Ticino7

Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–

№ 8 del 20 febbraio 2015 · con Teleradio dal 22 al 28 feb.

ARTRANSIT

Treni e stazioni fra Svizzera e Italia diventano luoghi d’arte, spazi per performance ed esibizioni originali

Fatti, non parole n. 251

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06.02.15 16:50

Ticinosette allegato settimanale N° 8 del 20.02.2015

Impressum Tiratura controllata 66’475 copie

Agorà ‘Ndrangheta. I tentacoli del male

di

Guido Mariani ....................................... natascha Fioretti .........................

7

daniele Bernardi .......................................

8

Arti Marcello Chiarenza. L’arte della leggerezza Società Filosofia. In viaggio con Sartre Vitae Gabriela Bucini

di

di

di

elisaBetta Bacchetta ...........................................................

35

Matteo GerBer e Francesco della santa......

40

Svaghi ....................................................................................................................

42

Reportage Nel tempo di un viaggio

Editore

Fumetto L’Ispettore Leoni. Episodio 1

di

Venerdì 13 febbraio

Redattore responsabile

10

FaBio Martini; Foto di reza Khatir ...............

Chiusura redazionale

Teleradio 7 SA Muzzano

4

di

Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook

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In copertina

Svizzera (2014) Fotografia ©Reza Khatir

Fuori dall’astronave... diverse, oltre a possedere molti altri atout che, Gentili redattori, vi scriviamo con riferimento all’articolo “Ciao magari, chi ha sempre vissuto qui non nota Frankie” apparso su Ticinosette lo scorso 21 così chiaramente. novembre (n. 47/2014, ndr.). A prescindere Il senso dell’esistenza della Franklin (il senso dalle prime impressioni, la Franklin University sociale, per dirla con l’autore dell’articolo) è anSwitzerland (FUS) è molto più integrata nella che quello di arricchire e differenziare l’offerta realtà locale di quanto si pensi. L’importante è formativa della regione, portando d’altro lato studenti stranieri e le loro andare oltre le prime impresfamiglie a conoscere il Ticino. sioni, appunto. È importante, a riguardo, Gli scambi tra Franklin, USI ricordare che la Franklin è e SUPSI esistono da tempo; GLI ALIENI un’università svizzera come un esempio tra tanti è il proCome vivono e come si integrano gli oltre mille studenti stranieri che frequentano i college ticinesi? altre, un’università ticinese gramma Tandem, che da in effetti, che attrae studenti oltre quattro anni funge da da diverse parti del mondo, “ponte” diretto tra i rispettivi come avviene del resto anche campus universitari, offrendo per l’USI e per la SUPSI. agli studenti dei tre atenei opportunità di scambi linguiTra la FUS e la realtà locale stici e culturali. c’è quindi molta più inteAbbiamo anche sempre avugrazione di quanto si pensi to ottimi rapporti sia con il – non siamo poi così “alieni” comune di Sorengo che con insomma – e in questo senso il comune di Lugano, con siamo d’accordo con l’autore il quale peraltro stiamo anche mettendo in quando afferma che c’è (ancora) molto da scocantiere collaborazioni di ampio respiro. I prire sulla Franklin da parte della popolazione nostri studenti poi partecipano molto spesso locale: a questo scopo, tutti sono sempre calad attività di aiuto e supporto sul territorio, damente invitati a venire a trovarci – le nostre come la giornata della pulizia del laghetto di porte sono sempre aperte!

Muzzano in collaborazione con Pro Natura Consuelo Grieco, responsabile PR, Ticino, le giornate per la donazione di sangue Franklin University Switzerland in collaborazione con la Croce Rossa della Svizzera italiana, e iniziative come il Lugano Clean Up Day e il Walking Day Lugano recentemente Giallo illustrato organizzate dalla Città di Lugano.

Segnaliamo ai lettori che a partire da questo La nostra università non ha mai ignorato la numero inizia la pubblicazione di un fumetrealtà locale. Al contrario, la scelta da parte to “giallo” a episodi, su testo originale di della Franklin di mettere radici in una regione Matteo Gerber e illustrazioni di Francesco come il Ticino è stata, e continua a essere Della Santa. Ambientato in Ticino, vede dovuta, proprio ad alcune caratteristiche della quale protagonista il fantomatico e ineffarealtà locale: il nostro cantone è crocevia di bile ispettore Leoni: scopriremo l’identità diverse culture, occupa una posizione centrale del colpevole alla fine della serie...? in Europa, è uno spazio in cui si parlano lingue Buona lettura, la Redazione № 47 del 21 novembre 2014 · con Teleradio dal 23 al 29 nov.

Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–

I tentacoli del male Criminalità. La ‘ndrangheta, organizzazione criminale che ha primeggiato nel corso degli ultimi vent’anni a livello internazionale, rappresenta un problema concreto che non riguarda solo l’Italia, ma l’intera Europa, Confederazione compresa. Ne parliamo con il professor Enzo Ciconte, uno dei massimi esperti in materia di Guido Mariani; fotografia ©Vince Cammarata

N

Agorà 4

ella notte tra il 14 e il 15 agosto 2007 a Duisburg, città della Renania settentrionale, fuori dal ristorante “Da Bruno” si consumava una strage feroce.

Settanta colpi d’arma da fuoco, sei cadaveri a terra. Siamo nel cuore della Germania, ma il massacro viene da lontano.

I morti sono tutti italiani, di origine calabrese. L’agguato di Duisburg è l’episodio più cruento di una faida scoppiata 16 anni prima a San Luca, in Calabria, un paesino di meno di quattromila anime. Non è la Cosa Nostra dei boss spietati e potentissimi Totò Riina e Bernardo Provenzano. È la ‘ndrangheta, l’organizzazione criminale italiana oggi più potente e più radicata al di fuori del Meridione della penisola con ramificazioni nel nord Italia e in quasi tutta Europa. Il sangue di Duisburg non è un tragico epilogo, è il prologo, il drammatico annuncio che la ‘ndrangheta c’è anche quando non si vede.

Nel luglio del 2010 la procura di Milano e la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria danno il via a una maxi-operazione, battezzata “Crimine-Infinito”, che porta all’arresto di più di 150 persone in Lombardia. È il culmine di anni di indagini che consentono agli inquirenti di scoperchiare un mondo di malaffare e di connivenze in cui sono coinvolti politici, imprenditori e professionisti.

Al centro ci sono le cosche calabresi, ma gli affari si fanno a Milano e in tutto il Nord. È la ‘ndrangheta padana.

