Ticino7

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№ 40 del del 3 ottobre 2014 · con Teleradio dal 5 all,11 ott.

IL PREZZO DELLA FEDELTÀ In quanto a spesa per gli animali domestici i più generosi sono proprio gli svizzeri. Mania o scarso senso del limite?

Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–


VIAGGIA & ASSAGGIA: PROSSIMA FERMATA

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Ticinosette allegato settimanale N° 40 del 3.10.2014

Marco Jeitziner ................................

4

roberto roveda .........................................................

6

Agorà Animali domestici. Bellissime persone Letture Un fantastico aiuto

di

Arti Joëlle Léandre. A voce bassa

Impressum

di

ben zeJ ..............................................................

Società Filodrammatiche. L’altro teatro

12

Vitae Marcel Barelli

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

8

Gabriele scanziani.................................................................

Chiusura redazionale

di

Giancarlo Fornasier ................................

10

Media Giornalismo. Una strada diversa

Venerdì 26 settembre

di

7

natascha Fioretti ....................................

Tiratura controllata 66’475 copie

di

Reportage Il crepuscolo del giorno

di

a cura della

redazione; Foto di Marco cortesi ..

37

Redattore responsabile

Tendenze Calze. Gambe alla riscossa

Marisa Gorza ...........................................

44

Coredattore

Svaghi ....................................................................................................................

46

Fabio Martini

Giancarlo Fornasier

di

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

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(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Edwin & Muffin Fotografia ©Sabine Biedermann

Quanto mi costi? Nei giorni scorsi la notizia dell’adolescente “disadattato” (14 anni) di Schmerikon (SG) che costa alla collettività 156mila franchi all’anno ha sollevato non pochi interrogativi. La terapia che sta seguendo lo obbliga a risiedere su un veliero che incrocia nell’Atlantico, una modalità di intervento sociopedagogico di cui in passato anche Ticinosette si era occupato, mettendo in risalto la bontà e gli indubbi risultati di un’esperienza di vita comunitaria per un adolescente con un vissuto problematico (“La vela per la vita” di Giorgio Thoeni, n. 47/2012). Il caso sangallese certo presenta dei costi per la comunità difficilmente comprensibili (e forse anche giustificabili: si parla di 430 franchi al giorno): è accettabile investire tanto in una persona senza nemmeno essere certi che la terapia seguita possa, una volta conclusasi, consegnare alla società un giovane uomo in grado di gestire la propria vita (senza dipendere dallo stato) e capace di costruirsi un futuro? Le possibili risposte non sono per la verità molte: non aiutare un adolescente con seri problemi comportamentali significa garantirsi un adulto incapace di collocarsi all’interno di un tessuto sociale, con le sue regole anche morali. Quale sia il “minore dei mali” è facile intuirlo, e dunque qualsiasi intervento mirato compiuto in giovane età non può che ridurre rischi (e costi, non solo economici) ben maggiori. I motivi e i meccanismi per i quali un ragazzo o una ragazzo diventano problematici sono evidentemente assai complessi e gli attori in gioco più d’uno. Con una certezza: il ruolo e la presenza sicura di un tessuto familiare di riferimento sono di

vitale importanza; lo sono quando i bimbi sono piccoli, figuriamoci quando superano la fase infantile. Figure materne e paterne, fratelli e sorelle, la presenza di altri familiari e parenti (nonni, zii, cugini ecc.) aiutano a far comprendere al bambino la diversità e la complessità di ciò che lo circonda, a confrontarsi con persone di età diversa, aiutandolo nella creazione di una sua gerarchia sociale composta di ruoli ben precisi. E, non da ultimo, un tessuto familiare allargato crea “alternative” affettivamente di qualità quando i genitori devono essere (per le ragioni più diverse) assenti per brevi o lunghi periodi. Tra i problemi che oggi vivono le famiglie (e quelle monoparentali in particolare) vi è proprio la mancanza di una rete certa e “sicura” alla quale fare affidamento in caso di bisogno, ma anche per aiuti di breve durata e che permettono di alleggerire le giornate. Necessità che si evidenziano maggiormente quando i genitori ci sono entrambi (fortunatamente) ma lavorano. Strutture come gli asili nido e figure quali le mamme diurne sono per molti delle vere ancore di salvezza, ma creano dei costi – che si sommano a tutte le altre esigenze legate alla presenza di uno o più figli – che solo in piccolissima parte le istituzioni riescono ad alleggerire. Quasi scomparsa la necessità di contare su “braccia giovani e forti” per aiutare economicamente la famiglia, i figli oggi sono diventati voci di “costi” che sempre meno coppie con redditi medi si sobbarcano. E così in molti dopo il primo figlio si fermano... Che sia solo egoismo e scarsa propensione alla genitorialità? Buona lettura, Giancarlo Fornasier


Bellissime persone Animali domestici. Accessori sempre più raffinati e discutibili per Fido e Fufi che molti trattano ormai come “esseri umani”, dimenticando la loro reale natura. Cosa porta gli svizzeri a essere tra i più spendaccioni d’Europa in quest’ambito? E quando finisce l’affetto e inizia il maltrattamento? di Marco Jeitziner; fotografia ©Sabine Biedermann

S

Agorà 4

i stima che i nordamericani spendano 55 miliardi di dollari l’anno in cibo, prodotti per la salute e discutibili oggetti e accessori per i loro amici a quattro zampe. È tanto quanto il debito che avevano i 18 paesi più poveri del mondo nel 2005 nei confronti degli otto più sviluppati (G8)1. Se parte di questa montagna di soldi fosse stata destinata allo sviluppo di aree in cui milioni di persone muoiono di fame e di sete nel sud del mondo, invece che ai viziatissimi cani e gatti del nord, forse oggi avremmo meno disuguaglianze sulla Terra. Il paradosso sta tutto qui: mentre permangono profonde discrepanze tra noi umani, sembra non avere limiti la tendenza di rendere “uguali” a noi Fido e Fufi. È come mandare in fumo “millenni di convivenza inquinati dal continuo desiderio di trasformarli in quello che non sono e farli simili a noi” sostiene il popolare etologo italiano Danilo Mainardi.2 Un grosso “errore” a suo avviso. Simili ai bambini Il 4 ottobre sarà la Giornata mondiale degli animali e pochi mesi fa si è tenuto l’evento globale dei prodotti per Fido e Fufi, l’annuale Global Pet Expo. Non poteva non tenersi negli Stati Uniti. Non che fossi all’oscuro di tutto questo mondo, ma un articolo3 – forse un po’ pubblicitario – ha suscitato in me dapprima una certo stupore, poi sgomento e infine tristezza. Per spiegarmi ne citerò dei passaggi, sarò provocatorio e non me ne voglia chi ama e convive con cani e gatti. Ammettiamo che possegga un cane e che sia uno di quelli che considera Fido una “persona”. Fuori piove, faccio due passi con lui ma, sentendomi un po’ affaticato, presumo che lo debba essere per forza anche Fido. Per fortuna che gli ho comprato uno di quei “passeggini con il tettuccio impermeabile, per non stancare il cucciolo ed evitare che si bagni”, peraltro “molto simili a quelli per bambini”. Com’era simile a quel marsupio ventrale per neonati che vidi addosso a una signora a New York: dentro c’era il suo cagnolino. E comunque se Fido si bagna ho portato “il collare riscaldato contro i colpi di freddo”... A lume di candela Una volta a casa io e Fido ceniamo. Lui può scegliere tra “ciotole in legno e ceramica più alte della norma per un pasto confortevole”, delle “eleganti coppette” ovviamente “munite

