Ticino7

№ 51 del 19 dicembre 2014 · con Teleradio dal 21 al 27 dic.

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Ticinosette allegato settimanale N° 51 del 19.12.2014

Impressum Tiratura controllata 66’475 copie

Chiusura redazionale Venerdì 12 dicembre

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Florence con Denis (dicembre 2014) Fotografia ©Reza Khatir

4 Ascolti Coro Calicantus DI FABIO MARTINI .................................................................. 7 Arti Musica e sperimentazione. L’arte di Arto DI STEFANIA BRICCOLA ............................. 8 Kronos Compassione DI FRANCESCA RIGOTTI .............................................................. 10 Letture Giocare con la gola DI GIANCARLO FORNASIER ................................................ 11 Vitae Simona Ferraina DI MARCO JEITZINER ................................................................ 12 Reportage Le custodi della nascita DI KERI GONZATO; FOTO DI REZA KHATIR .................. 37 Mundus Santo Sepolcro. Viaggio a Gerusalemme DI DANIELE FONTANA .................... 42 Fiaba Dorifi e lo specchio DI CHIARA PICCALUGA; ILLUSTRAZIONE DI SIMONA MEISSER ............ 44 Tendenze Ciglia. Occhi magici DI MARISA GORZA .................................................... 45 Svaghi .................................................................................................................... 46 Agorà Festività. Natale, altri tempi

DI

MARCO JEITZINER ...............................................

Bottiglie rotte Qualche giorno fa ero a Milano, in corso Buenos Aires, per acquisti. La commessa di un negozio, che mi conosce da tempo, mi saluta anche se era intenta a servire un signore un po’ attempato. Notando l’atteggiamento della commessa nei miei confronti, l’uomo si è girato e mi ha rivolto un sorriso cortese.

Era ben vestito e a prima vista appariva benestante. Ho però notato che esitava nella scelta del suo cinturino. Infine ha optato per il modello più economico. Questo fatto mi ha incuriosito e ho cominciato a osservarlo con maggiore attenzione. Ho notato che la sua camicia, anche se perfettamente stirata, era consumata sul collo e la giacca e i suoi pantaloni apparivano lisi. Mi sono reso conto di come lui indossasse l’abito con estrema dignità e che solo un osservatore attento e “ossessivo” (come il sottoscritto) poteva cogliere questi dettagli.

Questo incontro mi ha riportato indietro, al tempo delle elementari: mi sono ricordato di un maestro, anch’egli sempre impeccabile. I suoi vestiti, le giacche, le cravatte, le camicie erano sempre molto consumati, ma puliti e stirati. Un giorno mi convocò in sala professori e, lo ricordo ancora come se fosse ieri, mi fece sedere di fronte a lui. Dopo un attimo di silenzio mi fissò negli occhi e con voce ferma ma molto gentile mi disse: “Caro Reza voglio chiederti una cortesia, per favore, evita d’ora innanzi di rompere le bottiglie di bibite nel cortile della scuola o fuori in strada”.

Era vero, mi piaceva rompere le bottiglie, ma mi appariva comunque una strana richiesta.

“Perché?”, chiesi sorpreso. “Perché qui ci sono tanti bambini che hanno le scarpe bucate e così rischiano di tagliarsi i piedi”, rispose. “Scarpe bucate...?”, mah, com’era possibile, pensai, io che avevo sempre scarpe nuove. È passato molto tempo da allora ma questa

umile frase di un uomo gentile probabilmente mi ha arricchito più di tanti libri letti o delle molte le parole “sacre” che mi sono state insegnate. Ci sono incontri che ti rivelano l’oltre e ti mettono a nudo davanti alla tua pochezza. Spesso penso che lo spazio che ognuno di noi occupa su questa Terra sia sempre costante, pezzente o imperatore che tu sia. Le gomitate che tutti giorni diamo ai più fragili per occupare anche il loro spazio in fondo servono a poco. Forse, un giorno, impareremo... chi lo sa. Ovviamente, nella vita, non ho mai più rotto una bottiglia in strada, anzi, spesso quando vedo del vetro rotto a terra lo raccolgo (e lo getto tra i rifiuti).

Buone Feste, Reza Khatir e la Redazione

ticinosette ticino sette

Concorso di Natale

Tra coloro che hanno scovato i 5 fiocchi di neve presenti tra le pagine del n. 49 di Ticinosette, sono state estratte: Roberta Fusco (Sementina)

Cristina Stroppini (Gnosca)

Lilia Doninelli (Balerna)

che vincono rispettivamente

250.– 150.– 100.– franchi in buoni acquisto.

Complimenti alle fortunate lettrici!

Il Concorso è promosso in collaborazione con

Natale, altri tempi Società. Dalle cene delle numerose famiglie contadine alle tradizioni scomparse della festività più sentita di sempre.

Breve viaggio nel Ticino del novecento… di Marco Jeitziner

Agorà 4

Comprovasco, 1913. “Ritratto collettivo della famiglia Gianella. Attorno all’albero” (autore non identificato; ©Archivio di Stato, Bellinzona)

È

Natale. “Che baldoria pei bambini e quale disperazione per le mamme!” scriveva nel 1932 su “Illustrazione ticinese” l’articolista a firma Gavroche. Oggi è probabile che anche molti papà si disperino, potrà confermare il lettore, perché “se i bambini riescono ad appiccicare il naso a una vetrina di giocattoli non c’è più nessuno che li può staccare!”. Oggi quelle vetrine sono più grandi, più numerose, più virtuali, ma che bello pensare ai nasi dei bimbi che lasciano il segno sul vetro illuminato di un negozio. E lasciamoli sognare, esortava giustamente Gavroche, suvvia, quando correvano gli anni trenta, anni di crisi, tanto quanto quelli odierni. È da sempre la festa dei bambini, ma per noi adulti, dopo tutto, non è la stessa cosa? In questo Ticino dell’abbondanza, a cui materialmente parlando niente manca, il Glauco scriveva in dialetto su quelle stesse pagine ingiallite: il “Tisin, paes da la cücagna”, dove “par tirà innanz la baraca, ‘sa fá tütt quéll ca sa pò”! Anche a Natale, che sono giorni di rispetto, di bontà, di fede, di riflessione, di unione, di sogno e di speranza, come se, immaginava il Glauco, “i banch i dà foeu danee?”...

La vecchia mucca C’erano una volta le famiglie numerose del Mendrisiotto, quelle composte da una trentina di persone nella massima semplicità, ricorda sulla stessa rivista l’autore che si firmò G.P. Gente umile che nella bella stagione, oggi è anacronistico dirlo, emigrava come muratore o scalpellino in Lombardia e in Piemonte, perché qui di lavoro ce n’era poco. Era il Ticino arretrato e poco sviluppato, ma era l’Italia delle opportunità. Quattro soldi da portare a casa per i contadini che univano il malloppo sufficiente (sessanta franchi!) per comprare prima di Natale una... vecchia mucca! Proprio così. Non mancavano mai, quelli no, i prodotti della terra che gli anziani raccoglievano per l’inverno. E “una buona goccia di vino nostranello si trovava sempre nelle cantine”. La mucca la macellavano e se la dividevano da buoni soci, dieci chili a testa. “Alla vigilia di Natale, mentre il ceppo crepitava nel camino e le campane, solenni e gravi, annunciavano all’umanità la nascita del bambino Gesù”, a qualcuno toccava l’ingrato compito del fuochista, “perché la carne della vecchia mucca era dura e ci (...)

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“Allora solo gli agiati e i ricchi potevano mangiare carne e pane di frumento cotto in casa tutto l’anno. C’era il buon piatto di “busecca”, poi la messa e tutti a casa, a bruciare un ramoscello di ginepro nel camino, segno di pace e di devozione” volevano ore e ore per cuocerla bene, affinché fosse mangiabile”.