La definizione appartiene a uno dei massimi esperti di criminalità organizzata e fenomeni mafiosi, Enzo Ciconte, che abbiamo intervistato. Originario di Soriano Calabro, già deputato del Parlamento italiano dal 1987 al 1992 e membro della Commissione giustizia, è stato consulente presso la Commissione parlamentare antimafia per undici anni dal 1997 al 2008. Ha scritto decine di saggi in cui ha spiegato riti, codici, linguaggi e strutture delle associazioni mafiose.

Oggi insegna Storia delle Mafie al Collegio Santa Caterina presso l’università di Pavia e all’università di Roma Tre. Da anni lancia l’allarme sull’ascesa nella gerarchia dei grandi cartelli criminosi internazionali delle famiglie calabresi.

La Svizzera non è purtroppo estranea al fenomeno: una recente indagine ha dimostrato come a Frauenfeld fosse attiva da anni una cellula della ‘ndrangheta, cosiddetta “locale”. A dicembre un altro arresto, questa volta in canton Ticino. In manette è finito un sessantenne italiano originario del Molise, un frontaliero del crimine che pare avesse il compito di riciclare nella Confederazione il denaro sporco.

Professor Ciconte, perché una volta si parlava di mafia, di Cosa Nostra, e oggi si parla di ‘ndrangheta?

La mafia siciliana dopo la stagione stragista che portò all’uccisione di Falcone e Borsellino, è entrata in aperto conflitto con lo stato italiano. Lo stato ha reagito, utilizzando anche il sistema di quelli che vengono impropriamente definiti “pentiti”, i collaboratori di giustizia. Dopo questa reazione la mafia ne è uscita fortemente ridimensionata. La ‘ndrangheta non ha partecipato alla stagione delle stragi ed è stata per molto tempo risparmiata dall’attività investigativa. È riuscita così a occupare lo spazio lasciato libero da Cosa Nostra e ad accaparrarsi il traffico degli stupefacenti e in modo particolare della cocaina. È la droga oggi più diffusa e l’enorme giro d’affari derivante dal traffico ha reso la ‘ndrangheta l’organizzazione più forte economicamente.

Inoltre, la criminalità calabrese è stata in grado di costruirsi una reputazione di assoluta affidabilità nel mondo internazionale del narcotraffico. Tutti i grandi trust e le maggiori organizzazioni mafiose di narcotrafficanti a livello mondiale hanno oggi come riferimento la ‘ndrangheta.

Come nasce la ‘ndrangheta, quali le differenze con la mafia siciliana?

La ‘ndrangheta si sviluppa in una regione molto meno ricca, più periferica e meno conosciuta. La mafia si dimostra subito più importante perché nasce in un’area geografica più prestigiosa, più influente e più ricca. Nasce nel Regno di Sicilia, nel latifondo e nei grossi centri urbani. La ‘ndrangheta ha origini più umili, più contadine ed è stata così ignorata per molti decenni e considerata meno potente e meno strutturata della mafia siciliana.

Alla base dell’organizzazione ci sono le cosiddette ‘ndrine. Che cosa sono?

La ‘ndrina è la famiglia naturale del boss che è detto “capobastone”. Ne fanno parte i familiari diretti o indiretti: i figli, i fratelli, i nipoti, i cugini e tutti quelli che si acquisiscono attraverso i matrimoni. È una struttura sostanzialmente tribale, ma è diventata in realtà il maggior punto di forza, il vero segreto della ‘ndrangheta. I rapporti familiari sono quelli più sicuri perché impediscono il pentitismo, impediscono la fuoriuscita. Se uno dovesse decidere di parlare si troverebbe a tradire i propri legami più stretti: il padre, i fratelli, i figli. In questo modo diventa difficilissimo rompere la regola del silenzio. Ed è anche per questo motivo che ormai nel mondo le realtà criminali più solide sono proprio quelle basate sui legami di parentela.

Ma come si spiega la forza espansiva che questa organizzazione ha avuto negli ultimi anni?

La struttura familiare permette innanzitutto l’assoluta fedeltà all’organizzazione e consente il fatto che dalla Calabria le propaggini familiari possano diffondersi nel nord Italia e all’estero, mantenendo uno stretto legame con la famiglia d’origine. La ‘ndrangheta si porta dietro il proprio bagaglio culturale e la struttura organizzativa viene riprodotta con assoluta fedeltà.

L’uomo di ‘ndrangheta inoltre cerca di passare inosservato, non crea allarme sociale, non si fa notare, nessuno si accorge della sua presenza tranne coloro che è necessario che sappiano chi è e di cosa è capace. A questo punto, e qui sta il momento decisivo, offre servizi criminali a soggetti che magari operano nella legalità, ma che hanno bisogno di questi servizi e sono disposti a ottenerli anche violando le leggi. Alcuni esempi concreti? Il recupero crediti, lo smaltimento dei rifiuti edili o del settore ospedaliero. Per questa ragione la ‘ndrangheta ha potuto radicarsi: ha saputo offrire una risposta a necessità, comunque illegali o criminali, da parte di soggetti locali.

Dall’Italia all’Europa...

L’Europa scopre ufficialmente la ‘ndrangheta con la strage di Duisburg, ma la ‘ndrangheta operava in Europa da decenni.

Come dimostrano anche alcune indagini recenti. E come ha dimostrato l’inchiesta svizzera: gli inquirenti sono riusciti a individuarla oggi, ma era lì da almeno trent’anni. E noi siamo ora in grado di avere le prove, anche giudiziarie, dell’esistenza di questa organizzazione non grazie alle testimonianze dei

collaboratori di giustizia, ma perché le forze dell’ordine sono riuscite a filmare delle riunioni di affiliazione. La ‘ndrangheta utilizza essenzialmente la Svizzera come paese di transito per il traffico della droga e per il riciclaggio del denaro sporco. Poi è probabile che vengano fatti investimenti per cercare di ripulire il denaro, come l’acquisto di pizzerie, di ristoranti, di alberghi.

In generale, le legislazioni dei paesi europei non prevedono gli strumenti giuridici e investigativi di cui l’Italia è stata costretta a dotarsi. Non è dunque previsto il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso (l’articolo 416-bis del Codice Penale).

All’estero il sequestro dei beni è inoltre molto più difficoltoso e le intercettazioni ambientali e telefoniche in alcuni paesi come la Germania non vengono quasi mai utilizzate. Di conseguenza, è difficile aggredire l’organizzazione mafiosa e prevenire il suo radicamento. La cellula “locale” scoperta in Svizzera era un caso isolato? Probabilmente no, sono convinto che i calabresi abbiano cercato di mettere radici anche qui.

