Ticino7

Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–

№ 10 del 6 marzo 2015 · con Teleradio dall,8 al 14 mar.

in-sicurezza

La pirateria informatica è la nuova frontiera della criminalità globale: retorica, ricerca del profitto o minaccia reale?

Parka Girls Minikids

59.95

100% cotone bio

<wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2szAxNAUAIC5jmg8AAAA=</wm>

<wm>10CFWLoQ6AMAwFv6hLX7d2G5VkbkEQ_AxB8_-KgUO8nLh7vbsG_ra27Wi7g5ESRSsJ6lo1SDZ4iRZEGM4CTOoCS4Zcgd-DZpSZebwNsRAwYDS91iFFwn1eD1jDG690AAAA</wm>

Giacca da uomo

129.–

100% cotone bio

Ticinosette allegato settimanale N° 10 del 6.3.2015

Società Sessualità. Identità da scoprire

DI

Arti David Rodigan. Il giullare del reggae

Impressum Tiratura controllata 66’475 copie

Chiusura redazionale Venerdì 27 febbraio

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

MARCO JEITZINER ...........

4

MARIELLA DAL FARRA ....................................

7

ELISABETTA BACCHETTA ...............................

8

Agorà Informatica e criminalità. La retorica della sicurezza

Vitae Moira Della Torre

DI

DI

DI

KERI GONZATO .................................................................

Reportage Fonderia Perseo

DI

ROBERTO ROVEDA; FOTO DI SIMONE MENGANI ..................

10 35

MARISA GORZA .........................

40

Svaghi ....................................................................................................................

42

Tendenze Moda. Jeans: intramontabile passione

DI

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

Pubblicità

Publicitas Publimag AG Daniel Siegenthaler Muertschenstrasse 39 Postfach 8010 Zürich tel. 044 250 36 65 tel. 079 635 72 22 fax 044 250 31 32 daniel.siegenthaler@publicitas.com dati per la stampa a: service@publimag.ch www.publimag.ch

Annunci locali

Publicitas Lugano tel. 091 910 35 65 fax 091 910 35 49 lugano@publicitas.ch Publicitas Bellinzona tel. 091 821 42 00 fax 091 821 42 01 bellinzona@publicitas.ch Publicitas Chiasso tel. 091 695 11 00 fax 091 695 11 04 chiasso@publicitas.ch Publicitas Locarno tel. 091 759 67 00 fax 091 759 67 06 locarno@publicitas.ch

In copertina

Moderno pirata Illustrazione ©Bruno Machado

Anno zero Pochi giorni fa i media di tutto il mondo hanno trasmesso il video dei fanatici dell’ISIS che distruggevano a colpi di mazza le antiche statue del museo di Mosul. Sono immagini sconfortanti che svelano, qualora ce ne fosse stato ulteriore bisogno, la reale e tragica natura dell’islam integralista il cui obiettivo è uno solo: annientare ogni forma identitaria, sia essa sociale o individuale, in nome della shari’a, la legge islamica.

L’arte, in tutte le sue manifestazioni, presenti o passate, è innanzitutto manifestazione di un processo che attraverso un fare individuale (quello dell’artista e dell’artigiano) ci informa e ci educe riguardo al contesto culturale e sociale all’interno del quale quel determinato oggetto, opera, manufatto ecc., si genera. Essa è attestazione fondamentale della nostra identità, del nostro partecipare alla meraviglia del mondo.

In un suo recente articolo pubblicato su Micro Mega, Giuseppe Panissidi, scriveva che: “nei dizionari politico-culturali dell’Islam manca il termine persona, una categoria centrale della tradizione culturale occidentale di antica origine stoica. (...) Ne discende che nell’Islam non c’è posto per quel nucleo di valori essenziali che noi definiamo diritto/i della persona, il diritto coincidendo in toto con la umma, il principio della comunità, dentro la quale soltanto l’individuo può godere, appunto, di diritti e doveri”. Fra i nostri diritti, invece, c’è quello di godere della bellezza, non meno importante o significativo del diritto di satira.

Ovviamente, in un momento del genere, la tentazione di tornare a evocare lo scontro fra civiltà è forte. Ma non dobbiamo dimenticare, per tornare a Panissidi, che: “vi sono società armate di potere e società carenti di potere, usi profondamente diseguali delle risorse della ragione, ancor prima che di quelle materiali, e principi universali di giustizia e

ingiustizia che debbono promuovere una nuova consapevolezza”. Mi pare ci sia parecchio da fare se vogliamo che la storia, quella con la S maiuscola, abbia seguito.

Cordialmente, Fabio Martini

La retorica della sicurezza Cybercriminalità. Quanto è davvero diffusa la pirateria digitale?

E con quali criteri vanno interpretati i dati relativi al fenomeno?

Inoltre, in che modo se ne parla e chi se ne occupa direttamente?

Un tema che invita a una riflessione sul mito della sicurezza come strumento di profitto oltre che di consenso elettorale di Marco Jeitziner

U

n recente dibattito pubblico1 sulla criminalità informatica (truffe, estorsioni, phishing, carte clonate ecc.) ci offre l’occasione per riflettere non solo sul problema, ma anche sulle modalità e i contenuti utilizzati per la sensibilizzazione pubblica dai vari addetti ai lavori. Le domande che ci poniamo sono: i crimini via internet sono così diffusi come si suol dire, o si tratta di inutili allarmismi o, peggio, visti i tempi di votazioni, di pura propaganda elettorale? In che modo si parla del tema e chi ne tratta di solito? Chi sono gli autori dei crimini? Qual è la causa del fenomeno e quanto se ne discute alla radice?

Agorà 4

Gli esperti riflettono Riprendo alcune affermazioni dal comunicato stampa del dibattito pubblico: “È importante aprire un confronto, così da sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della sicurezza informatica, che da qualche anno sta mutando in modo radicale, passando dal livello tecnologico al livello sociale”, dice Angelo Consoli, responsabile del gruppo di ricerca in “cyber-security” della SUPSI. Per Nicola Colotti, giornalista radiofonico e curatore di una rubrica sulle tecnologie digitali, “soltanto la consapevolezza dei cittadini che usano internet attraverso ogni tipo di dispositivo può portare a un maggiore controllo sull’operato delle autorità e dei prestatori di servizio”. Francesco Regazzoni, ricercatore in scienze informatiche all’USI, ricorda che “usiamo smart-card, smart-phone e ora smart-watch quotidianamente per trattare i nostri dati più sensibili, ma quanto (…) siamo informati sul loro funzionamento e sappiamo come potrebbero essere sfruttati da malintenzionati?”. Per l’avvocato ed ex-magistrato Natalia Ferrara Micocci, “la facilità di accedere a internet corrisponde alla semplicità con cui possiamo rimanerne vittime”.

