Ticino7

№ 52 del 27 dicembre 2014 · con Teleradio dal 28 dic. al 3 gen.

senza Tempo

simbolo dell,inverno, la neve avvolge la natura e le cose, invitando alla contemplazione e al raccoglimento

Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–

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Per momenti speciali.

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Ticinosette allegato settimanale N° 52 del 27.12.2014

Arti Dave Holland. Un pilastro del Jazz

di

4

tito Mangialajo rantzer ............................

8

Vitae Giovanni Soldati

di

di

nicoletta Barazzoni...........................

10

roBerto roveda ...............................................................

12

Società Docenti e violenza. Sotto il banco

Impressum

Silvano de Pietro................................

Agorà Imprese e startup. Iniziare col botto

di

redazione; foto di Sergio luBan .........

37

Pietro aiani; illuStrazioni di SiMona giacoMini ................

42

Tiratura controllata

Reportage Una danza misteriosa

Chiusura redazionale

Fiaba Il bruco Giacomino

Editore

Tendenze Spazio e tempo. Universi paralleli

Mariella dal farra .........................

44

Redattore responsabile

Svaghi ....................................................................................................................

46

66’475 copie

Giovedì 18 dicembre Teleradio 7 SA Muzzano

di

a cura della

di

Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

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(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

San Bernardino Fotografia ©Sergio Luban

Roulette russa...

Gentile Redazione, lavoro ormai da parecchi anni in ambito bancario e leggo abbastanza regolarmente la vostra rivista che oltre ai programmi TV offre puntualmente numerosi spunti di riflessione. Ho inoltre visitato la Russia e ho un paio di amici russi che vivono qui in Ticino.

Ricordando ancora la bella copertina che in passato avete dedicato a Vladimir Putin, quasi fosse diventato l’uomo dell’anno (Ticinosette n. 50/2013, ndr.), e stimolato da interessi professionali, spesso mi capita di riflettere sulla questione dei rapporti fra noi europei occidentali e la Russia.

In effetti, devo ammettere che l’attuale situazione russa mi preoccupa, così come ho trovato esagerate e politicamente (forse sarebbe meglio dire, strategicamente) sbagliate le risposte dell’occidente alla crisi Ucraina. Ho sentito poche ore fa dalla radio che il presidente Obama intende firmare nuove sanzioni e avvallare l’avvio di armi all’Ucraina, proprio mentre la Russia sta attraversando una grave crisi economica dovuta sia al calo del prezzo del petrolio e alle speculazioni finanziarie sia alla pressione delle sanzioni occidentali seguite alla crisi ucraina.

Con i tassi innalzati dalla Banca centrale russa al 17% e il precipitare del cambio eurorublo che ha superato quota 100 c’è il serio pericolo che il gigante russo vada incontro a un vero tonfo economico. Inoltre, Vladimir Putin rischia questa volta la sedia, nonostante la sua riconosciuta scaltrezza, perché, almeno a quanto riportano i giornali, i suoi rapporti con i grandi oligarchi del petrolio farebbero pensare

a operazioni poco pulite e a manovre di tipo speculativo. C’è da dire che i russi appaiono molto più coesi dal punto di vista sociale e politico di quanto normalmente non si creda e la questione Ucraina, dove si sta svolgendo un conflitto a bassa intensità e che ha rinfocolato lo spirito nazionale, potrebbe essere risolta abbastanza facilmente, se si volesse, sulla base di accordi che tutelino le minoranze russe attraverso l’istituzione di autonomie regionali.

A questo proposito, si è parlato del Canada come esempio positivo di nazione dove vivono pacificamente comunità linguistiche diverse.

Da un lato quindi gli Stati Uniti, continuano nella loro politica di contenimento di qualsiasi possibile rinascita di un’altra potenza egemone e in grado stavolta di esercitare una concreta influenza sull’Europa occidentale; dall’altra la Russia che, a differenza della Cina, non ha saputo avviare una rinascita economica in grado di coinvolgere l’intera società ma solo i settori più privilegiati. In mezzo, ci siamo noi altri che con la Russia abbiamo parecchio a che fare sia in termini di approvvigionamenti energetici sia di scambi commerciali.

Questa potrebbe essere dunque per noi europei (Svizzera inclusa...) l’occasione per mettere in campo le migliori capacità di mediazione: perché in un mondo come quello in cui viviamo, completamente connesso e interdipendente dal punto di vista economico, non c’è più spazio per guerre o conflitti ma solo per accordi e ragionevoli affari.

G. L., Lugano (mail)

№ 50 del 13 dicembre 2013 · con Teleradio dal 15 al 21 dic.

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Photo editor

POTERE

Iniziare col botto Impresa. Una volta si parlava di “venture capital” e dei problemi collegati alla ricerca di investitori che finanziassero l’avvio di nuove imprese in settori ad alto potenziale di sviluppo e di rischio.

Ma dalla metà degli anni novanta, con il formidabile progresso delle tecnologie informatiche e digitali, si è cominciato a fare riferimento a un nuovo fenomeno: quello delle startup di Silvano De Pietro

I Agorà 4

l termine pare molto di moda e sempre più diffuso.

Chiediamo dunque a Sergio Nicolò, un professionista ticinese del settore, di aiutarci a stabilire che cosa sia una startup e a capire quali caratteristiche di base deve avere: “La definisco semplicemente come una nuova impresa. La combinazione di un’idea, di un capitale, di spirito di iniziativa, passione e coraggio”. Nicolò è il direttore della succursale in Ticino di startups.ch, una società con sede a Winterthur che via online offre assistenza e servizi a giovani con idee nuove e volontà di creare una propria azienda. “La fase startup è l’inizio dell’avventura, dove oltre alle idee si sviluppano e pianificano le strategie imprenditoriali”, precisa Nicolò.

In inglese il verbo to start up significa infatti “avviare, mettere in moto”. Il termine è stato utilizzato sin dall’inizio anche per indicare l’accensione di un computer o di un altro apparecchio elettronico. Ma la stessa parola, usata come sostantivo (start-up), oggi viene adoperata nell’economia e nella finanza con molteplici accezioni, tra le quali, in particolare, sia la fase iniziale di una nuova attività nel settore di internet o delle tecnologie dell’informazione, sia l’azienda medesima che muove appunto i primi passi della sua esistenza.

Sorge però una legittima domanda: qual è, in concreto, la differenza tra una startup di oggi e una qualsiasi ditta che vedeva la luce venti o trent’anni fa? “La differenza non sta tra le imprese di oggi e di ieri, ma nel contesto in cui nascono e si sviluppano”, spiega Nicolò. “L’ evoluzione tecnologica e in particolare internet hanno rivoluzionato il modello di impresa.

Oggi le nuove imprese (le startup, appunto) hanno accesso al mercato globale, con una possibilità di crescita molto veloce (vedi, per esempio, Google oppure Facebook). Solo vent’anni fa anni non sarebbe stato possibile”.

