Ticino7

Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–

№ 18 del 2 maggio 2015 · con Teleradio dal 3 al 9 mag.

SPOSA TRISTE

Il fenomeno dei matrimoni forzati in Svizzera ha richiesto l,intervento della politica e uno specifico programma di sostegno

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Ticinosette allegato settimanale N° 18 del 02.05.2015

Impressum Tiratura controllata 67’470 copie Chiusura redazionale Venerdì 24 aprile Editore Teleradio 7 SA Muzzano Redattore responsabile Fabio Martini Coredattore Giancarlo Fornasier Photo editor Reza Khatir Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55 Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook Stampa (carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona Pubblicità Publicitas AG Daniel Siegenthaler Muertschenstrasse 39 Postfach 8010 Zürich tel. 044 250 36 65 tel. 079 635 72 22 daniel.siegenthaler@publicitas.com dati per la stampa a: riviste@publicitas.com publicitas.ch/riviste Annunci locali Publicitas Lugano tel. 091 910 35 65 fax 091 910 35 49 lugano@publicitas.ch Publicitas Bellinzona tel. 091 821 42 00 fax 091 821 42 01 bellinzona@publicitas.ch Publicitas Chiasso tel. 091 695 11 00 fax 091 695 11 04 chiasso@publicitas.ch Publicitas Locarno tel. 091 759 67 00 fax 091 759 67 06 locarno@publicitas.ch In copertina La sposa triste Illustrazione ©Bruno Machado

4 Salute Alimentazione. L’olio di riso A CURA DELLA REDAZIONE.......................................... 7 Società Medioriente. Chi racconta ISIS? DI MARCO ALLONI ......................................... 8 Arti Pierre Boulez. L’enfant terrible DI ORESTE BOSSINI ............................................... 10 Media Cinema. L’essere crudele DI MARIELLA DAL FARRA ............................................ 12 Letture Monica Piffaretti. Affollate solitudini DI NICOLETTA BARAZZONI ....................... 13 Vitae Licia Lamanuzzi DI ROBERTO ROVEDA ................................................................ 14 Reportage Vindonissa DI MARTINA REZZONICO; FOTOGRAFIE DI PHILIPPE MOUGIN ............... 39 Fiaba Roby in panchina DI GUALTIERO GUALTIERI; ILLUSTRAZIONE DI URSULA BUCHER ............. 46 Tendenze Borse. La rivincita delle piccine DI MARISA GORZA .................................... 47 Astrofood Toro DI PATRIZIA MEZZANZANICA ED ELVIN MONTESINO ................................... 48 Svaghi .................................................................................................................... 50 Agorà Matrimoni forzati. La sposa triste

DI

AMANDA PFÄNDLER ....................................

Cibo stellato A partire da questo numero di Ticinosette, mensilmente i lettori troveranno una nuova rubrica che ci accompagnerà per i prossimi 12 mesi. I collaboratori Patrizia Mezzanzanica ed Elvin Montesino (quest’ultimo è, fra l’altro, un noto chef italiano) ci proporranno ogni mese un articolo a carattere gastronomico-astrologico.

L’idea è appunto quella di delineare, con libertà e un pizzico di umorismo, il profilo alimentare delle diverse tipologie zodiacali, introducendo, fra l’altro, alcune ricette di facile realizzazione in grado di riflettere al meglio il “temperamento” ma sopratutto i gusti e le attitudini del segno preso in esame. I più attenti a queste tematiche non potranno esimersi dal notare l’“anomalia” legata al fatto che il primo di questi articoli inizia a partire dal segno del Toro, tradizionalmente il secondo segno del ciclo

zodiacale. Il motivo è legato a fattori di ordine produttivo e di programmazione della rivista che non ci hanno permesso di fare altrimenti. Ne consegue che sarà proprio l’Ariete, il prossimo anno, a chiudere il ciclo di questa serie di articoli.

Riguardo a chi, invece, ritiene l’astrologia una disciplina indegna di essere trattata su un settimanale “serio” consigliamo, invece di inacidirsi in inutili e pedanti digressioni o in missive dai toni minacciosi se non addirittura intimidatori (come di recente è accaduto in Redazione), di cimentarsi nella preparazione di una queste ricette, una a caso. Cucinare fa bene all’anima, ci gratifica e ancor di più gratifica i nostri ospiti, consentendoci di ritrovare quella serenità interiore che talvolta, per un motivo o per un altro, ci capita di perdere.

