№ 15 del 10 aprile 2015 · con Teleradio dal 12 al 18 apr.
Valeria Gamboni
oggi segretaria generale della FosiT, ci parla di solidarietà internazionale e dell,impegno legato alla cooperazione
Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–
Le vere rock star fra gli abbonamenti combinati Internet superveloce e stabile Il meglio dell’intrattenimento con la TV digitale Rete fissa gratuita Eccellenti livelli di assistenza al cliente da
59.– al mese*
Tutto in un solo box
<wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2NzG1sAQAfSVjNA8AAAA=</wm>
<wm>10CFWLIQ6AMBAEX3TN3nLXFk4SHEEQfA1B839FwSF2xsyua3jCt3nZjmUPhZrJUMzrGD56YskadciJhAZI6_ZJwayl-u8gvSkA2psIKLSm6BTPzVnTfV4PCj6L4XMAAAA=</wm>
Per informazioni gratuite:
0800 66 0800 Più prestazioni, più emozioni. * È necessario disporre di un collegamento via cavo 3 in 1 con canale di ritorno, di norma CHF 29.95/mese. Canone di CHF 59.–/mese per Horizon Start Combi, valido per i primi due mesi, in seguito CHF 75.–/mese. Durata minima contrattuale 12 mesi. Tassa di attivazione CHF 49.–. Offerta valida fino al 31.03.2015. Con riserva di modifica dei programmi e dei prezzi. Telefonate gratis verso la rete fissa svizzera. Consultare le condizioni dettagliate e in particolare i numeri esclusi dalle telefonate gratuite sul sito upc-cablecom.ch
Ticino-Sette_Inserat_Smoke_210x295_0215_i.indd 1
23.02.15 15:48
Ticinosette allegato settimanale N° 15 del 10.04.2015
Impressum
Agorà Valeria Gamboni. Un impegno costante
Kronos Filosofia. La radice oscurata
di
Carlo baggi ................................................
10
Stefania briCCola ........................................
12
eliSabetta baCChetta ........................................................
14
Profili Misia Sert. La regina di Parigi
Reportage Sindone. Il volto di Dio
Editore
Luoghi Luna Park. Fiere di luce
Redattore responsabile Fabio Martini
Coredattore
Giancarlo Fornasier
Photo editor Reza Khatir
Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55
Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook
Stampa
(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona
Pubblicità
Publicitas AG Daniel Siegenthaler Muertschenstrasse 39 Postfach 8010 Zürich tel. 044 250 36 65 tel. 079 635 72 22 daniel.siegenthaler@publicitas.com dati per la stampa a: riviste@publicitas.com publicitas.ch/riviste
Annunci locali
Publicitas Lugano tel. 091 910 35 65 fax 091 910 35 49 lugano@publicitas.ch Publicitas Bellinzona tel. 091 821 42 00 fax 091 821 42 01 bellinzona@publicitas.ch Publicitas Chiasso tel. 091 695 11 00 fax 091 695 11 04 chiasso@publicitas.ch Publicitas Locarno tel. 091 759 67 00 fax 091 759 67 06 locarno@publicitas.ch
In copertina
Valeria Gamboni Fotografia ©Reza Khatir
8
roberto roveda ............................................
Chiusura redazionale
Teleradio 7 SA Muzzano
4
di
Vitae Letizia Condorelli
Venerdì 3 aprile
Silvano de Pietro ..........................
Media Televisione. Intoccabile Fazio
Tiratura controllata 66’475 copie
di
di
di
di
guido Mariani; foto di vinCenzo CaMMarata ...
39
MarCo Jeitziner; foto di flavia leuenberger.............
44
di
Concorso fotografico La foto del mese
di
Fiabe Lino ficcanaso
abba;
Pierre Pellegrini .................................
46
urSula buCher .......
47
daniele fontana ............................................
48
Svaghi ....................................................................................................................
50
a Cura dell’aSSoCiazione
Tendenze Rasoi. Vite su una lama
di
illuStrazione di
Il meglio di questo paese Buongiorno. Ho visto che la vostra rivista si sofferma spesso su temi legati alla famiglia e come molti altri giornali mettete l’accento sulle cose che nel nostro paese funzionano meno. Capisco che sia più stimolante analizzare i nodi e le situazioni che creano disagi, ma sono convinta che a livello di socialità e servizi in Ticino le cose vadano molto meglio di quello che crediamo. Per esempio, rispetto alla famiglia, sappiamo che il congedo maternità certo non è tra i più lunghi in Europa (tre mesi e poco più, una cosa ridicola!) e che i congedi paternità nella maggior parte delle aziende sono praticamente inesistenti. Che dire degli assegni familiari (200 franchi a figlio, il minimo sindacale!) e che gli asili nido sono tra i più cari d’Europa ecc. Ma molte cose funziono egregiamente, mi pare, e se una famiglia è in difficoltà certo non rimane per strada, né i genitori e nemmeno i figli. (...) Abbiamo la fortuna di alzare il telefono per chiamare un ufficio cantonale e sapere con certezza che dall’altra parte qualcuno ti risponderà e potrà darti delle indicazioni precise, cosa che avviene anche nei comuni. Per noi, territorio comunque piccolo per numero di abitanti, è una cosa normale. Anzi, se avviene il contrario apriti cielo, tutti a gridare al crollo dello Stato. È sufficiente leggere gli scritti dei lettori che appaiono suoi quotidiani per rendersi conto che spesso si fa di tutta l’erba un fascio: c’è stato un contrattempo? allora va tutto male, anche le cose che invece funzionano benissimo! Questo non è il paese migliore del mondo e non è nemmeno quello dove la vita costa meno, basta fare un salto oltre frontiera per accorger-
sene. Ma in Italia, in Francia e in Germania gli stipendi sono un terzo dei nostri, la disoccupazione il doppio o il triplo di quella svizzera, il disagio e l’emarginazione sociale nelle periferie non ce li possiamo nemmeno immaginare, il territorio (sulla bocca di tutti) meno protetto che da noi, l’inquinamento e il traffico credo non abbiano bisogno di commenti. Penso che molti siano passati almeno una volta da città medio-piccole come Lione o Brescia: vi pare che da loro il traffico siano meno congestionato che a Zurigo, Basilea o qui a Lugano? Il problema è che ci siamo sviluppati in modo troppo veloce e non ci siamo accorti di dove stavamo andando. Con le Elezioni cantonali alle porte nessuno politico si azzarda a dire che in passato non sono stati fatti degli errori, anche perché è sotto gli occhi di tutti: ve lo dice una che vive nel Malcantone e che di traffico ne vede a tutte le ore del giorno! Quel caos di gente che va e che viene è forse responsabilità dello Stato? Non credo, e per questo non me la prendo con i consiglieri comunali: dovrei invece arrabbiarmi con lo stile di vita che oggi abbiamo, con la necessità di spostarsi in continuazione e della scomparsa dei negozi nei piccoli paesi, quelli che ti permettevano di andare a prendere il latte e il pane a piedi. (...) Dobbiamo riconquistare la nostra dimensione di cantone fatto di piccole realtà e sostenerle in modo concreto. Sono sicura che le cose ci sembrerebbero molto meno negative di come continuiamo a dire e scrivere sempre più spesso. Viviamo nella ricchezza, guardiamoci attorno. Complimenti e saluti, S. Q. (email)
Un impegno costante Cooperazione. Quello della solidarietà internazionale è un tema centrale nell’attuale scenario globale, costellato da crisi e conflitti. Un impegno cui non è possibile sottrarsi e che costringe a operare in situazioni spesso molto rischiose. Ne parliamo con Valeria Gamboni, in passato delegata del CICR e oggi segretaria generale della FOSIT, la Federazione delle ONG della Svizzera italiana di Silvano De Pietro
N
Agorà 4
ei paesi in preda a violenti conflitti interni sembrano moltiplicarsi i casi di arresti, espulsioni, aggressioni, rapimenti e anche uccisioni a danno di occidentali, operatori umanitari o cooperanti. In Europa, quindi anche in Svizzera, è d’altra parte diffusa l’opinione secondo cui, anche in un quadro di endemica violenza, non ci si può ritirare dalle missioni di pace, né fermare l’aiuto allo sviluppo e ridurre i soccorsi umanitari. È una questione di responsabilità morale e di solidarietà umana, ma anche di giustizia e, in definitiva, di civiltà. In secondo luogo, si ritiene che, per alleggerire la pressione migratoria verso l’occidente, sia opportuno cooperare allo sviluppo portando soccorso ai profughi e alle masse di persone presenti in questi territori dai quali partono vere e proprie migrazioni bibliche. Senza dimenticare che migliori condizioni di vita sul posto eviterebbero a migliaia di migranti di perdere la vita nel tentativo di raggiungere i paesi più sviluppati, come avviene ormai regolarmente nel Mar Mediterraneo. Dunque, il tema della presenza di soggetti che fanno cooperazione o assistenza umanitaria in ambienti difficili è più attuale che mai. Escluse le missioni messe in campo dai singoli governi, talvolta connesse agli interventi militari, si tratta di organizzazioni internazionali molto grandi, come il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) o Medici Senza Frontiere (MSF), anche se più spesso hanno dimensioni medie o piccole. Genericamente vengono indicate come ONG, cioè organizzazioni non governative, o “no-profit”, senza fini di lucro. Viene allora spontaneo domandarsi come operino tutti questi enti, grandi e piccoli, in zone di conflitto o di gravi emergenze. Con quali metodi, quali protezioni o precauzioni? Quali difficoltà concrete incontrano sul terreno? Ne abbiamo parlato con Valeria Gamboni, segretaria generale della FOSIT (la Federazione delle ONG della Svizzera italiana), che ha maturato una notevole esperienza in questo ambito lavorando come delegata del CICR. Le prime esperienze Originaria della Valle Onsernone, Valeria Gamboni ha lasciato il Ticino a 19 anni per studiare Lettere e Geografia a Losanna. Poi ha avuto “la fortuna”, ci dice, “di trovare subito
un posto all’Ufficio federale per i rifugiati [oggi Segreteria di Stato della migrazione, ndr] dove il mio compito era di esaminare le domande di asilo e proporre una decisione”. Erano gli anni dal 1992 al 1995, l’epoca della guerra nei Balcani. “Quello è stato il mio primo contatto ravvicinato, approfondito, con le realtà di guerra”, racconta Gamboni. “Non si trattava solo di leggere dei dossier. Spesso dovevo interrogare i richiedenti sui loro motivi d’asilo e ascoltare le loro storie di violenza o di abusi estremi. Storie di persone comuni, che quella guerra non l’avevano voluta, né cercata, né provocata”. Ma un’altra tragica realtà stava allora emergendo: era il 1994, l’anno del genocidio in Ruanda. Anche lì Gamboni vedeva la sofferenza dei sopravvissuti approdati in Svizzera, che non riuscivano a sapere nulla dei propri parenti. Il CICR era l’ultima organizzazione internazionale, con MSF, a essere rimasta sul posto: “Tutte queste circostanze mi hanno motivata a prendere contatto con il Comitato internazionale della Croce Rossa a Ginevra”. Un passo che l’ha portata ad abbandonare la scrivania e, dopo una breve formazione, a recarsi sui luoghi dell’emergenza, incontrando le difficoltà che si possono immaginare. Anzitutto quelle materiali: il clima, l’alimentazione, l’acqua, l’igiene. Ma anche quelle più gravi: la sicurezza, i conflitti locali, gli ostacoli a muoversi. Vivere, nonostante tutto Gamboni è andata dapprima in Bosnia, in piena guerra. “A quel tempo era la situazione che spaventava di più. Mi ricordo che eravamo in 18-20 a seguire il corso di formazione, e tutti avevamo paura di andare nei Balcani. Forse perché era il conflitto che vedevamo ogni giorno alla TV, che conoscevamo meglio”. Un timore che, pensandoci oggi, lei definisce “assurdo”, poiché “non è sempre e solo la violenza dei combattimenti che genera il rischio più importante”. Più determinante “è l’accettazione, il quanto si viene accettati e rispettati come rappresentanti del CICR”. In Bosnia nel 1992 c’era già stato tra le vittime un membro della Croce Rossa, a riprova di quanto muoversi in quel conflitto non fosse affatto semplice. “Un aspetto, comunque, pensandoci a posteriori, mi ha impressionata: anche noi cittadini svizzeri, vissuti tutta la vita in un paese estremamente tranquillo, possiamo imparare dall’oggi al (...)
<wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2Nza2NAEAiiyTyg8AAAA=</wm>
<wm>10CFXKIQ7DQAwEwBf5tF6ffXEMo7CooAo_EhX3_6hqWMCwOY7yhtu2v879XQrtXWyYZS9PbxyhtVg0smAMQn1F2sL0iMcXEgPA_B-BCWMixUK6zhHZvtfnB5dd8XVyAAAA</wm>
«Mi sono iscritto a Mondovino per le incredibili enoazioni e i consigli degli esperti.»
Scoprite anche voi i vantaggi del club Coop per enoappassionati. Registratevi subito! Quali sono i vostri enovantaggi preferiti? Le azioni esclusive, i seminari con i segreti dei sommelier o i numerosi eventi? Oppure i buoni a scadenza regolare, i consigli personalizzati e i suggerimenti dei nostri esperti? Scoprite tutti i vantaggi del club Coop per enoappassionati, iscrivendovi gratuitamente su www.mondovino.ch/vantaggi
150318_COO_MV_Image_Anzeige_Garage_Ticino_Sette_210x295_i.indd 1
24.03.15 15:28
“Quando una squadra parte per assistere un gruppo di sfollati in una zona esposta alla violenza, ovviamente c’è il rischio di trovarsi in mezzo ai combattimenti, per cui tutti devono essere informati: l’esercito, i gruppi di opposizione armata, le milizie, tutti gli attori armati o civili influenti. E per poterli informare bisogna conoscerli, sapere con chi si deve parlare”
domani a lavorare in un paese dove c’è la guerra. E si scopre anche, a volte con stupore, che la vita va avanti”. Che cosa vuol dire? La segretaria generale della FOSIT fa l’esempio della Siria: le immagini che vediamo ci mostrano un territorio distrutto dai combattimenti, dove sembra impossibile che vi sia ancora vita. Eppure, “quando ci troviamo lì, scopriamo che c’è una vita attorno, nel bel mezzo della guerra. Il che è ovvio, perché la gente deve poter uscire, procurarsi il cibo, andare dal medico. Mi ricordo che in Bosnia iniziava il coprifuoco alle 21, ma i caffè erano pieni zeppi fino a un momento prima della chiusura, giusto il tempo di andare a casa”.
Agorà 6
Soluzioni politiche Un’altra cosa che si impara, prosegue Gamboni, “è a dover dire di no. I mezzi e le capacità non sono infiniti, mentre i bisogni, i problemi, sono immensi e non finiscono nel momento in cui si distribuisce il cibo o l’aiuto medico. E si impara a dire di no, poiché dobbiamo privilegiare i più vulnerabili e non possiamo venire in aiuto a tutti nella giusta dimensione”. In altre parole, l’aiuto umanitario da solo, per quanto indispensabile e necessario, non basta. Poiché alla radice delle emergenze c’è la guerra, non si risolve nulla senza la volontà politica di evitarla. “Immaginiamoci oggi gli oltre tre milioni di rifugiati siriani in Libano, in Giordania e in Turchia, che da un giorno all’altro sono privati di qualsiasi forma di aiuto umanitario: credo che l’importanza, la necessità dell’aiuto umanitario si rivelerebbe in modo tragico”. Queste masse di profughi e questi enormi bisogni sono causati dai conflitti maggiori che durano da più tempo: l’Afghanistan (dove il CICR è impegnato da decine di anni), la Colombia, l’Iraq, la Siria (sommersa nella violenza da ormai quattro anni), il Sud Sudan (che ha finito una guerra di quarant’anni e adesso ne ha ripresa un’altra). In queste zone di conflitti cronici gli interventi umanitari da soli non portano soluzioni. E neanche gli interventi militari, come per esempio quello in Libia. Ma se da un lato per superare i conflitti occorre la volontà politica, che manca, dall’altro la ricerca di soluzioni è complicata dalla proliferazione di attori, di interessi, di opposizioni armate, che rende questa volontà sempre più difficile da raggiungere. Ci si ritrova quindi a operare in situazioni molto complesse, dove occorre del tempo prima di capirle, di riuscire a “leggerle”, di imparare a muoversi al loro interno. È così? “Sì, è vero”, risponde Gamboni, “sono difficoltà prima di tutto operative: per poter agire in contesti volatili è necessaria sì una buona preparazione e comunque un’organizzazione seria, ma occorre anche un’ottima conoscenza
del contesto e un’ampia rete di contatti. Quando una squadra parte per assistere un gruppo di sfollati in una zona esposta alla violenza, ovviamente c’è il rischio di trovarsi in mezzo ai combattimenti, per cui tutti devono essere informati: l’esercito, i gruppi di opposizione armata, le milizie, tutti gli attori armati o civili influenti. E per poterli informare bisogna conoscerli, sapere con chi si deve parlare”. Impegno e motivazione In situazioni di crisi è ovviamente indispensabile essere attrezzati sia sul piano del metodo per affrontare determinate situazioni sia per quanto riguarda le procedure, oltre allo spirito di sacrificio e alla forte motivazione: “È l’organizzazione che deve preparare il suo personale. In un contesto altamente volatile non si può improvvisare: sarebbe da incoscienti. Oggi l’operatore umanitario è anche una professione. Certo, il «rischio zero» in questo mestiere non esiste. Riguardo allo spirito di sacrificio ci ho riflettuto spesso”, prosegue Valeria Gamboni. “Non so se si debba chiamarlo sacrificio. Direi che ci vuole effettivamente una notevole motivazione, un impegno serio, che va al di là delle quaranta ore settimanali, come prevede il contratto di lavoro firmato in Svizzera. Si lavora la sera, il sabato, la domenica, si è sempre collegati. Quindi, un impegno forte: bisogna volerlo fare e bisogna crederci. Però è una scelta. E c’è un salario, un riconoscimento e una preparazione. Ci sono anche delle condizioni e dei meccanismi di compensazione nei contesti difficili, per cui dopo qualche settimana o mese, a seconda della complessità, si stacca, ci si allontana dalla regione”. Diversa però, nel racconto di Gamboni, è la posizione degli operatori umanitari locali che lavorano sul posto, soprattutto i volontari delle organizzazioni nazionali quali la Croce Rossa o la Mezzaluna Rossa. “In Siria l’anno scorso più di quaranta volontari della Mezzaluna Rossa sono stati uccisi. Lì io vedo una dimensione di sacrificio”. Ma anche gli impiegati del CICR a volte sono molto esposti. In certi contesti di guerra, per esempio, “parte dell’attività del CICR consiste nel documentare casi di violazione del diritto internazionale umanitario. E c’è sempre il rischio che un servizio di sicurezza cerchi di ottenere delle informazioni dal personale locale del CICR, mettendolo sotto pressione”. In queste situazioni, ovviamente, si può avere paura. Quando sono in corso combattimenti o bombardamenti aerei, per esempio. Oppure perché ci sono posti di controllo con personale poco disciplinato o ubriaco. Tuttavia, secondo Valeria Gamboni, “non bisogna avere troppa paura. Perché se è troppa, vuol dire che il lavoro non fa per te. Una regola è che se qualcuno non vuole o non se la sente di effettuare una missione
La Croce Rossa nel 1964 all’opera in Medio Oriente (da intercrossblog.icrc.org)
in una zona difficile deve astenersi, poiché potrebbe mettere in pericolo non solo se stesso, ma anche i colleghi. Il segreto è la preparazione: un’introduzione di tre o quattro settimane prima di partire, durante la quale, oltre agli insegnamenti teorici, si discute degli atteggiamenti più adatti da tenere nei contesti di violenza generalizzata. Ci sono anche le simulazioni durante la formazione. E poi non si è soli: si lavora in squadra, e si esce con chi ha più esperienza. Importante è avere un’organizzazione alle spalle che sappia gestire la sicurezza del suo personale”. Il problema del coordinamento Esistono differenze operative o di comportamento tra le ONG? “Il mondo delle ONG è variegato”, spiega Gamboni, “ci sono organizzazioni grandi, piccole, con missioni diverse, le cui capacità operative variano secondo la loro esperienza e i mezzi a disposizione. E non è detto che sul terreno qualsiasi organizzazione operi necessariamente bene. Magari tutti vogliono farlo; ma il come si fa, determina poi la qualità dell’intervento”. E qui si intuisce che una grande sfida è il coordinamento. Il numero elevato di attori umanitari “può essere un vantaggio in certe situazioni, perché ci sono bisogni enormi e ci vuole qualcuno che faccia il lavoro”. Ma le sovrapposizioni appaiono inevitabili. Perciò, “quello che alla fine è importante è che ci sia chiarezza sulla missione di ciascuna organizzazione”. A occuparsi di questo aspetto è una struttura delle Nazioni Unite: l’Ufficio per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), che si muove con “meccanismi di coordinamento che entrano in gioco a seconda dei livelli di urgenza”. Ma riesce a coordinare davvero? “In parte, sicuramente sì”, è l’opinione di Gamboni. E come funziona? “L’OCHA svolge una pianificazione annuale con tutti gli attori coinvolti nella risposta d’emergenza (tranne CICR e MSF, che sono indipendenti e non
rientrano in questo sistema). È un processo di pianificazione comune estremamente complesso, per settore d’intervento (sicurezza alimentare, salute, protezione, logistica), che termina in una richiesta di fondi unica per l’azione umanitaria coordinata dall’ONU”. Essere svizzeri Una delle difficoltà nei contesti di guerra è non soltanto la proliferazione di attori armati, ma anche quella di attori esterni che intervengono. Questi non sono più solo i governi occidentali membri dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) con un’agenda e dei principi comuni, ma ve ne sono altri. Gamboni racconta un esempio: “In Tunisia il governo di un paese del Medio Oriente aveva creato un ospedale, per l’assistenza a feriti provenienti dalla Libia, che agiva per conto suo, senza alcun coordinamento e senza condividere alcuna informazione. Questo crea problemi per un sistema sanitario che solitamente è organizzato in rete, con infrastrutture ospedaliere di diversi livelli e specializzazioni collegate fra loro. Del resto, anche l’ISIS ha il suo braccio umanitario, non è il primo attore armato che ha i suoi meccanismi di assistenza umanitaria”. Le chiediamo, infine, se il fatto di essere svizzeri possa servire a qualcosa, rappresenti un aiuto: “Fino al 1996, data in cui il CICR ha aperto i posti internazionali ai non svizzeri, la neutralità, l’indipendenza e l’imparzialità del CICR venivano direttamente associate alla neutralità del nostro paese. Ci sono stati dei contesti in cui gli attori facevano riferimento all’essere svizzero neutrale e senza un passato coloniale. Ancora oggi ci sono contesti in cui la nazionalità è importante. E quella svizzera non è difficile da piazzare. Un passaporto svizzero crea meno problemi: è un passpartout”.