Obiettivo: innovare Le startup sono quindi le aziende con aspirazioni globali, che nascono per lanciare rapidamente, via internet, un’idea o un prodotto, oppure per applicare un nuovo metodo nella ricerca e nello sviluppo di idee originali e di nuovi prodotti. In breve: per fare innovazione. E nel clima

di utopismo tecnologico che si è affermato negli ultimi vent’anni, l’innovazione viene ormai vista come occasione che cambia la vita di molti giovani imprenditori, motore di rilancio per interi settori economici, persino punto di forza per risollevare le sorti di un paese.

La capacità di produrre innovazione può quindi essere considerata un vantaggio competitivo da conseguire a ogni costo. Da qui la corsa che si è scatenata – tra governi, gruppi di potere economici e centri di ricerca scientifica – a incoraggiare e sostenere la nascita del maggior numero possibile di startup, favorendo l’immediato trasferimento del sapere dalle università e dai politecnici a queste aziende nascenti, costituite generalmente da piccoli gruppi di ricercatori o da giovani dotati di entusiasmo e coraggio.

Il modello israeliano Un esempio eclatante di questa corsa all’innovazione è rappresentato da quanto sta accadendo in Israele, il primo paese al mondo per gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo, e il secondo per numero di ingegneri e scienziati. In particolare, nel campo delle tecnologie sanitarie (medical device), che richiedono una costante innovazione, Israele occupa il terzo posto mondiale. L’esportazione dei prodotti di questo settore, per quasi due terzi rivolta al Nord America e per il 23% all’Europa, è cresciuta da 2,6 miliardi di dollari nel 2004 a 8,6 miliardi nel 2011.

Non per nulla il sistema sanitario israeliano è tra i più all’avanguardia del mondo nella telemedicina e nelle tecnologie avanzate per la cura di tumori, cardiopatie e malattie neurologiche. Mediamente sono un’ottantina le startup che nascono ogni anno in questo paese per occuparsi di scienze della vita. Per più di un terzo si tratta di aziende redditizie e il loro numero oggi supera le 1200 unità.

Alchimia imprenditoriale La formula per innescare un processo che porti alla creazione di startup non è certamente un segreto, e viene applicata ovunque coesistano ambizioni politico-economiche, conoscenze scientifiche e mezzi finanziari adeguati. La

spinta iniziale è partita, già negli anni ottanta, dalla Silicon Valley californiana, dove la necessità di accelerare l’applicazione e la diffusione delle nuove tecnologie era ed è ancora oggi una condizione esistenziale, di sopravvivenza.

Ma dove non c’è la stessa concentrazione di vitalità creativa e di disponibilità a correre il rischio d’impresa, è inevitabile sviluppare programmi che impegnino in prima linea i governi, prevedendo l’impiego di risorse pubbliche per attirare ulteriori investimenti privati mediante una serie di agevolazioni. Programmi di questo genere devono anche organizzare, o delegare a società private in esclusiva o in concorrenza, l’individuazione dei progetti meritevoli, la ricerca del supporto finanziario necessario alla realizzazione di tali progetti e la consulenza gestionale alle nuove imprese che li lanciano. È quello che si chiama “incubatore aziendale” (business incubator).

In Svizzera esiste una lunga tradizione di politiche a sostegno della ricerca scientifica e dell’innovazione. Nel nostro paese, puntualizza Nicolò, “vengono fondate annualmente circa 40mila nuove aziende. È un fenomeno in crescita da anni”. A livello nazionale è stato costituito un organo ufficiale che opera in questo campo: la Commissione per la tecnologia e l’innovazione (CTI). Si tratta in pratica di un’agenzia della Confederazione, libera di muoversi con notevole indipendenza in tre ambiti specifici, quali la promozione della R&S (ricerca applicata e sviluppo), il trasferimento di sapere e di tecnologie, la costituzione e lo sviluppo di startup.

Rispetto a quest’ultimo ambito, la CTI funziona da vero incubatore aziendale, procedendo per le classiche quattro fasi che accompagnano la nascita di una startup: verifica fondamentale dell’idea commerciale; valutazione del piano d’impresa con esperti professionisti ed elaborazione di un modello imprenditoriale durevole e concorrenziale; coaching (cioè allenamento per acquisire le relative competenze nella competizione sul mercato); servizi aggiuntivi di appoggio e consulenza (contratti, ricerca di finanziamenti, management ecc.). I settori in cui la CTI tenta di conseguire i maggiori risultati sono quelli della biotecnologia, life sciences, ingegneria, micro e nanotecnologia, tecnologia dell’informazione e della comunicazione.

I dati nazionali Gli ultimi dati pubblicati dalla CTI parlano, soltanto per l’anno 2013, di 643 progetti esaminati, di cui più della metà (331) autorizzati, un ammontare di finanziamenti federali per 109,3 milioni di franchi che hanno stimolato la partecipazione dell’economia privata per altri 138,7 milioni. I numeri più alti sono stati registrati nel 2011, con 110 progetti esaminati e 556 approvati, per 208,3 milioni di soldi pubblici e 247,1 milioni da parte di privati. Tutto sommato, però, tali cifre dicono poco, poiché in questo campo conta in definitiva molto di più la rete di rapporti con i potenziali partner (finanziatori) e il clima di fiducia reciproca e di serietà che si riesce a instaurare.

A livello locale molto fanno i cantoni, che dispongono di (...)

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“In Ticino, il cantone ha istituito l’agenzia attiva in questo campo, denominata «Fondazione Agire», e ha creato il Tecnopolo Ticino (detto «Casa dell’innovazione») suddiviso in due unità: il Tecnopolo Manno e il Tecnopolo Chiasso”

agenzie e programmi analoghi a quelli federali. Un po’ ovunque, e specialmente nelle grandi città universitarie, sono sorti i cosiddetti parchi tecnologici, ovvero centri attrezzati per ospitare sia le sedi di piccole aziende nascenti dedicate alla R&S, sia alcuni servizi di base di cui le startup necessitano. Il primo e il più grande – come dubitarne? – è il Technopark di Zurigo: sorto già nel 1993 ed esteso su un’area di 47mila metri quadrati, ospita circa 300 aziende e dà lavoro a oltre duemila persone. In Ticino, il cantone ha istituito l’agenzia attiva in questo campo, denominata “Fondazione Agire”, e ha creato il Tecnopolo Ticino (detto “Casa dell’innovazione”) suddiviso in due unità: il Tecnopolo Manno e il Tecnopolo Chiasso.

Agorà 6

Settori e innovazione Ma oltre alla CTI e alle varie agenzie cantonali, nel nostro paese operano anche numerose altre società private di consulenza che fanno promozione di startup offrendo un programma completo di servizi analoghi o complementari.