Le cerimonie di affiliazione uniscono riti arcaici a elementi fortemente simbolici...

La ‘ndrangheta usa molto i rituali a cominciare da quelli dell’affiliazione che vengono chiamati battesimi. Come per il battesimo cristiano, il rito suggella l’affiliazione a una comunità. I riti sono la loro ideologia, la forza, lo scudo protettivo e il legame che hanno con gli altri associati. Non ci si affilia per compiere reati, ma per darsi una ragion d’essere. Questi rituali sono arcaici perché provengono da abitudini antiche e questa arcaicità ne costituisce la forza. Dimostrano al giovane (...)

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Enzo Ciconte

“picciotto” che l’organizzazione calabrese ha origini antiche e addirittura origini nobili.

Agorà 6

Su cosa si fonda questa supposta nobiltà?

Su uno dei miti fondativi della ‘ndrangheta e delle mafie italiane. La leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso, tre nobili cavalieri spagnoli affiliati alla setta della Garduña che vennero in Italia per vendicarsi contro l’uomo che aveva violentato una loro sorella. Rintanatisi per 29 anni, 11 mesi e 29 giorni nelle grotte di Favignana ne uscirono con le regole sociali che portarono in Sicilia, in Campania e in Calabria fondando rispettivamente mafia, camorra e ‘ndrangheta. È pura mitologia, questi cavalieri molto probabilmente non sono mai esistiti, ma ancora oggi rappresentano la base ideologica e gli antenati nobili dei criminali calabresi. È solo folklore? Io penso di no, sono rituali vivissimi, attualissimi tanto attuali che li hanno filmati in Svizzera nel 2014. Così come a Milano sono stati filmati quando è stata scoperta una riunione della “Santa” una struttura apicale della ‘ndrangheta. Oggi le ramificazioni della mafia calabrese si estendono in Europa, ma anche in Australia e in Canada e ovunque questa ritualità è presente.

Ma a parte la strage di Duisburg, la ‘ndrangheta sembrerebbe non lasciare dietro di sé sangue e violenza.

Qualcuno sostiene che dove non ci sono assassinii non ci può essere mafia...

La ‘ndrangheta ha voluto e saputo evitare il clamore dei morti ammazzati e degli omicidi eccellenti. La mafia siciliana, prima ancora del periodo stragista, ha colpito con estrema violenza uomini appartenenti alla magistratura, alla politica, alle forze di polizia, alla società civile. Prima di Falcone e Borsellino possiamo ricordare, tra i tanti, Pio La Torre, segretario del Partito Comunista siciliano, oppure il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa. Mentre la mafia siciliana faceva tutto ciò la ‘ndrangheta non adottava questa tecnica. Intendiamoci, non che non fosse un’organizzazione violenta. Quando era necessario gli omicidi venivano compiuti. Ma sono mancati gli omicidi clamorosi, quelli che avrebbero potuto richiamare l’attenzione esterna. A Milano e in Lombardia negli anni passati non sono mancati omicidi importanti, ma la violenza è stata utilizzata

come un capitale d’investimento. È stata usata all’inizio a scopo dimostrativo. Poi non è servita più. Chi ha contatto con la ‘ndrangheta sa benissimo che il mafioso può essere violento.

La grande capacità dell’uomo di mafia è quella di farsi dire di sì senza mostrare la pistola o il kalashnikov. Basta la sua presenza, basta il fatto che chi parla con il mafioso sa che la violenza è una possibilità. La minaccia non sta nella pistola, ma nella reputazione, per questo in alcune operazioni come l’inchiesta milanese “Crimine-Infinito” gli omicidi sono limitati al minimo.

Gli imprenditori sapevano con chi avevano a che fare, gli uomini politici che sono stati eletti con i voti della ‘ndrangheta erano consapevoli della caratura criminale e violenta dei mafiosi. La violenza non è stata usata perché non ce n’era bisogno.

Cosa può fare l’Europa per sconfiggere questa piaga?

Se l’Europa non si attrezza il rischio di un crescente radicamento di questi fenomeni è forte e molto serio. Bisogna correre ai ripari. La legislazione italiana è forse la migliore al mondo.

Purtroppo. Perché questo è dovuto al fatto che nel nostro paese abbiamo avuto organizzazioni criminali presenti da almeno centocinquant’anni sul territorio e siamo stati costretti a varare una serie di leggi e applicare tecniche investigative che si sono poi anche perfezionate nel tempo. L’Europa deve cercare di fare altrettanto, creando un sistema che riesca almeno a percepire la presenza di questi fenomeni. C’è però una domanda che mi pongo. Perché questo non è stato già fatto? Quando si verificò il gravissimo episodio di Duisburg, la ‘ndrangheta non era appena sbarcata in Germania. Era presente da tempo, si sapeva che controllava attività economiche. Molto spesso si è fatto finta di non vedere il problema. È prevalso il principio “pecunia non olet”.

Non conveniva capire da dove provenissero i soldi. È un errore gravissimo e si rischia di pagare un prezzo molto alto. È quello che è accaduto nel nord Italia e in Lombardia in particolare. Per anni si è sottovalutato il fenomeno ritenendolo una questione meridionale. Si è pensato che la ricchezza e il benessere sociale avrebbero allontanato questo problema, cosa che si è rilevata sbagliatissima. E quindi un po’ per superficialità, un po’ per ignoranza, un po’ per interessi economici, si è prodotta una delle realtà più inquinate dalle organizzazioni criminali. La speranza è che l’Europa non commetta lo stesso sbaglio.

L’arte della leggerezza Siciliano, luganese di adozione, Marcello Chiarenza, artista a tutto tondo, svela attraverso le sue opere realtà sottili e animate da un complesso e non scontato rapporto con la natura di Natascha Fioretti; fotografia ©Antonio Schmidt

“Ogni tanto qualcuno mi definisce un land artist e, poiché amo

a un’opera, la parte invisibile può vibrare di significati, può ril’ironia, a me piace dire che non sono un’artista della terra ma empirsi di altre cose. La leggerezza va alla ricerca di una lettura interna nella trasparenza, di un moltiplicarsi del significato”. piuttosto un’artista dell’aria”.

Siciliano d’origine, residente a Lugano, Marcello Chia- Una leggerezza che pure deriva dalla scelta di materiali renza è un’artista a tutto tondo, un uomo profondo con naturali anche se, ci dice, “i materiali sono materiali, che il quale parlando non si ha la percezione di dove finisca siano naturali o meno, la materia è parlante. Il punto sta nel l’uno e dove inizi l’altro perché sono un tutt’uno, in co- saperla ascoltare e cercare di capirla”.

