Ticinosette

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№ 38 del 19 settembre 2014 · con Teleradio dal 21 al 27 set.

LA SALUTE IN GIOCO

Il confronto sulla proposta per una cassa malati unica accende il dibattito su uno dei temi più sentiti fra la popolazione

Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–


Concorso. La foto del mese

Pubblichiamo l’ottava immagine selezionata tra quelle giunte in Redazione nell’ambito del concorso fotografico lanciato da “Ticinosette” ai lettori. Il prossimo appuntamento è tra quattro settimane...

Il lavoro, di Sonia Bottani

Tutti possono partecipare al concorso fotografico anche se, per ovvie ragioni sono, esclusi categoricamente i professionisti della fotografia (ma non gli apprendisti fotografi e altre persone in formazione). Nel corso dell’anno i partecipanti potranno inviare una sola foto per ogni sezione, anche in tempi diversi. Abbiamo definito sei grandi temi nei quali potete sbizzarrirvi: “se stessi”, “in movimento”, “la famiglia”, “il lavoro”,

“gli oggetti” e “l’invisibile”. Ricordiamo che in ogni invio deve essere specificata la sezione a cui si intende concorrere, oltre al proprio nome e cognome, l’indirizzo e un recapito telefonico. Come già indicato, le immagini – che saranno accettate solo se inoltrate in alta risoluzione (300/320 ppi) in modo da consentirne la pubblicazione – dovranno essere inviate al seguente indirizzo di posta elettronica: phototicinosette@gmail.com.

Mensilmente pubblicheremo un’immagine selezionata tra quelle giunte nell’arco delle quattro settimane, e ritenuta la più interessante dal comitato di Redazione. Tra un mese verrà dunque pubblicata la nona immagine selezionata e alla fine del 2014 le migliori saranno raccolte in un reportage. Il vincitore finale, selezionato sempre dalla Redazione, riceverà un premio in contanti di ben 400 franchi.


Ticinosette allegato settimanale N° 38 del 19.9.2014

Silvano de Pietro........................................

4

Ben Zej ......................................................................

7

Agorà Casse malati. La salute in ballo Arti Musica. Pixiesmaniacs

di

di

Gastronomia Viticoltura. Non solo tradizione

Impressum

gaBriele ScanZiani ............................................................

11

Chiusura redazionale

Reportage Pollegio. Centrale di comando

Venerdì 12 settembre

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

8

10

di

Vitae Céline Antonini

di

roBerto roveda ............................

FranceSca rigotti...............................................

Kronos Educazione al desiderio

Tiratura controllata 66’475 copie

di

Fumetto Il conte Bonaccione (episodio 3)

di

Marco jeitZiner; Foto di Peter Keller ...

37

BooKMaKer coMicS ..................

42

a cura di

Redattore responsabile

Tendenze Borse. Trasformismo

MariSa gorZa ....................................................

44

Coredattore

Svaghi ....................................................................................................................

46

Fabio Martini

Giancarlo Fornasier

di

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

La guerra della salute Illustrazione ©Bruno Machado

Un quadro fosco L’affermarsi sullo scenario mediorientale dell’ISIS, per la ferocia delle sue azioni, la capacità espansionistica e il tipo di organizzazione economica che lo contraddistingue, ha iniziato (finalmente, riteniamo) a provocare le prime reazioni dell’occidente e di altre componenti del mondo mediorientale. Stati Uniti e Unione Europea, anche se con una strategia disgiunta e non ben articolata, hanno avviato una risposta concreta, sia in termini di invio di materiale bellico sia di azioni militari, come confermato dalla recente comunicazione del presidente Barack Obama agli americani e dalla neo eletta Federica Mogherini al ruolo di Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Obiettivo di Abu Bakr al-Baghdadi, leader dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante – e con Levante si intende un’area molto vasta che include Siria, Giordania, Palestina, Libano, Israele e Cipro –, è quello di creare un gigantesco califfato in grado di ribaltare totalmente gli equilibri geopolitici del Medioriente. Un progetto ambizioso, messo in atto con metodi sanguinari e spietati e capace di fare fulcro su due elementi centrali: il tentativo fallito dei moderni statinazione musulmani di creare dei sistemi democratici contrassegnati da un’economia politica praticabile per i propri cittadini e la capacità di attirare a sé giovani musulmani facilmente manipolabili proprio perché economicamente frustrati e svantaggiati e

del tutto privi di una conoscenza politica e storica dell’Islam. Ma esiste anche la concreta possibilità che l’ISIS possa crollare sul piano economico: le sue entrate, riconducibili ad attività illegali e predatorie, oltre che alla vendita di petrolio siriano, potrebbero non essere adeguate a sostenere la sua rapida espansione in territorio iracheno e il confronto militare con un insieme di forze che potrebbero trovare a breve una maggiore coesione. Ma ciò che molti analisti ripetono è che sarà proprio l’ambizione sconfinata del leader dell’ISIS, al-Baghdadi, a minare il suo stesso progetto transnazionale: nel dichiararsi califfo di tutti i musulmani del pianeta egli di fatto contesta l’autorità degli emirati e dei regimi dinastici o repubblicani nel mondo islamico, ponendosi in una posizione antagonista non solo nei confronti di Al Qaeda, da cui è stato sconfessato, ma soprattutto degli stessi Fratelli Musulmani. A tutto ciò si aggiungono la complessità dovuta alla rivalità storica fra sciiti e sunniti e i problemi sociali, politici ed economici del mondo arabo, che parallelamente ai conflitti settari e alle rivalità geopolitiche, si intrecciano agli interessi e alle ricorrenti manipolazioni delle potenze occidentali. L’ISIS di certo non vincerà ma il quadro resta fosco e lontano da qualsiasi soluzione anche a medio-lungo termine. Buona lettura, Fabio Martini


La salute in ballo Sanità. L’acceso confronto tra sostenitori e avversari dell’iniziativa popolare “Per una cassa malati pubblica”, rischia di far perdere di vista – ora che il voto è imminente – la sostanza sulla quale i cittadini elettori devono decidere. Vale a dire se sia il caso di passare da un sistema basato sulla concorrenza tra 61 casse private a un sistema dominato da un attore pubblico. Ne discutiamo con Bruno Cereghetti, per quasi due decenni a capo dell’Ufficio assicurazione malattia del cantone di Silvano De Pietro; illustrazione ©Bruno Machado

O Agorà 4

rmai non è più il caso di perdersi nei meandri di una discussione che, toccando argomenti ritenuti fondamentali da una parte o dall’altra, scenda troppo nei dettagli. I cittadini a giorni saranno chiamati a esprimersi sulla creazione di una cassa malati unica pubblica; per meglio orientarsi e raccogliere le idee, abbiamo quindi posto qualche domanda, sugli aspetti decisivi della scelta che gli svizzeri si accingono a compiere, a un vero specialista della materia, il consulente Bruno Cereghetti, che dal 1992 al 2010 è stato a capo dell’Ufficio assicurazione malattia del canton Ticino e, in precedenza, municipale a capo del Dicastero comunale delle opere sociali a Locarno.

