№ 2 del 9 gennaio 2015 · con Teleradio dall,11 al 17 gen.
la forza dell’ironia È Catherine Viglezio la vincitrice del concorso fotografico aperto ai lettori. la sorpresa del gesto colto in un attimo
Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–
7000 famiglie sono state deportate in quest’area desolata dove sono costrette Villaggio di Kan Dang Kao a vivere in condizioni disumane
vero amore
conosciuto misura
Associazione Missione Possibile Svizzera Banca Raiffeisen Lugano Numero di conto: 1071585.70 Via Ungè 19, 6808 Torricella Via Pretorio 22 IBAN: CH04 8037 5000 1071 5857 0 Tel. +41 91 604 54 66 6900 Lugano Codice bancario: 80375 www.missionepossibile.ch info@missionepossibile.ch
Ticinosette allegato settimanale N° 2 del 9.1.2015
Impressum
Nicoletta BarazzoNi ..................
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Agorà Media e giornalismo. Chi critica la critica? Kronos Religione. Non avrai altro Dio... Vitae Mauro Vidoli
di
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66’475 copie
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Tendenze Salute e digiuno. A piatto vuoto
di
a cura della
Chiusura redazionale Venerdì 2 gennaio
Editore
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Reportage Concorso fotografico. Dieci x sette Tiratura controllata
di
Teleradio 7 SA Muzzano
Redattore responsabile Fabio Martini
Coredattore
Giancarlo Fornasier
Photo editor Reza Khatir
Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55
Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs
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(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona
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In copertina
L’invisibile Fotografia ©Christine Viglezio
Dieci x sette La copertina di questo numero di Ticinosette ospita l’immagine vincitrice del Concorso fotografico che abbiamo avviato a partire dal febbraio del 2014. La partecipazione è stata davvero notevole, a conferma di quanto l’arte della fotografia rappresenti una disciplina in grado di attirare e coinvolgere migliaia di persone nel nostro cantone. Del resto il fatto che ormai da quasi sette anni, ogni settimana, la nostra rivista ospiti nella sua seconda parte un reportage fotografico (di tanto in tanto anche grafico/illustrato) ne ha fatto una piattaforma di sicuro interesse per moltissimi appassionati. Lo spazio che riserviamo ai reportage è da sempre destinato a chi, in Svizzera, opera professionalmente in ambito fotografico, ma consci della presenza di tanti “dilettanti” (e il virgolettato sta a indicare che fra i non professionisti dell’immagine non sono pochi quelli dotati di un autentico talento) abbiano ritenuto necessario offrire mensilmente, attraverso l’idea di un concorso, una pagina a chi alla fotografia dedica tempo e passione. Come dicevamo, data la risposta e l’entusiasmo riscontrato nei partecipanti abbiamo quindi deciso di proseguire con il concorso anche nel corso del 2015. A riguardo abbiamo introdotto quattro nuove tematiche: due di carattere più astratto e concettuale, “la memoria” e “il sogno”, e due riferite ad aspetti fisici della realtà, “il corpo” e “l’acqua” (la presenza dei laghi caratterizza del resto la struttura paesaggistica e orografica del cantone e offre da
sempre spunti di natura fotografica). Si ricorda che i partecipanti potranno pertanto inviare nel corso dell’anno al massimo due immagini per ciascuna sezione. Le fotografie, a colori o in bianco e nero, vanno inviate all’indirizzo di posta elettronica phototicinosette@gmail.com e dovranno essere rigorosamente in alta risoluzione (300 ppi) in modo da consentirne l’eventuale pubblicazione. A riguardo, segnaliamo come negli scorsi mesi ci sia più e più volte capitato di ricevere immagini, anche di un certo interesse, contrassegnate da una risoluzione troppo bassa e che di conseguenza abbiamo dovuto scartare. Per quanto concerne invece i contenuti di Ticinosette, nel corso del 2015 presenteremo alcune interessanti novità. Fra queste, una serie di episodi a fumetti a carattere poliziesco che, ambientati in Ticino, ci condurranno, attraverso una vicenda ricca di suspense e colpi di scena, alla cattura di un diabolico ed efferato criminale. Saranno poi presentate alcune nuove rubriche e, a breve, un’impostazione grafica più agile e piacevole della sezione centrale della rivista dedicata ai palinsesti televisivi. Insomma, le sorprese, come vedrete, non mancheranno e nel frattempo invitiamo i nostri fotografi a iniziare sin da subito a inviare nuove immagini in base alle tematiche sopra indicate: i primi di febbraio pubblicheremo infatti il primo scatto del nuovo concorso fotografico selezionato tra quelli giunti nelle prime quattro settimane del 2015. Buona lettura, la Redazione
Chi critica la critica? Media. Pensando alla nostra piccola realtà, parafrasiamo il filosofo Karl Popper, e proviamo a chiederci: ma chi critica la critica e, soprattutto, chi critica la critica della critica? di Nicoletta Barazzoni
C
Agorà 4