Ebbene, questi sono tutti ragionamenti condivisibili, osservazioni giuste e importanti, tanto quanto il dibattito stesso, che suscitano tuttavia altre domande di fondo sulle quali ci eravamo già chinati. Quale valore può avere l’opinione di un esperto rispetto a quella di altri esperti?2 Perché nella cosiddetta “società della conoscenza” sembra che, in questo ambito, non si conosca granché? Perché il bombardamento di consigli e di avvertimenti non ci rende più competenti e consapevoli?

Il pericolo della retorica L’incipit del testo del dibattito era il seguente: “Un paio di click, ti svuotano il conto bancario. Qualche chat, hai un pedofi-

lo in rete. Usi la carta di credito, ti viene clonata. Usi il cellulare, vieni spiato. Bande di hacker saccheggiano i conti bancari, i mafiosi riciclano in rete, i terroristi attaccano in rete”. Il tono è indubbiamente allarmistico, utile per fare pubblicità ai promotori e alla tematica, ma quanto serve al cittadino?

A titolo di esempio, il procuratore federale antimafia in Ticino, Pierluigi Pasi, fu più prudente quando affermò che “non occorre fare allarmismo, occorre solo conoscere e quindi non sottovalutare il problema”3. Non si stratta quindi di minimizzare un fenomeno ma nemmeno di ingigantirlo, da un lato perché vanno distinti i pirati informatici “buoni” da quelli “cattivi”, come aveva spiegato nel 2011 un ex “hacker” ticinese su queste pagine.4 I recenti attacchi di febbraio del collettivo Anonymous alle strutture informatiche dell’ISIS, per esempio, non hanno forse una finalità positiva? D’altro canto, non giustifica allarmismo nemmeno il fatto che la Procura ticinese ammetta, recita sempre il manifesto del dibattito, “le difficoltà di combattere la criminalità informatica, per la sua vastità, complessità e globalità”, difficoltà peraltro ammesse anche dalle autorità sovranazionali.

Non vale forse anche per altri tipi di crimini? Ci sembrano, queste, non grida di aiuto e di panico, ma semplici constatazioni. Come vedremo in seguito, diffondere la paura è piuttosto facile, conoscerne il motivo molto meno, tanto più essendo la percezione soggettiva assai variabile.

L’approccio ideologico, la parzialità e l’opportunità sono sempre dietro l’angolo. Quando si parla di criminalità spesso si pone l’accento sull’effetto e sulle possibili soluzioni, meno sulle cause5.

I relatori sono quasi sempre uomini e donne di legge che, con la diffusione della criminalità, ci campano. Un avvocato o un fiduciario quasi mai accusa un collega consenziente sul quale talvolta si appoggiano le reti criminali. Un esperto o un ricercatore tende ad avvalorare il fenomeno che studia piuttosto che a inficiarlo ecc.

Le variabili della paura Molto più saggio ci pare l’approccio del Servizio elvetico di coordinazione per la lotta contro la criminalità su internet (SCOCI), per cui il numero di casi “non consente di trarre conclusioni in merito allo sviluppo effettivo della criminalità su internet”, ma indica soltanto “l’atteggiamento della società” verso il problema e “la predisposizione della popolazione a collaborare attivamente”6. Un fattore è dunque l’ambiente

sociale, economico e culturale in cui si vive, l’altro sono le influenze esterne. Il primo è prevedibile, il secondo quasi mai o affatto. Un esempio. Nel 2010 un sondaggio svizzero sulla sicurezza al computer concluse7 che “il 76% dei partecipanti ha indicato di sentirsi da abbastanza sicuro a sicuro” quando usa internet. Nel 2013 un sondaggio europeo8 sosteneva che “a ritenere che il rischio di cadere vittima della cybercriminalità sia aumentato nell’ultimo anno è ben il 76% degli intervistati”. Come spiegare un tale cambio d’atteggiamento, riguardo alle minacce informatiche, in un arco di tempo così ridotto? Il sondaggio del 2010 affermava che “il 29% non usa l’e-banking per timori legati alla sicurezza”, ma due anni dopo questa percentuale era aumentata leggermente (31%). Come mai? Possiamo soltanto immaginare che sia bastato l’attacco informatico di fine 2010 ai servizi PayPal e PostFinance per modificare la percezione dei cittadini riguardo l’uso di internet. La paura è un’emozione spesso irrazionale che si modifica nel tempo.

Quali interessi?

Le autorità giudiziarie e di polizia globali brancolano spesso nel buio, anche a causa di una certa lentezza organizzativa tra i paesi, ma non solo. L’Europa è uno dei maggiori mercati al mondo per le transazioni con le carte di credito e quindi anche di clonazioni illegali (skimming), ma l’European Cybercrime Center (EC3) dell’Europol, che ha lo scopo di tutelare i cittadini, è stato creato solo nel 2013 ed è operativo da quest’anno.9

Se il tema è davvero una priorità, perché ci si è mossi così tardi? Perché il suo direttore, il danese Troels Oerting, pochi giorni dopo l’annuncio dell’arresto di 52 persone nell’ambito di una vasta operazione anti-frode con le carte di credito10, si è licenziato per mettersi al servizio di un grande gruppo bancario britannico? Qual è la reale priorità dei giganti della finanza: tutelare i propri correntisti o la propria immagine? Se a loro davvero interessasse il primo aspetto, allora perché così tanti privati hanno snobbato l’invito dell’EC3 di creare un gruppo consultivo, come ammette lo stesso centro europeo sulla sua pagina internet?

Ma c’è dell’altro. Poiché nessuno conosce con esattezza la dimensione effettiva del crimine informatico, esistono solo delle stime e chi le realizza? I privati che vendono software di sicurezza!

Una delle poche fonti globali è il Norton Cybercrime Report che si basa su un sondaggio online su vasta scala effettuato in 24 paesi. Secondo il rapporto del 2012 il crimine informatico sarebbe “costato ai consumatori di tutto il mondo 110 miliardi di dollari, 16 miliardi in Europa (21 negli USA e 46 in Cina)”11. Nel 2013 gli attacchi sarebbero invece diminuiti, ma risultano più mirati e fruttuosi12. Trattandosi di stime, può voler dire che i crimini sono molti di più oppure molti di meno. I dubbi verso queste cifre sono sempre più diffusi.

“Nel migliore dei casi, il rapporto ci dà un’idea di grandezza del problema, prima di arrivare all’inevitabile conclusione per cui i consumatori toccati non dovrebbero «prendere rabbia, ma comprare Norton»” afferma, per esempio, la collega Elyssa (...)