Agorà 7
Intoccabile Fazio
È “giovane”, anche se sta in TV da più di un trentennio. È “originale”, nonostante faccia sempre la stessa trasmissione. I suoi prodotti sono intelligenti, moderni, cortesi... forse troppo? di Roberto Roveda
Ho il vizio di Fazio, senza di lui il mio fine settimana è
Media 8
le sue battaglie civili come quella per la parità di genere. uno strazio. Adoro di Fabio la ripetitività, il suo vivere di Filippa Lagerback, infatti, è autorizzata a pronunciare una nostalgie per i Cugini di Campagna e le merendine anni decina di parole in più di quelle che diceva la valletta di settanta. Mi rassicura la monotonia delle sue serate, trovo Mike Bongiorno a “Lascia o raddoppia” sessant’anni fa. rasserenante la noia di tante interviste giocate sull’appa- Fabio non è certo un accentratore e Filippa da anni è libera di vendere dentifrici e di prodursi in quei sorrisi, “ecco a rente incomprensione e i doppi sensi “intelligenti”. Il peggio che mi possa accadere è quello di rivedere Gabriele voi” e “benvenuti a tutti” per i quali ha abbandonato la nativa Svezia. Senza dimenticare Salvatores, Giorgio Panariello o gli immancabili spot a questa o al massimo Guccini con un suo a quella ONG e altre meritevoli libro sugli oggetti del “tempo che fu”. Questa è la TV che vobuone cause. Poi, c’è il colpo di genio: Massimo Gramellini, vero glio: così colta da sapere che nel fuoriclasse del giudizio insindafine settimana non ho bisogno cabile e del commento banal-podi sorprese o di sussulti, così polare. Adoro vedere Massimo e originale da far sembrare il plaid Fabio cinguettare seduti al tavolo della nonna trasgressivo, quel come due pensionati davanti tanto soporifera e superflua da all’ennesimo bianchino. Non conciliarmi il sonno senza essere Allegria! (da huffingtonpost.it) vedo l’ora di farmi dire da una assalito da sensi di colpa perché persona come Gramellini – sempre agitato, le mani che magari mi sto perdendo qualcosa di significativo. immagini sudaticce, lezioso ma insicuro – chi è buono e chi è cattivo, cosa va e che cosa non va nel mondo. AspetNessuna delusione Per tutto questo mi sintonizzo su Fazio e so che Fabio to il suo giudizio inattaccabile, le battute sferzanti come non vuole deludermi, né crearmi patemi. Ecco, magari una caramella al miele e le sue analisi tanto spiazzanti da può esagerare un poco e prostrarsi in adorazione di fronte ricordarmi in quanto a originalità un “trenino” al ritmo ad Al Bano come certi fedeli visti a Medjugorie e magari di musica carioca fatto durante la notte di Capodanno. definire Diego Abatantuono un maître à penser dopo aver paragonato la biografia di Carlo Verdone a Guerra e pace. Fratelli, compagni, amici per la pelle Ma è solo generosità la sua, diciamolo, quella generosità Mi spiace che ogni tanto lui e Fabio si becchino come due che spinge un presentatore a trasformare le interviste in comari inacidite ma è solo perché entrambi hanno caratteri amorevoli cheek to cheek, in liaison dove le domande al forti e onesti. Si vede che condividono gli stessi valori. Amavetriolo sono sostituite da adulazioni alla vaselina. Cose da no la verità e le opinioni purché siano le loro. Adorano il ruffiano o da parac*** se fatte da altri… ma perché scon- dialogo democratico a patto che non vi sia contradditorio. tentare qualcuno la domenica sera e rovinargli così l’inizio Ma poi perché contraddire Fabio e Massimo, che senso ha della settimana? In Fabio c’è troppa umanità perché questo spezzare un idillio se non per un applauso? possa mai accadere, un essere “buonini buonini” che arriva No, io preferisco che il weekend con Fabio volga al termine all’eccesso e che lo porta da anni a rinunciare al riposo del normalmente, con la Littizzetto che tradisce per l’ennesifine settimana per il suo pubblico e per distribuire favori a ma volta la fiducia dell’ingenuo conduttore recitando il solito rosario di “vaffa” e battute stercorarie costellate di scrittori, cantanti, politici, amici e amici degli amici. doppi sensi (stavolta sessuali…) e organi riproduttivi che hanno nomi “smart”. Peccato perché questa volta Fazio Filippa, Gramellini… e tutti gli altri son cretini Mi piace questa disponibilità di Fabio, quel suo altruismo aveva previsto per lei la recita di una poesia di Baudelaire. che fa sì che accetti compensi milionari quando nell’animo Spazio per la poesia c’è comunque perché Fabio ci vuole lui si sente un hippy francescano, un pensionato con la ren- bene: urla “Claudio, Claudio” ed ecco Baglioni, sempre più dita minima. Questa è vera condivisione, diciamolo: troppo simile a una mummia egizia della decima dinastia, pronto facile essere vicini ai più deboli e sfortunati quando si è a cantarci La vita è adesso. Fabio ha le lacrime agli occhi, il poveri e derelitti. Fabio invece accumula e in questo modo pubblico ondeggia accendini e io ho i brividi senza neppure fortifica il suo animo e i suoi ideali. Ancora, a piacermi sono avere la febbre.
Ulteriori biglietti della lotteria sono disponibili alle casse Migros.
O T N O SC
TENTA
E R U OPP
GA R A NT
ITO
A N U T R O LA F
<wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2Nze2NAEA3bvxRQ8AAAA=</wm>
<wm>10CFWMzQrCMBCEnyhhd5PNjzmWiofSiq297qEqBNGI9KBvb_TmYWCG-Wa6LrGGn5q2n9pDQkBrlfHeRJs4sibvwKVgnCYCMAkMWQLkDTqOBonc30ZVygOAfBkFRpGVajgoi4LIwTEHzcNW1zMZ17xc39KX9Sy1likv-V7G81ozIbwosszHeSf7Z7kVydIMMpN-nC4fT1eaI7oAAAA=</wm>
un Premi per e ltr totale di o
– . 0 0 0 0 20 fr.
Se vuoi tentare
SCONTO
ITO GA RA NT liet to alla e il big
. nar Con seg sen za apr irlo cas sa
la fortuna,
to qui. dividi il bigliet
Se vuoi tentare la fortuna, dividi il biglietto qui.
TENTA
A O FOOPP UN SCONT RT SCURE RE LA pa LA FOR TUNA ON tto e strap PPUGARANTITO TO OConsegnare GAR allail biglie . ANT ITO Apri il biglietto e strappa il bigliettoApri trella la fines Cons OPPU egna re il bigli cassa senza aprirlo. etto alla la finestrella. RE cass TENTA Se
vuoi tentar e la fortun
a, dividi
a senz a aprir
fr. –.50 mo in ttia diMe riduzione premi* per
sugli hamburger io pal di manzo le di oltre un totasurM-Classic, gelati, 2 x 90 g fr. 3.10 invece di 3.60
fr. –.50 e di riduzion poo
l, sullo sham Belherba alle erbe 250 ml 3.35 invece di 3.85
qui.
TE NTA
Apr i il big
TUN A
liet to la fin est e str app a rel la.
Mettiamo in palio fr. –.5 0 premi* per di ridu un zio totale ne di oltre sul
mitic al limone,o Ice Tea 2l –.90 invece di 1.40
il biglietto
L A F OR
lo.
Mettiamo palio pre in mi* per un totale di oltre
200 000.–200 000.– 200 000.–
Attenzione: se apri o strappi il biglietto, non avrai più diritto allo sconto.
ne: Attenzio strappi se apri o non il biglietto, diritto avrai più to. allo scon *
retro. indicati sul I premi sono Se vuoi tentare
la fortuna,
fr.
fr.
Attenzio ne: se apri o strappi il biglietto, avrai più non diritto allo scon to.
* I premi sono indicati sul retro.
to qui. dividi il bigliet Se vuoi tentare la fortuna, dividi il biglietto qui. * I premi sono
Se vuoi
indicati
sul retro.
tentare la fortun
a, dividi
il biglietto
qui.
–––––––––––––––––––––––––––––––––––– Preferisci aggiudicarti uno sconto garantito o tentare la fortuna? Ora, per ogni acquisto di fr. 20.—, ricevi un biglietto della lotteria. –––––––––––––––––––––––––––––––––––– Per ogni fr. 20.– di spesa ricevi alla cassa un biglietto della lotteria; al massimo 10 biglietti per acquisto (fino a esaurimento dello stock). Nessun obbligo d’acquisto. Ulteriori informazioni e biglietti della lotteria gratuiti su www.noifirmiamo-noigarantiamo.ch/ biglietti-della-lotteria.
