Ticinosette

Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–

№ 37 del 12 settembre 2014 · con Teleradio dal 14 al 20 set.

UNA SFIDA GLOBALE

La nuova strategia elaborata dall’ONU e dai paesi membri per i prossimi anni riuscirà a sconfiggere il sottosviluppo?

Ù I P I D O M A I L VOG !

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EDIA M N I N O C O EL VIS D A I Z I L U P A LI PER L O C I T R A I T L MO

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Ticinosette allegato settimanale N° 37 del 12.9.2014

4

AlbA minAdeo ...........................................

7

nicolA QuAdri ................................................................

8

Eroi Alexa O’Brien & Molly Crabapple Mundus La causa prima

Impressum

AmAndA Pfändler .........................................

Agorà Povertà. Una nuova strategia

di

di

di

Letture Giovanni Soldati. L’ultima lettera

lAurA di corciA ..............................................................

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Chiusura redazionale

Vitae Andrea Tedeschi

Editore

Reportage Isola Comacina. Un’oasi d’arte

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor

di

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Società Dalai Lama. Uno di noi

Venerdì 5 settembre

roberto rovedA ...................................

GAiA GrimAni ....................................................

Tiratura controllata 66’475 copie

di

di

StefAniA briccolA; foto di rezA KhAtir .....

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booKmAKer comicS ..................

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mAriSA GorzA .....................................

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Svaghi ....................................................................................................................

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di

Fumetto Il conte Bonaccione (episodio 2) Tendenze Artigianato. L’uomo e la terra

A curA di di

Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

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In copertina

Via col vento Illustrazione @Bruno Machado

Giovani sguardi Pubblichiamo con piacere un comunicato stampa di Unitas, l’Associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana, trasmesso ai media in occasione della recente apparizione del nono numero della collana Con-tatto, che propone il tema dell’integrazione scolastica. Per maggiori informazioni sull’attività dell’importante associazione, vi rimandiamo alla pagina internet unitas.ch.

“I nostri occhi sul futuro” è il titolo del documentario realizzato da Marco Horat e Mino Müller (...) ed è disponibile su DVD. Oltre a essere spedito a soci, amici e sostenitori dell’associazione, il DVD può anche essere richiesto direttamente al segretariato di Tenero (info@unitas.ch oppure 091 7356900). Con-tatto 2014, distribuito gratuitamente, rappresenta la seconda campagna annuale di raccolta fondi e in questo senso chi desidera sostenere le attività dell’associazione ha la possibilità di farlo con un contributo libero (CCP 65-79930-9).

Gli autori hanno realizzato questo filmato, della durata di 29 minuti, raccogliendo testimonianze dirette di bambini e ragazzi ciechi o ipovedenti, delle loro famiglie, dei docenti e di altri professionisti coinvolti nel lavoro di sostegno a questi allievi. Fino all’inizio degli anni ottanta un ragazzo cieco aveva unicamente la possibilità di poter seguire il suo percorso di formazione in un istituto per ciechi in Svizzera interna. Da oltre trent’anni, invece,

l’integrazione nella scuola normale di allievi con un handicap è ormai una realtà che si è affiancata al vecchio modello; questa soluzione è oggi quella più adottata e preferita da genitori con un figlio cieco o ipovedente. Le figure che permettono questa integrazione sono molteplici, dal cantone ai servizi specializzati nel campo dell’handicap, dalla famiglia alla scuola, dai docenti di classe a quelli di appoggio. Il documentario vuole quindi dare un breve sguardo su questo tema, dando la possibilità alla gente, appunto in occasione della riapertura delle scuole, di entrare per un momento in classe e toccare con mano un aspetto della nostra scuola che non tutti conoscono.

Il Servizio giovani della Unitas, oltre al sostegno e alla consulenza nell’ambito dell’integrazione scolastica, si occupa più generalmente di bambini e giovani dalla nascita fino ai 20 anni. Molto importante è, per esempio, il lavoro svolto nell’intervento precoce con bambini piccoli in età pre-scolare.

Coadiuvato da altri servizi e strutture dell’associazione per aspetti legati all’informatica, ai mezzi ausiliari, ai trasporti, alla biblioteca o alle attività di animazione, il Servizio giovani ciechi e ipovedenti è l’ultimo in ordine cronologico nato sotto il cappello della Unitas ed è attivo da poco meno di dieci anni, anche se in precedenza l’associazione si occupava già, in altre forme, di assistenza a bambini con problemi di vista e anche con altri handicap (ricordiamo la Casa Sorriso di Tenero).

Una nuova strategia Povertà. Nel 2000, con la Dichiarazione del Millennio l’ONU aveva intrapreso una lotta mondiale alla povertà estrema.

Il termine per raggiungere gli otto obiettivi del millennio scade nel 2015, ma molto resta ancora da fare. Così, da qualche anno l’ONU, gli stati membri, le ONG e i molti attori nella società civile e dell’economia stanno lavorando alla pianificazione di un’agenda in grado di rafforzare l’impegno della comunità internazionale per l’eliminazione della povertà e l’affermazione di uno sviluppo sostenibile di Amanda Pfändler

D Agorà 4

imezzare la percentuale di povertà della popolazione mondiale, assicurare l’istruzione primaria universale, promuovere la parità di genere e l’emancipazione femminile, ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere l’HIV e le altre malattie, assicurare la sostenibilità ambientale, sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo. Sono trascorsi quattordici anni da quando nel 2000 le Nazioni Unite sottoscrivevano gli otto obiettivi di sviluppo del millennio (OSM). A pochi mesi dal termine fissato dall’ONU per il loro raggiungimento, il 2015, alcuni sono stati ottenuti in anticipo rispetto alle previsioni – entro l’anno prossimo il tasso di povertà globale dovrebbe collocarsi intorno al 15%, ben al di sotto dell’obiettivo del 23% – ma per altri non si sono registrati i progressi sperati. Inoltre, se alcuni paesi hanno raggiunto molti degli obiettivi, altri non riusciranno a realizzarne neanche uno.

“Gli obiettivi del millennio sono stati la più significativa iniziativa contro la povertà, nella storia”, afferma Amina J. Mohammed, consulente speciale del segretario generale dell’ONU Ban Ki-Moon per il post-2015. “Hanno permesso di sollecitare l’attenzione politica a livello mondiale e di focalizzare i flussi finanziari destinati allo sviluppo verso obiettivi comuni”, precisa l’ambasciatore Michael Gerber, incaricato speciale del Consiglio federale per l’elaborazione della posizione svizzera sull’Agenda post-2015.

Il 2015 non segna tuttavia la fine di un processo, bensì l’inizio, un nuovo inizio. Perché, nonostante i progressi, ancora oggi al mondo una persona su otto (e i bambini sono i più colpiti) soffre di fame cronica. E questo non è ovviamente accettabile. Ecco perché da anni è in corso a livello mondiale un importante lavoro di preparazione dell’Agenda per lo sviluppo post-2015, ovvero un nuovo e aggiornato piano d’azione universale in grado di garantire una vita dignitosa per tutti.

Per coordinare questo immane lavoro di consultazione e discussione – che coinvolge organismi dell’ONU a ogni livello, stati membri, ONG, enti governativi, così come milioni di persone in tutto il mondo –, nel 2012 il segretario generale dell’ONU Ban Ki-Moon ha nominato Amina J. Mohammed consulente speciale per l’Agenda post-2015.

Nigeriana, madre di quattro figli, Amina da più di trent’anni si dedica alle tematiche legate allo sviluppo: “Il processo di progettazione dell’Agenda per lo sviluppo post-2015 include un numero maggiore di attori rispetto a quanto avvenne per gli obiettivi del millennio, e richiede un vasto dialogo. Il mio compito è quello di coordinare tutte le parti in causa”, spiega.

Sviluppo sostenibile La strategia e gli obiettivi dell’Agenda post-2015 saranno in parte differenti rispetto a quelli elaborati nel 2000.