Un premio per ogni cantone... La prima cosa da chiarire è come si concilia l’esistenza di una cassa malati pubblica con il mantenimento di premi indifferenziati tra gli assicurati nello stesso cantone. Se non esiste una gradualità dei premi in base al reddito di ciascun assicurato, dove finisce il principio di solidarietà sul quale dovrebbe fondarsi ogni assicurazione sociale? È vero, spiega Cereghetti, il sistema svizzero di formazione dei premi è definito nella legge e non viene toccato dall’iniziativa: “Tuttavia, con la cassa malati pubblica, in ogni cantone si potrà stabilire un premio in funzione dei costi che si registrano in quel cantone. Non, come oggi, con la pratica dei finanziamenti trasversali: i pagamenti in eccesso in certi cantoni servono per coprire i buchi in altri cantoni. Questo, con una cassa malati pubblica e con un controllo generalizzato sulla formazione dei premi, non ci sarà più. All’interno del Ticino, da Airolo a Chiasso, si avrebbe una maggior solidarietà. Per il resto, riguardo ai meno abbienti, funzionerà sempre il criterio di solidarietà del sussidio. Anche qui l’iniziativa non cambia la situazione”. Altra questione di fondo: la cassa malati pubblica garantirebbe una medicina di alta qualità per tutti? “Dipende dall’impostazione della nuova cassa malati unica” risponde Cereghetti “che, essendo pubblica, dovrà avere una visione

etica del problema della qualità della medicina. E dovrà quindi considerare quello che, in una medicina di qualità, è veramente democratico, utile al benessere generale. Oggi prevale invece tra gli assicuratori privati una visione molto economicistica riguardo alla qualità delle prestazioni. A loro, in fondo, importa poco di questo aspetto: si sciacquano molto la bocca con il concetto di qualità, ma lo declinano unicamente in questione economica e di compressione (neanche tanto di controllo) dei costi. E laddove i costi vengono eccessivamente contenuti, automaticamente viene meno il concetto di qualità. È chiaro che una medicina di qualità ha dei costi; ma chi oggi sostiene che è possibile avere la stessa qualità a prezzi abbattuti, o mente sapendo di mentire, o non conosce la realtà delle cose. Il nostro sistema sanitario è di qualità e ha dei costi inevitabili, che vanno evidentemente controllati, ma non compressi. Inoltre, il nostro sistema sanitario ha un valore aggiunto non indifferente, una peculiarità essenziale sul piano europeo: la grande democraticità d’accesso. Tutte le persone, indipendentemente dalla loro condizione economica o sociale, possono ottenere prestazioni ottime, di alta qualità, in tempi medicalmente utili, senza liste d’attesa ecc. E questo inevitabilmente si traduce in costi”. Ma se l’alta qualità (come abbiamo visto nei diciotto anni trascorsi dall’entrata in vigore, nel 1996, dell’attuale legge sull’assicurazione malattie) significa anche incremento costante della spesa, perché la cassa malati unica dovrebbe poter controllare meglio delle casse private l’incremento costante della spesa sanitaria e quindi dei premi? Prima di rispondere nel merito, Cereghetti fa una premessa: “La cassa malati unica dovrà garantire una gestione equa del meccanismo di assicurazione. Il problema dei costi della malattia è un po’ diverso e segue delle logiche che sono in sé distaccate dalla pratica d’assicurazione. I costi aumenteranno sempre. È inutile che ci facciamo illusioni: l’aumento dei costi sarà continuo e progressivo se vogliamo una medicina di qualità. E da questa realtà nemmeno la cassa malati unica potrà prescindere”. Poi spiega: “Il continuo aumento dei costi della sanità è legato sostanzialmente a tre fattori. Il primo è


Agorà 5 l’età della popolazione, che continua ad aumentare. Il secondo è il progresso della medicina, che dà sempre nuove possibilità di intervento terapeutico a vantaggio della qualità di vita del paziente, [con conseguente escalation dei costi, ndr.]. Il terzo fattore, non indifferente e di cui bisogna tener conto, è il livello molto alto dei salari che vengono corrisposti in Svizzera. Dobbiamo pensare che i costi della malattia per grandissima parte sono salari versati al personale che opera nella sanità. In un ospedale, per esempio, l’85% delle spese è costituito dai salari del personale e solo il 15% è dovuto al funzionamento e alla manutenzione della struttura”. E dunque, il controllo dei costi... “La cassa malati pubblica non ha e non deve nemmeno avere come obiettivo quello di frenare i costi. Piuttosto, sarà l’intero meccanismo a essere gestito con più equità. Mi preoccuperei molto se la cassa malati unica si ponesse come obiettivo quello di frenare artificialmente i costi, perché si creerebbe veramente la cattiva qualità della medicina o, peggio, una medicina a due velocità. Noi qui abbiamo un pessimo esempio, sul piano federale, che è quello dell’Assicurazione invalidità (AI). Una volta l’AI era una gloriosa assicurazione sociale; oggi non solo non è più gloriosa, ma non è neanche più un’assicurazione sociale, se non per i grandi invalidi. E questo, perché comprimendo i costi si è praticamente rovinato tutto quello che c’era di sociale in questa assicurazione. Quindi, la cassa malati pubblica dovrà gestire i meccanismi d’assicurazione con grande attenzione, ma sarebbe illusorio pensare che con la cassa malati unica si potranno abbattere i costi o che i premi si ridurranno sostanzialmente. Razionalizzazione dei costi, sì. Razionamenti economicistici, no”.

Una concorrenza piuttosto debole Il sistema attuale è basato su una blanda concorrenza tra le casse malati, che a qualcosa dovrebbe servire. È così? O tale concorrenza è deficitaria? A tale proposito Cereghetti non ha dubbi: “Questa concorrenza è estremamente deficitaria, anzitutto perché gli attuali assicuratori malattie praticano la selezione dei rischi, cioè ogni assicuratore va alla caccia spasmodica dei cosiddetti buoni rischi, che sono poi sostanzialmente le persone che pagano soltanto il premio e non costano. Ed è per questo che è stata introdotta la compensazione dei rischi, come meccanismo di riequilibrio per evitare la caccia ai buoni rischi. Quindi, il sistema attuale sta in piedi solo perché è in atto questo meccanismo di compensazione dei rischi, che però non è efficace, non produce e non produrrà mai, purtroppo, delle risultanze efficaci in assoluto. Questo vuol dire che la concorrenza tra assicuratori significa non soltanto la caccia spasmodica ai buoni rischi, ma anche il dover inasprire e rendere sempre più complesso questo meccanismo, costoso e molto opaco, della compensazione dei rischi”. Dunque, con la cassa malati pubblica non occorrerà più compensare i rischi e accantonare riserve? “Con la cassa malati unica non vi sarebbe più la caccia ai buoni rischi e il meccanismo di compensazione diventerebbe inutile. La formazione di riserve, invece, dovrà continuare a esserci, ma solo allo scopo di avere una garanzia di sopravvivenza della cassa. Però questo rischio sarebbe molto mitigato rispetto alla situazione attuale, perché la cassa pubblica avrebbe la garanzia dello stato, come gli ospedali pubblici. In secondo luogo queste riserve, (...)


“... la critica che oggi si può fare a questo proposito è che i modelli d’assicurazione presentati dagli assicuratori privati sono decisamente troppi, e l’assicurato stesso ha grosse difficoltà nel muoversi in questo labirinto di offerte che non sono nemmeno impostate secondo criteri di equità”

anche se minime, verrebbero finalmente gestite con equità, non come nella situazione attuale, dove non si capisce niente né di come siano formate le riserve, né dell’esistenza di un controllo dettagliato su come queste riserve vengono alimentate. Per esempio, è notorio che il canton Ticino continua ancora oggi ad alimentare il fondo riserve degli assicuratori malattia in misura nettamente superiore rispetto ad altri cantoni, e i pagamenti in eccesso dei ticinesi, ossia le riserve create in Ticino, servono a coprire situazioni deficitarie in altri cantoni”.