La radice oscurata
Nel coniugare la teologia alla filosofia greca, il pensiero occidentale ha oscurato l’apporto della riflessione biblica, benché quest’ultima rappresenti una delle radici fondanti la nostra civiltà di Carlo Baggi
Kronos 10
Il pensiero biblico esprime la plurimillenaria riflessione fi- bili sono solo alcuni corollari di quel metodo. Il dibattito losofica e mistica attuata dall’ebraismo alla luce della Torah. tra Creazionismo ed Evoluzionismo (tema proposto di Quando, nel V secolo a.C., in Grecia si scorgeva l’alba della recente su queste pagine)3 ne è un buon esempio. Enfilosofia, il sole era già alto sul monumento sapienziale e spi- trambe le correnti, infatti, dovendo pur sempre riferirsi rituale edificato dai profeti e dai saggi ispirati dalla Rivelazio- alla Genesi biblica, ragionano su parole che, nell’originale ne sinaitica. Dal 300 a.C., nell’ambito culturale cosmopolita ebraico, sono gravide di molteplici sensi; com’è il caso di del periodo ellenistico, questo patrimonio fu ulteriormente “principio”, “giorno uno”, “creare”, “fare”. Il pensiero biblico usa parametri differenti, perché incrementato. Dopo la distruzione del non è interessato a descrivere la realtà, Tempio di Gerusalemme, nel 70 d.C., i ma a leggere il testo infinito che essa farisei trasmisero e ampliarono il comnasconde. Un esempio: nella Torah si mento orale ai testi sacri (Torah Orale); privilegia l’udito come organo per la un lavoro interpretativo che raggiunse ricezione dei precetti4 e Maimonide5, il culmine nel 220 d.C. e quindi messo per iscritto in una compilazione unitaria trattando dell’etica, afferma che quei detta Mishnah (Ripetizione). Ulteriori e precetti hanno per scopo la capacità di ancor più approfonditi commenti della conferire equilibrio all’essere umano. Per Torah Orale, confluirono fino al V secola nostra logica queste due affermazioni riguardano competenze diverse (teololo d.C. nel Talmud (Studio). Durante il gia e filosofia). Al contrario, il pensiero Medioevo, il pensiero biblico, a contatto biblico rileverebbe che le parole ozèncon l’ambiente arabo islamico, elaborò orecchio e izùn-equilibrio hanno la la propria riflessione metabolizzando medesima radice e che pertanto esiste le prospettive della filosofia aristotelica una connessione tra udito ed equilibrio e neoplatonica pur senza allontanarsi (aspetto peraltro descritto anche dalla dalla sua tradizione. Una caricatura del filosofo Franz Rosenzweig (da laregledujeu.org) scienza medica solo nel 1861)6. Un In seguito, esso si sviluppò con proprie caratteristiche, anche nel filone mistico, collegamento predittivo di un’informagrazie a personaggi di grande valore intellettuale che hanno zione generale, utile anche per comprendere aspetti della espresso fino ai nostri tempi una catena di pensiero assolu- quotidianità come l’uso delle immagini, da parte del martamente originale. Abraham J. Heschel (filosofo, 1907–1972) keting, per provocare emotività (squilibrio). Sergio Quinzio, sintetizza quest’aspetto sostenendo che: “La Torah, come la riflettendo sulle radici ebraiche del “nuovo pensiero” del filosofia di Aristotele, contiene più che una somma di dottrine; filosofo Franz Rosenzweig (1886–1929), affermava che essa rappresenta un modo di pensare… in cui i concetti generali queste “conducono anche la filosofia a fare conti radicali con possiedono un significato particolare… una certa disposizione… il tempo storico [...]. Finito, almeno de iure, l’etnocentrismo di combinare e mettere in relazione intuizioni o percezioni...”.1 occidentale è finita anche la possibilità di concepire la filosofia Questo pensiero, che pur rappresenta una delle radici della che è nata e si è sviluppata in occidente come la, anziché una, nostra civiltà, è stato oscurato fin dall’inizio dal comples- tradizione del pensiero” 7. Non so se ciò sarà possibile, ma so sviluppo, che portò le prime comunità “cristiane” a sarebbe senz’altro auspicabile. evolvere non solo come religione autonoma ma come cultura dominante. Un processo che passò attraverso una “degiudaizzazione”2 materiale (il predominio numerico dei note “gentili”) e formale (la necessità di supportare la nascente 1 A. J. Heschel, Dio alla ricerca dell’uomo, pagg. 31-32, Borla, 1983. teologia con l’impianto filosofico greco). Ciò determinò un 2 Mauro Pesce, Da Gesù al cristianesimo, pag. 215, Morcelliana, 2011. modo di pensare esclusivamente incardinato nei principi 3 Ticinosette n. 44/2014 e n. 46/2014. 4 Shemah Israel (Ascolta Israele…) Esodo 24:7; Deuteronomio 5:1; 6:4. della logica classica. 5
Etnocentrismo filosofico La necessità di definire per categorie e di considerare la teologia, la filosofia e la scienza come campi impermea-
6
7
Moshè ben Maimon, filosofo ebreo (1138–1204), autore della Guida dei perplessi. Sindrome di Ménière, descritta da Prosper Ménière (1799–1862), medico e scienziato francese. S. Quinzio, Radici ebraiche della modernità, pag. 175, Adelphi, 1990.
LA TUA VOLVO CONOSCE GIÀ DA IERI LA TUA DESTINAZIONE DI DOMANI. CON VOLVO ON CALL PUOI PROGRAMMARE IL NAVIGATORE VIA SMARTPHONE . Il tuo smartphone si arricchirà inoltre di altre importanti funzioni. Potrai ad esempio aprire e chiudere a chiave la tua Volvo o consultare tutti i dati della vettura ovunque ti trovi. Recati subito dal tuo concessionario Volvo e testa di persona Volvo On Call. VOLVOONCALL .CH
<wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2Nzc3NgEAi_sXuA8AAAA=</wm>
<wm>10CFWLMQ7CQAwEX-TTrvd8DnGJ0kUpEP01iJr_V5B0FDPVzL5XNFzct-O5PYpg76bMVK-4RfOMqEWjuSMKEhyMlRLpI8bfYb8oAcyzMciEydNGzgVsn9f7C6OfGA10AAAA</wm>
SWISS PREMIUM
SERVIZIO GRATUITO 10 ANNI/150 000 KM GARANZIA COMPLETA 5 ANNI
Assistenza gratuita Volvo Swiss Premium® sino a 10 anni o 150 000 km, garanzia di officina sino a 5 anni o 150 000 km e riparazioni dei componenti usurati sino a 3 anni o 150 000 km (si applica il primo raggiunto tra i due). Solo presso i concessionari Volvo ufficiali.
La regina di Parigi Icona, talent scout, donna affascinante e dotata, Misia Sert ha segnato il suo tempo, divenendo l’emblema della Belle Époque e un’antesignana dell’emancipazione femminile di Stefania Briccola
Profili 12
Diaghilev non muoveva paglia che lei non volesse. Coco Chanel giurava che fosse l’unica donna di genio che avesse mai incontrato. Paul Morand la definiva una “bella pantera imperiosa e sanguinaria”, mentre il poeta francese Pierre Reverdy la considerava una “fata buona”. Musa adorata e mecenate illuminata, Misia Godebska (1872–1950) in realtà è stata la protagonista indiscussa della scena artistica parigina della Belle Époque. Fu una sublime talent scout poiché il suo lato migliore era quello di fiutare il genio altrui. Sostenne stuoli di pittori, musicisti, scenografi, ballerini, coreografi e scrittori per poi disfarsene in pochi istanti. Questo succedeva nel periodo leggendario dell’avanguardia parigina, un tempo in cui le scoperte dell’arte erano sinonimo di mondanità, stile e tendenza. Misia Sert nel libro autobiografico di memorie, apparso postumo nel 1952 e recentemente ripubblicato (Misia, Adelphi, 2012), riassume il romanzo di un’esistenza cosmopolita e avventurosa.
intraprendere la carriera artistica e la supplicò di rinunciare. Misia era convinta che la libertà fosse possibile solo in due. Alla platea e agli applausi preferì un marito. Convolerà a nozze a quindici anni e tre mesi con il lontano cugino Thadée Natanson. Lui, con il fratello Alexandre, fondò e diresse la celebre Revue Blanche nel 1891.