Basta pensare al maestante dialogo e scamstoso cervo che ha rebio. “Di formazione sono alizzato al Parco Ciani: un disegnatore. Poi sono “Per il suo significato andiventato scenografo, tico e simbolico il cervo architetto, designer, reè il bosco che cammina, gista, scrittore di teatro, le sue corna sono alberi, pittore, scultore. Alla fine quindi realizzarlo usando ho fatto quello che mi è dei legni naturali è rincapitato nella vita, ma forzare il suo significato quello che mi interessa simbolico, aggiungere veramente è trasversale qualcosa, farlo diventare a tutto questo”. ancora di più l’animale Per capire meglio, parbosco, albero”. tiamo da una delle sue Non è evidente pensare opere. “Qualche anno un cervo partendo da fa, a Bergamo, passegun ramo di nocciolo, giando per la città, in un ma per l’artista “è solo giardino di una villa vedo una questione di atteggiadelle figure a grandezza Marcello Chiarenza mento. Quando osservo naturale e non le capisco bene. Mi avvicino e mi sembrano dei guerrieri con lo scudo. Poi una cosa, lo faccio con curiosità e alla minima possibilità di realizzo che sono dei bambini con uno scudo enorme. Leggo dialogo mi pongo delle domande. Qualsiasi cosa noi guardiamo il titolo: L’aquilone. Mamma mia che pesantezza! Non si può dirci qualcosa che non ricordiamo più”. Qui Chiarenza si può legare all’aquilone un’opera in bronzo così pesante, e mi rifà a Jung: “Non sappiamo di sapere. È molto importante il è scattata subito l’idea”. A distanza di pochissimi giorni, mestiere, la competenza che si acquisisce, l’aspetto artigianale, Chiarenza raccoglie dei ramoscelli, delle forcelle di noc- la crescita professionale, ma c’è di più. C’è qualcosa nell’arte ciolo, le intaglia e le incastra componendo una figura: “Un che va al di là di tutto questo, è difficile da definire e ha a che piccolo uomo in equilibrio su un piede solo che con una delle fare con la poesia. Non sei tu che dai la voce, sei tu che cogli due mani sostiene un filo d’acciaio sottilissimo, neanche un quella voce e crei un’opera, ma non l’hai creata tu, hai avuto la millimetro di spessore e lungo oltre un metro, al culmine del grazia di cogliere al momento giusto l’occasione per dare corpo quale ho posto una foglia, una vera, grande foglia di platano. a questa voce”.

Così, non soltanto ho ottenuto la leggerezza dell’aquilone, ma In un’epoca in cui l’artista vale tanto più se è individualista, anche la relazione dell’omino fatto di legni, l’uomo albero con se è riconoscibile, Chiarenza è convinto che egli debba rimanere anonimo: “L’artista deve essere anonimo perché cerca il suo aquilone che è la foglia che gli vola via”. quella uguaglianza con l’umanità. Se si concentra solo su di sé perde la possibilità del dialogo. Trovo che questo sia uno dei La funzione dell’artista La leggerezza è una costante delle opere di Chiarenza grandi limiti dell’arte di oggi”. “devono essere leggere ma devono anche essere da leggere. La Tornando al principio gli chiedo: la vita è più pesantezza leggerezza nel mio caso è proprio una ricerca ostinata e continua, o più leggerezza? “Leggerezza, malgrado tutto, leggerezza. sono cosciente del fatto che il vuoto, il silenzio che si crea intorno Malgrado tutto, la vita è meravigliosa, è opera di Dio”.

Arti 7

In viaggio con Sartre A 110 anni dalla nascita e in occasione del trentennale della Società Filosofica della Svizzera italiana, il filosofo e saggista Brenno Bernardi riflette sulla figura di Jean-Paul Sartre e il suo rapporto con il nostro paese, alla luce di un volume di recente pubblicazione di Daniele Bernardi

Società 8

Jean-Paul Sartre, Parigi, 1944 (da blogs.btk-fh.de)

Ricordo molto chiaramente quando mio padre, Brenno

Bernardi, filosofo e oggi docente in pensione, cominciò a dedicarsi allo studio dell’opera di Jean-Paul Sartre (1905–1980), prima ancora di iniziare ad approfondire il rapporto del filosofo con la Svizzera. In particolare mi sovvengo di due cose: dei titoli curiosi, per me intriganti, dei libri che, giorno dopo giorno, andavano accumulandosi sulla scrivania. E ancora della voce squillante di Sartre, che risuonava dal televisore mentre mio padre esaminava alcune videoregistrazioni…

A tu per tu: l’intervista Per cominciare a parlare del tuo libro, Jean-Paul Sartre e la Svizzera, da poco edito da Giampiero Casagrande, vorrei che tu mi dicessi qualcosa su come e quando,

per la prima volta, hai sentito parlare di questo grande autore: durante i tuoi anni di studente come veniva percepita la sua figura di personaggio pubblico?

A tanti anni di distanza rimane in me il ricordo, pur sfocato, dell’impressione che ebbi leggendo in prima liceo i racconti di Il muro, che mi passò un compagno. Era una lettura completamente nuova per la sua componente drammatica, permeata dall’assurdo. All’università ritrovai Sartre come punto di riferimento in diversi corsi e lo studiai come maestro dell’esistenzialismo espresso nel L’essere e il nulla (1943) anche se fu soprattutto Heidegger l’autore sul quale mi chinai.

L’insegnamento fu in seguito occasione e motivo di ulteriore approfondimento dei suoi principali testi filosofici e letterari.

La percezione era quella di un pensatore eccezionale, radicale e critico, dall’immenso prestigio e dalla riconosciuta autorevolezza

Quando Freud nel 1909 accompagnato da Jung giunse negli Stati Uniti per tenere delle conferenze sulla teoria psicanalitica, pare si rivolse al collega usando queste parole: “Porteremo la peste in questo paese”. Nella tua ricerca sui rapporti tra Sartre e la Svizzera prendi in esame disparati aspetti dei coinvolgimenti tra il territorio elvetico e il filosofo. Con le rappresentazioni teatrali dei suoi drammi e i suoi interventi (che vanno dal 1944 al 1959) tra Zurigo, Ginevra, Losanna, Neuchâtel e La Chaux-de-Fonds, qual è la “peste” che egli stava seminando nel mondo delle idee?