In che cosa, domandiamo a Sergio Nicolò, nel programma di incubazione delle startup si differenzia l’attività di queste società private rispetto a quella ufficiale svolta dalla CTI? “Noi offriamo il servizio di costituzione (fondazione della persona giuridica) e di consulenza. Subentriamo al momento di passare alla fase operativa, oppure quando non è necessario il supporto della CTI o di altri operatori”. In concreto, però, che cosa fanno di più e di meglio le società private rispetto, per esempio, alla Fondazione Agire in Ticino? “Siamo una struttura complementare, abbiamo ambiti diversi, ci occupiamo del lato pratico della costituzione delle startup. Offriamo alle nuove startup la possibilità di costituirsi a condizioni vantaggiose grazie ai nostri partner”.

Ma quante altre società private operano nella Svizzera italiana, e in quali settori specifici intervengono? “Noi di startups.ch siamo gli unici a offrire un servizio di costituzione online”, puntualizza Nicolò. “Agli aspiranti imprenditori diamo anche la possibilità di calcolare nel dettaglio i costi di costituzione direttamente sul nostro sito startups.ch. Per il resto, mettiamo a disposizione la nostra competenza. Non abbiamo un orientamento verso un settore specifico di tecnologia o innovazione: siamo aperti a qualsiasi tipo di attività, quali per esempio le attività artigianali, di consulenza o commerciali”.

Allora, l’idea che le startup si possano definire tali soltanto se fanno innovazione nelle nuove tecnologie non è del tutto vera. Si chiamano così anche se lanciano nuove idee in altri ambiti come i servizi, l’ambiente, la moda, il tempo libero, lo spettacolo, il benessere di persone o animali, l’alimentazione ecc.? “Tutte le nuove imprese sono delle startup.

Non dipende dal grado di innovazione o dal settore in cui operano”, ribatte Nicolò. In effetti, lo sforzo per attirare giovani imprenditori, studenti e ricercatori è tale che ormai, sia la CTI, sia le agenzie cantonali, sia le società private fanno a gara nell’istituire premi e concorsi per selezionare nuove proposte e idee originali che abbiano un reale potenziale di innovazione in ogni campo.

Una spinta a iniziare Anche startups.ch rappresentata dal nostro interlocutore ha creato il suo bravo concorso annuo, denominato Swiss Startups Awards. Sembra tuttavia una contraddizione che, per incoraggiare la nascita di nuove imprese, si debba ricorrere a questi “specchietti”. Come mai?

“La difficoltà maggiore delle startup è il capitale iniziale. L’idea o il progetto non bastano se non ci sono i mezzi finanziari per partire”, spiega Nicolò. “Molto spesso i giovani non hanno propri risparmi da investire e hanno difficoltà ad accedere al credito. Il premio serve proprio per mettere a disposizione i mezzi iniziali per fondare la propria impresa. Noi mettiamo a disposizione quattro premi, ciascuno con un valore di 50mila franchi: Startups.ch Award, Axpo Energy Award, PostFinance Digital Business Award e AXA-Innovation Award. Lo riteniamo un aiuto concreto che vogliamo dare ogni anno a quattro giovani imprenditori per lanciarsi”. Sono così concepiti, con le stesse finalità, tutti gli altri premi per le startup? “Gli altri premi simili, nazionali e internazionali, diversamente dal nostro, sono concentrati sulle aziende già create, premiano il lavoro svolto nei primi 2-3 anni e danno fondi per la successiva fase di crescita. Il nostro intento è invece di sostenere la fase iniziale, quella più delicata. Senza i mezzi iniziali difficilmente si riesce a raggiungere il primo anno d’attività o addirittura non si parte nemmeno”.

Non rimane che soddisfare qualche legittima curiosità. Per esempio, fino a quando una startup è tale? Quando smette di essere startup e diventa un’impresa normale? “Dopo 3-4 anni una startup si può definire impresa. A partire dal quarto anno il rischio di fallimento decresce”, risponde Nicolò.

E infine, ci sono persone, magari dotate di buone idee innovative (o in grado di procurarsele) che creano delle startup “per mestiere” e ci guadagnano? Vale a dire: qualcuno che lancia un’idea o un prodotto e, se ha successo, vende l’azienda e passa a creare una nuova startup con un’altra idea o un altro prodotto? Sì, certo, conferma il nostro interlocutore. In questi casi “si parla di serial entrepreneur, professionisti delle innovazioni. Spesso copiano delle idee che hanno successo, e le replicano (famosi in Germania sono i fratelli Samwer di Zalando)”.

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Un pilastro del jazz Nei due dischi in solitudine del grande contrabbassista Dave Holland è possibile rendersi conto dei cambiamenti stilistici e formali intercorsi nel jazz a partire dagli anni settanta di Tito Mangialajo Rantzer

Arti 8

Negli ultimi mesi, avendo deciso di registrare un CD a mio Nel 1995 Holland torna in studio per registrare ancora in nome da solo col mio contrabbasso (cosa che poi ho effetti- completa solitudine. Molta acqua è passata sotto i ponti: il vamente realizzato), mi sono messo a riascoltare alcuni dischi jazz è cambiato, non è più il tempo delle avanguardie degli per contrabbasso solo realizzati negli anni da alcuni grandi anni settanta. Il nostro, dopo aver a lungo collaborato con il specialisti dello strumento: da Peter Kowald a Mark Dresser, trombettista e compositore Kenny Wheeler, dotato di grande da Anders Jormin a John Lindberg, passando per Giovanni senso melodico e armonico, si è trasformato in una specie Maier, Jean François Jenny-Clark, Wilbert de Joode, Micheal di uomo per tutte le stagioni: acclamato accompagnatore, entra con facilità nei più svariati Formanek e Barre Phillips. E infine contesti, forte di una eccezionale tecDave Holland, che di dischi in solo nica strumentale e di una profonda ne ha realizzati ben due. E proprio di conoscenza del jazz in ogni sua forma Dave Holland vorrei scrivere, che non e stile. In più, è diventato leader di un vi nascondo essere uno dei miei muproprio gruppo, che spazia dal quarsicisti preferiti. Durante la sua lunga tetto al sestetto, proponendo una carriera da solista e band leader, dagli musica fortemente legata al jazz più esordi col quintetto di Miles Davis “nero” (penso in particolare a Charles sin verso la fine degli anni sessanta Mingus…), dal forte sapore modale, a a oggi, Holland ha saputo mutare i tratti influenzato dalla musica funky suoi orizzonti stilistici mantenendoe dalle metriche indiane o turche si tuttavia sempre riconoscibile ed (spesso compone dei brani su tempi estremamente creativo dal punto di composti che sono dei veri capolavovista artistico. Questo aspetto credo ri). Ecco quindi che Holland, oltre a si evinca ascoltando i due dischi in eseguire alcuni dei suoi celeberrimi solo, paradigmatici di questa sua trabrani, si cimenta con un brano di sformazione che lo ha visto sempre Mingus, uno di John Coltrane, una ai vertici del jazz mondiale come un Dave Holland (wordpress.com) song di Billie Holiday e un brano del riconosciuto caposcuola. collega Glenn Moore, contrabbassista degli Oregon.

