Ticinosette

№ 45 del 7 novembre 2014 · con Teleradio dal 9 al 15 nov.

ECONOMIA VERDE

La Svizzera, per i suoi requisiti naturali e sociali, può aspirare a diventare un modello nell,ambito dello sviluppo sostenibile

Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–

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La probabilità di un ritorno dei dinosauri è di circa 0.0000015%.

Dunque non è esclusa.

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Ticinosette allegato settimanale N° 45 del 7.11.2014

Impressum Tiratura controllata 66’475 copie

Chiusura redazionale Venerdì 31 ottobre

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

4 Ambiente Energia e mobilità. Una boccata d’aria di GiancaRlo FoRnasieR ................. 8 Arti Mostre. Surviving Van Gogh di alessandRo tabacchi ......................................... 10 Società Meritocrazia. Il paese che merita di nicoletta baRazzoni ............................ 12 Tecnologie Prevenzione. Pedalare sì, ma sicuro a cuRa della Redazione .................. 13 Vitae Pinar Akbulut di demis QuadRi ....................................................................... 14 Reportage Torba. Il monastero e la fortezza di R. Roveda; Foto di s. biedeRmann ..... 39 Graphic Novel Excusado di bRuno machado ........................................................ 44 Salute Autunno. Strategie al naturale di KeRi Gonzato............................................ 45 Fiaba Volpi in vista di natascha FioRetti ................................................................... 46 Tendenze Architettura. Case galleggianti di FRancesca ajmaR ................................. 48 Svaghi .................................................................................................................... 50 Agorà Green economy. Un’opportunità reale

di

RobeRto Roveda ..............................

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

Stampa

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In copertina

Il bacino dell’impianto idroelettrico del Ritom (Leventina) Fotografia ©Peter Keller

Adriano (in un libro e una mostra) È con molto piacere che segnaliamo l’uscita di un volume che raccoglie alcune delle vignette prodotte negli ultimi quarant’anni di attività da Adriano Crivelli, dall’aprile del 2008 collaboratore di Ticinosette, che non ha mai smesso di pubblicare settimanalmente le sue riflessioni e le sue provocazioni “in immagini”.

Il libro dal titolo yo-yo (SalvioniEdizioni, 228 pagine) riunisce 250 disegni umoristici frutto di collaborazioni con giornali e riviste svizzere e internazionali. Una scelta di opere (in parte inedite) che, come scrive Dalmazio Ambrosioni nel comunicato inviato alla stampa, sono state selezionate “nell’immenso archivio di questo disegnatore dallo stile inconfondibile e dalla capacità di unire satira e sorriso, creatività e divertimento.

Lungo 21 temi – dalla moda alla TV, dai giovani all’ambiente, dalla madrepatria ai rapporti Svizzera-Europa, dall’amore all’economia e via elencando – yo-yo affronta dal versante umoristico argomenti tra i più dibattuti e scottanti del nostro tempo, non senza qualche sapida digressione sull’erotismo.

Questo libro offre l’occasione di ammirare l’opera ma anche di conoscere gli antefatti e la formazione culturale di un autore tra i più conosciuti e seguiti attraverso le sue vignette

divertenti, ricche di spunti intelligenti ed anche provocatori, tra bianconero e colore”.

Il volume è introdotto da uno scritto proprio di Ambrosioni, nel quale viene raccontato il rapporto tra Adriano e il disegno umoristico: dall’infanzia, quando scopriva i maggiori disegnatori umoristici del tempo (da Sampé, a Ronald Searle e Tomi Ungerer), “alla successiva avventura espressiva lungo la quale ha saputo creare un proprio inequivocabile stile. Di tema in tema, di vignetta in vignetta vengono raccontati i fatti salienti degli ultimi quarant’anni, proponendone una visione inconsueta, non ufficiale ma forse più vera e sicuramente più vicina al sentire della gente”.

La pubblicazione verrà presentata domenica, 9 novembre, alle ore 11 all’interno del vernissage della mostra dei disegni di Adriano allestita negli spazi della Rivabella Art Gallery, Magliaso: sino al 26 novembre saranno visibili lavori per lo più inediti, un’occasione “per verificare dal vero, e non solo in riproduzione”, scrive ancora Dalmazio Ambrosioni “la maestria del segno di Adriano Crivelli, la capacità di sintetizzare in pochi eleganti tratti, e sempre da un’angolazione umoristica, personaggi e avvenimenti, temi e discussioni che accompagnano la nostra vita”.

Buona lettura, la Redazione

Un’opportunità reale Green economy. Nelle istituzioni nazionali e internazionali si sta rafforzando l’idea che investire nella tutela dell’ambiente, oltre a risolvere i problemi legati all’inquinamento e alla diminuzione delle fonti energetiche tradizionali, possa rappresentare una fonte di crescita economica capace di creare occupazione e profitto. Una via quindi per un futuro più roseo... anzi verde di Roberto Roveda

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Agorà 4

egli ultimi anni il sistema economico si sta confrontando, a livello globale, con grandi problematiche, in buona parte legate alle fonti energetiche tradizionali, in primis petrolio e carbone. Queste risorse, infatti, si stanno progressivamente esaurendo e nello stesso tempo sta crescendo la richiesta di energia da parte di paesi in via di industrializzazione, asiatici e latinoamericani soprattutto. Queste fonti energetiche, però, sono tra le maggiori responsabili dell’inquinamento ambientale a livello globale, una vera e propria emergenza prossima a un punto di non ritorno secondo molti scienziati.

Insomma, il sistema economico attuale sembra aver imboccato una sorta di vicolo cieco, in cui l’unica speranza per il futuro appare quella di una decisa marcia indietro, attuabile attraverso una riconversione verso un sistema ecocompatibile e sostenibile.

Riconvertire per ripartire Green economy, economia verde, la chiamano gli esperti: questa pare essere la strada per il futuro. Una via obbligata per molti, a impatto “zero”, ma non certo a “zero” costi.

Riconvertire l’economia richiede, infatti, investimenti stratosferici, inutile nasconderlo, e anche qualche sacrificio in più da parte degli utenti finali, a fronte di vantaggi che saranno percepibili solo sul lungo periodo.

Questa, almeno, è l’opinione più diffusa, anche se crescono gli analisti che provano a valutare la questione “economia verde” da un punto di vista differente, considerando la riconversione ecologica non solo in una prospettiva ambientale e di salvaguardia della salute pubblica, ma come una grande opportunità per superare la stagnazione economica che affligge principalmente le nazioni sviluppate. È l’opinione, per esempio, di Emanuele Campiglio, economista presso il Dipartimento di Geografia e Ambiente della London School of Economics e autore del volume L’economia buona (Bruno Mondadori, 2012): A mio parere la creazione di una green economy potrebbe avere forti ricadute positive in termini di occupazione. Avremo, infatti, le chance occupazionali offerte dai cosiddetti green jobs, cioè quei lavori – nei settori agricoli, manifatturieri e dei servizi – che contribuiscono a preservare o migliorare la qualità

ambientale e la sostenibilità del sistema economico. Spesso non lo si considera a sufficienza, ma una riconversione produttiva del sistema necessita, infatti, di ingegneri, chimici, elettricisti, macchinisti, operai e numerose altre professionalità che possono essere impiegate nella costruzione di edifici ad alta efficienza, nell’assemblaggio di pannelli solari, nella ricerca di nuovi materiali isolanti, nella guida dei mezzi di trasporto su rotaia. Certo, questo implica anche dei mutamenti nel mercato del lavoro con settori – inquinanti e ad alto consumo energetico – che dovranno ridurre il loro livello occupazionale. Compito delle istituzioni dovrà essere quello di governare e gestire questo cambiamento con attente politiche tese a formare le professionalità richieste nei nuovi settori lavorativi che emergeranno con la riconversione.

Inoltre, si dovrà assicurare a livello governativo un’adeguata protezione sociale a beneficio delle classi di lavoratori a rischio e favorire la loro riprofessionalizzazione. In ogni caso, gran parte delle persone che potranno essere impiegate nei nuovi settori non dovranno essere riqualificate, ma semplicemente collocate in maniera diversa per esercitare le loro competenze su nuovi prodotti e servizi.

L’idea base della green economy è quindi quella di riorientare l’attività economica delle nazioni verso quei settori che permettono di aumentare la sostenibilità ambientale e sociale del sistema. Ma quali sono i settori in cui si dovrebbe principalmente investire?