Allora solo gli agiati e i ricchi potevano mangiare carne e pane di frumento cotto in casa tutto l’anno. C’era il buon piatto di “busecca”, poi la messa e tutti a casa, a bruciare un ramoscello di ginepro nel camino, segno di pace e di devozione.

Agorà 6

Il grande panettone Ricordiamo, anche se molti di noi non c’erano, che “si cominciava con un buon piatto di misto, (…) salame e mortadella, poi seguiva un buon risotto, poi carne in abbondanza, capponi, tacchino e un’infinità di altre cose gradite al palato”, si narra. Il buon vino, di buona annata, certamente, fino al “panettone che misurava talvolta un mezzo metro di diametro”! E chi l’ha mai visto un panettone simile? Afferma l’anonimo autore che “in quasi tutti i paesi del Sottoceneri, e anche nelle grosse borgate, il commercio di tutti i generi alimentari assumeva delle proporzioni impressionanti”. Oggi quelle famiglie numerose e patriarcali non esistono più, “malgrado che la vita, il progresso, i salari, e tutte le condizioni economiche, abbiano subito (…) dei miglioramenti sensibili”.

Cos’è cambiato? In fondo, non molto, sembrerebbe, tanto che “al giorno d’oggi non vi regna che invidia e gelosia, e non vi è più quell’affiatamento sincero e bonario tra famiglia e famiglia”. Quello che si respirava nelle osterie, nelle strade e nelle piazze, nelle vecchie storielle di paese e nei canti gioiosi di donne e bambini.

Il mondo placato La poesia dialettale ticinese è un bel regalo, perché è lingua a sé stante, possiede un non so che di altero e dignitoso, di gentile e rispettoso. Come “quell galantom crodaa gió da chissà dova”, scriveva il Glauco, quando “‘l sòci al ‘sa serviva, al godeva ‘l nost bèll soo”. La vita è (era) questa qui, fatta di alti e di bassi, “vün va sü, l’altro ‘l và gió”! Saltiamo nel tempo, immutato come il Natale per taluni, in certi luoghi, in certi momenti, un salto col Piero Beretta che, se non casco nell’omonimia, fu pioniere di certa cronaca locale, lui che in Contrada di Verla s’incontrava con gli amici al “Gin Bianchi”, storico ritrovo di Lugano che non c’è più. Il Piero ricordava un Natale del 1914, a militare, quando mandava dei “baci grossi come il San Salvatore, o il poncione di Daro o il Generoso”, baci scritti a mano sulle lettere che i soldati inviavano ai cari prima delle feste. Allo stesso modo, annotava il G.P., “tutti gli emigranti, ovunque si trovassero, aspettavano con ansia e impazienza il giorno del rimpatrio, per festeggiare in seno ai loro cari il giorno di Natale, sacro alla memoria dei nostri vecchi”. Nonni e zii adorati, come oggi presumo, rispettosamente si chiamava lui il “regiu” e lei la “regiura”. Era il 22 dicembre del 1945, la memoria del grande conflitto ancora fresca, quando “questo Natale

vede finalmente il mondo intero placato e intento all’opera della pace. E sebbene quest’opera riesca ardua e difficile, ogni uomo (e donna, ndr.) deve collaborare ad essa con intendimenti sani e con tanta buona volontà”.

Fausta contingenza Ci fu un giorno di più amori dichiarati, ritratto dal fotografo Marino Casagrande, per “quattro matrimoni celebrati insieme nel paesello di Gnosca. Un avvenimento veramente raro”! Una tale Graziella curava la rubrica del sabato dedicata alla corrispondenza coi lettori, coi piccoli lettori, nella quale leggiamo della Ginetta di Lodrino e dei suoi due libri da leggere; della Silvana di Biasca che temeva di non poter partecipare ai giochi perché troppo piccola; del Francesco di Mesocco e dei suoi graziosi disegnini; della fotografia delle sorelle birichine Mariuccia e Rosanna di Lugano; delle poesie in francese dell’Alda di Airolo ecc.

Nella “fausta contingenza del Natale”, leggiamo, “anche chi nelle lotte della vita si è corazzato contro il sentimentalismo, non sfugge ne può sfuggire all’influsso di quest’aura e vede uomini ed eventi sotto una visuale diversa”. Scorriamo le pagine del tempo, 1954 per la precisione, il Natale regala al giornalista Giuseppe Lepori di Lopagno l’elezione nel Consiglio Federale, è l’orgoglio ticinese, anche se si occuperà “solo” di poste e di ferrovie. Gli ascoltatori di radio Monte Ceneri saranno orfani dell’attore italiano Giuseppe Galeati, mentre a Faido-Carì riprendeva l’attività sciistica grazie alle copiose nevicate. Nella pagina “per la massaia” si capisce quale fosse il ruolo delle donne nelle case di un tempo.

La buona educazione “Per il giornalista questo tema obbligato è, in una volta, impaccio e sprone. Egli sa che il lettore non ferma più l’attenzione sulle prose natalizie, avido com’è di cose e fatti nuovi”. Era l’editoriale del 1960 e vogliamo credere che l’autore si sbagliasse, perché mai come oggi il passato si dimentica, proprio perché così... passato. Dunque è novità, come un po’ lo è la neve a Natale, classico connubio, ma sempre meno evidente col clima impazzito che ci ritroviamo. Venne aperta la funivia del San Gottardo che congiunge Airolo col Sasso della Boggia, tanto importante, ci mancherebbe, quanto lo spostamento di un negozio di calde trapunte e corredi natalizi da Cassarate in Via della Santa. L’antica “fashion blogger” che si firmava “chiffon” scriveva delle tute da sci Pucci di Firenze, ma anche del tulle Marucelli di Milano, mentre nella consueta rubrica “per la massaia” già si commentava un vezzo sempre più diffuso che non può, oggi, non farci riflettere: “ci sembra che le madri (e i padri, ndr.) non si sforzino più tanto per inculcare nei loro figli la necessità della cortesia, della buona educazione in tutto ed in ogni momento”. Ecco, in tutto e ogni giorno, non solo a Natale.

Ascolti di Fabio Martini

O Filii et Filiae Coro Calicantus Suisa, 2014

Nel

maggio del 2009 avevamo dedicato un ampio reportage fotografico, realizzato da Reza Khatir, alla Scuola Calicantus e all’omonimo coro, una delle realtà musicali di eccellenza del nostro cantone, che trova nel maestro Mario Fontana la sua guida e il suo principale animatore. L’uscita di un nuovo CD, dopo l’apprezzatissimo Come ye sons of art pubblicato nel 2008, rappresenta dunque una sorpresa graditissima oltre a offrire l’opportunità di ascoltare musica di grande spessore interpretata con sapienza ed entusiasmo dai giovani cantori ticinesi.

Il progetto dell’album conferma, come del resto era accaduto nella precedente pubblicazione, l’intelligenza musicale di Fontana. La musica, per lui come per noi che scriviamo, non è infatti da vagliare in base a gerarchie di natura stilistica ma soltanto ed esclusivamente alla luce delle sue qualità estetiche ed emozionali. Solo muovendo da questa concezione si può comprendere la scelta di programma offerta da questo pregevole lavoro, in buona parte derivato da registrazioni eseguite dal vivo nel corso di alcuni concerti del coro: si passa con naturalezza da Palestrina, Gabrieli e Lvovsky a Chilcott e alle tre gemme di Crosby, Stills e Nash, la cui musica si contrassegna per la grande ricercatezza vocale, fino ai brani di Ivo Antognini espressamente dedicati e composti per il Calicantus (il brano che dà il titolo all’album è stato composto da Antognini nel 2014).