anche di posate”, o tra la nuova “ciotola per mangiare lentamente” (giacché alle “persone” fa male ingozzarsi). Essendo noi due “persone” che desiderano nutrirsi bene, mentre io degusto del buon vino, lui beve “acqua minerale colorata di sorgente importata appositamente dall’Australia”. Una volta terminata la cena, gli sparecchio la tavola e prendo “il bavaglino per asciugargli il muso”. Andiamo in salotto e lo faccio accomodare, ma mica su “rozzi panni da tenere sul pavimento o stendere sul divano”, bensì sulla sua “poltroncina con le linee ispirate alla scuola tedesca Bauhaus, in pelle artificiale”, un giaciglio di trenta centimetri che m’è costato 150 franchi. Se ha male alla schiena può adagiarsi su “teli morbidi, assorbenti, impermeabili”, o sul suo “letto con base in bambù e materasso ortopedico” progettato dal quel genio di designer “specializzato in arredi per cuccioli” che è Corey Drew. Certo, perché “gli animali sono bellissime persone”, ha dichiarato la titolare di un’azienda toscana specializzata in accessori... Un’app per Fido Dato che domani sera io e Fido usciremo per il classico aperitivo, sono indeciso tra i molti “vestitini, cappottini, magliettine traspiranti, collane in miniatura e pendenti” che potrebbe indossare. Be’, decido di fare delle prove virtuali per Fido. L’applicazione “My Dog My Style” mi permette di dare una risposta alla fondamentale domanda: che look avrà con quel vestitino o con quell’accessorio? Una volta che l’avrò vestito potrò fargli qualche fotografia perfetta, magari aiutandomi con Pose A Pet che, mentre lui guarda la TV, “riproduce una serie di suoni per catturare l’attenzione”. Sapete, io e Fido abbiamo molte cose in comune, tra cui degli amici con cui, che so, discutere per esempio di politica o di ristoranti. Ma siccome Fido mi dice sempre che non è uno molto high-tech, l’ho iscritto a Peterest, dove è possibile “pubblicare gli scatti del proprio animale oppure commentare quelli degli altri”. Geniale, vero? E ora che c’è Woof posso “memorizzare la durata delle passeggiate”, così non ci perdiamo i nostri film preferiti alla TV. Inoltre, posso misurare “le distanze percorse” affinché anche Fido sappia quante calorie brucia e possiamo “cercare altri cani nelle vicinanze”. Domani lo doto di FitBark, un sensore da attaccare al collare che, quando sono assente, mi dice se fa movimento o dorme. Così non può ingannarmi...


più di tutti, alla base di questa maggiore generosità c’è un comportamento sociale e/o psicologico diverso. Assumendo per vere le motivazioni per cui si possiede un cane, stando al sondaggio già citato, avremmo un 70% che dice “perché amo gli animali” e il 17% “per la compagnia”. Ma come si amano gli animali? In quanto tali oppure viziandoli come fossero “persone”? Se fanno compagnia, allora quanto soffriamo di solitudine? D’altra parte, sono ampiamente riconosciuti, per esempio, i benefici di un animale nei casi di solitudine, isolamento, insicurezza, deficit affettivi ecc. Allora, significa forse che noi svizzeri, che di certo non brilliamo per socievolezza, espansività e felicità sprigionata da ogni poro, siamo più inclini a comportamenti di tipo depressivo e asociale?

Cesar

Svizzeri, i più generosi Per fortuna ha, per ora, ragione la collega Carolina Cenni: “Tutto sommato, in Ticino, grandi eccessi non se ne vedono. Qualche pellicciotto di troppo addosso al Fido di turno e alcuni gadget francamente inutili sì” 4. Non siamo negli Stati Uniti, dove ci sono psicologi, sfilate e parrucchieri per cani a ogni angolo, ma ciò non toglie che gli svizzeri e i ticinesi non coccolino i loro beniamini, anzi. Le cifre divergono, anche perché le stime sono ufficiose. Se si contano 1,8 milioni tra gatti e cani, sette svizzeri su dieci ne possiedono uno (la metà circa un gatto, un terzo un cane). Secondo uno studio del 20095 “tra tutti gli europei, sono (gli svizzeri) i più spendaccioni”: quasi 670 milioni di franchi e una media di 240 franchi circa all’anno per animale. Un sondaggio6 afferma che sei svizzeri su dieci spendono “dai 50 ai 150 franchi al mese”, uno su dieci “addirittura più di 150 franchi”, quasi la metà “oltre che per il cibo, per giocattoli regalati al proprio animale” e un 15% spende in “altro”. Conclusione: questo “mostra come in materia di spese per gli animali domestici i più generosi siano proprio gli svizzeri”. Se consideriamo una media di 100 franchi al mese per ogni proprietario – molto meno della Francia che detiene il record di cani e gatti dopo gli Stati Uniti – arriviamo comunque a oltre 2 miliardi di franchi di spese all’anno, ben davanti a francesi, tedeschi e inglesi. Visto da fuori, dall’Italia, per esempio, c’è chi commenta che sia semplicemente “pazzesco”.7 Amore e compagnia, ma... Il nostro alto potere di acquisto può spiegare in parte questo fenomeno, ma non del tutto. Se abbiamo un numero di cani comparabile, per esempio, alla Norvegia, secondo le stime dei produttori di cibo8, paese il cui potere di acquisto però è persino superiore al nostro9, ma spendiamo

Lontani dalla natura Il problema principale, scrive l’etologo Mainardi, si porrebbe così: “saremo capaci, noi uomini moderni sempre più distaccati dalla natura vera, di comprendere che questi esseri cui vogliamo riconoscere la dignità (...) sono diversi da noi?”. O siamo vittime di “quel fenomeno imponente che ha inquinato, e ancora inquina, ogni comprensione del comportamento degli animali: la tendenza a umanizzarli”? Be’, sappiate che Mainardi se lo chiese quasi venti anni fa. E non è azzardato affermare che oggi siamo ancora più lontani dalla natura, sempre più urbanizzati per cui, diceva un altro celebre etologo, il compianto Giorgio Celli, “succede spesso che le persone di città tendano ad antropomorfizzare gli animali, cioè li considerano come dei bambini”10. Smettendo di cacciare (se non per sfizio e non per vera necessità) e raggrupandoci nelle città, allontanandoci così dall’animale di fattoria, l’essere umano avrebbe sviluppato un rapporto, suo malgrado, che potremmo definire “egoistico” (imporsi una compagnia) e “malsano” (imporre all’animale se stessi), con cani e gatti in particolare. Gli stessi veterinari affermano che “l’eccessiva umanizzazione dell’animale e l’urbanizzazione galoppante sono spesso causa di disagio e sofferenze per gli animali”11. Che sia un problema, fondamentalmente, legato alla crescente solitudine e al senso di smarrimento che proviamo?

note 1 corriere.it/Primo_Piano/Economia/2005/06_Giugno/11/debito. shtml 2 “L’errore di umanizzare gli animali”, Corriere della sera, 27.12.1998. 3 “La fiera animale delle vanità”, Panorama, 9.4.2014. 4 Il Caffè, 22.12.2013. 5 hebdo.ch (17.2.2010). 6 Svolto su 2’500 persone dabonus.ch (16.9.2010). 7 ecoo.it (16.9.2010). 8 European Pet Food Industry, dati 2012 (fediaf.org). 9 Ufficio federale di statistica (2011). 10 Da lifegate.it (7.1.2010). 11 veterinariticino.ch/attivita_clinica/piccoli_animali.html.

Agorà 5


Letture Un fantastico aiuto di Roberto Roveda

A volte la realtà ha bisogno del supporto della fantasia, della finzione letteraria per essere raccontata. Viceversa, rischierebbe di rimanere fredda cronaca persa nel mare delle informazioni che ci assediano ogni giorno. Da questo semplice ma non banale assunto parte il viaggio letterario di Calendario immaginario, ultimo lavoro di Mario Casella. Noto giornalista e guida alpina, Casella ha, infatti, affidato a dodici racconti, tutti ispirati da fatti di cronaca – uno per ogni mese, a comporre un ideale calendario –, l’onere e l’onore di narrare l’universo umano con cui è venuto a contatto o di cui ha semplicemente avuto notizia durante il suo percorso di viaggiatore e attento osservatore del mondo. Sono storie spesso di montagna, di uomini e donne costretti a confrontarsi con la durezza dell’ambiente circostante. Un mondo che può essere veramente ostile se si è pastori di yak sugli altopiani dell’Himalaya o alpinisti in lotta per conquistare una vetta. Se si è costretti per vivere a fare i conti con

una natura meravigliosa, ma impietosa. A Casella, però, non interessa solo documentare la durezza di certe esistenze, che è poi la durezza dell’esistenza di ciascuno di noi, poiché tutti abbiamo le nostre “vette” da raggiungere e le nostre bufere improvvise da affrontare. Interessa, soprattutto, raccontare la capacità che tanti di noi hanno di reagire, sempre, anche nel momento in cui una nevicata ti ha tolto praticamente tutto. Non ha poi senso chiedersi quanto ci sia di vero e di fantasioso nelle vicende narrate da Casella. L’importante è che tutte sono verosimili: se non sono accadute, magari accadranno presto, in Nepal oppure a pochi metri da noi, sotto casa. L’importante, per il giornalista, ma ancora di più per lo scrittore e per l’uomo Casella è rendere testimonianza, far sì che la fantasia riporti a galla i destini personali di alcuni che viceversa non sarebbero esistiti se non avessimo accettato di fare, con il suo libro, un viaggio nel reale con il veicolo della fantasia.