In questo CD, intitolato “Ones All”, le forme sono spesso In solo Il primo disco in solo è Emerald Tears, uscito nel 1978 per più canoniche, i soli si sviluppano sovente su giri di accordi la prestigiosa ECM, etichetta per la quale Holland ha inciso con armonie tipiche del jazz, tutto è più “classico”. Ma non per tre decadi: ci rivela un musicista pienamente calato per questo meno interessante. Quello che impressiona e nel fermento creativo degli anni settanta. Il contrabbas- cattura l’attenzione è sempre il suono poderoso e preciso sista inglese aveva collaborato con il grande Miles Davis, di Holland, la sua tecnica mai fine a se stessa ma sempre condividendo con il trombettista il cosiddetto “periodo al servizio della musica, la sua capacità di sviluppare assoli elettrico”; da poco aveva concluso l’esperienza con il quar- come se si trattasse di un discorrere chiaro e pacato. tetto Circle con Anthony Braxton, importante sassofonista ed esponente dell’avanguardia di Chicago nonché grande Un pilastro del jazz creatore di forme musicali, il pianista Barry Altschul e il Nell’estate 2014 ho avuto il piacere di conoscere personalpianista Chick Corea e si trovava ancora a suonare nel trio mente Dave Holland e di poter studiare con lui per tre giorni di Sam Rivers, multistrumentista e solista visionario. Così ai seminari di Nuoro Jazz in Sardegna. L’impressione che ne nel disco troviamo sei composizioni di Holland più “Solar” ho ricevuto è quella di un uomo davvero speciale, umile ma di Miles Davis e un brano di Braxton. Le forme sono aperte, al tempo stesso consapevole del suo peso artistico, e di un le improvvisazioni non seguono una precisa o comunque musicista sempre pronto a mettersi in gioco e a muoversi predeterminata sequenza armonica: la musica sembra scor- verso l’ignoto. In più, un grande e appassionato didatta, perrere in un flusso libero e continuo, a volte pacato, a volte fettamente conscio di essere, a 68 anni, un pilastro del jazz, frenetico; in alcuni casi è l’elemento timbrico a prevalere, in un musicista che ha conosciuto e collaborato con i grandi altri brani è quello melodico, ma trattato quasi alla maniera degli anni cinquanta e sessanta, facendo poi lui stesso la stodi Ornette Coleman. ria di questa musica sino a oggi. Insomma, un vero Maestro.

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Promettiamo a Jay di applicare entro il 2020 gli elevati standard svizzeri relativi al benessere degli animali anche ai nostri prodotti dall’estero.

La Migros s’impegna sin da oggi a favore di un approccio verso gli animali attento al loro benessere e garantisce, in collaborazione con i suoi partner, tra cui la Protezione svizzera degli animali PSA, il rispetto entro il 2020 delle severe direttive svizzere anche all’estero. Con questa e altre numerose promesse concrete ci impegniamo per la generazione di domani.

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Sotto il banco

La lista di casi di insegnanti e maestri che esercitano violenza sugli alunni è lunga e sempre più documentata, come i tanti filmati presenti sul web attestano. Ma cosa c’è dietro? di Nicoletta Barazzoni

Società 10

Un maestro viene ripreso su YouTube mentre distribuisce i d’apprendimento (e dunque l’insegnante lo vede come la compiti ai piccoli alunni, colpendoli pesantemente con una macchia d’inchiostro sul quaderno). In questo scenario riga. Il fatto è avvenuto a Kafr Shuk in Egitto. Il maestro si piuttosto squalificante usare violenza verbale e ancor peggio sarebbe difeso sostenendo che “le aggressioni rappresentano fisica è il segno di un vero e proprio fallimento educativo. gli strumenti migliori per la disciplina dei bambini, specie dopo Chi ricorre alle maniere forti non è affatto un buon maestro la rivolta della rivoluzione del 25 gennaio della Primavera ara- bensì un grande perdente perché confonde l’autoritarismo ba”. Siccome queste pratiche (malgrado la tortura sia stata con l’autorevolezza. Il danno fisico, morale e psicologico spesso si manifesta, nei abolita) si consumano bambini maltrattati, con anche nei paesi occidendelle regressioni infantili. tali, industrializzati e sviEssi iniziano a fare pipì a luppati come il nostro, letto, diventando particoci chiediamo se l’idea larmente agitati o apatici, di installare delle teleaccusando dei tic proprio camere in classe possa come quando si subisce rappresentare un deteruno choc. Un’ortottista ci rente per tutelare i bamha spiegato che a bambini bini dai maestri violenti particolarmente sensibili, e recidivi. Essere un buon può succedere di diventainsegnante che porta a re strabici dallo spavento, termine il programma, soltanto alla vista di Babsvolgendo il proprio bo Natale, immaginiamolavoro nel rigore della ci di fronte a un maestro preparazione richiesta aguzzino! La disciplina dal ciclo scolastico, deve militaresca, che non va rappresentare la regola Immagine tratta da wikimedia.org confusa con la severità, e non l’eccezione, come esige il decalogo dell’insegnamento acquisito durante la quando sfocia nell’accanimento fisico e psicologico resta formazione magistrale. Se un caso non fa statistica, 5, 6, 7 impressa indelebilmente nell’anima di quei bambini che o 8 casi che si ripetono sull’arco di anni, moltiplicati per sono stati oggetto di crudeltà, e che si trascineranno il male tutti gli istituti scolastici in cui si consumano questi gravi vissuto anche nell’età adulta. Portandosi nella vita adulta, e fatti, diventano casistica, senza dimenticare che anche un nel cuore, i colpi di una mano violenta, i bambini percepiscosolo maltrattamento è un caso di troppo. Proviamo dunque no quando una punizione è invece data con amore, quando a riflettere sulla violenza tra i banchi di scuola, esercitata insegna al rispetto delle regole senza il mezzo del bastone. da chi avrebbe il compito e il dovere di educare, un tema in cui probabilmente molti di noi si riconosceranno anche Qualche consiglio E allora quando le mani prudono, quando la collera si alza perché a scuola ci siamo andati tutti. sarebbe bene che il docente, in situazioni di crisi, scarichi la rabbia dando pugni al punching ball appeso preventivaFallimento educativo Benché gli alunni debbano essere valutati per il loro ren- mente in corridoio. Oppure compiendo una corsetta intorno dimento scolastico e non per le simpatie o le antipatie del all’edificio scolastico, con l’aggiunta di qualche flessione docente verso quest’ultimi o la loro famiglia, la storia sco- rilassante. O cercando metodi alternativi antistress oltre lastica racconta di prevaricazioni e soprusi. Ci si abitua sin l’orario scolastico. Sono tecniche efficaci che permettono da piccoli, proprio tra i banchi di scuola, a convivere con le di far sbollire la frustrazione, evitando di colpire vittime disparità di trattamento, e nel peggiore dei casi con l’abuso innocenti che non possono difendersi. Quando la rabbia di potere esercitato attraverso violenze verbali e punizioni si sarà assopita, risparmiando così agli allievi dolorose sofcorporali. In classe si può essere o il pupillo oppure la pecora ferenze, l’insegnante potrà rientrare in classe, in modo da nera. Nel primo caso anche solo perché l’alunno è il migliore proseguire nel normale svolgimento della sua professione della classe (e dunque è l’esempio vivente della preparazione perché è pagato per insegnare e non per dispensare terrore, didattica del docente), nel secondo caso perché ha difficoltà spavento e botte.