Molte ONG hanno, per esempio, criticato il fatto che gli OSM non toccavano le cause vere e proprie della povertà e della fame (mancanza di giustizia sociale, di sicurezza politica e ambientale ecc). Spesso, poi, anziché dedicarsi agli individui più vulnerabili, ci si è concentrati su quelle fasce della popolazione che potevano essere aiutate a superare la soglia della povertà con un impegno limitato, semplicemente per “abbellire” le statistiche. “Gli obiettivi del millennio”, ammette Amina J. Mohammed, “non si sono rivelati sufficienti per affrontare l’insieme delle sfide e problematiche mondiali legate alla povertà e allo sviluppo.

Tuttavia, sono stati il primo sforzo monumentale comune per cambiare il mondo in modo positivo. Per l’Agenda post-2015, non porteremo quindi unicamente avanti i progetti legati agli OSM, ma considereremo nuove sfide”.

L’ambasciatore Gerber sottolinea l’importanza di un cambiamento di visione, oltre che di strategia: “Gli OSM sono stati concepiti per ridurre la povertà soprattutto nella sua dimensione sociale (alimentazione, istruzione, sanità). Pertan-

Amina J. Mohammed, consulente del segretario generale dell’ONU per l’Agenda post-2015 (globalcitizen.org)

to, gli aspetti economici (lavoro dignitoso, crescita economica) e ambientali (sostenibilità, conservazione della biodiversità, protezione degli ecosistemi) non erano in primo piano. Questo approccio sarà molto diverso per la prossima agenda”.

In futuro, particolare attenzione dovrà quindi essere riservata agli obiettivi di sviluppo e sostenibilità (OSS), elencati nel documento “The future we want” (Il futuro che vogliamo), approvato dalla Conferenza ONU di Rio+20 sullo sviluppo sostenibile del 2012. Obiettivi volti a rafforzare la gestione delle risorse ambientali a livello globale, a migliorare la sicurezza alimentare, a potenziare la protezione degli oceani e a promuovere un’“economia verde”.

Finora gli OSM e gli OSS hanno percorso strade parallele, senza incontrarsi. Questo cambierà: la nuova Agenda post-2015 dovrà infatti includere entrambi. L’eliminazione della povertà e la promozione dello sviluppo sostenibile sono intrinsecamente legate, dal momento che si rafforzano reciprocamente, e devono quindi essere integrate in un unico quadro globale post-2015.

Agenda universale Un altro importantissimo cambiamento rispetto al 2000, è il fatto che “la nuova agenda sarà universale, e quindi si applica a tutti i paesi, siano essi ricchi o in via di sviluppo”, afferma Gerber.

Ci si è infatti resi conto che la lotta alla povertà può essere efficace solo se i paesi più industrializzati smetteranno di imporre la propria volontà e le proprie strategie a quelli in via di sviluppo, senza consultarli. “Il tradizionale approccio Nord-Sud è superato”, afferma Amina J. Mohammed, “L’agenda post-2015 è un programma universale che tutti i 193 stati membri dell’ONU devono incorporare nelle rispettive politiche nazionali. È vero che ogni paese ha i suoi bisogni e le sue priorità, ma ciò che unisce le nazioni ricche e quelle

meno sviluppate, sono le sfide universali della povertà, della disuguaglianza, della disoccupazione, della carenza di risorse e dei cambiamenti climatici, solo per citarne alcune. Ogni paese può usufruire della piattaforma di discussione post-2015 per condividere le proprie conoscenze ed esprimere le proprie preoccupazioni. Prima degli OSM, una collaborazione internazionale per affrontare problemi globali sembrava un compito impossibile”, sottolinea la consulente ONU, “ma dopo l’adozione della Dichiarazione del Millennio, molte nazioni sono state in grado di affrontare i rispettivi problemi in modo più efficiente, favorendo così il raggiungimento di quelli che erano gli obiettivi universali. Fino a che vi sarà uno sforzo di gruppo e un dialogo aperto, l’impossibile può essere raggiunto”.

Il ruolo dell’economia privata Per realizzare l’Agenda post-2015, da più parti si auspica che gli ambienti economici si assumano maggiori responsabilità: “L’attuazione dell’Agenda post-2015 non sarà possibile senza la partecipazione attiva di tutte le parti interessate, compreso il settore privato. In una parte di questo settore, osserviamo oggi una maggior consapevolezza sul fatto che lo sviluppo sostenibile ha senso anche da un punto di vista economico. Questo è incoraggiante”, afferma l’incaricato speciale elvetico.

Ma c’è davvero la speranza che l’economia privata ponga il principio di “un’esistenza dignitosa per tutti” – per riprendere il titolo dell’ultimo rapporto sull’Agenda post-2015 del segretario generale Ban Ki-moon – davanti al profitto?

“Quando è stata adottata la Dichiarazione del Millennio, il settore privato non è stato coinvolto a sufficienza, né considerato come un vero partner. Oggi le imprese sono attivamente impegnate. Questa inedita volontà di contribuire può essere uno dei fattori più importanti per l’era post-2015”, precisa Amina J. Mohammed, “e non si tratta solo di una questione di risorse finanziarie: le imprese possono usare le loro reti per raggiungere (...)

“Le disuguaglianze creano problemi non solo ai diretti interessati, ma hanno conseguenze profonde per l’insieme della società.

Minano la coesione sociale, la capacità produttiva e la sostenibilità della crescita economica. La questione delle disuguaglianze – sia all’interno dei singoli paesi, sia fra le diverse nazioni – sarà quindi considerata dall’Agenda post-2015 come una sfida globale” (Amina J. Mohammed)

e collegare la società civile, gli altri partner, i governi. Quando questo accade a livello locale, promuove la comprensione, costruisce un rapporto duraturo e di fiducia e garantisce benefici reciproci. Una collaborazione fra pubblico e privato potrebbe inoltre favorire la lotta alla corruzione, uno dei principali ostacoli all’Agenda post-2015”.

Agorà 6

La voce della gente Ma la preparazione dell’Agenda post-2015 vede tra i suoi attori un altro partner inedito: la gente. Milioni di persone in tutto il mondo sono state coinvolte attraverso consultazioni locali, regionali, nazionali e internazionali per capire quali debbano essere le priorità del nuovo piano d’azione mondiale.

Tramite la piattaforma myworld2015.org, l’ONU ha promosso un sondaggio d’opinione globale dalla portata unica, con l’obiettivo di “creare un mondo migliore”. Questo “referendum mondiale ha visto finora la partecipazione di oltre 1,2 milioni di persone”, spiega Gerber.

“Possiamo e vogliamo tutti essere artefici del nostro futuro” precisa Amina J. Mohammed. “Se le persone si sentono ascoltate, saranno più propense a mettersi in gioco. E questo è importante poiché ognuno di noi è responsabile nei confronti del nostro pianeta e delle generazioni future”.

Ascoltando la gente comune, da ogni dove e di ogni estrazione sociale, si è arrivati a comprendere quali sono le priorità “della base”: “È emersa la necessità di tradurre in pratica la parità, a tutti i livelli. Le disuguaglianze creano problemi non solo ai diretti interessati, ma hanno conseguenze profonde per l’insieme della società. Minano la coesione sociale, la capacità produttiva e la sostenibilità della crescita economica. La questione delle disuguaglianze – sia all’interno dei singoli paesi, sia fra le diverse nazioni – sarà quindi considerata dall’Agenda post-2015 come una sfida globale”, indica la consulente speciale dell’ONU. Funzionerà davvero?

Le intenzioni sono ottime, ma l’impressione è che quasi sempre gli interessi – economici, strategici, di potere – prevalgano sul rispetto dei diritti umani. Non ci troviamo di fronte a un progetto destinato a fallire? “L’Agenda post-2015”, risponde l’ambasciatore Gerber, “è un programma ambizioso, ma volontario. I diritti umani costituiscono invece obblighi vincolanti. Pertanto, devono essere rispettati, indipendentemente dall’Agenda. Quest’ultima può tuttavia essere un aiuto in tal senso. La Svizzera spinge, per esempio, per un rafforzamento dei sistemi giudiziari: con un migliore

accesso alla giustizia, l’individuo può far valere i propri diritti e le violazioni dei diritti umani possono essere sanzionate efficacemente”.