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A voce bassa

La presenza a Locarno, dove terrà un concerto e un workshop, di Joëlle Léandre, musicista di fama internazionale, offre lo spunto per alcune riflessioni sulla musica e il secolo appena trascorso di Ben Zej

Nella sua celebre Introduzione alla musica contemporanea Jo-

musica, Joëlle si afferma rapidamente come figura di riferiseph Machlis (1906-1998), musicologo e professore emerito mento in quest’ambito, partecipando fra l’altro ad alcuni presso la Juilliard School e il Queens College di New York, gruppi composti da musiciste donne che faranno storia. Ma dichiarava: “Alcuni periodi sono relativamente stabili: la forza il suo aperto coinvolgimento sulla scena dell’improvvisazione della tradizione è abbastanza forte per far fronte ai nuovi modi di non la distoglie da quanto sta accadendo nell’ambito della pensare che stanno combattendo per nascere. In altri, la società è musica contemporanea di cui diviene una delle interpreti più in moto: nel lasso di tempo di una singola vita hanno luogo modi- apprezzate della musica di John Cage, Earl Brown, Giacinto ficazioni che, in un’età precedente, avrebbero Scelsi e Morton Feldman, autori con i occupato svariate generazioni. Come risultaquali instaurerà un fecondo rapporto perto, si aprono nuovi orizzonti con una rapidità sonale. In quest’ambito, si muove con dida mozzare il fiato. La nostra è un’era di sinvoltura anche come compositrice (nel questo tipo”. Una riflessione di carattere 2002, 2004 e 2006 ottiene la cattedra Dacomplessivo, se teniamo conto di quanto rius Milhaud, per la composizione e l’imavvenuto nel corso del XX secolo – perioprovvisazione e come Visiting Professor al Mills College di Oakland in California), do nel quale, per esempio, si concentra il eludendo elegantemente quella sorta di 90% delle scoperte scientifiche nella storia costante iato (e diffidenza) che ha talvolta dell’uomo –, che Machlis considerava diviso e contrapposto i compositori del soprattutto da un punto di visto artistico secondo novecento dagli improvvisatori. e musicale. Non vi è dubbio, infatti, che Animata da un appetito musicale inesauil novecento sia stato il periodo storico ribile, vera e propria “nomade musicale”, nel quale di fatto sono avvenute le più come l’ha definita il critico Francesco importanti rivoluzioni del linguaggio Martinelli, Joëlle è “sempre sulla strada, musicale: intersecando tradizione colta praticamente come metaforicamente; pratica e popolare, nuove modalità di fruizione ciò che predica”. La sua avventura musie metodologie di produzione sonora, si cale, il suo intersecare con naturalezza sono prodotte prospettive fino a pochi Joëlle Léandre (Wikimedia.org) forme e riflessioni estetiche differenti, ne decenni fa impensabili. Una fase cruciale che ha anche portato alla trasformazione profonda, e non pri- fa una figura paradigmatica di quella compagine di artisti va di implicazioni deteriori, del rapporto fra artista e società. che, per ritornare alle parole di Machlis, “hanno arricchito il linguaggio della musica e hanno avuto un notevole impatto sulla consapevolezza artistica della nostra epoca”. Artefice e testimone Se esiste una musicista emblematica proprio per aver intersecato, assorbito e metabolizzato in un linguaggio espressivo A due passi profondo e personale le esperienze e i diversi sviluppi estetici Ma per noi, o almeno per chi avrà la possibilità di esserci, il e musicali del novecento, beh, quella è senza alcun dubbio meglio deve ancora venire. Sì, perché Joëlle Léandre sarà a la contrabbassista e compositrice francese Joëlle Léandre. Locarno allo Spazio Pannelle 10 nelle giornate dell’11 e del Nata nel 1951 ad Aix-en-Provence, fin da bambina studia 12 ottobre dove, oltre a esibirsi in concerto la sera di sabato pianoforte e contrabbasso per approdare poi al Conservatoire insieme al trombettista Guy Bettini e alla vocalist Natalie National Superieur de Musique de Paris dove si forma come Peters, terrà un workshop a cui seguirà il concerto dei parmusicista classica. Nel 1971 avviene l’incontro con il jazz e tecipanti. Un’occasione imperdibile per ascoltare ed entrare con l’arte di Charles Mingus, Scott La Faro, Jimmy Garrison e in vivo contatto con una delle personalità più significative da lì a poco la conoscenza e la frequentazione con alcuni dei della musica del nostro tempo (circoru.org/BUFFET/?p=370). musicisti più significativi della nuova musica improvvisata (Derek Bailey, George Lewis, Anthony Braxton). I primi anni settanta rappresentano un momento magico per la ricerca Informazioni Per chi desiderasse approfondire la conoscenza del pensiero e della musicale in ambito improvvisativo sia in Europa sia negli musica di Joëlle Léandre consigliamo il volume À voix basse, entreStati Uniti: grazie alla tecnica prodigiosa, a una sensibilità tiens avec Joëlle Léandre (Éditions MF, 2008) e il DVD Basse continue, musicale non comune e a una visione personale del “fare” di Christine Baudillon, sempre del 2008.

Arti 7


L’altro teatro

Giunta alla sua 11esima edizione, dopo otto anni torna in Ticino la Biennale svizzera del teatro amatoriale. Ne abbiamo parlato con Gianni Megaro, dallo scorso marzo neopresidente della Federazione filodrammatiche della Svizzera italiana (FFSI) di Giancarlo Fornasier