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Promettiamo a Manon di investire entro il 2020 un miliardo di franchi in tempo libero, istruzione e cultura.

Con il nostro Percento culturale della Migros e le attività di sponsorizzazione ricompensiamo con un importante contributo la società svizzera, nel pieno spirito del nostro fondatore Gottlieb Duttweiler. Con questa e altre numerose promesse concrete ci impegniamo per la generazione di domani.

Di più su generazione-m.ch

S

ono nato a Mendrisio nel 1953. Allora i miei genitori abitavano a Gorla, una frazione di Castel San Pietro, ma dopo pochi mesi dalla mia nascita si sono trasferiti a Pedrinate, che era all’epoca il comune più a sud della Svizzera, immagino anche per questioni di spazio, avendo già tre figli più grandi. La nuova casa era bella, immersa nel verde e a due passi dal bosco.

Se mi guardo indietro mi rendo conto di appartenere a una generazione di bambini cresciuti senza televisore e senza telefono in casa. Il fatto di avere un papà artista a tutto tondo, il pittore Rodolfo Soldati, ha sicuramente lasciato un segno dentro di me. Papà era anche meccanico ciclista e aveva la sua officina a Chiasso: ricordo con affetto quel periodo e il piccolo mondo di via Bossi dov’era ubicata la butega. Della casa di Pedrinate, invece, mi vengono in mente gli spettacoli di burattini e scenette varie a cui, spesso, assistevano anche altri bambini. Sono cresciuto con l’odore dell’acquaragia e delle pitture a olio: tele, pennelli e colori si trovavano ovunque ed è per me inevitabile non ripensare ai brontolii rassegnati, ma bonari di mamma Pierina. Ricordo anche tanti momenti divertenti trascorsi con i miei “fratelloni”. Non so se anche la piccola scuola del paese, col suo teatro con tanto di palco e gradinate, e l’ampio giardino esterno, possa aver influito sulle mie scelte professionali, sicuramente lo hanno fatto le mie maestre, che ricordo ancora con appassionato affetto e sincera gratitudine.

Da Pedrinate mi sono allontanato presto: dopo i quattordici anni sono infatti andato a Locarno per frequentare una scuola che veniva chiamata Preparatorio e che consentiva poi di accedere agli studi della Magistrale. Vivevo in un internato assieme a quella che per me era una marea inaspettata di ragazzi: in quell’anno il convitto era completamente occupato. Per chi era cresciuto in un paesino come me, c’era di che perdere la testa e Locarno pareva il paese dei balocchi ed era abbastanza facile smarrirsi. A ogni buon conto, dopo anni che definirei di formazione, e non soltanto scolastica, sono diventato maestro di scuola e ho cominciato a insegnare a Novazzano dove, ancora oggi, lavoro e vivo con la

mia famiglia. È a Novazzano che ho conosciuto la ragazza che sarebbe poi diventata mia moglie e la madre dei nostri tre figli.

Nei tanti anni di insegnamento ho ricevuto molto dai miei alunni e dai miei amici e colleghi, e credo di aver fatto anche io la mia parte in questo “mondo di bambini”, che ho sempre considerato un po’ magico.

Si dice che i gatti abbiano sette vite. Non mi paragono ovviamente a loro ma io, una seconda vita, sono sicuro di averla iniziata alla fine del 2007. Un evento medico inaspettato, anche se al giorno d’oggi piuttosto frequente, mi ha imposto una brusca frenata che mi ha dato la possibilità di riflettere sulle occasioni che ci si presentano e su ciò che, al contrario, ci lasciamo sfuggire dalle mani. Questa esperienza mi ha anche dato una spinta nell’ambito della scrittura. Io scrivo, come si dice, da una vita. Ho cominciato magari soltanto per incantare qualche bel visino, poi ho continuato con maggiore assiduità e impegno, ma il risultato finale dei miei scritti era sempre, purtroppo e inesorabilmente, il cestino della carta straccia. Dopo il Cardiocentro, però, mi sono detto che, in fondo, la vita è quella che ci è stata cucita addosso e va sfruttata a dovere. Non c’era perciò ragione perché io dovessi rinunciare a una parte di me. Sono così arrivato a una convinzione: se ciò che faccio non piace, posso benissimo voltare la faccia dall’altra parte e far finta di non vedere. La letteratura, in questo senso, è molto democratica: si può chiudere il libro anzitempo e infilarlo sotto una pila di altre cose. Da questo ritrovato coraggio mi è ripresa l’antica passione per la scrittura e sono nati i miei libri da Muro di vetro a L’ultima lettera, oltre a vari brevi racconti che mi piace portare in giro, sempre con un po’ di emozione, nelle letture che faccio in pubblico. Ma non è finita qui perché i libri e i racconti che ho scritto finora sono soltanto una parte di ciò che mi frulla per la testa. Io credo che ai sogni non si debba rinunciare, mai. E io non lo farò.

GIoVANNI SoLDAtI

Vitae 12

Un’infanzia spensierata segnata dalla presenza del papà artista, gli anni di formazione a Locarno e il lavoro da insegnante.

Poi nel 2007 un evento non previsto gli fa riscoprire la vita e la passione per la scrittura

testimonianza raccolta da Roberto Roveda fotografia ©Flavia Leuenberger

Una danza misteriosa a cura della Redazione; fotografie ©Sergio Luban

Sui campi e sulle strade silenziosa e lieve volteggiando, la neve cade.

Danza la falda bianca nell’ampio ciel scherzosa, poi sul terren si posa, stanca.

In mille immote forme sui tetti e sui camini sui cippi e sui giardini, dorme.

Tutto d’intorno è pace, chiuso in oblìo profondo, indifferente il mondo tace.

(Ada Negri, “Cade la neve”; da Oltre, 1946)

Dal cielo tutti gli Angeli videro i campi brulli senza fronde né fiori e lessero nel cuore dei fanciulli che amano le cose bianche.

Scossero le ali stanche di volare e allora discese lieve lieve la fiorita neve.

(Umberto Saba, “Fior di neve”; Tutte le poesie, 1996)

Nevica: l’aria brulica di bianco; la terra è bianca; neve sopra neve: gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco: cade del bianco con un tonfo lieve.