hi decide chi è colui che critica? I criteri della critica hanno un fondamento scientifico e dunque la critica, che opera secondo precise metodologie, si dovrebbe avvalere di criteri quali validità, verità ed efficacia, che si basano anche sulla teoria dell’argomentazione, sui linguaggi formali, a loro volta riconducibili alla logica, alla fallibilità e, dunque, al processo di falsificazione. Charles Peirce1, per esempio, ha studiato lo sviluppo del pensiero critico (critical thinking) quale procedimento che porta all’analisi dei testi argomentativi, sulla base della scienza che si occupa dei segni. Malgrado quest’analisi, però, abbiamo sempre avuto l’impressione che il rapporto tra chi è “legittimato” a criticare e chi invece non lo è sia antidemocratico, e non sufficientemente autocritico per rimettere in equilibrio l’asimmetria tra le parti. Anche perché le regole e i concetti stabiliti per l’analisi critica vengono decisi da pochi eletti e quello che è vero per qualcuno appare falso per qualcun altro e viceversa. Inoltre, anche la credibilità del ruolo del critico (o del giornalista, nel nostro caso), insieme all’affidabilità, all’attendibilità, all’autorevolezza e alla reputazione sono pur sempre aspetti soggettivi. La critica secondo Jean Clair e Renato De Fusco In un articolo apparso su Repubblica dal titolo “L’inganno del critico”, Jean Claire definisce la critica “l’arte del terapeuta che formula una diagnosi”. Il critico d’arte francese sostiene che non si debba solo criticare ma semmai “conservare un dialogo tra la pittura, la musica, l’architettura, la retorica perché pur rispondendo a discipline diverse, esse obbediscono tutte alla medesima armonia. Eppure il dialogo è venuto meno”2. Una delle parole più usate nel linguaggio moderno è critica, e con un senso, per un verso, tra i più banali, per un altro, tra i più problematici. Si legge in Wikipedia che la critica, dal greco κρὶνω (distinguo) è un esame circostanziato di un fatto o di un’opera letteraria, scientifica, teatrale, artistica, che ne valuta gli aspetti contenutistici, estetici e storici. Spesso si sottintende che nella critica si debbano riportare, prevalentemente, pareri antitetici e negativi: ciò non è sempre vero, ma va notato che ha spesso maggior rilevanza la confutazione o stroncatura di un’opera rispetto a una descrizione elogiativa della stessa. Insomma anche il sapiente web informa che, almeno in parte, solitamente per critica s’intende dir male di qualcuno o qualcosa3 (De Fusco). La critica può essere imparziale? Il compito della critica, in particolare nell’arte, ha come
fine “l’interpretazione e la valutazione delle opere artistiche e, nel suo sviluppo, ha dato luogo al formarsi non soltanto di terminologie appropriate, ma di un vero e proprio linguaggio speciale, che ricorre con frequenza abnorme a una data sezione del lessico e, relativamente all’uso corrente, è ricco di termini tecnici derivanti da diverse nomenclature tecniche e scientifiche”4. La critica nostrana5 invece si avvale dell’interpretazione seguita spesso da giudizi di valore, polemiche personali e opinioni che, in quanto tali, sono sempre opinabili, in gran parte sottoposte a regole che implicano la relazione con il datore di lavoro in una sorta di conflitto d’interesse subordinato. Come afferma Enrico Morresi “è logico e naturale che non si possa parlare della corda in casa dell’impiccato”. Facciamo un esempio. Come è possibile criticare TeleTicino o Radio3i e al contempo lavorare per il Corriere del Ticino che ha strettissimi rapporti con le due emittenti private? Se volessimo criticare i programmi della RSI dobbiamo fare una scelta che non è determinata unicamente dalla codardia, dalla compiacenza, per non dire dalla piaggeria. A parte il fatto che la nostra scelta è quella di far emergere i punti di forza, dobbiamo anche chiederci per chi stiamo lavorando e da chi veniamo retribuiti. Collaboro da anni con Ticinosette e dunque devo valutare come scrivere, per esempio, la recensione di una trasmissione RSI, considerando che l’emittente contribuisce all’esistenza di questo settimanale che al suo interno ospita anche i programmi RSI. Se fossimo giornalisti del Mattino della Domenica il fatto non si porrebbe. Anche chi scrive per Cooperazione, qualora scegliesse di dedicare un articolo critico ai prodotti “bio” non potrà non considerare che COOP fornisce anche quel tipo di prodotti e dunque ne dovrà tenere conto. Se scriviamo per Azione possiamo criticare le strategie gestionali di Migros? Se si lavora per laRegioneTicino – il cui editore pubblica anche libri –, come si possono realizzare recensioni critiche sui prodotti da lui stampati? Certo se venissimo invitati a esercitare una libera critica senza alcun tipo di condizionamento e non ne approfittassimo saremmo sciocchi. Dunque siamo posti di fronte a delle scelte: o scriverne bene, o scriverne male o non scrivere del tutto. Ci sono dunque situazioni che non è opportuno criticare perché il conflitto d’interesse è preponderante e dunque anche per questo motivo si tende più facilmente a criticare colui con cui non si ha nessun tipo di rapporto o relazione. Meglio ancora se fa parte della concorrenza. (...)
