Ticinosette

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№ 39 del 26 settembre 2014 · con Teleradio dal 28 set. al 4 ott.

TeleTicino

l,emittente di Melide compie vent,anni. Un,occasione per riflettere sul futuro della televisione e dei nuovi media

Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–


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Ticinosette allegato settimanale N° 39 del 26.9.2014

Impressum

Agorà Doping. Al capezzale dello sport

FRancesca Rigotti ...................................

7

Società Papa Francesco. Il diluvio di Dio

di

nicoletta baRazzoni ...............................

8

Media Giornalismo. Cronista per caso

MaRco alloni ..........................................

10

KeRi gonzato ....................................................................

12

Redazione; FotogRaFie di Reza KhatiR ................

37

natascha FioRetti .................................................................

42

Chiusura redazionale

Reportage TeleTicino 20

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

4

di

Vitae Tom Alemanno

Venerdì 19 settembre

RobeRto Roveda .......................................

Arti Donne e letteratura. Le rose rifiutate

Tiratura controllata 66’475 copie

di

Fiaba Piuma vorace

di

di

di

a cuRa della

Redattore responsabile

Cucinare Dalla parte del cibo (6)

PatRizia Mezzanzanica ed elvin Montesino .........

44

Coredattore

Svaghi ....................................................................................................................

46

Fabio Martini

Giancarlo Fornasier

di

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

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In copertina

TeleTicino. La riunione redazionale del mattino Fotografia ©Reza Khatir

L’ora persa La notizia, apparsa qualche giorno fa sui quotidiani del cantone, riguardante il sensibile calo degli studenti delle scuole superiori ticinesi che decidono di frequentare l’ora di religione (solo il 6% del totale partecipa a questa lezione), suggerisce una serie di riflessioni. Pur partendo da un’ottica del tutto laica, è evidente che questo fenomeno rappresenta una notevole perdita sia in termini di sapere individuale e collettivo sia per quanto riguarda la possibilità di attuare una riflessione a tutto campo sulla società e i rapporti fra i soggetti che ne fanno parte. Se da un lato, considerare quel breve spazio di tempo settimanale come una possibilità per promuovere una catechesi ci pare riduttivo e soprattutto esiziale in termini di pura audience (e sono i dati a dimostrarlo), dall’altro riteniamo che proprio quell’ora potrebbe rappresentare un’eccellente occasione per introdurre temi di estremo interesse: dallo studio delle simbologie e dell’iconografia all’introduzione dei concetti fondamentali della filosofia, dall’analisi dei fenomeni dell’integralismo religioso nel nostro presente a riflessioni sul senso dell’etica nella società attuale, dalla violenza sulle donne e sui minori al tema delle dipendenze, per citarne solo alcuni. Gli spunti che ci giungono quotidianamente dalla carta stampata, dalla TV e dall’informazione in rete offrono una tale quantità di soggetti di estremo interesse che pare quasi incomprensibile che (almeno una volta alla settimana) non possa essere avviato un dibattito in classe in grado di catturare l’interesse dei ragazzi. In fondo, basta aprire il giornale e avere delle idee! Senza ignorare

poi che la religione - e non ha alcuna rilevanza il fatto di essere credenti o meno -, rappresenta un fondamento essenziale della nostra cultura e della nostra storia. Entrare in una chiesa romanica o seicentesca per esempio (e in Ticino gli esempi certo non mancano, anche nelle valli e aree più discoste, anzi...) senza aver alcuna cognizione a riguardo, significa essere incapaci di leggere anche solo a livello basilare, la simbologia e l’iconografia che sottostanno non solo alla sua struttura ma anche alle opere d’arte in essa presenti. E allora, perché, non accorpare le quattro ore mensili per organizzare un’unica uscita al mese in un edificio, in un museo, in una sinagoga, in una moschea, nella redazione di un giornale, in un carcere, in un tribunale, per toccare con mano realtà diverse dalle quali trarre insegnamenti e riflessioni essenziali per il proprio sviluppo come individui? Perché in quelle quattro ore non invitare un paio persone in grado di parlare della propria esperienza come delle tante problematiche che attraversano il mondo e la nostra società? Sinceramente ce lo chiediamo, pur immaginando che non sia scontato e che non tutti gli insegnanti di religione sono forse in grado di sostenere un confronto culturale aperto e rispondente alle esigenze di un mondo complesso multiconfessionale. Ma il rischio è davvero enorme. È quello di trovarci di fronte a intere generazioni incapaci di riconoscere e interpretare le proprie radici, generazione totalmente “sconnesse”, a dispetto di smartphone, tablet, social network e quant’altro. Buona lettura, Fabio Martini


Al capezzale dello sport Doping. “Mi piacerebbe uno sport senza doping, ma è un’illusione. C’è tanto denaro in ballo, questo spinge la gente a doparsi. Noi possiamo essere sottoposti ai controlli in qualsiasi momento e credo sia la cosa giusta da fare. Preferisco sapere che sto giocando contro un avversario pulito. Purtroppo non è sempre così” (Roger Federer)

di Roberto Roveda

A Agorà 4

volte sembra una battaglia contro i mulini a vento, come quelle condotte nel romanzo di Cervantes dal buon don Chisciotte. Si introducono nuove norme, si impongo controlli e vengono messe a punto rinnovate metodologie di ricerca delle sostanze proibite, eppure il doping continua a farsi largo nello sport, sia professionistico sia amatoriale. Lo dimostrano gli albi d’oro delle grandi gare e manifestazioni sportive, continuamente riscritti mano a mano che vincitori e comprimari finiscono nelle maglie della giustizia sportiva. Così abbiamo assistito alla cancellazione della carriera di Lance Armstrong, mito della bicicletta divenuto l’emblema dell’atleta “chimico e farmaceutico”. E assistiamo a vicende kafkiane come la recente decisione di privare, causa doping, il russo Stanislav Emel’janov dell’oro ottenuto nella 20 km di marcia ai Campionati europei di atletica del 2010! Quattro anni per punire un atleta, un’enormità, con l’aggiunta che l’oro è passato all’italiano Alex Schwazer, nel frattempo risultato positivo a un controllo anti-doping nel 2012 e squalificato fino al 2016!

Lo sport è malato Tutte queste storie suggeriscono quanto lo sport professionistico sia ormai “adulterato” in profondità. L’impressione, infatti, è che le autorità sportive, a livello internazionale e di singole federazioni nazionali, tentino in qualche modo di arginare il fenomeno, ma con risultati inferiori a quanto ci si aspetterebbe. Certo, le cose sono cambiate rispetto a una ventina di anni fa, quando si negava l’esistenza del fenomeno doping e si preferiva puntare il dito sulle solite “mele marce” in un sistema che era, a quanto si diceva, sano e immacolato. Dal 1999 il Comitato olimpico internazionale ha una propria agenzia, la WADA (World Anti-Doping Agency; wadaama.org), finanziata per metà dal movimento olimpico e per metà dai governi di diversi paesi e che si occupa di lotta contro l’uso di sostanze dopanti. Questo ha fatto sì che i controlli siano diventati sempre più seri e accurati, almeno nella maggior parte dei paesi. È stato messo a punto il “pas-

saporto biologico”, una tecnica antidoping che consiste nel tracciamento nel tempo dei parametri ematici dell’atleta. Eppure i “ladri” paiono ancora oggi un passo avanti alle “guardie”, aiutati dal fatto che attorno al doping si muovono troppi interessi per debellarlo completamente. Interessi degli atleti che, grazie alla farmaceutica, si scoprono campioni e interessi di chi li allena e ne amministra la carriera e il patrimonio. Interessi della criminalità organizzata che gestisce il traffico delle sostanze dopanti a livello internazionale, un traffico che “vale” circa 30 miliardi di franchi ogni anno. Tra albi d’oro corretti e ricorretti, atleti squalificati, riammessi e poi di nuovo puniti, diventa lecito chiedersi a quale spettacolo stiamo assistendo ogni volta che andiamo in uno stadio oppure ci mettiamo davanti a un televisore per un evento sportivo. Ma forse la domanda più corretta da porsi è se oggi sia veramente possibile fare sport d’élite senza ricorrere a qualche “aiutino” o meglio “aiutone” in farmacia. Lo domandiamo al dottor Reto Pezzoli, medico dello sport e membro della camera disciplinare per i casi di doping di Swiss Olympic, l’organo centrale svizzero nell’ambito delle discipline sportive olimpiche e non olimpiche: Da tanti anni mi occupo di problematiche legate al doping soprattutto in un’ottica preventiva e divulgativa e le posso dire, fatte salve alcune eccezioni legate a sport dall’alto contenuto tecnico (penso, per esempio, alla ginnastica ritmica sportiva) oppure a sport di precisione come le specialità di tiro dove il riscontro delle sostanze dopanti è molto semplice ed è difficilissimo imbrogliare, che è impossibile praticare sport a livello professionistico senza ricorrere al doping. Per fare un esempio, le otto migliori prestazioni di sempre nei 100 metri piani sono state ottenute da Usain Bolt1 e da sette altri atleti, questi ultimi tutti coinvolti in vicende di doping. Dei 25 miglior tempi di salita della mitica Alpe di Huez durante il Tour de France solo cinque sono stati ottenuti da atleti che non sono mai risultati positivi al doping, per quel che questo può significare… Armstrong, per esempio, non è mai risultato positivo a dei test durante la sua carriera… sempre ammesso che questa sia la verità.