E le ventate soffiano di schianto e per le vie mulina la bufera: passano bimbi: un balbettìo di pianto; passa una madre: passa una preghiera.

(Giovanni Pascoli, “Nevicata”; Myricae, 1891–1911))

in queste pagine San Bernardino in apertura Magadino

Viveva in una nuvola come una gatta in soffitta: stanotte, zitta zitta / la neve è caduta giù.

Cosa diranno i bambini a vederla, già morta sui gradini della porta, come un povero caduto lì? / Aveva freddo e nessuno gli aprì.

(Renzo Pezzani, “La neve”; Filastrocche e indovinelli, 1955)

Bella è la neve per l’uomo di neve che ha vita allegra anche se breve e in cortile fa il bravaccio / vestito solo d’un cappellaccio.

A lui non vengono i geloni, i reumatismi, le costipazioni…

Conosco un paese, in verità, dove lui solo fame non ha.

La neve è bianca, la fame è nera / a qui finisce la tiritera.

(Gianni Rodari, “L’uomo di neve”; Filastrocche, 1960)

(...)

Corviglia, Engadina

San Bernardino

Sergio Luban Medico internista generale, esercita a Locarno. È appassionato di fotografia da decenni, ha collaborato alla realizzazione di alcuni libri a tema fotografico e illustrativo. Le fotografie notturne presenti in queste pagine sono state scattate durante l’inverno 2013/’14 e prodotte utilizzando la tecnica “Light Painting” (illuminazione tramite lampada a LED).

Mio primo amore, infantile, è stata una finestra che sulla valle si apriva, da oriente ad occidente.

Poi la neve chiudeva anche la via maestra, cancellava i sentieri, così che gente rarissima appariva. Ragazze coro-e-orchestra di voci estive addio! È l’inverno, è la stagione del niente, di fantaxie. Dolore adulto: l’acqua che balestra sul tetto della chiesa perché da cento eternit l’acqua confluisce sulla fossa di mia madre, lì sepolta contro il muro, ad alimentare sua postuma tosse.

O è stato un bene? Così che rapido, men duro, fosse il trapasso dalla carne alle ossa, il transito da corruzione in scheletro puro.

(Giovanni Orelli, “Sonetto 82”, L’albero di Lutero, 1998)

Bolle di Magadino

Il bruco Giacomino di Pietro Aiani; illustrazioni ©Simona Giacomini

I Fiabe 42

o sono un bruco verdolino e mi chiamo, anzi io non mi chiamo mai, sono gli altri che mi chiamano “Giacominooo!!!”.

Abito nel bosco del Gaggio, una bellissima selva con tanti alberi grandi e piccoli e arbusti e cespugli sui quali mi posso arrampicare e guardare tutto dall’alto al basso. Così, ogni tanto vedo anche voi bambini, che venite a giocare...

Ho due amici molto cari: Comare Talpa che mi ospita nella sua tana quando piove e mi offre sempre da mangiare e bere, Saltello lo Scoiattolo e Ciocip il Pettirosso che quando viene a trovarmi mi racconta sempre delle cose sul vostro mondo, quello degli uomini. Quando il tempo è bello ho sempre tante cose da fare e da vedere che la sera e il buio arrivano sempre troppo presto. Allora, vado a dormire nel buco di un albero oppure sotto a una foglia.

Qualche giorno fa stavo passeggiando nel bosco, quando sento qualcuno respirare forte, forte... come quando si fa tanta fatica. Mi guardo attorno e, dietro un cespuglio, in cima a un monticello di terra fresca, vedo Comare Talpa che sta uscendo dalla sua tana sbuffando come una locomotiva a vapore. Io mi avvicino e la saluto.

“Buongiorno Comare Talpa!”

Ha fatto un salto dallo spavento, non mi aveva sentito, né visto (le talpe ci sentono e ci vedono poco perché vivono quasi sempre sotto terra). Io mi sono scusato di averla spaventata senza volerlo, lei mi ha sorriso e mi ha invitato nella sua tana a fare merenda. Ci sono andato

volentieri perché a furia di gironzolare per il bosco mi era venuta un po’ di fame e di sete. Lei mi ha guidato attraverso le sue scure gallerie.

Improvvisamente ho inciampato in una radice sporgente e sono caduto: mi sono fatto male a un ginocchio.

Per fortuna eravamo arrivati alla sua tana centrale, una grande sala sotterranea piena di cose e Comare Talpa mi ha disinfettato il ginocchio. L’alcol bruciava e io mi sono messo a piagnucolare.

Comare Talpa mi ha detto: “Non lamentarti Giacomino, ti sei soltanto spellato un ginocchio, gli altri nove sono a posto!”

Aveva ragione, perché i bruchi della mia specie, quelli verdolini, hanno cinque paia di gambe, perciò dieci gambe. Una fortuna, no? A parte la finisco mai! sera, quando debbo lavarmi, non finisco Intanto Comare Talpa mi aveva preparato una bella merenda. È proprio gentile la mia amica: mi ha detto che se ho bisogno di qualsiasi cosa devo soltanto chiederglielo. È bello avere degli amici così, sempre pronti ad aiutarti, non è vero?

A proposito, l’altro mio amico è un vicino di casa: infatti proprio sull’albero dove ho la mia piccola ma accogliente casa, ho conosciuto Saltello lo Scoiattolo che ha il suo nido sopra il mio buco. È sempre in movimento: cominciamo a parlare e lui, veloce come il lampo, corre via ridendo... dopo un po’ ritorna, ricominciamo a parlare e improvvisamente corre via di nuovo... e così di continuo, non sta mai fermo, non riusciamo mai

a finire un discorso. Comunque è simpatico, ride sempre, si vede che è contento. Quasi ogni mattina, lui viene a svegliarmi e andiamo a spasso nel bosco. A me sembra di andare a spasso con un cagnolino, perché Saltello continua a correre avanti e indietro e intanto mi racconta molte cose. Quando gli chiedo di fermarsi, lui ride come un matto e mi prende in giro, dicendomi che assomiglio a suo papà che brontola sempre; ma io non brontolo, è che non riesco a correre così veloce. Certo che con lui mi mantengo in forma e non ho più bisogno di fare ginnastica.

Lo scoiattolo mi ha fatto conoscere Ciocip il Pettirosso che ha subito voluto insegnarmi a cantare. Per me è molto difficile, ma lui dice che vale la pena di insistere. È vero che quando lo sento cantare è una bellezza! Io cerco di imitarlo, ma quando ci provo, Saltello lo Scoiattolo scappa via come un fulmine.

Non ho ancora capito se lo fa apposta. Se la mia voce è spaventosa è meglio lasciar perdere il canto, altrimenti resterò senza compagni.

Con Ciocip siamo subito diventati amici e siamo perfi no perfino andati in vacanza insieme: siamo volati in un bel paesino in montagna e abbiamo fatto dei giri bellissimi, in pineta, ai laghetti e sugli alpi.