Prima di tutti il settore edilizio, dato che non solo circa un terzo dell’utilizzo finale di energia ha luogo all’interno di abitazioni ed edifici, ma la loro costruzione comporta un grande dispendio di energia, acqua e altri materiali. In questo settore le potenzialità di miglioramento sono enormi, se consideriamo le tecnologie già oggi a disposizione come finestre isolanti, illuminazione a basso consumo, sistemi di riscaldamento e ventilazione efficienti, generatori domestici di energia da fonti rinnovabili. Un altro settore in cui è necessario intervenire è quello dei trasporti, mentre anche le attività di raccolta e trattamento dei rifiuti possono essere migliorate e rese più sostenibili, con ricadute positive non solo sulla qualità della vita, ma anche sulla situazione occupazionale. C’è poi tutto il settore dell’agricoltura dove si sommano all’inquinamento il consumo di energia, di acqua e di suolo. In quest’ambito si devono introdurre nuove tecnologie, nuove prati- (...)

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Immagine tratta da wirelesspeninsula.com

Agorà 6 che e nuove professionalità. Se poi a questo quadro aggiungiamo le attività di conservazione e ripristino degli ecosistemi naturali, le pratiche di pesca sostenibile, la gestione delle risorse acquifere, l’introduzione di procedure industriali sostenibili e i piani di progettazione dei centri urbani, appare chiaro come il concetto di green economy sia ampio e potenzialmente rivoluzionario.

L’obiettivo è ambizioso: una completa riconversione del nostro intero sistema produttivo e di consumo, volta ad assicurare un benessere quanto più diffuso, alti livelli di occupazione e un rapporto più sereno con l’ambiente in cui viviamo.

Dottor Campiglio, bisogna però aggiungere che questa riconversione appare a molti un orizzonte piuttosto lontano, che richiede nell’immediato sforzi finanziari enormi a fronte di ritorni economici di cui beneficerà forse la prossima generazione…

Certo, bisogna ragionare sul lungo periodo ed è indispensabile che i cittadini, e soprattutto la politica, si stacchino un poco dalla contingenza operando con lungimiranza. Vi sono poi studi sul tema della riconversione del sistema economico e produttivo che evidenziano come vi siano certamente costi enormi, ma le ricadute positive a livello occupazionale e di PIL non sono poi così a lungo termine. Secondo alcuni analisti le ricadute positive di una transizione energetica potrebbero essere quasi immediate: da un punto di vista macroeconomico investire è spendere, è creare PIL, spesa e quindi occupazione, lavoro. Un piano di investimenti legato alla transizione e quindi allo sviluppo di settori low carbon, di energia pulita ecc. può avere ripercussioni economiche grandemente positive perché appunto è attività eco-

nomica, un cambiamento strutturale da un settore a un altro: il comparto delle fonti fossili che si riduce, un altro che aumenta, si espande, quindi il risultato netto può essere negativo, neutro o positivo in base a come viene gestito l’intero processo.

La Svizzera verso il verde?

Anche la Svizzera si sta muovendo da alcuni anni sul fronte della green economy. Per quanto riguarda l’obiettivo di politica generale della Confederazione, il Consiglio federale ha approvato l’8 marzo 2013 un piano d’azione, detto “Economia verde”, che comprende 27 misure fra nuove e già esistenti raggruppate in quattro priorità di attuazione: consumo e produzione, rifiuti e materie prime, strumenti trasversali, come il cosidetto Masterplan Cleantech e l’ecologizzazione del sistema fiscale, con una misurazione complessiva dei progressi combinata con informazione e reporting. Il Consiglio federale intende preservare le risorse naturali, incentivare il rispetto dell’ambiente nell’ambito dei consumi e rafforzare l’economia a ciclo chiuso. Per la Confederazione, i concetti di “economia verde” e “crescita verde” approfondiscono diversi aspetti centrali di uno sviluppo sostenibile, come l’efficienza energetica e della gestione delle risorse naturali, presenti nella “Strategia per uno sviluppo sostenibile 2012-2015” definita dal Consiglio federale.

Questo è il quadro politico di riferimento generale. Rimane da capire quanto trovi applicazione a livello dei vari cantoni e quali singole misure, collegate o no, vengono intraprese con l’obiettivo definito di rendere più verde

“Per la Svizzera la riconversione è facilitata dall’esistenza di prerequisiti positivi: la relativa importanza di fonti di produzione energetiche rinnovabili (idroelettricità), lo sviluppo dei trasporti pubblici (in particolare un’ampia rete ferroviaria elettrificata), l’orientamento dei sussidi agricoli verso una produzione ecologicamente bilanciata, gli investimenti importanti per la gestione dell’acqua” (Anne Petitpierre Sauvain)

l’economia. Ne parliamo con Anne Petitpierre Sauvain, professore onorario all’università di Ginevra ed esperta di questioni ambientali: Per quanto riguarda i cantoni, non tutti hanno dei concetti o delle strategie chiare e sistematiche. Non sempre i loro progetti di pianificazione nel settore dell’energia sono stati percepiti dai cittadini o dai loro rappresentanti come delle priorità: per esempio, il cantone di Neuchâtel ha adottato un piano di sviluppo per l’energia eolica, contestato da un referendum come se si trattasse di scegliere singoli impianti e come se fosse una fra le numerose possibilità di produzione elettrica locale. Le politiche di sviluppo industriale, per quanto possano influenzare realmente l’evoluzione, sono raramente basate sull’obiettivo prioritario di incentivare progetti verdi.

Anche in questo campo la preoccupazione di mantenere aperte diverse vie di sviluppo e di non perdere opportunità presentate dal settore privato rende spesso incoerenti le politiche applicate, a dispetto dei concetti generali definiti.

Ma la riconversione ecologica è per la Svizzera una concreta opportunità, a suo parere?

La riconversione ecologica a medio-lungo termine è una necessità. Un orientamento generale dell’economia in questo senso è una scelta realistica purché ci sia una volontà politica.

Ovviamente, andare nella direzione giusta costituisce una opportunità. Per la Svizzera questa riconversione è facilitata dall’esistenza di certi prerequisiti positivi: la relativa importanza di fonti di produzione energetiche rinnovabili (idroelettricità), lo sviluppo dei trasporti pubblici (in particolare un’ampia rete ferroviaria elettrificata), l’orientamento dei sussidi agricoli verso una produzione ecologicamente bilanciata, investimenti importanti per la gestione dell’acqua. Questi elementi, però, possono solo determinare una riconversione realistica se sono riconosciuti come priorità non solo dalle autorità politiche, ma anche dai cittadini.

In che modo, quindi, bisognerebbe agire?

Riconversione significa stabilire delle priorità e anche delle esclusioni. Se le politiche generali di riconversione sono solo definite come delle alternative che poi finiscono come una delle possibilità di scelta, salvaguardando tutte le possibilità contrarie (come spesso nel settore trasporti, dove si fa la ferrovia, ma poi anche la strada, poi si taglia il finanziamento dei treni esistenti…), allora non sono alternative realistiche. Altrettanto poco realistici sono i calcoli economici a breve scadenza, in particolare nel settore energetico. Non si può scegliere investimenti nelle energie rinnovabili, cominciare la pianificazione,

e poi pretendere che siano ridimensionate perché non si vedono ancora i risultati entro un anno o perché il prezzo del petrolio è provvisoriamente calato. La riconversione ecologica è dunque un’opportunità realistica se davvero percepita da tutti gli attori politici e economici come una vera e propria riconversione. Gli orientamenti definiti diventano priorità e le priorità vengono mantenute fino al risultato finale. Gli orientamenti contrari vengono abbandonati e non messi da parte per tornare a galla appena sorge una difficoltà. Queste condizioni mi sembrano realizzabili per la Svizzera in quanto sono economicamente e ecologicamente possibili, mediante sforzi accettabili per tutti.

Abbiamo parlato prima del piano di azione “Economia verde”. Possiamo già parlare di risultati concreti?

Per quanto riguarda i risultati concreti, ci sono certamente esempi positivi come i programmi sviluppati in diversi cantoni per migliorare l’isolamento e la gestione energetica delle case, o la promozione di energie rinnovabili come la sistematizzazione degli impianti di energia solare, per esempio, nelle zone industriali, o sussidi alle modifiche tecnologiche dei riscaldamenti.