Al di là dei numerosi premi ricevuti, dei riconoscimenti internazionali, dell’impegno sul piano umanitario, della nobiltà del progetto educativo, il coro e la scuola Calicantus rappresentano, come avevamo scritto nel reportage citato in apertura, “un momento di crescita comune e di condivisione dell’esperienza estetica. È lungo questa via che la musica conduce al contatto spirituale fra le persone, a quei momenti di assoluta unicità che solo chi ha fatto esperienze di musica d’insieme – corale o strumentale che siano – può aver provato. (…) Attraverso la musica esterniamo la nostra interiorità, i nostri sentimenti, le gioie, i dolori e nel farlo ci riveliamo l’un l’altro. Perché, allora, non immaginarci luminosi cantori ai margini del mondo?”. Per informazioni corocalicantus.org

L’arte di Arto

Incontriamo il poliedrico compositore americano dal quieto carisma e dal talento multiforme che ha scelto la musica come territorio di ricerca di Stefania Briccola

Arti 8

Il cantante, chitarrista, compositore, audio-provocatore e Arto Lindsay, che cosa ha voluto portare nel doppio CD produttore Arto Lindsay, nato a New York nel 1953 e cresciu- Encyclopedia di Arto: un po’ di antologia, un po’ di live, to in Brasile, è stato un protagonista della sperimentazione un po’ di Sudamerica, un po’ di Nordamerica, il lato artistica fin dalla metà degli anni settanta. Come membro dei oscuro della luna e quello chiaro?

Mi sembra una descrizione piuttosto buona. L’editore dell’etiDNA, insieme a Ikue Mori, Robin Crutchfield e Tim Wright, ha contribuito alla fondazione del movimento No Wave chetta Ponderosa Music&Art mi ha suggerito di fare una comnella Grande Mela alla fine degli anni settanta, e come leader pilation che descrivesse la mia storia così ho avuto l’idea di riassumere l’esperienza di una vita per degli Ambitious Lovers a cui dette vita mostrare cosa ho fatto. È un modo per con il tastierista zurighese Peter Scherer orientare il discorso su generi differenti e nel 1984, ha sviluppato una musica ibrivedere se si possono trovare delle connesda caratterizzata da sonorità brasiliane. sioni. Nell’Encyclopedia di Arto c’è Nella sua lunga carriera ha collaborato tutto quello che ho fatto che alla fine è con artisti visuali e musicisti tra i quali tutto quello che ho. Questo è il mio viaggio spiccano i nomi di Vito Acconci, Laurie completo, quello che mi porto dentro e che Anderson, Matthew Barney, Caetano ascolterete nel disco. Il mio lavoro non è Veloso e Rikrit Tiravanija. Da tempo si quello di descrivere quello che faccio. Il mio è trasferito in Brasile, dove ha trascorso compito è quello di fare musica e al masl’infanzia e l’adolescenza, e da qualche simo di aiutare a descriverla, ma non di anno ha iniziato a occuparsi di parate spiegarla. Dimenticate la mia biografia e che ha realizzato in diversi luoghi dal ascoltate solamente la mia musica. Quelcarnevale di Bahia e alla biennale di lo che ho fatto è tutto lì.

Venezia. Tutto rientra nel suo concetto di musica intesa come “arte sociale” che Arto Lindsay in concerto (wikimedia.org) Quanto ha contato crescere in Brasisi realizza con altre persone e in stretta le negli anni sessanta, essere figlio di missionari e viconnessione con il pubblico.

Il suo nuovo doppio disco uscito il 27 maggio, un giorno vere in un ambiente spirituale o meglio essenziale…? prima del suo compleanno, s’intitola Encyclopedia of Arto ed Non ho una risposta. So cosa vuole dire, ma non so come riè prodotto da Ponderosa Music&Art. Il primo CD comprende spondere. Forse mi sta dando già una risposta dicendomi che brani che Lindsay ha scelto tra i suoi album da solista di un è stato un ambiente molto spirituale, importante ecc. Insomma periodo compreso tra il 1996 e il 2004 quali O Corpo Sutil, alla fine ci capiremo. Vediamo un po’… Sono cresciuto in un Mundo Civilizado, Noon Chill, Prize, Salt e Invoke. Sono stati periodo in cui stavano accadendo molte cose nel mondo e scritti con personaggi del calibro di Amedeo Pace dei Blonde l’industria dell’intrattenimento e il desiderio di cambiamento Redhead, Marisa Monte, il già citato Veloso, Kassin, Vinicius lavoravano nella stessa direzione. Adesso non succede più.

Cantuaria oltre a Andrés Levin e Melvin Gibbs. Nel secondo Probabilmente questo ha creato degli ideali e dei valori anche per me.

CD c’è Arto con la chitarra. Ci sono le sue canzoni e le cover rilette nel suo stile. Troviamo una performance in solo dove le melodie vocali e il chitarrismo atonale riassumono Che cosa ricorda dell’esperienza con il regista svizzero al meglio la sua poetica musicale. Oltre all’inedito dal titolo Edo Bertoglio nel film Downtown 81 dedicato a Jean”Pony” ci sono brani tratti dagli album citati e cover di Prin- Michel Basquiat in cui lei interpreta se stesso? ce e Al Green oltre a quelle inedite di Chico Buarque e della Ricordo che è stato molto bello e rilassante lavorare con Edo Bertoglio. Penso che Downtown 81 sia una delle migliori tetradizione del samba carioca e del samba reggae di Bahia. stimonianze di quel periodo a New York. Il film è bellissimo anche perché rende una testimonianza autentica della figura Il lato oscuro della Luna La voce di Arto Lindsay è come la sua musica, caratterizzata di Jean-Michel Basquiat che si imbatte in tutto il sottobosco da continue intermittenze. È necessario sintonizzarsi sulla della scena artistica newyorkese. Con quel docu-fiction è stato medesima linea d’onda per capire il suo mondo fatto di suo- fatto un lavoro di gran lunga migliore di tutti i documentari e ni e di sorprese da vivere in diretta. Lo abbiamo intervistato film prodotti dopo. Si tratta di un’opera davvero bellissima a margine del concerto tenuto al Festival di Villa Arconati a creata in un’atmosfera di amicizia e divertimento. Un film Bollate (Milano) dove si esibito con il chitarrista Marc Ribot unico e fortunato. Edo e Maripol, allora sua compagna, e Glenn O’Brien, tutti e tre insieme, hanno realizzato un ottimo film. in una tappa del suo tour europeo.

Ci sono altri legami con la Svizzera nella sua carriera?

Un’altra esperienza importante è stata quella con il musicista e compagno di tanti anni Peter Scherer. Lui è di Zurigo. Insieme abbiamo avuto la band degli Ambitious Lovers e abbiamo lavorato molto per il teatro, il balletto, ma anche realizzato colonne sonore e prodotto tanti dischi. Adesso Peter è tornato a vivere a Zurigo, ma ha vissuto tanti anni a New York.

Parliamo di Marc Ribot, chitarrista statunitense coinvolto in numerosi progetti di John Zorn, oltre che storico sodale di Tom Waits… Che cosa dice di questo musicista con cui lei sembra giocare sul palco?

Marc non è svizzero, ma se volete ve ne parlo lo stesso. È un vecchio, vecchio, amico. Suoniamo assieme in diverse situazioni ed è stato anche nella mia band per un periodo… Lavorare insieme è sempre un’occasione unica, un momento di scambio e di confronto.

Quali sono i suoi rapporti con l’arte contemporanea e con le parate del carnevale brasiliano?

La parata viene direttamente dalla tradizione del Brasile e molti artisti sono stati coinvolti in questa espressione. Non so cosa sia stata per loro, ma per me la parata è una bellissima forma d’arte che combina elementi diversi. C’è una musica narrativa e puoi pensare la sfilata in mille modi. Trovo interessante questa forma d’arte e spero di farne altre l’anno prossimo. Tuttavia realizzare una parata richiede parecchi soldi e il coinvolgimento di molta gente. Anche se si tratta di una piccola sfilata c’è molto lavoro

dietro. Mi piacerebbe rifare delle parate realizzate in passato e riproporle proprio come una canzone.