Proprio su un’alpe, abbiamo conosciuto “biondo”, un vitellino molto simpatico. La prima volta che l’abbiamo incontrato, Ciocip ed io, ci siamo un po’ spaventati perché stavamo riposandoci al sole su uno steccato grosso muso e ci siamo trovati davanti il così di “biondo” (lo chiamano perché ha la pelle marrone chiaro). A noi, così piccoli, sembrava un gigante. Però lui è stato molto gentile e ci ha fatto conoscere i suoi compagni dell’alpe: le mucche, i tori, i maiali. Ci siamo fermati tutto il giorno a giocare con “biondo”, poi, verso il tramonto, il cielo si è rannuvolato e così siamo rientrati. Appena arrivati nella cassetta per gli uccelli del paesino di montagna, è scoppiato un temporale con tuoni e fulmini. Per fortuna noi eravamo al sicuro e dopo un po’ ci siamo addormentati.

Dopo qualche giorno però abbiamo cominciato a sentire la mancanza degli altri nostri amici, Saltello lo Scoiattolo e Comare Talpa, così siamo rientrati al bosco del Gaggio. Comare Talpa e Saltello hanno voluto festeggiare il nostro ritorno con una super-merenda. Ciocip ha voluto ringraziarli invitando anche loro alle lezioni di canto, ma Saltello ha detto che non gli interessava; noi sappiamo che è perchè non sa stare fermo, mentre Comare Talpa ha accettato. Sembra che io e lei siamo stonati e facciamo fatica a migliorare, però ci facciamo delle grandi risate. Alla fine delle lezioni, se non piove, Ciocip mi fa salire sulla sua schiena e mi porta in giro fino allo stagno, a salutare la Rana Cra-cra, una chiacchierona che sa sempre tutto quello che succede nello stagno.

A dire la verità io ho sempre un po’ di paura perché, quando Ciocip svolazza sopra l’acqua parlando con la Rana, penso sempre che se scivolo in acqua io non so nuotare, ma la Rana Cra-cra mi ha rassicurato dicendomi che da quando lei vive nello stagno, nessuno vi è mai annegato perché lei il capo della squadra di salvataggio.

Malgrado questo io mi sento al sicuro soltanto quando ritorniamo al nostro albero. Però ad essere sincero, devo dire che non rinuncerei mai a queste passeggiate con il mio amico Petti-rosso.

Ora, dopo aver augurato la buonanotte a Comare Talpa, a Saltello lo Scoiattolo e a Ciocip il Pettirosso, è il momento di lasciarvi, perché dopo avervi raccontato un po’ della mia vita, ho voglia anch’io di leggere qualcosa sulla vita degli altri.

Perciò prendo un libro di racconti ed entro con lui nel regno della fantasia.

La storia qui presentata è stata pubblicata in I lumi dei nonni (volume oggi esaurito), edito dalle edizioni Nonsolostorie nel 2007. Si ringrazia l’associazione ABBA - Abbastanza per tutti ((abba-ch.org) per la gentile concessione. Tutti i diritti sono riservati.

Fiabe 43

Universi

paralleli Tendenze p. 44 – 45 | di Mariella Dal Farra

Universi paralleli L’ipotesi può apparire suggestiva e intrigante, ma se esistessero serie parallele di noi stessi, sviluppatesi indipendentemente le une dalle altre a partire da uno qualsiasi dei bivi esistenziali che abbiamo attraversato? Un po’ come nel film Sliding doors: prendiamo la metropolitana, e la nostra storia evolve in un modo; perdiamo la metropolitana, e le cose andranno in maniera del tutto diversa…

Oltre a essere uno dei temi favoriti della fantascienza, la teoria degli “universi paralleli” rappresenta una delle possibili interpretazioni della meccanica quantistica: semplificando enormemente, questo modello afferma che ogni singolo evento che ci occorre costituisca uno snodo o biforcazione da cui si dipartono versioni alternative della realtà, le quali esisterebbero in dimensioni parallele e separate (non interagenti) fra loro. Formulato nel 1956 dal fisico e matematico Hugh Everett III, il modello venne inizialmente respinto dalla comunità scientifica1, salvo poi essere rivalutato in tempi più recenti2.

Ma la delusione subita da Everett in quel primo confronto con la compagine accademica ebbe conseguenze durature sulla sua personalità, che subì una significativa deflessione, inducendolo ad abbandonare Princeton (dove aveva svolto il dottorato) per dedicarsi alla ricerca applicata presso il Pentagono, e successivamente nell’attività privata.

“Ogni persOna è un mOndO” si dice talvOlta, ricOrrendO a un linguaggiO metafOricO, per descrivere la cOmplessità intrinseca in ciascunO di nOi. … e se i mOndi fOsserO più di unO?

iilella rap Una vicenda drammatica Esiti sensibili si ebbero anche nell’alveo del suo nucleo familiare: stando a quanto riferito dal figlio, Mark Oliver Everett, il padre non parlò mai dei suoi studi con loro. Di fatto, non parlava molto in generale. “Ho vissuto nella stessa casa con lui per diciotto anni, ma era un completo estraneo per me”, ricorda Everett figlio, che per inciso è il fondatore degli Eels, band di rock alternativo piuttosto nota e rispettata.

Everett padre, forse a causa dello stile di vita adottato, come racconta il figlio, “non andava mai dal medico e si lasciò ingrassare esageratamente; inoltre, fumava tre pacchetti al giorno, beveva come un pesce e non faceva mai ginnastica”3. All’età di cinquantuno anni subì un arresto cardiocircolatorio che pose termine alla sua esistenza. Era il 1981, il futuro leader degli Eels aveva diciotto anni. Ateo convinto – benché credente nella “immortalità quantica” – Hugh lasciò disposizioni affinché le sue ceneri fossero “portate via insieme alla spazzatura”, ciò che la moglie provvide a fare qualche anno dopo la sua morte prematura. Quando, quindici anni più tardi, la figlia Elisabeth, affetta da disturbo bipolare, si suicidò, lasciò scritto che voleva a sua volta che i suoi resti fossero portati via con la spazzatura in modo da “finire nell’universo parallelo giusto per incontrare papà”4. La madre morì di cancro due anni dopo.