Al centro del mondo Intorno alla prestigiosa rivista letteraria e artistica ruotavano personaggi di spicco dell’epoca. Così Misia si trovò circondata da Stéphane Mallarmé, Paul Valéry, ma anche da Henry de Toulouse Lautrec, Edouard Vuillard, Pierre Bonnard che all’epoca venivano derisi; basti pensare che i loro quadri erano appesi al rovescio. Tra i frequentatori del suo salotto c’erano Léon Blum, Jules Renard e Guillaume Apollinare che scoprì Pablo Picasso. Marcel Proust la definì “un monumento di storia, collocata nell’asse del gusto francese come l’obelisco di Luxor nell’asse degli Champs Elysées”. Lo scrittore non esiterà a inserirla nella sua monumentale Recherche con le sembianze del personagUn’infanzia fra i grandi Misia Sert (da grofouillis.canalblog.com) gio di Madame Verdurin e della La polacca Maria Sofia Olga Zenaide Godebska nasce a Pietroburgo nel 1872. Sua madre principessa Yourbeletjef. Misia era capace di sedersi al piainvece muore poco dopo averla data alla luce. La sua in- noforte e suonare per venti e più volte gli accordi del Peleas fanzia trascorre in una girandola di matrigne tra fughe e et Melissande di Debussy che aveva sentito in anteprima e collegi, abissi di disperazione e momenti di grazia, come di cui appoggiò a oltranza la prima nell’aprile del 1902 al quelli passati a casa della nonna in Belgio. La nobildonna, Théâtre national de l’Opéra-Comique a Parigi. Si sa che amica della regina e mecenate dei musicisti, abitava ad le novità non possono piacere a tutti e l’opera fu presto Halle dove teneva cene più brillanti che mai. Qui tra gli ribattezzata Ménélas et Palissandre. Forse quegli spettatori invitati c’era Franz Liszt che prendeva sulle gambe Misia per erano gli stessi che ridevano della pittura di Renoir, che non farle suonare al piano la Bagatella in mi bemolle di Beetho- sapevano come appendere i paesaggi di Bonnard, che non ven. Si dice che ascoltasse rapito la piccola virtuosa. Tutta avevamo mai sentito nominare Mallarmè, che dicevano che l’aristocrazia belga si riuniva intorno al tavolo della nonna si tornava all’età della pietra ascoltando Stravinsky e che di Misia su cui le pietanze si mischiavano al luccichio dei rifiutavano di comprare per una manciata di franchi i mibicchieri in cristallo di Boemia. Notte e giorno la musica gliori dipinti di Van Gogh quando Misia ne possedeva ben dei pianoforti disseminati nella magione riecheggiava nelle centocinquanta. Tra i suoi protetti ci furono Paul Verlaine, orecchie degli ospiti. La bambina prodigio qualche anno pallido, emaciato, ossessionato dallo spleen e Erik Satie dopo fece piangere Gabriel Fauré, suo maestro, quando gli che le dedicò nel 1903 Trois Moreaux en forme de poire con annunciò che si sarebbe sposata. Voleva a ogni costo farle stridori, languori e scudisciate. La madrina è perfetta. La
Revue Blanche organizzava esposizioni d’arte e fu una culla delle opinioni progressiste. All’epoca dell’affaire Dreyfus appoggiò le ragioni del capitano e perse una parte di lettori. Thadée Natanson non riuscì a sostenerne le crescenti perdite e nel 1903 fu costretto a chiuderla. E a consegnare Misia nelle mani di un orco ricchissimo invaghitosi di lei che pianificò ogni mossa per sposarla: Alfred Edwards, editore di testate a grande tiratura e imprenditore di successo, che ne fece una vera regina o la ragazza più viziata del mondo. Dopo il loro matrimonio nel 1905 la coppia visse nel lusso a Parigi, tra il civico 244 di rue de Rivoli e un pied-à-terre all’Hotel du Rhin, in place Vendome, e sullo yacht di 35 metri, l’Aimée, dove non di rado erano ospiti Ravel, Bonnard e Caruso. Poi arrivò la Lantelme, attrice bisessuale rotta a ogni vizio che fece impazzire di passione Edwards fino a esserne vittima. Lui non esitò a divorziare da Misia per sposare l’algida Geneviève nel 1910. La chiacchierata attrice, che fu un emblema di trasgressione, aveva pelle bianchissima, labbra rosse e lunghi capelli neri che ricadevano su abiti scollatissimi. Morì in circostanze misteriose a soli ventotto anni. Era dedita alla cocaina e a ogni tipo di capriccio erotico. Il viale del tramonto Nel frattempo Misia aveva iniziato una relazione con il pittore spagnolo José Maria Sert, che ricoprì di affreschi cupole e edifici in tutto il mondo compreso il Rockefeller Center. Poco dopo conobbe Diaghilev, il grande impresario
dei balletti russi. Anche lui un artista mancato, tuttavia sapeva far lavorare gli altri in modo splendido. La sua complicità con Misia si trasformò in sodalizio. Sarà lei a procurare librettisti, musicisti, scenografi, costumisti e danzatori per i balletti di Diaghilev, a manipolare l’opinione pubblica attraverso la stampa e a mobilitare tutta la società parigina. Dopo la morte di Edwards, nel 1920, Misia si sposò per la terza volta con Sert. Fu un matrimonio d’amore, l’unico della sua vita. A rompere l’incantesimo comparve un giorno la principessa e scultrice russa Isabelle Roussadana Mdivani, detta Roussy. Sert si innamorò di lei. Ma non volendo perderlo, Misia fece della ragazza l’oggetto delle sue premure fino a scivolare in un ménage a trois. Il suo terzo matrimonio fnì inevitabilmente. Il suo grande amico Diaghilev muore a Venezia nel 1929. Le rimase Coco Chanel. Non mancava di accompagnarla ad Hollywood. Poi questa dea inizia ad apparire in tutta la sua umanità più struggente. Quando si spengono le luci della ribalta si rifugia a Lourdes e nella droga. Misia è stata una sorta di pigmalione globale. Non produsse nulla di suo. Suonava il pianoforte divinamente, ma solo per gli amici. Non fu mai un’intellettuale, ma una donna con i piedi per terra capace di far volare chi le stava vicino. Attorno a lei ruotò un’epoca con i suoi fasti. Fu la regina incontrastata di Parigi. Cosa importa se la sua avventura finì senza più luce negli occhi sprofondando nel buio della morfina. Gran parte della sua esistenza è stata libertà, continuo divenire e sublime imprevisto.
Gusto equilibrato
Sviluppati con consulenti dell’alimentazione. Equilibrati secondo la piramide alimentare svizzera. Con olio d’oliva e olio di colza di alta qualità. Calorie e grassi in quantità equilibrata.
<wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2Nzc2NQcAa6VNcA8AAAA=</wm>
Freschi e il più possibile naturali.
<wm>10CFWLvQrCQBAGn-iO_fZub41XaUghBAVNvwQ9IRCiJCl8fH86i2mGmbbN4ulH3Ry75pxBiNEF1SCapRLPmijliMoLK2mmEMAE2YJZkaD4exwzKRHZt3EUXICBHCeXDEghSoSX3d4TwQ7TUuZ-LXbpx35dyziW2Rj0QtxYN1yH6bGUj7fB6pN_3u5v680V07AAAAA=</wm>
www.delifit.ch
A
mo disegnare fin da quando ero una bambina. Sono stata sempre piuttosto determinata e quando, a tredici anni, ho scelto la scuola per diventare disegnatrice di tessuti, l’ho fatto per passione, ma anche per avere in mano qualcosa di concreto che mi avrebbe permesso di trovare un’occupazione alla fine degli studi. Il mio lavoro non mi ha mai tradito. Ho potuto dare il meglio di me e sono sempre stata ricompensata. Mi è entrato nel sangue, mi circola nelle vene, tanto che ho continuato a lavorare anche nei periodi più difficili, quando non guadagnavo nulla. Nel mio settore, come in tanti altri, si sente spesso parlare di crisi. Io preferisco vedere la vita come un ciclo e semmai approfittarne per tirare fuori il meglio. Se ami ciò che fai, sarai premiata: è una legge! Mantenere una linea con costanza e coerenza ti porta al successo. Sono nata a Catania e mi sono trasferita a Como, la città della seta per eccellenza, seguendo i miei genitori. Qui fin da piccina ho vissuto in un mondo fatto di disegni, tessuti e moda. L’ispirazione è un processo misterioso. È come se tutto quello che vedo per strada, alle sfilate, tra la gente, nei mercati vintage e dell’usato, susciti in me sensazioni e umori. Qualcosa si scatena nella mia pancia. Non è una cosa immediata, ma poi arriva da sé. L’idea si materializza in un bellissimo disegno per tessuti. I viaggi sono una fonte preziosa e fondamentale di ispirazione, come pure vivere a cavallo tra diverse culture e tradizioni. Anche se il mondo è globalizzato, ogni paese mantiene il suo “look” che si basa su determinati colori e tipologie di disegno, influenzati anche dalle condizioni meteorologiche. Chi vive in un paese freddo, dove piove spesso e prevale il grigio, ha voglia di colore, di stampe e disegni. Ogni popolo reinterpreta le tendenze della moda a modo suo, per questo per me viaggiare è come respirare. Amo vestire comoda, adoro lo streetwear, ma non rinuncio ai dettagli e al look originale che ricerco con attenzione durante i miei viaggi tra l’Europa e gli Stati Uiniti. Dopo i primi anni di lavoro a Como, ben presto mi sono resa conto che non c’erano prospettive di crescita professionale, se non avessi imparato l’inglese e fatto esperienza all’estero. A 23 anni, con 200 euro in tasca sono andata a Londra. Da sola. Senza sapere una parola di inglese. Ero
una giovane disegnatrice di tessuti italiana alla ricerca di un lavoro. Potevo far leva sul mio portfolio e sulla reputazione che ha una disegnatrice di tessuti comasca. Trovai uno studio e, come racconta il mio capo di allora, con grande caparbietà, lo forzai ad assumermi. Davo il massimo, da vera “workaholic” (dipendente dal lavoro, ndr.). Dal lunedì al venerdì facevo quello che gli inglesi si aspettano da una disegnatrice italiana: la fiorista. Trascorrevo le mie giornate disegnando fiori, ma il sabato sperimentavo. Cercavo di tirar fuori da me quello che nemmeno sapevo di avere. Percorrevo territori sconosciuti. In poco tempo mi sono fatta notare, perché i miei disegni si vendevano bene. Io che avevo paura della mia ombra, a Londra ho imparato a essere autonoma, indipendente, ad andare da sola al cinema, a teatro, al ristorante e viaggiare. È stata un’esperienza dura ma sapevo che, se avessi superato questa prova, sarei potuta andare ovunque. Lasciare casa ti dà molto, ma rimarrai per sempre un dannato. Meglio qui o altrove? Questo il dilemma che non ti abbandona mai... Dopo alcuni anni dal rientro in Italia è nata mia figlia e con lei, nuovamente, il desiderio di cambiamento. Abitavamo a Milano e quando si è presentata un’opportunità come art-director in Ticino, l’ho colta. Trovo che la Svizzera sia ben allineata al resto del mondo. A Chiasso posso dare a mia figlia una vita a misura di bimba: mi sposto in bici o a piedi, i servizi funzionano e abbiamo tutto a portata di mano. Questa cittadina è come una piccola New York. Mi piace il cemento, l’energia che circola nelle metropoli, ma che al tempo stesso corre veloce e ti risucchia. Ora preferisco rallentare: per questo ci siamo trasferiti in Ticino. A 15 anni con le mie compagne di scuola sognavamo di avere uno studio. Ora quel sogno è una realtà. Da due anni con il mio compagno Samuele gestiamo la nostra attività. Abbiamo un team di disegnatori talentuosi sparsi in tutta Europa che lavorano per noi. A loro chiedo di andare oltre quello in cui sono bravi. Proprio come mi chiese il mio capo di Londra, tanti anni fa.