Su questo punto il discorso sarebbe ampio. Al momento della visita in Svizzera del 1946 Sartre suscita, come in Francia, i giudizi più contrastanti sia per la sua opera letteraria che per la sua opera filosofica. Porrei l’attenzione sulla sua filosofia della libertà e sul suo nesso con l’ateismo esistenzialista espresso nelle conferenze con la formula di Nietzsche “Dio è morto”. L’uomo non tanto ha la libertà, ma è libertà. Pur essendo la libertà umana “in situazione”, come dice Sartre, essa è, nello stesso tempo, un assoluto e un principio nel suo pensiero esistenzialista. Tutto si fonda sulla libertà umana, anche i valori morali, che non vanno intesi come validi di per sé e garantiti da un Dio trascendente, indipendentemente dall’invenzione umana. Ciò suscitava il timore di una libertà anarchica o di quanto aveva affermato Dostoevskij nel romanzo I fratelli Karamazov: Dio non esiste allora tutto è permesso, con conseguente scardinamento della morale. Ma nella prima intervista rilasciata in Svizzera assieme a Simone de Beauvoir, interrogato proprio sulla morale, Sartre rispondeva sottolineando l’“universalità” della libertà come principio e spiegando che “la morale in questione sarà una morale della libertà. Non soltanto una morale che ha per origine la libertà, ma una morale che ha per scopo la libertà di tutti gli uomini”.

Il discorso di Sartre si sviluppa attivando più “dispositivi” comunicativi. Ma, fondamentalmente, egli si muove su due fronti: quello della filosofia e quello della letteratura (che include anche la sua attività teatrale).

Anche in Svizzera sono questi gli ambiti che lo vedono presentare la sua investigazione intellettuale. Quali sono le differenze sostanziali tra queste due pratiche all’interno della scrittura sartriana?

Sartre stesso ha precisato che altra è la sua scrittura letteraria rispetto a quella filosofica. La prima è molto più impegnativa dal punto di vista dello stile e richiede una cura estrema perché il suo oggetto è “il vissuto” e ciò comporta che ogni frase esprima una pluralità stratificata di contenuti. Il discorso filosofico invece è concettuale, descrittivo e argomentativo, e deve obbedire a esigenze di chiarezza e logica. Ogni frase deve avere un significato univoco (anche se le sue implicazioni possono essere molte). È un fatto che Sartre scriveva i suoi testi filosofici quasi senza correzioni, come se seguisse un flusso continuo del pensiero, mentre i manoscritti letterari denotano il travaglio dello scrivere.

Un altro aspetto importante dell’operato di Sartre è quello che riguarda il suo impegno civile. Infatti, anche nel tuo libro vengono riportati due eventi significativi in questo senso: quello che riguarda la costituzione del noto “Tribunale Russell” e il caso dell’espulsione dell’editore Freddy Nils Andersson, nel 1966. Potresti

dirmi brevemente, in entrambi casi, di cosa si trattava e quali problematiche erano in gioco?

Queste azioni ci mostrano Sartre nel suo impegno politico come intellettuale, da lui sempre posto come essenziale. Così, nel pieno della guerra del Vietnam, accettò di partecipare in prima persona all’iniziativa di Bertrand Russell di istituire un tribunale internazionale per giudicare i delitti commessi dagli Stati Uniti nella loro aggressione. Sartre fu designato presidente esecutivo. Essenziale era porre sotto gli occhi di tutti il problema del crimine di guerra, di cui più non si parlava dall’epoca del processo di Norimberga. Russell chiese alla Svizzera di accogliere una sessione a Ginevra, ma il Consiglio federale negò l’autorizzazione. Su questo tribunale Sartre concesse un’intervista anche alla Televisione della Svizzera romanda, nel febbraio del 1967.

Il caso dell’editore Nils Andersson, dello stesso periodo, mostra un tipico intervento di Sartre a sostegno di una persona colpita da una decisione politica ingiusta.

Infine, la seconda parte del volume è costruita attorno agli Atti del ciclo di conferenze per i cento anni dalla nascita di Jean-Paul Sartre, tenutesi a Lugano nell’ottobre 2005. È stata questa l’iniziativa che ha portato, dopo un lungo lavoro, all’ideazione e alla costruzione del tuo Jean-Paul Sartre e la Svizzera. Quali sono state, sommariamente, le linee guida degli interventi dei relatori?

I partecipanti, due specialisti italiani, i professori Giovanni Invitto e Gabriella Farina, e il professor Pierre Verstraeten, uno studioso francofono di Sartre nel frattempo scomparso, che ne fu creativo discepolo e collaboratore, toccano tutti temi essenziali.

Invitto approfondisce l’ateismo sartriano percorrendo la vita e le opere di Sartre; Verstraeten si dedica al tema della libertà, alla genealogia e allo sviluppo che il concetto ha nel pensiero di Sartre; Farina esplora il tema dell’immaginario nella ricerca filosofica sartriana e nella produzione teatrale. I tre percorsi tematici si intersecano in più punti.

Nel 2015 ricorrono 110 anni dalla nascita del filosofo francese, pensi che si possa sfatare l’idea superficiale di un “Sartre superato” e, spesso, sminuito rispetto a quando era in vita?

Non credo che possa mai diventare inattuale un filosofo e uno scrittore che, in modo tanto profondo e creativo, ha rivolto l’attenzione all’esistenza, alla coscienza, alla libertà, all’azione dell’uomo nella storia, alla domanda sull’uomo e che ha riaffermato il dovere per l’intellettuale di impegnarsi nella lotta per una società giusta. Questi sono infatti temi ed esigenze di sempre. Se questo autore può sembrare ora “sminuito” è solo in paragone alla grandissima autorevolezza e presenza che ebbe quando era in vita.

Brenno Bernardi

Jean-Paul Sartre e la Svizzera

Giampiero Casagrande editore

Jean-Paul Sartre e la Svizzera di Brenno Bernardi Presentazione di Virginio Pedroni, 376 pagine, con illustrazioni in bianco e nero Giampiero Casagrande editore, 2014

Società 9

Q

uand’ero bambina mi capitò di vedere un documentario in cui si raccontava delle difficoltà che incontravano ogni giorno le donne in Africa, nel tentativo di coltivare terreni terribilmente aridi; piantavano i semi in un suolo che sembrava sabbia e aspettavano una pioggia che non giungeva mai. Nella mia testa di bimba escogitai un sistema per portar loro l’acqua. Immaginavo dei tubi enormi che avrebbero condotto fin lì, l’acqua del mare. Naturalmente ignoravo che fosse inadatta all’irrigazione.