Agorà 6

I promotori dell’iniziativa sostengono che, con la cassa malati unica si risparmierebbero 700 milioni di franchi in costi amministrativi. È una previsione corretta? “Questa cifra potrebbe essere realistica. Ma dobbiamo considerare che 700 milioni di franchi non sono grandi cose, se pensiamo che i costi generali dell’assicurazione malattia sono 25 miliardi di franchi. Il risparmio consisterebbe in una razionalizzazione dei costi: non vi sarebbero più investimenti pubblicitari per accaparrarsi quote di mercato e costi amministrativi per la gestione della compensazione dei rischi. Tutto potrebbe essere fatto con buona razionalità, ma non dobbiamo immaginare che attraverso la razionalizzazione dei costi amministrativi si avranno grandi effetti sui premi. Già oggi le spese amministrative non sono grandemente elevate. Il loro svantaggio attuale è che sono molto squilibrate: si pensi ai salari del personale, con i top manager che hanno compensi e bonus stratosferici e il front office che deve accontentarsi di quello che passa il convento”. Il personale a diretto contatto con gli assicurati è sufficientemente preparato? “Non è particolarmente preparato: potrebbe essere molto più efficace con l’utenza. Anche perché deve rispondere a criteri di economia aziendale, dovendo badare a che si spenda meno in ogni caso. Questo significa curare meno la qualità della prestazione e di più gli interessi dell’azienda, che si traducono poi concretamente in megastipendi degli alti quadri. Nell’assicurazione obbligatoria contro le malattie la legge non consente di costituire utili e distribuire dividendi, però megasalari ai dirigenti e ai quadri, sì”. È possibile che con la cassa malati unica rimanga la diversificazione dei modelli di assicurazione: medico di famiglia, HMO, sconto sui premi in cambio di una franchigia più alta, e così via? “Sì, perché la legge non cambia e la diversificazione dei modelli assicurativi è data dalla legge. Piuttosto, la critica che oggi si può fare a questo proposito è che i modelli d’assicurazione presentati dagli assicuratori privati sono decisamente troppi, e

l’assicurato stesso ha grosse difficoltà nel muoversi in questo labirinto di offerte che non sono nemmeno impostate secondo criteri di equità. Per esempio, il modello fondato sul medico di famiglia beneficia di premi troppo bassi, secondo uno schema di dumping che serve ad attirare più clienti. Questa convenienza è un’illusione data agli assicurati, che prima o poi devono passare alla cassa per pagare la differenza”. Per concludere, vorremmo chiarire la natura della cassa malati unica proposta dall’iniziativa. In Ticino si è cercato di demonizzarla parlando di un sistema “all’italiana”, di una “mutua”. Come sarebbe realmente una cassa malati pubblica in Svizzera? “Intanto, non sarà una mutua, perché l’impalcatura della legge sull’assicurazione malattia rimane esattamente uguale”, afferma il nostro interlocutore. Qualcosa certamente cambierà, ma “nel funzionamento dell’assicurazione malattia, con vantaggi quali una maggiore equità nella costituzione delle riserve e un maggiore intervento di razionalizzazione per quanto riguarda l’amministrazione e la gestione corrente”. C’è però, “nell’ambito della definizione della qualità del sistema”, un secondo grande vantaggio di una struttura pubblica, che rigurda la formazione delle tariffe. Gli assicuratori, spiega Cereghetti, oltre che gestire la pratica d’assicurazione, devono trattare con i fornitori di prestazioni per definire le tariffe. “Oggi, la politica degli assicuratori malattia è di definire tariffe sempre più al ribasso. A loro non interessano le ricadute di qualità, ma vanno in battaglia per abbassare continuamente le tariffe e ottenere così dai loro consigli d’amministrazione maggiori bonus”. Un approccio economicistico, quindi, che con la cassa malati unica scomparirebbe, poiché “anche le trattative sulle tariffe devono essere fatte tenendo conto delle ricadute, sugli assicurati, della qualità di determinate prestazioni”. “Se devo trovare un difetto nella proposta dell’iniziativa”, conclude Cereghetti, “è che con questo sistema si crea una cesura netta tra l’assicurazione obbligatoria, di carattere sociale, e l’assicurazione complementare, che resta di tipo privato. Chi vuole qualcosa in più rispetto all’assicurazione obbligatoria è costretto ad avere due assicuratori diverse. La mia proposta iniziale, che purtroppo non è stata seguita, era che bisognasse creare un assicuratore unico, sia per l’assicurazione obbligatoria, sia per le assicurazioni complementari. Questa perversa cesura danneggerà gli assicurati più deboli e anziani. Bisogna togliersi dalla testa l’idea che le assicurazioni complementari siano un lusso. Sono invece un complemento necessario, richiesto dalla maggioranza della popolazione, a una copertura obbligatoria. Ciò significa che ci sarà lavoro da fare anche oltre la proposta attuale di un assicuratore pubblico”.


Pixiesmaniacs

A quasi trent’anni dalla nascita del gruppo di Boston fondato da Francis Black, una riflessione sul rock, il mercato e le conclusioni affrettate... di Ben Zej

Di de profundis del rock ne sono stati pronunciati a bizzeffe.

disparate tese a definire e a collocare i mille rivoli nei quali Già alla fine degli anni settanta, alcuni esponenti dell’ormai il rock va suddividendosi e articolandosi: grunge, crossover consunta compagine progressive, incapaci di cogliere il senso rock, death metal, black metal, hip-hop, hardcore punk e via del nuovo che stava rabbiosamente avanzando, annuncia- dicendo. È in questo scenario che Black Francis e Joey Sanvano, cupi e dolenti, la morte del rock. In realtà, il 1977, per tiago, entrambi chitarristi e studenti presso l’università del chi è giunto in seguito, fu un anno di rivolte dal cui terreno Massachusets, decidono di dar vita a una nuova formazione scaturirono non solo il punk ma un approccio nuovo all’arte musicale a cui presto si aggiungono la bassista Kim Deal e il e alla sua produzione. Senza dimenbatterista David Lovering. Già dai ticare che nell’agosto di quell’anno primi concertini nei club e nei bar moriva a Memphis Elvis Presley, dell’area di Boston il gruppo rivela che vent’anni prima aveva dato il una sua identità e una spiccata vevia al fenomeno, grazie a un mix na creativa. Dopo il primo acerbo esplosivo di rhythm & blues, countEP, Come on Pilgrim, pubblicato nel ry e gospel e a un’ossessiva ricerca 1987 con qualche perplessità dalla sulla propria immagine. Insomma, britannica 4AD, si giunge a quello la strada era già lunga e di fatto che è considerato il capolavoro non si era mai interrotta. Gli stessi del gruppo e uno degli album più anni ottanta, segnati dal dilagare significativi del decennio: Surfer degli yuppies e dall’affermarsi di Rosa (4AD, 1988). Brani brevi (solo principi economici e sociali i cui “Vamos” supera i 4 minuti), spesso esiti nefasti stiamo pagando oggi, frenetici, costellati da stacchi e avrebbero potuto rappresentare olinserti vocali che oscillano dall’agtremodo una battuta d’arresto per gressività più spinta alla dolcezza e I Pixies ai loro esordi (roland.co.uk) il fenomeno. Ma neanche questo è alla colloquialità, cambi di tempo, bastato. Il rock sopravvive sempre e riff di chitarra semplici ma sempre comunque, alimentato dal fluire ininterrotto delle genera- incisivi ed efficaci: questo è il mix vincente, con saggezza zioni i cui giovani esponenti sono sempre capaci, oggi come centellinato dalla capace produzione di Steve Albini. Mudieci anni fa, di riconoscersi nella musica dei Led Zeppelin, sica fresca, mai banale e in grado, traccia dopo traccia, di degli Stones, dei Doors o dei Velvet Underground e da quei trasmettere un’eccentricità graffiante e un gusto patafisico riferimenti ripartire per creare del nuovo, instancabilmente. che rimanda senza mezzi termini ai primi Pere Ubu di David Quando ero ragazzo, ascoltare dischi degli anni trenta o Thomas. “Gigantic” è forse il pezzo di maggior successo, che quaranta, trasmetteva un senso di passato, di vecchio, di nella sua frontalità anticipa il sound dei Nirvana e di molti inesorabilmente superato, pur nell’innegabile raffinatezza altri gruppi a venire, ma i brani migliori (“Break My Body”, delle melodie e degli interpreti. Provate oggi a mettere sul “Where Is My Mind”, “River Euphrates”) fanno pensare a giradischi un LP come Zuma (Reprise Records, 1975) di Neil un futuro radioso e prolifico. Young... potrebbe essere stato pubblicato una settimana fa! Il resto è storia Sul margine La prima stagione dei Pixies è breve. Dopo alcuni buoni I Pixies nascono a metà degli anni ottanta, in un decennio album (Doolittle, 1989; Bossanova, 1990; Trompe le Monde, che accanto al predominio della cosiddetta New Wave bri- 1991), tutti realizzati dalla 4AD di Ivo Watts-Russel, il gruptannica e al dilagare del metal, vede l’affermazione di band po, afflitto da tensioni interne e dal desiderio dei quattro di spessore come Clash, Wire, Talking Heads. È il decennio membri di impegnarsi in progetti diversi, si scioglie nel 1993. in cui il video musicale diviene il media prediletto dalle case Ma l’amore per la musica li ha riuniti nel 2003 e la band ha discografiche grandi e piccole (queste ultime, le cosiddette continuato a esibirsi fino all’anno scorso senza che vi siano indie, spesso destinate a diventare nel corso degli anni vere voci di un ulteriore scioglimento. Resta una robusta eredità e proprie major) per la promozione dei propri artisti. Un musicale che ci auguriamo venga sempre più riconosciuta e periodo difficile, di trasformazione, ma al contempo ricco di apprezzata dalle generazioni presenti e future. Anche perché, stimoli, basti pensare al proliferare delle denominazioni più a quanto pare, il rock non muore mai…