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Promettiamo a Manon di investire entro il 2020 un miliardo di franchi in tempo libero, istruzione e cultura. Con il nostro Percento culturale della Migros e le attività di sponsorizzazione ricompensiamo con un importante contributo la società svizzera, nel pieno spirito del nostro fondatore Gottlieb Duttweiler. Con questa e altre numerose promesse concrete ci impegniamo per la generazione di domani.
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Immagine tratta da lanuvola.wordpress.com
Agorà 6
La critica può essere costruttiva? Nel mio lavoro quotidiano in una piccola realtà, a contatto con recensioni di libri, trasmissioni televisive, mostre o film, mi sono data il compito innanzitutto di esprimere delle critiche nel rispetto degli altri. Cercando di osservare quanto di apprezzabile (o non apprezzabile) esiste in una determinata idea od opera, esponendo una visione personale ma partendo dal presupposto che la critica dovrebbe essere imparziale, obiettiva, corretta e creativa. Ma, soprattutto, portare alternative. Mi sono chiesta in che modo la critica cambia la nostra opinione preesistente6. Siccome non condivido la concezione hobbesiana secondo la quale il popolo è un bestione ignorante da istruire, non credo nemmeno che il ruolo fondamentale del giornalismo culturale sia l’educazione del lettore; sono convinta che il pubblico, gli spettatori, i lettori non si lascino dire che cosa sia bello o brutto, buono o cattivo, da chi è “accreditato” a criticare. La critica di cui stiamo parlando è soprattutto quella che, nei nostri ambienti molto stretti da vincoli di parentele, conoscenze o interessi di casta, osserva l’agire umano nelle sue rappresentazioni come l’arte, la musica, la letteratura, lo spettacolo, riportati sui nostri media locali. Una critica che non sempre offre proposte o controproposte. Sarebbe ingenuo pensare che le relazioni tra gli amici degli amici non influenzino la critica, come è ingenuo pensare che non ci sia una critica omertosa che favorisce o promuove l’amico dell’amico. Ma ad oggi (o forse ci sono sfuggiti) non leggiamo sovente testi critici scritti da colleghi o caporedattori che operano per un media coinvolto con ciò di cui l’autore sta scrivendo.
L’articolo di critica deve tenere conto del conflitto d’interesse e del carattere di prossimità degli attori coinvolti. Come sosteneva il filosofo Francesco Bacone “sono innati i pregiudizi della specie umana, fondati sulla natura stessa dell’uomo, che nascono dal fatto che l’uomo pretende di porsi come misura di tutte le cose, mentre nelle sue percezioni, sensibili o intellettuali, ha, delle cose, rappresentazioni non oggettive, ma soggettive”7. Considerando poi la teoria della dissonanza cognitiva – secondo cui tendiamo a cercare opinioni che confermano le nostre convinzioni e a rifiutare quelle che le contraddicono – concludiamo con Paul Valéry, il quale affermava “non sono sempre del mio parere”, mettendo in discussione con grande umiltà la certezza delle sue opinioni.