Ci racconti della sua ultima parata fatta al Museo di arte moderna di San Paolo? È stato piuttosto strano perché c’era poca gente e alcune persone non hanno fatto il loro lavoro. È stato come lo sketch di una parata. Avevamo un sasso di una tonnellata e mezzo e stavamo cercando di spingerlo e non siamo riusciti a spostarlo. È stata una parata impossibile…

Come si vive in Brasile?

Vivere in Brasile è molto difficile e molto intenso al contempo perché è un paese in continuo divenire. Abbiamo bisogno di cambiare perché ci sono tanti problemi. Si deve cambiare e la gente vuole cambiare.

Come ha seguito i mondiali di calcio?

Amo il calcio e i mondiali mi sono davvero piaciuti. Ho guardato quasi tutte le partite. Ero triste naturalmente perché il Brasile ha perso.

Quali progetti per il futuro?

Farò dei tour con la mia band e andremo in Giappone. Torneremo in Europa in autunno. Mi piacerebbe venire in Svizzera, ma non abbiamo ancora pianificato e non so se riusciremo questa volta.

Inoltre mi occuperò del mio nuovo disco che sarà lanciato in autunno. Questo è il mio prossimo progetto importante.

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Compassione

Compassione, cioè “com-passione”: patire insieme, passione condivisa, prossimità al dolore dell’altro.

Un sentimento complesso e molto attuale, che riguarda il mondo animale nella sua totalità di Francesca Rigotti

Il sentimento della compassione ha incontrato in passato e incontra nel presente due avversari accaniti: da una parte la tradizione filosofica, che è sempre stata diffidente nei confronti degli aspetti ambigui, autoconsolatori e dolciastri di compassione, pietà, misericordia; non senza ragione però, soprattutto quando si è impegnata a sostituire al sentimento religioso della pietà il concetto laico di giustizia. Dall’altra, le ipotesi spregiudicate avvalorate da qualche “università americana”, sempre pronta a cercare un po’ di notorietà con l’ultima sconvolgente “scoperta” dei presunti risultati positivi presentati sul piano sociale e produttivo da atteggiamenti egoistici, aggressivi e malvagi.

Kronos 10

giamento di don Chisciotte per il quale, nell’orizzonte della cavalleria, la compassione è d’obbligo. Un altro quadro ancora raffigura la pietà e la misericordia divine, che l’uomo cerca con invocazioni quali il latino “miserere Domine” e il greco “Kyrie, eleison”. In tutte queste forme di compassione si compie – commenta Antonio Prete – un esercizio profondo di trasferimento nell’altro, perché “sospendere lo sguardo sulla propria singolarità trasferendosi per un momento nell’altro vuol dire riconoscere se stesso nell’apparenza di un estraneo” (p. 110).

La compassione per il dolore animale Non è un esercizio facile, la compassione: tutti sappiamo bene come di fronte al dolore altrui si tenda a Compassione in letteratura sfuggire, oppure a compassionarlo Di diverso avviso, nei confronti delsoltanto per sentirsi magnanimi e la compassione, letteratura e arte: potersene compiacere, soddisfacendo e in questi ambiti si muove infatti una volta di più il proprio egoismo.

Antonio Prete, professore emerito di Eppure da questo atteggiamento Letterature comparate presso l’unirifugge il vero principio di comversità di Siena e autore di un libro passione, che giunge addirittura a di grande pregio, ricco, interessante partecipare di un dolore di tipo e avvincente “come un romanzo”, molto particolare: il dolore animale.

Compassione. Storia di un sentimento Ci siamo occupati di tematiche simili (Bollati Boringhieri, 2013), compoallorché abbiamo discusso qui il nendo i quadri di un’immaginaria libro di Felice Cimatti sulla Filosofia esposizione di “figure della compasdell’animalità (“Il gatto e noi”, in sione”.

Ticinosette n. 4/2014), discutendo di Uno di questi quadri contempla la Michel de Montaigne e di altri autori compassione nel mondo tragico della toccati dalla sofferenza animale. Ma guerra, allorché il suo codice ecceziose la storia del rapporto dell’uomo nale sancisce quel principio bellico con gli animali è stata (anche) un indi disumanizzazione che coincide terminabile racconto di dolore inflitcon l’impossibilità della compassioWilliam-Adolphe Bouguereau, Compassione (1897), olio su tela, to loro, oggi, mostra Antonio Prete ne. Eppure persino i soldati in guerra collezione privata (wikiart.com) nell’ultimo tableau dell’esposizione, sono colpiti dallo strazio fatto ai l’esercizio quotidiano della violenza corpi dei nemici; e tanto più dallo strazio inferto al corpo dell’amico: lo esprime nei suoi versi sulle bestie ha raggiunto vertici al di là di ogni orrore. il giovane poeta Giuseppe Ungaretti, che sulle trincee del Esercitiamo, con gli animali da allevamento, da esperimenCarso, durante la prima guerra mondiale, raccoglie in paro- to, da circo o da zoo, la nostra gelida crudeltà raffinatasi le dolenti la compassione al cospetto del dolore: “Un’intera grazie allo sviluppo della tecnica, talché la bestia destinanottata/buttato vicino/a un compagno massacrato...” (da Il ta a diventare cibo o abbigliamento, in quanto sottratta alla vista, si sottrae anche alla com-passione: come farsi porto sepolto, Udine 1916).

Un altro grande quadro ritrae la compassione e il suo prossimi al dolore dell’altro infatti quando l’altro è a noi esercizio come forma di protezione dei deboli: è l’atteg- invisibile e lontano?

Letture Giocare con la gola di Giancarlo Fornasier

È

da poco in libreria questo interessante volume dedicato all’alimentazione nei bambini e nei ragazzi. Alimentazione che dovrebbe essere sempre attenta agli ingredienti e alle qualità nutrizionali di ciò che mangiano, a casa ma anche quando si consumano pasti e merende in altri contesti.

La regola è sempre la stessa: cibi freschi e di stagione, semplici sia nei sapori sia nella lavorazione, da preferire a quelli confezionati industrialmente: “(...) patatine fritte, merendine confezionate, alimenti dolcificati o zuccherati, salsine colorate e creme tutte olio e zucchero. Come fare sì che nella loro testolina si formi l’immagine giusta?” si chiedono gli autori. “Educare il loro palato ai sapori veri, preparando cibi sani attraverso il «gioco» in cucina, è il primo passo perché il cibo «buono» sia davvero sano e nutriente anche per il loro organismo e per il loro frizzante cervellino in crescita. Perché il cibo da loro desiderato sia quello di casa”. Nelle 240 pagine – ricche di schede ed illustrazioni – viene evidenziata l’importanza della colazione, con ricette e

idee per rendere tutti i pasti più “divertenti” e ricchi di fantasia; un aspetto fondamentale, perché anche alimentarsi deve essere un gioco entusiasmante e tutto da scoprire.

E questo in particolare in prossimità dei giorni più felici (dal Natale alla classica festa di compleanno). Un capitolo a parte è dedicato all’importanza della spesa (qui chiamata “intelligente”) nella quale coinvolgere bimbi e ragazzi per far apprendere loro il valore di ciò che mangiamo e la necessità di prestare attenzione a quello che acquistiamo. Assai interessanti anche le “schede gioco della frutta stagionale” (pag. 177 e seg.), alimenti che come sappiamo non devono mai mancare in particolare nella dieta dei più giovani, e strumenti essenziali per combattere sovrappeso e obesità.