OTTOBRE

“Vi aspettiamo dal 10 al 12 ottobre presso la Sala Multiuso attori amatoriali, che delizieranno il pubblico appassionato con e il Salone Parrocchiale di S. Antonino per festeggiare insieme delle piéce proprie e a tema imposto. Il tema della XI Biennale il teatro amatoriale svizzero. Noi ce l’abbiamo messa tutta per è: SCINTILLE! La sfida organizzativa maggiore che la nostra organizzare e creare un bellissimo ambiente di festa. Ora aspet- federazione ha dovuto affrontare è stata la ricerca di sponsor e tiamo voi tutti per condividere questa nostra gioia e rendere la relativi sostegni finanziari. Conosciamo bene il periodo difficile, che tutti stiamo vivendo; sensibilizzare il mondo economico XI Biennale svizzera del teatro amatoriale indimenticabile”. L’entusiasmo al Comitato direttivo della Federazione filo- ticinese al sostegno di una manifestazione teatrale amatoriale non è stato per nulla semplice e, devo drammatiche della Svizzera italiadire, con pochissime soddisfazioni. na di Bellinzona (FFSI; ffsi.ch) certo 2014 non manca. E come non capirli: la Un evento come la Biennale ha manifestazione non si svolge in Ticreato dei costi: in che modo raccino dal “lontano” 2008 (Lugano), BIENNALE SVIZZERA DEL cogliete i fondi e vi finanziate? essendo la biennale un evento itiTEATRO AMATORIALE Ricevete aiuti da parte di connerante che attraversa la Svizzera e deferazione, cantone o comuni? le sue diverse culture linguistiche. Le voci organizzative e i costi più A Sant’Antonino saranno presenti importanti spaziano dall’accoglienza dunque le quattro federazioni naall’alloggio delle filodrammatiche in zionali, ognuna con due spettacoli. rappresentanza delle federazioni naUn bell’esempio di proposta cultuzionali e rispettivi rappresentanti a rale “plurilingue” in un momento Sant’Antonino oratorio parrocchiale sala multiuso livello di comitati direttivi alla pubblistorico in cui gli idiomi nazionali cità. Volantini, manifesti, promozione sembrano doversi ridurre a due, lo in TV, articoli di giornale, striscioni, svizzero-tedesco e l’inglese delle grandi multinazionali. cartellonistica e altro ancora hanno inciso parecchio sul budget a nostra Tanto impegno, pochi aiuti disposizione. Con delle richieste di Gianni Megaro è il presidente canaiuti finanziari inviate per lettera al tonale della FFSI, federazione orgamondo economico ticinese (banche, assicurazioni, casse malati, società di nizzatrice della manifestazione. È naturalmente a lui che chiediamo di darci “la misura” S. Antonino ecc.) e nazionale (multinazioniali e ditte private) e soprattutto con l’aiuto degli enti pubblici, Dipartimento di quanto avverrà tra pochissimi giorni... educazione cultura e sport e il sostegno del canton San Gallo, I preparativi fervono e pare di capire che non vedete siamo riusciti a costituire un budget che ci ha permesso di far l’ora di aprire il sipario: quanti attori saranno presenti partire la macchina organizzativa. in Ticino e quali sono le maggiori sfide e i problemi La Federazione filodrammatiche della Svizzera italiache si pongono da un punto di vista organizzativo? Finalmente la Biennale ritorna a sud delle Alpi, in mani or- na raccoglie decine di gruppi di teatro amatoriale che ganizzative ticinesi! Sarà dunque la nostra Federazione a fare recitano in italiano o dialetto: in termini numerici, gli onori di casa, accogliendo due gruppi teatrali amatoriali quante persone sono coinvolte nella vostra associain rappresentanza delle federazioni della Svizzera francese zione e quante rappresentazioni vengono prodotte, (FSSTA), Svizzera tedesca (ZSV), Svizzera romancia (UTP), senza mediamente, sull’arco di un anno? dimenticare le due filodrammatiche rappresentanti la Svizzera Facendo una media fra le 36 compagnie affiliate possiamo conitaliana. Nonostante l’inglese prenda sempre più piede nella tare al nostro attivo circa 360/400 persone tra attori, attrici, comunicazione verbale di tutti i giorni, anche alle nostre lati- tecnici, registi, truccatori, costumisti, scenografi, tecnici luce e tudini il francese e l’italiano rimangono pur sempre, in scala suono, parrucchiere ecc. Le rappresentazioni sull’arco dell’anno d’importanza e di utilizzo a livello nazionale, in primo piano. sono difficili da valutare anche perché è la singola compagnia Dal 10 al 12 ottobre ospiteremo dunque ben 70 tra attrici e a decidere quante volte mandare in scena il proprio spettacolo.

XI

Società 8

10/11/12 sponsor

comune di Sant’Antonino

federazioni svizzere

organizzatore

http://www.fssta.ch/fssta/fssta

http://www.volkstheater.ch/

http://www.bvv.ch

www.ffsi.ch


Nata nel 1983, quest’anno la FFSI festeggia anche i sui primi 30 anni come membro del Conseil International des Fédérations de Théatre Amateur de Culture latine (CIFTA, nato a Ginevra nel 1907 e che oggi conta oltre 10mila gruppi teatrali). Lei è presidente della FFSI dal marzo scorso: come vede il futuro della federazione che oggi presiede, quali sono le maggiori sfide che dovrà affrontare nei prossimi anni? Sì, dallo scorso 22 marzo ricopro la carica di presidente. Una carica che ho ereditato dalla signora Danielle Molina, la quale ha vissuto questo incarico intensamente e personalmente facendo diventare la FFSI quello che oggi è e si presenta al pubblico appassionato: una federazione al passo con i tempi, attenta all’evoluzione teatrale amatoriale in Ticino, in Svizzera e a livello internazionale. Le sfide maggiori che dovrò, anzi dovremo affrontare nei prossimi anni saranno quelle di far riavvicinare il pubblico, giovane e adulto, a questo meraviglioso mondo del teatro amatoriale. Appassionare, incuriosire, comunicare in modo costruttivo direttamente con il pubblico, per far crescere sempre di più la FFSI, come punto di riferimento in ambito del teatrale amatoriale. Come è cambiato il teatro amatoriale in Ticino in questi decenni? In particolare, come rispondono oggi i più giovani a quest’arte, ormai immersi nei meandri di internet e dei social network? Il pubblico durante gli spettacoli e le manifestazioni diventa sempre più raro, ma ciò è anche dovuto alla crisi che viviamo e

alla poca informazione sul mondo del teatro amatoriale. Molte compagnie hanno difficoltà a ingaggiare persone che si mettano a disposizione per allestire uno spettacolo. I veri appassionati sono pochi. Fortunatamente la scuola propone dei dopo-scuola o dei laboratori teatrali facendo sì che i giovani si avvicinino a questo magico mondo. Probabilmente con l’avvento di internet e dei social i giovani si sono un po’ allontanati da quest’arte. Purtroppo, nonostante l’impegno di alcuni docenti, coloro che proseguono teatralmente dopo le scuole dell’obbligo sono ben pochi... C’è da dire che allestire uno spettacolo richiede tempo e fatica e a volte un notevole dispendio di soldi. Spesso gli affitti troppo elevati delle sale fanno sì che la compagnia amatoriale non abbia la possibilità mettere in scena lo spettacolo. In generale, crede che i media in Ticino (carta stampata ma soprattutto RSI e TeleTicino) diano sufficiente spazio alle proposte dei gruppi appartenenti alla FFSI, oppure le produzioni “amatoriali” sono considerate meno interessanti, perché poco professionali, di “serie B”? Spesso gli attori amatoriali si sono trovati davanti a delle porte chiuse e questo è un vero peccato. Noi, in quanto amatori, non siamo considerati professionisti, di conseguenza abbiamo poco risalto per le testate giornalistiche o televisive. Siamo però tutte persone, amatori e professionisti, che per “amore” del teatro mettono a disposizione il loro tempo cercando di creare qualcosa di gratificante, per noi e per gli altri, dell’intrattenimento, un modo per evadere in un “altro mondo”... Credo che non si dovrebbe palesare una differenza tale.

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Una strada diversa La carta stampata sta vivendo una profonda crisi. Di fronte all’immediatezza del web, i media cartacei sono alla ricerca di nuove modalità di informazione. L’esempio del periodico ceco ˇ ásenský “Reportér” del giornalista Robert C di Natascha Fioretti

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ˇ Robert Cásenský

“La

nuova moda dei ricchi magnati nel nostro paese sta diventando quella di comprarsi un giornale. Non basta avere una bella casa, un auto di lusso, centinaia di aziende ed entrare in politica. Per essere qualcuno qui da noi, diventare un pezzo grosso, devi avere anche un giornale”. Questo è quello che ˇ pensa Robert Cásenský, giornalista ed ex direttore di Mladá fronta Dnes (Giovane fronte oggi) uno dei quotidiani più influenti della Repubblica Ceca, dal passato socialista, oggi uno dei più moderni, critici e seri del paese. E le sue parole non vengono da una analisi o da un’osservazione teorica ma sono frutto dell’esperienza vissuta in prima persona.

Un esempio significativo Nell’estate del 2013 il Mladá fronta Dnes è stato comprato dal miliardario Andrei Babis, ministro delle finanze, presidente del partito politico Ano che lui stesso ha fondato, proprietario di oltre duecento aziende attive in vari settori, da quello agricolo a quello chimico. Per le statistiche di Forbes è il secondo magnate più ricco della Repubblica Ceca e tra i 913 più ricchi del mondo con un patrimonio

stimato intorno a 1,4 miliardi di dollari. E non è il solo a essere entrato nel mondo dell’informazione acquistando DNES e l’azienda mediatica di cui fa parte, la MAFRA . A seguire il suo esempio ve ne sono altri segnando un’inversione di tendenza importante rispetto al passato in cui i maggiori quotidiani erano in mano ai grandi gruppi stranieri, soprattutto tedeschi. A contendersi la scena infatti erano Ringier&Springer, Rheinische Post, Handelsblatt e Passauer Presse. Il primo a lasciare il paese fu Handelsblatt nel 2008 vendendo Ekonomia al miliardario ceco Zdenek Bakala. Seguirono lentamente altre tre testate, le più importanti, con l’ultima clamorosa acquisizione da parte di Andrei Babis del quotidiano DNES che nel 2013 ha segnato la maggiore diffusione di copie nel paese. Il motivo di questa inversione di tendenza è presto ˇ spiegato, dice Cásenský che “negli ultimi anni i ricavi dei quotidiani hanno subito un declino drammatico. È diminuita la pubblicità, sono calate le vendite e la diffusione, il mercato mediatico ceco non è più così attrattivo per gli investitori stranieri. Dunque perchè rinunciare a vendere per delle buone


offerte?”. Infatti, se guardando a Inghilterra e Stati Uniti, fatte poche eccezioni, siamo abituati ad assistere alla svendita dei giornali, qui invece per la stampa si paga ancora. Secondo indiscrezioni, per MAFRA Babis avrebbe sborsato qualcosa come 90 milioni di euro. Così ora si gioca in casa con non poche ambizioni. Il magnate infatti punta in alto “nell’arco dei prossimi tre anni voglio costituire il più importante gruppo editoriale del paese” ha dichiarato in un’intervista.