SUNRISE FREEDOM : SI COMMENTA DA SÉ

L’abbonamento a z n e s , e l i b i s s e fl durata minima.

abbonamento eri di cambiare il vostro lib te sie om ed Fre se nri Con Su n ha niente Poiché Roger Federer no mobile quando volete. r fare altro. rnata libera e tempo pe da aggiungere, ha la gio sunrise.ch/RF Maggiori informazioni su

“L’insicurezza contemporanea è, in parte, l’effetto di una promessa non mantenuta: il connubio tra gli ideali di libertà e di democrazia hanno diffuso aspettative generalizzate di inclusione e protezione, frustrate nei fatti dall’impossibilità di garantire a tutti gli stessi livelli di tutela e di qualità della vita” (Roberto Cornelli)

Pachico13. Nel rapporto infatti c’è proprio scritto così. Thomas Rid, del Kings College di Londra, sostiene che l’azienda “sta facendo un ottimo lavoro di analisi sulle minacce, ma comunque ha tutto l’interesse nel dipingere un ambiente molto più pericoloso perché così si aspetta di guadagnarci”14. Il collega Constantine Von Hoffman scrive: “Norton non dice nulla sulla grande differenza dei numeri tra il 2011 e il 2012. Forse perché i numeri dell’anno scorso erano completamente fittizi”.

Norton ha sempre ribadito la sua buona fede e difeso la metodologia del suo sondaggio.

Agorà 6

Tutti criminologi?

Siccome gli attacchi informatici prendono di mira soprattutto le finanze delle aziende, a fare “criminologia” ci si sono messe anche le multinazionali delle revisioni contabili, così come le banche. Annualmente pubblicano i loro “rapporti forensi” che volentieri vengono ripresi dai media senza particolare prudenza. Anche in questi casi si pone lo stesso problema di opportunità da parte dell’azienda che produce software anti-virus: chi guadagna con la sicurezza e l’affidabilità della contabilità, quanto sarà oggettivo occupandosi di pirateria informatica?

Un esempio. Una di queste grosse aziende ha pubblicizzato il suo Forensic Fraud Barometer e riferendosi al 2014 dice che “la cybercriminalità ha il vento in poppa in Svizzera”. Il record di danni economici spetterebbe a Zurigo, seguito subito dopo... dal Ticino! Ma quanti sono stati i casi?

In Svizzera “solo” 77, in Ticino “solo” 5 (così come nel 2012 e nel 2013). L’azienda poi precisa che le sue cifre si basano sui casi archiviati da un tribunale penale (cioè solo quando c’è una denuncia e si scopre un colpevole) e su quelli comunicati dalla stampa scritta (cioè solo quando se ne riferisce). Basta questo per un’analisi seria? Un dato interessante riguarda poi gli autori: a commettere il maggior numero di attacchi non sarebbe la tanto temuta criminalità organizzata di pirati informatici, ma gli stessi manager e impiegati delle aziende!15 Un’altra grossa azienda di revisioni, col suo Global Economic Crime Survey strizza l’occhio ai potenziali clienti dicendo che “eccelliamo nella conformità dei dati e nelle indagine in rete”. Insomma, “non arrabbiarti, assumici”.

All’origine del mito In Ticino è giunto di recente il popolare filosofo polacco Zigmunt Bauman, che del concetto di “società della paura” ha fatto un potente j’accuse contro il nostro modello sociale. Forse negletto a politici e ad avvocati, Bauman vede

tutto il paradosso dell’allarmismo popolare e populista nel fatto che proprio il moderno e ricco occidente dovrebbe sentirsi più al sicuro e tutelato... e invece, osserva il collega e scrittore italiano Giancarlo Bosetti, “tutta la fenomenologia della paura si riaffaccia così nei diversi segmenti della vita sociale degli ultimi decenni: il terrorismo, la criminalità della vita urbana (e informatica, ndr.), le tendenze a recintare la comunità di apparati di sicurezza, i rischi ambientali e della salute, e poi l’afflusso di «altri» e «diversi», bersaglio prediletto dalle politiche della paura che hanno negli immigrati il più redditizio capro espiatorio”16. Non trae forse origine da questo modello l’utopia della “sicurezza totale”? Il mito di poter combattere il crimine tecnologico? Scrive il criminologo italiano Roberto Cornelli: “l’insicurezza contemporanea è, in parte, l’effetto di una promessa non mantenuta: il connubio tra gli ideali di libertà e di democrazia hanno diffuso aspettative generalizzate di inclusione e protezione, frustrate nei fatti dall’impossibilità di garantire a tutti gli stessi livelli di tutela e di qualità della vita”17. Se così fosse, non sarebbe la sicurezza tecnologica che ormai agisce su quella sociale, come affermava qualcuno al dibattito pubblico che ci ha ispirato, ma piuttosto l’insicurezza sociale (la povertà, la precarietà, l’indebitamento, l’ignoranza, l’egoismo ecc.) la causa di quella informatica, che alimenta senza fine l’esercito di esperti e il mare di retorica.

note 1 Promosso dal progetto “Ticino Sicuro” il 28.1.2015.

2 Si veda “Esperti, ma non troppo” (Ticinosette n. 41/2013).

3 blog.luniverso.com/2013/05/lintervista-pierluigi-pasi-il.html.

4 “Hacker: i padroni del mondo?” (Ticinosette n. 40/2011).

5 Si veda “Poveri... ladri?” (Ticinosette n. 26/2013).

6 Dal “Rapporto annuale 2013”, Scoci (ejpd.admin.ch).

7 ebankingabersicher.ch/it/securitynews/109-umfrage-zur-computersicherheit.

8 europa.eu/rapid/press-release_IP-13-1130_it.htm.

9 news.bbc.co.uk/democracylive/hi/europe/newsid_9782000/9782597. stm.

10 Comunicato stampa Europol (30 gennaio 2015).

11 La Repubblica (12 gennaio 2013).

12 La Repubblica (4 ottobre 2013).

13 “Cyber Crime: Big, but not Bigger than Drugs”, 13.9.2011 (insightcrime.org).

14 “Does Cybercrime Really Cost $1 Trillion?”, 1.8.2012 (propublica.org).

15 Comunicato stampa KPMG Svizzera (4 febbraio 2015).

16 “Zygmunt Bauman: così la paura avvelena la società liquida”, La Repubblica (5.4.2014).

17 Da Paura e ordine nella modernità (Giuffré Editore, 2008).

Identità da scoprire I cambiamenti che la famiglia sta affrontando obbligano a una riflessione aperta e senza pregiudizi sul tema dell’identità sessuale, spesso frutto di letture di natura culturale di Mariella Dal Farra

Il dibattito sempre più esteso sul tema della famiglia, che

gativa che sembrerebbe piuttosto caratteristica della specie di recente ha trovato spazio anche in queste pagine, è umana). Tende invece a creare dei continuum nei quali variasintomatico del profondo mutamento che tale, particola- zioni impercettibili di uno stesso carattere (o combinazioni rissima costellazione relazionale sta attraversando. Ambito di caratteri) formano gamme potenzialmente infinite di complesso e quanto mai “nevralgico”, considerata la “crisi” soluzioni uniche e irripetibili: gli organismi viventi e, nello che i dati demoscopici ci restituiscono, la famiglia è oggi specifico, le persone. Fra le quali, una ogni circa duemila nasce “intersessuale”: e cioè né maschio né femmina, almeno più che mai al centro dell’attenzione. non nel senso “biblico” del termine.