Agorà 5 Alex Schwazer durante una conferenza stampa. L’atleta di Vipiteno, risultato positivo nel 2012 a un controllo anti-doping, è stato sospeso dal Tribunale nazionale antidoping fino al gennaio 2016 (tempi.it)

A suo parere, si fa abbastanza per prevenire e combattere il problema doping? Sì e no. Da una parte il numero di controlli è piuttosto elevato (così come, del resto, il numero di atleti dopati) e la WADA con alcune federazioni sta compiendo un lavoro colossale, ottenendo successi di rilievo. D’altro canto le sanzioni sono assolutamente ridicole e in nessun caso deterrenti né per gli atleti né per il loro entourage. Forse non bastano controlli e sanzioni. Intendo dire: esiste una vera cultura dell’antidoping nello sport professionistico, soprattutto tra chi lo controlla (dirigenti sportivi, federazioni, ma anche sponsor)? Pensiamo alle squadre ciclistiche dirette da personaggi come Bjarne Riis2 o da Aleksandr Vinokurov3 due ex atleti dopati della peggior specie, pronti a scaricare le pecore nere per poi ingaggiarne subito delle altre; pensiamo alle federazioni che proteggono i propri atleti dopati: è evidente che, nonostante i proclami sbandierati ai quattro venti, non esiste la volontà concreta di lottare contro questa piaga a 360 gradi. Il doping esiste anche a livello amatoriale? Senza dubbio! Ma qui bisogna essere chiari: il doping sofisticato utilizzato dagli atleti di punta (autoemotrasfusioni, ormone della crescita, agenti mascheranti4, eritropoietine varie ecc.) ha

dei costi quasi proibitivi per un atleta amatoriale; non è invece difficile procurarsi medicinali o sostanze come gli anabolizzanti e gli stimolanti. E qui sta il problema tipico degli sportivi dilettanti e cioè l’uso improprio di medicamenti o il doping “fai da te” spesso poco efficace, ma piuttosto pericoloso per la salute. Il problema è però sicuramente circoscritto e limitato ad alcuni sport. Uno studio eseguito in occasione della corsa podistica “Grand prix von Bern” su 151 atleti amatoriali di buon livello ha messo in evidenza la presenza di due soli casi di medicamenti proibiti, entrambi nell’ambito di una cura medica e non considerati tentativi di doping. Nel nostro paese i controlli funzionano? Siamo messi abbastanza bene dopo tutto: nel 2013 sono stati eseguiti circa 3200 controlli su atleti di punta, in gran parte al di fuori dalle competizioni. Ventitré atleti sono risultati positivi o sono stati trovati in possesso di sostanze dopanti, ma solo in diciassette casi sussisteva una violazione delle leggi e gli atleti hanno dunque subito una sanzione.5 Ma come ci dobbiamo immaginare il futuro della lotta al doping? Al di là dell’abilità degli atleti e del loro entourage nell’imbrogliare con pratiche e metodi sempre più sofisticati, il vero problema dei prossimi anni sarà il doping genetico, cioè la capacità di (...)


“Si dovrebbe ricominciare da zero con una cultura sportiva ben diversa da quella attuale. Difficile, però, che questo cambiamento faccia proseliti e quindi, realisticamente, si deve a tutti i costi allontanare dal mondo dello sport gli ex dopati e dopatori e sanzionare in modo adeguato e coerente gli atleti che imbrogliano”

alterare profondamente la fisiologia stessa dell’atleta andando a modificare le caratteristiche genetiche: questa forma di doping in pratica non è individuabile dai controlli e se prenderà piede sarà la morte dello sport come lo conosciamo ora.

Agorà 6

Ci si deve quindi rassegnare? La storia degli ultimi cinquant’anni insegna che il proibizionismo duro e puro non serve. Per mutare veramente le cose, bisognerebbe cambiare strategia e ripartire dalle giovani generazioni educandole. Si dovrebbe ricominciare da zero con una cultura sportiva ben diversa da quella attuale. Difficile, però, che questo cambiamento faccia proseliti e quindi, realisticamente, si deve a tutti i costi allontanare dal mondo dello sport gli ex dopati e dopatori e sanzionare in modo adeguato e coerente gli atleti che imbrogliano. Provocatoriamente potrei dire: dieci anni alla prima infrazione e a vita alla seconda perché è chiaro che delle sospensioni ridicole di alcuni mesi non possono servire in alcun modo alla lotta al doping. Pensiamo a ciclista belga Mario De Clercq squalificato per quattro anni quando aveva già terminato la sua carriera sportiva….. Antidoping in una società dopata Proprio una diversa cultura sportiva è il punto su cui sempre più appassionati di sport ed esperti del settore pongono l’accento quando si parla di doping. Difficile, infatti, parlare di lotta all’uso di sostanze dopanti quando nei fatti le uniche cose che contano e che interessano, anche a noi semplici spettatori, sono le vittorie, le prestazioni, i record. Da un lato si vogliono atleti specchiati e onesti, dall’altro si richiede loro di essere dei superman. È in questa cultura dello sport come prestazione e risultato sempre e a qualunque costo che fiorisce il doping, come ci conferma Nicola Pfund, scrittore ed ex triathleta che nel suo blog (triathletaperpassione.blogspot.it/) affronta spesso temi come l’etica nello sport e le contraddizioni che attraversano la cultura sportiva contemporanea: Doping, corruzione e imbrogli circoleranno sempre nell’ambiente sportivo fino a che lo sport-business – e qui penso a quegli eventi e sport più fortemente mediatizzati e in grado di attirare le masse – rifletterà esattamente quello che succede abitualmente nella nostra società. Lo sport, in questo senso, è lo specchio di tutto ciò che ci circonda. Viviamo in una società dopata, allora? L’uso di sostanze proibite deve essere considerato senza ipocrisie. Quanti sono disposti a barare nella nostra società pur di avere un qualche vantaggio, anche minimo? E il doping, cos’è se non

un aiuto esterno, sotto forma di sostanza chimica, per migliorare le proprie prestazioni fisiche. E non è quello che fanno tante persone per essere sempre efficienti e brillanti sul lavoro e nella professione o magari per sostenere un esame? Certo, in questo caso non ci sono di mezzo i milioni guadagnati dagli atleti di punta, ma il principio è lo stesso: alterare le regole del gioco per avvantaggiarsi su chi invece le rispetta. Sta dicendo che dobbiamo tornare a concepire lo sport come portatore di valori positivi? No, qui sta il grande equivoco che impedisce di risolvere il problema alla radice. Lo sport di per sé non è diverso da altri ambiti della vita, non può quindi veicolare valori solo positivi se tutto ciò che lo circonda veicola valori diversi. Non è un eden, il mondo dello sport, ma vi ritroviamo le stesse regole, gli stessi principi, la stessa morale del mondo reale, esattamente gli stessi valori, positivi e negativi. Per cambiare lo sport dobbiamo cambiare il nostro approccio generale alle cose. Deve essere svincolato dai valori che vanno per la maggiore oggi e minano la credibilità degli eventi sportivi: rendimento, successo, denaro, competizione esasperata, culto del campione. Bisogna riportare lo sport coi piedi per terra e rivalutare altri valori: benessere, efficacia, divertimento, gioco. Una rivoluzione che non può essere imposta dall’alto, ma che deve avvenire dentro ognuno di noi, magari cominciando a indignarsi quando scopriamo le nefandezze che ruotano attorno al mondo dello sport contemporaneo. Un mondo che oggi “è un po’ come Asterix alle Olimpiadi” ha affermato l’ex tennista francese Yannick Noah “e se non si possiede la pozione magica, è difficile vincere”.

note 1 Usain Bolt non è mai stato trovato positivo ad alcun controllo antidoping. Vi sono però da sempre dei sospetti legati alle sue prestazioni e a quelle di tutti i velocisti della Giamaica, perché il paese non ha una apposita Agenzia nazionale antidoping e quindi non vi sarebbero controlli severi sugli atleti giamaicani. 2 Ciclista danese. Nel 2007, dopo il ritiro, ha ammesso di aver fatto uso di doping durante la sua carriera, precisamente tra il 1993 e il 1998, assumendo EPO, cortisone e somatotropina. 3 Ciclista kazako, è stato squalificato per doping dal 2007 al 2009. 4 Sono dei composti che vengono assunti con lo scopo di nascondere o “mascherare” la presenza di determinati farmaci illegali quando gli atleti vengono sottoposti agli esami antidoping. Gli agenti mascheranti hanno la capacità di ridurre o nascondere le sostanze proibite all’interno delle urine. 5 Informazioni si possono trovare sul sito ufficiale svizzero antidoping.ch.