Il ruolo della Svizzera Malgrado le sue dimensioni, la Svizzera a livello internazionale ha sempre svolto un ruolo molto importante, talvolta addirittura pionieristico. Eppure ci si può chiedere che peso possa avere oggi il nostro paese nell’elaborazione dell’Agenda post-2015, a fronte di “giganti” come gli Stati Uniti o la Cina, cui si chiedono importanti sforzi, per esempio nell’ambito dell’ecologia, che non sembrano voler intraprendere. “La Svizzera”, spiega l’incaricato speciale elvetico, “cerca in particolare di proporre soluzioni di compromesso tra i big player e i vari gruppi regionali. Inoltre, dato che sin dall’inizio del processo di consultazione in merito a molte questioni avevamo già una posizione nazionale definita, siamo stati in grado di influenzare quelle di altri paesi”.

Se tuttavia da un lato la Svizzera sta attivamente partecipando alla creazione dell’agenda post- 2015, quest’ultima avrà anche un’influenza sul nostro paese: “Una volta adottati a livello globale, i nuovi obiettivi ONU guideranno la nostra strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile”, indica l’ambasciatore.

Prossime tappe I lavori preparatori per l’agenda post-2015 stanno per terminare, ma le sfide non mancano “Stiamo entrando nella fase critica delle consultazioni, nella quale verranno decise le priorità tra le varie problematiche e si stabilirà una strategia comune che concili i vari obiettivi”. Il 25 settembre a New York, in occasione della 68a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, saranno presentate due relazioni: quella della Commissione intergovernativa di esperti sul finanziamento dello sviluppo sostenibile e quella del Gruppo di lavoro creato a seguito di Rio+20, che dovrà presentare la sua proposta di nuovi obiettivi di sviluppo e sostenibilità.

Obiettivi che dovranno prendere in considerazione in maniera bilanciata le dimensioni sociali, economiche e ambientali dello sviluppo sostenibile ed essere integrabili e compatibili con l’Agenda post-2015.

“Questi due rapporti saranno la base per i negoziati intergovernativi che si tradurranno nella decisione finale sulla definizione dell’Agenda post-2015”, indica Amina J. Mohammed. “Una volta stabilita, le Nazioni Unite avranno il compito fondamentale di garantire l’affidabilità delle strategie di attuazione dei nuovi obiettivi di sviluppo mondiali e di assicurare, a partire dal 2016, un efficace meccanismo di controllo e monitoraggio dei risultati”.

Due donne

Alexa e Molly hanno usato coraggio e creatività per scardinare divieti e censure. E portare a conoscenza dell’opinione pubblica fatti non documentabili con registrazioni o fotografie di Alba Minadeo

Alexa O’Brien Regista e digital media strategist, già reporter e uno dei motori di Occupy Wall Street, Alexa O’Brien, è una giornalista convinta che il pubblico abbia diritto di conoscere tutta la verità sui fatti. Nel 2012, senza alcuna preparazione legale, ha compiuto una gigantesca trascrizione a mano delle sedute del processo a porte chiuse a Bradley Manning, il militare attivista statunitense imputato per aver consegnato a Wikileaks materiali riservati. In una situazione in cui non esisteva il normale accesso a disposizione di un pubblico processo, dove non si poteva né filmare né registrare, l’instancabile cronista investigativa si è fatta finanziare un biglietto aereo dai suoi lettori ed è andata a seguire il dibattimento fin dalla prima udienza preliminare, creando da zero un database di informazioni e una gigantesca trascrizione, fatta alla vecchia maniera, delle sedute a cui assisteva a Fort Meade, nel Maryland, twittando e compilando la classificazione sistematica di una mole impressionante di dati, che oggi permettono anche di interpretare nel modo più preciso il verdetto, dando vita all’unico archivio pubblico esistente.

Bradley Manning – che dopo la condanna a 35 anni di carcere, avvenuta nell’agosto 2013, ha annunciato di voler cambiare genere e ora si chiama Chelsea Manning – nel febbraio 2014 ha ricevuto in absentia “un candeliere con una candela bianca accesa per portare luce negli angoli bui di governi, eserciti e intelligence”, un premio che viene assegnato dalla Sam Adams Associates for Integrity in Intelligence, un’organizzazione di ex membri della comunità d’intelligence o agenzie governative che ogni anno conferisce questo riconoscimento a chi “ha dimostrato uno straordinario coraggio nell’esporre crimini e abusi perpetrati proprio dall’intellingence e dagli apparati dello stato”. Bradley Manning è stato incarcerato e condannato per aver rivelato la verità, e questo deve aver turbato molto Alexa O’Brien che ama profondamente la libertà e crede che i crimini debbano essere denunciati e i responsabili puniti. Grazie al suo importante lavoro su questo processo, ha ricevuto un generoso riconoscimento da parte della Fondazione Freedom Press ed è stata selezionata per il Martha Gellhorn Prize per il giornalismo del 2013.

Molly Crabapple Artista visuale, performer, illustratrice di fumetti e scrittrice newyorkese, attivista e testimone pubblica, la rivista New Republic ha definitvo Molly Crabapple “un’emblema del modo in cui l’arte può uscire dalle gallerie dorate”.

Attraverso le sue raffinate e coloratissime illustrazioni, in cui fra giocose allusioni circensi riverberano le influenze di Hieronymus Bosch ma anche di Toulouse Lautrec, ha documentato svariate proteste, da Occupy Wall Street a Occupy Gezi (in Turchia, contro il governo di Erdoğan).

Alla fine del 2013 ha illustrato per il magazine Vice il carcere di prigionia di massima sicurezza di Guantanamo Bay, sull’isola di Cuba, che non può essere fotografato, se non dove le autorità lo permettono, trovando un formidabile escamotage per raffigurare ogni angolo della prigione, senza che nessuno potesse di fatto contestare il suo lavoro. Un lavoro che, considerato nel suo complesso, si contrassegna per il marcato impegno sociale e politico messo in atto da Molly con le armi della leggerezza, dell’ironia e dell’acume.

Nella sua lettura tenuta al Berkman Center for Internet and Society dell’università di Harvard, ha introdotto una serie di riflessioni sul suo lavoro, sul paradosso di sorvegliante/sorvegliato, e ha elencato altri esempi di rappresentazione della storia attraverso l’arte come, per esempio, le cronache delle fucilazioni dei contadini spagnoli da parte delle truppe napoleoniche entrate a Madrid e rappresentate da Goya nel suo celebre dipinto Los fucilamientos del tres de mayo. Ha paragonato il suo lavoro al libro contemporaneo di Joe Sacco sulla Palestina, un graphic journal intotolato Palestina. Una nazione occupata (Mondadori, 2006). L’ha associato a quello del messicano Beehive Collective, un collettivo artistico non profit di volontari che utilizzano strumenti grafici in modo educativo, per comunicare storie di resistenza alla globalizzazione e a favore del libero scambio. Molly Crabapple, nata il 13 settembre 1983, è una persona coraggiosa che ha documentato anche la condizione dei lavoratori immigrati ad Abu Dhabi, nel più ricco degli Emirati, e la guerra dei ribelli in Siria. Una parte della sua opera su Occupy Wall Street è stata acquisita dalla collezione permanente del Museum of Modern Art di New York.

Eroi 7

La causa prima

“... come il veliero che fende l’acqua, così noi fendevamo la gente, i cuori delle docili sirenette, e quelli delle enormi balene, i nostri petti pulsavano contemporaneamente” di Nicola Quadri

Mundus 8

Allora professore, ci racconti del suo viaggio in giro per vigava in tutti i mari e superava qualsiasi intemperia l’Europa… Ragazzi, potrei parlarvi del viaggio in quanto senza alcuna difficoltà. Gli otto marinai erano diventati tale, delle città visitate, dei treni presi, di quelli quasi per- la nave, un enorme veliero imponderabilmente esplosivo. si, degli amori appassiti e di quelli sbocciati, di quelli ef- In quella nave ognuno era il mozzo, il capitano, il timofimeri e di quelli profondi, delle avventure vissute, delle niere, la vela, l’albero maestro, tutti eravamo cannoni. vetrine rotte, delle sbronze, delle multe, dei bar, dei quadri La nave eravamo noi. Le nostre identità erano irriconoscirubati, delle cantate, delle fregature, insomma, di quello bili, anzi assenti, ognuno era l’altro, ognuno pensava ciò che è accaduto, ma nulla di tutche pensava l’altro, nessuno la to questo potrebbe lontanamenpensava diversamente, come il te reggere il paragone con ciò veliero che fende l’acqua, così che il viaggio è stato per noi. noi fendevamo la gente, i cuori Quella che è avvenuta, ragazzi delle docili sirenette, e quelli miei, è una vera e propria tradelle enormi balene, i nostri sformazione, una trasformaziopetti pulsavano contemporanene identitaria di ognuno di noi. amente.