Il cambiamento investe soprattutto la configurazione “classica” (nucleare) che, “esplosa” nel corso degli ultimi decenni, si sta Il sesso degli angeli? ricombinando in forme inedite: famiglie La parola “intersessuale” è un termineallargate, ricomposte, acquisite, condivise... ombrello che descrive persone le cui caratfamiglie fluide, dai contorni mobili, dove teristiche sessuali non sono univocamente due, talvolta tre nuclei di base si coordinano classificabili come maschili o femminili. Tali nell’esercizio di una genitorialità diffusa, “variazioni” si verificano sia nel genotipo diversa da quella tradizionale. E poi ci sono (cromosomi) che nel fenotipo (aspetto fisile famiglie “arcobaleno”, quelle costitute co), e fanno sì che un neonato appaia, sotto da due mamme o da due papà, che nondiquesto profilo, come indifferenziato1. Ora, meno (!) danno origine alla loro progenie, non si tratta qui di “stabilire il sesso degli occupandosi poi di allevare amorevolmente angeli”: la definizione di un bambino/a i propri figli alla stregua di qualsiasi genitore come maschio o femmina ha implicazioni eterosessuale. Insomma, a uno sguardo concrete e durature sulla sua psicologia e anche superficiale, appare chiaro come la su quella delle persone che se ne prendono famiglia stia modificando il proprio assetto cura. Inoltre, l’incapacità di tollerare l’ambi“istituzionale” per riproporsi in modalità guità comportata dalla condizione intersesnuove, nelle quali l’unico aspetto che ri- Immagine tratta da oldpiano.org suale determina spesso il ricorso a pratiche mane invariato è la sua funzione di cura, chirurgico-ormonali precoci e invasive, i cui protezione e integrazione dei nuovi arrivati all’interno del esiti si sono rivelati nel tempo potenzialmente problematici. consorzio umano.

Lo sviluppo dell’identità di genere è un processo composito, nel quale sesso biologico, caratteristiche psicologiche e ruoli Scorciatoie culturali sociali confluiscono nel produrre la percezione di sé come Come spesso accade, il cambiamento, o meglio la quota maschio, o come femmina, o come “altro”. Forzare questa d’incognita che questo comporta, genera resistenze, a volte definizione quando l’individuo ha pochi anni, o pochi mesi, articolate in maniera critica e responsiva, altre inficiate da può pregiudicare la possibilità di una crescita armoniosa. Per una componente reattiva che si rivela nel ricorso ad argo- questo motivo, in Germania, da novembre 2013, è consenmentazioni infondate, quali per esempio quella “naturali- tito registrare un neonato come “indeterminato”2. La ratio stica”. “Maschio e femmina li creò”, affermano i sostenitori è quella di permettere alle persone intersessuali, e non, di della famiglia tradizionale, appellandosi ad autorevole fonte scoprire liberamente la propria identità di genere: un’iden(Genesi 1,27) per asserire la presunta “naturalità” dell’amore tità che, se in parte prescinde da come si nasce, ha invece eterosessuale, e del suo articolarsi in forma parentale. Senza molto a che fare con il come si cresce. (per approfondimenti: soffermarci sul fatto che la facoltà riproduttiva è cosa diversa ilga-europe.org/home/news/latest/intersex_forum_2013) dalla capacità di crescere i figli, è interessante osservare come il concetto di “natura”, declinato in questi termini, sia esso stesso un prodotto culturale: una griglia interpretativa ap- note 1 Nel contesto clinico si parla di “disturbo (o differenza) dello plicata al mondo per cercare di renderlo più comprensibile, sviluppo sessuale”.

2 anche a costo di semplificarlo.

Prevedono quest’eventualità anche Australia, Nuova Zelanda, In realtà, la “natura” non escogita dicotomie (una preroNepal e Kenya.

Società 7

Il giullare del reggae David Rodigan da oltre trent’anni diffonde con le sue leggendarie trasmissioni radiofoniche la musica reggae declinandola in tutte le sue forme. L’abbiamo incontrato dopo una sua recente esibizione a Lugano

di Elisabetta Bacchetta

Il reggae è un genere musicale che spesso viene riesumato

nei periodi estivi per il sapore vacanziero dei suoi maggiori successi. Eppure la sua patria, la Giamaica, è una formidabile incubatrice di stili e tendenze musicali. David Rodigan è oggi uno degli ambasciatori di quella cultura e, per la prima volta, il pubblico ticinese ha potuto incontrarlo e apprezzarne le capacità e il carisma in un dj set memorabile.

Arti 8

Più di sessanta, ma ben portati...

Gli ZonaSun, solido gruppo reggae ticinese, hanno scaldato il pubblico a puntino e ora è il suo momento. È arrivato il dj. Bianco. Pochi capelli. Ha già superato la sessantina.

Un po’ di pancetta spunta dalla t-shirt. Per chi non è appassionato di musica reggae, David Rodigan appare come un garbato signore inglese di mezza età. Non incarna di certo la classica immagine del dj divo da discoteca dei nostri giorni. David Rodigan è noto in tutto il mondo per la competenza e l’entusiamo con il quale da oltre trent’anni condivide la sua passione per la musica in levare. Non appena sale sul palco la serata si accende.

Lo scorso 24 gennaio le distanze si sono annullate e a Lugano ci si è sentiti un po’ come a Londra o a New York. Grazie a “Lugano in Scena”, i numerosi accorsi allo storico Living Room hanno vissuto oltre due ore di puro godimento musicale. Lo show di Rodigan presenta le ultime tendenze londinesi e giamaicane, ma non dimentica i classici che questo 64enne si porta nel cuore e nella valigia.

Due generazioni, una musica In perfetto stile dancehall, una serata con Rodigan è un evento collettivo in cui il dj non se ne sta dietro alla consolle, ma va oltre, per incontrare il suo pubblico. Se deve schiacciare un tasto spesso lo fa dando le spalle ai suoi marchingegni, ma non alla gente che è nelle sue mani. E viceversa. Perché un dj della sua esperienza ha un unico obiettivo: far divertire e, per farlo, deve soddisfare i gusti di chi gli sta davanti. Non appena inizia una canzone alza lo sguardo e le reazioni più o meno entusiaste del pubblico decidono in che direzione musicale andrà la serata. L’empatia reciproca è forte e gli oltre trent’anni di differenza d’età tra David Rodigan e la massa danzante che gli sta davanti si volatilizzano. “La vera buona musica non ha età e quindi non ha alcuna importanza quanti anni abbia chi l’ascolta” ci spiega Rodigan, “ciò che conta è quanto belle siano le canzoni

che ho il privilegio di suonare. Il mio dovere come entertainer è di assicurarmi che la gente si stia divertendo, ma la loro età non mi interessa. Ho visto teenager ballare canzoni degli anni sessanta cantando ogni singola parola del testo. Ripeto, tempo ed età contano davvero poco”.