mentre per gli articoli di approfondimento e letture più lunghe i lettori prediligono pubblicazioni a scadenza settimanale o mensile”. Quello che lui e il suo staff di giornalisti, sette in tutti, hanno in mente è un magazine di nicchia rivolto a un target elevato e colto, offrendo articoli di approfondimento e di ampio respiro “potrà sembrare ambizioso ma i nostri modelli di riferimento sono gli americani The Atlantic e The New Yorker. Certo non possiamo competere con loro ma servono a orientare la qualità e la serietà del nostro lavoro. Il magazine si divide principalmente in cinque parti: la più estesa dedicata al reportage con un occhio sia alle storie internazionali sia locali e un’attenzione particolare al giornalismo investigativo (nel team abbiamo due dei maggiori giornalisti investigativi del paese), una parte dedicata alle storie di successo, a personaggi che sono riusciti ad affermarsi nei più disparati ambiti da quello scientifico a quello culturale, la terza con un focus su economia e finanza, la quarta con un occhio di riguardo all’Europa visto che molti lettori sanno tutto di Stati Uniti e Gran Bretagna, meno dei paesi confinanti e l’ultima, ma non meno importante, dedicata alla cultura che avrà ogni mese la pubblicazione di una storia scritta in esclusiva per il magazine”.

E la nostra indipendenza? Ma non a tutti i giornalisti sta bene dover lavorare per un ricco magnate che ha le mani in pasta ovunque, soprattutto se per anni gli elementi distintivi del proprio lavoro e della propria testata sono stati l’indipendenza, l’autorevolezza e la credibilità. “Quando Babis ha comprato l’intera azienda iniziava anche la sua personale campagna politica per le elezioni che si sono poi tenute a fine 2013. È stato un impatto tremendo per un giornale che è sempre stato indipendente e considerato tale dai propri lettori. Per me sin dal primo momento dell’annuncio fu chiaro che non potevo continuare a dirigere il mio giornale. Con i soldi di chi? Non avevo nessuna intenzione di gestire la In tutto il mensile avrà una foliazione di testata di un miliardario per di più coinvolto circa 140 pagine e costerà 3 euro a copia. e attivo politicamente”. Anche se di fatto Ma come si finanzia? È la grande domannon ci sono ingerenze da parte di chi lo da che ormai interessa e incuriosisce tutti, possiede la credibilità è minata alle radici ˇ quando si parla di un nuovo prodotto e Cásenský fa un esempio concreto: “Un editoriale che si affaccia sul mercato. Semmese fa DNES ha pubblicato uno scoop su La copertina di Reportér plice, il capitale iniziale lo ha messo lui, un primo ministro e il suo coinvolgimento ˇ “Prima ho in alcuni affari privati dieci anni fa. L’articolo era serio, ben fondatore e ideatore di Reportér, Robert Cásenský. documentato, la notizia attendibile. Eppure un’ora dopo la sua chiesto a mia moglie se era d’accordo. Poi ho chiesto in prestito pubblicazione a nessuno importava della notizia in sè piuttosto dei soldi ad alcuni amici imprenditori. Non del calibro di Babis tutti si chiedevano perchè Andrei Babis nel suo giornale attac- naturalmente (sorride). Era necessario per assicurare le attività casse il compagno di coalizione. Questo dimostra che anche della testate per almeno un anno nel caso in cui i guadagni non nel caso in cui i giornalisti svolgono un buon lavoro questo è fossero immediati e anche per pemetterci di lavorare in seremesso in discussione. Il lettore si chiederà sempre se la notizia nità. Naturalmente ho elaborato un piano economico a lungo termine che mi permetterà di rientrare e restituire i prestiti”. pubblicata è nell’interesse pubblico o del proprietario”. Eppure quello che è stato definito dalla stampa e dai media Ma le buone notizie non tardano ad arrivare e a rendere ˇ più sicuro del fatto suo e del futuro successo del il nuovo Berlusconi o il Berlusconi dell’Est non ci sta a pas- Cásenský sare per censore e manipolatore “non voglio essere un nuovo suo giornale “abbiamo cercato dei partner che appoggiassero Berlusconi. Non mi interessano le minorenni. Il mio interesse il nostro progetto e quattro grandi aziende hanno acconsentito nell’azienda MAFRA è quella di un investitore, qui si parla di garantendo insieme un totale di 25mila copie acquistate per soldi. Non siederò in nessuna redazione. Con i giornalisti dei mese. Questo ci dà speranza anche perché un’idea può essere miei giornali non parlo, non rilascio nemmeno interviste”. brillante quanto vuoi ma deve poggiare anche su basi concrete”. Nel lungo termine invece (dopo il lancio del primo numero lo scorso 15 settembre) l’idea è quella di vivere anche della La forza dei periodici e dell’approfondimento ˇ Ma Cásenský non gli crede e in quello che è uno scenario pubblicità degli abbonamenti e delle offerte alla Fondazioˇ ha istituito insieme al giornale. mediatico complesso dove le grandi aziende e i maggiori ne che Cásenský ˇ giornali vanno avanti a suon di corone, Robert Cásenský Dunque conti a posto, contenuti di qualità, grandi amha deciso di dare vita a un nuovo progetto giornalistico: bizioni ma si giocherà tutto sulla carta o anche sul web? un magazine a pubblicazione mensile dal nome Reportér. “Il magazine sarà disponibile anche in versione digitale a Alla domanda se non gli sembra un’idea ambiziosa e anche pagamento e poi ci sarà un sito gratuito (reportermagazin. rischiosa in un momento in cui la stampa scritta cartacea cz) che però non mira a fare informazione di attualità e a ˇ soffre e l’industria tutta si reinventa Cásenský non esita a essere regolarmente aggiornato, piuttosto conterrà articoli di rispondere neanche per un momento “qui da noi come nel approfondimento e commenti che rimandano alla versione resto dell’Europa a essere in crisi sono i quotidiani. Ormai per cartacea”. Alcuni contributi sul web saranno disponibili le notizie qui ci si informa sul web e su altri media elettronici anche in lingua inglese.

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F

inita la scuola dell’obbligo, ho svolto un apprendistato come tecnico di laboratorio in chimica. Da una parte c’era mio padre che voleva facessi il liceo, dall’altra mia madre che desiderava seguissi una formazione artistica. Alla fine, forse per rivolta adolescenziale, o forse semplicemente perché la scienza mi ha sempre attirato, ho optato per una formazione tecnica e breve, della durata di tre anni. Ho però capito in fretta che ciò che davvero desideravo era disegnare, attività non molto compatibile con la chimica. Appassionato da sempre di cinema, mi sono iscritto alla scuola di belle arti di Ginevra con l’intento di occuparmi della settima arte. Dopo un primo approccio tentennante, ho terminato la mia formazione diplomandomi con un cartone animato. Finiti gli studi, ho provato subito a vivere della mia passione e finora mi è andata bene. Il mondo dell’animazione svizzera è abbastanza modesto, niente a che vedere con le grandi industrie cinematografiche americane o francesi. Tuttavia, a livello internazionale, il cinema d’animazione elvetico gode di un ottimo successo. È abbastanza facile trovare i professionisti del settore e discutere con loro di progetti e nuove idee. Da quando ho terminato gli studi lavoro con la casa di produzione Nadasdy film di Ginevra, che ha curato e prodotto il mio primo cortometraggio. Da allora la collaborazione continua in modo proficuo. Stiamo al momento producendo il mio terzo cortometraggio e sviluppando al contempo un progetto un po’ più grande. La realizzazione dei miei lavori passa attraverso diverse fasi, spesso dei veri e propri tentativi. La mia formazione è quella di un regista e, anche se animo personalmente tutte le parti dei miei film, non ho studiato da animatore. Devo quindi spesso sperimentare, tentare e ritentare. Il vantaggio di lavorare in uno studio di animazione, è che c’è sempre un animatore che ti può aiutare se hai un problema specifico. La differenza fra i due ruoli è che il compito dell’animatore è studiare e realizzare i movimenti dei personaggi seguendo la guida del regista, dunque il lavoro dell’animatore è più tecnico. È importante per un regista conoscere i dettagli tecnici, ma è ancora più importante che egli abbia la visione d’insieme per riuscire a narrare la storia tramite il suo film.