Le rose rifiutate

Il ruolo e la rilevanza delle donne nella letteratura è stata per secoli marginalizzata. Un recente saggio di Tatiana Crivelli ne mette in luce l’importanza e la capacità di fornire una visione del mondo diversa e alternativa di Francesca Rigotti

Nell’intervista

in competizione con il Dio creatore, essendogli negata la facoltà procreatrice, con quale dio mai potrà o dovrà mettersi in competizione la donna, la quale di mettere al mondo figlioli è in grado? Credo che la risposta migliore sia quella data dalla scrittrice tedesca contemporanea Sybille Lewitscharoff, l’autrice dello straordinario romanzo Blumenberg, che si fa beffe dell’idea di vedere nel creatore di un’opera d’arte un dio al lavoro: “Questi paragoni elevati”, scrive Lewitscharoff, “sono semplicemente idioti”. Ben detto. Insomma, che avessero o no ambizioni di concorrenza col Creatore, del che francamente dubito, le donne scrivevano sì ma non venivano rappresentate nel quadro della tradizione, percorsa esclusivamente da nomi maschili. Crivelli Percorsi canonici scrive, anzi riscrive i capitoli della e percorsi alternativi storia della letteratura tra sette e Se seguendo il percorso canonico ottocento tenendo semplicemente della letteratura italiana, soprattutconto anche della scrittura delle to nel periodo tra sette e ottocento, donne, considerate, in letteratura non si incontrano nomi di donne come nella vita, eterne “minori”, autrici, cambiamo strada e imboce opponendosi strenuamente alla chiamo un percorso alternativo, mentalità che riconosce magari una sulla scorta proprio del più recente scrittrice (o una scienziata o una lavoro di scrittura di Tatiana CriLa scrittrice inglese Mary Shelley in un ritratto del 1840 di Richard Rothwell filosofa) donna come caso isolato velli (La donzelletta che nulla temea. (National Portrait Gallery, Londra) e eccezionale: si tratterà di una Percorsi alternativi nella letteratura italiana tra Sette e Ottocento, Iacobellieditore, 2014). Soltanto donna con caratteri mentali maschili, con potere creativo seguendo la sua attività di apripista su sentieri per la gran virile, estranea quasi alle virtù del suo sesso. parte sconosciuti incontreremo le pagine poetiche di autrici italiane, esercizi di scrittura femminile da parte di donne Quale donzelletta? che hanno osato essere creative sul piano mentale oltre che Così la donzelletta citata nel titolo non è la donzelletta procreative sul piano fisico. Si tratta di donne doppiamente cantata da Leopardi che veniva giù il sabato dalla campagna creative dunque, che a prezzo di grandi fatiche sono riuscite “in sul calar del sole”, il capo modestamente chino; è una a uscire dalla posizione gregaria di muse ispiratrici del ge- donzelletta che il capo lo alza fieramente per rivendicare nio maschile (se andava bene) o da quello di ostacoli alla la propria iniziativa sorretta da audacia e coraggio. La medesima ispirazione maschile, allorché veniva proiettato donzelletta che nulla temea – scopriamo soltanto alla fine noi che non siamo specialisti in letteratura italiana delle su di loro il ruolo della Sfinge che blocca la strada. donne – è una fanciulla dignitosa e altera che getta via le rose dell’inganno esclamando fieramente: “io non le accetto”. Doppia creatività Certo che se si seguono i parametri imposti dalla tradizione È uno dei versi di una composizione scritta alla fine del e rinverditi da critici letterari contemporanei quali Harold settecento da Fortunata Sulgher Fantastici, una di quelle Bloom e George Steiner, sarà dura trovare una linea di scrittrici, poetesse e improvvisatrici che si ha la fortuna di creatività che si addica alle donne. Se regge infatti la tesi incontrare per la prima volta in questi percorsi, grazie alla che sostiene che l’uomo crea l’opera poetica e artistica preziosa ricostruzione di Tatiana Crivelli. concessa a Ticinosette del 14 marzo di quest’anno, Tatiana Crivelli, professoressa ordinaria di Letteratura italiana presso il Romanisches Seminar (Istituto di lingue romanze) dell’università di Zurigo, si soffermava sulla trascurata “letteratura delle donne”, espressione non riferita ai romanzi rosa per signore e signorine romantiche, bensì alle opere delle scrittrici (in questo caso di lingua italiana) da sempre trascurate dal canone ufficiale (cosa che vale un po’ per tutte le lingue, si badi). “Ricordo... che quando sono arrivata qui [all’università di Zurigo]”, dichiara Crivelli nell’intervista, “nell’elenco delle letture obbligatorie per gli studenti e le studentesse non c’era nemmeno un nome di autrice…”.

Arti 7


Il diluvio di Dio

Papa Francesco sta davvero cambiando la chiesa e la percezione che l’opinione pubblica ha del suo operato? Oppure siamo tutti quanti particolarmente influenzabili o soltanto pecore che seguono il gregge? di Nicoletta Barazzoni

Il calore di questo papa mi ha contagiata fino in fondo

Società 8

sempre riconosciuta nel silenzio della mia ostilità verso all’anima. Facevo parte della chiesa dei non praticanti pur una certa chiesa che richiamava il primato della ricchezza avendo ricevuto i sacramenti, insieme a quelli che non var- e che non mi aveva mai dimostrato, come ha fatto lui, cavano più, da anni, la porta della casa di Dio. Perché ho che la misericordia e la povertà sono le vere forze della visto, con i miei occhi, i farisei, come sepolcri imbiancati, nostra esistenza di cattolici e non cattolici. Interviene sul riempirsi di ipocrisie in nome del potere. Poi è arrivato significato del denaro dicendo che i soldi sono lo sterco lui. All’inizio era semplice curiosità senza nessuna aspet- del diavolo. Così mi indica l’ignavia di chi mette il profitto davanti al prossimo. Con tativa. Quando ha iniziato a la separazione dei poteri parlare di speranza, come il PAPA FRANCESCO tra stato e chiesa, occuparsi cardinale Martini, puntanFinalmente Finalmént di politica non è compito do l’attenzione sulla globalui, uno come noi, lü, vün cumè nüm, di quest’ultima, però mi lizzazione dell’indifferenza, a raschiare a sgarbà spiega perché non si deve affacciandosi al mondo con nella terra dei poveri in da la tèra di pòvri agire come Ponzio Pilato. la semplicità del pastore, a curvarsi a sgöbass Fa svuotare le cassette delle augurandoci buon giorno e vicino agli altri visín ai altri in mezzo agli altri in mèzz ai altri offerte, invita i fedeli della buon appetito, qualche cosa avere bisogno degli altri. avégh bisögn di altri. piazza del mondo a mettersi ha iniziato a scardinarsi. Finalmente un’occhiata Finalmént ‘n’ ögiada in tasca un Vangelo (e non Come Francesco d’Assisi, ai poveri mostri, a dire ai pòri mostri, a digh la Bibbia) che ha regalato che di tutto il suo corpo che pure loro valgono che anca lur i var loro. E nel giorno di Pasqua così come sono, faceva parola, diffonde il inscì cuma i è, che pure loro, che anca lur, distribuisce il ricavato delle suo verbo, come lui porta più degli altri, püssée di altri, offerte ai mendicanti. Se lo il saio, rifiuta i privilegi. hanno un posto i gh’ a ‘n pòst chiamo Jorge Mario BegoCome lui non teme nulla, accanto ai fiori tacát ai fiuu glio sento che è un uomo lasciando ai posteri il luca respirare come i fiori. a fiadà cumè i fiuu. Finalmente pure lui Finalmént anca lü come noi, se lo chiamo Sua cichio dei paramenti sacri, a inciampare a scarpüscià Santità o Santo Padre ricoin oro e seta. Non indossa la negli scalini, a volere in di scarín, a vörée nosco in lui il capo supremo tiara papale e nemmeno ha la nostra preghiera la nòssa preghiera della chiesa. Ma è anche voluto le scarpe firmate. L’aquella dei baraccati. quéla di senza tecc. il mio papa, il mio Gesù. raldica ecclesiastica per lui Dinanzi al Signore Dananz al Signúr la nostra casa è nuda la nòssa cà l’è biota Quando lo vedo, ripreso nei non è indispensabile. A chi ma lui, che ci ha dato ma lü, ch’al ma dai cortei che lo acclamano, mi scrive che questo papa piace la buona notte, la bona nòcc, apro al sorriso. Il suo motroppo diciamo invece che ha riempito l’a impieníd do di parlarci mi rammenforse dà troppo fastidio a le tasche di luce. i scarsèll da lüs. ta l’esistenza della totale quelli a cui piace istigare Lui, fatto come tanti, Lü, fai cumè tanti, si è messo in ginocchio, al s’è metüd in ginöcc, partecipazione agli ultimi, al conflitto e alla violenpiedi nudi come noi, pée biott cumè nüm, mettendomi con umiltà di za, traendone un cospicuo a tentare il sentiero a tentà ‘l sentée fronte allo specchio della profitto finanziario. Sarà in braccio alla Bellezza in brasc a la Belezza mia inutilità. Portandomi che secondo loro piacciolei, come i fiori, lee, cumè i fiuu, all’essenziale mi ha aiutano troppo anche Mandela, a coccolarci uno ad uno. a cuturám (Elena 17.3.2013) vün par vün. ta a godere di quello che Gandhi, Desmond Tutu, Luho, senza lamentarmi del ther King... superfluo. Lo spazio che fa all’altro crea un mare di sintonia, chiedendomi di non Papa for president Malgrado la sua notorietà, benché sia diventato agli occhi giudicare. Di non criticare per il gusto di distruggere, mi del mondo una superstar, e anche un bersaglio privilegiato aiuta a farlo nel segno del rispetto e della responsabilità. dei mass media, mi ricorda che l’annuncio di Dio è stato Sento che per lui la chiesa è ovunque e che la sua celebradato ai pastori. Mi ricorda il Vangelo, nel quale mi sono zione non ha bisogno soltanto degli altari, dell’araldica


ecclesiale e dei cimeli. Con Francesco posso anche pregare in un bosco, davanti a un tramonto, in uno scantinato perché la chiesa è il luogo universale, la pietra miliare che mi porta direttamente a Dio. La chiesa che mi sta dando Francesco, sorride al mondo e non lo condanna. Ha avuto comprensione con i gay, i divorziati o con coloro che si tolgono la vita. Il suo esempio parte dal basso, e a ogni suo gesto si aprono nuovi sguardi. Non avevo mai visto un papa confessarsi, non lo avevo mai sentito chiedere “per favore”.