Segnaliamo che Luca Speciani è un medico chirurgo e agronomo alimentarista. È tra l’altro maratoneta, triathleta e istruttore di nordic walking. Dal 2009 è responsabile medico nutrizionale delle squadre nazionali italiane di ultramaratona.

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Per chi sa cos’è la bontà. www.selection.migros.ch

Giocando in cucina.

Come insegnare al palato dei bambini che il cibo buono è quello di casa di Lyda Bottino e Luca Speciani Tecniche Nuove, 2014

G

razie a un viaggio in Kenya nel 2006 ho scoperto l’Africa, un continente la cui semplicità mi ha subito affascinato, così come i paesaggi della savana.

Impossibile non innamorarsene e tentare di portar sempre con sé qualcosa di questa terra, così diversa dalla mia. Mi sono quindi avvicinata alla fotografia naturalistica: un modo per catturare affettuosamente animali e paesaggi. Di professione sono impiegata di commercio e non fotografa. Probabilmente quando mi sono trovata a scegliere cosa fare “da grande”, non ne ero ancora così appassionata. Poco importa: vivo un hobby che mi appassiona ogni giorno di più. In Ticino ci sono molti fotografi non professionisti, segno di una moda che in questi ultimi anni è scoppiata tra i giovani (e non), grazie anche alle nuove tecnologie e ai loro riti (vedi “selfie”). Io però mi sento estranea a questa tendenza, perché adoro la fotografia naturalistica e non la fotografia di ritratto.

In Africa avevo fatto due settimane di vacanze balneari includendo un paio di giorni di safari nei parchi nazionali Amboseli e Tsavo est e ovest. Un’emozione indimenticabile che mi ha spinto verso la macchina fotografica e a una migliore conoscenza di questo strumento che oggi è diventato il mio diario a colori. Per rendere onore e omaggio agli animali e al loro habitat, cerco di migliorarmi scatto dopo scatto, corso dopo corso, organizzando viaggi in Africa per scoprire angoli sempre meno turistici, per osservare gli animali nel loro habitat naturale. Vedere (e fotografare) gli animali della savana nel loro ambiente naturale è stupendo.

Finora i miei viaggi nel continente nero sono stati ben sei!

Ogni volta nell’arco di dieci, quindici giorni. Sono stata due volte in Kenya, due volte in Tanzania, Namibia e Botswana.

Il luogo più bello, e con molti animali, è senza dubbio il Kenya (nelle zone poco turistiche) e il delta dell’Okavango in Botswana. Il ricordo più bello? L’incontro ravvicinato con un leopardo (in Botswana): io su una jeep e lui che camminava, era sempre più vicino, era a portata di una carezza. Riuscivo a vedere ogni suo dettaglio, era stupendo!

Un altro motivo per tornare in Africa ogni anno sono i bambini. Porto sempre cose per loro (caramelle, vestiti,

penne e altro) e ogni volta mi ricambiano con la bellezza e la semplicità di un sorriso. La cosa brutta è senz’altro la povertà di questo continente. Ho 25 anni, abito a Bellinzona e vengo da un paese ricco: il confronto con l’Africa – dove la profonda povertà è tangibile – fa pensare e molto. Fa pensare che un nostro bambino se non gli regali l’ultimo modello di iPhone non è contento, loro invece vanno matti per le cerniere e per i “post-it”. Nei loro villaggi si vive con il minimo indispensabile. Le scarpe sono fatte di bottiglie di plastica schiacciate, allacciate con una corda trovata tra i rifiuti. Mi faccio spesso domande su come potrei aiutare maggiormente l’Africa (sia la popolazione che la fauna locale). Non è semplice perché spesso l’altruismo è ostacolato dal governo del paese.

Per questo motivo io mi appoggio su associazioni già presenti in Africa: il centro di accoglienza per bambini in Namibia (“Mammadù”) e in Kenya l’orfanotrofio dei cuccioli di elefanti rimasti orfani di madri uccise dai bracconieri (“The David Sheldrick Wildlife Trust”). Chi caccia, chi uccide per soldi gli animali, non ha cuore. A parere mio dovrebbero assolutamente vietare questo tipo di “svago” che purtroppo è ancora legale in molti paesi africani. Il Botswana sta facendo molto per combattere il bracconaggio, con il loro presidente che si schiera in prima linea per combattere questa uccisione di massa di elefanti per il loro avorio. Ma non basta. C’è anche parecchia ingenuità da combattere con la sensibilizzazione. Come in Sud Africa, dove i turisti hanno la possibilità di camminare con un cucciolo di leone, che appena sarà grande finirà nelle riserve di caccia, dove l’esito è purtroppo scontato. In un futuro vorrei fare qualcosa di più concreto per ridurre il bracconaggio di elefanti e rinoceronti. La prossima mostra fotografica sull’Africa – prevista per la prossima primavera – sarà nuovamente l’occasione per raccogliere fondi utili alla lotta contro il bracconaggio. La mia fotografia non è solo uno strumento di bellezza, ma anche di lotta.

SIMONA FeRRAINA

Vitae 12

Appassionata di fotografia e di natura, è innamorata del continente africano.

Il suo desiderio? Preservare maggiormente la fauna e incentivare la lotta al bracconaggio

testimonianza raccolta da Marco Jeitziner fotografia ©Flavia Leuenberger

Le custodi deLLa nascita di Keri Gonzato; fotografie ©Reza Khatir

(La Madonna tiene in braccio suo figlio) Lo guarda e pensa: “Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. È fatta di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia.

Mi rassomiglia. È Dio e mi assomiglia.

E nessuna donna ha avuto dalla sorte il suo Dio per lei sola.

Un Dio piccolo che si può prendere nelle braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che vive” Dall’opera teatrale Bariona o il figlio del tuono (1940) di Jean-Paul Sartre

Ambra

FRANCESCA COPPA DOTTI

Levatrice e responsabile della FSL-Ti (Levatrici Indipendenti Sezione Ticino) “La nascita è un evento unico e irripetibile dove gli attori principali sono la mamma, il papà e il nascituro. Noi professionisti dovremmo essere delle figure di contorno, come il bue e l’asinello del presepio che vegliano e scaldano quel neonato che ha segnato la storia”

Natale è vicino, la neve si è già fatta vedere. Preparo il materiale per gli impegni di oggi e mi soffermo a leggere una mail, con relative foto. Mi è stata inviata dall’equipe in Bolivia, dove ho lavorato a un progetto di sviluppo.

Laggiù, si festeggia il Natale in piena estate. Dopo tre anni bellissimi nella piccola maternità di Faido, con la mia valigia da giovane levatrice, ero andata verso un impegno di volontariato in Sud America assieme a mio marito. Quanti neonati, quante famiglie ho incontrato lungo la strada da allora… Ogni incontro, ha arricchito il mio bagaglio, all’interno del quale oggi si fondono due mondi. La medicina Svizzera, con trattamenti sempre più

all’avanguardia, convive con l’approccio alla nascita di un popolo del Sud del Mondo, che celebra la saggezza innata delle donne. Per Natale si è soliti scrivere alle persone care, io nelle mie lettere desidero esprimere la mia gratitudine…

Verso le mamme, i neonati e le famiglie che mi hanno permesso di esser loro vicina in questi momenti speciali. Nei confronti delle colleghe e dei medici con i quali abbiamo costruito una rete sanitaria solida ed efficiente.

Non da ultimo, un grazie va alla mia splendida famiglia, a mio marito e ai miei figli che, indirettamente e molto discretamente, mi sostengono e fanno parte a modo loro del grande team della maternità.