Sono contento che col tempo ci si renda sempre più conto che il cinema d’animazione non è solo rivolto ai bambini, sono storie che parlano anche agli adulti. Mi fa piacere vedere che c’è sempre maggiore interesse nei confronti di questo settore, ma non bisogna mai perdersi nell’aspetto troppo tecnico delle cose. Un buon film è un buon film, non penso che la tecnica o lo stile influenzino veramente la qualità di una pellicola. Alla fine ciò che rimane nel cuore dello spettatore sono la storia e i personaggi. Quando penso al mio futuro, sia professionale che personale, cerco sempre di non fare progetti troppo a lungo termine. Sono molto contento e consapevole della fortuna che ho a svolgere il mio lavoro. Vorrei continuare a realizzare film d’animazione, ma magari cimentandomi con dei progetti più grandi, come una serie animata o un lungometraggio, per esempio. Devo ammettere che nonostante l’animazione sia il mezzo espressivo che preferisco, ciò che più mi sta a cuore dei miei progetti resta il contenuto, il messaggio. Quindi la speranza è quella di creare lavori che parlino al maggior numero di persone e a un pubblico sempre più vasto. Ogni mio progetto prende spunto da fatti reali, dall’attualità. Amo affrontare in un modo o nell’altro il tema del rapporto squilibrato tra l’uomo e la natura. Le responsabilità dell’uomo sull’ambiente e quindi il suo impatto sul mondo, sono tematiche che mi stanno molto a cuore. La mia percezione del mondo mi spinge a sviluppare progetti che tentano di far prendere coscienza allo spettatore dei problemi indotti dal nostro stile di vita. Cerco sempre di trovare un tema forte da affrontare, anche perché la realizzazione di un cortometraggio di 7 o 8 minuti mi prende quasi due anni. Dato che dovrò lavorarci per così tanto tempo, è essenziale scegliere un soggetto che mi stia molto a cuore. Anche se affronto tematiche serie, cerco sempre di parlarne con una certa dose di leggerezza e di distacco. L’ironia ci permette di prendere le dovute distanze da ciò che viviamo e vediamo. Senza dimenticare ciò che diceva Wittgenstein: “L’umorismo non è una disposizione dell’animo, ma una visione del mondo”.

MArCeL BAreLLI

Vitae 12

Dalla chimica al cinema d’animazione, dal disegno alla narrazione. Un giovane che usa le immagini per raccontare l’uomo e il suo rapporto col mondo

testimonianza raccolta da Gabriele Scanziani fotografia ©Flavia Leuenberger


ex Sanatori in ticino

Il crepuscolo del giorno a cura della Redazione; fotografie ŠMarco Cortesi


Sanatorio di Agra

L’ex sanatorio per tubercolotici fu realizzato dall’architetto zurighese Edwin Wipf nel biennio 1912-1913. Costruito come un anfiteatro rivolto verso sud in posizione panoramica sul Ceresio (con soldi di benefattori tedeschi e della casa imperiale di Germania), il gigantesco edificio fu inaugurato nel gennaio del 1914. Sin dai primi anni venti del novecento voci e illazioni sulla reale funzione della struttura medica si susseguirono: un “covo di spie” tedesche in territorio elvetico (a pochi passi dal confine italiano) per alcuni, clinica per “esperimenti su esseri umani” secondo altri... le vicende legate a questa indimenticabile e impressionante costruzione (abbattuta e oggi diventata un lussuoso centro wellness) sono raccontate nel volume “Agra 1914-1918. Il respiro del sanatorio”, a cura dello storico Enrico Fuselli (Giampiero Casagrande Editore, 2009).


C

on ciò il nostro avventuroso giovane pensò di aver regolato molte cose e con animo tranquillo, benché tormentato dalla tosse e dallo stordimento del raffreddore, visse in attesa le sue giornate, quelle giornate normali, suddivise in molti brevi tratti e nella loro invariabile monotonia né divertenti né noiose, che erano sempre le stesse. La mattina, dopo aver bussato rumorosamente, entrava il bagnino, un pezzo d’uomo robusto, di nome Iurnherr, con le maniche della camicia rimboccate, le vene delle braccia sporgenti e la pronuncia gorgogliante, molto impacciato, il quale chiamava Castorp, come tutti i pazienti, col numero della camera, e lo massaggiava con l’alcol. Uscito lui arrivava, poco dopo, Joachim, già vestito, a dare il buon giorno, a informarsi della temperatura di suo cugino alle sette della mattina e a comunicare la propria. Mentre questi faceva colazione al pianterreno, Castorp con le spalle appoggiate al piumino, con l’appetito che il cambiamento di vita comporta, faceva altrettanto, senza scomporsi gran che per l’affaccendata e regolamentare irruzione dei medici, i quali dopo esser passati a quell’ora per la sala da pranzo facevano a passo di bersagliere la ronda per le camere dei degenti e dei moribondi. Con la

bocca piena di conserva confermava di aver dormito bene, guardava oltre l’orlo della tazza il direttore che, puntando i pugni sulla tavola che era nel mezzo della camera, dava una rapida occhiata alla tabella clinica, e in tono tranquillo e strascicato rispondeva al saluto dei medici che uscivano. Poi accendeva una sigaretta e vedeva Joachim ritornare dal servizio mattutino, mentre gli pareva che fosse appena uscito. Parlavano di nuovo del più e del meno, e l’intervallo tra questa e la seconda colazione (intanto Joachim faceva la cura sulla sdraio) era così breve che nemmeno un povero di spirito, una testa decisamente vuota avrebbe fatto in tempo ad annoiarsi... mentre invece Castorp aveva abbondantemente da riflettere sulle prime tre settimane passate lassù, e da assimilare le sue condizioni presenti e le eventualità future, sicché poteva anche fare a meno dei due grossi volumi d’una rivista illustrata che, prelevati dalla biblioteca del sanatorio, giacevano sul suo comodino. Né era diverso il periodo di tempo che Joachim impiegava per la sua seconda passeggiata a Davos Platz, della durata di un’oretta. Egli ritornava poi da suo cugino, gli riferiva le varie cose che aveva notate durante la passeggiata, stava in piedi o un po’ seduto sulla sponda del letto prima di coricarsi per la cura di mezzogiorno... che poi durava forse

(...)


molto? No, anche questa un’oretta! Bastava guardare un po’ il soffitto, le mani piegate sotto la testa, e seguire un pensiero, ed ecco rimbombare il gong che invitava i non degenti e non moribondi a prepararsi al pasto principale. Uscito Joachim arrivava la “minestra del mezzogiorno”, nome ingenuamente simbolico di ciò che veniva. Castorp infatti non era costretto alla dieta dei malati – perché ve lo avrebbero dovuto costringere? La dieta di malato, la dieta scarsa, non era affatto indicata per le sue condizioni. Egli era lì coricato, pagava la pensione completa e ciò che gli recavano nella costante eternità dell’ora non era una “minestra di mezzogiorno”, erano le sei portate che usavano al Berghof, senza detrazioni e in tutta la loro ampiezza, pasto sontuoso tutti i giorni, pasto di gala, di piacere, di parata la domenica, preparato dal capocuoco di scuola europea nella cucina del lussuoso albergo del sanatorio. La cameriera incaricata di servire i malati costretti a letto glielo portava in appetitosi tegamini; chiusi da convessi coperchi nichelati, gli spingeva la tavola, approntata per l’occasione, quella meraviglia d’equilibrio costruita su una gamba sola, di traverso, sopra il letto, e Hans Castorp vi desinava come il figlio del sarto alla mensa miracolosa. Appena aveva finito di mangiare, arrivava Joachim e finché questi andava sul suo balcone e il silenzio della lunga cura sulla poltrona a sdraio calava sul Berghof, si erano fatte le due e mezzo. Non esatte, forse; a rigore, probabilmente, le due e un quarto. Ma questi quarti d’ora eccedenti le unità intere non contano, vengono anzi assorbiti di passaggio, quando si considera il tempo in grande, come ad esempio in viaggio, nelle molte ore di percorso in ferrovia o, in genere, durante le attese, le soste vuote, nelle quali tutta la vita e tutte le aspirazioni consistono nel far passare il tempo.

