vulnerabili soprattutto per quanto riguarda i rapporti con il partner e le aspirazioni professionali. Tensioni.
leone Fortunati e iperattivi ma protetti da Marte e Venere. Se avete dei nemici questo è il momento giusto per attaccare. Ansia tra il 19 e il 21.
vergine Periodo ottimo per apportare cambiamenti alla propria vita. Favorite le attività ricreative. Disturbata le giornate tra il 22 e il 23.
bilancia Esperienze karmiche e incontri con un lontano passato. Un’inspiegabile antipatia si trasforma in una attrazione fatale. Incontro con l’Acquario.
scorpione Momento adatto per far partire un progetto a lungo termine. Avanzamenti professionali. Rapporti familiari disturbati tra il 20 e il 21 maggio.
sagittario Marte e Venere favorevoli. Incontri tra il 20 e il 21 maggio. Particolarmente fortunate le attività creative. Favorevole l’incontro con l’Ariete.
capricorno Con Venere e Urano vi starà più a cuore cimentarvi in nuove forme di divertimento piuttosto che impegnarvi con zelo in un’attività professionale.
acquario A partire dal 20 maggio si apre un periodo di importanza straordinaria. Novità e nuove amicizie in arrivo. Eventi pubblici tra il 20 e il 21.
pesci Opportunità professionali. Favoriti scambi commerciali. Spese per l’abbellimento degli spazi domestici. Osservate una dieta equilibrata.
Gioca e vinci con Ticinosette
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La soluzione verrà pubblicata sul numero 22
Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 22 maggio e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 20 mag. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!
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Soluzioni n. 18
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Orizzontali 1. Ruberia, razzia • 10. Struzzo australiano • 11. Scoppia sonora • 12. C’è anche quella di pilotaggio • 14. Selenio e Zolfo • 15. Arbusto montano • 16. Aspri come il fumo • 17. Una voce del tennista • 18. Il dio egizio del sole • 20. Dittongo in boato • 21. Varietà di quarzo • 25. Quasi unica • 27. Madre latina • 28. Andate in poesia • 29. La indossa il giudice • 30. Consonanti in dieta • 31. Fa buon sangue • 32. Avverbio di luogo • 33. Il giorno trascorso • 35. Il noto Vallone - 36. Dei nordici • 37. Giulivi, contenti • 39. Scampò alla vendetta di Eracle • 41. Spagna e Cuba • 42. Priva di compagnia • 43. Gigari • 44. Periodo storico • 46. Gabbie per polli • 47. Precede Vegas • 48. Competizioni • 49. L’amò Garibaldi • 50. Spinta iniziale. Verticali 1. Famoso romanzo dello statunitense Frank McCourt • 2. Prive di zucchero • 3. Diffidare, sospettare • 4. Abbellire • 5. Pari in schiva • 6. La fine di Aramis • 7. Celata • 8. Ripetute • 9. Vi sosta la carovana • 13. Novantanove romani • 19. Circonda la Terra • 22. Dubitativa • 23. Personaggio dell’Otello • 24. Disinnesca bombe • 26. Aspettate • 29. Il Ticino sulle targhe • 31. Mezza riga • 32. Stracciati, logori • 34. Attaccano facilmente briga • 35. Marina nel cuore • 37. Uccello acquatico • 38. Cuor di balena • 40. Un colpo all’uscio • 43. Privi di fede • 45. Il fiabesco Peter • 46. Dispari in serva.
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Premio in palio: tre carte giornaliere “Arcobaleno”
Carta giornaliera. La scelta giusta per circolare liberamente tutto il giorno.
Arcobaleno mette in palio una carta giornaliera di 2a classe (per tutte le zone; il valore complessivo dei premi è di CHF 156.–) a tre lettori di Ticinosette che comunicheranno correttamente la soluzione del Concorso.
La soluzione del Concorso apparso il 2 maggio è: LUNATICO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Graziana Buletti 6776 Piotta
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Con la carta giornaliera si viaggia tutto il giorno all’interno delle zone prescelte, interrompendo e riprendendo il viaggio quante volte si desidera, fino alla fine dell’esercizio. È possibile acquistare anche la multi giornaliera, che offre 6 viaggi al prezzo di 5.
Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!
Svaghi 47
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*Nespresso ® è un marchio terzo che non è collegato a Mondelēz International. **Acquistate la confezione promozionale, prendete nota del codice sul retro della confezione, inserite il codice e le altre informazioni su www.jacobsmomente.ch e sarete rimborsati. Termine ultimo per la partecipazione: 31.12.2015. Solo un partecipante per nucleo familiare. Possono partecipare i maggiorenni con residenza e conto bancario in Svizzera, ad esclusione dei collaboratori delle aziende partecipanti e dei loro parenti. Istruzioni sulla confezione promozionale e su www.jacobsmomente.ch
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