Risulta però ancora difficile avere un’immagine globale delle realizzazioni, specialmente al di fuori del settore energetico.

Il settore agricolo, per esempio, potrebbe offrire interessanti possibilità di evoluzione verso una produzione più in sintonia con la biodiversità e la protezione della natura, ma non è ancora percepito come una fonte interessante di tecnologie verdi e rimane un settore da sviluppare sistematicamente in questo senso. Anche per i rifiuti, pur menzionati nel piano d’azione federale 2013, le scelte sono troppo spesso valutate solo dal punto di vista dei costi delle infrastrutture e non sull’impatto a lungo termine.

Insomma la strada verso la green economy appare ancora lunga. Cosa si potrebbe fare per renderla più rapida e “scorrevole”?

Attuare una vera e totale riconversione. Le scelte di riconversione non sono vere scelte se non sono accompagnate dall’abbandono di quelle che non sono più compatibili con i nuovi orientamenti.

Questa filosofia di sviluppo non è ancora entrata nella pratica politica ed economica. La difficoltà di realizzazione, gli ostacoli da affrontare, non sono tecnici, giuridici o istituzionali, neanche finanziari, ma risultano dal timore verso il cambiamento. Non si può riorientare una politica economica efficiente, continuando a tenere al caldo vecchie scelte “alternative” che dovrebbero servire in caso di fallimento delle nuove. Questa è la debolezza della politica economica verde in Svizzera.

Agorà 7

Una boccata d’aria Tra le tecnologie propulsive che si propongono di sostituire (o affiancare) l’uso degli idrocarburi, quella dei gas compressi è certo tra le più visionarie. Una rivoluzione con troppe promesse? di Giancarlo Fornasier

Ambiente 8

Nella sua pagina web Paolo Attivissimo, giornalista e volto noto nei media e nelle scuole del cantone, ne ha ricostruito le vicende più recenti (http://attivissimo.blogspot.ch/2006/03/ eolo-auto-scomparsa.html). Una storia scandita da grandi proclami; e non potrebbe essere altrimenti vista la portata rivoluzionaria dell’invenzione. L’idea è semplice e tutti nella vita l’abbiamo più volte sperimentata: utilizzare dell’aria per far muovere un oggetto, magari semplicemente immagazzinando questa “energia” prima in un innocuo palloncino gonfiabile. Ma come tutti sappiamo, per avere un palloncino bello gonfio (e che, una volta lasciato, possa garantire uno spettacolare rilascio di aria) è necessario uno sforzo. Cioè dell’energia, e anche parecchia.

alle dichiarazioni fatte lo scorso luglio nell’ambito della manifestazione itinerante “Rnext” (si veda airmobility.it/ news-eventi) – deve proprio in queste settimane entrare in produzione. Le caratteristiche tecniche: 1+2 posti, costruzione in materiale composito (280 chilogrammi il peso) per 2,13 metri di lunghezza e 1,50 di larghezza, motore da 7 kW, un’autonomia di 120/150 km e una velocità massima di 80 km/h. Sul funzionamento e i dettagli tecnici del gruppo propulsore rimandiamo a quanto viene raccontato nel portale della MDI (alla voce “Technologie”): in pratica il gas compresso a 248 bar (prodotto in apposite stazioni che si auspica utilizzino energie rinnovabili...) viene immesso in un motore pluricilindrico che crea un movimento meccanico.

Una vecchia novità Una veloce ricerca nella reArriva l’hybrid air?

La controversa AirPod (mdi.lu) te vi permetterà di apprenLa MDI sostiene di poter dere che i veicoli che si spostano utilizzando il principio produrre diverse tecnologie propulsive: oltre a quella “sodella compressione di un gas (come l’aria) non sono un’in- lo aria”, vi sarebbero pure motori ibridi termici/idraulici, venzione recente. Esperimenti in questo senso sono stati con il gas compresso già nell’auto e poi utilizzato per la compiuti in Francia già nella prima metà dell’ottocento. propulsione. Un concetto che parrebbe non distanziarsi E proprio un ingegnere francese, tale Guy Nègre, è da ben da ciò che ha presentato lo scorso anno la società PSA oltre un decennio al centro di una serie di annunci, pro- (proprietaria di Peugeot e Citroën). In verità, proprio la messe e illazioni sulla reale prospettiva di avere un giorno PSA ha precisando che la loro tecnologia ha poco a che la possibilità di muoversi non solo a emissioni zero, ma fare con le idee dell’ingegner Nègre. Il sistema utilizzato è con la forza dell’aria. Prima con il progetto EOLO (veicolo “semplice”: la ibrida ha un motore a benzina e un serbatoio che doveva essere in produzione già dal lontano 2006...), di gas (dell’azoto) per immagazzinare “tramite compressione, oggi con la MDI (mdi.lu), società lussenburghese che nel l’energia in eccesso durante i rallentamenti e le frenate, che poi suo sito internet mostra lo stabilimento di produzione, le viene restituita alle ruote quando si accelera”. Così, la macchifasi di assemblaggio e molte immagini e video accattivanti. na può funzionare solo a combustione, solo “a pressione” La loro idea si chiama AirPod, mini-veicolo che si muove o con entrambe. “ad aria” e di cui, alla fine di settembre, la MDI ha presen- “È una tecnologia matura, pronta per l’industrializzazione” tato anche una versione pick-up, che segue di un mese i ha affermato Ladimir Prince, un responsabile del gruppo disegni del furgoncino AirPod cargo (entrambi destinati in una recente intervista (ilfattoquotidiano.it, 15.10.2014), con consumi che però si avvicinerebbero a fatica agli auad aziende, servizi cittadini, artigiani ecc.).

Nel giugno scorso “l’auto ad aria compressa” della MDI era spicati 2 litri di carburante per 100 km percorsi. A quando stata presentata a Cagliari in occasione del Salone dell’in- la produzione? Si sperava potesse entrare in produzione novazione al servizio dell’impresa; naturalmente le attese già a partire dal 2016, ma per adesso manca un partner sono molto alte e la produzione per il modello destinato industriale, mentre la tecnologia (della tedesca Bosch) è già al mercato italiano affidata a una società creata da una disponibile. Insomma, serve qualcuno che la macchina la cordata di imprenditori sardi, la Air Mobility che – stando finanzi, la produca e poi la venda (a un prezzo accessibile).

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Surviving Van Gogh Eccoci a parlare di Vincent Van Gogh al Palazzo Reale di Milano. Ma, soprattutto, a insistere sulla cronica mancanza di fantasia delle mostre evento “usa e getta” di Alessandro Tabacchi

Ci vengono elargite a piene mani (e a suon di biglietti assai costosi) da un apparato politico-mediatico che pare vivere alimentando non la “cultura” – termine ultimamente assai abusato, al pari merito con “eccellenza” e “crisi” – ma i clichés culturali. Lasciata fuori da queste pagine e dalla discussione la qualità delle opere esposte (diamine, stiamo parlando di Van Gogh!), come può essere definita una mostra come questa se non un bel cliché venduto a caro prezzo?

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docchioso ramingo su strade alberate: Van Gogh è stato eretto a dio minore da un mondo che ha cercato sempre di “venderlo” più che “vederlo”.

L’arte nell’era dei fast-food?

Per quanto allettanti siano, mostre come questa mi fanno arrabbiare, perché purtroppo lavorare sui cliché significa, magari anche in buona fede (la mostra è di indubbia qualità), fare un cattivo servizio alla cultura.