Si muove libero sul palco, scherza, ride e fa il pagliaccio per più di due ore filate. Il pubblico sorride, reagisce alla sue trovate, mentre il dj saltella come un adolescente che fa festa. Anche quando ripone i cd nelle custodie, canticchia o ondeggia. “Faccio il giullare, perché il ragazzo che a 15 anni ha scoperto il reggae è ancora dentro me e a lui piace saltare sul palco e scherzare” racconta Rodigan, “ai bambini piace giocare e anche agli adulti, ma per questi ultimi spesso non è possibile. Io sono molto fortunato e posso ritornare a fare il ragazzino quando metto musica reggae davanti al pubblico. È la mia passione. A volte la gente sembra un po’ perplessa quando arrivo sul palco, ma di solito alla fine lasciano cadere le loro inibizioni e si uniscono al divertimento”.

Giamaica, culla anche del rap Perché la dancehall è proprio questo: divertirsi, ballare, atteggiarsi, ma nello stesso tempo prendersi in giro. La dancehall affonda le sue radici nella fertile cultura musicale giamaicana dagli albori degli anni cinquanta, quando risuonavano i ritmi dello ska e della sua versione rallentata, il rocksteady, da cui poi nacque il reggae. È una festa popolare in cui i sound system armati di colossali impianti musicali diffondevano la musica all’aperto fino alle prime luci del mattino.

Le serate dancehall hanno avuto un’influenza incredibile sull’evoluzione della musica nera. Una sorta di brodo primordiale musicale da cui, per esempio, è nato il rap. Sono stati i primi esponenti del raggamuffin, i codiddetti toaster, che con le loro evoluzioni linguistiche spesso ironiche e irriverenti, hanno gettato le basi per quello che sarebbe diventato il rap.

Una serata dancehall è un rito collettivo nel quale ognuno ha un ruolo ben preciso. Il dj è solo uno degli elementi, ma non è nessuno, se non c’è scambio con il pubblico. È una cerimonia con i suoi codificati botta e risposta tra l’officiante e i suoi adepti. Quando un brano attacca e il ritmo si diffonde, lo sguardo di Rodigan è fisso sul pubblico per studiarne le reazioni e se piace, il rito della dancehall lo prevede, esplode l’urlo “Pull up” e lo stesso brano riparte

sie, ha radici italiane al 100%.

E Rodigan stesso a raccontarlo puntualizzando che questo artista è nato in Sicilia e cresciuto a Bergamo. “Come a molti di noi, Alborosie mi piace molto” ci racconta Rodigan, “si è innamorato a tal punto della musica reggae che alla fine ha dovuto andare in Giamaica per vedere se poteva realizzare il suo sogno di diventare un vero e proprio musicista reggae.

Ce l’ha fatta e mi congratulo con lui. Ha un grande talento sia come musicista sia come ingegnere del suono”.

David Rodigan

provocando un boato ancora maggiore. Alla base di tutto c’è la condivisione di una passione che sconfina nella scelta di vita. Il reggae è un genere che spesso può cambiare la vita delle persone. Com’è successo ad Alborosie, star mondiale del reggae giamaicano e interprete della canzone con cui Rodigan apre la serata. Con passaporto e famigliola giamaicana, Alberto D’Ascola, in arte Alboro-

Reggae vibes in salsa elettronica La serata prosegue e l’onda reggae si declina in tutte le sue sfumature. Al grido “Give me a signal for the future” dai suoni più roots caldi e ipnotici degli anni settanta e ottanta, ci si ritrova in atmosfere più cupe ed elettroniche. Rodigan, che attualmente conduce per la BBC “radio 1xtra”, ha capito che cosa vuole da lui il suo pubblico luganese “I know you like drum and bass, you like dubstep” e la serata vira verso l’elettronica con ritmi sempre più indiavolati.

Fino all’ultima canzone il suo entusiasmo e la voglia di scherzare non conoscono cedimenti.

La spiegazione è semplice: “Il mio amore per questa musica è vivo, ne sono sopraffatto. Non finisce mai e mi sembra impossibile che un giorno io mi possa disamorare della musica giamaicana.

Questa passione è iniziata quando ero un adolescente, non mi ha mai lasciato e io, semplicemente, non posso fare a meno di ballare”. Sono ormai quasi le quattro del mattino e Rodigan sta per passare il testimone a T-I Sound, lo storico sound system tutto ticinese. Il finale non poteva che far ritorno alle origini con il re di questa tribù, e sulle note di “Is this love” di Bob Marley, cantata all’unisono dal pubblico, si conclude questa serata di good vibes.

Il suo angelo custode per ogni evenienza. <wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2szAwMAUAvbdxhA8AAAA=</wm>

Con il servizio di emergenza di Swisscom può mantenere la sua indipendenza a casa in completa sicurezza. Nel caso succeda qualcosa può ricevere un aiuto immediato semplicemente premendo un pulsante. Per maggiori informazioni chiamate il numero verde 0800 84 37 27 o visitate il sito www.swisscom.ch/notruf. <wm>10CFXKKw6AQAwFwBN181633Q-VBEcQBL-GoLm_IuAQ42ZdwxM-87Idyx4EzSSXBni49dSV0XtS5gAzFPSJ6o1qbL8uqqgAxnsElIxBFa9iHGYl3ef1AKDLPw5xAAAA</wm>

Arti 9

O

ggi il teatro e la scrittura sono al centro della mia vita. Tutto è iniziato per gioco quando, a 16 anni, mi sono iscritta a un provino lanciato dall’allora RTSI. Si trattava di entrare a far parte del cast di una serie televisiva e, contro ogni mia previsione, mi hanno preso per un’avventura che sarebbe durata quattro anni… Scendevo da Claro, dove sono cresciuta, studiavo alla Propedeutica e poi facevo i salti mortali per essere presente alle riprese della sitcom: è stato un periodo intenso!

L’esperienza televisiva mi ha poi aperto le porte del teatro dialettale, dove ho passato due bellissimi anni: avevo trovato la mia strada… Dopo un anno alla Scuola Dimitri a Verscio mi sono spostata a Padova. Alla scuola di teatro fisico di Jacques Lecoq, improntata su corpo, voce e movimento, ho potuto esplorare vari stili teatrali, dalle maschere al clown. Raccontare storie era il ruolo che più mi apparteneva. Al termine degli studi sono tornata in Ticino. All’inizio è stata dura, mi sentivo persa, non sapevo come materializzare il sogno di vivere di teatro. In quel periodo ho trovato lavoro presso un grande supermercato: un impiego provvidenziale che, essendo a tempo parziale, mi ha permesso di dedicare il resto delle risorse di tempo e di vita alle mie passioni… Tutt’oggi, sono molto grata di avere questo lavoro anche perché, in Ticino, vivere di teatro è molto difficile.