Cordialmente, Fabio Martini

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Quelli con l’arcobaleno

La sposa triste RelAZIONI. Il fenomeno dei matrimoni forzati investe anche la società svizzera. A riguardo, nel 2012, è stata promulgata una legge e avviato un programma nazionale per migliorare la prevenzione, la consulenza e la formazione, così come la presa in carico delle persone coinvolte di Amanda Pfändler; illustrazione ©Bruno Machado

S Agorà 4

arah1 ha 17 anni e va a scuola. È una ragazza come tante.

Come capita alla sua età, è innamorata di un compagno di classe. I genitori però hanno deciso che dovrà sposare un ragazzo che non ha mai visto, che abita lontano, nel paese d’origine dei suoi. Non le è permesso di vivere una relazione di sua scelta. Sarah subisce quindi una violenza psicologica e fisica da parte di alcuni componenti della sua famiglia: disperata decide di rivolgersi a un suo insegnante, una persona di cui si fida.

Quanto descritto non è successo a Islamabad, a Nairobi o in qualche sperduto villaggio nel Sud del mondo. È accaduto qui in Ticino, a una ragazza nata e cresciuta nel nostro cantone. E non si tratta di un caso isolato. Sono infatti ben cinque quelli venuti alla luce (ma potrebbero essere di più…) nel nostro cantone nel corso del 2014.

Quello dei matrimoni forzati è infatti un fenomeno che tocca da vicino anche la nostra società, tanto che per combatterlo in Svizzera nel 2012 è stata adottata una legge ad hoc ed è stato promosso un programma nazionale per migliorare la prevenzione, la consulenza e la formazione, così come la presa in carico delle persone coinvolte. Il programma prevede, nell’arco di cinque anni (2013-2017), la predisposizione sul territorio svizzero di reti operative contro i matrimoni forzati, in seno alle quali forze dell’ordine, enti statali, consultori, insegnanti e tutti gli operatori toccati dalla questione collaborano e si scambiano esperienze in materia di violenza domestica e integrazione. Una migliore collaborazione permetterà di sviluppare offerte e misure preventive per le persone coinvolte e le loro famiglie, come pure per i professionisti del settore. Inoltre, questione certo non secondaria, favorirà una maggiore protezione delle vittime.

Per la realizzazione di questo programma è previsto un investimento di due milioni di franchi. In Ticino, dall’inizio del 2014 è attivo il progetto PRECOFO. Sotto la responsabilità della delegata cantonale per l’aiuto alle vittime di reati e con una coordinatrice operativa, Sara Grignoli, il progetto propone dei provvedimenti nei settori della prevenzione, della consulenza e della formazione. È proprio ai responsabili del progetto che è giunta la segnalazione dell’insegnante di Sarah, la ragazzina ticinese pressata dalla sua famiglia a sposare un ragazzo mai visto. Informato dalla giovane, il docente ha infatti attivato un servizio di consulenza ticinese: “Con molta delicatezza”,

spiega Sara Grignoli, “si è cercato di favorire la comunicazione e il dialogo tra la giovane e i suoi familiari. Le pressioni nei confronti della diciasettenne sono cessate. La famiglia è tuttora seguita e monitorata da un servizio specializzato”.

Qualche distinzione Ma facciamo un passo indietro: il concetto di “matrimonio forzato” fa riferimento a una forma precisa di violazione dei diritti umani. Occorre distinguere questo fenomeno da altri come quello dei “matrimoni combinati”2 e i “matrimoni fittizi”3. Per “matrimonio forzato” in realtà s’intendono tre tipologie di situazioni in cui la cerchia familiare, gli amici o altre persone esercitano una pressione su un individuo riguardo a un matrimonio, a rapporti sentimentali o a un divorzio. La prima è quella cui, in genere, si pensa quando si parla di matrimonio forzato, ovvero la pressione su un soggetto affinché accetti un’unione che non desidera. La seconda tipologia riguarda quei casi in cui una persona viene costretta a rinunciare a una relazione sentimentale di sua scelta, la terza – tra l’altro anche la più frequente – comprende tutti i casi nei quali viene esercitata pressione su qualcuno affinché rinunci a chiedere il divorzio (che il matrimonio sia stato contratto volontariamente o no).