note 1 Charles Peirce ha introdotto un modello critico-razionalista fondato su un metodo che determina il senso dei concetti intellettuali, analizzando i segni dando loro una significazione. 2 ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/02/05/ inganno-del-critico.html 3 Renato De Fusco, academia.edu/3630412/Che_cose_la_critica 4 treccani.it/enciclopedia/critica-d-arte_%28Enciclopedia_del_Novecento%29/ 5 Si veda anche “Critica poco critica”, contributo del giornalista Marco Jeitziner apparso in Ticinosette n. 16/2014 (18 aprile). 6 Ecco una lisa che valuta il nostro atteggiamento critico (da prendere con le dovute precauzioni): pensierocritico.eu/files/Checklist-Valutazione-atteggiamento-critico.pdf. Caratteristiche del pensiero critico da: pensierocritico.eu/cos-e-il-pensiero-critico.html 7 treccani.it/enciclopedia/francesco-bacone_%28Dizionario_di_filosofia%29/
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Promettiamo a Giosua di aumentare del 30% entro la fine del 2016 il nostro assortimento per allergici. Alla Migros sono sempre più numerosi i prodotti su cui è chiaramente indicata l’assenza di lattosio, glutine e di altri allergeni. Con questa e altre numerose promesse concrete ci impegniamo per la generazione di domani.
I nostri prodotti per chi soffre di allergie e intolleranze sono in vendita in filiali Migros selezionate e presso LeShop.ch
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Non avrai altro Dio... Perché tanta violenza in nome di Dio e dei libri sacri, ancora oggi? Un saggio dell’antropologo Maurizio Bettini ci aiuta a comprendere il nesso tra guerra e convivenza religiosa di Francesca Rigotti
Come è possibile che si siano commessi e si commettano
Kronos 8
qui a proposito del Primo comandamento2 – di coloro che, tanti atti efferati, delitti, diciamolo pure, contro le perso- con le parole di Fabrizio De André, dicevano “che in fondo ne fisiche, l’arte, la cultura, “per conto” della divinità? Si era uguale”, di quelli che “credevano a un altro diverso da te, pensi alle persecuzioni anticristiane in Iraq, alle violenze e non mi hanno fatto del male”. indù verso i luoghi di culto islamici, agli assassini politici Nella sua analisi Maurizio Bettini presenta alcuni esempi in nome della religione come quelli di Sadat e Rabin, alle contemporanei: il caso della scuola materna di un paese crociate cristiane, ai roghi degli eretici... Era così anche cattolico nella quale non si fa il presepio a Natale per non in passato, quando non si pensava che esistesse un unico offendere la sensibilità dei credenti in altre religioni, da una dio ma molti dei, uno accanto parte. E il caso di chi osteggia all’altro pacificamente coela costruzione di edifici di sistenti, ognuno con un suo altre religioni perché propri specifico compito? di culti estranei e, sostanzialmente, falsi. Nel primo caso si tratta di tolleranza, benvenuPoliteismo e monoteismo ta certo, ma comunque estreNo, non era così, è la chiara ma in quanto poggiante sulla risposta dell’antropologo del convinzione che non si possa mondo antico Maurizio Bettinon essere credenti, e credenti ni, del quale abbiamo scritto monoteisti. Nel secondo di in passato a proposito di un intolleranza estrema, basata testo dedicato al multicultursul fatto che c’è un unico vero lismo1. Come in quel volume, dio e quello è il nostro. anche qui Bettini va alla ricerSanta Sofia a Istanbul (dove le religioni si incontrano). Immagine tratta da davidecerri.org ca di modi di pensare pacifisti e ragionevoli, pluralisti e universalmente accettabili, che Credere a qualunque costo? mettano fine all’intolleranza e alla violenza che invece Il mondo antico, politeista, non era un mondo pacifico e di abbandonare il mondo nel quale viviamo, sembrano pacifista, eppure non commetteva violenza né scatenava guerre in nome della religione. Non respingeva sdegnosapenetrarvi sempre più profondamente. Se dunque il monoteismo, ovvero la forma religiosa che mente le altre divinità rifiutandosi di prenderle in consiinsiste sul carattere esclusivo della divinità (“non avrai derazione anzi, spiega Bettini, era curioso di conoscerle, altro Dio all’infuori di me” o, nella formulazione islamica, desiderava saperne e capirne di più; il politeismo possedeva “non c’è altro Dio che Dio”), pare portare con sé un mes- infatti i “quadri mentali” – proprio quelli che noi abbiamo saggio di violenza e imposizione connaturato al fatto di cancellato – per instaurare un pacifico e rispettoso dialogo autorappresentarsi come l’unico Dio vero (che si oppone interreligioso. Che, insomma, ognuno segua il suo dio o alla falsità degli altri dei), perché non abbracciare invece, nessun dio, senza che nemmeno si venga a proporre nuove se non proprio il politeismo, almeno il suo messaggio, forme di religiosità oltre a quelle che già hanno legato e ispirato a principi di tolleranza e di traduzione di una vincolato (re-ligare) le menti e i cuori delle persone. divinità nell’altra? È importante adottare i principi del rispetto reciproco, della vera tolleranza, dell’amicizia e del dialogo, godendo Assmann e la scelta esclusiva del monoteismo Questa la proposta di Bettini che ricalca quella avanzata insieme di ampi spazi di libertà mentale; attenzione alle già da qualche tempo dall’egittologo tedesco Jan Assmann. proposte ad autolegarsi con nuovi vincoli di religiosità e È stato infatti Assmann, ispirandosi al saggio di Sigmund con nuove invocazioni a credere in una nuova religione Freud su Mosé e il monoteismo, a mettere in chiaro che esclusiva, civica o ecologica che sia. esso implica una scelta di carattere esclusivo: non si possono adorare altri dei, nemmeno ammetterne l’esistenza; note si possono soltanto convertire i credenti di altre, “false” 1 Contro le radici. Tradizione, identità, memoria (Il Mulino, 2012); religioni alla propria, l’unica “vera”. Non ha senso, per “Radici e metafore”, recensione apparsa in Ticinosette n. 19/2012. questo modo di pensare, il messaggio – che ho già ricordato 2 Ticinosette n. 19/2010.