LETIzIA CONDOrELLI
Vitae 14
Disegnatrice di tessuti, si è trasferita a Londra con pochi soldi in tasca e tanta voglia di riuscire. Perché il duro lavoro regala sempre grandi frutti. Anzi fiori…
testimonianza raccolta da Elisabetta Bacchetta fotografia ©Flavia Leuenberger
Il volto dI dIo
Sindone Per tutto il mondo è il telo di Torino, per i credenti è la “Sacra” Sindone, l’immagine del Cristo deposto dalla croce. Un lenzuolo di lino lungo 442 centimetri e largo 113 di cui esistono testimonianze storiche solo a partire dal Medioevo e su cui ormai da più di un secolo si confrontano scienza e fede
di Guido Mariani; fotografie©Vincenzo Cammarata
D
al prossimo 19 aprile fino al 24 giugno la Sindone verrà mostrata al pubblico per l’ostensione più lunga della storia, 67 giorni. Un evento organizzato in occasione del bicentenario della nascita di san Giovanni Bosco che culminerà con la visita del Papa prevista per il 21 giugno. Per la Chiesa cattolica l’ostensione è un momento di profonda riflessione e penitenza tanto che nel periodo dell’esposizione, secondo indicazioni dell’arcivescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia, i sacerdoti avranno facoltà di rimettere peccati molto gravi per la Chiesa come l’aborto. Ma l’ostensione è anche un’imponente macchina organizzativa. Nel 2010 il telo venne esposto per 44 giorni, e giunsero nel capoluogo piemontese due milioni e mezzo di persone. Quest’anno, complici un periodo più lungo (e la concomitanza con l’EXPO), sono attesi almeno tre milioni di visitatori. “Le ostensioni nascono da un grande evento ecclesiale, una ricorrenza, un anniversario”, spiega don Roberto Gottardo, presidente della commissione diocesana per la Sindone e vicepresidente del comitato organizzatore, “è il vescovo di Torino, custode della Sindone, che propone l’ostensione al Pontefice a cui spetta l’approvazione”. Ma cosa si cerca nel santo lenzuolo? Qual è l’atteggiamento che il fedele deve avere di fronte alla reliquia? “Il credente si trova
in basso a sinistra Un codice del 1727 che attesta il culto della “sacratissimæ Sindonis taurinensis” (Museo della Sindone). a destra L’antico scrigno d’argento che ha custodito il lenzuolo per oltre tre secoli fino al 1998. Nel 1997 i pompieri lo sottrassero alle fiamme di un incendio che distrusse la cappella Guarini del Duomo di Torino (Museo della Sindone). in basso a destra Antica rappresentazione di un’ostensione.
in apertura Il volto della Sindone e l’immagine realizzata nel 1898 dal fotografo Secondo Pia che rivelò per la prima volta che l’impronta del lino era come un negativo fotografico, dando inizio agli studi scientifici su tessuto (Museo della Sindone).
davanti a un segno. A un segno unico. È una realtà che rimanda a qualcos’altro. È un aiuto. Un aiuto che ci guida verso colui a cui rivolgiamo la nostra fede che è Dio e il suo volto rivelato in Cristo. È quello il volto che noi cerchiamo e che serviamo”. Il ruolo dei volontari L’imponente struttura che porterà milioni di pellegrini a Torino si reggerà sul lavoro di migliaia di volontari. “Le ostensioni non sarebbero neppure immaginabili senza i volontari”, dice don Gottardo, “sono loro la prima risorsa. Si occupano di tutto, dall’accoglienza ai pellegrini, anche quelli con esigenze speciali, alla logistica, alla gestione delle infrastrutture. A Torino c’è una tradizione consolidata e molti
volontari sono già alla seconda, terza ostensione. Qualcuno era presente anche a quella del 1978. Mettono in campo un patrimonio di esperienza che consente la riuscita di un evento di queste proporzioni”. A guidare i volontari è Lorenzo Ceribelli, responsabile della segreteria dell’ostensione che è al lavoro da mesi per selezionare e formare chi ha scelto di mettersi a disposizione: “I volontari saranno 4.500. Un numero che ha superato di gran lunga le nostre aspettative. Sono soprattutto di Torino e sono una fotografia del popolo di questa città, persone che sentono moltissimo l’evento. Ognuno riceve una formazione che riguarda gli aspetti organizzativi, ma anche la storia e il significato della Sindone. Uno sforzo particolare sarà richiesto in occasione della visita di Papa Francesco, ma io
Gian Maria Zaccone direttore scientifico del Museo della Sindone fondato nel 1936 e ospitato dal 1998 nella cripta della chiesa torinese del Santo Sudario.
LorenZo ceribeLLi responsabile della Segreteria volontari dellâ&#x20AC;&#x2122;ostensione. CoordinerĂ il lavoro di 4.500 volontari.
Don roberto GottarDo presidente della commissione diocesana per la Sindone e vicepresidente del Consiglio del Comitato organizzatore dellâ&#x20AC;&#x2122;ostensione 2015.
ho ricevuto la massima disponibilità da parte di tutti. La visita è ovviamente gratuita. È necessario registrarsi al sito sindone. org o tramite il call center. Verrà creato un apposito percorso per evitare code e per preparare il pellegrino all’incontro con la Sindone. Stiamo registrando comitive da tutto il mondo con prenotazioni di gruppi composti anche da cinquecento persone”. Un telo dibattuto La Sindone non è solo una reliquia, è un oggetto di studio che continua a dividere la comunità scientifica e storica. Nel 1988 l’esame del carbonio 14 effettuato a Oxford stabilì che il lino era di un periodo tra il 1260 e il 1390. “Chiunque pensi a una data diversa è come se sostenesse che la terra è piatta”, sentenziò Edward Hall del team di scienziati inglesi. Ma se nessuno ha smentito l’attendibilità della ricerca, la scienza e la storia hanno messo in dubbio che quell’esame fosse il più qualificato a definire una data. Per alcuni studiosi la contaminazione del lino potrebbe aver alterato i parametri. Gli storici indagano invece sulle testimonianze di teli raffiguranti il Cristo antecedenti alla datazione del C14 come il mandylion che fu custodito nella città turca di Edessa sin dal VI secolo o sulle rappresentazioni grafiche come quella contenuta nel Codice Pray dell’XI secolo che ha coincidenze sorprendenti con l’immagine di Torino. “La storia oggi non ha gli elementi per autenticare una tradizione, ma non è neppure il suo compito farlo”, spiega Gian Maria Zaccone, direttore scientifico del Museo della Sindone che ha sede nella cripta della chiesa torinese del Santo Sudario. “Siamo certi che questo oggetto comparve in Francia alla metà del XIV secolo. Da allora ha
sempre saputo portare il messaggio del rapporto con la figura di Gesù e ha colmato la richiesta dell’uomo di dare un volto, un’immagine a Cristo”. Neppure con la tecnologia di oggi è possibile riprodurre la Sindone. È difficile, se non impossibile, confutare l’evidenza che il telo avvolse veramente il corpo di un uomo flagellato e crocifisso. “Ritenere che sia un falso medievale è come dire che il Taj Mahal è il prodotto della geologia” ha detto il sindonologo Ian Wilson. “Prima ancora di qualsiasi valutazione sulla sua autenticità”, spiega don Gottardo, “prima che la scienza arrivi a dire un sì o un no definitivo, già da subito chiunque guarda la Sindone può riconoscere in quell’immagine gli stessi elementi che trova raccontati nei Vangeli riguardo alla passione di Gesù. Il rapporto che si instaura tra chi guarda e la figura di Cristo attraverso la Sindone è lecito a prescindere da tutto”. Per i non credenti il telo di Torino rimarrà un artefatto, gli scienziati lo vedranno sempre come un oggetto di studio, mentre i pellegrini non rinunceranno mai a venerarlo come la testimonianza della Passione. Per tutti resta il mistero di un lenzuolo di lino sbiadito dal tempo e segnato dalla storia che rimane, nell’epoca delle certezze e delle risposte, un quesito irrisolto su cui l’umanità continua a interrogarsi.
Vince Cammarata Classe 1978, vive a Muralto. Graphic designer di formazione (Accademia di Comunicazione, Milano), ha un master of Science in Corporate Communication (USI, Lugano) e ha frequentato il Corso di Alta Formazione in Fotogiornalismo (Contrasto, Milano). Collabora anche con il settimanale Azione. vincecammarata.com
Luna Park. Fiere di luce di Marco Jeitziner; fotografie ©Flavia Leuenberger
amico o amica (il famoso “calci’n’c...”). C’erano i bulli del “punching ball” lì a mostrare i bicipiti e a spezzarsi i polsi contro una massiccia sfera di cuoio. Quante risate quando uno mancava il colpo e ruzzolava a terra!
Luoghi 44
Montagne russe, ruote panoramiche, autoscontro, tiri al bersaglio, la nave volante, il tunnel dell’orrore, zucchero filato e il “punching ball” fanno di questo luogo del divertimento, e non solo, ciò che sono oggi i moderni parchi di divertimento. Il Luna Park, un’idea americana nata alla fine dell’ottocento, così come tutti noi lo abbiamo conosciuto sin da piccini, resiste ancora oggi a forme di divertimento più moderne e molto più discutibili, come i centri commerciali. Tradizione ludica o preistoria dello svago, anche nel nostro cantone ogni anno, grazie alla passione del Pellerani di Caslano, discendente di una famiglia di giostrai itineranti, piazze e sterrati di paese si riempiono di carrozzoni colorati e strutture lampeggianti. Fauna che gira In poche ore si ergono fin sopra i palazzi quelle strutture che poi vediamo scintillare la notte come navi spaziali, che poi sentiamo vivere tra grida di divertimento e di panico, tra note di musica tradizionale o commerciale. Chi scrive da parecchi anni non ci mette più piede, ma i ricordi sono ancora vivi, indice che questo luogo ha segnato non una ma molte gioventù. Quando a Bellinzona, all’ex campo militare, da metà aprile ai primi di maggio, ci recavamo tra amici alle giostre, era ahimé la pioggia che indicava il loro arrivo, o viceversa. Il pomeriggio si perlustrava, per adocchiare le ragazze del paese che, la sera, come noi, si sarebbero poi ripresentate tutte infiocchettate. C’era chi cuccava e chi no, chi andava oltre la timidezza, le vertigini e la nausea. C’erano i “tamarri” all’autoscontro e c’erano i “sognatori” della nave dei pirati, oscillando fino alla verticale, e gli “spensierati” sulle seggiole a centrifugarsi, agganciati a qualche
Le attrazioni Un tempo c’eravamo noi, non timidi ma discreti, a bordo rampa per decidere sul da farsi. Ci andiamo o no? Quanti gettoni prendiamo? E per quanti giri? La prima volta sulle montagne russe, binari bianchi e carrozza rossa, bastò e avanzò. Nella sala degli specchi ridemmo della nostra immagine deformata, finché qualcuno il muso non lo sbatteva davvero contro uno specchio. Il tunnel degli orrori era più tunnel che orrore. Ma era la nave dei pirati il grande spasso, adrenalina pura. Si prendeva posto a una delle due estremità, ovviamente, così che, una volta in verticale a trenta metri d’altezza, il senso di vuoto ti invadeva lo stomaco. Si narrava di persone dal ventre debole che sbiancavano, svenivano o, peggio, vomitavano da lassù, e che qualche sfortunato avventore si facesse poi la doccia. Un giorno cominciammo a sentir parlare di incidenti in alcuni Luna Park. Guasti elettrici, bulloni mal fissati, pezzi di metallo che venivano sparati in aria col rischio di colpire qualcuno, e la gente che letteralmente volava, rovinando al suolo. Casi rarissimi per fortuna, a quanto pare, poiché i controlli sono severissimi e ci mancherebbe! Un luogo per film L’immagine del Luna Park è poi legata a diversi film di successo. Quello che più mi ha segnato, per ridere, era quello con le gesta di Bud Spencer che sfidava un gradasso nel lancio di un pesante oggetto, lungo un binario circolare che saliva e scendeva. Il lancio di Bud, dopo la sua caratteristica smorfia, sembrava debole ma risultò senza fine: tutta la genialità stava in questo. In molti altri film americani il Luna Park è teatro di lotte amorose, di storie dell’orrore, di mostri veri nascosti tra le finte attrazioni, di veggenti che la sanno lunga, di enormi orsacchiotti e tigrotti vinti coi fucili ad aria compressa, di bizzarri personaggi dietro al banco del tiro a segno, di buffoni che cascano in piscina, di funamboli e di fenomeni da baraccone. La realtà però, si sa, a volte supera la finzione. Poche settimane fa, in provincia di Cuneo, i giostrai hanno dovuto spiegare che, nel furto aggravato di corrente elettrica pubblica, non c’entravano niente. Questione di dignità e di rispetto, anche per chi del divertimento altrui ne fa un lavoro. Il colpevole pare fosse un misterioso signore allacciatosi abusivamente col suo camper.