Sanatorio di Medoscio Per la loro funzione, queste strutture medicalizzate dovevano sorgere in luoghi in cui la presenza del sole era garantita: il Ticino rappresentava da questo punto di vista una regione ideale. Tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento il sole (l’elioterapia) e l’aria di montagna erano le poche cure a cui i tubercolotici potevano agrapparsi, ma ancora nel 1908 ben il 75% dei malati di TBC moriva entro i primi cinque anni. Il “Sanatorio dei bambini di Medoscio” venne finanziato dalla Curia vescovile nel 1932. La struttura accolse da subito una cinquantina di fanciulli, sotto la direzione e l’assistenza delle suore di S. Anna di Lucerna. Oggi la struttura posta sulla collina sopra Cugnasco-Gerra è in uno stato di totale abbandono e (naturalmente) fonte di urla e grida “misteriose”, dimora di fantasmi, satanisti locali e palestra per writer in erba.


Un quarto dopo le due... può equivalere alla metà fra le due e le tre; anzi, lasciamo correre, equivale alle tre addirittura, visto che c’entra il tre. I trenta minuti fanno da introduzione all’ora intera che va dalle tre alle quattro, e mentalmente vengono eliminati: così si fa in siffatte circostanze. Anche la cura lunga finiva pertanto col durare in realtà soltanto un’ora... la quale alla fine veniva accorciata, mozzata e, per così dire, apostrofata. L’apostrofo era il dottor Krokowski. Proprio cosí: Krokowski durante il suo personale giro pomeridiano non girava più al largo, Castorp contava anche lui, non era piú un intervallo, uno iato, era un paziente che veniva interro-

gato e non lasciato da parte, come era avvenuto per tanto tempo con suo segreto e lieve ma quotidiano dispetto. (…) Krokowski entrava dal balcone alle tre e tre quarti o anche un poco prima, salutava il malato con virile serenità, formulava le piú semplici domande sanitarie, attaccava magari un discorsetto piú personale, celiava amichevolmente... e, quantunque tutto ciò avesse pur anche una leggera tinta di gravità, infine si fa l’abitudine anche alla gravità quando rimanga entro i suoi limiti, molto presto Castorp non trovò piú nulla da ridire contro la regolare comparsa del dottor Krokowski, la quale faceva parte della giornata normale e apostrofava l’ora della lunga cura a sdraio. (...)


Sanatorio di Piotta

Caduto in disuso all’inizio degli anni sessanta, la struttura leventinese è certamente tra i più noti esempi in Ticino di abbandono e totale incuria di un complesso architettonico che avrebbe meritato (e meriterebbe) ben altre pagine di storia, sociale e dei beni culturali. Nato per volontà del medico Fabrizio Maffi di Pavia come “Sanatorio del Gottardo” su progetto dell’archietto milanese Diego Brioschi (era il lontano 1905), l’edificio presenta particolari lavorazioni nei ferri delle ringhiere e delle tettoie, tipiche del liberty di quegli anni. In occasione del centenario della sua nascita è stato pubblicato il volume “Il Sanatorio di Piotta e la sua storia” di Ivo Giulietti (Storia Medica Ticinese, 2005). Da allora poco è cambiato: il complesso di Piotta (a due passi dalla funicolare che conduce al Ritom) continua a rimane un immenso e affascinante rudere, per molti inquietante, perduto nel tempo e nella sofferenza di chi vi ha soggiornato.

Quando l’assistente si ritirava sul balcone erano dunque le quattro... cioè pomeriggio avanzato! Sí, all’improvviso, prima che uno ci pensasse, era pomeriggio avanzato... il quale poi senza indugio si protendeva quasi verso la sera: poiché, quando si era preso il tè, tanto giù nella sala quanto al numero 34, si arrivava di filato alle cinque, e quando Joachim ritornava dalla sua terza passeggiata di servizio e veniva a rivedere suo cugino, si era tanto vicini alle sei che la cura prima di cena, calcolando un po’ all’ingrosso, si riduceva un’altra volta a un’ora... un’ostilità del tempo che era facilissimo vincere avendo pensieri in testa e oltre a ciò tutto un orbis pictus sul comodino. Joachim si accomiatava per andare a tavola. La cameriera recava la cena. Da un pezzo la valle si era empita di ombre

e, mentre Castorp mangiava, le tenebre entravano a vista d’occhio nella camera bianca. Quando aveva finito, se ne stava seduto, con le spalle contro il cuscino, davanti alla mensa miracolosa ormai vuota e guardava il crepuscolo che incupiva rapidamente, il crepuscolo di quel giorno che era difficile distinguere da quello di uno o due giorni o di un’intera settimana prima. Scendeva la sera... ed era appena trascorso il mattino. Il giorno spezzettato e reso apposta dilettevole gli si era letteralmente sbriciolato tra le mani e dileguato, come poté notare serenamente stupito e, se mai, pensieroso; non era ancora in età da averne orrore. Gli pareva soltanto di stare ancora a guardare. da La montagna incantata (1924) di Thomas Mann


Marco Cortesi Classe 1981, è un fotografo svizzero che vive a Lugano. Ha studiato all’International Center of Photography (ICP) di New York e ha partecipato a workshop e master class con fotografi di rinomate agenzie come Magnum e VII. È fondatore e direttore del Festival internazionale di fotografia LuganoPhotoDays (luganophotodays.ch). marcocortesiphotography.com


Gambe alla riscossa Tendenze p. 44 – 45 | di Marisa Gorza


E

lisabetta, regina della pragmatica Inghilterra del XVI secolo, oltre che donna lungimirante e intelligente, era vanitosa e piena di spirito. Difatti si compiaceva delle sue gambe forti e slanciate. Particolarmente se erano rivestite da belle calze di seta, tanto che fu molto grata a Lady Montagu che le regalò il primo paio di involucri tubolari, realizzati a telaio. Discretamente aderenti e modellati. L’avvento delle calze, intese almeno nell’accezione moderna, era già avvenuto nel corso del Medioevo, quando si cominciò a lavorare la seta per costruire con i ferri le nostre fodere gemelle. Però fino a tutto il quattrocento le calze rimasero relegate al ruolo di ornamentale accessorio, finché regnanti, nobiluomini e ricchi possidenti le sfoggiarono come capo di vestiario principale, dai colori sgargianti sotto la corta tunica. E le donne non le portavano? Sulla passerella della storia, fin nell’ottocento inoltrato, a esibire arti ed estremità inferiori, furono solo gli uomini. Le donne, almeno quelle per bene e di alto censo, pare non avessero le gambe (innominabili) e, forse, nemmeno i piedi. Solo nell’intimità delle alcove, con gesto malizioso, si sfilavano calze segrete e mitiche giarrettiere a beneficio di mariti, amanti e favoriti. Ed eccoci nel nuovo secolo: con l’invenzione del rayon, ribattezzato seta artificiale, le calze relativamente velate diventano accessibili a un’ampia utenza. La rivoluzione si completa nel 1938 con la nascita negli stabilimenti della DuPont del nylon. La giarrettiera viene sostituita dal reggicalze: un esiguo aggeggio, ma ben saturo di valenza erotica. La tecnologia degli anni cinquanta permetterà di realizzare le calze senza cucitura posteriore (la famosa riga) declinate in svariate sfumature, mentre negli anni sessanta, con