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Promettiamo a Jay di applicare entro il 2020 gli elevati standard svizzeri relativi al benessere degli animali anche ai nostri prodotti dall’estero. La Migros s’impegna sin da oggi a favore di un approccio verso gli animali attento al loro benessere e garantisce, in collaborazione con i suoi partner, tra cui la Protezione svizzera degli animali PSA, il rispetto entro il 2020 delle severe direttive svizzere anche all’estero. Con questa e altre numerose promesse concrete ci impegniamo per la generazione di domani.
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D
i professione sono tappezziere. Oggi questo mestiere non si chiama più così, perché siamo abituati a dare un abito a tutto. Una volta si diceva che l’abito non fa il monaco, ma adesso lo fa eccome. È una cosa che mi piace poco, perché vuol dire che si dà più importanza alla forma che al contenuto. A ogni modo ora chi fa il mio mestiere viene definito “decoratore d’interni”. Mi occupo di tutto ciò che è il tessile della casa: dalla tenda da sole, alle tende interne, alla tappezzeria in stoffa, alla copertura dei mobili. Cerco di essere un artigiano nel vero senso della parola, quindi riparo, ripristino, restauro… Ma è diventata una battaglia: la gente non è più interessata alla riparazione e preferisce buttare anche ciò che potrebbe essere aggiustato. In questo modo però riempiamo il mondo di immondizia che poi andrà a finire sulle spalle dei nostri figli. Il mestiere del tappezziere rappresenta una tradizione di famiglia. Mio nonno ha aperto bottega alla fine dell’ottocento, ma non l’ho conosciuto perché è morto prematuramente. Allora è stata mia nonna a continuare l’attività: ricordo che portava in piazza gli oggetti che proponeva al pubblico, un po’ come si può ancora vedere in Italia. La bottega è poi passata nelle mani di mio padre, che è mancato quando avevo quindici anni e nessuna voglia di andare avanti con un’attività di arredamenti interni e pompe funebri. Mi vedevo più indirizzato agli studi, ma poi, siccome bisticciavo parecchio con la scuola e i libri, sono diventato apprendista tappezziere a mia volta. In fondo, sono nato in mezzo ai mobili, al crine, alle molle, ai materiali di imbottitura e soprattutto al tessile, che a mio modo di vedere è un ambito estremamente affascinante. Ho compiuto l’apprendistato in Ticino e in seguito ho lavorato in Svizzera tedesca, dove ero stato mandato per imparare la lingua. Anche se, per la verità, siccome la destinazione mi era stata imposta da mia madre, per tutto il tempo che sono stato a Zurigo non ho pronunciato una parola di tedesco… Lavoravo nel negozio di un piccolo artigiano dove ho trovato una scuola formidabile. Io ero molto lento, anche se preciso, e, quando questo artigiano mi ha detto che non meritavo il salario che mi dava, sono stato toc-
cato sul vivo. Ho dovuto imparare a organizzarmi perché, se da una parte i tempi di esecuzione devono essere ragionevoli, dall’altra bisogna continuare a lavorare bene. La differenza è che non si gira più a vuoto. A vent’anni mi sono presentato sul mercato per conto mio. Lascio immaginare quanti errori ho compiuto e quante avventure ho attraversato... Sono stato un po’ ambizioso, ma soprattutto non volevo farmi dire dagli altri cosa dovessi fare. Per me è sempre stato molto importante lo scambio, perché se sono a disposizione di tutti, non sono servo di nessuno. Il mettermi in proprio sembrava la strategia ideale. Era un momento storico interessante: quegli anni settanta che ti permettevano di vivere in un’Ascona conosciuta in tutta Europa e dove si incontravano intellettuali, artisti, pensatori, balordi… Rispetto a oggi credo ci fosse un modo diverso di avere una vita sociale. Poi da quell’epoca ci sono stati cambiamenti importanti, dettati soprattutto dalla tecnologia di cui ci siamo circondati e che ci ha portato a volere tutto subito. Purtroppo la tecnologia ha influito molto anche sul modo di lavorare nel mio mestiere, nel senso che detta tempi e ritmi. In passato, per fissare un portatende, si praticava un incavo con punta e mazzotto, si inseriva un tassello di legno, lo si incementava, e si aveva tutto il tempo di aspettare che il cemento