Luoghi 45
Concorso. La foto del mese
Pubblichiamo la terza immagine selezionata tra quelle giunte in Redazione nell’ambito del concorso fotografico lanciato da “Ticinosette” ai lettori per il 2015. Il prossimo appuntamento è tra quattro settimane...
L’acqua di Pierre Pellegrini
Tutti possono partecipare al concorso fotografico anche se, per ovvie ragioni sono, esclusi categoricamente i professionisti della fotografia (ma non gli apprendisti fotografi e altre persone in formazione). Nel corso del 2015 i partecipanti potranno inviare una sola foto per ogni sezione, anche in tempi diversi. Abbiamo definito quattro tematiche sulle quali potete sbizzarrirvi: “la memoria”, “il sogno”, “il corpo”,
“l’acqua”. Ricordiamo che in ogni invio deve essere specificata la sezione a cui si intende concorrere, oltre al proprio nome e cognome, l’indirizzo e un recapito telefonico. Come già indicato, le immagini – che saranno accettate solo se inoltrate in alta risoluzione (300/320 ppi) in modo da consentirne la pubblicazione – dovranno essere inviate al seguente indirizzo di posta elettronica: phototicinosette@gmail.com.
Mensilmente pubblicheremo un’immagine selezionata tra quelle giunte nell’arco delle quattro settimane, e ritenuta la più interessante dal comitato di Redazione. Tra un mese verrà dunque pubblicata la quarta immagine selezionata e alla fine del 2015 le migliori saranno raccolte in un reportage. Il vincitore finale, selezionato sempre dalla Redazione, riceverà un premio in contanti di ben 400 franchi.
Lino ficcanaso favola scritta da una nonna di cui si sono perse le tracce... illustrazione ©Ursula Bucher
U
n giorno non troppo lontano, in un paese ancor più vicino, viveva un bimbo di nome Lino. Era alto quattro spanne di gigante, o forse meno ancora, e aveva gli occhi color cioccolato, le dita spesso sporche di marmellata e un sorriso contagioso come la scarlattina. Gli piacevano le formiche, che seguiva per ore nelle loro ricerche, gli aquiloni colorati, che faceva volteggiare con destrezza, e le corse in bicicletta, che gli sbucciavano quasi sempre le ginocchia. Quel che però Lino adorava di più, era curiosare. Ovunque e di nascosto. Ogni scatola di latta, di stoffa o di cartone, per lui non aveva più segreti. Persino il baule in fondo alla cantina buia era stato aperto dalle sue dita imbrattate di confettura alle fragole. Ma vi aveva trovato solo una montagna di pigne… Nulla era stato risparmiato agli occhi vispi di Lino, nulla tranne la soffitta. Entrare lì era assolutamente proibito. La mamma ed il papà erano stati molto chiari: “prova ad aprire quella porta e…”. No, non ci doveva andare e, in fondo, a pensarci bene, non la voleva neppure vedere quella soffitta. Era quella dei nonni. Che gli importava? Non li aveva mai nemmeno incontrati. Se n’erano andati molto tempo prima, quando lui era ancora grande come un’unghia di gigante nella pancia della mamma. Non l’avevano voluto conoscere e lui non voleva conoscere loro. Così Lino continuò a rovistare fra i segreti della sorella, negli aghi da cucito della mamma e sotto i sigari di papà. Ben presto però Lino crebbe di mezza spanna e con lui il suo naso curioso che ebbe voglia di infilarsi in avventure sempre più intriganti. Fu così che la porta della soffitta venne aperta di soppiatto un giorno in cui i genitori non c’erano. Non era buia come se l’era immaginata. I raggi del sole la rischiaravano tutta e il gioco di luci che entrava dagli abbaini sul tetto gli diede coraggio. Non vi era un solo granello di polvere, come se qualcuno la tenesse accuratamente pulita. Era stracolma di oggetti, bauli e ricordi. Lino andò dritto ad aprire un armadio che stava accanto alla porta. Gli occhi color cioccolato gli si spalancarono di gioia. Davanti a lui c’erano un abito da sera luccicante, un frac con un farfallino nero e delle scarpe da tip-tap. Ballerini! Ecco cos’erano i suoi nonni! Chissà quante sale da ballo li avevano visti volteggiare in quegli abiti stupendi! Si mise la giacca del nonno e balzò su di un baule ondeggiando. Lo sguardo gli cadde però subito su dei pattini con la lama color argento e un bastone da hockey. Accanto a loro vi erano una pelliccia e un colbacco. Un giocatore di hockey, questo doveva esser
stato suo nonno! E la nonna? La immaginava bellissima, avvolta nella sua pelliccia ad assistere alle partite. Con il bastone Lino fece per tirare il disco in una porta immaginaria, quando vide un cofanetto di medaglie e una fascia da crocerossina. Generale! Un nonno generale con sei medaglie al petto! Come non avrebbe potuto innamorarsi di lui la nonna che curava i feriti della guerra? E quel caschetto da pompiere? Se l’avesse conosciuta così la nonna? Salvandola da un rogo di una casa? Una cosa era certa, suo nonno era un eroe e lui, come diretto discendente, si sentiva protagonista delle sue sconosciute avventure. Il baule più bello non era però ancora stato aperto. Lino alzò il coperchio con esitazione, il contenuto era di certo prezioso. Fogli, lettere, quaderni. Carta ormai ingiallita ma perfettamente leggibile riempiva la grossa cassa di legno intagliato. Le manine di Lino presero con cura il primo foglio: “Prendi la palla che gioca tra le mani, prendi la corda saltella sopra i nani, bacia la sposa e falle mille auguri salta, saltella laggiù con i canguri” Una filastrocca! Lino la recitò una volta e poi una seconda e una terza ancora, saltellando per la soffitta. Ma non si trattenne e corse subito a prendere un quaderno: “Porta acqua turchina che disseti ogni fatina, porta acqua celeste che si beva alle feste, porta acqua pulita e la bella è servita!” Che sorpresa! Il baule era pieno di filastrocche, fiabe, racconti, storielle! E tutte erano di certo per lui! Lino esplose dalla contentezza e ringraziò i nonni per quel meraviglioso regalo che forse un giorno avrebbe trovato il modo di trasmettere ai suoi nipoti. “Perché i nonni, ovunque essi siano, hanno sempre una storia da raccontare, che sia per farti addormentare, sognare o ballare!”
LastoriaquipresentataèstatapubblicatainIlumideinonni (volume oggi esaurito), edito dalle edizioni Nonsolostorie nel 2007. Si ringrazia l’associazione ABBA - Abbastanza per tutti (abbach.org) per la gentile concessione. Tutti i diritti sono riservati.