Da allora il tema della desertificazione e dei problemi agricoli legati alla mancanza d’acqua mi hanno sempre affascinato. Quando studiavo fisica a Milano chiesi al mio professore di poter fare la tesi proprio sulla desertificazione. Mi indirizzò a un professore del Centro comune di ricerca europeo di Ispra: quello fu un momento cruciale che diede l’orientamento a tutta la mia carriera professionale. Il tema che mi venne affidato fu la teledetezione da satellite, grazie alla quale studiai gli indici di vegetazione per stabilire quali specie o ecosistemi si trovano in una determinata regione.

Fu lì che iniziai a occuparmi di ecologia, una scienza che non ho più lasciato. Dapprima andai in Belgio per due anni dove mi occupai degli effetti degli incendi sulle foreste della Repubblica Centrafricana, poi mi spostai all’università dello stato del Colorado dove passai alle savane e feci il dottorato.

Non è stato facile per i miei genitori accettare di avere una figlia così lontano e per così lungo tempo. Io stessa ho tentennato perché mi dispiaceva vederli in pensiero. Fu proprio il mio professore della tesi a darmi coraggio. Mi disse che negli Stati Uniti avrei imparato a essere indipendente nella ricerca, mantenendo una visione ampia della disciplina.

La savana è un ecosistema affascinante dove convivono erba e alberi. Qui l’interazione degli elementi dà luogo a conseguenze sorprendenti. Molta acqua può significare paradossalmente molti incendi. Durante la stagione delle piogge, se le precipitazioni sono copiose, tende a crescere molta erba che durante la stagione secca si trasforma in combustibile per gli incendi. Questi ultimi sono una caratteristica intrinseca della savana. Gli incendi ciclici non rappresentano un problema perché la natura si è adattata, anzi sono diventati una necessità. Esiste una specie i cui

semi sono contenuti in un guscio legnoso che solo il fuoco può aprire. Senza gli incendi, scomparirebbe.

Dopo nove anni in Colorado mi sono candidata come ricercatrice nell’università del Vermont.

Una differenza profonda di mentalità, che ho incontrato negli Stati Uniti, è che sei spinto a cambiare. Chi non lo fa, non è ben visto. È sinonimo di scarsa flessibilità, ma soprattutto dimostra di non avere curiosità. Nel Vermont ho studiato un tipo di savana unico al mondo: quello presente in Florida. In questo stato dal clima sub-tropicale si è sviluppata una savana di pini, alberi dall’origine più nordica, ma sparse al suo interno, si trovano delle isole di foresta tropicale chiamate hammocks. Il 2015 sarà dedicato alla ricerca di un nuovo lavoro.

Ora mi sto occupando del cambiamento climatico e mi piacerebbe in futuro studiarne gli aspetti di mitigazione e di adattamento legati all’agricoltura. Non so quali siano le cause del cambiamento climatico, potrebbe essere una combinazione di fattori: da un lato le emissioni dovute all’attività dell’uomo e dall’altro l’inizio di un nuovo ciclo naturale del clima sulla terra. Ho un atteggiamento scientifico e penso che tutto debba essere provato e analizzato. Certo è che non possiamo stare seduti, perché potrebbe essere troppo tardi.

Indipendentemente dalle cause, mi interessa l’aspetto umano e sociale. Il cambiamento c’è. Come possiamo convivere con questa nuova realtà?

Non so dove andrò. Terrò gli occhi aperti alle opportunità che mi si presenteranno. Mi viene in mente quello che mi hanno insegnato le guardie del parco Kruger in Africa, dove ho potuto godere di un magnifico paesaggio: la savana sudafricana. Lì ho imparato a sviluppare una vista che va al di là degli occhi. È fatta anche di odori e suoni. Le guardie che mi accompagnavano si muovevano nel loro habitat e io mi sentivo come una cieca. Un giorno mi indicarono un gruppo di elefanti all’orizzonte: la guardia ne aveva percepito l’odore grazie al vento e poi li aveva individuati.

Ci vuole tempo per sviluppare questa sensibilità ma poi ti si apre un mondo.

GABRIELA BUCINI

Vitae 10

La desertificazione è uno dei grandi problemi del pianeta.

Lei se ne occupa sin da piccola, agendo concretamente e spinta da un grande amore per l’Africa

testimonianza raccolta da Elisabetta Bacchetta fotografia ©Sabine Biedermann

Nel tempo di uN viaggio di Fabio Martini; fotografie ŠReza Khatir

Compagni di viaggio

“Pensa sia vero, intendo, quello che la signora va dicendo riguardo al prurito di sua cognata?”

“Difficile a dirsi… certo è possibile, le consiglierei di tenere a portata di mano una di quelle utilissime manine”.

La signora in questione si volta di scatto verso i due gentiluomini chiaramente infastidita dall’intrusione.

“Sembrano tutti piuttosto rigidi, non crede?”, prosegue ridacchiando uno dei due.

“Qualcuno sì, qualcuno no, come sempre di questi tempi” “Siamo in Svizzera, del resto…”, commenta quello seduto vicino al finestrino, il più loquace, indicando qualcosa fuori, nel paesaggio. Guardo anch’io. In mezzo a un prato verdissimo un gruppo di ballerini nei costumi tradizionali prova i passi di una qualche danza popolare.

“Se la immagina una scena del genere nelle pianure del Kansas?”

“Ma assolutamente no, ci mancherebbe caro amico, io ci sono stato, sa... vendevo sanguisughe per salassi... A parte le mucche, abbiamo poco in comune. Il copyright sul paesaggio, quello ci dovrebbero concedere” “Beh, non esageriamo…”

“No, no, non esagero affatto. Lo sa che ci copiano? Ho visto dei giapponesi fotografare il praticello e la torre dell’orologio di Berna… quelli rifanno tutto” “Ma non mi dica…”

I due personaggi seduti di fronte a me, cilindro e bombetta in testa, panciotti, abiti eleganti e cravatte a la régate, paiono usciti da un romanzo di Èmile Zola. Incrociano il mio sguardo sorridenti costringendomi, per cortesia e con un filo di imbarazzo, a ricambiare il gesto. Se non altro abbiamo rotto il ghiaccio. Del resto, chissà chi di noi sta recitando davve-

ro. In effetti, siamo entrambi qui per lavoro, loro fanno gli attori e io il rappresentante legale. Non c’è in fondo molta differenza… Proseguono a discutere amabilmente, certi ormai di aver catturato la mia attenzione, commentando le reazioni dei viaggiatori con aria fra il divertito e il compassato. In effetti, è un continuo voltar di teste e c’è anche chi è balzato in piedi. Qualcuno appare visibilmente seccato e chi, per timore di esser coinvolto in qualche strana burla, tenta invano di nascondere il volto dietro a un libro o a una rivista o fissa il paesaggio con aria assente.