Dopo quel primo anno barcollante avevo ritrovato la strada della fiducia e, armandomi di carta e penna, ho dato vita alla mia prima favola intitolata L’angioletto. In breve tempo, mi sono ritrovata a raccontarla nelle scuole e il riscontro positivo del pubblico mi ha spinto a continuare. Ho proseguito dedicandomi a un lavoro per ragazzi e adulti, una leggenda ticinese in dialetto, frutto di una miscela di vari racconti di Giuseppe Zoppi. Da allora, ho continuato ad occuparmi di fiabe per bambini, alcune scritte da me, altre scovate in libreria, che ho tradotto in teatro e portato in giro per le scuole, nei teatri e in vari ambiti. Ho sempre avuto facilità con la scrittura e, spesso e volentieri, piuttosto che andare a fare ricerche per individuare una storia già scritta, preferisco mettermi all’opera attingendo alla mia fantasia. In questo modo sono nate le quattro storie che ho pubblicato indipendentemente: L’Angioletto, Vassili e il pupazzo di neve, Un sacco pieno di… e La rivolta dei giocattoli. Nel cassetto ho

una decina di altre favole, che ho già messo in scena ma che ora vorrei pubblicare. Quando mi invitano per una rappresentazione io mi armo di scenografia, strumenti e fantasia e vado a far sognare i bambini muovendomi da nord a sud, da ovest a est. Nei miei spettacoli, io amo portare colore cambiando abiti, strumenti musicali e scenografie…

Nella mia famiglia ci sono diversi musicisti. Fin da piccola ho imparato a suonare il pianoforte, la chitarra e ora suono anche la fisarmonica. Ho sempre avuto anche la passione per il canto. Il progetto a cui sto lavorando ora sono una serie di Fiabe del Mondo, che ho presentato qualche giorno fa all’Osteria Centrale a Olivone. Un viaggio durante il quale, servendomi di un planisfero gigante da me costruito conduco i bambini da un continente all’altro, alla ricerca di leggende nascoste in ogni angolo della Terra. Sono sempre stata appassionata di geografia e ancora oggi, quando vedo una cartina, mi emoziono e vorrei conoscere ogni luogo. Il mio percorso formativo, come attrice e scrittrice teatrale, ha assunto una nuova profondità quando ho conosciuto Diego Willy Corna e il suo gruppo teatrale Concreta di Mendrisio. La collaborazione è iniziata nel 2010, quando gli ho proposto di fare la regia del mio spettacolo La danza delle cose. Lui, venendo dalla prestigiosa scuola milanese “Quelli di Grock”, ripone una grande importanza nel fare del teatro un veicolo di emozioni e verità. In questi anni di percorso assieme, ho imparato l’importanza dei dettagli e, soprattutto, il potere che un gesto e una parola assumono quando vengono dal cuore.

Per avere questa qualità devono essere percepiti dall’attore come una verità profonda, quindi vi lascio immaginare l’intensità del lavorare a questi livelli. Far vibrare le corde dell’anima del pubblico è quello che conta di più per me oggi. Spesso, ai miei spettacoli ho visto persone di ogni età con le lacrime agli occhi: è il segnale che sono sulla strada giusta. Attualmente, con la compagnia Concreta, stiamo preparando il grande classico di Beckett Aspettando Godot.

Sono onorata di poter far parte del prezioso corpo di attori scelto per affrontare questa messa in scena che presenteremo al Teatro Foce a Lugano il 20, 21 e 22 marzo prossimi…

MOIRA DeLLA TORRe

Vitae 10

La sua avventura nel mondo dello spettacolo è iniziata con una fiction. E dalla TV al teatro il passo è stato breve

testimonianza raccolta da Keri Gonzato fotografia ©Sabine Biedermann

mendrisio - Fonderia Perseo

Al servizio dell’arte di Roberto Roveda; fotografie ©Simone Mengani

“in un tratto ei si sente un rumore con un lampo di fuoco grandissimo, che parve proprio che una saetta si fussi creata quivi alla presenza nostra. Passato che fu quel grande rumore et splendore, noi ci cominciammo a rivedere in viso l’un l’altro; et veduto che ‘l coperchio della fornace si era scoppiato, et si era sollevato di modo che ‘l bronzo si versava , subito feci aprire le bocche della mia forma…”

Benvenuto Cellini, La fusione della statua del Perseo, Firenze 1549

La Fonderia Perseo di Mendrisio è stata fondata nel 1952 ed è giustamente definita un laboratorio dove si realizza artigianato artistico. Ha, infatti, sempre mantenuto e dimostrato forti legami con il mondo dell’arte e dei suoi scultori, tra i quali spicca Salvador Dalì. Per informazioni perseoartfoundry.com

(...)

Nel laboratorio…

La sensazione è quella di essere trasportati in un limbo sospeso nel tempo, dove i momenti trascorrono in maniera diversa dal resto del mondo e le azioni assumono significati particolari. Si sentono rumori antichi, come quelli dovuti ai martelli e agli scalpelli che battono e si scontrano. Poi ti accorgi che si sovrappongono alla modernità dei ronzii acuti della frese e dei flessibili che mangiano il metallo come fosse polistirolo. Attorno, i materiali che si usano da sempre nelle lavorazioni in fonderia. Sono la cera, l’argilla e il bronzo. Nella mente ritornano immagini da libro di storia, candele, ciotole, spade, elmi. Infine gli odori, quelli della terra, dell’aria e del fuoco che si mescolano a temperature infernali.

Creta, Cera e metallo In questo limbo si muovono gli uomini, artigiani artistici o artisti artigianali che dir si voglia. Sono i signori di questa grande bottega, di un laboratorio da maestri d’arte di un tempo. Ognuno di loro ha il suo compito e l’elemento che domina tutto è la dedizione. La fretta, qui ancora di più che in altri luoghi, è cattiva consigliera.

Per questo a lungo si osserva e si studia il modello in creta o in cera fornito dall’artista e che troverà la sua forma definitiva in metallo. È il momento iniziale di quel processo che deve portare a trasformare l’idea in scultura, con

tecniche che si ripetono più o meno uguali da quando gli uomini abitavano nelle case di mattoni essiccati al sole delle pianure della Mesopotamia. Operazioni lente, in cui i materiali più diversi – come la plastilina, il gesso, la pece e la cera – si sommano e si stratificano, aderiscono giudiziosamente al modello, lo abbracciano teneramente.

Ottengono così la copia in cera del modello iniziale, in un continuo alternarsi di vuoti e pieni, di riempimenti e svuotamenti. Intanto, si suda, si fatica, si attende, si osserva, si rifinisce, si perfeziona. Ogni atto ha un senso ed è parte di tutto.

L’attimo primordiaLe Infine, a questa cera tanto accuratamente lavorata si fa il dono di un guscio in grado di resistere alle più alte temperature. Un guscio all’interno del quale si realizza un piccolo miracolo e la cera sublima, evapora a contatto con il calore della colata fusa, lascia il posto alla concretezza del metallo. È il momento che tutti aspettano, quello che ci fa sentire un po’ tutti Benvenuto Cellini nel momento fondamentale della fusione del suo Perseo. Un attimo primordiale in cui “veduto ognuno che ‘l mio bronzo s’era benissimo fatto liquido et che la mia forma si empiva, tutti animosamente et lieti mi aiutavano et ubbidivano, aiutavano e ubbidivano; e io or qua e or là comandavo, aiutavo e dicevo: – O Dio, che con le tue immense virtú risuscitasti da e’ morti,

e glorioso te ne salisti al cielo! – di modo che innun tratto e’ s’empié la mia forma; per la qual cosa io m’inginochiai e con tutto ’l cuore ne ringraziai Iddio”.