No... non ridete, non scherzo.

Otto membri, otto marinai, otto Metamorfosi persone diverse, distinte, ognuCari ragazzi, fino a questo livelna più o meno cosciente della lo è arrivata la nostra trasformapropria identità, per quanto quezione, e lo dico senza esitazione. sto possa essere possibile, e più Gli otto membri tornarono como meno quasi certa di portare un pletamente diversi, riscritti su contributo della propria persona una pergamena che costituiva a quello che a sua insaputa sal’unione del gruppo. Delle nuove rebbe stata l’odissea della sua anime tornavano in patria e, trasformazione. Un gruppo che, come accadde a Ulisse, così anse guardato da lontano, non dico che noi non fummo riconosciuWillem Van De Velde il Giovane, A ship on the che fosse diviso, ma perlomeno ti al nostro ritorno, nemmeno i high seas caught by a squall, known as “The gust” disomogeneo. Un gruppo che, nostri fedeli cani riuscirono a (1680 circa), Rijksmuseum, Amsterdam però, nel corso del viaggio ha distinguere l’odore dei propri avuto modo di vivere insieme, padroni, talmente la nostra indi scambiarsi informazioni, interessi, sentimenti, delusio- dole era mutata. E così, ormai, cambiai anch’io e voglio ni, litigi, soddisfazioni, divertimenti, affezioni, amori, ringraziarli di cuore per questo, voglio ringraziare questo simpatie, che hanno contribuito a trasformare, man mano, maestoso veliero che è stato artefice della mia metamortutte e quante le otto persone che lo componevano, tra- fosi. Per concludere e per non tediarvi troppo finisco, mutandole, rendendole estremamente vincolate fra loro, come ormai è in uso fare, con una citazione, che penso dipendenti le une dalle altre, andando a formare, infine, calzi bene con questo racconto per farvi capire lo spirito una nuova identità, non più disomogenea, ma perfetta- ammantatore che ha permesso la costruzione del nostro mente unita, come un groviglio di fili che vanno a creare veliero. “Se vuoi costruire una nave non radunare gli uomini un gomitolo, tante piccole identità che combinate fra loro per raccogliere la legna, distribuire i compiti, dare ordini, ma ne formano un’altra, nuova e più potente. Ciò, però, non insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito” (Antoine è il risultato di una mera somma dei singoli elementi, de Saint-Exupéry). Di questa nostalgia erano colmi i nostri bensì l’esito di un’operazione misteriosa, probabilmente cuori e lo sono ora, quando ormai il viaggio è terminato, la stessa utilizzata per creare la bomba atomica, che porta e agognano ardentemente che questa nave non andrà in a formare, partendo da elementi in sé innocui, qualcosa sfacelo, non si logorerà, ma che rimanga franca e solida. di distruttivo, che ha reso otto elementi un unico adrena- Ed è di questa nostalgia che ho provato a parlarvi oggi, e linico essere. Sì, perché eravamo dinamite, una potenza non tanto di ciò che ne è derivato, perché è questa la cauirresistibile che non si fermava davanti a niente, che na- sa prima e questa la più importante.

Letture Una via possibile di Roberto Roveda

È

Ebbene di fronte a queste realtà di solitudine, magari alienate e alienanti, di dolore profondo dell’anima, Soldati sceglie di non abbandonare mai i suoi personaggi, li prende per mano e li accarezza, quasi volesse comunque fornire a loro – e al lettore – una via per ritrovare un equilibrio nell’esistenza. Una via che è spesso semplice come ci dice con belle parole – come bella, veramente bella e sapida è la lingua italiana usata da Soldati – il preambolo alla raccolta: “E poi, con tocco delicato, si gira una pagina dopo l’altra. Si entra e si esce dai bruni coltivi delle parole aspettando la brezza della sera. Equilibrio e disequilibrio, equilibrismi e «disequilibrismi». Le frasi si rotolano nel fieno caldo e umido. I lombi restano in attesa di carezze infinite. Non ci sono mali oscuri. Ci sono ricordi. Ci sono sogni, tanti. Ci sono le fantasie da vecchia scarpa sdrucita che fatica a tenere il sentiero ma che, ciò nonostante, ciottolo dopo ciottolo, si addolcisce e si adegua. I passi, piano piano, trovano il giusto ritmo e la mente pure. È vero: a volte la pace si trova, o si ritrova, con un foglio di carta e una matita in mano”.

L’ultima lettera di Giovanni Soldati Armando Dadò editore, 2014

Un credito di CHF 10’000.– a un tasso annuo effettivo tra il 9.9 % e il 13.9 % (fascia di oscillazione dei tassi) rimborsabile in 12 rate mensili comporta un costo complessivo compreso tra CHF 521.– e CHF 723.20. Il tasso d’interesse dipende dalla solvibilità del cliente. Avviso secondo la legge: la concessione di crediti è vietata se conduce a un indebitamento eccessivo (art. 3 LCSI). CREDIT-now è un marchio di prodotto di BANK-now SA, Horgen.

autore innamorato, Giovanni Soldati.

Innamorato della scrittura, della parola capace di evocare emozioni e sensazioni che si credevano perdute. Innamorato dell’uomo e del suo continuo ondeggiare tra la ricerca di equilibrio e il legame, anche affettuoso e insano, con il disequilibrio che è in ognuno di noi. Queste le impressioni forti che suscita L’ultima lettera, il più recente lavoro dello scrittore di Novazzano. Venti racconti brevi – alcuni, anzi, brevissimi – in cui Soldati racconta esperienze, amori perduti e nostalgie profonde con poche, incisive pennellate di inchiostro, quasi ricorrendo a istantanee capaci di cogliere gli attimi fondamentali e più significativi.

A fare da filo conduttore alla raccolta è la sensazione di perdita che probabilmente ogni uomo prova sulla sua pelle più volte nella vita. Perdita che può essere di una persona cara, di un amore, di una parte della propria esistenza. Ma anche perdita del controllo e della ragione che fa da preludio alla follia o all’oblio della mente.

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Uno di noi

“Sono solo uno dei sette miliardi e mezzo di persone che popolano il mondo”. Si presenta con queste parole il Dalai Lama, che abbiamo incontrato in occasione di un suo viaggio in Italia di Gaia Grimani

Società 10

Sua Santità il XIV° Dalai Lama, Tenzin Gyatso, è la persona di riferimento per tutto il popolo tibetano. Nato con il nome di Dhondup Lhamo il 6 luglio 1935 da una famiglia contadina in un piccolo borgo dell’Amdo (Tibet nordorientale), all’età di due anni è stato riconosciuto come la reincarnazione del suo predecessore. Dall’età di sei fino ai ventitré anni ha ricevuto un’educazione monastica, studiando con i principali maestri tibetani contemporanei. Nel 1950, prima ancora di terminare i suoi studi, a causa del precipitare della situazione politica causata dall’invasione cinese del Tibet del 1949, è stato chiamato, giovanissimo, ad assumere i pieni poteri. Dopo aver cercato inutilmente una soluzione pacifica alla situazione, con colloqui con i principali leader cinesi, nel 1959, in seguito alla brutale repressione della rivolta di Lhasa, è stato costretto a fuggire a Dharamsala, in India, dove vive tuttora.