asciugasse. Oggi invece disponiamo di prodotti chimici che permettono di agire subito, ma che impongono ritmi frenetici e non consentono nessun tipo di errore. Ma come fai a non sbagliare visto che, parlando di tecnologia, in tasca hai un cellulare che magari suona proprio quando stai facendo qualcosa che detta un tempo molto preciso? A me piacerebbe tornare a cucire a mano, non essere più subordinato alle colle che asciugano in fretta, liberarmi dell’automobile, ricominciare a fare l’artigiano come lo faceva mio nonno, quando ho l’impressione ci fosse armonia – se non tra i vari attori sul cantiere – almeno tra i modi di lavorare… È un sogno: ma i sogni non sono né vietati, né costosi.
MAURO VIDOLI
Vitae 10
Ama profondamente il suo lavoro di artigiano sognando un ritorno a tempi più umani e a un rapporto più autentico e diretto con la sua professione e le persone
testimonianza raccolta da Demis Quadri fotografia ©Reza Khatir
dieci x sette Proprio un anno or sono la Redazione iniziava a riflettere sulla possibilità di creare un concorso rivolto ai lettori, appassionati di fotografia e non professionisti della macchina fotografica. Un scelta in qualche modo doverosa, visto l’ampio spazio che a questa disciplina e forma d’arte dedichiamo settimanalmente sulle nostre pagine. Nel corso dell’anno abbiamo così pubblicato mensilmente le migliori immagini giunte in redazione, fra le quali abbiamo infine scelto la vincitrice. Considerata l’elevata qualità dei lavori da voi proposti, il compito della redazione non è stato affatto facile e i nostri complimenti vanno a tutti partecipanti che hanno arricchito le nostre/vostre pagine con le loro preziose e belle fotografie. Il premio di 400 franchi per l’edizione 2014 del Concorso di Ticinosette è stato quindi assegnato alla signora Christine Viglezio di Acquarossa, che per ben due volte è stata scelta come fotografa del mese. La sua opera, che rientrava nella sezione intitolata “L’invisibile”, è un’immagine carica di
ironia, uno scatto che oltre al rigore formale e a un’eccellente struttura compositiva, invita lo spettatore a scommettere sulle intenzioni delle due persone raffigurate. Con questo scatto Christine ha saputo cogliere il classico “momento decisivo”, caro ai grandi maestri del passato quali CartierBresson e Robert Capa. Desideriamo inoltre segnalare con piacere la fotografia di Pascal Licht che ha colto un gruppo di nuotatori in un gesto dinamico ricco di plasticità, nonché la fantastica (in tutti i due sensi, metafisica ed estetica) fotografia di Virna Barbi e, infine, la misteriosa opera in bianco e nero di Monica Meier che con la sua istantanea ci trasporta in un’atmosfera suggestiva dal contenuto narrativo tipicamente chandleriano. Rinnovando l’iniziativa, attendiamo le vostro opere per il Concorso del 2015, di cui la prima immagine verrà pubblicata il prossimo febbraio. Buon scatto a tutti... e a presto! Reza Khatir, Fabio Martini e Giancarlo Fornasier
in apertura Christine Viglezio Lâ&#x20AC;&#x2122;invisibile in senso orario Daniela Banfi Se stessi Pascal Licht In movimento Virna Barbi Lâ&#x20AC;&#x2122;invisibile Christine Viglezio La famiglia
in senso orario Monica Meier In movimento Lorella Pioppi Lâ&#x20AC;&#x2122;invisibile Gian-Piero Pampuri Lâ&#x20AC;&#x2122;invisibile Gian-Piero Pampuri Se stessi Sonia Bottari Il lavoro
A PIAT TO VUOTO
Passate le feste e i grandi cenoni, le abbuffate di panettoni e le bicchierate in compagnia a qualcuno il desiderio di mangiare e bere sarà (forse) un po’ scemato… Che sia il tempo di “disintossicarsi”? O meglio ancora di digiunare, come nella migliore tradizione ascetica e come prescritto in molte religioni? Tendenze p. 40 – 41 | a cura di Giancarlo Fornasier
N