Dal Vaticano l’assessore risponde Papa Francesco piace anche a Dario Fo che nel suo spettacolo Lu santo jullàre Françesco si è ispirato alla figura del santo e a quella di papa Bergoglio. Questo papa piace anche a Elena, poetessa che abita a Sorengo e che nel mese di marzo del 2013 gli ha inviato una lettera con una sua lirica in dialetto, che riportiamo nella pagina di sinistra con la traduzione in italiano. Con una lettera della Segreteria di stato del Vaticano il 18 maggio 2013 papa Francesco ha risposto a Elena. Una lettera autentica, non una fotocopia, non ciclostilata, firmata dall’assessore monsignor Peter B. Wells nella quale è scritto: “Gentile Signora, con cortese lettera del 17 marzo scorso, Ella ha inviato a Sua Santità il Papa Francesco devote espressioni di omaggio e augurio in occasione della Sua elezione alla Cattedra di Pietro, unendo il dono di alcuni componimenti. Il Santo Padre, nel ringraziare vivamente per il filiale gesto, formula cordiali auspici di pace e bene nel Signore, e mentre esorta a continuare a pregare per la Sua persona e per il Suo universale ministero, con animo riconoscente impartisce, quale pegno di copiose grazie celesti, la Benedizione Apostolica, estendendola alle persone care. Con sensi di distinta stima”.

Un credito di CHF 10’000.– a un tasso annuo effettivo tra il 9.9% e il 13.9% (fascia di oscillazione dei tassi) rimborsabile in 12 rate mensili comporta un costo complessivo compreso tra CHF 521.– e CHF 723.20. Il tasso d’interesse dipende dalla solvibilità del cliente. Avviso secondo la legge: la concessione di crediti è vietata se conduce a un indebitamento eccessivo (art. 3 LCSI). CREDIT-now è un marchio di prodotto di BANK-now SA, Horgen.

Prego per lui Parla agli uomini di chiesa e agli agnostici, agli uomini e alle donne di Dio e ai senza Dio con piccoli gesti. Perciò temo, insieme a molti come me, per la sua incolumità e per la sua vita perché può risultare scomodo alla nomenclatura, fastidioso alla gerarchia ecclesiastica. Ci ha chiesto di pregare per lui e questo fa pensare a un brutto presagio. Potrebbe essere oggetto di intercettazioni da parte dei servizi segreti. Ma il Vaticano, per voce sua, ha smentito la presenza di microspie all’interno della Città santa. Ha replicato che non ha paura di nulla perché i suoi segreti li confida soltanto a Lui, che sta al piano di sopra. Don Luigi Ciotti, il prete dell’antimafia, lo ha definito il diluvio di Dio e una benedizione. Insieme a lui ha celebrato le vittime di mafia. Non è vero che Francesco impone la sua popolarità perché fa il suo lavoro al servizio di Dio, e da buon gesuita tira diritto, esortando i mafiosi con parole

forti e chiare: “Uomini e donne mafiosi convertitevi, smettete di fare del male. Piangete e chiedete perdono”. Anche per i falsi cattolici, i preti carrieristi e i pedofili non si è risparmiato. Dicono che sia un rivoluzionario ma per me è un grande innovatore del pensiero dell’umanità.

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Cronista per caso L’informazione “essenziale” sulle vicende del pianeta è affidata ai cosiddetti cronisti. E fin qui niente di male. Il problema è invece con quale criterio questi giornalisti sono scelti di Marco Alloni

Media 10

Qualcuno che si occupi di “coprire” gli eventi, come si dice quanto priva di profondità bensì come concentrato dell’escon orrida espressione, ci vuole. Il problema è capire con senza delle cose. Errore prospettico. Risultato? È ormai prassi quale criterio i cronisti vengono scelti. Per non divagare farò presso l’opinione pubblica, soprattutto sui social network, un esempio che è paradigmatico di una situazione genera- schierarsi da una parte o dall’altra – si veda il caso israelolizzata: Lucia Goracci. L’inviata della RAI è stata incaricata di palestinese – senza sapere in verità assolutamente nulla di “coprire” nell’ultimo anno almeno sei territori diversissimi ciò di cui si parla. Risultato? L’opinione pubblica si sente tra loro e di grande complessità geo-politica: l’Egitto, il legittimata a esprimere una sua opinione esattamente come se tale opinione fosse fondata Libano, la Libia, il Sudafrica, su qualcos’altro che non la sua l’Ucraina e ultimamente Gaza. superficialissima cognizione Ora, è del tutto evidente che evenemenziale delle cose. nessuno può conoscere a fonConseguenza: chiunque strado contemporaneamente sei parla di tutto e si accanisce su paesi così diversi tra loro. Ne Facebook per difendere posideriva, secondo un ovvio silzioni prive di qualsiasi sedilogismo, che un cronista di mentazione critica. Da Lucia questa specie – che, ripeto, Goracci si arriva, con perfetta è paradigmatico del cronista continuità, alla massaia di Voin generale – non è tenuto ghera, in un chiacchiericcio in a conoscere profondamente cui l’unica vittima è la realtà tali paesi. Con l’ovvia e il suo appello a essere ascolconseguenza – altro sillogismo tata e discussa diversamente. – che non conoscendoli, fornisce una cronaca approsQualche domanda simativa se non viziata da Il caso dell’ISIS è emblematiapriorismi e ideologismi. Un combattente dell’ISIS a Mosul (time.com) Per ovviare alla sua ineluttaco. Tra reportage e programbile e incolpevole incompetenza, Lucia Goracci è solita mi di approfondimento, non mi è ancora capitato di farcire i suoi servizi di quel tanto di sentimentalismo che ne individuare traccia della complessità del fenomeno. ottenebra la sostanza, ovvero la vacuità, facendoci credere a Tranne rarissime e ostracizzate eccezioni, la vulgata vuole una sorta di miracolosa partecipazione personale ai fatti di che siano degli esaltati di Allah in cerca di un’improbabile cui narra. Ma il risultato è sotto gli occhi di tutti: attraverso restaurazione del califfato. “Mozzateste” senza pietà a cui i suoi servizi cogliamo pulviscoli di realtà che non ci dicono è del tutto estranea ogni cognizione di civiltà (perlomeno assolutamente nulla della complessità degli eventi in corso. come la intendiamo noi). Benissimo, nulla di più facile qualificare di “terrorismo” L’informazione essenziale l’evidenza di un simile fenomeno. Ma al di là dell’epifenoPer non infierire oltre sul caso della signora Goracci, meno di questa banda di barbari restano decine di incosposterò l’asse sulla vicenda irachena e sulla progressiva gnite che l’informazione “essenziale” sembra bellamente espansione dell’ISIS (o “Da’sh”, in arabo). Dicevo prima eludere. Ne elencherò alcune e solo per mostrare la mia dell’informazione “essenziale”: se fosse invalsa l’abitudine a perplessità sull’efficacia della cronaca come è generalconsiderarla una semplice traccia per cogliere i lineamenti mente intesa: la cosiddetta “pulizia etnica” perpetrata da superficiali del reale, probabilmente il problema non si ISIS è un mezzo o un fine? Si tratta di un obiettivo o di porrebbe. Sapremmo in anticipo che siamo di fronte a uno strumento per giungere a soddisfare e realizzare altri un’informazione approssimativa e cercheremmo di appro- interessi? E quali sono questi interessi politico-economici? fondire, umilmente, attraverso la letteratura specialistica, È vero o non è vero che a formare le brigate di ISIS siano i sensi più articolati delle cose. state, come accaduto in Afghanistan con i talebani in Ma appunto, quando si usa l’espressione “informazione funzione anti-sovietica, la CIA e il Mossad? Le immagini essenziale” si è soliti ritenere che essa sia essenziale non in cruente che provengono dal fronte di guerra sono tutte


autentiche o sono frutto di manipolazioni? Come si spiega che l’esperimento di democratizzazione del Medioriente si sia trasformato nel trionfo della fitna (sedizione) e del caos? È ragionevole, e secondo quali argomenti, credere che un piano di destabilizzazione del Medioriente potesse rientrare tra gli interessi occidentali? Nella cosiddetta “guerra asimmetrica” è possibile postulare l’esistenza di una controffensiva armata, da parte del “nemico”, che non assuma il carattere del terrorismo? Di fronte all’inefficacia della guerriglia è ideologico invocare il terrorismo come espressione della resistenza disperata? Se la Storia procede per rivalse, come connotare la parola “resistenza” è come connotare la parola “offensiva”? Chi ha cominciato, quando e perché? Queste sono solo alcune delle perplessità che mi hanno accompagnato negli ultimi mesi. Ma altre vi hanno fatto il paio, a partire dalla perplessità sul pacifismo. Un dubbio lecito In Egitto, dove vivo, si assiste da oltre un anno a una massiccia repressione del movimento, ora messo fuori legge, dei Fratelli musulmani. Eppure se in patria è ormai riconosciuto dalla maggior parte dei cittadini che chiamare “terroristica” una simile organizzazione non ha alcunché di estremistico, fuori dai confini dell’Egitto, in particolare in Europa, non è insolito presentare il movimento come vittima della brutale forza militare di El-Sisi. Ora, parlando di pacifismo la domanda da porsi è: quale confine sancisce