Sono i bambini, come sempre, i più disponibili e curiosi.

Le loro faccine sbucano sopra i sedili in attesa che dalla porta in fondo al vagone compaia un nuovo personaggio.

Ci fermiamo in una piccola stazione. Qualcuno scende, qualcuno sale. Nell’aria si coglie il suono magico ed evo-

cativo del corno delle Alpi. Siamo in Svizzera, del resto.

Appena il treno riparte accade l’impossibile: una coppia di esagitati, due dinoccolati acrobati, si muovono come scimmie sopra le nostre teste, appendendosi a tutto ciò che capita. L’uomo con il cilindro punta il dito a indicare la signora che alle spalle dei due scalmanati osserva la scena con evidente sgomento. Viene da ridere anche a me mentre la ragazza seduta nella fila accanto osserva la scena, incantata dai gesti atletici dei due climber. Il treno riparte. Il suono dei corni sfuma. Una ragazzina bionda in un prato fa strani gesti e l’uomo con la bombetta le fa ciao ciao con la mano. I due scimpanzé, dopo aver percorso nel loro stile aereo l’intero vagone, scompaiono alle mie spalle. Chissà cosa ci aspetta adesso. Non mi resta che tornare ai discorsi dei miei due dirimpettai.

ArTransit ArTransit, il cui portatore di progetto è il Teatro San Materno di Ascona, è uno dei 19 progetti vincitori di “Viavai Contrabbando culturale Svizzera-Lombardia”, programma di scambio culturale della Fondazione Svizzera Pro Helvetia e dei suoi partner. ArTransit è un’indicazione degli estremi geografici che connettono nord e sud e degli attraversamenti fra le arti e gli artisti che si confrontano in un rapporto intergenerazionale. Il progetto si prefigura come una serie di eventi performativi multimediali e interdisciplinari. La struttura del progetto è costituita da tre assi contenutistici: quello transfrontaliero che testimonia la ricerca nel teatro contemporaneo attorno alla cultura e la lingua italiana (Teatro San Materno ad Ascona e Teatro Out Off a Milano); l’asse transalpino dove s’incontrano indagini della scena norditaliana di arti performative con quella svizzera (Viafarini DOCVA a Milano e ZHdK, Università delle Arti di Zurigo al Toni-Areal Zurigo); la tematica del rapporto tra arte e tecnologia, sviluppata in una mostra presso lSR Milano e la Galleria Milano.

Il perno del progetto ArTransit, sono le performance nel treno speciale TILO tra Milano e Zurigo (15 novembre 2014) e nel battello sul Lago Maggiore (primavera 2015). Un’attenzione forte va alla documentazione degli eventi che coinvolge tre luoghi formativi: il master di fotografia dell’Accademia di Brera Milano, il CISA (Conservatorio Internazionale di Scienze Audiovisive a Lugano) per i video e il master di pubblicistica culturale alla ZHdK (Università delle arti di Zurigo) per i testi (artransit.ch/it).

Curatori del progetto: Barbara Fässler, Heinrich Lüber, Liliana Heimberg e Domenico Lucchini.

Reza Khatir Nato a Teheran nel 1951 è fotografo dal 1978. Ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali. Ha vissuto a Parigi e Londra; oggi risiede a Minusio ed è, fra le altre cose, docente presso la SUPSI. khatir.com

“Lei prosegue o si ferma a Bellinzona?”, chiede l’uomo col cilindro al suo compagno di viaggio.

“Non so, ci stavo appunto pensando. Potrei fare un salto a Tangeri a trovar quella mia cugina di cui le dicevo, la mummiologa, sa. Oppure tornare indietro, molto indietro…”

“A Zurigo?”

“No, più indietro, molto più indietro…”

“Ah, capisco...”.

Da parte mia non ho capito quasi nulla. Sono attori e fan la loro parte ma a me sembrano usciti dalla macchina del tempo che peraltro è volato, come se il treno, il viaggio ci avesse condotto in un’altra dimensione. Che avesse ragione Einstein, un illustre svizzero? Non era forse lui che, per spiegare la teoria della relatività ristretta, faceva l’esempio dell’uomo che cammina in un treno in corsa?

EHi MicHAEL, NON Ti SEMBRA Di ANDARE UN PO' FORTE? vOGLiO VEDERE QUANTO Si PUÒ SPiNGERE QUESTO COSO!

NON Ti PREOCCUPARE HANNAH! TANTO NON C'È NESSUNO iN GIRO A QUEST'ORA!

LUGANO. 24 LUGLiO, iNTORNO ALLE ORE 12.00.

Testi: Matteo Gerber | Disegni: Francesco Della Santa GiURO: QUANDO ARRiVO AL MASSiMO TORNO ALLA VELOCiTÀ NORMALE! ATTENTO! VEDO UNA COSA Là iN FONDO… NON SARÀ--

iL MiO NOME È SANDRO LEONI. HO LAVORATO COME PSiCHiATRA NELLA POLiZiA CANTONALE, ORA Mi LiMiTO A FARE DA CONSULENTE. iL MOTiVO? NON SONO AFFARi VOSTRi!

L'ABBiAMO ViSTO DA LONTANO, MA SONO SiCURO CHE Si TRATTi Di UN CADAVERE. GALLEGGiAVA A FACCiA iN GiÙ NEL BEL MEZZO DEL LAGO. SAPREBBE iNDiCARCi iL PUNTO ESATTO iN CUi LO AVETE AVViSTATO? CERTO!

Mi SCUSi, i RAGAZZi HANNO FiRMATO QUALCOSA PRiMA Di PRENDERE LA BARCA? UN CERTiFiCATO, O QUALCOSA Di SiMiLE…

TUTTO È COMiNCiATO QUEL GiORNO aPPARENTEMENTE BANALE. UN VECCHiO MORTO NEL BEL MEZZO DEL CERESiO, NULLA Di ECCEZIONALE ANCHE SE SapevO CHE TUTTi i GIORNALi NE AVREBBERO PARLATO L'iNDOMANi…

CERTO! FACCiAMO SEMPRE FiRMARE UN CERTiFiCATO PRiMA Di AFFiTTARE UNA BARCA, È LA PRASSi!

…ALLORA NON AVEVO iDEA CHE QUELLO FOSSE SOLO iL PRIMO Di UNA iNCREDiBiLE SERiE Di EVENTi.

BENE! Mi FACCiA VEDERE QUESTO CERTiFiCATO.