Un fenomeno “nebuloso” È difficile se non addirittura impossibile quantificare con esattezza il fenomeno dei matrimoni forzati. E questo per varie ragioni: innanzitutto per la dimensione soggettiva della nozione di coercizione. Spesso inoltre le persone colpite appartengono a quella che si potrebbe definire la “popolazione nascosta” (cioè che ha poco o per niente a che fare direttamente e personalmente con le istituzioni e il resto della società). È inoltre impossibile giungere a una rappresentatività statistica in termini di istituzioni interrogate. Quando si parla di cifre, quindi, bisogna tener conto che si tratta di mere stime. Detto questo, secondo uno studio4 commissionato dal Consiglio federale in Svizzera, nel periodo 2009-2010 si sono registrati 348 casi riferibili alla prima tipologia, 384 alla seconda e 659 alla terza. Per quanto riguarda l’identikit delle vittime di matrimoni forzati nel nostro paese, si tratta essenzialmente di donne, la maggior parte proveniente dai Balcani, dalla Turchia e dallo Sri Lanka (che sono però anche tra i principali paesi

Agorà 5

di origine degli stranieri residenti). Benché “secondo lo studio, l’81% delle persone che si rivolgono ai servizi in Svizzera siano di origine straniera, il 7% abbia la doppia cittadinanza e il 12 % sia di nazionalità svizzera, il fenomeno non riguarda solamente le culture straniere”, aggiunge la coordinatrice del progetto PRECOFO. “I casi di matrimonio forzato possono coinvolgere direttamente o indirettamente anche persone nate e cresciute in Svizzera. Pensiamo, per esempio, ai casi della seconda tipologia nei quali la coercizione può interessare anche il partner della persona coinvolta”. Anche gli uomini possono essere vittime di matrimonio forzato, si parla di una percentuale che va dal 10 al 20% a seconda delle statistiche, anche se potrebbero essere di più. In genere, infatti, si rivolgono meno facilmente alle istituzioni per chiedere aiuto. Va comunque precisato che gli

uomini in questi casi hanno di norma un margine di manovra e risorse maggiori rispetto alle donne: possono più facilmente avere una relazione extraconiugale, in genere sono loro che guadagnano, inoltre è meno probabile che subiscano violenze domestiche all’interno del contesto matrimoniale.

Forte incidenza di violenza I matrimoni forzati sono accompagnati da un grado elevato di violenza di vario tipo. La violenza psicologica si riscontra nella grande maggioranza delle situazioni, a prescindere dalla tipologia (tra l’88 e il 95% dei casi secondo la tipologia). Le persone costrette a restare sposate subiscono più spesso violenza fisica (57%) e violenza sessuale (29%), mentre nelle altre due tipologie questo fenomeno è quasi del tutto assente. La terza (...)

“È indispensabile sensibilizzare le persone che potrebbero essere interessate dal fenomeno (giovani, genitori e famiglie, comunità) spiegando che il matrimonio forzato è illegale in Svizzera e che è possibile trovare una soluzione con l’aiuto dei servizi attivi in Ticino che offrono informazione e consulenza” (Sara Grignoli)

tipologia di matrimoni forzati, ovvero quella che comprende i casi nei quali viene impedito alla vittima di divorziare, non è dunque soltanto la più importante in termini di incidenza ma anche quella maggiormente caratterizzata dalla presenza di violenza fisica. Violenza che impone di non sottovalutare il problema – precisa Sara Grignoli – anche se non si tratta di un fenomeno di vastissima portata.

Agorà 6

In Ticino una rete di intervento In Ticino, come detto, è attivo il progetto PRECOFO. Nella pratica, illustra la coordinatrice, è stata creata una rete operativa, sensibilizzata sul tema, che collabora per offrire informazione e sostegno alle vittime. Gli attori coinvolti sono i servizi presenti sul territorio potenzialmente deputati ad affrontare il fenomeno. Per quanto riguarda l’intervento d’urgenza, il compito è affidato alla polizia cantonale o al Servizio per l’aiuto alle vittime di reati (LAV). Si occupano poi di offrire consulenza e sostegno alle vittime, nonché di informare e sensibilizzare l’Associazione Dialogare-Incontri, il Gruppo Donne Amnesty International della Svizzera italiana, l’Antenna MayDay del Soccorso operaio svizzero e il Centro di Consulenza e informazione del Delegato cantonale all’integrazione degli stranieri. A questi si aggiungono i vari uffici cantonali, nonché i consultori e i centri di accoglienza distribuiti sul territorio.