S’insegna ai visitatori a uccidere la curiosità in favore di un prodotto EXPO: non si butta via nulla… preconfezionato da altri, da subire Il gioco è presto fatto: nel 2015 ci passivamente e acriticamente: io sarà (ritardi, tangenti e ‘ndrangheta elargisco a te, che in fondo non capermettendo) l’EXPO. Bene. L’EXPO pisci poco o nulla d’arte (ma serve tratterà di alimentazione, agricoltudavvero poi capirne qualcosa?), il ra, politiche agricole. Ottimo. Allora “genio”, l’ “evento”, il “capolavoro” ecco l’idea geniale degli apparatchiki e tu, da utile sprovveduto, te lo bevi meneghini che si occupano di poliper bene con le cuffiette nelle orectiche culturali: perché non fare una chie. Questi eventi trasformano le bella mostra con il più vendibile di opere dei grandi in qualcosa di situtti gli artisti, raggruppando opere mile a un prodotto da fast-food: una che mostrino campi, agricoltori, consumazione veloce di un alimento paesaggi, personaggi in qualche preconfezionato e preriscaldato, e modo rustici, e magari anche dei poi via a gettar nella spazzatura le bei cipollotti freschi? cartacce unte così come le brochure Van Gogh, si sa, piace sempre. Con Foto scoperta di recente negli Stati Uniti stropicciate ma mai lette. lui si va sul sicuro. Forse perché delche ritrarrebbe Vincent Van Gogh, Detto questo, so bene che ad affronla sua opera si tendono a cogliere i forse nel 1886 (ginodigrazia.altervista.org) tare questo argomento si passa per colori sfavillanti, le forme contorte elitari, mentre invece è proprio il e forti, il gesto pittorico esuberante, molto più delle reali fobie e delle ossessioni che esprimo- contrario: sono proprio le élite consolidate che necessitano no, della mancanza d’aria dei suoi cieli, delle sue notti di un pubblico poco consapevole, pagante e ottuso per poter stellate, infernali e luminose come incubi, dello spetta- perpetrare il loro dominio nel mondo della cultura. colare senso di morte che promana da quello sfavillio di Una mostra d’arte non dovrebbe essere gestita col principio viola, verdi, gialli, rossi, colori intrisi di follia, follia vera della distribuzione dei film blockbuster. L’arte dovrebbe vivee non artificio retorico teatrale. Quale Van Gogh vive in re di una capillarità diffusa, nel territorio e soprattutto nelle noi? Il cantore agreste riletto in chiave EXPO che ci vuole coscienze, piuttosto che essere amplificata e, inevitabilmente, propinare questa mostra? Non credo! Per noi Van Gogh distorta, da poche ed elefantiache occasioni mediatiche. Pena sarà sempre la solita merce da esportazione, il villain la nascita di un totalitarismo soft, alla lunga nefasto, basato barbuto in stile Disney riletto dal pietismo disinteressato sul pressapochismo e sullo slogan a facile presa. Pericolo dei consumatori globali: il puro folle, il fallito reietto e enorme nell’era dei tweet #geniofolle sarebbe una bella pietra talentuoso, quello dell’orecchio tagliato, della casa gialla tombale digitale alla memoria del povero Vincent. ad Arles e del suicidio nel campo di corvi.

Il mito di Van Gogh è servito, più di tutti gli altri, nel la mostra secolo della cultura di massa, a creare il cliché dell’artista Van Gogh. L’uomo e la terra come eterno escluso della società, del vate inascoltato Palazzo Reale, Piazza del Duomo 12, Milano. (e quindi fondamentalmente inutile), del rabbioso pi- Sino all’8 marzo 2015; vangoghmilano.it, ticket.it/vangogh

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Il paese che merita Le perplessità concernenti le persone che occupano posti chiave nella società spesso rimangono insolute. Perché un conto sono le competenze e un altro il loro effettivo riscontro nell’operare quotidiano di Nicoletta Barazzoni

Società 12

Avendo il merito un suo preciso rapporto con la giustizia ma in particolare alimentati dalla mediocrità vi sono scarse sociale e la giustizia distributiva, ci si chiede che cosa renda possibilità di far valere l’elemento qualitativo, il più delle meritevole una persona, con il suo agire e le sue competen- volte frutto di uno spiccato talento. Fatti questi brevi esemze, considerando che il merito può essere considerato tale pi, per rafforzare la tesi del merito immeritato, chiamiamo per alcuni o un demerito per altri. Facciamo un esempio in causa la meritocrazia riferendoci anche (e purtroppo) al a proposito dei valori che una data società si è data (ogni privilegio acquisito sin dalla nascita, che nelle dinastie e società o gruppo di potere stabilisce i suoi meriti e i suoi nelle caste, era di regola legato all’origine familiare. Da qui valori) per garantirsi la coesione sociale. L’onestà è un valore si può intuire come la meritocrazia, nella sua accezione più assoluto per il sistema religioso, negativa, sia un vantaggio traun fattore decisivo per il sistemandato di padre in figlio. Uno ma giudiziario, mentre non ha statuto acquisito sin dalla nascita nessuna importanza per un’orche oggi, in una società non più ganizzazione criminale. Anche soltanto culturalmente e organizil merito nel sistema religioso ci zativamente stratificata, si rivela rimanda alla parabola dell’ultiun dato di fatto istituzionalizzato mo della vigna, il quale pur non che impedisce di risalire ai racessendosi meritato la ricompensa comandati e a chi li promuove. al pari degli altri lavoratori, riceve Infatti è ancora piuttosto diffusa, dal suo padrone un trattamento tra certi ceti sociali, soprattutto equo. La verginità è un valore in ambito professionale, la logica per chi crede religiosamente nel del favoritismo o dell’assunzione vincolo matrimoniale ma può per interposta persona, con la Illustrazione tratta da andoc.info essere irrilevante quando la si clausola del legame d’amicizia. In ritiene sinonimo di inesperienza questo modo di procedere certe sessuale. Così come la sincerità che per taluni è un pregio, per nomine non tengono affatto conto dei criteri meritocratici. altri un elemento di disturbo. Ognuno ha un suo concetto Abbiamo parecchi esempi di come non siano il talento, la di onestà, verginità e sincerità in quanto essi sono soggetti capacità e la competenza della persona ma la sua apparal libero arbitrio come molte altre componenti sociali. tenenza politica o sociale ad avere la meglio, unite, come dicevamo, alle intime relazioni d’amicizia.

Criteri dismessi Essendo frutto di classificazioni stabilite all’interno del siste- La meritocrazia “dell’ismo” ma sociale, regolate da convenzioni definite secondo criteri Anche nelle nostre istituzioni pubbliche e private si contano autodefiniti dalla società, i meriti come i valori sono spesso persone assunte con il principio del nepotismo, del clienterelativi, nel senso che se ne può fare uno sfoggio eccessivo lismo e del favoritismo. In questi casi la meritocrazia “dell’i(per quanto riguarda i meriti basta leggere certi curriculum smo” non corrisponde affatto a una funzione egualitaria redatti dallo stesso interessato con auto descrizioni prive di che regola le responsabilità e i ruoli sociali, rivelandosi una obiettività), e dunque ognuno attribuisce al merito e al valo- discriminante, considerando inoltre come non tutti possano re una sua interpretazione con una sua precisa collocazione. ambire a una formazione elevata, che richiede investimenti Sono relativi quando si reggono sulla logica del clientelismo non solo finanziari per poter raggiungere l’eccellenza. Sapo dell’assunzione politicizzata e non sul concetto di etica piamo bene come quei curriculum che esaltano un know how e equità sociale. Dando loro un posto di rilievo all’interno di esperienze lavorative e formative, non sempre abbiano un della propria scala di valori, i meriti spesso non hanno nes- riscontro nell’espletamento della professione, non sempre sun riscontro contrattuale ma ancor peggio non vengono siano davvero all’altezza del ruolo perché, come dicevamo considerati elementi fondanti e preponderanti quando si all’inizio, un conto sono i meriti acquisiti sulla carta e un tratta di privilegiare il raccomandato che poi si rivela un altro è farli fruttare concretamente in un riscontro effettivo, vero e proprio incompetente senza alcuna professionalità. adempiendo non tanto all’ipotetico benessere umano ma Di fronte a situazioni in cui i meriti vengono soverchiati piuttosto al concetto di utilità collettiva.