Parole di un Premio Nobel Il Dalai Lama è una delle personalità più rilevanti al mondo e ha ricevuto numerosissime onorificenze e riconoscimenti per la sua opera, tra cui il premio Nobel per la Pace, nel 1989. Lo abbiamo incontrato nel corso di uno dei suoi tanti viaggi intorno al mondo, il 12 giugno scorso a Pomaia, piccolo borgo in provincia di Pisa, presso l’Istituto Lama Tzong Khapa, un centro di buddismo tibetano, fondato nel 1977 e divenuto nel 1983 scuola internazionale per gli studi del buddismo. In tale occasione si è creata l’opportunità di un colloquio e di conoscere il suo pensiero in relazione ad alcuni problemi che affliggono il mondo d’oggi.

Prima di rispondere alle domande che venivano rivolte, il Dalai Lama ha però fatto una breve autopresentazione, mettendo in evidenza quelli che ritiene i tre aspetti fondamentali della sua persona: la sua appartenenza alla razza umana, l’essere buddista e l’essere tibetano: “Come essere umano, non sono nulla di speciale”, ha detto, “solo uno dei sette miliardi e mezzo di persone che popolano il mondo e che cercano di praticare l’amore, unico sentimento su cui tutti gli esseri viventi possono incontrarsi. L’amore è la sorgente ultima della pace e della felicità ed è, insieme alla compassione, il sentimento alla base della nostra stessa sopravvivenza”.

In secondo luogo, come buddista, ha affermato di sentire il dovere di farsi promotore di contatti con tutte le altre religioni che hanno in comune gli stessi concetti di amore, compassione, tolleranza e ricerca della felicità, con l’impegno di promuovere l’armonia religiosa nel mondo.

L’essere tibetano, infine, ha significato per lui portare avanti la leadership, morale, religiosa e politica del Tibet fino al 2011, quando si è ritirato dalla responsabilità politica, mantenendo la funzione religiosa e interrompendo una tradizione vecchia di quattrocento anni. Da allora, per la prima volta dopo secoli, i leader politici tibetani sono eletti democraticamente.

Le relazioni Tibet-Cina Interrogato sulle relazioni Tibet-Cina e su come egli pensa si evolveranno nell’immediato futuro, Tenzin Gyatso ha affermato che la Cina, con più di 400 milioni di praticanti, è il paese con la più grande popolazione buddista al mondo. I cinesi buddisti manifestano un interesse genuino e palese per la pratica religiosa al punto che molti vanno fino in India a trovarlo per approfondirla. Però il pensiero dei politici cinesi è lontano da queste manifestazioni della gente e da ciò che pensa la popolazione.

Il futuro non è prevedibile, ma non lascia presagire soluzioni a breve, anche perché le autorità cinesi continuano ad accusarlo di volere l’indipendenza del Tibet, mentre egli ne auspica solamente l’autonomia. Sono due mondi che non riescono a parlarsi.

Il problema dei rifugiati Il Dalai Lama, vivendo da tanti anni esule in India è, in fondo, un rifugiato, un profugo e quindi può ben comprendere uno dei più grossi problemi attuali: i rifugiati, i migranti, i più disagiati che bussano alle porte della nostra ricchezza e ci mettono in crisi. Se uno è rifugiato, ha affermato il Dalai Lama, vuol dire che si rifugia, scappa da situazioni estremamente gravi in cui rischia addirittura la vita. Purtroppo quando i rifugiati sono tanti, come quelli che stanno sbarcando sulle coste italiane negli ultimi mesi, non basta una buona disposizione di cuore, si arriva a un momento in cui non si è più in grado di gestirli. La questione è di difficile soluzione e forse i politici dovrebbero prestare più attenzione ai problemi dei luoghi d’origine dei fuggiaschi, problemi d’ogni tipo: religiosi, politici, di grande divario tra ricchi e poveri. Se essi venissero risolti, la gente non scapperebbe più, non ve ne sarebbe necessità.

I problemi del mondo I problemi del mondo, dal riscaldamento globale alla crisi economica, toccano tutti, non si fermano ai confini dell’una o dell’altra nazione. Essi derivano dagli uomini

Il XIV° Dalai Lama, Tenzin Gyatso (da nobelpeaceprizeforum.org)

per cui è logico che siano risolti dagli uomini stessi. Per cambiare e migliorare il mondo occorre compiere uno sforzo per mutare il nostro modo di porci in relazione con la realtà. Questo mutamento di prospettiva è difficile per le vecchie generazioni perché esse hanno acquisito un modo di pensare che è molto arduo cambiare.

I giovani possiedono invece la chiave per ribaltare la propria visione del mondo e il cambiamento avviene principalmente per mezzo dell’istruzione. In essa non può mancare l’insegnamento dell’etica, non quella che deriva dalla religione, ma l’etica secolare, l’etica dell’uomo, l’etica che si propone come assoluto rispetto, non solo verso tutte le religioni e gli uomini che le seguono, ma anche verso i non credenti, verso qualunque tipo di pensiero umano. Un metodo etico secolare non si basa sulle religioni, ma sull’esperienza umana comune.

L’appartenenza religiosa In un mondo in cui, soprattutto in occidente, l’appartenenza alla propria religione è un po’ impallidita e molti sono alla ricerca della saggezza in tradizioni lontane, il Dalai Lama sostiene l’importanza di conservare la propria fede, la religione in cui si è nati; nel mondo globalizzato di oggi è facile incontrare idee nuove che affascinano e spingono a cambiare la propria appartenenza religiosa, ma ciò è molto difficile ed è, in linea di massima, sconsigliabile poiché spesso porta più conflitti e problemi che autentiche soluzioni. Tuttavia va detto che fra milioni di

persone si può trovare qualcuno che sia sinceramente chiamato verso una fede diversa dalla propria e questa persona particolare deve avere la possibilità di cambiare, pur mantenendo un grande rispetto verso la tradizione delle proprie origini. V’è anche da dire che da qualche decennio a questa parte il buddismo si sta espandendo in occidente e ci sono moltissimi interessati a conoscerlo meglio. In questi casi è essenziale, però, essere prudenti per non cadere in mano a persone senza scrupoli e non qualificate, falsi maestri, che usano il pretesto degli insegnamenti per avvantaggiarsi in mille modi.

Il valore delle religioni per i popoli Il Dalai Lama non trascura certamente il valore delle diverse religioni per i vari popoli, quando esse siano ben intese e non diventino occasione di separazione, come spesso è accaduto e accade.

Tutte le grandi religioni del mondo si fondano su tre essenziali aspetti: quello religioso propriamente detto, quello filosofico, e quello culturale. Dal punto di vista religioso promuovono di base il medesimo insegnamento, la pratica dell’amore, mentre differiscono dal punto di vista filosofico e culturale secondo i popoli. Tutte queste diversità sono necessarie e vanno rispettate. Lo scopo principale delle religioni è quindi di portare la pace dell’anima e consentire agli individui di diventare delle persone migliori, con le quali formare comunità rispettose di tutti gli individui e delle loro tradizioni.

F

ino ai vent’anni ho vissuto a Roma, città in cui sono nato. Ricordo ancora i primi anni di scuola. La noia, mentre sfogliavo libri e quaderni.

Non andavo bene e non mi impegnavo. Perché dovevo investire energie e tempo per apprendere dati e concetti che non mi interessavano minimamente?

Storia, letteratura, filosofia: no, grazie. Erano i tasti luminosi, lo schermo e il magico mondo dei PC ad attirare la mia attenzione.

Finite le medie, mi sono iscritto a una scuola tecnica. Poi, l’università: ingegneria informatica. Ma in tre anni di corso non ho dato nemmeno un esame e ho litigato con tutti i professori. In compenso, ero sempre in laboratorio, davo una mano agli assistenti e ai corsisti, perché ero l’unico che sapesse dove mettere le mani. Mi chiamavano il “virus-buster”, quello che cercava – e trovava – i virus. A me interessava entrare nella materia viva della vita, iniziare a lavorare. Ho cominciato alla Apple, come tecnico e, dopo un’altra breve esperienza lavorativa, mi hanno offerto di entrare alla Telespazio, una società che si occupa di comunicazione via satellite. Sono rimasto lì per undici anni, elaborando un progetto europeo per la gestione di flotte di automezzi tramite satellite.