“Si inizia”, ci dice Sara Grignoli, “con la segnalazione da parte di quegli enti e servizi che rientrano nella rete di tutela delle vittime.

Capita anche che le persone interessate si rivolgano direttamente ai servizi preposti. I casi più urgenti sono segnalati dalla polizia.

Non esiste un protocollo standard, in quanto le situazioni sono molto differenziate. L’elaborazione di un protocollo di intervento è comunque al momento un tema discusso nell’ambito del Programma federale di lotta ai matrimoni forzati. Nell’ambito del progetto ticinese è comunque stata elaborata una «Mappatura degli enti confrontati con il fenomeno dei matrimoni forzati nel cantone Ticino» e una «Guida per la collaborazione tra i servizi», strumenti che pongono le basi per l’elaborazione di un protocollo di intervento”.

Ma l’impegno contro i matrimoni forzati comprende una vasta rete nazionale: “C’è una stretta collaborazione tra cantoni che partecipano al Programma federale di lotta ai matrimoni forzati, coordinato dall’Ufficio federale della migrazione e dall’Ufficio federale per l’uguaglianza tra donna e uomo”, spiega Sara Grignoli.

“I responsabili e coordinatori dei progetti cantonali si incontrano più volte all’anno per uno scambio di informazioni e di buone pratiche. C’è inoltre una continua collaborazione e contatto con i responsabili del programma federale di lotta ai matrimoni forzati”.

Sensibilizzazione e impegno Come per tutti i casi di violenza, per combattere il fenomeno dei matrimoni forzati occorre reagire alle segnalazioni in modo efficace e tempestivo, così da proteggere la vittima.

Dall’altro canto: “è indispensabile”, sottolinea la coordinatrice del progetto PRECOFO, “sensibilizzare le persone che potrebbero essere interessate dal fenomeno (giovani, genitori e famiglie, comunità) spiegando che il matrimonio forzato è illegale in Svizzera e che è possibile trovare una soluzione con l’aiuto dei servizi attivi in Ticino che offrono informazione e consulenza. Inoltre, anche i professionisti che si trovano ad affrontare casi di questo genere devono essere sensibilizzati e formati in modo adeguato”.

E per il futuro? Da quest’anno è partita la seconda fase del Programma federale di lotta ai matrimoni forzati, che prevede il finanziamento di alcuni progetti. Da parte ticinese, conclude Grignoli, “abbiamo chiesto un finanziamento per il progetto PRECOFO a partire da aprile 2015. Siamo in attesa di una conferma ufficiale dalla Confederazione. È infatti di fondamentale importanza garantire continuità al progetto puntando su interventi nell’ambito della prevenzione, consulenza e formazione. Le azioni di sensibilizzazione previste permetteranno di affrontare alcune tematiche attuali e legate a quella del matrimonio forzato come, per esempio, l’integrazione, la violenza domestica e l’educazione alla relazione di genere”. note 1 Nome di fantasia.

2 Il matrimonio combinato è caratterizzato dal fatto che la scelta del coniuge è compiuta da terzi, spesso i genitori dei futuri sposi. In effetti, il matrimonio combinato rappresenta la forma di unione più comune per quasi metà della popolazione mondiale. A differenza dei matrimoni forzati, di solito i futuri sposi possono rifiutare la proposta senza temere conseguenze negative (Penn, Roger, 2011, “Arranged Marriages in Western Europe. Media Representations and Social Reality”, in Journal of Contemporary Family Studies, 42 (5): 637–650).

3 Anche se in alcuni casi i matrimoni forzati mirano all’ottenimento di un permesso di soggiorno non si possono definire matrimoni di convenienza. Con un matrimonio forzato la vittima viene costretta dalla famiglia a creare un’unione coniugale duratura, figli compresi, anche nei casi in cui l’ottenimento di un “biglietto d’entrata” per la Svizzera svolge un ruolo nel progetto.

4 Lo studio “Mariages forcés en Suisse: causes, formes et ampleur” (Neubauer&Dahinden, 2012), è stato effettuato dall’università di Neuchâtel e pubblicato dall’Ufficio federale della migrazione.

Si basa su un’inchiesta online estesa a tutta la Svizzera alla quale hanno risposto 229 istituzioni di settori diversi (integrazione, scuole, polizia, sanità, pari opportunità, lotta alla violenza domestica ecc.).