Pedalare sì, ma sicuro a cura della Redazione

L’uso della bicicletta in ambito urbano sta ottenendo un crescente consenso. Se si considera che la velocità media delle automobili nelle grandi città oscilla intorno ai 20 km/h e quella dei mezzi pubblici di superficie viene stimata intorno ai 12/13 km/h, risulta evidente che la bicicletta rappresenta un’ottima alternativa per chi ogni giorno deve percorrere il tragitto casa-ufficio-casa. La diffusione del bike sharing e delle biciclette elettriche – che grazie alla pedalata assistita consentono di raggiungere velocità più elevate –, ha ulteriormente stimolato l’uso delle due ruote con conseguente vantaggio non solo in termini di ridotte emissioni ma anche di salute pubblica, considerando che la percorrenza di 15/20 km al giorno permette a chiunque di mantenere un’eccellente forma fisica nel tempo (l’esempio di Copenaghen è a riguardo significativo). L’altra faccia della medaglia è data però dal fatto che in centri urbani ad alta densità di traffico e solo in parte dotati di corsie preferenziali, il rischio di incorrere in incidenti e traumi gravi risulta elevato e i dati a riguardo parlano chiaro: i ciclisti sono ancora più esposti dei motociclisti a collisioni con esiti a volte mortali. Se dunque da un lato auspichiamo da parte delle amministrazioni cittadine europee più carenti sotto questo profilo (pensiamo in specifico a paesi come

Ora a CHF

l’Italia) un maggiore impegno nella tutela del ciclista (con conseguente ricaduta positiva in termini di riduzione del traffico e di maggiore qualità dell’aria), attraverso la realizzazione di piste ciclabili estese a tutto il tessuto urbano, dall’altro non si può ignorare il contributo che la tecnologia sta fornendo per rendere la circolazione delle due ruote più sicura. A Londra, per esempio, dall’agosto di quest’anno, sui bus delle linee 25 e 73 sono stati installati dei software che segnalano al conducente, grazie a un sofisticato sistema di radar, la presenza di ciclisti e pedoni lungo il percorso in modo da evitare possibili collisioni. Un analogo dispositivo è oggi disponibile sul nuovo modello di SUV XC 60 prodotto dalla svedese Volvo. Si tratta di un avanzato sistema di sensori denominato Cyclist Detection che, rilevando l’area anteriore dell’automobile in movimento, individua la presenza dei ciclisti che procedono nella medesima direzione, segnalando il rischio d’impatto ed eventualmente attivando una frenata completa. Rendere più sicura la circolazione delle due ruote “ecologiche” rappresenta quindi un fatto estremamente importante nel miglioramento della qualità di vita nelle nostre città e a cui, come abbiamo visto, possono (e devono) concorrere attraverso una sinergia efficace sia il settore pubblico che quello privato.

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V

engo dalla Turchia e sono di origine curda. Con la mia famiglia ci siamo trasferiti in Svizzera per motivi politici. Ai tempi dei miei genitori, in Turchia i curdi non erano ben visti, per cui mio padre è dovuto scappare. Non ricordo come sia arrivato in Svizzera, ma a ogni modo, una volta qui, tramite un avvocato ha fatto richiesta perché noi potessimo raggiungerlo. Vivo in Svizzera da quando avevo quasi sette anni: qui ho frequentato le scuole elementari e le medie, e ho fatto il mio apprendistato di vendita presso una cartoleria di Locarno. Mi sento quindi più svizzera che turca, ma per certi aspetti sono costretta a sentirmi ancora fuori posto, perché da quando ho terminato l’apprendistato, nel 2002, cioè dodici anni fa, non sono mai riuscita a trovare un lavoro fisso al 100%.

Al momento lavoro a ore in un cinema, ma non posso dire a che percentuale perché dipende dai film che abbiamo in programma. In estate il cinema è chiuso per diverse settimane, per cui devo dipendere da altre entrate, mentre d’inverno per fortuna si può riuscire ad avere un certo numero di ore. Per il resto sono iscritta in disoccupazione, ma a breve rischio di dover ricorrere all’assistenza perché il mio diritto alle indennità sta per finire.

Dopo l’apprendistato ero riuscita a trovare un impiego presso un centro commerciale specializzato in prodotti per la casa, il giardino e il tempo libero. Attraverso varie trattative ero arrivata a farmi assumere all’80%, poi però con la salute non ce l’ho più fatta a reggere. In seguito ho deciso di fare un’esperienza di qualche mese all’estero e, una volta tornata in Svizzera, ho ricominciato a cercare lavoro. Per un periodo, tramite un’agenzia di collocamento, ho trovato un impiego nell’ambito della logistica, ma anche quello è finito. Un altro lavoro che ho fatto era presso una ditta specializzata in alta moda e prodotti di lusso. Il contratto era per un 70% con uno stipendio lordo di 2.300 franchi. Ho accettato perché volevo lavorare, non restare a casa a far niente… Ma alla fine pretendevano che lavorassi tra le 10 e le 13 ore al giorno. Tra i circa 150 dipendenti, per la maggior parte frontalieri, c’era gente che cominciava

il lavoro alle 6 del mattino e poteva andarsene solo all’una di notte. Erano tutti stanchi e stressati, e persone più giovani di me in queste condizioni sembravano già vecchie.

Se però rifiutavi di farti massacrare dal lavoro, venivi licenziato. Io ho resistito solo due settimane e mezza. Rischiavo che per penalità mi fosse tolto un mese di paga, ma per fortuna sono stata aiutata dai sindacati, che ha verificato quanto la situazione fosse ingiusta. Le cose avrebbero potuto andare meglio se ci fossero state ulteriori testimonianze, ma gli altri collaboratori avevano paura di esporsi e di parlarne…

Adesso sono ancora alla ricerca di un impiego. In effetti la maggior parte dei miei amici è a casa senza lavoro. Una mia amica, pur avendo fatto l’università, non riesce a trovare niente e adesso non esce nemmeno più di casa perché è caduta in depressione. Io, bene o male, posso tirarmi su il morale con le ore che faccio al cinema, non mi sento inutile. Ma la situazione è comunque pesante, perché la gente pensa che, se a trent’anni non ho trovato impiego, sono io a non avere voglia di lavorare. Il fatto è che, invece, quando mi candido per un posto mi dicono che non ho esperienza, oppure non vogliono assumermi perché ho trent’anni e c’è il rischio che rimanga incinta.

Poi c’è il fatto che non ho le buone conoscenze che possono aprirmi le porte per un lavoro: una persona che lavora da vent’anni per una grande catena di supermercati mi ha detto che persino da loro si entra solo se si conoscono le persone giuste, e che lui purtroppo non è nella posizione di potermi aiutare. Oltre a tutto questo c’è anche la grande concorrenza dei frontalieri. Naturalmente io non ho niente contro i frontalieri: ce l’ho con i datori di lavoro e con le istituzioni che permettono certe situazioni. I datori di lavoro pensano alle loro tasche e risparmiano appena possono. Non capiscono i nostri bisogni e soprattutto non capiscono che siamo noi, anche le persone senza soldi e lavoro, a spendere consentendo loro un bel tenore di vita.

PINAR AKBULUT

Vitae 14

“Non vedo un bel futuro per me”: queste le parole di una trentenne che ha sempre avuto la forza di pagare le proprie bollette senza elemosinare, ma che non riesce ancora a uscire dalla lotta contro la precarietà

testimonianza raccolta da Demis Quadri fotografia di ©Reza Kathir

TORBA

Il monastero e la fortezza Dichiarato Patrimonio dell’umanità nel 2011 dall’UNESCO, rappresenta un esempio unico di monastero fortificato precedente all’anno mille. Un luogo sospeso nel tempo dove hanno lasciato segno del loro passaggio romani, goti, bizantini e, soprattutto, i longobardi

di Roberto Roveda; fotografie ©Sabine Biedermann

Una fortezza romana e barbara I boschi attorno sono ancora quelli della notte dei tempi e la strada che corre lungo il fiume Olona ha solo coperto d’asfalto l’antica via che conduceva verso nord, verso le terre dei leponzi, terre che oggi sono il canton Ticino.