E poi, gli States. I primi ricordi che ho degli Stati Uniti sono il caldo soffocante (vivevo in Arizona, a Phoenix) e l’esaltante viaggio sulla Route 66. Ci sono arrivato nel ’96: per elaborare un particolare sistema satellitare di telefonia che esiste ancora, serviva un profilo come il mio. “Iridium” consiste in settantasette satelliti, tutti lanciati da me. Per specializzarmi, ho dovuto studiare sodo, dimenticando l’idiosincrasia giovanile verso la scuola. Un esame a settimana, una pila di libri impressionante.

Alla JPL, ovvero il Jet Propulsion Laboratory, un reparto della NASA specializzato nelle missioni extraterrestri, ho lavorato per quattro mesi, senza in realtà mai soggiornare a Pasadena, la sede principale. Risiedevo sempre a Phoenix, perché NASA aveva chiesto a Iridium di poter utilizzare sale di computer libere per poter realizzare la missione cui ho lavorato io. L’obiettivo era di inviare un robottino (il primo) su Marte; un progetto a bassissimo costo, per il quale sono stati investiti solo sette milioni di dollari – una cifra irrisoria, per una cosa del genere.

Sono entrato a far parte del team del JPL che gestiva i calcoli orbitali per l’atterraggio.

La giornata tipo? Turni da dodici ore. Al mattino, dopo aver controllato che tutti i computer funzionassero bene, si faceva una riunione con Pasadena. Loro ci fornivano le informazioni relative alla posizione della sonda che noi elaboravamo in più o meno quattro ore. Nel pomeriggio ci occupavamo del controllo della sonda, che andava pilotata proprio come se fosse una macchinina radiocomandata. La cosa più importante era fare in modo che l’antenna puntasse sempre sulla Terra: senza connessione col nostro pianeta, il robot sarebbe rimasto isolato. Aveva un’autonomia di 72 ore: dopo quel lasso di tempo, non avrebbe più saputo cosa fare.

Una sonda, per andare dalla Terra a Marte, ci mette fra i sei e i nove mesi. Si calcola il momento preciso in cui inviarla, che è quello in cui la distanza fra il nostro pianeta e Marte è minima. Una volta che il robot arriva a destinazione, iniziano le varie operazione scientifiche: bisogna muoverlo in modo che vada dove gli scienziati ritengono che vi sia materiale da studiare. Un cratere, una roccia, un fiume essiccato. I satelliti non vanno mai in ferie, non si ammalano, non fanno le vacanze. Si lavora 365 giorni all’anno, 24 ore su 24. Sono stati quattro mesi fantastici, ma faticosi. Quando il robot è arrivato a destinazione, il progetto è passato dal gruppo di volo a quello di terra e il mio lavoro per la NASA è terminato. Sono rientrato in Europa nell’agosto del 2000. Non volevo più stare negli Stati Uniti, il loro modo di vivere non mi piace, non amo come le persone si relazionano fra di loro e trovo la maggior parte delle città americane, eccezion fatta per New York, noiose.

In Svizzera sono arrivato nel 2008, tramite un amico, Paolo Attivissimo. Mi sono trasferito prima a Massagno, poi a Lugano. Oggi faccio il fotoreporter, il giornalista e ho fondato una società che promuove artisti ed eventi tramite i social network, oltre a svolgere consulenza informatica come libero professionista. Mi trovo benissimo, perché penso che qui ci sia una cosa che si è persa in altri paesi: il buonsenso.

ANDREA TEDESCHI

Vitae 12

Informatico, dopo un’esaltante periodo di lavoro alla NASA e svariate esperienze, giunge in Ticino dove lavora come reporter e promotore di artisti

testimonianza raccolta da Laura Di Corcia fotografia ©Flavia Leuenberger

ISOLA COMACINA UN ̛OASI D ̛ARTE

Dimenticate George Clooney e quell’aria da jet set. Questo è il lago delle battaglie, del romanico e dei razionalisti di Stefania Briccola; fotografie ©Reza Khatir

P

arliamo di un’isola ricca di storia e di arte, un lembo di terra, lungo oltre mezzo chilometro e largo duecento metri, immerso nel lago di Como e incorniciato dai monti. La si può visitare dalla metà di marzo sino alla fine di ottobre. Ci si imbarca a Ossuccio, nel comune di Tremezzina, acquistando il biglietto al museo Antiquarium che conserva interessanti reperti archeologici dei siti presenti sull’isola e dove è possibile consultare una serie di approfondimenti multimediali.

Nelle vicinanze si può visitare la chiesa romanica di Santa Maria Maddalena (XI-XII sec.), legata all’antico ospizio medioevale per pellegrini, che sfoggia uno straordinario campanile datato fra il XIV e il XV secolo. Ancora si scorgono i resti di un glorioso passato sull’isola che rivestì

un’importanza cruciale per la storia comasca dal periodo romano all’Alto Medioevo. I suoi antichi abitanti erano gli ausuciates, da cui proviene il nome di Ossuccio. Fu tra i nuclei religiosi più importanti della diocesi di Como, ospitò diverse chiese tra cui la basilica romanica di Santa Eufemia di cui oggi si ammirano i resti. L’isola Comacina rivestì un ruolo strategico grazie al suo sistema di fortificazioni. Si schierò con Milano nella guerra decennale contro Como, alleata con il Barbarossa, e fu rasa al suolo nel 1169 con le sue fortezze, chiese e case. Un decreto vietò ogni ricostruzione sull’isola. Poi ci fu la scomunica del vescovo di Como Vidulfo: “Non suoneranno più le campane, non si metterà pietra su pietra, nessuno vi farà mai più l’oste, pena la morte violenta”. Per anni, molti anni, non si

in queste pagine: l’isola Comacina è situata nel comune di Tremezzina nelle acque antistanti la Zoca de l’oli (conca dell’olio) sopra: la chiesa di San Giovanni Battista

costruì più niente sull’isola Comacina, un microcosmo di natura lussureggiante con incomparabili vedute sul paesaggio del Lario.

Razionalismo comacino Tuttavia la maledizione non impedì successivamente il sorgere della chiesa seicentesca di San Giovanni Battista, riconsacrata e riaperta al culto alla fine degli anni novanta, e il fiorire di una rinascita nel novecento con le case per artisti di Pietro Lingeri. L’isola era stata donata alla fine della prima guerra mondiale al re del Belgio, Alberto I, da Augusto Caprani, proprietario dal 1880 e già sindaco di Ossuccio, a testimonianza dell’eroico contegno tenuto dal popolo belga durante l’invasione tedesca del 1914.

Il sovrano la donò nel 1920 allo stato italiano che poi la affidò all’Accademia di Brera che doveva realizzarvi “qualche cosa di vivo e di attivo che, senza pregiudicare anzi completando il tipico aspetto del paesaggio, tornasse in pari tempo di vantaggio agli studi archeologici, all’arte e agli artisti”. L’incarico del progetto delle residenze a Pietro Lingeri (1894–1968) arriva nel 1933 e la sua elaborazione ispirata “a schietta modernità” non è gradita al regime. La versione definitiva iniziata nel 1937 segna il ripensamento di forme e materiali. L’architetto lariano si è già distinto nella costruzione di opere come l’Amila di Bolvedro e occupa un posto di tutto rispetto all’interno del razionalismo.

Le abitazioni sull’isola, declinate nelle varianti di tipo A, B e C, presentano una muratura portante in pietra di (...)

Esterno di una delle case per artisti progettate da Pietro Lingeri

Una grande parete filtra la luce naturale all’interno della sala atelier

I resti della basilica romanica di Santa Eufemia

Reza Khatir Nato a Teheran nel 1951 è fotografo dal 1978.

Ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali.