Ecco la colata, quella che trasforma per incanto il nostro laboratorio nella fornace in cui il dio Vulcano creava le armi degli eroi e degli dei. Il ruscello incandescente è caos primigenio che poi, raffreddandosi, si trasforma in ordine, bellezza, piacere. Mancano ancora i colpi di mazzuolo a liberare il metallo, a rompere la crisalide per mostrare come il bruco sia diventato ormai farfalla. Restano le operazioni di pulizia, la patinatura che rende il tutto morbido al tatto e ricco di sfumature allo sguardo.

Ancora mano, occhio, fuoco lavorano assieme fino a che un lavoro artigiano si è trasformato del tutto in scultura e quindi in arte.

Simone Mengani Nato a Perugia, classe 1978, si trasferisce all’età di cinque anni a Vacallo, dove inizia a coltivare la passione per il territorio. Dopo gli studi liceali si iscrive all’Accademia di Architettura di Mendrisio, dove si diploma nel 2004. Dopo alcune esperienze di lavoro, nel 2006 inizia l’attività come fotografo indipendente, prediligendo la fotografia di architettura. Collabora con diverse riviste e settimanali, operando anche nell’ambito della fotografia panoramica. Per ulteriori informazioni: www.fotomengani.ch

intramontabile passione Tendenze p. 40 – 41 | di Marisa Gorza

Jeans&denim, binomio indissolubile. più che una tendenza, una vera religione, decisa a far proseliti anche nella già annunciata bella stagione 2015. anzi le collezioni più ambite della moda lo hanno eletto indiscusso “new black”, la tenuta giusta per ogni occasione

La storia è nota: di stirpe francofila o italica, chiamata pure “tela di Gênes”, da cui jeans, sarà solo nella seconda metà dell’ottocento, durante la corsa all’oro americana, che il tessuto verrà utilizzato per confezionare pratici abiti da lavoro.

Grazie alla loro resistenza all’usura, i primi pantaloni dalle comode cinque tasche furono indossati dai mitici cow boy celebrati nei film western fin tanto che Hollywood non ne fece l’emblema dei giovani ribelli di Gioventù bruciata e compagnia bella. Per non parlare del mondo del rock i cui riferimenti non si contano più. Dagli anni cinquanta in avanti, i pantaloni bell bottom di strada ne hanno compiuta tanta, sopravvivendo ai mutamenti dei trend, anzi, evolvendoli. L’appeal della gagliarda tela è diventato sempre più pregnante, enfatizzato dalla creatività degli stilisti che, da materia prima per indumenti simbolo di anticonformismo e di un mondo eversivo, lo hanno reso espressione di uno chic sensuale e grintoso

punto vita in salita

Quali sono allora le innovazioni in fatto di jeans? Addio a quelli sdruciti e stracciolosi, i più carismatici sono, come già detto, di un blu scuro intenso e udite, udite... a vita alta e perfino altissima. “Il punto vita è la zona hot da enfatizzare, la nuova arma di seduzione” ha sentenziato Karl Lagerfeld durante l’alta moda parigina e i jeans non sfuggono al diktat. Di fatto ricordano parecchio il modello basic che portava Jane Birkin quando passeggiava mano nella mano con Serge Gainsbourg.

Come omaggio alla femminilità si portano con tacchi alti, ma si può osare la sneaker o lo stivaletto basso se la gamba è abbastanza slanciata di suo. Ritornano pure i modelli a zampa, allargati sul fondo, per un effetto da figlie, pardon... da nipoti dei fiori, ma la vita rimane su, su. Neppure la gonna jeans, capo simbolo della middle class americana, rinuncia alla vita alta e attillata.

Nella collezione Chloè, per esempio, ci sono minidress in denim tagliati

sotto il seno e gonnelle a campana che salgono ben oltre l’ombelico. Il prêt à porter di Gucci include impeccabili tailleur con gonna o pantaloni, blazer e shorts nel denim tradizionale da workwear, mentre Bottega Veneta rende delicata e preziosa la fatidica tela e ne crea vestitini vaporosi, molto femminili. Intanto Stella McCartney ridisegna i jeans indossati da mamma Linda, cioè con vita svettante e zampa amplissima.

OPERE D’ARTE

La novità di stagione anche secondo Diesel (nell’immagine sotto) sta nell’adottare il denim in total look, vale a dire che i jeans si accompagnano a giacchette o top coordinati.

Tuttavia non mancano gradazioni dal blu indaco allo sbiancato vintage, sfumature tridimensionali ottenute con speciali tecniche, come schiumature e trattamenti a resina, e nelle quali il noto marchio non ha rivali.

Il preferito dalle donne più aggiornate è il modello Sandy, un paio di jeans dal look pulito, minimale ed eclettico in versione moderatamente skinny e dal massimo comfort dovuto alla trama super morbida e alle proporzioni bilanciate che garantiscono l’enfasi del lato B. Così la reciproca promessa d’amore tra jeans&denim ancora una volta si rinnova, con ardore.

La domanda della settimana

Anche in Ticino la disoccupazione giovanile preoccupa e pone seri interrogativi: la responsabilità è anche degli orientatori e delle istituzioni scolastiche?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 12 marzo. I risultati appariranno sul numero 12 di Ticinosette.

Al quesito “Rinuncereste alla vostra patente di guida in cambio di un abbonamento a tempo indeterminato per l’utilizzo di tutti trasporti pubblici del cantone?” avete risposto:

SI

27%

NO

73%

Svaghi 42

Astri ariete Si apre una nuova prospettiva lungo le strade dell’amore. Sfruttate ogni opportunità e ogni incontro. Decisive le giornate comprese tra il 2 e il 4 marzo.

toro Dovrete fare i conti con Giove in opposizione e con il transito di alcuni pianeti.

Cambiamenti in famiglia. Discutibili la giornate tra il 2 e il 4.

gemelli Periodo molto positivo per portare avanti progetti e idee. Sviluppo di un’importante opportunità professionale. Eros e seduttività in forte crescita.

cancro Periodo frenetico. Sbalzi umorali riconducibili a una tensione tra la coscienza dell’essere e l’incoscienza dell’avere.

Non fatevi manipolare dagli altri.

leone Bene con Ariete, Acquario e Sagittario.

Se date spazio alle vostre capacità creative potrete trionfare e prender a mani basse. Intense le giornate tra il 2 e il 4.

vergine Fate una cosa alla volta senza farvi prendere dall’ansia. Incontro con Capricorno e Scorpione. Opportunità e guadagni per i soggetti più creativi.

bilancia Svolte inaspettate e improvvise. Siete al centro di una rivoluzione astrale.