la differenza fra un terrorismo e l’altro? Quale misteriosa entità sovrintende alla “legittimazione” dei Fratelli musulmani e viceversa alla “delegittimazione” di ISIS? Se la repressione è egiziana, nazionale, di stato, di governo, si tratta di repressione, se viceversa è atlantica, sovranazionale, globale, coloniale, siamo di fronte a una difesa della democrazia? Naturalmente mi guardo bene dal dare una risposta, in poche righe, a tali interrogativi. Ma dubbi e perplessità restano. Forse l’informazione “essenziale” dovrebbe almeno suggerire, ogni tanto, i lineamenti di una possibile valutazione complessiva della complessità. È probabile – ma altrettanto degno di riflessione e di approfondimento – che se ai Fratelli musulmani egiziani venisse concesso di estendere liberamente la propria azione a vocazione califfale, in un prossimo futuro alla repressione “preventiva” di El-Sisi dovrebbe avvicendarsi una repressione “concordata” con le forze atlantiche. Ma forse anche di questo è meglio non occuparsi, e prediligere viceversa quella sterile retorica secondo cui a decidere della liceità e legittimità delle repressioni siamo sempre, invariabilmente noi. Noi, a cui nemmeno un palpito di vergogna è concesso di fronte alla degenerazione delle situazioni sociali e politiche dell’intero Medioriente. E che di fronte alla conversione del progetto di democratizzazione in un vero e proprio fallimento di ogni possibile conciliazione interreligiosa e interetnica ci limitiamo a ripetere che “forse” è stato commesso “qualche” errore.

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ella mia vita è stato tutto un divenire. Fino a qualche anno fa non mi sarei mai aspettato di ritrovarmi a Londra a creare un’etichetta discografica di musica indipendente. Il mio interesse principale erano i media e, ancora prima di iniziare i miei studi universitari in Scienze della comunicazione all’USI, avevo già all’attivo diverse esperienze in radio e in televisione. Ho iniziato da Radio 3i e TeleTicino. Sono approdato in seguito a Radio Fiume Ticino, per la quale ho collaborato nei fine settimana come DJ e selezionatore musicale per un paio di anni. Attualmente collaboro con Rete Tre. Questo autunno inizierà il mio programma “Londra chiama”: a ogni puntata incontrerò uno svizzero che vive a Londra. Sarà una chiacchierata durante la quale parleremo della sua attività e ci faremo raccontare la “sua” Londra. Oltre alle collaborazioni con i media, sono attivo anche nell’organizzazione di eventi. Durante gli studi mi è capitato di fare da consulente per la comunicazione, per piccole aziende private ma anche per istituzioni, occupandomi, per esempio, dell’immagine, della pubblicità o degli eventi. Sono un grande tessitore di contatti e, in questi anni, ho scoperto che questa capacità rappresenta un notevole vantaggio, un’arte oggi fondamentale. Parto sempre dalla voglia di conoscere l’altro senza pretese né aspettative. Spesso nascono collaborazioni, progetti e si instaura naturalmente un rapporto di reciproco supporto. Sono uno curioso, con le antenne puntate sempre in aria, capto un sacco di cose e ho tante passioni. Sono partito per Londra, mecca della musica, perché credo non abbia senso procrastinare quando si hanno ambizioni e obiettivi da raggiungere. Non voglio vivere di sogni, voglio vivere il sogno. Per molti può sembrare una scelta fuori dagli schemi ma per me è semplicemente una scelta di vita come qualsiasi altra. La musica è il mio grande amore. È impegno e dedizione. A quattro anni ho iniziato a suonare la batteria o meglio a picchiare sui tamburi, per poi passare al pianoforte, sviluppando fin da bambino un orecchio musicale e una conoscenza delle note. La mia infanzia e la mia adolescenza sono scandite da colonne sonore che rievocano ancora oggi indimenticabili memorie. Ricordo ancora le estati torride in cui si partiva la mattina quando faceva ancora buio per raggiungere il mare, con la musica

che usciva dall’autoradio e che inondava le pianure mentre la macchina avanzava nel giorno. I miei genitori mi hanno trasmesso la passione per la musica e mi hanno fatto scoprire brani fondamentali per la mia formazione. Dall’amore per il ritmo è nato il percorso come DJ, prima al Vanilla Club, dove per diverso tempo sono stato DJ residente, passando per le radio fino ai molti progetti attuali. Oggi vivo tra Londra e Lugano, dove suono in alcuni dei club del momento. Adoro fare questo lavoro, per me è una sorta di vocazione e come tale dev’essere presa seriamente. Nella selezione di un DJ troviamo frammenti di vita ed esperienze. La cultura musicale è necessaria, è la base di un vero DJ. Sono passato dalla selezione alla creazione. Lavoro in studio e produco la mia musica elettronica. Quest’anno è nata VELo REC, la mia etichetta discografica indipendente. A settembre uscirà il primo EP sui principali digital stores di tutto il mondo. Sono soddisfatto, è un progetto che coinvolge vari artisti e al quale sto lavorando da tempo e ora si sta concretizzando. Oltre a VELo REC collaboro e gestisco una start-up londinese che si occupa di comunicazione. Un altro progetto al quale partecipo attivamente è The DJ Marathon. Si tratta di un collettivo nato in Ticino da un’idea dell’amico Batiment che abbiamo poi concretizzato nel corso degli ultimi anni. L’idea iniziale era quella di invertire le classiche dinamiche di competizione tra DJ creando serate in cui ci fosse spazio per tutti. Il concetto si si è trasformato in un movimento che utilizza la musica elettronica come mezzo solidale: le entrate degli eventi itineranti sono infatti devolute a progetti sociali. Abbiamo appena permesso a Esperance ACTI di costruire dei pozzi per l’acqua in Vietnam. Tramite queste avventure si è creata una rete di giovani creativi che collabora con lo stesso comune denominatore: aiutare il prossimo. Cosa voglio dalla vita? Semplicemente fare quello che mi piace. Voglio essere felice e apprezzare ogni momento. Sono consapevole della fortuna di potermi svegliare ogni mattina e irrorare i polmoni di aria, avere un corpo sano, una mente lucida. La felicità non appartiene ai luoghi ma agli stati d’animo. Dipende da fattori interni.

TOM ALEMANNO

Vitae 12

La musica è il suo grande amore. Oggi vive tra Londra e Lugano, fa il DJ, organizza eventi, collabora con i media, raccoglie fondi per attività umanitarie…

testimonianza raccolta da Keri Gonzato fotografia di ©Flavia Leuenberger


TeleTicino

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a cura della Redazione; fotografie ŠReza Khatir


L

a ricorrenza è di quelle importanti e noi di Ticinosette, settimanale che fin dai suoi esordi ha ospitato i palinsesti televisivi, abbiamo voluto compiere un’incursione nella viva realtà di TeleTicino, emittente che da esattamente vent’anni – era il settembre del 1994 quando iniziò a muovere timidamente i suoi primi passi – è la rete televisiva privata ticinese per definizione. Un percorso di crescita costante, segnato da una serie di tappe che vale qui la pena, anche se brevemente, ricordare: dall’ottenimento della concessione nel 1999 all’ingresso nel 2007 in Timedia Holding SA, con l’acquisizione di Radio 3i e del portale ticinonews.ch, si giunge infine alla ristrutturazione avvenuta nel 2012 a seguito del conseguimento della quota di maggioranza dell’emittente di Melide da parte della stessa Holding. Oggi TeleTicino rappresenta un punto di riferimento essenziale nel complesso e affollato panorama mediatico cantonale grazie a un palinsesto ricco e articolato, centrato primariamente sull’informazione locale e l’approfondimento di temi legati alla realtà politica, sociale ed economica della nostra regione. Una scelta editoriale che non esclude peraltro l’intrattenimento che in questa nuova stagione offrirà allo spettatore nuovi programmi rivolti sia ai grandi sia ai più piccini. Ma al di là dei successi e delle numerose novità della stagione che sta iniziando, peraltro sull’onda di un crescente consenso di pubblico, abbiamo rivolto alla direttrice Prisca Dindo alcune domande per comprendere meglio le condizioni e il contesto in cui si trova a operare l’emittente e quali strategie si prevedono per il futuro, anche alla luce dell’incessante sviluppo del web e dei mutamenti nel modo di fare televisione oggi.