Ha vissuto a Parigi e Londra; oggi risiede a Minusio ed è, fra le altre cose, docente presso la SUPSI. khatir.com

Il ballatoio si affaccia sulla sala atelier

Moltrasio a vista e una copertura a falde rovesciate. La possibilità di conciliare il linguaggio modernista con la tradizione locale era già stata esplorata da Le Corbusier, ma nelle case per artisti Lingeri definisce il suo razionalismo comacino. Queste sono macchine pensate per abitare la natura, calibrare la luce, esaltare il paesaggio e produrre arte in armonia con l’atmosfera circostante. Le passerelle lignee o i loggiati aperti in facciata tipici dell’architettura contadina si fondono con soluzioni moderniste come le finestre a nastro o le pareti in vetrocemento. Le tre varianti si riferiscono a uno schema planimetrico che vede al piano terra una zona pranzo, una cucina, un locale studio a doppia altezza e al piano superiore la camera da letto e un piccolo bagno. Dopo un restauro filologico le residenze sono state messe a disposizione di artisti valloni, fiamminghi e italiani. Le case di Lingeri sono di proprietà della Fondazione Isola Comacina, presieduta da Marco Galateri di Genola e diretta da Franco Marrocco, di cui fa parte anche l’Accademia di Brera e il consolato belga. Alla medesima spetta la gestione delle richieste per i soggiorni e dell’apertura al pubblico. Il professor Marco Pellizzola è il coordinatore delle attività culturali sull’isola che di recente ha ospitato il progetto di ricerca InterNature con installazioni site-specific degli allievi della Scuola di scultura dell’Accademia di Brera. Lasciato alle spalle il tour culturale se volete tuffarvi nel vivo della leggenda dell’isola e ristorarvi c’è una sola locanda visitata dalle star che per i laghèè sono ospiti come tanti. E non perdetevi “il rito del fuoco”, utilissimo per scacciare la maledizione… (isola-comacina.it)

MI RACcOMANDO… TAGLIALE PER BENE QUESTA VOLTA, IL CONTE TORNA DALlA GUERrA DOPO QUASI UN ANnO E SI MERITA UN BANCHETtO IMPECcABILE!

..NON PUÒ CE NE VUOLE ESsERE PRESENTATO CON DELlE CAROTE PER BRUCITAGLIATE MALE! ARE IL MAIALE MIA CARA… E IL PRESTIGIO STA NELlA PRESENTAZICI PENSI? SARÀ ONE… UN TUTtO CONTENTO DI MAIALINO TORNARE DOPO UN COSÌ BELlO ANnO DI BATtAGLIE E ...

MARTA DOVRÀ ANnUNCIARGLI CHE IL SUO PRIMOGENITO È SCOMPARSO… IO DEVO ANCORA CAPIRLO QUESTO FATtO… SCOMPARSO IN CHE SENSO??

SI… NON TI PREOCcUPARE, TU PENSA A NON FAR BRUCIARE IL MAIALE!

SCOMPARSO! L'ABbIAMO VISTO NASCERE E DOPO QUALCHE SECONDO NON C'ERA PIÙ…

SE- CONDO ME È OPERA DEL DEMONIO, MARTA È SEMBRE STATA UNA RAGAZzA STRANA… ECcO, GLIELO STA DICENDO! SPERIAMO CHE NON LA PRENDA TROPpO MALE, POVER UOMO!

NONSTANTE LA PROFONDA DELUSIONE, IL CONTE DECISE DI PROVARCI UNA SECONDA VOLTA…

conte Bonaccione il

Episodio 2

tratto da “il meraviglioso vol.II”

… PRIMA DI RIPARTIRE PER LA GUERRA… UN'ALTRA VOLTA.

progetTo a cura di: BOoKMAKER COMICS Testi: MATtEO GERBER DISEGNI E COLORI: rita azZali

SUCCESSE UN’ALTRA VOLTA...

… E UN'ALTRA ANCORA…

… FINCHÉ IL MIO BUON CONTE PERSE LA PAZIENZA.

NONOSTANTE LA SUA IMMENSA BONTA’ NON POTEVA TOLLERARE UNA MOGLIE POSSEDUTA DAL DEMONIO!

NON POSSO BIASIMARLO. IO STESSA NON VEDO ALTRE SPIEGAZIONI ALLA SPARIZIONE DI TRE NASCITURI.

SONO VENUTO A LIBERARTI! NON È STATA COLPA TUA…

MA POSsO RESTITUIRTI GLI ANnI PERSI E MOLTI ALTRI!

MARTA! AMORE MIO!

TIENI, BEVI!

CONTINUA...

L’uomo e la terra “L’argilla è necessaria per modellare un vaso. Ma il suo uso dipende dal vuoto interno che si viene a creare” (Lao Tzu)

Tendenze p. 44 – 45 | di Marisa Gorza

C

on l’aforisma che avete appena letto, il saggio cinese Lao Tzu (vissuto nel VI secolo a.C.) esprimeva l’essenziale utilità dell’argilla per foggiare vasellame e molto altro. Materia dai mille usi, conosciuta da tempi remoti, anzi biblici, a partire dal mito della creazione in cui si racconta che l’uomo fu plasmato da Dio a sua immagine con la “polvere della terra” (Genesi 2.7) e a cui fu data la vita con un soffio (l’anima?). Né mancano i miti cosmologici di varie popolazioni tribali, dagli Indiani del Sud e del Nord America alla saga mesopotamica di Gilgamesh, ove pure si legge di una divinità che dà forma agli esseri umani con la terra mescolata all’acqua.

Leggende e proprietà terapeutiche Nella tradizione ebraica, con la creta sono plasmati pure i Golem, creature benefiche che si animano grazie a una formula magica. Ma se l’umanità è impastata con l’argilla, gli stessi figli di Adamo ne hanno riconosciuto le proprietà fin dalle più arcaiche civiltà: i sumeri, e più o meno tutte le genti della Mezzaluna fertile, oltre a utilizzarla come base per incidere la prima scrittura della storia a caratteri cuneiformi, facevano essiccare al sole l’argilla lavorata con l’acqua e sagomata in piccoli parallelepipedi, inventando così i mattoni per costruire le loro case. Sem-

pre loro, per rendere i manufatti in argilla inalterabili nel tempo e resistenti agli agenti atmosferici, praticarono poi la cottura a fuoco (dal 2500 a.C.). Avevano scoperto che, portato ad alte temperature, il materiale argilloso rilasciava l’acqua contenuta al suo interno, perdendo la capacità di assorbirne altra. Ed ecco che la terracotta entra ufficialmente nella storia.

Intanto i Caldei, gli Assiri, gli Egizi e poi i Romani affidavano alla duttile materia le loro leggi e la loro sapienza, inclusa quella medica, tant’è che Dioscoride, Ippocrate, Galeno e altri inserirono nel loro arsenale terapeutico l’argilla, la quale diventerà la vera panacea della medicina popolare.

L’arte del costruire Tornando alle costruzioni, i romani perfezionarono i processi produttivi dei laterizi (da later che significa “mattone”), assimilati dalla cultura orientale, che divennero così la struttura dei loro edifici, spesso rivestiti di marmo e di travertino. Il mattone è comunque il materiale da costruzione predominante in Lombardia e di quella parte della Svizzera ticinese chiamata Sottoceneri. L’abbondanza di giacimenti di argilla in questa zona ha indubbiamente favorito l’industria della terracotta. Certo, grazie all’influenza e all’eredità culturale lasciata dai romani e forse anche per quell’istinto chiamato “inconscio collettivo” (perdoni il disturbo dr. Jung…) che induce ad avere gli stessi comportamenti in aree geografiche ben distanti tra loro e ben differenziate.

Mattoni, tegole, embrici, tavelle, brocche, vasi... prodotti con l’argilla locale e tecniche romane facevano così già parte della vita quotidiana degli abitanti della Gallia Cisalpina. Le popolazioni che si susseguirono ai romani mantennero viva la tradizione del cotto, tant’è che la maggioranza degli edifici di questa regione è stata realizzata con il versatile materiale. In particolare in Malcantone a partire dal seicento, con alti picchi nell’ottocento, si sviluppò l’arte dei laterizi, ovvero dei mattoni e affini, comprendente muratura, pavimentazione e svariate suppellettili.

Una tradizione sempre viva Una tradizione che ancora brulica, pronta a tornare ad ardere, alimentata da una memoria mai del tutto sopita.