La torre romana di Torba, nel piccolo comune varesotto di Gornate Olona, pare tarlata dal tempo eppure non ha smesso di vigilare sul territorio circostante dalle sue strette feritoie. Nella sua imponenza, sembra ancora in attesa di veder spuntare dal folto degli alberi torme di barbari oppure semplici viandanti e pellegrini giunti a chiedere

ospitalità e cibo con cui rifocillarsi. Dalle tozze e raccolte strutture degli edifici alle semplici pietre sormontate per creare mura e ostacoli, ogni cosa qui sembra voler ricordare che questo luogo, chiamato oggi monastero di Torba, è stato prima di tutto una fortezza, un castrum come lo definivano i romani. Fu, infatti, un avamposto eretto negli ultimi anni dell’impero per fronteggiare in maniera quasi disperata la marea degli invasori che proveniva da nord. Un guscio in cui rinchiudersi al passaggio della mareggiata che pareva voler travolgere tutto. Così i romani concepirono la fortezza di Torba, così continua-

in apertura L’abside della chiesa di Santa Maria di Torba a sinistra Il complesso del monastero con la torre romana sopra I resti delle mura che circondavano il sito fortificato già in età romana

Sabine Biedermann Nata in Austria nel 1974 è diventata fotografa professionista spinta dal suo interesse per i viaggi. Ha vissuto a Londra, Milano e Zurigo e da poco si è trasferita in Ticino, ad Arogno. Si dedica in particolare alla ritrattistica. sabinebiedermann.com

rono a intenderla i popoli che si susseguirono nei secoli successivi: goti, bizantini, longobardi. Tutti si curarono di rafforzare e fortificare Torba.

Il tempo della preghiere Poi la marea da nord che noi eredi dei latini chiamiamo invasioni barbariche si placò e fu il tempo della pace dei longobardi, anni di tregua dopo secoli di scorrerie e battaglie. Non era più il tempo di avamposti e veglie di guardia e la fortezza divenne monastero, un luogo di preghiera per monache benedettine. Venne eretta la chiesa e la torre di

guardia divenne oratorio ai piani alti, sepolcreto e cripta a quelli bassi. Rimasero le mura perché i pericoli non erano scongiurati e Torba continuò a essere un guscio che divideva lo spirito dal mondo. Al posto dei guerrieri per la sua corte e le sue stanze ora si muovevano donne che avevano scelto la solitudine e Dio. Furono loro a preservare Torba per circa dieci secoli, anche nei momenti più bui e difficili, quando nuovi eserciti attraversarono quei luoghi per altre guerre e nei boschi di quella contrada per anni si sentirono solo gli ululati dei lupi. Poi Napoleone Bonaparte sconvolse l’Europa e anche il monastero. Nel 1799 il “Piccolo caporale” decise (...)

sopra: le mura perimetrali della fortezza-monastero viste dallâ&#x20AC;&#x2122;alto; sotto: gli interni con frammenti di affreschi della torre romana.

La torre venne usata prima come punto di avvistamento e poi come oratorio dalle monache benedettine di Torba

La torre, simbolo del complesso monastico, è il risultato di continue ricostruzioni a partire dall’originaria struttura eretta negli ultimi anni dell’impero romano

di sopprimere gli ordini religiosi e confiscò tutti i loro beni.

Il monastero-fortezza dopo mille anni cambiò ancora una volta proprietà e divenne una delle tante fattorie lombarde, un luogo in cui l’anonimato sembrava aver preso il sopravvento, assieme all’incuria e all’abbandono.

Sguardi e volti di monache longobarde Negli anni settanta del novecento Torba era solo un nome in qualche antico documento e un rudere avvolto dall’edera e dalle sterpaglie. Venne salvato dal FAI (il Fondo per l’ambiente italiano) quasi per miracolo perché in molti non credevano possibile recuperare lo scempio perpetuato dai secoli e, soprattutto, dall’uomo. Un miracolo che oggi ci consente di osservare il territorio circostante come facevano gli ultimi soldati di Roma millecinquecento anni fa, di attraversare gli spazi occupati da qualche oscuro guerriero goto giunto fin qui dalle pianure del Danubio o di ripercorrere il sentiero tra i boschi che congiunge il monastero con il vicino Castel Seprio, anch’esso ricco di testimonianze longobarde.

Un miracolo che permette, soprattutto, di trovarsi faccia a faccia con le donne che abitarono Torba, monache longobarde, alte e bionde ed eredi delle Valchirie come doveva essere probabilmente Aliberga che ancora ci osserva, anche se levigata dagli anni, da un affresco con accanto questo nome al primo piano della torre. Monache che dopo tante ripuliture paiono circondarci nei dipinti riscoperti nella sala in alto, che una volta fungeva da oratorio, sempre nell’antico torrione. Alcune paiono salutare e ci scrutano con occhi grandi, altre hanno i lineamenti del viso cancellati, forse dal tempo, forse dalla scelta dell’artista che volle raccontare così l’onta subita da queste religiose quando tre consorelle scelsero la fuga a una vita di preghiere. Secondo la leggenda queste monache, ormai divenute spiriti, vagano ancora oggi nelle vallate di Torba, cercando di rientrare nell’affresco per ritrovare la pace. E solo quando vi riusciranno potremo forse conoscere la fisionomia di quei tre volti. per informazioni: fondoambiente.it; visitfai.it

Strategie al naturale

Viso spento, sensazione di stanchezza diffusa e gola irritata… La condizione di chi ha fatto le ore piccole per troppe sere è praticamente la stessa che viviamo con l’arrivo dell’autunno

Tutto per la vostra salute.

di Keri Gonzato

Erste Hilfe bei Verletzungen und Erkrankungen

Così come gli alberi perdono le foglie

anche noi, ciclicamente, iniziamo a perdere vigore. Le temperature cambiano, l’intensità del sole diminuisce e il nostro corpo fisiologico inizia a mandarci dei segnali, invitandoci a rallentare e a prenderci maggior cura di noi stessi. La buona notizia è che la natura ci offre tutto quello di cui abbiamo bisogno senza dover ricorrere a flaconi di pillole fluorescenti carichi di vitamine sintetiche e di punti di domanda.

La scienza delle stagioni L’antica scienza indiana Ayurveda studia la relazione tra l’ambiente e la nostra salute psico-fisica e offre delle indicazioni concrete per ogni stagione… I mesi autunnali possono causare raffreddamento, tosse, dolori muscolari, rigidità, costipazione, insonnia, cambiamenti di umore, ansia e stress. Per ristabilire l’equilibrio, è consigliato prediligere cibi caldi, idratanti e leggermente speziati, come le zuppe, e nutrienti come il miele, evitare bibite fredde e stimolanti (caffè) e bere tisane immuno-stimolanti (zenzero) o calmanti (camomilla e liquirizia). È benefico fare movimento moderato nella natura, approfittando dei raggi di sole, offrirsi bagni caldi e massaggiarsi con oli detossinanti e nutrienti (sesamo).

Ricostituenti La scienza ayurvedica offre il suo sostegno anche tramite alcuni preparati… Un cucchiaino di Chywanaprash, integratore alimentare a base di frutta, spezie, erbe e miele, al mattino aiuta a mantenere l’energia e rinforza il sistema immunitario. In nostro aiuto, oltre al Chywanaprash, esiste

un reggimento di ricostituenti. Fin da piccola, ho conosciuto il sapore dolciastro e confortante del Floradix.

Un elisir ricco di ferro e vitamine che, con i primi starnuti, puntualmente appariva in frigo. L’Arnia invece è un’altra bomba a base di miele, pappa reale, polline e propoli. L’ideale per grandi e piccoli. Facendo un giro nei negozi con prodotti naturali e in farmacia la scelta è davvero vasta!

Superfoods Per ricaricarsi basterebbe fare il pieno di prodotti stagionali. La stagione ci invita a depurare l’organismo offrendoci una serie di cibi ricchi di sali minerali e dal potere disintossicante: uva, rape, barbabietole, zucca e cavoli. Noci e castagne sostengono il sistema nervoso e alleviano lo stress. È consigliato poi sostituire lo zucchero con i malti, d’orzo e di riso, che hanno funzioni protettive e drenanti, e i cereali bianchi con quelli integrali. E poi ci sono i miracolosi Superfoods… Le bacche di goji sono altamente nutritive e antiossidanti.

Hanno un contenuto di vitamina A e C altissimo e più vitamine B di qualsiasi altro frutto, oltre a contenere 30 minerali e oligoelementi e ben 19 aminoacidi. I semi di chia, ricchi di acidi grassi, proteine, minerali e antiossidanti favoriscono lucidità mentale e resistenza fisica. Oltre al famoso ginseng c’è poi la polvere di maca che aiuta l’organismo ad adattarsi alle circostanze. L’erba di grano invece, è perfetta per creare i Green Juice, centrifugati che vanno alla grande tra i freaks del salutismo negli Stati Uniti: purifica il corpo, compensa le carenze nutrizionali e rafforza il sistema immunitario.