Gianfranco De Santis e Sara Bellini conduttori di “In onda con voi”

I vent’anni di TeleTicino rappresentano certamente un successo e un ottimo risultato. Ma, al di là degli allori, come riuscite a confrontarvi con un’emittente pubblica “forte” che dispone di grandi risorse tecniche e umane? Se ci fermiamo ai mezzi finanziari e logistici delle due emittenti è ovvio che la piccola imbarcazione di TeleTicino non regge il confronto con la baleniera della RSI. Il canone pubblico finisce per meno di tre milioni all’anno sui conti di TeleTicino, mentre si riversa a fiotti di oltre duecento milioni all’anno nelle casse di Comano. Un rigagnolo contro un fiume in piena. Tuttavia, la ristrettezza dei nostri mezzi ci ha insegnato a essere creativi, a inventarci il mestiere giorno dopo giorno nel corso di questi vent’anni. E i risultati della nostra storia sono più che soddisfacenti: in termini di dati d’ascolto registriamo una media di 60mila contatti al giorno, che rappresenta un bel successo visto che realizziamo programmi dalle 18 alle 23. Abbiamo fatto


sopra: Matteo Bernasconi, caporedattore di “Ticinonews”; in apertura: William Capizzi e Andrea Campiotti, entrambi videomaker al banco regia

della flessibilità e dell’immediatezza il nostro marchio e questo la gente che incontriamo ogni giorno per strada ce lo riconosce. Fa molto piacere vedere quante persone ci accolgono con calore non appena i nostri giornalisti scendono in strada. Aiutati dalle nuove tecnologie, abbiamo imparato a fare di necessità virtù. Oggi con un iPhone montato su un cavalletto realizziamo servizi in tutto il Ticino. Come emittente privata, la raccolta pubblicitaria rappresenta la vostra principale fonte di finanziamento. La relazione con gli inserzionisti ha comportato o talvolta comporta dei compromessi sul piano informativo? La raccolta pubblicitaria è un problema un po’ per tutti. I centri economici e i grandi distributori sono a Zurigo, non in Ticino. Per il resto non è così difficile, tantomeno eroico mantenere la schiena diritta. All’inserzionista che chiede corsie preferenziali in

cambio di sponsorizzazioni, bisogna rispondere con la qualità. Qualità della pubblicità realizzata per lui, e un’informazione indipendente e valida. Una tele-spazzatura non gioverebbe a nessuno, nemmeno agli sponsor. Al riguardo io ho una posizione molto netta e credo che i due piani debbano rimanere ben distinti, sia da un punto di vista deontologico, sia in termini di qualità e di garanzia dell’informazione che viene trasmessa al pubblico. Inoltre, abbiamo il grosso vantaggio di essere un’emittente molto flessibile, con la capacità di offrire all’inserzionista un prodotto tailor made, se così si può dire, tagliato su misura in base alle necessità dell’investitore. Siamo in grado di mettere al meglio in evidenza le caratteristiche di una determinata azienda, una soluzione molto apprezzata dagli inserzionisti. Per esempio, è appena partito il format “Chilometro Zero”, centrato sulla produzione agroalimentare ticinese, dove approfondiamo le eccellenze del nostro cantone, senza mai scadere nel “publi- (...)


Denise Paganelli, stagista videomaker

Francesco Pellegrinelli, giornalista

redazionale”. Un progetto che è subito piaciuto alla Migros, che ha deciso di sponsorizzarlo. E fra poco partirà “Made in Ticino” con la conduzione di Vanni Caratto, uno spazio dedicato alle imprese ticinesi e ai loro protagonisti. Dal punto di vista del suo ruolo di direttrice, come inizia una giornata tipo nella redazione di TeleTicino? Solitamente io arrivo in redazione intorno alle otto del mattino. Mi muovo in treno da Bellinzona, dove abito, e dedico un’ora, un’ora e mezza circa alla lettura dei giornali. Alle 9:30 inizia la riunione di redazione che è composta, tra cronaca e sport, da nove redattori (di cui tre all’80%) e due praticanti (uno al 60%). È in quella fase che si definiscono e si discutono i contenuti di quello che sarà il telegiornale della sera, “Ticinonews”, che per TeleTicino è il momento informativo più importante dell’intera giornata. Per quanto invece concerne l’infotaimnent questo è

Laura Milani, praticante giornalista

seguito da Gianfranco De Santis e da Sara Bellini sempre alla guida di “In onda con voi”, tornata in una versione rinnovata e più agile. La scomparsa di Giuliano Bignasca ha certamente ridimensionato il tono del dibattito politico cantonale, che pur acceso e litigioso, ha perso il carattere urlato e fiammeggiante che contrassegnava la comunicazione del leader leghista. Avete avuto anche voi questa percezione in termini di ascolto? È indubbio, e lo ricordo molto bene, che le sparate di Giuliano Bignasca nei dibattiti facevano impennare gli indici di ascolto rilevati con il sistema in vigore fino al 2012. Il suo linguaggio “di pancia”, spesso sopra le righe, così lontano da quello dei salotti buoni del Ticino che conta, ha certamente contrassegnato un’epoca. Un tono del confronto politico che si è conservato nel

Luca Barbetta, tecnico di continuità


Prisca Dindo, direttrice di TeleTicino

tempo. Anzi, ho la sensazione, come scriveva nei giorni scorsi Andrea Ghiringhelli, che l’insulto sia diventato universale, a destra e a sinistra, in quanto paga in termini elettorali. TeleTicino, come unica alternativa, al di fuori del web, alla televisione pubblica, gode di un indiscutibile primato. In che modo vede il futuro dell’emittente e quali i margini di crescita, tenendo conto del limite imposto dal mercato e dal territorio? Come tutte le TV del mondo, anche TeleTicino sta vivendo la rivoluzione del digitale. In questi ultimi anni sono cambiate le abitudini soprattutto tra i giovani, che seguono ciò che più interessa loro attraverso tablet o smartphone. Oggi si è sempre più connessi e liberi di scegliere quando, dove e come guardare la TV. Cambiano i supporti ma questo non significa che non

ci sia più interesse per i contenuti della classica televisione, anzi. Da tempo ormai tutti i programmi di TeleTicino sono fruibili dal podcast del sito omonimo, e le visualizzazioni sono notevoli. Ultimamente promoviamo molto le nostre produzioni pure su Facebook e Twitter. Molto probabilmente il futuro sta nei tablet e negli smartphone. Anche se c’è da dire che, per ora, il nostro principale target si colloca in una fascia che va dai quarantacinque anni in su, persone che dunque sono ancora legate a una fruizione tradizionale, ancora abituate ad attendere il telegiornale alle 18:45, così come prevede il palinsesto della nostra emittente. E la nostra TV piace: lo attestano gli ascolti che rispetto all’anno scorso sono cresciuti, in particolare il telegiornale, ma anche tutti gli approfondimenti, come “I Conti in tasca”, “Fuorigioco” e “Piazza del Corriere”, stanno andando molto bene. Insomma, la strada sembra quella giusta…


Piuma vorace di Natascha Fioretti; illustrazioni ©Giovanni Occhiuzzi

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orrere di sera, quando i raggi del sole non bruciano più sulla pelle e una lieve brezza si leva a rinfrescarla, fa bene al corpo. Se poi si corre su una lunga strada tra le silenziose e verdi colline della Maremma, ne gode anche lo spirito. Lo spettacolo naturale che si apre agli occhi è meraviglioso, ha un gusto intenso e appiccicoso, agre a tratti, e fa sentire vivi… Così almeno pare a Emma ogni volta che di ritorno da una giornata in spiaggia si infila le scarpette, i calzoncini corti, una vecchia maglietta e via, parte. Ma questa sera non è come tutte le altre. Immersa nel verde, unico rumore il battito ritmico delle sue suole sull’asfalto, a un certo punto poco più avanti, sulla strada scorge una piccola sagoma scura. “Oh no!”, pensa fra sé, “sarà un riccio che è appena stato investito…”. Ma più si avvicina e mette a fuoco la sagoma più capisce, per formato e altezza, che non può essere un riccio. Ma non riesce a darsi un’altra spiegazione… Che cosa può stare lì sulla strada, così immobile? Intanto ha smesso di correre, tutta la sua attenzione concentrata sul quel coso marrone. Non passano auto per fortuna. Ormai a un passo si blocca all’improvviso. Il cuore fa un salto. La sua mente cerca il file giusto per identificare il misterioso animale. Anzi, i due occhi gialli che all’improvviso fissano i suoi. La testa, la testa completamente girata rispetto al corpo, praticamente al contrario. “Ma è un gufo!” esclama. Poi averlo osservato meglio, con calma, “ma quale gufo, tu sei una civetta!!!”. Non ne aveva mai vista una prima d’ora. Sì, d’accordo, qualche volta in TV nei documentari, ma mai

dal vivo. È piccina, probabilmente un cucciolo e sta lì, immobile a fissarla. D’istinto, per prima cosa, Emma la prende in mano delicatamente per toglierla dal pericolo della strada. La rimette giù sul ciglio, tra l’erba. La civetta non si muove. “Deve essersi rotta qualcosa” e intanto continua a osservarla. “Manca un quarto d’ora di strada da casa, non posso lasciarti qui” e in un attimo la prende in mano, se la porta al petto e inizia a camminare. La civetta è tranquilla, pacifica, non fa resistenza. Allora Emma per fare più veloce abbozza una corsetta lenta per non farla sobbalzare troppo. La civetta in realtà sembra sollevata. O forse semplicemente sa di non avere scelta e sente di essere finita in buone mani.