Lo dimostra un progetto di recupero e valorizzazione del comparto fornaci di Riva San Vitale che mi viene illustrato in dettaglio, oltre che da alcuni pannelli esposti nel patio del Municipio, da Claudio Gianettoni, presidente delle Associazioni degli artigiani del Ticino: Questo progetto, stilato dall’architetto Enrico Sassi, promosso dal Municipio di Riva San Vitale in collaborazione con l’Associazione del cotto e degli Artigiani ticinesi e sostenuto dall’Ente Regionale di sviluppo del Mendrisiotto, si prefigge di conservare le strutture storiche del luogo. Ovvero di cinque piccole fornaci in questo momento non operose e che comunque verranno presto trasformate in botteghe-atelier. È prevista pure la costruzione di un nuovo locale-forno, di un essiccatoio, nonché di uno spazio espositivo permanente per mostrare attrezzi e reperti di lavorazione appartenenti al percorso storico dell’attività del cotto e conservarne così il sapere.

Oltre che a valenze economiche, il rilancio del comparto assumerebbe quindi anche importanti valori socio-turistici e culturali?

Certamente, questo è l’intento degli Enti che lo sostengono quale uno dei percorsi turistici e culturali del territorio. Del resto l’area prevede alcuni spazi per ospitare eventi e mostre.

Il tutto per dare nuova linfa a un quartiere che ha già da tempo assunto una funzione artistico-artigianale. Questo grazie alla ultra ventennale presenza del laboratorio protetto della Fondazione Diamante. Con il recupero degli spazi è previsto pure il ripristino del contatto a lago. Quello che consentiva e consentirà il rapido accesso all’acqua, indispensabile per la lavorazione dell’argilla e per il successivo trasporto del prodotto finito.

Entro quale data verrà realizzato il progetto?

Attualmente è in corso la fase di progettazione e verifica dei finanziamenti. Gli inizi dei lavori sono previsti entro il 2015 e la piena entrata in esercizio per il 2017.

Quale tipo di argilla viene usata per i prodotti tipicamente ticinesi?

L’argilla presente nel comprensorio del monte San Giorgio è di due intensi colori, rosso e giallo. Una composizione che porta alla realizzazione di un tipo di piastrella chiamata “mendone lombardo”, tipica del territorio del Mendrisiotto, del Varesotto e del Comasco. Per quanto riguarda la vasta produzione di oggettistica e di vasellame, oltre ai manufatti in terracotta, stiamo sviluppando una piacevole linea in terra Grès: possiede caratteristiche di durezza che permettono di inserire gli oggetti in lavastoviglie senza problemi di sorta.

A proposito di oggettistica in cotto, recentemente non c’è stato un concorso in merito?

Il concorso si chiama “Pensa e Ricrea la Brocca”. La giuria ha valutato le interpretazioni, tutte degne di nota, di ben quattordici partecipanti ed è stato vinto da una giovane ceramista Paola Toschini per l’unicità e la funzionalità del pezzo proposto. Il che induce a pensare alla fase produttiva.

La premiazione è avvenuta il 6 settembre scorso, durante la festa delle corti di Caslano in un’atmosfera conviviale.

Così come si conviene alla reintegrazione di una tradizione ticinese.

per saperne di più Artigiani della terra. I laterizi in Ticino e il lavoro dei fornaciai di Sandra Eberhardt-Meli (tesi di dottorato, Zurigo 2001), prefazione di Rudolf Schnyder; Armando Dadò editore/Centro di dialettologia e di etnografia (Bellizona), 2005, ca. 244 pagine

La domanda della settimana

Ritenete sarebbe auspicabile promuovere maggiormente l’educazione musicale nelle scuole dell’obbligo del cantone?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 18 settembre. I risultati appariranno sul numero 39 di Ticinosette.

Al quesito “La recente vicenda di Roman Polanski e la sua rinuncia al Festival del film Locarno hanno nuociuto all’immagine del Ticino?” avete risposto:

SI

50%

NO

50%

Svaghi 46

Astri ariete Favoriti coloro che vorranno dare una svolta radicale alla loro vita. State attenti a quello che dite. Nuove energie per i nati nella prima decade.

toro Venti di guerra nella sfera matrimoniale. Troppe recriminazioni. L’amore è abbandono, non è né ragionamento né calcolo. Seguite Venere!

gemelli Affari tra il 15 e il 16. Grazie alla Luna e a Mercurio, importanti opportunità in vista. Momento positivo per concorsi, colloqui di lavoro ed esami.

cancro Tra il 17 e il 19 la Luna sarà sul vostro Sole natale. Attenzione agli aspetti più nobili della vita ma anche all’indolenza nell’affrontare alcune questioni.

leone Transiti piacevolmente esplosivi sia per i nati nella prima che nella seconda decade. Pensate a godervi il qui e ora senza guardare troppo al passato.

vergine Venere tende a favorire la vostra bellezza esteriore. Momento favorevole per l’inizio di una storia sentimentale.

Relazioni con persone più mature.

bilancia Incontri di rilevanza karmica per i nati tra la seconda e la terza decade. Decisiva la giornata del 17. Opportunità professionali da prendere al volo.

scorpione L’orgoglio prende il sopravvento. Situazioni da affrontare. Tra il 17 e il 18 potrete vivere atmosfere romantiche.

Collaborazioni con il partner.

sagittario Marte porta nuove energie. Momento fervido favorito dai buoni aspetti lunari con Urano. Tra il 13 e il 14 potrete realizzare qualcosa di importante.

capricorno Il 18 settembre si presenta come una giornata particolare. Gli altri vi sembrano lenti ma la vostra fretta può farvi trascurare aspetti importanti.

acquario Grazie a Marte in Sagittario ogni situazione tenderà a capovolgersi a vostro favore. Saturno impone una pulizia dai vecchi schemi. Senza rimpianti.

pesci Sole, Venere e Marte in segni a voi disarmonici. La situazione sentimentale va vissuta pienamente. Non aspettate gli eventi, andategli incontro.

Gioca e vinci con Ticinosette

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Orizzontali 1. Gruppo di isole • 9. Dittongo in guitto • 10. Appunto • 11. Preposizione semplice • 12. Non si discutono • 14. Fiume iberico • 16. Scivolose, oleose • 17. Ministro nell’impero romano • 18. Mezza riga • 19. Nazioni • 21. Arrabbiate • 23. In mezzo al coro • 24. Castigo, condanna • 25. Non hanno eguali • 27.

Impenetrabile • 29. È vicino a Berna • 31. Lo paga il reo • 33. Carme lirico • 34. Le iniziali di Montesano • 35. Carro ferroviario • 38. Il padre di Maigret • 40.

Norvegia e Zambia • 42. Dispari in sette • 43. L’alza il gallo • 45. Intacca le vite • 46. L’antica Thailandia • 47.

Topo ginevrino • 49. Le iniziali della Pausini • 50. Alti • 51. I confini dell’Eritrea.

Verticali 1. Noto film del ’97 di Riccardo Milani • 2.

Radunare, raggruppare • 3. Intitolare, denominare • 4. Lo dice chi rimanda • 5. L’alieno di Spielberg • 6. È ricercato • 7. Il nome di Proietti • 8. Il compenso del professionista • 13. Consonanti in esito • 15. Dei nordici • 17. I confini di Vezia • 20. La bevanda che si filtra • 22. È simile al finocchietto • 23. L’opposto di orientale • 25. Unione Europea • 26. Due romani • 28. Il Manganese del chimico • 30. Chi li oltrepassa eccede • 32.

Nome russo d’uomo • 33. Cono centrale • 35. Vostra Eccellenza • 36. Nuovamente • 37. Leali e sinceri • 39.

Scuole superiori • 41. Arto animale • 44. La nota degli sposi • 48. Antico Testamento.

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La soluzione verrà pubblicata sul nume 39

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 18 settembre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 16 set. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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La soluzione del Concorso apparso il 29 agosto è: RIMPALLO

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Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Giuliana Cattaneo via artisti Pozzi 6850 Mendrisio Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

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Arcobaleno mette in palio una Ape card da CHF 50.– a tre fortunati lettori che comunicheranno correttamente la soluzione del Concorso.

Svaghi 47

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