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Volpi in vista di Natascha Fioretti; illustrazioni ©Alessia Passoni

Fiabe 46

O

sserva attenta le onde del mare infrangersi dolci sulla riva. Stamattina tira una leggera brezza, il cielo è di un blu limpido e all’orizzonte, chiari, si profilano i contorni dell’Isola d’Elba, neanche fosse lì, a pochi metri di distanza. Non è sola. Quattro piccoli, tre maschi e una femmina, la circondano mentre giocano e ruzzolano nella sabbia cadendo giù dalle dune che dalla pineta si affacciano sul mare. La femmina è la più tremenda e la più sveglia, con la sua agilità e velocità riesce a tenere a bada gli altri tre. Ma, attenzione, d’un tratto, tutti fermi, sull’attenti, composti, sguardi bassi e timidi… È arrivato papà. Fiero e autorevole con un bel codone vaporoso si mette a sedere vicino alla mamma e insieme scrutano il mare. Il gran caldo se n’è andato e con esso anche i turisti. Da un lato, un gran sollievo, pace e silenzio, la possibilità di riappropriarsi degli spazi e dei suoni della natura. Dall’altra, meno cibo facile. Eh sì, i turisti ogni sera si fermavano a lasciare qualche pezzo di cracker, di pane secco, qualcuno addirittura qualche fetta di salame.

Ma avere la spiaggia tutta per sé, non dover temere bambini feroci, adulti che lasciano in giro sporcizia, auto che vanno veloci… non ha prezzo.

La quiete dopo la tempesta ha sempre il suo fascino.

E a fine settembre, ai primi di ottobre, l’aria che si respira è proprio questa. Il mare poi non è ancora freddo, nelle belle giornate di sole come questa ci si può ancora crogiolare al sole e tuffarsi a fare un bel bagno. Certo bisogna stare attenti ai piccoli. Nati

a maggio, hanno pochi mesi e non sono ancora esperti navigatori delle acque. In compenso hanno energia e pazzia da vendere. È ancora mattina presto, troppo freddo per fare il bagno ma ops! Un rumore mette i grandi in allerta.

In men che non si dica radunano la ciurma e quatti quatti si nascondono dietro il primo cespuglio, in alto, sulla duna.

Una ragazza alta e mora è comparsa sulla spiaggia. Strano a quell’ora, in quel periodo dell’anno.

Non è capitata per caso da quelle parti perché steso il telo sulla sabbia, si tuffa convinta in acqua e nuota verso il largo.

I due adulti si guardano attraverso i loro occhietti taglienti e le lucide pupille. Lui due sopracciglioni scuri, scuri non proprio la regola per le volpi del Parco dell’Uccellina nell’Alberese. Lei delicata, un musino a punta e uno sguardo furbetto, altroché!

La straniera non sembra pericolosa ma meglio non dare nell’occhio e non esporsi. Eccola che torna. Anche per lei l’acqua deve essere fredda. Esce infatti di corsa e acchiappa un altro asciugamano dalla borsa e se lo avvolge intorno al corpo. Toglie il costume, si asciuga in fretta e si riveste con quei suoi bei jeans a zampa di elefante, vita bassa, una maglietta di cotone a maniche lunghe di color… difficile dirlo, principalmente rossa, arancio e bianca.

I capelli ricci e scuri le cadono appena sulle spalle quando li libera dalla centrifuga dell’asciugamano per dargli un’asciugatina.

Poi si china, cerca nella borsa finché non trova

una confezione di plastica. La apre e in quell’aria tersa e pulita si diffonde un odore di prosciutto.

Hm… i piccolini drizzano le orecchie, il naso, tutto pur di non lasciarsi scappare quel profumo. La mamma e il papà li fermano per la collottola prima che ruzzolino giù per la collina come bassotti in trance. La ragazza invece si alza e inizia a chiamare dirigendosi verso le dune. Fa quei versi che gli umani fanno quando chiamano il gatto o il cane.

In questo caso però, sebbene il metodo e il suono siano etologicamente discutibili, sta chiamando loro. “Una turista dimenticata o un po’ svitata all’Alberese nel mese di ottobre?”, pensano i due adulti perplessi. Il maschio alza il sopracciglione nero, lo fa sempre quando diffida e riflette… Lei è più tranquilla, la ragazza dai jeans a zampa le sembra armata di buone intenzioni. Che si fa?

Decidono di uscire allo scoperto lasciando i piccoli nascosti nel cespuglio. Gli hanno spiegato per bene che devono rimanere nascosti, talmente bene da fargli quasi un disegno. Ma non fanno in tempo a girarsi per discendere la duna che uno dei tre maschietti, difficile dire se il più furbo o il più sfigato, ruzzola giù per la duna di fianco a loro con il naso che fiuta il prosciutto proprio come un cagnolino. Non fanno in tempo a intervenire mamma e papà che la piccola palla di pelo e di sabbia atterra davanti all’asciugamano della ragazza.

Lei, due occhioni scuri e tondi, non avrebbe mai sperato in tanta fortuna. Si aspettava una volpe adulta, al massimo due, ma un cucciolo di volpe a pochi centimetri era troppo persino da sognare.

Ora se il suo è stupore, quello della piccola volpe è puro sbigottimento misto a terrore una volta messo a fuoco l’essere in tutta la sua altezza e in tutti quei suoi colori rossi, arancio, bianco… Per non parlare di mamma e papà volpe, impietriti dalla paura.

Ma il mondo fortunatamente non è composto solo da turisti irrispettosi o da persone che non amano affatto gli animali. Lucy per lasciare intendere che è innocua e, anzi, vorrebbe fare amicizia, si siede sul telo con la vaschetta di prosciutto in mano.

Per il volpino, completamente a digiuno di concetti come strategia e tattica, è un chiaro segnale di pace. Scrollatosi di dosso la sabbia, decide di ignorare il fatto di avere davanti a sé quell’enorme essere multicolore e di concentrarsi sul prosciutto. Lucy capisce al volo e gli tende un pezzetto. Ah, se la vita fosse tutta così! Pensa il volpacchiotto e spazza il prosciutto. Ecco allora che i fratelli, incuranti del parere di papa e mamma, si lanciano dalla duna, travolgono il fortunello e banchettano pure loro allegramente. “Da non credere!”, pensano mamma e papà volpe. Lucy nel frattempo si è seduta con le gambe incrociate e i quattro mostrini pelosi sono tutti intorno a lei a farsi viziare. Lucy si ferma un attimo a guardare i genitori, vuole dirgli che le sue intenzioni sono davvero buone e che ce n’è anche per loro. Il maschio abbassa il sopracciglione guardingo e i due si uniscono al gruppo.

Non si sente volare una mosca. Solo la brezza del vento e il respiro del mare. Una mattina di ottobre perfetta. E inattesa. Per Lucy ma anche per le volpi del Parco Naturale della Maremma, sulla costa che un tempo fu degli etruschi.

Fiabe 47

CASE GALLEGGIANTI Tendenze p. 48 â&#x20AC;&#x201C; 49 | di Francesca Ajmar

Per chi desidera una vacanza rilassante oppure una vita fluttuante

al tempo stesso troverete tutti i servizi fondamentali. Sul portale charterboat24.com è possibile reperire i contatti per organizzare la propria vacanza in Canada, noleggiando barche e houseboat di ogni tipo.

Interno della futuristica Exbury Egg; (a sinistra, vista dall’esterno)

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orse cercate una vacanza indimenticabile, poetica e rilassante, che tiri fuori “il navigante” che alberga in voi, a bordo di una barca un po’ insolita? Sappiate che potete scegliere tra varie destinazioni, dall’Europa (Francia, Olanda, Irlanda, Italia, Germania), fino ad arrivare al Canada, a Sicamous, la capitale delle houseboat, le “case galleggianti” che, in certe condizioni, staccano gli ormeggi per diventare imbarcazioni a tutti gli effetti.

Americhe – I nomadi dell’acqua Partiamo proprio da qui, da Sicamous, località di circa 3000 abitanti, situata nel British Columbia, in una zona di unione tra i laghi Shuswap Lake e Mara Lake. Nell’ottocento questa regione incantata, ricca d’acqua dolce e circondata dalle montagne, era quasi completamente disabitata; solo alcuni piccoli gruppi di popolazioni semi-nomadi, che avevano passato la catena delle Rocky Mountains per la caccia ai bufali, avevano iniziato a stabilirsi in modo più o meno stanziale.