E

mma sta in una piccola casetta gialla tra le colline, in mezzo al nulla, il luogo ideale per riposarsi e staccare la spina. Qui le piace rifugiarsi ogni volta che scappa dalla città. Mette la civetta a terra. L’animale tenta di muoversi ma non riesce, si appollaia. “Hm, dove ti posso mettere?” e intanto si guarda intorno. “Ci sono!” prende una cassetta, come quelle del gatto, alta ai lati in modo che non possa cadere fuori, e ci mette un asciugamano. Sì, mica uno straccio, uno strofinaccio usato o un panno da buttare: un bell’asciugamano morbido e spesso appena lavato che profuma ancora di ammorbidente. D’altra parte, se non può muoversi o appoggiarsi sulle zampette, la civetta deve stare comoda… Così Emma mentre le prepara il nido le parla, l’accarezza, la coccola. Poi si chiede che cosa mangi. Verdura? Semini secchi come gli uccellini? “Boh” e va a cercare in internet. “Ha, ha” ride fragorosamente della sua beata ignoranza “tu sei carnivora! Altro che semini… Se mi sbrigo faccio ancora in tempo ad andare al negozio giù in paese”. Così come è, ancora tutta sudata dalla corsa, prende le chiavi dell’auto ed esce. Torna trionfante con i fegatini che, ha letto in internet, sono un cibo prelibato per le civette. Poi l’acqua, si è dimenticata di darle l’acqua. Ma è piccola, non può bere da sola, deve bere da una pipetta. Cerca in bagno, in cucina sotto il lavandino; le viene in mente che nel suo beauty ha un piccola siringa. La riempie d’acqua. Prende in mano la civetta e si siede fuori sul terrazzo con la pipetta nell’al-


tra mano. “Allora proviamo”, con una mano le apre piano piano il beccuccio, la civetta bravissima si lascia fare, infila la pipetta e le spruzza dentro un po’ d’acqua… “Funziona! Lo sapevo che da grande avrei dovuto fare la veterinaria!”. Poi prende i fegatini e la imbocca. Incredibile, il piccolo rapace li mastica e inghiotte con una voracità da adulto! Sazia e satolla si adagia nel grembo di Emma che seduta sul terrazzino vista mare e colline si rilassa un attimo. È convinta che si riprenderà. Bisognerebbe chiamare un veterinario però per capire meglio. Mette la civetta nella cassetta e torna al PC. Cerca, cerca e bingo! Trova quello che fa per loro: un centro di recupero animali selvatici ed esotici del WWF gestito dal dr. Marco Aloisi. “Domani andiamo a Semproniano!” dice a Piuma vorace che dalla cassetta la osserva incuriosita e un po’ assonnata per l’abbondante cena... ma tra poco arriva la sua ora, la notte, il buio, il regno della civetta.

E

mma ha fatto male i conti. Verso le undici di sera, nel sonno più profondo viene svegliata dal canto di Piuma vorace. Non una dolce ninna nanna, ma un grido piuttosto acuto, che si ripete, e non sembra voler smettere. Emma mette la testa nella cassetta e guarda il suo amico rapace dritto negli occhi: “Ehi piccola, guarda che è ora di dormire non di fare un party nella cassetta!”. Ma Piuma vorace non si scompone, anzi fa sempre più rumore cercando di arrampicarsi lungo le pareti nel tentativo di uscire… È mattino, entra la prima luce dal lucernario che Emma adora perché in ogni momento può vedere il cielo, ha come la sensazione che la segua ovunque con i suoi colori e le sue nuvole… Si era appena addormentata perché Piuma ha finito giusto qualche ora fa di dare il suo concerto. Il tempo degli applausi e Emma finalmente era riuscita a chiudere gli occhi… Ma ora con la luce è impossibile dormire e poi devono andare a Semproniano che non è dietro l’angolo. Si prepara veloce, nell’ordine: pappa a Piuma vorace, visibilmente affamata dopo l’esibizione canora, caffè, doccia, un vestito sportivo indossato al volo e via! Si va a Semproniano. È curiosa di vedere il centro e non vede l’ora di poter aiutare Piuma vorace a guarire. Tettuccio aperto, una a fianco dell’altra, viaggiano tranquille tra colline, alberi, ancora alberi e colline per quasi due ore. Arrivate a Semproniano il centro è indicato e lo trovano subito. Emma si aspettava una sorta di piccolo ambulatorio con qualche pascolo intorno invece per prima cosa si trova davanti un alto cancello elettrico e un viale alberato lunghissimo sullo sfondo. E un citofono. Sembra di essere in un film. Emma suona “Chi è?”. “Mi chiamo Emma Wittgen

e sono venuta a far visitare una civetta ferita”. Beeep! Il cancello si apre. Emma sale in auto ed entra adagio. Non può credere a quello che vede: grandissimi recinti in mezzo al bosco con lupi, cavalli, leoni, pappagalli… Non avrebbe mai pensato di finire in un luogo così straordinario. Arriva in fondo al viale e ad attenderla c’è il veterinario Marco Aloisi. Emma prende la cassetta con Piuma vorace e scende. Davanti a sé ha una bellissima villa in stile coloniale con un’invitante amaca appesa davanti al loggiato a pian terreno. “Che meraviglia” pensa. Entrano insieme nell’ambulatorio e intanto Emma come per farsi riconoscere tempesta di domande il veterinario per capire che cosa ci fa una struttura così affascinante nel cuore della Toscana. “Tutti quelli che vede qui sono animali abbandonati, confiscati o sequestrati dalle forze di polizia, in particolare dal Corpo forestale dello stato. Nei venti ettari del centro sono ricoverati circa 400-500 individui di diverse specie fra cui tigri, pappagalli, scimmie, pellicani, caprioli, volatili…”. Ora però è il turno di Piuma vorace. Cala il silenzio. “La piccolina si è rotta la zampina e ha danneggiato un po’ anche l’ala destra. Nulla di grave, qualche settimana e tornerà come nuova”. Le fascia la zampina con una benda elastica che le tiene fermo e protetto l’arto. “Quindi quando devo riportarla?” “Come riportarla? La teniamo qui con noi e quando tra qualche settimana sarà guarita la faremo tornare in libertà”. “Ah”, dice Emma un po’ dispiaciuta perché si è già affezionata. “Allora mi avvisate quando sarà il momento così vengo a salutarla?”. Qualche settimana dopo la chiamano ed Emma torna. Piuma vorace è perfettamente guarita. Emma la guarda spiccare il volo tra gli alberi del bosco e sente dentro un misto di libertà e di felicità, anche di gratitudine perché è stato per lei un bellissimo incontro. Peccato sia durato così poco, ma in fondo fa parte delle leggi della natura. Niente è per sempre.

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Sapori apori in bianco

Magra, ricca di proteine nobili, di aminoacidi, di vitamine e minerali indispensabili all’organismo la carne bianca è la scelta di molti che tengono alla linea senza voler rinunciare al gusto Cucinare p. 44 – 45 | di Patrizia Mezzanzanica ed Elvin Montessino

E

spressione di quel benessere sociale (ma non sempre alimentare) che ha caratterizzato l’Europa del dopoguerra, il consumo di carne, negli ultimi anni, sta attraversando un profondo mutamento. A essere messa in discussione non è tanto la quantità di uso pro capite che, infatti, rimane stabile nei paesi più civilizzati e aumenta in quelli in via di sviluppo, ma la tipologia di domanda. Il numero di coloro che scelgono di portare sulle loro tavole la carne bianca, più magra rispetto alla rossa e decisamente più economica, cresce costantemente. In internet basta cliccare su un qualsiasi sito di cucina per rendersi conto di quante ricette esistano per cucinare pollo, tacchino e coniglio e quante ne nascano ogni giorno. Lo sviluppo dei paesi asiatici ha decisamente contribuito al fenomeno, soprattutto per quanto riguarda i volatili ma questi animali fanno anche parte della più antica e popolare tradizione culinaria europea. Estremamente digeribili, facilmente masticabili, veloci da preparare e appetitosi, specie se cucinati in modo appropriato, non necessitano neppure di sughi e intingoli troppo elaborati. Se si ha l’accortezza di togliere loro la pelle prima di cucinarli, perché è proprio lì che si condensano i pochi grassi presenti nelle loro carni, sono assolutamente consigliati in ogni regime dietetico.

Qualche accorgimento

Per renderli portate prelibate, nonostante non siano annoverati fra i cibi più raffinati, bastano pochi, elementari accorgimenti. Prima di cuocerli al forno, per esempio, perché la carne risulti uniformemente tenera e profumata, è preferibile insaporirli con erbe aromatiche o spezie sia all’esterno sia all’interno mentre, se si usano i fornelli, è opportuno “sfumare” con un po’ di vino bianco. In questo modo la carne rimarrà più umida e morbida. La griglia è un altro modo molto comune di cucinare il pollo ma anche il tacchino. Una volta selezionate le parti migliori è consigliato marinarle nel limone per circa una decina di minuti e, dopo una veloce scottata a fuoco vivo per evitare che perdano liquido, spostare la griglia più in alto, in modo che possano cuocere completamente anche internamente. Sia il pollo che il tacchino sono ottimi anche lessi. Legarli con dello spago da cucina impedirà che si sfaldino durante la bollitura e vi consentirà di presentarli a tavola al meglio, una volta pronti. La preparazione in umido è un altro classico di queste carni che possono essere cucinate sia stufate, cotte a fuoco lento, possibilmente in una pentola di coccio, sia brasate, infarinate, rosolate in padella e poi infornate. Ma la più golosa è sicuramente la frittura di pollo. Perché la carne rimanga soda e compatta ma anche morbida e saporita consigliamo di tagliarla a pezzetti piccoli e marinarla nel lime per qualche minuto prima di cuocerla. Per la pastella, invece, il trucco è sorprendere. Vi suggeriamo di sostituire l’acqua con dello spumante (i più esigenti possono anche usare champagne) o della birra. Amalgamati a un mix di


farina di riso e di grano e a una punta di bicarbonato renderanno il vostro fritto più croccante e sorprenderanno i vostri ospiti con il loro particolare retrogusto.