Arti 7


Non solo tradizione La vite e il vino hanno un legame antico e consolidato con il nostro territorio. Un legame che non può però limitarsi alla sola tradizione, ma deve sapersi rinnovare per rispondere alle sfide e ai mutamenti delle consuetudini, dei gusti e dei mercati

di Roberto Roveda

Gastronomia 8

Vigneti a Giornico (gialdi.ch)

La speranza è sempre l’ultima a morire, però è inutile nascondersi che le previsioni per la vendemmia 2014 sono alquanto fosche. Difficile pensare a uve di alta qualità, ben maturate e con le giuste proprietà per essere trasformate facilmente in un buon vino dopo un’estate come quella appena trascorsa, dominata da maltempo e pioggia e disertata dal sole. Il mondo vitivinicolo ticinese Realizzare una produzione vinicola all’altezza sarà quindi quest’anno una sfida ancora più complicata del solito per le aziende ticinesi che operano nel settore della produzione di vini. Un settore che vanta una lunga tradizione e alcune peculiarità che distinguono il mondo vitivinicolo del cantone da quello italiano o di altre zone della Svizzera. Prima di tutto nella nostra regione la dimensione delle aziende è estremamente piccola. La viticoltura ticinese è, infatti, frammentata in una miriade di piccole “parcelle” e promossa da oltre 3000 viticoltori che si dividono i 1080 ettari di territorio cantonale destinati a vigna. La maggior parte di questi viticoltori praticano questa attività a titolo accessorio. Per comprenderci, vi sono circa 2200 viticoltori che gestiscono vigne con estensioni inferiori o pari a 1000 metri quadrati, piccoli fazzoletti di terra, insomma. Le superfici coltivate invece dai “grandi” viticoltori (il 4% dei

viticoltori coltiva una superficie superiore a un ettaro e gestisce il 48% della superficie viticola cantonale) rimangono tuttavia anch’esse estremamente piccole se paragonate a quelle dei loro colleghi di altre regioni svizzere o di altre nazioni viticole. Una seconda peculiarità è legata al vitigno presente in Ticino: il Merlot copre da noi oltre l’80% della superficie coltivata a vigna ed è una vera rarità trovare nel mondo delle viticultura delle concentrazioni quasi monoculturali di questo tipo. Con questa tipologia di produzione il nostro cantone si è altamente specializzato nell’elaborazione di questo vitigno e il know how acquisito in oltre cent’anni di esperienza permette ai circa 160 vinificatori locali di porsi ai vertici internazionali in fatto di qualità e di non fermarsi alle glorie del passato. Negli ultimi anni in Ticino, per esempio, sono stati sperimentati e introdotti dei vitigni miglioratori allo scopo di ovviare all’insufficiente maturazione raggiunta dal Merlot coltivato in zone marginali e di poter ottenere, all’interno dell’area di produzione ticinese, dei vini idonei a migliorare l’intensità tannica e il colore dei vini di prima categoria. Il vitigno che meglio soddisfa per il momento queste esigenze è il Gamaret (o Garanoir) anche se vengono usati anche vitigni bordolesi (cioè originari della zona di Bordeaux) quali il Cabernet Franc, il Cabernet Sauvignon e il Petit Verdot. Punti di forza e debolezze locali Ma quali sono i punti di forza e le eventuali carenze del settore vitivinicolo nostrano e che futuro attende vigne e vini del Ticino? Ne parliamo con Francesco Tettamanti, direttore di Interprofessione della Vite e del Vino Ticinese e della commissione Ticinowine1: Innanzitutto una premessa: prima si accennava alla realtà “frammentata” del settore viticolo ticinese. Ebbene, questa parcellizzazione non inficia per nulla la professionalità del lavoro dei viticoltori ticinesi, che lo svolgono con impegno quasi maniacale. Se vogliamo parlare di punti di forza del settore, direi innanzitutto la qualità media della produzione che è molto elevata, la grande diversità e la personalizzazione della produzione. La nostra eccellenza è il vitigno Merlot e vi sono dei produttori che lo sanno interpretare con grande perizia grazie a produzioni in vigna limitatissime e tecniche di cantina d’avanguardia. Questi fattori favoriscono l’introduzione dei nostri vini in un mercato di nicchia economicamente interessante. Se vogliamo parlare di carenze,


evidenzierei in primis quella legata al futuro della viticoltura. Il ricambio generazionale è purtroppo lento e una certa parte dei vigneti è situata in zone collinari edificabili e pertanto a rischio di scomparsa per lasciar posto a edifici. Un rischio che riguarda soprattutto gli appezzamenti più piccoli. I costi di produzione elevati sono un altro fattore con il quale occorre lottare, ma la qualità raggiunta dai nostri prodotti fortunatamente ci permette di spuntare dei buoni prezzi e di poter ancora mantenere un buon equilibrio economico. Il settore vinicolo ticinese gode di buona salute? Possiamo dire che godiamo ancora di un mercato sano e che, contrariamente ad altre regioni vinicole, abbiamo superato indenni la crisi economica. Il mercato è comunque sempre più difficile e concorrenziale e non si può in nessun modo abbassare la guardia. Promozione e futuro del vino in Ticino Ticinowine, che lei dirige, si occupa di promozione della vitivinicoltura ticinese. È d’obbligo chiederle se i vini del nostro cantone hanno mercato anche fuori dai ristretti confini cantonali... I vini ticinesi godono in Svizzera di una eccellente notorietà e sono considerati di ottima qualità. A livello nazionale, quindi, godiamo di un’immagine molto buona e possiamo contare su una clientela competente che apprezza sempre di più la nostra produzione. All’estero, quando proponiamo in degustazione vini ticinesi, tutti rimangono stupiti dalla loro qualità o addirittura

dal fatto che in Svizzera si produca vino! Per il grande pubblico comunque non abbiamo purtroppo i numeri (intesi come quantità di bottiglie prodotte) per esportare e pertanto non investiamo in promozione. Sarebbe illogico investire per poi non poter far fronte alle richieste. Mediamente la produzione ticinese è, infatti, appena sufficiente per coprire la domanda interna. Solo qualche azienda è riuscita a creare un mercato di nicchia interessante, in particolare nel centro-nord Europa. Proiettandoci per un momento nel futuro, di cosa avrebbe bisogno il settore vitivinicolo per funzionare meglio? Maggiore razionalizzazione della produzione, meno viticoltori ma operanti su superfici più grandi. Un mutamento questo che avverrà comunque con il ricambio generazionale. I nuovi viticoltori coltivano superfici maggiori assumendo i vigneti di viticoltori anziani che cessano la loro attività. Il ricambio generazionale rimane comunque un punto a mio avviso ancora critico. Vedo tuttavia che si sta risvegliando in molti giovani un crescente interesse per il nostro settore; molti iniziano un apprendistato viticolo e molti altri si riqualificano come viticoltori o cantinieri pur avendo già una formazione: questo mi rende perciò abbastanza fiducioso per il futuro. note 1 L’Interprofessione del Vino e della Vite Ticinese è l’organizzazione che si occupa di tutto ciò che ruota attorno alla filiera vitivinicola cantonale; Ticinowine (ticinowine.ch) si occupa prevalentemente della promozione della produzione enologica ticinese e della sua immagine.