l’avvento degli elastomeri, la perfetta aderenza non è più una promessa. Quando scoppia il boom della minigonna, per il collant è un vero trionfo, si perde però l’uso del reggicalze, sostituito più avanti dalle sexy autoreggenti. Nei decenni successivi tecnica e moda hanno continuato a procedere di pari passo, ravvivando la scena con calze malandrine e la ricerca del comfort, tipico della nostra epoca. Senza mai dimenticare ciò che un esteta quale fu Jean Cocteau asseriva convinto: “Se non ci fossero le calze, le gambe delle donne sarebbero solo dei mezzi di locomozione”. Pizzi e merletti a tutto comfort Traguardo di un eros misterioso e varco dell’immaginario maschile. Leggenda, mito, simbolo, sogno... le calze avvolgono le gambe femminili di un fascino intrigante. Ma non è tutto: alle nostre care estremità, oltre alla bellezza, si può garantire salute e benessere. Questa è la filosofia che nel corso degli anni ha spinto il marchio Solidea by Calzificio Pinelli a sperimentare e lanciare sul mercato delle calze dalle incredibili performance. Con geniale intuizione è stato messo a frutto il concetto di calze, collant, calzini a compressione graduata tramite i quali il benessere diventa bellessere e viceversa. Un perfetto mix di tecnologia ed eleganza, charme e comfort che ha traghettato la calza elastica

fuori dai deprimenti confini in cui era un tempo relegata. Indossata non mostra alcuna estetica differenza con altri prodotti non curativi, se non gli effetti positivi che assicura, ovvero riduzione di gonfiori e disturbi venosi. “Non un mortificante tutore, ma un irrinunciabile accessorio di moda e di stile che mantiene ed esalta la bellezza delle gambe”, sostiene Enzo Pinelli, fondatore del calzificio mantovano, uomo dotato di grande ingegno e creatività, nonché di entusiasmo e passione condivisi dalla moglie Cristina, dai figli Luca e Michele e da tutto il fedelissimo staff. La conferma che la calza Solidea sia un indumento trendy è stato il suo arrivo sulla passerella a côté delle prestigiose sfilate di MilanoModaDonna dello scorso settembre. Così all’interno di una speciale pedanaring, con la parte alta opacizzata, creata apposta per catalizzare l’attenzione sulle gambe, sono apparse Chantal, Miriam e Rachel, le prime collant a compressione graduata, realizzate in un pizzo suadente. Punto di partenza su cui costruire un outfit di classe, basta abbinarci un semplice tubino e un paio di décolleté. Profusione sul quadrato magico di gambe vestite da collant diafani o coprenti, per non parlare delle autoreggenti con balze in trine sensuali. Ognuna nasconde un segreto: quello di un massaggio dolce ed efficace con esiti di freschezza e dinamismo. Novità tra le novità, arriva la calza da notte, tutta un merletto in sfumature pastello, la cui compressione rigenerante favorisce l’eliminazione dei liquidi sottocutanei e quindi dell’odiosa... cellulite! Ops, dimenticavo... in pedana, tra le belle gambe femminili sono apparsi un paio di garretti muscolosi, chiaramente maschili, indossanti degli eleganti gambaletti relax. Anche per lui è giunto il momento di pensare agli arti inferiori, stressati dai lunghi viaggi in auto e in aereo.


La domanda della settimana

Ritenete eccessivo l’atteggiamento e l’attenzione che molte persone riservano ai propri animali domestici?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 9 ottobre. I risultati appariranno sul numero 42 di Ticinosette.

Al quesito “Ritenete che l’offerta scolastica del cantone soddisfi le necessità e le richieste provenienti dal mondo del lavoro?” avete risposto:

SI

67%

NO

33%

Svaghi 46

Astri ariete Con Marte e Giove favorevoli le energie sono al massimo livello. Vigore fisico e mentale. Cautela nello scrivere per i nati nell’ultima decade.

toro Possibili stati di incomunicabilità con le persone più intime tra il 9 e l’11. Riposate di più. Cambiamenti drastici per i nati nel mese di maggio.

gemelli Tra il 6 e il 7 ottobre Luna in Pesci. Calo energetico per i nati nella seconda decade. Possibile svisceramento di energie subconscie. Irritabilità.

cancro La Luna in Pesci accresce le capacità intuitive e le potenzialità creative. Riordino dei propri ambienti familiari. Atmosfere sensuali e romantiche.

leone Con Marte in trigono a Giove siete in grado di fare ogni cosa. Date spazio alle soluzioni più creative. Tra l’8 e il 9 sarete al cento di una sorpresa.

vergine Mercurio favorevole per i nati in agosto, Marte disarmonico per i nati in settembre. I primi, abili diplomatici, i secondi, bruschi e irritabili.

bilancia Questo è il momento della creatività e dell’amore. Flirts superficiali tra l’8 e il 9 stimolati dall’opposizione lunare. Opportunità professionali.

scorpione Particolarmente irascibili i nati nella prima decade con il partner, malinconici i nati nella terza decade. Non fatevi prendere da inutili nostalgie.

sagittario Venere in Bilancia, appoggiata da Marte, dà inizio a una fase più edonistica e dinamica nei vostri rapporti sentimentali. Bene tra l’8 e il 9.

capricorno Liberatevi dai condizionamenti familiari. Rapporti sociali importanti per i nati nella prima decade. Positive le date comprese tra il 9 e l’11.

acquario Sotto esame i nati nella terza decade stimolati dall’opposizione di Saturno. Tagliate con tutto ciò che non vi appartiene. Bene tra l’8 e il 9.

pesci Tra il 6 e il 7 grazie agli aspetti tra Mercurio e Luna si apre uno scenario ricco di opportunità. Irascibili i nati nella seconda decade stimolati da Marte.


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Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 9 ottobre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 7 ott. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

Verticali 1. Noto film del ’68 di Lee H. Katzin con Glenn Ford • 2. Un malessere da mal di mare • 3. Recintare • 4. Ha per capitale Teheran • 5. Due nullità • 6. Straccio per la polvere • 7. Il dei tali • 8. Mezza riga • 9. Vi sosta la carovana • 13. Lo pseudonimo di Jacopo Robusti • 16. I covi delle volpi • 17. Quel che abbaia non morde • 21. Un’incognita • 23. Il nome della Fallaci • 25. Debuttante • 27. Potente esplosivo • 30. È l’ultima a morire • 32. È simile alla caffeina • 35. Dittongo in pietra • 40. Replica • 42. Reggono le bandiere • 44. Consegnare • 46. In mezzo al ballo • 47. Oriente • 48. Austria e Spagna.

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Orizzontali 1. Quello simpatico è invisibile • 10. Lamenti poetici • 11. Binario • 12. Si fa alla matita • 14. Consonanti in ruolo • 15. Impulso naturale • 17. Centouno romani • 18. Il Connery 007 • 19. Malattia bovina • 20. Il compositore della “Didone abbandonata” • 22. Negazione • 24. Periodo preistorico • 26. Le iniziali di Toffolo • 28. Romania e Svezia • 29. Eccellono nello sport • 31. Ripide • 33. Il gioco con il settebello • 34. Fu la capitale dei Sabini • 36. Radice piccante • 37. La cura l’otorino • 38. La uccide Ercole • 39. Regalo • 40. Carnefice • 41. Raganella arborea • 42. Assicurazione Invalidità • 43. Fine inglese • 45. La prima nota • 46. La deve giustificare lo scolaro • 48. Stop! • 49. Stella del cinema • 50. La frittata parigina.

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La soluzione del Concorso apparso il 19 settembre è: LUNATICO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta sono stati sorteggiati: Franco Riva (Castione) Flavio Herr (Cresciano) Alba Cavadini (Chiasso) Complimenti ai vincitori!

Premio in palio: buono RailAway FFS per l’offerta “Termali Salini & Spa Lido Locarno” RailAway FFS offre 1 buono del valore di 100.– CHF per 2 persone in 2a classe per l’offerta RailAway FFS “Termali Salini & Spa Lido Locarno” da scontare presso una stazione FFS in Svizzera. Ulteriori informazioni su ffs.ch/termalisalini

Con RailAway FFS al Termali Salini & Spa Lido Locarno. Wellness con vista lago. Immergetevi nell’acqua e rilassatevi con la privilegiata vista sul lago e sulle montagne che si gode dalla struttura Termali Salini & Spa Lido Locarno, direttamente sul Lago Maggiore. Concedetevi una pausa dallo stress quotidiano e lasciatevi viziare dall’atmosfera ticinese.

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SPINAS CIVIL VOICES

ROULETTE AFRICANA L’acqua contaminata rende ogni sorso un rischio mortale. Bisogna agire ora: www.helvetas.ch


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