Fiabe 47
Vite su una l Tendenze p. 48 – 49 | di Daniele Fontana
È
mattina presto. La luce ancora arranca dietro le cime delle montagne, là dove il cielo si è fatto carta da zucchero. Fuori è un tripudio di canti d’uccelli. Il risveglio dell’uomo affronta l’elaborata fase della pogonotomia, l’arte del radersi, come direbbero i greci antichi. Prima una crema per ammorbidire l’ispidezza dell’incolta crescita notturna. Ancora sul limite dell’afasia di pensiero. Mentre il balsamo è impegnato nel corpo a corpo della propria azione emolliente, l’uomo affida alla doccia la missione di ripulirgli fisico e ragione. Operazione che esplode di luce energetica nel momento in cui, nudo e grondante, torna alla temperatura ambiente. Ora sì, il rito può iniziare. Acqua quasi bollente per inumidire una volta ancora il viso. Crema da barba, ma crema crema, da spalmare senza nemmeno l’uso del pennello, raffinatezza scovata in un piccolo negozio di quartiere. E poi la scelta del rasoio. Rasoio di sicurezza DE (double edge, “a doppio filo”) recita la dicitura esatta. E c’è tutta una storia lì dietro... Una storia che compie i suoi balbettamenti nella prima metà dell’ottocento nella zona di Sheffield, South Yorkshire, Inghilterra, là dove si consuma il tramonto di un mondo (quello del rasoio a mano libera) e dove appaiono i primi lucori di una nuova era. Quella di un rasoio più sicuro appunto. Certo, siamo ancora solo alla variante rassicurante del celebre antenato che sino a quel momento, per mano di tonsori, cerusici e barbieri, aveva fatto pelo e contropelo a milioni di uomini, tranciando di
passaggio non poche gole di rivali e nemici, in guerra o amore che fosse. Ma la grande rivoluzione bussa alle porte. Un’idea geniale Qualche decennio ancora ed ecco comparire il prodotto di genio: non più una lama in linea con il manico ma, giocando di perpendicolari, un rasoio a forma di “T”. Questa è la sicurezza. Subito lo spirito imprenditoriale americano coglie l’occasione. Anno 1880, i fratelli Frederick, Richard e Otto Kampfe, sassoni migrati a New York subito dopo la fine della guerra franco-prussiana, brevettano il primo rasoio di questo tipo. Il grande passo nel mondo della “pogonotomia fai da te” è compiuto. Il secondo decisivo balzo arriva un paio di decenni dopo quando
un commesso viaggiatore di Fond du Lac, capoluogo dell’omonima contea nello stato del Wisconsin, in collaborazione con un amico meccanico, dopo non poche traversie tecniche e finanziarie dà vita a una società che produce rasoi di
sicurezza con lamette usa e getta dal doppio filo (DE, appunto). Lui si chiama King Camp Gillette. L’idea è geniale e il successo rapido e vasto. Ma la via all’empireo per la Gillette Safety Razors Company arriva dall’inferno della prima guerra mondiale. Per non rendere del tutto inefficaci le maschere antigas, i soldati debbono avere volti i glabri. Ci vogliono rasoi. Tanti rasoi. Gillette vince l’appalto e piazza qualcosa come 3,5 milioni di apparecchi e 32 milioni di lamette. Milione più milione meno, la cifra totale delle perdite stimate in quella immane carneficina. Prima dell’assalto La storia continuerebbe, raccontando della competizione con altri nuovi produttori, dell’immenso mercato delle lame usa e getta, dell’entrata in scena, per la loro produzione, dell’acciaio inossidabile, che la fece finita una volta per tutte con la ruggine, nemica del fil di lama e delle ferite aperte. Ma il mio pensiero, e con lui la mano che conduce salda e leggera il mio Black Handle, si ferma lì. A quei milioni di volti sbarbati magari di fretta pri-
lama dalle sue impurità. Io, a volte, sento allora il freddo del giorno, delle notti e della morte, là fuori, pronta a cogliere corpi ancora caldi, pelli che incartapecoriscono, volti stravolti dal terrore. E acciaio, e umori. Dolori e odori. E il nulla più.
nell’immagine Il disegno del brevetto di un rasoio ideato da King Camp Gillette nel novembre del 1904
ma dell’assalto, tra fango e paura, in quello che sarebbe stato il loro ultimo mattino da vivi. A quella sterminata disseminazione di oggetti di metallo, prodotto della semplice e funzionale genialità dell’uomo, resi inerti dalla follia degli strumenti di morte ideati e costruiti da quello stesso uomo. I blog degli appassio-
nati raccontano oggi, con piacere che trasuda, della bellezza della vista del rasoio che corre dolce e sicuro lungo le linee del viso in un gioco morbido e tagliente tra crema e acciaio. E del suono, soprattutto del suono, che fa la lama quando raspa la pelle liberandola
p King Cam
Gillette
La domanda della settimana
Negli ultimi 12 mesi avete frequentato e/o giocato in uno dei casinò presenti in Ticino?
Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 16 aprile. I risultati appariranno sul numero 17 di Ticinosette.
Al quesito “Ritenete che il concetto di famiglia sia esclusivamente riferibile a un nucleo costituito da una coppia eterosessuale, cioè composta da una donna e da un uomo?” avete risposto:
SI
91%
NO
9%
Svaghi 50
Astri ariete Potrete iniziare a costruire qualcosa di nuovo. Imparate ad accettare i dinieghi. Sul lavoro non fatevi prendere dall’ansia. Discussioni in famiglia.
toro I pianeti non favoriscono l’apertura mentale: sforzatevi di essere flessibili. Avventure il 16 o il 17. Cercate l’appoggio di una persona fidata.
gemelli Controllate la vostra ambivalenza: l’indecisione vi rallenta in tutto. Possibile risoluzione di una vecchia vertenza legale. Spese voluttuarie.
cancro Attenzione a non farvi un film tutto vostro: le fantasie erotiche spesso sono tali. Ritorno di un vecchio amico. Cautela per i nati nella prima decade.
leone La vostra vanità rischia di compromettere un’amicizia: più autocontrollo. Contrasti sul lavoro per una frase mal pronunciata. Positivi il 14 e il 15.
vergine Ignorate le allusioni sul vostro conto: siate voi stessi. Confusione sul lavoro a causa di un disguido. Ricorrete all’appoggio di una persona fidata.
bilancia A partire da lunedì 13 percepirete una maggiore consapevolezza. Rivelazioni e illuminazioni. Qualche malanno di stagione. Terza decade alla grande.
scorpione La scarsa fiducia nel prossimo vi danneggia. Correte il rischio di rinchiudervi nella torre d’avorio che vi siete costruiti. Discussioni in famiglia.
sagittario Periodo molto positivo sia sul lavoro sia nelle relazioni personali. Qualche indecisione per i nati nella seconda decade. Bene il 13 e il 14 aprile.
capricorno Rinnovamenti domestici. Possibili concepimenti. Una vecchia fiamma potrebbe tornare a farsi viva. Malinconia per i nati nella prima decade.
acquario La Luna sta in cielo, non nello stagno: mirate al cuore delle cose. I single potrebbero andare incontro a incontri interessanti. Bene le prime decadi.
pesci Le relazioni familiari vanno coltivate. I nati nella terza decade vivranno un periodo di grande eccitazione e fermento. Vita di coppia in rialzo.
Gioca e vinci con Ticinosette
1
2
3
4
5
6
7
8
La soluzione verrà pubblicata sul numero 17
Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 16 aprile e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 14 apr. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!
9
10 1
11
4
12
14
13 15
16
17
18
6
19 23
20
24
25
28
21
22
30
29
31
Verticali 1. Noto film del 2010 di G. Nunziante con Checco Zalone • 2. Albergo • 3. Ingresso • 4. War Office • 5. Raganella arborea • 6. Come Dio li ha fatti! • 7. Il Miller del jazz • 8. Assaggiare, assaporare • 9. Popolo della Nuova Zelanda • 13. Dubitativa • 17. Maestria • 20. L’ombra nel deserto • 22. Serpente velenoso - 24. Nominate, prescelte • 26. Sono ottimi anche sott’olio • 27. Arbusto montano • 29. Ha la voce fioca • 32. La lingua di Cicerone • 34. Gigaro • 38. Strada alberata • 42. Chiude la preghiera • 44. Saluto amichevole • 46. Ginetta nel cuore • 47. Insetto laborioso • 48. Vezzo nervoso • 51. Consonanti in paura
27
26
32
33
34
3
35
36
37
38 7
5
39
Orizzontali 1. Gomma da masticare • 10. La capitale delle Hawaii • 11. Estate senza pari • 12. Ora • 14. Togliersi la sete • 15. L’antagonista del Milan • 16. Cuor di prelato • 18. Il Sodio del chimico • 19. Può essere mancino • 21. Responsabilità Civile • 23. Il nome della Massari • 25. Stare zitti • 28. Il nome di Pacino • 29. Restituita • 30. La fine di Belfagor • 31. Freddo glaciale • 33. Arrabbiati • 35. L’isola di Ulisse • 36. Crollo finanziario • 37. Due al cubo • 38. Un colore • 39. Pagano il fio • 40. Questa cosa • 41. Norvegia e Austria • 43. Opprime d’estate • 45. Inusuali, inconsueti • 48. Il Ticino sulle targhe • 49. La bevanda che si filtra • 50. Pance prominenti • 51. Devota • 52. La capitale greca • 53. Un cattivo fiabesco.
40 41
43
42
Soluzioni n. 13
44 1
45
46
47
9
48
T E
11
R
16
A
49
19
51
50
P
A
27
53
I
2
8
33
T E
La parola chiave è:
39
N
42
2
3
4
5
6
I
7
8
S
46
I
50
V
A
3
A
M 12
T A
L
E
G
T
A
Z
A
S
O
O
T
E
N
O
T
V
A
E
R 44
B
53
N A
A
R
E 37
43
E
A
E
R
S
Z
C O N
51
C
I
S
O
N
O
E
22
L
O
E
R
S
T
I
A 35
T
38
S
E
E
A
E
I
E V
T
54
A
O R
A R
R 52
M
T
N
E
C
P 26
41 45
15
O
E
A
I
E
18
S
L
8
14
20
I R
48
47
A
32
I S
29
P
31
40
S
L 25
28
I
A
17
7
E
I
I
O
13
6
R
R
T
A
G
S
U
Z
N
30 34
5
O
21
G
E P
N
24
4
10
N
O
N 36
1
R
I 23
52
2
E
La soluzione del Concorso apparso il 27 marzo è: CAPITONE Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Iride Santini 6528 Camorino
49
I
A
C
I
E
Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!
Premio in palio: buono RailAway FFS per l’offerta “Zoo di Zurigo” RailAway FFS offre 1 buono del valore di 100.– CHF per 2 persone in 2a classe per l’offerta RailAway FFS “Zoo di Zurigo” (viaggio in treno ed entrata) da scontare presso una stazione FFS in Svizzera. Info su ffs.ch/zoozurigo
Con RailAway FFS allo Zoo di Zurigo. Novità 2015: da maggio la nuova steppa mongola. Dal 12 maggio vi attende una nuova attrazione allo Zoo di Zurigo: la nuova steppa mongola per cammelli, yak e capre del Kashmir. Recandovi al villaggio di yurte avrete la possibilità di cavalcare un cammello oppure pernottare all’interno dello zoo. Inoltre al parco degli elefanti potrete addirittura osservare gli elefanti nuotare.
Svaghi 51
Tre secondi non hanno mai avuto un gusto così buono.
<wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2NzOxMAQA8w9zkQ8AAAA=</wm>
<wm>10CFXKIQ7DQAxE0RN5NWOvvW4Nq7CooApfEgXn_qhJWcEnX29dyxt-vZb3tnyKYO9iI3qy_OFNR7DSoqkWTE1Bf5KaSLf-50UVA8C8jcBEbfK6LozJyHbuxxd4O2mFcgAAAA==</wm>
Scoprite la nuova Delizio Viva con pausa sprigiona-aroma. La nuova Delizio Viva è piena di innovazioni tecniche che rendono il piacere del caffè e del tè ancora più intenso. La pausa sprigiona-aroma di tre secondi, infatti, produce un effetto di prebollitura che dona al vostro espresso o ristretto un aroma più ricco che mai. Nel far ciò la nuova Delizio Viva funziona sempre silenziosamente e grazie al suo design compatto ed elegante si inserisce con stile in ogni cucina.
50_158261_Delizio_210x295_Viva_TicinoSette_i_ZS.indd 1
16.03.15 14:47