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COMPETENZA IN MATERIA DI CAFFÈ DAL 1925. Da noi il caffè è tradizione: fin dall’inizio ha fatto parte del nostro assortimento base e si poteva trovare già sui primi camion di vendita Migros. Da allora, il caffè con i suoi molteplici aromi ci sta particolarmente a cuore e ancora oggi lo produciamo noi stessi. Il caffè Exquisito è un ottimo esempio della nostra competenza e ti delizierà tazza dopo tazza grazie al suo aroma delicato. Scopri il nostro assortimento completo su migros.ch/caffe


Educazione al desiderio Viviamo tempi davvero poco frugali, incitati come siamo a comperare e ad attribuire all’acquisto una funzione di ordine etico e sociale di Francesca Rigotti

Kronos 10

Viviamo in un’epoca di consumismo dilagante, nella spesso grazie all’attrazione che riesce a esercitare un marquale pare valere soltanto l’esortazione di George W. Bush chio particolare, che sembra creare un clima e uno stile di all’indomani dell’attacco alle Torri Gemelle: “Se volete essere vita cui raramente le persone, soprattutto le più giovani, buoni cittadini e veri patrioti consumate, comprate!”. Tempi riescono a rinunciare. nei quali plotoni di esperti di marketing vengono formati all’unico scopo di inculcare in milioni di persone desideri Una tesi opinabile irrefrenabili per beni superflui e attività perfettamente Una delle tesi portanti del discorso di Legrenzi, e che non inutili. Tempi dominati dai rapmi sento di condividere, è che si porti economici nei quali tutto possa diventare frugali soltanto ha un prezzo (“Spero solo”, mi ha conoscendo la ricchezza: il paradetto dopo una lezione una mia digma sarebbe dunque quello di studentessa, “di non arrivare mai a Francesco, figlio del ricco mercanscoprire qual è il mio”). te Ser Bernardone che si spoglia Oggi, che tutto ma proprio tutto di ogni cosa per andare a consi può comprare, dalla cattiva durre una vita povera e sobria. Se abitudine di andare a prendere in Francesco fosse stato povero non ritardo il bambino all’asilo nido avrebbe potuto scegliere il rifiuto al posto a teatro ottenuto pagandell’abbondanza e del superfluo e do qualcuno che faccia la fila non sarebbe mai diventato santo. per noi, ci vuole un bel coraggio I veri poveri infatti – sostiene Ulisse e le sirene, particolare di un mosaico per esortare alla frugalità, dediLegrenzi – non hanno nulla da del III secolo d.C. (Museo del Brado, Tunisi) candole un libro intero, come ha rifiutare: la povertà per loro non fatto lo psicologo Paolo Legrenzi è una scelta ma una costrizione. (Frugalità, Bologna, il Mulino, 2014). Povertà e ricchezza Che cos’è la frugalità E se si potesse diventare frugali – azzardo io – anche parUn libro tanto frugale nel formato e nel numero di pagine, tendo da una condizione di povertà e non necessariamente quanto copioso ed esigente (i contrari di frugale) nei conte- di saturazione? Facendo “di necessità virtù”, per esempio? nuti. Un libro che spiega come diventare frugali, che non Magari seguendo i principi dello stoicismo antico, non vuol dire né poveri né avari né risparmiatori quanto sobri dichiarati quanto molto presenti nel testo? L’idea sarebbe e contenti con poco, per scelta, per stile, per buon gusto. quella di trasformare la propria condizione in una scelta di La persona frugale respinge la corruzione che dipende vita tramite l’educazione al desiderio. Sarebbe una educazionel dare un prezzo a ogni cosa e sentirsi così legittimati ne di tutti, adulti e bambini, mirata a evitare le tentazioni a comportamenti una volta, non tanto tempo fa, proibiti e a regolare il desiderio attraverso l’autodisciplina. Non si o inappropriati. tratterebbe di tornare a bollare ogni desiderio come vizio, come nell’antica etica cristiana che elaborò questo tipo di Le tre valigie nozioni; nella teoria dei vizi infatti persino cibo e sesso, La persona frugale rifiuta l’abbondanza e il superfluo e va che di fatto sono indispensabili perché strettamente legati in giro per il mondo – spiega Legrenzi – con una valigia di alla sopravvivenza, venivano considerati peccati, di gola medie dimensioni che contiene poche cose: a differenza e di lussuria. del ricco che ha una grande valigia zeppa di roba, e del po- Si tratterebbe invece, con l’educazione del desiderio, di vero che ha anch’egli una valigia piena ma piccola piccola. imparare a autovincolarsi e ad autocontrollarsi fino a far In questo modo se la persona frugale “nel corso del viaggio, diventare lo sforzo un’abitudine: non però ad autovincolartrova qualcosa che le piace e la vuole portare con sé, ha ancora si come Ulisse, re di Itaca, che si fece legare all’albero della dello spazio disponibile nella valigia semivuota” (pp. 26-27). nave per soddisfare il piacere di ascoltare il canto delle sirene Forti e agguerriti sono gli avversari della frugalità: tra di senza perdere la testa e buttarsi sugli scogli! Come i suoi essi spiccano i creatori e i produttori di beni e attività che marinai invece, poveri rematori che, grazie alla cera nelle vengono presentate come desiderabili, anzi indispensabili, orecchie, poterono proseguire indenni la navigazione.


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mo viaggiare e interessarmi a nuove culture. In ventiquattro anni di vita ne ho passati sei negli Stati Uniti, ho studiato scienze politiche all’università di Parigi e storia alla Sorbona. Ho sempre seguito l’attualità politica da vicino. Già alla scuola media, se mandavano in onda un dibattito politico in televisione, non me lo perdevo mai. La scelta di studiare scienze politiche è stata una diretta conseguenza di questo interesse, anche se penso che, come la maggior parte dei maturandi, non sapevo esattamente cosa significasse studiare questa materia. Certamente, nella scelta, ha pesato il mio sogno nel cassetto di partecipare attivamente alla vita politica. In realtà, presto ci si rende conto che questi due aspetti non sono per forza legati, anzi molte volte credo che le due cose si escludano mutualmente. Le scienze politiche permettono di avere uno sguardo distaccato e scientifico sul funzionamento delle istituzioni politiche e delle dinamiche di quel tipo di relazioni. Credo che la parte più affascinante di questa disciplina sia l’analisi dell’effetto delle istituzioni politiche sulla società, come queste influenzano il suo funzionamento e la mentalità delle persone che ci vivono. Sin dal liceo sono sempre stata affascinata dalla storia dell’Unione Sovietica e dell’Europa dell’Est, era una vera passione. Quando ho scelto il mio indirizzo di studio, ho scoperto la possibilità di studiare scienze politiche con una specializzazione sull’Europa dell’Est. Questo mi ha permesso di iniziare l’apprendimento di varie lingue, dapprima il polacco, poi il croato/bosniaco/serbo e infine il russo. Ho studiato la storia affascinante di questi paesi, che non si può ridurre ai regimi socialisti del dopoguerra, e ne ho approfondito le sfide attuali. Se dapprima mi sono interessata maggiormente all’Europa centrale, la Polonia in particolare, la mia attenzione si è velocemente spostata sulla zona balcanica, che rimane ancora oggi la regione di maggiore interesse. Credo che, inizialmente, il mio interesse per i Balcani scaturisse da una curiosità personale. Gli anni novanta, quando ero ancora una bambina, sono stati caratterizzati da un flusso d’immigrazione molto importante dai Balcani occidentali. Eppure, ho sem-