FLORENCE BURDIN

Ostetrica presso l’Ospedale Regionale La Carità, Locarno All’origine del mio orientamento professionale c’è la donna che mi ha messo al mondo. Per lei, accompagnare la nascita, significava saper unire sensibilità e forza. Mi aveva trasmesso entrambe le qualità dandomi la vita…

In trent’anni di esperienza, in Svizzera e all’estero, ho assistito la nascita di moltissimi bimbi. Non li ho mai contati, ho preferito riempire il cuore di emozioni piuttosto che la testa di cifre. Le miei esperienze all’estero mi hanno fatto capire più velocemente quanto la vita sia “rischio” ma anche quanto la natura sia forte. Due dimensioni che rimangono essenziali, indipendentemente dal paese in cui si nasce. Nel

mio percorso, ho voluto essere sempre di più all’ascolto della donna che partoriva. La mia ammirazione di fronte alle risorse della donna durante il travaglio è andata crescendo: ho imparato che la natura ha una potenza indescrivibile. Il mio ruolo esiste in tutto il mondo, da sempre, e così sarà ancora per molto tempo. Nelle mie esperienze è capitato di incontrare donne che non credevano nemmeno che fossi una persona tanto ero diversa da loro… Ma, quando hanno saputo che ero ostetrica, hanno saputo chi ero! È un lavoro che, proteggendo la vita, trasmette forti emozioni, grande rispetto e umiltà.

“Mi emoziona appoggiare il bimbo appena nato sul petto della sua mamma e, in questo ultimo gesto che conclude la venuta al mondo di un essere umano, leggere, ascoltare, percepire le prime emozioni di questo istante, unico…”

Clarissa

Si ringrazia la Direzione dellâ&#x20AC;&#x2122;Ospedale Regionale La CaritĂ di Locarno per la gentile collaborazione

Sabine

CLARISSA SEMINI

Doula

“Sono una guardiana della nascita di madri e padri consapevoli, amorevoli e responsabili e della nascita di anime che si incarnano” Mi considero una privilegiata spettatrice dell’invisibile che si può scorgere attraverso il cuore. Il parto, è un viaggio iniziatico in cui la donna è invitata a ritrovare il sapere del suo bagaglio genetico, a incontrare le esperienze delle antenate, a sciogliere eventuali nodi e ad accogliere il proprio potere femminile. È un affare tra spirito e scienza. Un viaggio, governato da una saggezza ben superiore, in cui l’essenza e la materia si fondono. Tutto sembra sospeso, solo le onde prodotte dal corpo della donna scandiscono i passaggi della nascita. Guidato dai movimenti del corpo che lo avvolge, in un ritmo perfetto per entrambi, il bebè viene alla luce. Mi tocca profondamente sapere e sentire che tutto questo sta accadendo, naturalmente, e poter essere presente per custodirne ogni istante.

SABINE LANFRANCHI Doula

“Ho saputo di voler lavorare con le donne in dolce attesa dopo la nascita del nostro quinto figlio. Un momento di amore intenso che ha originato la voglia di dire alle coppie che è possibile partorire in modo armonioso, consapevole e senza dolori” Ad oggi ho potuto vedere nascere trenta bimbi, di cui due volte gemelli. Mi emoziona sempre quando sento che ho davanti a me una mamma forte che sa di essere capace di dare alla luce un figlio. Come doula offro un accompagnamento alla nascita emozionale e profondo, che non ha funzioni medicali e non sostituisce la levatrice. Essere invitata a condividere i primi passi di una famiglia è un regalo… La doula segue la donna e/o la coppia negli ultimi mesi della gravidanza offrendo sostegno e sviluppando la fiducia nel processo naturale. Un bebé deve poter nascere nel più grande rispetto possibile. Ci vuole pace, poca luce, pochi rumori in modo che la mamma si senta al sicuro. Un’atmosfera indisturbata, un cerchio sacro all’interno del quale la mamma deve poter seguire i suoi propri ritmi.

Viaggio a Gerusalemme Eccola lì la Basilica del Santo Sepolcro, così carica di simboli che neppure quell’eccesso di costruzioni e spazi religiosi – ricavati uno sopra e dentro l’altro in un innesto senza fine e, all’apparenza, senza confini – può contenere… di Daniele Fontana

Mundus 42

L’edificio che custodisce il gran sepolcro “liberato” da Goffredo di Buglione, in quella Terra Santa la cui epopea, prima che da Ridley Scott, fu cantata da Torquato Tasso, se ne sta lì, nel cuore di Gerusalemme, circondata da abitazioni e vicoli stretti. Grande sì, ma nulla a che vedere con l’imponenza della Cupola della Roccia, al centro della spianata delle moschee, che si spalanca giusto sopra il Muro del pianto.

Gerusalemme la celeste, spazio sacro per le tre principali religioni monoteiste che vi convivono placidamente. Loro, le religioni, perché molti degli uomini che le professano non perdono invece occasione per rinnegarne i fondamenti impegnandosi in schermaglie continue.

e oggetti della quotidianità alla ricerca di un qualche trasferimento di poteri divini e perciò salvifici. Lo spazio è dunque spesso affollato.

Al di sopra della folla prostrata svetta un’alta scala in alluminio. La cuspide raggiunge alcuni splendidi lampadari in argento appesi a cavi che volteggiano a mezz’aria. Non c’è però nessuno su quella scala.

“Da un po’”, ci dice la nostra accompagnatrice. E per un bel po’ ancora. Quella scala infatti è un segno ingombrante e imbarazzante della contesa che si svolge ogni giorno tra le diverse chiese cristiane che si sono insediate in quel luogo per stare il più vicino possibile al cuore di uno dei messaggi più simbolici dell’intero Vangelo. Apostolica romana, greco ortodossa e armena. E, relegata in un’edicola ma giusto sopra l’entrata al sepolcro, anche quella copta.

La copie, la folla e gli oggetti “ingombranti” Siamo accompagnati da una giovane antropologa che lavora per una ONG francescana, l’orLa convivenza e le regole dine cui fu affidata la custodia Una coesistenza complessa che dei luoghi santi della cristianità. dà vita a una delle forme più È una donna fresca, vivace e molto professionale. Mai che L’Edicola e la Basilica del Santo Sepolcro (wikipedia.org) esasperate di forzata convivenza condominiale. ti dica “questo è...”. Sempre, invece, “questo ricorda...”. Una preminenza della ragione e Per ridurre al minimo occasioni di attrito e di conflitto (e della scientificità che, invece di sminuire la prospettiva ancora non basta, visto che capita, come documenta anche metafisica di luoghi e oggetti, apre spazi per la sola cosa il web, che alle volte ministri dell’una e dell’altra chiesa veramente importante: la propria disponibilità ad affac- vengano addirittura fisicamente alle mani) ogni minimo ciarsi o meno su quella dimensione. È con serena laicità, spazio della basilica, ogni minimo istante del tempo che dunque, che apprendiamo alcune informazioni che, per le dentro vi scorre è minuziosamente regolato da norme, orari, disposizioni. Da qui a lì è mio, da lì a là tuo, il resto vie dell’aneddoto, ci portano direttamente al paradosso.

La prima subito, appena varcata la porta d’entrata. A terra suo. Il tutto sotto gli occhi vigili dei controllori designati è posata la pietra dell’unzione, su cui la tradizione vuole da ogni chiesa. Guai a rompere il rigido schematismo. Ogni sia stato adagiato il corpo del Cristo deposto dalla croce minimo strappo non subito corretto si trasforma infatti a per essere poi preparato alla sepoltura. Quella pietra non è sua volta in nuova regola. l’originale, essendo coperta, come da altri oggetti di culto, Ebbene, un giorno gli armeni hanno piazzato quella scala da un facsimile che la protegge. “Pure quella sotto però non per raggiungere e pulire i loro lampadari. Finito il lavoro è l’originale”, precisa comunque la nostra antropologa. ne sono discesi e se ne sono andati senza rimuoverla. Gli “La sua datazione è molto posteriore all’epoca dei fatti”. Sta ortodossi, mal gliene incolse, si sono dimenticati di dire di fatto che, vera o posticcia, quella lastra è fortemente ai loro fratelli nella fede in Cristo di provvedere. E così la venerata soprattutto dai fedeli della chiesta ortodossa, che scala ha assunto in sé (consustanziato direbbero i giuristi) letteralmente vi si sdraiano sopra strofinando indumenti il diritto di starsene lì in eterno. Ne è naturalmente nata

una querelle infinita sfociata, dopo mille diplomazie, nel classico compromesso: per sei mesi all’anno la scala sparisce ma per altri sei torna in quel preciso angusto spazio.