Nostrano ed esotico

L’argomento carne bianca non si esaurisce certo qui, esiste un universo intero di proposte esotiche, di altrettanto facile realizzazione, che arricchisce il già ricchissimo ricettario “nostrano” . Per oggi ne abbiamo scelta una fra le più appetitose ma anche veloci, i bocconcini di tacchino alla soia e zenzero, che abbiamo abbinato a due piatti mediterranei: coniglio con olive taggiasche e pomodori secchi di Sicilia e scaloppine di pollo agli agrumi e capperi di Pantelleria. Per quanto riguarda la presentazione già portare in tavola una pirofila o una padella di coccio fa la differenza ma, per chi ambisce a qualcosa di più creativo, consigliamo di utilizzare foglie e fiori. Un tagliere in legno ricoperto di un letto di foglie di limone, o alloro, o saliva, su cui adagiare il proprio arrosto o il proprio fritto è molto coreografico, specie se si tratta di ricette tradizionali. Decisamente più esotica è la scelta, invece, di foglie di banano, o di palma, facilmente reperibili anche nei normali supermercati, da decorare con fettine di limone e fiori di gelsomino o d’arancio.

Le nostre ricette per quattro persone BOCCONCINI DI TACCHINO ALLA SOIA E ALLO ZENZERO 500 g di petto di tacchino; 150 g di zenzero fresco; 50 ml di soia da cucina; 1 cucchiaio di zucchero di canna; 5 cucchiai di olio extra vergine di oliva; acqua calda Tagliare il tacchino a dadini. In una padella aggiungere un cucchiaio di zucchero di canna a 5 cucchiai di olio di oliva extra-vergine e far caramellare a fuoco alto. Buttare il tacchino e rosolarlo omogeneamente quindi abbassare il fuoco e aggiungere lo zenzero tagliato a listarelle e la soia. Lasciarlo cuocere a fuoco medio per circa 35 minuti aggiungendo qualche cucchiaio di acqua calda ogni volta che si asciuga. La carne va sempre soffritta, mai bollita nell’acqua, ecco perché bisogna aggiungerne poca per volta. Servire senza salare e guarnire con qualche listarella di zenzero. SCALOPPINE DI POLLO AGLI AGRUMI E CAPPERI DI PANTELLERIA 500 g di petto di pollo; 1 bicchiere di vino bianco; 1 arancia; 2 limoni; 15 g di capperi di Pantelleria sotto sale; 1 mazzetto di coriandolo fresco; olio di oliva extra vergine; farina di riso q.b. Tagliare il petto di pollo a fettine, passarle nella farina di riso e dorarle in padella con un po’ di olio di oliva, a fuoco medio, per circa 10 minuti. Sfumare con il vino bianco e aggiungere il succo degli agrumi e i capperi. Lasciare cuocere per altri 5 minuti senza salare. Servire con un trito di coriandolo fresco. CONIGLIO CON OLIVE TAGGIASCHE E POMODORI SECCHI DI SICILIA 1 coniglio intero; 150 g di olive taggiasche snocciolate sott’olio; 75 g di pomodori secchi di Sicilia; 200 g di pomodorini datterini; 1 mazzetto di prezzemolo; 1 mazzetto di basilico; qualche foglia di alloro; 1 bicchiere di vino bianco; 100 g di pinoli tostati; olio extra vergine di oliva q.b.; sale q.b. Scaldare un po’ di olio a fuoco medio in una padella e aggiungere il coniglio. Alzare la fiamma e farlo rosolare da entrambe le parti. Aggiungere il vino bianco e lasciare evaporare, poi incorporare i pomodori freschi e secchi, le olive e l’alloro lasciando cuocere a fuoco lento per 40 minuti. Aggiungere un po’ di acqua calda, di tanto in tanto senza però far mai bollire la carne. Dopo 40 minuti buttare il prezzemolo e il basilico tritato e continuare la cottura per altri 20 minuti. Servire con i pinoli tostati.


La domanda della settimana

I mezzi di informazione e i media in generale trattano in maniera insufficiente o troppo superficiale le problematiche connesse alla sessualità?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 2 ottobre. I risultati appariranno sul numero 41 di Ticinosette.

Al quesito “Ritenete sarebbe auspicabile promuovere maggiormente l’educazione musicale nelle scuole dell’obbligo del cantone?” avete risposto:

SI

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NO

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Astri ariete Venere in Bilancia spinge ad adottare atteggiamenti anticonvenzionali. Soddisfazioni per i più creativi. Malumori in famiglia dal 1 al 3 ottobre.

toro Grazie alla Luna potrete godere di atmosfere magiche. Approfittatene, magari con un bel viaggetto a due. Periodo decisivo per la terza decade.

gemelli Vi sentiti pronti a inserirvi in qualunque tipo di competizione. Affrontate una situazione per volta. Cercate di realizzare i vostri desideri.

cancro Colpo di fulmine per i nati in giugno. Possibili gelosie in ambito professionale. Tenete sotto controllo il vostro ego. Fuori binario tra il 1 e il 3.

leone Con Giove amico ogni scenario è possibile. Colpi di fulmine e formidabile energia verso tutto ciò che può esser considerato creativo. Eros e gioco.

vergine Momento superlativo per la vita erotica. Possibile concepimento. Opportunità professionali per i nati nella terza decade. Guardate lontano.

bilancia Nuova energia. Sfruttatela per portare a termine un progetto. Scegliete con cura i vostri alleati. L’arrivo di Venere porta novità sentimentali.

scorpione Tra il 2 e il 3 ottobre potrete riordinare con successo una vecchia situazione. Fate ricorso al vostro giro di relazioni. Comportamenti eccessivi.

sagittario Canalizzate le vostre energie verso un alto obiettivo professionale. Giove, nella vostra nona casa solare, è dalla vostra parte. Viaggi all’estero.

capricorno Tempesta passionale: Venere e Urano angolari e tra il 1 e il 3 ottobre la Luna attraversa il segno scuotendovi fin dalle fondamenta. Ascoltate il cuore.

acquario Viaggi e avventure. Atteggiamenti eccessivi stimolati dall’opposizione di Giove. Controllate di più l’alimentazione. Amori per i nati in gennaio.

pesci Grazie a Saturno ogni cosa tende a svilupparsi secondo quanto in precedenza delineato. Situazioni piacevoli all’interno del proprio luogo di lavoro.


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Orizzontali 1. Vi abitò a lungo Hermann Hesse • 10. Sbagliati • 11. Precede Vegas • 12. Il Nichel del chimico • 13. Chiedono l’elemosina • 15. Maroso • 16. Tre al quadrato • 17. I confini di Melano • 18. Ottenere nuovamente • 21. Corse in aiuto • 23. Il nome di Pacino • 24. Nanni, attore e regista • 25. Ammaliavano i marinai • 27. Giusto, imparziale • 29. Il nome di Ughi • 30. Latitudine in breve • 31. Radice piccante • 32. E’ simile alla foca • 34. Breve esempio • 36. Un raggio del chirurgo • 38. Simili alle lire • 41. La nota Pavone • 42. Rabbie, furori • 43. L’antagonista dell’Inter • 45. Decretate • 47. Le iniziali di Montanelli • 49. Le ali dei Coleotteri • 50. Sport invernale • 51. Vocali in chiesa • 52. Sarcasmo. Verticali 1. Noto film del 2009 di Luis Prieto con Claudia Gerini • 2. Fiume venezuelano • 3. Numero in breve • 4. Monte ticinese • 5. La dea della discordia • 6. Una scuola superiore • 7. Producono olio • 8. Penetrante, stridulo • 9. Dei nordici • 14. È di fronte a Calais • 19. Ispida • 20. Il nome della Giorgi • 22. Si empie di stelle • 26. Europa e Asia • 28. Emirato arabo • 31. Pettegolezzi, ciance • 33. Romania e Lussemburgo • 35. Una scuola per gli operai • 37. Relativi alle razze • 39. Verme solitario • 40. Capi tribù arabi • 44. Procedura • 46. Commissario Tecnico • 48. Il nome della Martini • 50. Società Nuoto.

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 41

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 2 ottobre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 30 sett. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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La soluzione del Concorso apparso il 12 settembre è: rampOllO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta sono stati sorteggiati: adriano Conceprio (muralto) luciana Botti (Novazzano) Tarcisio Bettoli (lugaggia) Complimenti ai vincitori!

Premio in palio: tre Ape card Arcobaleno Ape card è lo strumento ideale per caricare e pagare i biglietti Arcobaleno risparmiando, grazie al plusvalore di ricarica. Maggiori informazioni su www.arcobaleno.ch/apecard

Arcobaleno mette in palio una ape card da CHF 50.– a tre fortunati lettori che comunicheranno correttamente la soluzione del Concorso.

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Ruf Lanz

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Chiarezza fin dalla prima ora: cucine e bagni Sanitas Troesch.

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Visitate le nostre esposizioni a Basel, Biel/Bienne, Carouge, Chur, Contone, Cortaillod, Crissier, Develier, Jona, Köniz, Kriens, Lugano, Rothrist, Sierre, St. Gallen, Thun, Winterthur e Zürich. Panoramica dell’azienda su: www.sanitastroesch.ch


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