pre pensato che si sapesse ben poco, troppo poco, su questa regione. Dalle nostre parti, malgrado questa forte immigrazione, spesso si sente parlare della lingua “slava”, “iugoslava” o della lingua “kossovara”, anche se in realtà nessuna di queste esiste. Credo che sia stata proprio la consapevolezza di questa mancanza di conoscenza a portarmi a studiare e a scoprire questa regione. È iniziata come curiosità, ed è finita per essere una passione travolgente. Una volta che si iniziano a conoscere questi paesi, è difficile tornare indietro, tanto sono affascinanti per la loro storia e per la loro cultura. Come mi disse il professore universitario che mi trasmise la passione per questa regione: “Les Balkans un jour, les Balkans toujours”. Una volta che si inizia a interessarsi a questi paesi e alle loro culture, non si torna più in dietro. Dopo avere effettuato due stage nella regione (dapprima a Belgrado, in seguito a Sarajevo) e avere collaborato per un anno e mezzo a un progetto del Dipartimento degli Esteri svizzeri in Bosnia, non posso che confermare che la regione balcanica è affascinante sia da un punto di vista storico, sia politico e culturale. Eppure, purtroppo, rimane ancora connotata piuttosto negativamente dalle nostre parti, una tendenza che mi piacerebbe veramente contribuire a cambiare. Mi ricordo che quando ero ancora al liceo e mi chiedevo cosa avrei fatto una volta conseguita la maturità, ricevetti un consiglio semi-scherzoso da mio padre: “Studia quello che vuoi, ma mi raccomando, vai il più lontano possibile!”. Da bambina ho vissuto a lungo negli Stati Uniti, ho frequentato una scuola internazionale, tutto questo ha contribuito a rendere il viaggio un elemento naturale della mia esistenza. Ho sempre pensato di imboccare la strada della diplomazia una volta finiti gli studi. Eppure ora, dopo tanti anni all’estero, paradossalmente mi è venuta una certa nostalgia del Ticino. Purtroppo le ambizioni internazionali non si soddisfano rimanendo a casa propria. Sono consapevole di dover prendere una decisione presto, tuttavia per ora non ho ancora scelto.

CÉLINE ANTONINI

Dall’università di Parigi allo studio della cultura e delle tradizioni della penisola balcanica: una giovane ticinese che si apre verso il mondo

testimonianza raccolta da Gabriele Scanziani fotografia ©Flavia Leuenberger

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CENTRALE DI COMANDO “L’impietrito microcosmo di un occhio che legge” (Alessandro Baricco, Castelli di rabbia, 1991) di Marco Jeitziner; fotografie ©Peter Keller


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ieci di mattina, inizio agosto. Giungo col bus alla Centrale d’esercizio Sud (CE Sud) di Pollegio. Varcherò quello che sarà un po’ l’invidiabile futuro ferroviario della Svizzera, anche qui a sud. L’immaginazione non manca, è come in certi film di fantascienza, dentro l’enorme torre di beton mi attende la sofisticatissima sala comando di tutti i treni che si muovono su e giù tra Chiasso e Arth Goldau. Ecco il “periscopio”, come l’hanno già definito alcuni, il comando a settentrione, dico io. Colui che già monitora ciò che sfreccia su quelle lame di ferro, vecchi binari, nuovi dove i treni sferraglieranno presto a 220 chilometri l’ora.

Un riferimento netto Il responsabile della struttura, Ivo Imperatori, mi accoglie cordiale, come uno dei tanti visitatori di qui e di altrove che già si sono fatti sedurre dall’opera. Vista da sud e da nord la torre è a forma di “t”, come treno, forse non a caso. Frontalmente pare la plancia di un’astronave spaziale che risale soltanto all’aprile scorso. Sono 34 metri di altezza per oltre 45 milioni di franchi di costo, di cui ben 16 per l’alta tecnologia. Solo dopo capirò perché. La centrale, m’insegna Imperatori, è la più piccola del paese e posso solo immaginare quanto siano grandi a Losanna, Olten o Zurigo. Voluta dalle FFS e da AlpTransit Gottardo SA, lo studio luganese “Bruno Fioretti Marquez e Martini” leggo , ha creato una “immagine di riferimento e di ordine nel territorio”1. Riferimento certo, ma armonia discutibile: c’è chi dissente. Dotato del cartellino “ospite”, s’apre la grande porta di vetro scorrevole, io e la mia guida entriamo in un grande ascensore. Telecamere e codici di accesso attirano la mia attenzione. “Sono dovuti al fatto che da qua telecomandiamo un quarto dei treni della Svizzera, da Chiasso fino ad Arth Goldau, e quindi è chiaro che un malintenzionato potrebbe fare dei grandi danni”, chiarisce Imperatori. 24 ore su 24 Terzo piano, settore “amministrazione”. La luce forte del mattino m’investe, attraversa le grandi vetrate alte nove metri, “all’epoca i vetri più grandi costruiti in Svizzera!” afferma il mio interlocutore. I vetri coprono il quarto, quinto e sesto piano! Roba che trovi solo in alcuni grandi aeroporti internazionali o musei di grido, ma questo luogo non è un po’ la stessa cosa? I progettisti non hanno però pensato al fatto che tali imponenti vetri vanno anche lavati, dall’interno, giàcché il pavimento è delicato, mi si dice, poiché sotto vi è un groviglio di intricati cablaggi e di sistemi d’aerazione. Si troverà un modo, ne sono sicuro. Vedo molti giovani impiegati, alcuni salutano, altri sono presi dagli schermi dei computer. È qui che si programmano i turni, 24 ore al giorno ovviamente. Io che uso il treno, nel settore “formazione” riconosco il volto di una donna mora. Dove l’ho già vista? “Lavorava alla biglietteria di Bellinzona”, sorride il responsabile. Come lei, tanti altri sono stati trasferiti quassù dal vecchio Centro d’esercizio regionale della capitale. Sala comando Il pavimento è liscio, pulitissimo, qui nel settore “traffico viaggiatori”, dove “si pianifica il lavoro dei macchinisti

e quello delle locomotive TiLo”, spiega Imperatori. Nel settore “pianificazione” invece “si prepara il lavoro il giorno prima per il giorno dopo, per esempio, se ci sono dei binari sbarrati per lavori, lo inseriscono in un sistema informatico che servirà poi per far circolare i treni”. Un modernissimo, soltanto apparente freddo bunker verticale, dai muri spessi 60 centimetri, tanto spessi da bloccare la rete dei cellulari: s’è dovuto installare un ripetitore! Superiamo velocemente i locali “sociali”, di riposo e di svago per turni di otto ore e pause di 20 minuti. “Quella è la centrale elettrica che fornirà la corrente per la galleria di base del Gottardo, e oltre ci sono i quattro binari, due sulla linea vecchia e due che entrano in galleria”, mi spiega il responsabile, affacciati alla grande vetrata che dà a ovest. Ecco la galleria, a nord, là in fondo. Poi eccoci nel cuore della centrale: la sala comando. “A sinistra c’è il «settore Gottardo», dove telecomandano i treni da Biasca a Goldau; (...)


in apertura: l’imponente stabile della Centrale d’esercizio Sud lungo la strada cantonale nel comune di Pollegio in queste pagine: un’area della sala comandi e, a destra, un responsabile della circolazione dei treni al suo posto di lavoro



La Centrale d’esercizio Sud vista dalle rotaie di AlpTransit

a destra il «settore Ceneri», da Chiasso fino a Bellinzona. Qui lavorano circa novanta persone a rotazione e la formazione è di responsabile circolazione treni”.