Anche se non serve a niente. Giusto così, letteralmente per marcare il territorio. E un poco per rompere le scatole agli ortodossi.

Altro esempio concreto con diramazioni giunte sino a noi: nell’ambito della recente mostra luganese sul “Barocco dal Santo Sepolcro”, per consentire ai due quadri, restaurati dal gallerista Canesso ed esposti nel suo spazio di Piazza della Riforma, di lasciare la Basilica sicuri di ritrovare il loro posto al rientro, laggiù si son dovuti appendere dei sostituti in modo da non perdere il “diritto al chiodo”.

Le chiavi di Dio Sono retaggi antichi, attriti sclerotizzati, che hanno però una grande funzione didattica: l’uomo è sempre capace del suo peggio. Persino al cospetto del divino. Pure dinanzi ai messaggi più densi sappiamo esaltare la nostra insignificante piccolezza. Un promemoria che si rinnova ogni giorno e che da quelle terre lontane si propaga sino a noi. Con questa ultima, sublime, luminosa postilla, che dovrebbe portare luce pure alle non poche anime buie che popolano il nostro paese. Anche nei periodi del dominio musulmano il Santo Sepolcro è sempre rimasto una chiesa cristiana, protetto sin da subito anche grazie alle prime leggi islamiche. L’apogeo fu però raggiunto da Saladino in persona (sì, il famoso, famigerato Ṣalāḥ al-Dīn, il conquistatore di Gerusalemme), il quale nel dodicesimo secolo sentì la necessità di incaricare due famiglie palestinesi musulmane, proprio perché neutrali rispetto alle continue liti tra cristiani, di custodire le chiavi del portone d’ingresso della Basilica. Da allora il luogo forse più sacro della cristianità è letteralmente nelle mani dei discendenti islamici delle servizievoli famiglie Nusayba e Ghudayya, chiamati ogni giorno ad aprirlo e a chiuderlo al mondo e alla folla di fedeli onnipresenti.

Con buona pace dell’antico Tasso e di tanti moderni furori.

Né pur deposto il sanguinoso manto, viene al tempio con gli altri il sommo duce; e qui l’arme sospende, e qui devoto Il gran Sepolcro adora e scioglie il voto.

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Dorifi e lo specchio di Chiara Piccaluga; illustrazione ©Simona Meisser

C’ Fiabe 44

era una volta una bambina che

so. Turbato e impaurito reagì per difendersi abba-

viveva con la sua famiglia e il suo

iando, ma nel frattempo anche quel cane abbaiò.

cagnolino in campagna. Dorifì

Allora Dorifì, ancora più arrabbiato, abbaiò più

– questo era il nome del fedele

forte e l’altro cane fece lo stesso, abbaiò numerose

quadrupede, abituato al verde dei prati, ai colori e

volte con aria minacciosa e la stessa cosa faceva il

ai profumi della natura –, mai si sarebbe aspettato

cane che aveva di fronte. Andò quindi su tutte le

ciò che stava per accadergli. Un giorno, infatti, la

furie perché abbaiare e ringhiare, mostrare i denti

famiglia decise di trasferirsi in città e Dorifì si trovò

e fare il “grigno da cane feroce” provocava la stessa

sbalzato in una realtà che non conosceva: odori

identica risposta. Vista l’incontenibile rabbia si get-

mai annusati prima, rumori strani che in campa-

tò verso il cane per attaccarlo, ma finì per sbattere

gna non aveva mai udito e inoltre i colori erano

la testa contro lo specchio che andò in frantumi:

poco vivaci, spenti, molte tonalità di grigio e poco

solo in quel momento comprese che il cane che

più. Case alte, muri imponenti, gente ovunque e il

aveva di fronte altri non era che lui stesso. Ma il

traffico soffocante circondavano ogni cosa. Il suo

danno era fatto e ora vi erano frammenti ovunque

umore si fece nero e non avendo più nessun punto

che riflettevano l’immagine di un cane aggressivo

di riferimento si sentiva spaesato e frastornato.

e arrabbiato. Non più solo un’immagine di un ani-

Non poteva correre libero ma era limitato da quel

male minaccioso, ma decine di cani rabbiosi che gli

guinzaglio che lo faceva sentire prigioniero. Gli

abbaiavano contro. Dorifì, solo allora, si rese conto

unici passi che poteva fare erano su marciapiedi

che stava inveendo contro se stesso e che era inutile

stretti e pieni di buchi e il caos delle automobili

prendersela con chi ci sta di fronte che per di più

che sfrecciavano a pochi centimetri lo spaventava

non conosciamo. Nessuno ha il diritto di giudicare

terribilmente, tanto che avrebbe preferito rimanere

gli altri, ma anzi è importante sapersi calare nei

chiuso in casa a non far nulla, si sarebbe annoiato

panni di chi ci sta di fronte perché ciò che fai agli

si, ma almeno non avrebbe provato quella grande

altri in realtà lo fai anche a te stesso. Anzi, a volte

paura. In piccola parte questo suo desiderio venne

queste azioni si ritorcono contro di noi con una

esaudito perché la famiglia decise di fermarsi in

forza doppia, tripla, quadrupla o migliaia di volte

un ristorante per il pranzo. All’interno di questo

più potente. Se sei gentile anche gli altri saranno

locale vi era un enorme specchio largo come tutta

gentili, se sei arrabbiato e scorbutico allora lo saran-

la parete e Dorifì vide l’immagine riflessa di un cane

no anche gli altri con te, con la stessa intensità se

arrabbiato e aggressivo che gli sembrava minaccio-

non molto peggio.

Proprio come gli orli delle gonne, le sopracciglia, nel corso degli anni, hanno seguito i capricci delle mode, ma sempre con l’obiettivo di sottolineare ed enfatizzare la bellezza del volto femminile Il cinema, ai suoi albori d’inizio evo, delineava un’immagine di femminilità algida e languida con l’arco cigliare sottile rivolto verso il basso per passare presto all’esuberanza dei folli anni venti che le volevano arcuate e leggere, in una espressione da bambola stupita. Arco alto, ma ispessito per le sopracciglia anni trenta alla Joan Crawford e alla Greta Garbo che lasciano spazio alla palpebra superiore. Diventano ancora più slanciate nei quaranta con la linea gentile ad “ala di rondine”, sfoggiata da Rita Hayworth, l’indimenticabile Gilda.

Una decade dopo eccole ad “ala di

gabbiano”, con tratto spesso all’inizio, assottigliato verso la coda dell’occhio, come le porta la bomba sexy Marilyn Monroe. Tra gli anni sessanta e i settanta si va dall’arco ben definito a matita alla Twiggy, icona della Swinging London, alle spesse e squadrate, molto naturali, tipiche di Audrey Hepburn.

Negli ottanta il trend nature è enfatizzato: le sopracciglia sono lasciate quasi incolte, genere lanciato da Brook Shield e pure dall’indomita Madonna. Minimalismo e precisione caratterizzano il look dei novanta che le rivuole ad ala di gabbiano, sempre ordinate e perfette con un grande uso di pinzette.