MA FORSE STO CORRENDO TROPPO… iN FONDO SiAMO SOLO ALL'iNiZiO E ALL'EPOCA PENSAVO Di AVERE DAVANTi iL CLASSiCO CASO Di VECCHiO, PROBABILMENTE UBRIACO Di PRiMA MATTiNA, ANNEGATO DOPO ESSERE CADUTO DALLA SUA BARCHETTA…

...ANCHE SE, Di BARCHETTe, NON SE NE VEDEVA NEMMENO L'OMBRA.

ECCOLO! È LAGGIÙ!

MA iO QUESTO LO CONOSCO! È iL BERNASOCCHi. VA A PESCA TUTTi i MARTEDì COL SiGNOR PORETTi.

CHE STRANO… DOVREBBE ESSERCi LA SUA BARCA NELLE ViCiNANZE.

Sì… iL BERNA NON È VENUTO A PESCARE CON ME STAMATTINA… Mi HA DETTO CHE NON Si SENTiVA BENE…

LA BARCA NON È SUA, È DEL PORETTi, L'HO VISTO TORNARE NEL POMERiGGiO E HA DETTO CHE ERA ANDATO DA SOLO OGGi.

HA DETTO CHE iL BERNASOCCHi NON Si ERA FATTO VEDERE…

MA… RiPETO, QUESTO È SOLO L'INIZIO! CAPiSCO… MA VORREi COMUNQUE PASSARE DA CASA SUA, AVREi ANCORA QUALCHE ALTRA DOMANDA DA FARLE.

CONTINUA…

LA SOLUZiONE DEL CASO NEL PROSSiMO NUMERO.

La domanda della settimana

Rinuncereste alla vostra patente di guida in cambio di un abbonamento a tempo indeterminato per l’utilizzo di tutti trasporti pubblici del cantone?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 26 febbraio. I risultati appariranno sul numero 10 di Ticinosette.

Al quesito “In qualità di genitori, esercitate un controllo sui contenuti a cui i vostri figli accedono nell’utilizzo di Internet?” avete risposto:

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Astri ariete A partire dal 22, Venere, Marte e Saturno spingono alla grande. Il momento si presenta ottimo per affrontare le problematiche di coppia e risolverle.

toro Potrete vivere atmosfere calde con il vostro partner. Sul lavoro state comunque attenti a non tirare troppo la corda: non è il pozzo dei vostri desideri.

gemelli Tra il 22 e il 23 febbraio importante opportunità professionale. Date spazio a tutta la vostra genialità. Aiuti da parte di un ammiratore.

cancro Con la Luna, Marte e Venere in quadratura è facile essere colti dall’ansia ed esser poi assaliti dalle paure più ancestrali. Evitate atteggiamenti plateali.

leone Puntate sull’estero o su di una cultura diversa dalla vostra. È il momento di espandere la vostra coscienza.

Guadagni e realizzazioni professionali.

vergine Fascinosi e seducenti. Potrete affrontare qualunque colloquio di lavoro o vivere esperienze amorose intense.

Risorse inaspettate e charme.

bilancia Le lancette del vostro tempo astrologico si posizionano sull’asse dei nodi lunari. Un fatto importante sta per realizzarsi. Stati confusionali.

scorpione Cambiamenti dovuti a un incontro sul luogo di lavoro. Con Giove in quadratura si accentua la tendenza a non essere soddisfatti di quello che si ha.

sagittario A partire dal 22 si apre una fase decisiva. Potrete realizzare qualunque tipo di progetto soprattutto se rivolto allo sviluppo della creatività.

capricorno Piccoli e grandi malumori tra il 22 e il 23 provocati dai transiti lunari e dai vari Marte e Venere. Gelosie familiari.

Non abbiate paura di cambiare.

acquario Novità affettive e nuove progettualità sentimentali. Particolarmente positive le giornate comprese tra il 22 e il 23 febbraio. Incontri inaspettati.

pesci Spese pazze. Tra il 22 e il 23 febbraio possibile tendenza allo shopping compulsivo. Guadagni il 24 per i nati nella seconda decade. Visite dall’estero.

Gioca e vinci con Ticinosette

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 10

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 26 febbraio e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 24 feb. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali 1. Fa dolere la schiena • 10. Segno zodiacale • 11. Alto graduato (abbr.) • 12. Tifone, tromba d’aria • 14. Articolo indeterminativo • 15. Le tredici sul quadrante • 16. Equipaggiati, dotati • 18. I confini di Roveredo • 19. Strumento a fiato • 20. La lettera muta • 22. Una nota e un articolo • 23. Nel centro di Roma • 24. Nome di donna • 26. Negazione • 27. I campi parigini • 28. Mira al centro! • 29. Logoro, smunto • 32. Un combustibile • 33. Poveri, tapini • 36. Città della Charente • 37. Poco fitti • 39. Il peso senza la tara • 40.

Pari in fiorire • 41. Le tesse il ragno • 42. Gioiosi, felici • 44. Sportelli • 46. Consonanti in Lidia • 47. Buccia • 49. Spinta iniziale • 50. Concreto, vero.

Verticali 1. Noto film del 2005 interpretato da Claudio Bisio • 2. Fiume dell’America meridionale • 3. Briciola • 4. L’Ami di Maupassant • 5. Ioni • 6. Inchino • 7. Pari in piaga • 8. Particelle subatomiche • 9. Ha composto la colonna sonora di “Il buono, il brutto, il cattivo” • 13.

Entusiasmo, eccitazione • 17. Dittongo in pietra • 19. Il nome di Bonolis • 21. Gli orologi a sabbia • 25. Mezza riga • 30. Italia e Austria • 31. Verdetto • 33. Millecento romani • 34. Scongelare • 35. Il musqué del pellicciaio • 38. Riarsi • 41. Vezzo nervoso • 43. Tra Mao e Tung • 45. Il dei tali • 48. In mezzo al coro.

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Premio in palio: tre Ape card Arcobaleno Arcobaleno offre ai lettori di Ticinosette un’Ape card da CHF 55.– a tre fortunati concorrenti che comunicheranno la soluzione corretta del cruciverba.

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SPINAS CIVIL VOICES

vedere e agire.

Mentre gli uni mangiano sempre più carne di pollo, gli altri soffrono la fame e s’impoveriscono. Poiché per coltivare la soia che foraggia gli animali, la foresta pluviale è incendiata e molte persone sono private delle loro basi vitali. Sacrificio Quaresimale e Pane per tutti intervengono per risolvere quest’ingiustizia. Aiuti anche lei: vedere-e-agire.ch