Favorite il vostro potere creativo se non volete farvi travolgere da eventi.

scorpione Non esagerate con atteggiamenti troppo egocentrici. Con la Luna storta del 2/4 marzo il vostro self control potrebbe fare cilecca. Mantenete la calma.

sagittario Colpi di fulmine ed erotismo alle stelle. Intuito negli affari. Sentimenti ed emozioni. Promozioni e guadagni nelle attività lavorative. Bene tra il 2 e il 4.

capricorno Tempeste amorose all’orizzonte. Date più spazio alla passione. Cambiamenti per i soggetti più creativi. Preferibili le giornate tra il 5 e il 7.

acquario Momento sentimentale fortunato. Favorito il lavoro di architetti e artisti in genere. Energici e determinati i nati nella prima decade. Maggior riposo.

pesci La vita sentimentale può incidere sul vostro stato di salute. Curate di più l’alimentazione. Cambiamenti professionali. Attenzione il 5 marzo.

Gioca e vinci con Ticinosette 1

2

3

4

5

6

7

8

La soluzione verrà pubblicata sul numero 12

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 12 marzo e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 10 marzo a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

9

10 6

5

11

12

14

15

17

18

21

22

25

13

16 19

20 24

23

26

27

28

30

29

31

8

32 35

33

36

34

37 4

38

39 1

7

40 43

44

45

Questa settimana in palio: 100.– franchi in contanti!

3

46

47

48 51

50

2

52

53

La parola chiave è: 1

1

L

10

A

12

C

15

U

18

R

20

A

24

D

2

2

O R

L

32

G

R

40

I

42

L

46

L

49

A

I C

N

A

C O

B E L

21

C

A

L

O

E

I

S

A

S

L

A R I

D

E

I

O

13

22

R I

L

A

E

S

S

O 39

N

T

E 48

O

50

R

E

17

9

N

T

I O

O

26

N

28

I

M O R R

35

R

S

E

G

N

A

C

E

T

T

O

L

E

I

N 45

A

N

R

Z

A

T

E

A

L

6

E

E

7

8

Soluzioni n. 8

E

R 23

5

N

I

S

34

4

E

31

44

I C

N

U

I

S I

8

14

E

F

25

I G

F

C

E

N

7

11

I

41

S

G

E

N

36

T

G

U

I 43

6

M

M

47

R

T

33

R

D

A

O

I 38

5

16

P

27 30

4

19

O

O 37

M

I

E 29

3

3

Verticali 1. Noto film del 2000 di Edward Norton • 2. Accontentata, accolta • 3. Gabbia per polli • 4.

Preposizione semplice • 5. Letti riarsi di fiumi • 6. Il casato dei principi di Monaco • 7. Il Grigioni sulle targhe • 8. La belva che ride • 9. Una droga • 13. La Musa della poesia amorosa • 16. L’imprenditore nel cinema • 18. Novantanove romani • 23. Alcoolisti Anonimi • 24. Tesare • 26. Ben allenata • 29. La nota Zanicchi • 31. Il nome di Volonté • 34. Il Ticino sulle targhe • 36.

Dislivelli, disparità • 37. La nota degli sposi • 39. Il noto Fidel • 41. Mezza data • 42. Peli equini • 44. Lo lancia il naufrago • 48. Ritorno in centro • 50. Pari in Congo • 51. Dittongo in giada.

42

41

49

Orizzontali 1. Grossa tartaruga • 10. Cavare, levare • 11. Le Ninfe delle acque • 12. Piccolo difetto • 14.

Né mia, né sua • 15. Disuguale, sbilanciato • 17. Anno Domini • 19. In mezzo al mare • 20. Cuor di cane • 21. Zambia e Italia • 22. È anche polare • 25. Andate in poesia • 27. Saluto definitivo • 28. L’ombra nel deserto • 30. Pari in liquore • 32. La prima donna • 33. Jacques, regista francese • 35. La uccide Ercole • 37. Venatura • 38. Segue nov. • 39. Vale a dire • 40. Ingorda • 42.

Cassa Malati • 43. Rotoli di lana • 45. Mezza rata • 46.

Adesso • 47. I confini del Ticino • 48. Grosso camion • 49. Ripicche, rappresaglie • 52. Lo si cerca nel pagliaio • 53. È fine in montagna.

La soluzione del Concorso apparso il 20 febbraio è: FOCACCIA Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta sono state sorteggiate: Nadja Cereghetti (Viganello) Doris de Aparicio (Ascona) Graziella Giorgetti (Caslano) Alle vincitrici facciamo i nostri complimenti!

Svaghi 43

www.volkswagen.ch

Dapprima staccate il cavo della corrente, poi gli altri conducenti. <wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2NzYzMQMAAPH4lw8AAAA=</wm>

<wm>10CFXKqw6AMAxG4Sfq8rfdupVKMkcQBD9D0Ly_4uIQR51vWaIkfM193fsWDM6ZtKpli-IlSTWOppZEAiIQcJng3Ngc_vP07ApgvIYgJBhw4kqahzVP13HeEv1ATnIAAAA=</wm>

La nuova Golf GTE. 204 CV e solo 1.5 l/100 km.

Scoprite una nuova dimensione della mobilità che coniuga sostenibilità e piacere di guida. Nella nuova ibrida plug-in, un motore elettrico e un motore a benzina generano una potenza massima di 204 CV, capace di accelerare la Golf GTE da 0 a 100 km/h in soli 7.6 secondi. E vi basta premere un semplice pulsante per percorrere fino a 50 km in modalità puramente elettrica. La batteria si carica comodamente presso la vostra wallbox domestica oppure a una stazione pubblica di ricarica.

Prenotate il vostro giro di prova e scoprite maggiori informazioni sui prezzi e sulle offerte attuali: www.roadtoblue.ch

Golf GTE, 204 CV (150 kW), consumo energetico in l/100 km: 1.5 (ciclo combinato), consumo energetico in kWh: 11.4, equivalente benzina: 2.8 l, emissioni di CO2: 35 g/km (ciclo combinato), emissioni di CO2 generate dalla produzione di energia elettrica 13 g (media di tutte le vetture nuove vendute: 144 g/km), categoria di efficienza energetica A. Modello raffigurato incl. equipaggiamento supplementare (assistente di parcheggio “Park Assist”, tettuccio panoramico basculante/scorrevole, cerchi in lega leggera “Curitiba” da 18", vetri laterali posteriori e lunotto oscurati), consumo energetico in l/100 km: 1.7 (ciclo combinato), consumo energetico in kWh: 12.4, equivalente benzina: 3.1 l, emissioni di CO2: 39 g/km (ciclo combinato), emissioni di CO2 generate dalla produzione di energia elettrica 14 g. Con riserva di modifiche.

150220_VW_GTE_Nat_Anzeigen_Ticinosette_210x295_i_ZS.indd 1

20.02.15 08:58