el giugno dello scorso anno veniva dato ampio risalto a uno studio condotto negli Stati Uniti dal ricercatore di origini calabresi Valter Longo, professore di Biogerontologia, direttore dell’Istituto sulla longevità all’University of Southern California (Los Angeles) e collaboratore dell’Istituto FIRC di Oncologia molecolare (IFOM) di Milano. Longo ha proseguito e perfezionato gli studi svolti in passato dallo scienziato Roy Waldorf (1924–2004), profeta del “digiuno come elisir di lunga vita”. Secondo le ricerche oggi condotte in laboratorio (sui topi), “una dieta a basso apporto calorico seguita per 4-5 giorni, da ripetere da uno a sei mesi, sarebbe un toccasana per il ricambio cellulare e anche per contrastare il tumore”, ha dichiarato in un’intervista rilasciata al quotidiano romano Il Messaggero. La ricerca era stata pubblicata pochi giorni prima sulla rivista scientifica americana Cell Stem Cell (cell.com), e le conclusioni di Longo paiono affascinanti: “Periodi prolungati di digiuno, correttamente gestiti dagli specialisti, innescano cambiamenti nel sistema immunitario e una sua rigenerazione, stimolando il rinnovamento delle cellule staminali”. Le riserve che abbiamo in noi “Un organismo in mancanza di cibo inizia a consumare le riserve che trova a disposizione al suo interno: grassi, glucosio, chetoni. Allo stesso tempo dà
via a un processo di atrofia degli organi, perché il corpo cerca di razionalizzare le risorse. Noi ci siamo focalizzati inizialmente sull’atrofia del sistema immunitario, e abbiamo osservato il sacrificio di quasi un terzo dei globuli bianchi, una pulizia delle cellule danneggiate o allo stato latente”, sostiene Valter Longo. La rigenerazione rinforza l’organismo e nei laboratori californiani ha avuto chiari effetti (almeno nei topi adulti): questi si sono ritrovati con il sistema immunitario di un animale giovane già al terzo giorno di digiuno. Longo ipotizza che nell’uomo questo possa avvenire dal quarto giorno, con benefici anche in riferimento a malattie e degenerazioni cellulari molto gravi (“Pensiamo che il digiuno sia appropriato nella lotta contro il tumore come coadiuvante della chemioterapia”). Sul tema digiuno-cancro l’oncologo Umberto Veronesi aveva già nel corso del 2013 pubblicato un volume (La dieta del digiuno, Mondadori, 2013) dedicato proprio all’importanza di promuovere stili di vita sani per contrastare malattie degenerative: fare attività fisica, evitare di fumare, mangiare bene e poco ogni giorno. “Purtroppo il problema della sovralimentazione viene ancora troppo spesso sottovalutato”, scrive Veronesi; oppure affrontato solo da un punto di vista estetico, dimenticando che l’eccesso di calorie introdotte nell’organismo attraverso il cibo è responsabile di disfunzioni cardiocir-
colatorie, diabete, cancro e può essere anche causa di mortalità precoce. In un articolo apparso sul quotidiano La Stampa di Torino (7.3.2013), sempre Veronesi confessa come una volta la settimana “niente cibo per tutto il giorno, digiuno fino a sera, al massimo un caffè macchiato, qualche volta una spremuta fresca di agrumi e uno yogurt. Il digiuno per me è una scelta di vita da tanti anni, esattamente come il vegetarianesimo (…)”. Una dieta non solo per il corpo, secondo il noto medico: “Credo che dedicare un giorno ogni settimana alla totale astensione dal cibo non solo non faccia male, ma aiuti a formare il carattere, a manifestare una scelta etica e a proteggere la propria salute. Un’alimentazione corretta, secondo i dettami della scienza, e almeno un giorno di digiuno ogni settimana possono rappresentare un nuovo e stimolante stile di vita”. La tradizione californiana Nell’inserto “Salute” (Corriere della Sera, 6.6.2014) Giovanni Caprara evidenzia come la California sia la vera culla degli studi sull’invecchiamento, avendo avviato già negli anni ’60 il primo centro di ricerca dedicato alla “frontiera più affascinante della medicina”. “Per sei mesi” dice sempre Valter Longo allo stesso Caprara, “abbiamo sottoposto i volontari a periodi di digiuno di quattro giorni rendendoci conto che il sistema immunitario si libera delle cellule inutili, non necessarie, mentre è spinto a rimettere in azione
in modo naturale, come accadeva nei momenti della nascita e della crescita, le cellule staminali capaci di assicurare la rigenerazione”. “Riteniamo” conclude Longo “che questa pratica sul cibo favorisca l’eliminazione di cellule anomale, precursori di cellule cancerogene”. Ecco in modo conciso che cosa avviene al nostro corpo in una fase di digiuno, come proposto dall’équipe californiana: 1° giorno - è considerato il più difficile, l’organismo inizia a consumare le riserve di grassi, glucosio e chetoni; 2° - si avvia il processo di atrofizzazione degli organi, è consigliato passeggiare e distrarsi; 3° - alcune cellule staminali cominciano a rimpiazzare le cellule scartate, e può subentrare un po’ di torpore; è consigliato stare a riposo; 4° - viene reintrodotto il cibo a piccole dosi e le staminali portano a termine il processo di rigenerazione. Digiunare: istruzioni per l’uso Non essendo questa una testata di medicina, evitiamo di dare consigli