Mark Oliver Everett, al secolo semplicemente “E”, è dunque l’unico sopravvissuto della sua famiglia, nella quale genio e follia sembrano mescolarsi in parti eguali. Nonostante asserisca di non essere mai andato oltre l’equazione di secondo grado, viene spontaneo chiedersi se il talento musicale di “E” non sia in qualche modo riconducibile a quello matematico del padre. Forse una medesima, speciale intelligenza per i numeri ha caratterizzato padre e figlio, consentendo al primo di leggere la realtà sottostante la superficie accessibile ai nostri sensi (quella delle particelle elementari), e al secondo di tradurla in quel linguaggio universale che chiamiamo “musica”.

dimensioni parallele L’intersezione fra padre e figlio è raccontata da “E” in un documentario del 2008 intitolato “Parallel Worlds, Parallel Lives”, dove il termine “parallelo” si riferisce soprattutto al mancato incontro fra i due. Percorrendo a ritroso la vita di Hugh Everett, parlando con le persone che lo hanno conosciuto e facendosi spiegare la sua teoria, “E” recupera la figura del padre incontrandolo, per così dire, post mortem, e forse riconciliandosi con lui (“Non ho mai capito / come doveva essere / vivere dentro la sua testa”, canta in una delle sue ballate5).

A fronte di una vicenda così peculiare, è difficile sottrarsi alla tentazione di interpretare la parabola esistenziale degli Everett come un’esemplificazione della teoria “a molti mondi”: “in una dimensione parallela”, scherza “E” alla fine del documentario, “è possibile che io sia un fisico quantistico, e mio padre una rockstar…” per saperne di più La produzione discografica di Mark Oliver Everett, prima come solista e poi in qualità di leader degli Eels – una band indie rock a formazione variabile – contempla un totale di sedici album, fra i quali segnaliamo, per un possibile, primo ascolto, la raccolta parafrasata nel titolo: Meet the Eels: Essential Eels, Vol. 1 (1996–2006), uscita nel 2008. Il toccante e divertente documentario Parallel Worlds, Parallel Lives è visibile su YouTube (in lingua originale) suddiviso in quattro parti per una durata complessiva di un’ora circa. note 1 Niels Bohr, considerato allora il padre della meccanica quantistica, contestò integralmente la dimostrazione di Everett nel corso di un drammatico confronto organizzato dal suo mentore e relatore, John A. Wheeler, a Copenaghen.

2 Fra gli altri, cfr. Bryce Seligman DeWitt, David Deutsch e Murray Gell-Mann.

3 Mark Oliver Everett, citato in http://en.wikipedia.org/wiki/ Hugh_Everett_III 4 Ibidem 5 “Things the grandchildren should know” in Blinking Lights and Other Revelations (2005).

La domanda della settimana

Accettereste un invito “al buio” (senza dunque conoscere l’identità della/del padrona/e di casa) per il cenone dell’ultimo dell’anno...?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro mercoledì 31 dicembre. I risultati appariranno sul numero 2/2015 di Ticinosette.

Al quesito “Ritenete sia necessario rendere più rigide le condizioni per ottenere un permesso di residenza in Svizzera?” avete risposto:

SI

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NO

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Astri ariete Un viaggio per i nati nella prima decade. Possibilità professionali inattese per i nati nella seconda decade.

Offerte di lavoro per la terza decade.

toro San Silvestro veramente magico, ricco di sensualità e charme. Fortunato l’incontro con il segno del Capricorno.

Contenete le spese superflue.

gemelli Momento culminante di un periodo iniziato 14 anni fa. Utile un’attenta verifica degli ultimi anni, soprattutto riguardo alla vita relazionale.

cancro Comportamenti irrazionali nell’ambito di una consolidata storia sentimentale. Siate cauti ed evitate di cadere in scatti d’ira di cui vi potreste pentire.

leone Possibile viaggio all’estero. Espandete la coscienza. Possibile calo energetico per i nati nella seconda decade.

Tenete sotto controllo l’ego.

vergine Approfittate dell’ultimo dell’anno per liberarvi di tutto quello che non vi appartiene. Fortuna sentimentale per i nati tra la seconda e la terza decade.

bilancia Eventi inaspettati. Rinvigoriti da Marte e dall’altra elettrizzati da Urano.

Nuove opportunità… sia per la coppia che per la vita professionale.

scorpione San Silvestro un po’ malinconico per il transito della Luna in Toro. Riuscirete a consolarvi inaspettatamente.

Opportunità. Guardate al futuro.

sagittario Situazioni inaspettate. Potrete giocarvi un’importante opportunità e avrete la possibilità di guadagnare. Irrequieti i nati nella seconda decade.

capricorno San Silvestro ricco di romanticismo.

Molti dei vostri principi stanno andando incontro a un “reset” generale.

Amplificazione di ogni stato emotivo.

acquario Se non vi farete annebbiare da una forte spinta egocentrica potrete rivelarvi particolarmente produttivi. Vita sociale in fermento, soprattutto il 28 e il 30.

pesci Ultimo dell’anno fortunato grazie ai transiti planetari. Intense atmosfere erotiche. Incontri segreti per i nati tra la seconda e la terza decade.

Gioca e vinci con Ticinosette 1

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La soluzione del Concorso apparso il 12 dicembre è: RAPINARE Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Rosmary Cereghetti 6838 Muggio

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Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Orizzontali 1. Equivalere, equiparare • 10. Un malessere da mal di mare • 11. Fra due fattori • 12. Consonanti in boria • 13. Thailandia e Norvegia • 14. Sofferenza, patema • 15. Spagnola • 18. Tiro centrale • 19. Deserto dell’Asia orientale • 20. Le cura l’otorino • 22.

Processione • 23. Il giorno trascorso • 25. Il niente del croupier • 26. Un dato anagrafico • 27. Il nome della poetessa Negri • 28. Touring Club • 30. Tu, in altro caso • 31. Cantone svizzero • 32. Paga il fio • 33. Orribile, atroce • 35. Nuotatrice provetta • 36. Meridione • 37.

Il pronome dell’egoista • 38. Azienda • 40. Ha composto “L’Arlesiana” • 41. Dentro • 42. Si consigliano agli obesi • 44. Compatta • 46. Si empie di schede • 47. La sposa di Assuero • 48. Vocali in stregare • 49. Lo formano molte api.

Verticali 1. Noto film del 1987 di J. Hughes con Steve Martin • 2. L’indimenticata Greta del cinema • 3. Le ha uguali il guru • 4. Stelle • 5. Menti eccelse • 6. Una nota e un articolo • 7. Insetto laborioso • 8. Riluttante alla leva • 9. Il tesoro dello stato • 14. La terra d’origine • 16.

Ubriaca • 17. Sono anche cartesiane • 21. Andate con il poeta • 24. Perenne, immortale • 27. Lingua sabbiosa • 29. Abbonare, graziare • 31. La crea il vapore acqueo • 32. La regina con le spine • 34. Congiunzione eufonica • 39. Si calcolano quelli d’interesse • 40. Pasti serali • 41. Come sopra • 43. Rabbia • 45. Pari in mostra • 47.

Le iniziali di Cerusico.

Questa settimana ci sono in palio 100.– franchi in contanti!

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 2

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro mercoledì 31 dicembre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure imbucate una cartolina postale con la vostra soluzione entro lunedì 29 dicembre a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

Svaghi 47

â&#x201E;&#x2013; 52 del 27 dicembre 2014 ¡ con Teleradio dal 28 dic. al 3 gen.