Verso la seconda metà del secolo cominciarono ad arrivare numerosi cercatori d’oro, soprattutto dalla Finlandia, e lì decisero di insediarsi stabilmente, in prevalenza su sorte di palafitte e di battelli man mano trasformati in case, antesignane delle odierne houseboat. Se avete in programma un viaggio in Canada, vale la pena passare qualche giorno su questi laghi, dove potete affittare una houseboat, e con questa navigare lungo più di mille km di litorale, attraverso paesaggi naturali intatti e profondamente rispettati, e dove

Europa – La vie sur l’eau…

Spostandoci in Europa, la Francia è senz’altro uno dei paesi più conosciuti per il turismo fluviale, grazie a 8500 km di vie d’acqua navigabili, e a un’ottima capacità organizzativa, che ha fatto sì che in questi anni giungessero turisti da tutto il mondo per percorrere il Rodano e i molti canali ad esso collegati. L’ente pubblico “Voies Navigables de France” (Vie Navigabili Francesi, VNF) gestisce e migliora lo sviluppo della rete fluviale francese. Secondo il VNF, le imprese di battelli da crociera e quelle di piccole imbarcazioni turistiche generano un fatturato annuale dell’ordine di 230 milioni di euro e ritorni economici almeno equivalenti per tutte le zone attraversate. Infatti in Francia è possibile affittare una houseboat, senza patente nautica, e dopo una semplice lezione di qualche ora, navigare lungo i canali del Rodano, passando chiuse e attraccando lungo i pontili attrezzati per ospitare questo tipo di imbarcazioni. Anche l’Olanda, grazie alla sua vasta rete di canali, è una meta perfetta per questo tipo di turismo. Sulle case galleggianti si possono caricare senza problemi le biciclette, mezzo di trasporto ideale per visitare “da terra” questo paese. E persino alcuni canali di Amsterdam possono essere raggiungibili e navigabili a bordo di una houseboat, per risalire poi fino alle campagne, tra mulini a vento e campi di tulipani.

Inghilterra – Sostenibilità galleggiante Una struttura galleggiante che merita di essere menzionata è Exbury Egg, una bioarchitettura ovoidale autosufficiente ed ecosostenibile, che da un anno ospita l’artista Stephen Turner e il suo spazio di lavoro e ricerca. Si trova nel sud dell’Inghilterra, per la precisione a Exbury, vicino a Southampton, lungo il Beaulieu River. Si tratta di un laboratorio a forma di “uovo galleggiante”, di circa 6 metri di lunghezza e 3,6 metri di diametro, che ha lo scopo di osservare l’ambiente locale e i cambiamenti in atto, costruito ispirandosi ai nidi degli uccelli acquatici.

Il progetto è nato dalla collaborazione tra lo stesso Turner, lo studio di design SPUD e la Perring Architecture Design (PAD). Questa struttura è stata realizzata dal costruttore di barche Paul Baker, utilizzando listelli di legno di cedro, in combinazione con l’abete di Douglas per le bande di supporto e d’incorniciatura interna. Il risultato raggiunto da Baker è una bioarchitettura impermeabile e soprattutto galleggiante, seguendo la tradizione delle costruzioni marine in legno del luogo.

I consumi della Exbury Egg sono stati attentamente studiati in base alle reali esigenze dell’artista–ricercatore, sfruttando solo l’energia elettrica fornita da pannelli solari: un vero esempio di architettura a impatto zero. Oltre a servire come spazio di lavoro e abitazione, l’Exbury Egg avrà una funzione scientifica: sarà infatti utilizzato come strumento educativo per i ragazzi delle scuole locali, per riflettere sulla sostenibilità, e i dati raccolti nel corso del progetto saranno valutati e analizzati dal dipartimento di Oceanografia dell’università di Southampton.

La domanda della settimana

Ritenete che la politica nazionale stia rispondendo in modo rapido ed efficace alle problematiche legate all’ambiente e allo sviluppo sostenibile dell’economia?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 13 novembre. I risultati appariranno sul numero 47 di Ticinosette.

Al quesito “Anche nel 2015 è previsto un generale aumento dei premi di cassa malattia: siete tra coloro che cambieranno il proprio assicuratore?” avete risposto:

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Astri ariete Grazie a Giove, improvviso fermento nel vostro mondo delle idee, della creatività e del cuore. Sorprendenti le giornate tra il l0 e il 12.

toro Parlate di meno, soprattutto con il partner. Cambiamenti drastici per i nati nella terza decade. Rotture a carattere sentimentale a lungo termine.

gemelli Il settore astrologico deputato allo svolgimento delle attività lavorative vi spinge a operare una ristrutturazione dei rapporti di collaborazione.

cancro Il periodo si presenta favorevole per la gestione di qualunque attività creativa o professionale. Incontri e opportunità provenienti da un paese estero.

leone Non sono da escludere disguidi nelle comunicazioni, malintesi o messaggi o lettere mai arrivate. Gelosi e possessivi i nati nella terza decade.

vergine Eros alle stelle. Se in amore volete vincere dovete imparare a osare. Opportunità e progetti professionali per i nati tra la seconda e la terza decade.

bilancia Vi sembra di aver perso il supporto da parte dei vostri familiari. Muovetevi con cautela. Tra il 13 e il 14 Luna favorevole: maggiore lucidità.

scorpione Mercurio, Saturno e Venere vi rendono assai determinati e lucidi nella gestione della vostra vita sentimentale.

Permalosi tra il 13 e il 14 novembre.

sagittario Giove e Urano favorevoli per i nati in dicembre. Ragionate in grande e siate ambiziosi e determinati verso gli obiettivi. Vita sociale tra il 13 e il 14.

capricorno Il momento si presenta favorevole per intraprendere un importante progetto. Evitate di agire in concomitanza dell’opposizione lunare tra l’11 e il 12.

acquario Colpi di fulmine e trasgressioni. Giove angolare vi rende permalosi. Tra il 13 e il 14 contate fino a dieci prima di prendere una decisione.

pesci Periodo favorevole e soddisfazioni. Tra l’11 e il 12 potrete passare momenti romantici in compagnia del partner.

Notizie di lavoro a partire dal 9.

Gioca e vinci con Ticinosette

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 47

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 13 novembre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 11 nov. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali 1. Strazio, disperazione • 10. Vi sosta la carovana • 11. Vale a dire • 12. Rimanere • 14. È bella ma stupida • 15. Misura di superficie • 17. Stop! • 19.

Malvagità • 21. Intacca la vite • 22. Un quartiere romano • 24. Cingono il capo degli eroi • 26. Salvò la fauna • 27. Piccoli difetti • 28. Riga centrale • 29. Le iniziali di Montesano • 30. I confini del Ticino • 31. Legumi ottimi con la pasta • 33. La sera del losannese • 35. È elegante a Parigi • 36. Bella pianta ornamentale • 39. È nero quello dell’arrabbiato • 40. La nota più lunga • 41. Le iniziali di Rascel • 42. Parola francese • 44. La fine della Turandot • 46. Scappare di galera • 49. Chiude la preghiera • 51. Due romani • 52. Diana nel cuore • 53. L’acqua benedetta.

Verticali 1. Noto romanzo di D’Avenia • 2. Velocissima • 3. Lo teme l’evasore fiscale • 4. Corsari • 5. Mezzo cono • 6. Utilizzo • 7. Il premio ambito dagli attori • 8. Rigagnoli • 9. Dittongo in beato • 13. L’antico Po • 16. Echeggia di belati • 18. Il fiume di Londra • 20. Le pale che forniscono energia • 23. Adamo fu il primo • 25. Istrice • 30. Tirare le conclusioni • 32. Il maestro della relatività • 34. Nome russo d’uomo • 35. Cuba e Germania • 37. Pedina coronata • 38. Marziana • 42.

Granturco • 43. Nodo centrale • 45. Vezzo nervoso • 47. Strada cittadina • 48. Il musqué del pellicciaio • 50.

La testa dell’aquila.

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La soluzione del Concorso apparso il 7 febbraio è: MALTEMPO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta sono state sorteggiate: Lisabeta Fighera (Poschiavo) Alma Guerra (Sementina) Silvana Rigamonti (P. Capriasca)

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Alle vincitrici facciamo i nostri complimenti!

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