e “ricette” per affrontare un digiuno, magari prolungato nel tempo (dai classici 3 giorni alle 3-4 settimane). Riportiamo di seguito, invece, alcune avvertenze da considerare prima di iniziare un periodo di astinenza da cibo che, si badi bene, non dovrebbe mai iniziare saltando la colazione... 1. Il digiuno più faticoso e disintossicante è quello che permette l’assunzione di sola acqua pura: questo dà al corpo il tempo di eliminare tossine e inquinanti apportati dall’ambiente e dai cibi “contaminati”. 2. Iniziare con un digiuno di acqua di non più di un paio di giorni. Se tutto va bene, allora è possibile continuare. 3. Scegliere un periodo in cui non si è sottoposti a particolare stress e in cui il digiuno non interferisce con la routine quotidiana, per esempio, professionale. 4. Essere preparati a effetti collaterali/ disturbi che si possono accusare nel digiuno (mal di testa, nausea, vertigini). Se questi dovessero peggiorare o essere insopportabili interrompere il digiuno. 5. Se si soffre di una patologia o se
si fa uso di medicinali, mai iniziare un digiuno (anche breve) senza aver prima consultato il proprio medico (il digiuno sottopone in tutti i casi il proprio corpo a uno stress). 6. Durante il digiuno stare a riposo completo. Si possono sperimentare cali di energie e di stamina. Non sovraffaticarsi e mantenersi degli schemi salutari di sonno. 7. Bere almeno 7–10 bicchieri d’acqua al giorno (da circa 240 ml l’uno). 8. Se si decide di digiunare per un lungo periodo, alternare l’acqua a dei succhi, così da fornire al corpo le vitamine e i nutrienti indispensabili. 9. Una volta interrotto il digiuno mangiare cibo sano e facilmente digeribile, scegliere un frutto e poi una verdura. Evitare cibi confezionati industrialmente e già preparati. 10. Evitare allenamenti faticosi durante il digiuno. Si consiglia lo yoga (ottimo per rilassarsi e fare stretching) e leggere passeggiate per aiutare il processo di disintossicazione, e tenere i muscoli in allenamento.
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La domanda della settimana
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Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 15 gennaio. I risultati appariranno sul numero 4 di Ticinosette.
Al quesito “Accettereste un invito «al buio» (senza dunque conoscere l’identità della/del padrona/e di casa) per il cenone dell’ultimo dell’anno…?” avete risposto:
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Astri ariete Nascita di nuove relazioni sentimentali e di improvvise passioni. Condivisione di interessi con il partner. Cautela nella pratica degli sport.
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Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 15 gennaio e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 13 gen. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!
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Premio in palio: tre carte giornaliere “Arcobaleno”
Carta giornaliera. La scelta giusta per circolare liberamente tutto il giorno.
Arcobaleno mette in palio una carta giornaliera di 2a classe (per tutte le zone; il valore complessivo dei premi è di CHF 160.80) a tre lettori di Ticinosette che comunicheranno correttamente la soluzione del Concorso.
Con la carta giornaliera si viaggia tutto il giorno all’interno delle zone prescelte, interrompendo e riprendendo il viaggio quante volte si desidera, fino alla fine dell’esercizio. È possibile acquistare anche la multi giornaliera, che offre 6 viaggi al prezzo di 5.
La soluzione del Concorso apparso il 27 dic. 2014 è: TRICICLO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Anita Bianchi via Civasca 6863 Besazio Complimenti alla vincitrice!
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â&#x201E;&#x2013; 2 del 9 gennaio 2015 ¡ con Teleradio dall,11 al 17 gen.