La tromba delle scale vista dal basso; nella pagina di sinistra, un dettaglio dell’entrata principale

Peter Keller Classe 1950, ha dapprima seguito una formazione nell’ambito della tipografia e della fotografia, in seguito si è diplomato in Ingegneria della stampa e dei media presso l’università di Stoccarda. Dopo una carriera dirigenziale per diversi quotidiani, da luglio 2012 lavora come fotografo e autore indipendente. Ha collaborato con i fotografi Adriano Heitmann e Reza Khatir. Nel 2010 è stato pubblicato il volume fotografico Barocco (Edizioni Casagrande). kellerfotomedia.ch

Ragnatela rossoblu Ancora parecchi giovani. “A Bellinzona avevamo solo il settore del Ticino, ma ingrandendoci fino a Goldau ci servivano più persone. Chi lavorava già lì, anche per questioni di lingua, ha preferito andare a Olten, e quindi noi abbiamo dovuto assumere”. Bella notizia, e non è un lavoro per soli uomini: c’è anche una donna, una sola. Peccato, lascia intendere Imperatori. La plancia di un’astronave, dicevo: due file di postazioni dotate di ben otto schermi per ogni singolo collaboratore. Chiedo lumi a qualcuno su quelle ragnatele blu e rosse che vedo negli schermi. Un tecnico dice: “c’è la parte dispositiva, dove si prendono le decisioni di come circolano le linee dei treni, suddivise per categorie (viaggiatori, merci ecc.). Poi la parte operativa: per esempio, se un treno deve stare fermo su un binario, allora l’operatore lascia il segnale rosso”. E tutte quelle linee? “Le blu sono il traffico merci, le rosse quello di lunga percorrenza e in arancione è il traffico regionale. Le altre righette rosse sono delle restrizioni di esercizio, magari una riduzione delle capacità, come un solo binario ecc.”. La perfetta sicurezza, controllo infallibile, ma c’è ancora qualcosa che sfugge, confida Imperatori, come la stazione di Chiasso: “un nodo importante, ma per noi qui è «solo» due righe, cioè non vediamo dove sono i treni, perché la stazione non è ancora telecomandata e gestita da qui”. Ma sono sicuro che anch’essa presto cadrà nel raggio di questo fondamentale “occhio ferroviario” del futuro. note Da Archi, Rivista svizzera di architettura, ingegneria e urbanistica (2/2007).

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conte Bonaccione il

Episodio 3

ORA GUARDA COME SEI DIVENTATA!

tratto da “il meraviglioso vol.II”

ORA TE LO RACCONTO… C-COME È POSsIBILE?

"MI TROVAVO NELlA ZONA EST DEL MIO PODERE PER UNA BATtUTA DI CACcIA… "DISsI LORO CHE NON POTEVANO GIOCARE NELlE MIE TERrE E CHE NORMALMENTE LA PUNIZIONE SAREBbE STATA SEVERISsIMA. …PURTROPpO DUE RAGAZzI FECERO SCAPPARE LA MIA PREDA.

progetTo a cura di: BOoKMAKER COMICS Testi: MATtEO GERBER DISEGNI E COLORI: rita azZali


"MA UNO DEI TRE MI FECE UNA PROPOSTA CHE CATtURÒ LA MIA ATtENZIONE…

MIO SIGNORE, IN CAMBIO DELlA SUA CLEMENZA, LE OFfRIAMO LA POSsIBILITÀ DI BERE DALlA FONTE DELl'ETERNA GIOVINEZzA.

" POI IMPROVVISAMENTE…

" PRIMA DI PORTARMI ALlA FONTE, MI OSPITARONO A CASA LORO PER CONOSCERE I LORO ANZIANI GENITORI OFfRENDOMI UN BUON PIATtO DI POLENTA E LATtE.

"LA DONnA MI SPIEGÒ CHE TUTtI I FANCIULlI ARrIVARONO DA QUEL RUSCELlO CHE SCORrEVA DI FIANCO ALlA LORO CASA…

CRAaAa CONTE BONACcIONE, SEI STATO INGANnATO! QUESTI FANCIULlI SONO TUTtI FIGLI TUOI! TUTtI FIGLI TUOI CRAaA

QUESTI SONO TUTtI FIGLI NOSTRI! NON C'È MAI STATA NESsUNA MALEDIZIONE E IL DEMONIO NON C'ENTRA NULlA… SONO STATE LE TUE PERFIDE SORELlE AD AVERLI ABbANDONATI NEL RUSCELlO PER INVIDIA NEI TUOI CONFRONTI!

"…LO STESsO RUSCELlO CHE SCORrE NEL BOSCO VICINO AL CASTELlO. COSÌ CAPII TUTtO!

COSÌ SCOPRIMMO TUTTA LA VERITÀ, IL MIO SIGNORE VOLEVA FAR IMPICCARE LE MIE SORELLE… MA LO SUPPLICAI DI RISPARMIARLE...

ERANO LE UNICHE TESTIMONI… NON POSSONO ESsERE STATE CHE LORO! ……………….. E ……………………. ERANO RISPETTIVAMENTE UN'OTTIMA CUOCA ED UN OTTIMO SCUDIERO, QUINDI SOSTITUIRONO LORO I MARITI DELLE MIE PERFIDE SORELLE.

…E DOVETTERO ABBANDONARE IL CASTELLO INSIEME AI LORO MARITI PER SERIRE ALCUNI DEI SUOI AMICI DEL DUCATO DI MILANO.

DOPO ANNI LA FAMIGLIA ERA FINALMENTE RIUNITA E POTEMMO DIMENTICARE IL NOSTRO TERRIBILE PASSATO.

FINE


Trasformismo Tendenze p. 44 – 45 | di Marisa Gorza

Cosa suggerisCe la moda per la sTagione auTunnale CirCa le borse delle donne: Ci sono le piCCole, vezzose, CoseTTe frou-frou? oppure quelle grandi, auTonome, CapaCi di ConTenere viTa, segreTi, memorie, sogni, belleTTi eCC... misTeriose e inquieTanTi per qualsiasi uomo, quanTo pesanTi da porTare Come l’indipendenza?

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er la verità, secondo quanto decretato dalle Grandi Firme e dal Mipel (noto salone milanese della pelletteria), la taglia è variegata, come pure le rivisitazioni in fantasiosi mixage di materiali degli intramontabili modelli rétro, quali il bauletto, il secchiello, la shopping, la Kelly, la Birkin, la Bugatti. Comunque si sa che per una arcana “logica” muliebre la borsa più è grande più trabocca di contenuti... irrinunciabili. Inoltre, se agli oggetti, metafora dell’eterno femminino, si aggiungono gli aggeggi della tecnologia, vedi Tablet, Smart-phone, iPod, Notebook, eBook... quale è la borsa ideale per una donna al passo con i tempi? Per la teen-ager o chi le fa il verso, è sempre lo zainetto. Per la neo hippie, o la grunge, è la sacca o magari il cesto rustico-chic. Per la fashion victim è la Gucci o la Fendi, la Chanel o la Vuitton, per non parlare della Lamborghini di Versace o della Hunting di Prada, o delle suggestioni esclusive di qualche altra griffe d’alto bordo che rendono la borsetta, corollario della personalità femminile, un vero e proprio status symbol. Non importa se, per averla, è necessario armarsi di pazienza, tanto denaro e sottoscrivere una interminabile lista d’attesa! Ritornando alle dinamiche donne in carriera, per loro va bene la ventiquattrore, anche se le ore di utilizzo, grazie a insospettate trovate ultima generazione, diventano subito quarantotto o anche di più. Salvo ritornare alle ore piccole, quando serve una trousse, una pochette, una clutch o come altro si voglia chiamare la borsettina per gli appuntamenti personali dalle venti fino all’alba. Magari sempre con la stessa borsa? Ebbene sì, sono stati studiati modelli trasformisti, capaci di compiacere e aggiornarsi secondo gli impegni più disparati delle loro volubili proprietarie! Potrebbe anche trattarsi di un modo per risparmiare qualcosa, il che, dati i tempi, non guasta di sicuro. Basta un semplice gesto... Prendiamo, per esempio, le proposte del giovane marchio Gabs, creato da Franco Gabrielli (già figlio d’arte), si tratta di idee travestite da borse, o viceversa. Difatti l’oggetto femminile per eccellenza, compagna inseparabile durante