Tratto deciso Quindi si direbbe che le sopracciglia evidenti caratterizzino le epoche

Occhi magici

Tendenze p. 45 | di Marisa Gorza

finale. Unendo i tre punti si ottiene il disegno ideale del sopracciglio”.

Manco a dirlo, mi lascio affascinare da questa promessa e mi sottopongo io stessa al trattamento. Così dopo la mappatura mi viene applicato un colorante professionale, molto delicato. La durata di posa è di solo tre minuti. Dopo l’eliminazione della peluria indisciplinata con una ceretta

in cui la donna ha saputo imporsi con una certa determinazione. Per saperne di più faccio un salto in uno dei negozi Sephora di Milano dove incontro Alessandra De Feudis, “national brow artist” della maison Benefit, che mi conferma come il trend sia contrassegnato da un tratto folto e deciso, solo apparentemente selvaggio: “Si tratta di un look falso naturale che si ottiene con un buon make up. Speciali gel, polveri e matite sono indispensabili per renderle piene e importanti”.

L’arco cigliare importante dona a tutte?

“Indubbiamente incornicia, fa risaltare lo sguardo e trasmette carattere. Però attenzione: folte sì, tuttavia curate e definite con prodotti di nuova generazione.

Pur rimanendo nel trend della linea più marcata, bisogna personalizzarle secondo la forma del volto. A tal proposito, Benefit ha studiato un metodo per trovare la mappatura perfetta di sopracciglia da star. Ci sono tre punti fondamentali da individuare: punto iniziale, apice, punto

a bassa temperatura, veloce e indolore, si passa alla gratificante fase trucco!

A riguardo Alessandra suggerisce alcuni prodotti: il Brow Zings Kit Sopracciglia, comprendente spaz-

zolino e pennello, è un ombretto bicolore che serve a dare forma e corpo, nelle tonalità Light, Medium, Dark; Gimme Brow, uno speciale gel mascara con fibre di nylon che aggiunge volume, infoltisce e valorizza; e infine, High Brow Glow, una morbida matita illuminante che simula un vero e proprio lifting dell’arco cigliare da applicare sotto l’apice, cioè la parte più alta del sopracciglio.

L’ultimo suggerimento di Alessandra è quello di tempestarle di veri cristalli Swarovski, già pronti nel set Bling Brow, studiati apposta per rinnovare con un pizzico di audacia il look festivo. Soprattutto per lanciare occhiate magnetiche e scintillati la notte di Capodanno. Sicuramente di buon augurio.

La domanda della settimana

Alla luce dei recenti fatti romani, credete che corruzione e malaffare siano presenti anche nel nostro cantone?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro il 18 dicembre. I risultati appariranno sul numero 1/2015 di Ticinosette.

Al quesito “Avete mai giocato o scommesso in uno dei casinò presenti nel nostro cantone?” avete risposto:

SI

27%

NO

73%

Svaghi 46

Astri ariete Novità tra il 21 e il 22. Grazie all’ingresso di Saturno nel segno amico del Sagittario i vostri concetti di vita tenderanno a stabilizzarsi. Viaggi.

toro Con Mercurio e Venere di passaggio forte evoluzione in ordine ai vostri appetiti sessuali. Il sesso diventa il tramite di una trasformazione interiore.

gemelli Periodo ricco di attività e viaggi in una località lontana. Per i nati in maggio si apre una fase di riflessione in cui si dovrà esaminare ogni priorità.

cancro Erotismo avvolgente ma caratterizzato da situazioni autolesionistiche.

Con la Luna di transito nel Toro, cambiamenti e collaborazioni.

leone Grandi e inaspettate opportunità per tutti voi con effetti durevoli. Una notizia importante tra il 21 e il 22 dicembre. Brindate questo solstizio.

vergine Natale accompagnato dai transiti di Plutone, Venere e Mercurio. Particolarmente seducenti. Con il vostro charme raggiungerete ogni risultato.

bilancia Senso di noia per i propri ambienti familiari: facile immaginare una rapida evasione in qualcosa di più piacevole. Determinazione.

scorpione Potrete dare un riassetto alla vita professionale puntando su di una realtà considerata secondaria. Mercurio e Venere favorevoli.

sagittario Si apre un’era di nuova coscienza.

Non a caso il centro galattico si trova negli ultimi gradi del Sagittario. Un dito di fuoco puntato verso il Cielo.

capricorno Durante il periodo natalizio potrete vivere un’esperienza affettiva e amorosa di grande intensità. Stati insoliti di gelosia verso il partner.

acquario Siete Ulisse e non avete nessun problema ad andare oltre le colonne d’Ercole. Momento roseo per la rideterminazione dei vostri obiettivi.

pesci Situazione sentimentale positiva. Incremento esponenziale della vostra vita sociale. Periodo fortunato per architetti, artisti e creativi.

Gioca e vinci con Ticinosette

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 1/2015

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro lunedì 22 dicembre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure imbucate una cartolina postale con la vostra soluzione entro sabato 20 dic. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali 1. Planetari, globali • 11. Bollettino d’informazione • 12. Un numero che non piace al superstizioso • 13. Cono centrale • 14. Nel centro di Roma • 15. Il dittongo del beone • 16. Il noto Gnocchi • 18.

Diminuzione di peso • 20. Governava Venezia • 21. Il frutto della pigna • 23. Blasfemo, empio • 26. Raganella arborea • 27. Il noto Martin • 28. Lo lancia il naufrago • 29. Pari in pianto • 30. Prova attitudinale • 32. Può essere circoscritta • 34. Fa sbadigliare • 36. L’antagonista del Milan • 38. Conto Corrente • 40. Norvegia e Malta • 42. Mira al centro! • 43. Gazza • 45. La cucurbitacea di Halloween • 47. Squadra madrilena • 48. Ripide • 49. Ginevra sulle targhe • 50. Paesi Bassi • 51. Topo... ginevrino • 52. Scoppia... sonora • 54. La fine della Turandot • 55. Pierre, scrittore francese.

Verticali 1. Noto film del 2003 di T. Boulmetis • 2.

Regola • 3. Andate in poesia • 4. Monitor • 5. Il noto Greggio • 6. In coppia con Gian • 7. Ho Chi Minh • 8.

In mezzo al mare • 9. Un Oreste del teatro • 10. Atomo • 17. Pensano solo a se stessi • 19. Canidi africani • 20.

Il filosofo con il lanternino • 21. Portogallo e Norvegia • 22. Vi sosta la carovana • 24. Funzione trigonometrica • 25. Pena nel cuore • 31. Meravigliati, attoniti • 33.

Pianta aromatica • 35. Di fianco • 37. Preposizione semplice • 39. L’indimenticata Maria della lirica • 41. Fu re di Napoli • 44. Dittongo in pietra • 46. Citate senza vocali • 49. Bevanda alcolica • 52. Il dio egizio del sole • 53. Cuor di cane.

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La soluzione del Concorso apparso il 5 dicembre è: RIPARATO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Carmen De Angelis via Motta 19b 6648 Minusio

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Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: buono RailAway FFS per l’offerta “Snow’n’Rail Airolo” RailAway FFS offre 1 buono del valore di 100.– CHF per 2 persone in 2a classe per l’offerta RailAway FFS “Snow’n’Rail Airolo” da scontare presso una stazione FFS in Svizzera.

Ulteriori informazioni su ffs.ch/snownrail

Con RailAway FFS sulle piste di Airolo.

Divertimento garantito!

Airolo-Pesciüm offre 30 km di entusiasmanti piste per chi fa dello sci o dello snowboard la propria passione! Ognuno può divertirsi a modo suo: gli sciatori approfittano delle piste preparate in maniera ottimale e i più audaci, amanti del freestyle e dello snowboard, possono mettersi alla prova nel moderno snowpark.

Svaghi 47

u s o t a i Ta gl . e t s e f e l r e p misura

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