tutto l’arco della giornata, si modifica, si moltiplica, si compone, si separa assecondando le estemporanee esigenze di ognuna. Si tratta di un gioco che sorprende e che inevitabilmente cattura un sorriso, allontanando noia e conformismo. Il segreto, oltre alla esplosione di colori e fantasia, sta nei bottoni a clip turchesi che, con un semplice clic reinventano il modello di base.

i nuovi intrecci di frida Veniamo a Frida, con un bauletto quasi classico in pelle intrecciata, effetto damier. Per virtù di scintillanti cerniere laterali si trasforma in un secchiello molto trendy, dalle ali in tela vela a contrasto. Oppure assume spessore e capienza applicando gli inserti color cuoio in dotazione. caterina osa il colore Sconfigge il grigiore delle nebbie autunnali il modello Caterina in morbida pelle turchese che, con grande disinvoltura, passa dalla sagoma a secchiello a quella a bandoliera, da pratica shopping ad elegante pochette. È corredata pure di tracolla e spallaccio agganciabili all’occorrenza. sveva l’avventurosa Ed ecco Sveva lo zaino tuttofare dallo spessore mutabile ottenuto con furbi e inediti incastri. Si trasforma volentieri in una sacca da palestra o in un valigiotto da week end, o in una borsa da lavoro... creativo. Sempre all’insegna di una funzionalità divertente e perfino avventurosa. la doppia faccia delle doctor bags Anche per lui una valigetta professionale scaccia-noia, giocata sulla doppia personalità (Dr. Jeckil & Mr. Hyde?) dell’accessorio. Cioè sul materiale double face, da un lato PVC a stampa digitale e dall’altro un raffinato vitello spazzolato. Manco a dirlo, tramite le iconiche clips della maison si arrotonda o si appiattisce a piacere. Il concetto rimane quello che comprando uno, ottieni minimo, minimo... due.


DR. BAGS

SVEVA

CATERINA

FRIDA

BORSAIOLO


La domanda della settimana

Ritenete che l’offerta scolastica del cantone soddisfi le necessità e le richieste provenienti dal mondo del lavoro?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 25 settembre. I risultati appariranno sul numero 40 di Ticinosette.

Al quesito “Praticate con regolarità (almeno una volta alla settimana) dell’attività fisica o sportiva che vi impegna per almeno un’ora?” avete risposto:

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Astri ariete Dal 23 al 26 opposizione solare. I nati nel segno sollecitati da Mercurio dovranno mostrare maggior cautela sia nel parlare sia nello scrivere.

toro Molto seducenti grazie a una ritrovata forma. Fortunate le giornate tra il 23 e il 24. Occasioni mondane. Affiatamento con il segno della Vergine.

gemelli Ottimi aspetti con Mercurio per colloqui, incontri ed esami. Favoriti commercianti e professioni intellettuali. Tra il 24 e il 26 Luna benevola.

cancro Non potete più rimandare la vostra emancipazione. Liberatevi dai condizionamenti o rimarrete imprigionati. Ristrutturazioni domestiche.

leone Grazie a Marte, Giove e Urano ogni obiettivo si presenta raggiungibile. Non crogiolatevi su facili allori. Distaccatevi dai condizionamenti familiari.

vergine Tra il 22 e il 24 potrete godere di atmosfere indimenticabili. L’importante è che vi dedichiate all’amore, alla creatività e/o al vostro benessere.

bilancia Le congiunzioni astrali spingono molti di voi verso il cambiamento. Date spazio alla vostra natura e liberatevi da ogni condizionamento estraneo.

scorpione State iniziando un nuovo ciclo: alleggeritevi del vecchio. Calo energetico. Date più spazio all’amore e al confronto. Molto bene tra il 23 e il 24.

sagittario Siete pronti ad affrontare nuove avventure e a varcare le vostre colonne d’Ercole. Controllate l’umore, tradizionalmente ballerino, tra il 22 e il 24.

capricorno Vita sentimentale in crescita. Grazie a Saturno i nati in settembre potranno sperimentare molte occasioni di riuscita. Maggior riposo tra il 22 e il 24.

acquario Grazie alla Luna del 25 e del 26 potrete realizzare qualcosa di importante. In crescita i nati nella prima decade. Avventure e progetti. Traslochi.

pesci Siate più disciplinati e meno autoindulgenti. Tra il 22 e il 24 la Luna potrebbe spingervi a reprimere l’ansia attraverso il cibo. Datevi degli obiettivi.


Gioca e vinci con Ticinosette

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 40

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 25 settembre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 23 sett. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali 1. Spesso è anche tintoria • 10. Scagiona l’imputato • 11. Funzioni trigonometriche • 12. Stato dell’Africa Occidentale • 13. La difesa della rosa • 14. La cura l’otorino • 16. Preposizione semplice • 17. Il nuovo Continente • 20. Spezie • 21. Pari in mente • 22. Venute al mondo • 24. Buone, caritatevoli • 26. Oriente • 28. Istituzioni • 29. Città belga • 31. Pronome personale • 32. Lo usava la lavandaia • 33. Turchia • 35. I confini del Ticino • 36. Vi sono anche quelle funebri • 38. Timbro, conio • 41.Fiume francese • 42. Soffrire, stentare • 43. Precede Angeles • 44. Pari in giorno • 45. Mesce vino • 47. Quasi unici • 49. Il pronome dell’egoista • 50. Antica città mesopotamica • 51. Disonorate. Verticali 1. Nota canzone di Battisti • 2. Dotata per il volo • 3. Vigliacchi • 4. Risiedere • 5. Il Nichel del chimico • 6. Prova, tentativo • 7. Colpevoli • 8. Non hanno colpe • 9. Cortile agreste • 15. Sta per “sangue” • 18. Struzzo australiano • 19. Privi di fede • 20. Compiono atti di guerriglia • 23. Vasto continente • 25. Fuori dal comune, insolito • 27. Che mi appartiene • 30. Folletti • 34. Riflettere • 36. È spesso in rima • 37. Devoto • 39. Si defalca dal lordo • 40. Vantaggio • 46. Lo zio della capanna • 48. Dentro • 50. Pari in multa.

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Più carichi, più risparmi con Ape card.

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La soluzione del Concorso apparso il 5 settembre è: MARTIRIO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Carla Bonariva via Rinaldo Simen 63 6648 Minusio Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: tre Ape card Arcobaleno Ape card è lo strumento ideale per caricare e pagare i biglietti Arcobaleno risparmiando, grazie al plusvalore di ricarica. Maggiori informazioni su www.arcobaleno.ch/apecard

Arcobaleno mette in palio una Ape card da CHF 50.– a tre fortunati lettori che comunicheranno correttamente la soluzione del Concorso.

Svaghi 47


Con M-Budget TV il programma lo definisci tu. : Adesso

di Buono galo * e 0.– in r

Fr. 10

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