Salute L’olio di riso a cura della Redazione

Forse non tutti sanno che, come per molti altri semi e frutti (dalla zucca al lino alle germe di grano) anche i chicchi di riso permettono l’estrazione di un olio dalle sorprendenti caratteristiche. In Oriente è assai diffuso e sovente indicato come “olio della salute”, in particolare per la capacità di tenere sotto controllo la quantità di grassi nel sangue e dunque influenzare colesterolo cattivo (LDL) e trigliceridi nel sangue (leggasi malattie cardiovascolari). Questo grazie alla presenza di gamma orizanolo e alle capacità antiossidanti che inibendo l’assorbimento dell’LDL favoriscono invece il colesterolo “buono” (HDL). In più, il gamma orizanolo è antiaterogenico, ovvero previene la formazione di placche aterosclerotiche assai rischiose per il benessere cardiovascolare.

Quale scegliere?

Essendo l’olio di riso utilizzato anche nella cosmesi, al momento dell’acquisto è necessario prestare attenzione all’indicazione per “consumo alimentare”: l’olio (ricco di acido oleico, acido linoleico e vitamina E) non deve essere stato raffinato perché le sostanze più preziose si trovano proprio nella parte esterna del chicco, infatti l’estrazione avviene

dalle germe e dalle glumelle che avvolgono il chicco. Ecco perché spesso viene indicato anche come “olio di crusca di riso”. Il gusto è piuttosto delicato e si esalta nei piatti freddi: è preferibile consumarlo crudo, come condimento per le classiche insalate o nei primi piatti ma, visto il suo elevato punto di fumo, può essere anche impiegato senza riserve anche per cucinare a caldo.

L’olio di riso vergine (non raffinato) contiene sostanze antiossidanti che sono molto utili per contrastare l’azione dei radicali liberi. Inoltre, gli vengono attribuite anche virtù carminative e dunque in grado di contrastare la formazione di gas nella pancia e quella di lenire le mucose intestinali.

Benessere, dentro e fuori Come anticipato, è possibile utilizzare l’olio di riso anche sulla pelle e sul cuoio capelluto, viste le sue caratteristiche antinfiammatorie, lenitive e idratanti. Il gamma orizanolo è in grado, tra le altre cose, di assorbire i raggi ultravioletti (come gli UVA): un filtro solare alternativo e completamente naturale che, oltretutto, offre effetti calmanti e antirossore, come un recente articolo apparso sul periodico italiano Riza.

Salute naturale (febbraio 2015) evidenziava.

Naturalmente efficace contro la diarrea – per il benessere della flora intestinale. <wm>10CAsNsjY0MDCx1LUwMDSwMAMACVjpOQ8AAAA=</wm>

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Chi racconta ISIS? Di fronte alla complessità dei problemi del Medioriente il giornalismo occidentale risponde in modo generico e poco interessato ad approfondire le tematiche e a evidenziarne le voci

di Marco Alloni

Società 8

Ho assistito a una gran quantità di dibattiti televisivi dedicati al fenomeno del jihadismo. Constato due dati: jihad è sempre declinato al femminile, la jihad, non solo dai conduttori di turno – a cui vanno concesse le attenuanti del generalismo – ma anche dai cosiddetti esperti di Medioriente o terrorismo. Jihad – impropriamente tradotto con “guerra santa” – è invece maschile, e stupisce che autori di libri sull’argomento inclinino così disinvoltamente a tale errore. Altro dato: a tali dibattiti non partecipano mai interlocutori stranieri. Fatte salve rare e insignificanti eccezioni, per commentare la situazione libica, siriana, irachena non sono mai interpellati libici, siriani o iracheni.

Mi riferisco alla televisione italiana, ma il discorso non è diverso per le altre televisioni europee.

Approccio qualunquistico Ora, è ovvio che un simile meccanismo – spiegarci l’Iraq o la Siria da Milano o da Roma – non può che produrre una perversa moltiplicazione del pensiero dominante occidentale e una riduzione all’insignificanza del punto di vista autoctono, cioè della porzione di mondo in questione. Con l’altrettanto ovvia conseguenza che ci abituiamo a pensare per verità autorefenziali e a dimenticare che la verità – se mai esiste – è quanto meno multiforme.

L’insistenza a coinvolgere sistematicamente i soliti noti ai dibattiti su ISIS e dintorni finisce pertanto per tratteggiare del terrorismo islamico un’immagine stantia, uniforme e per molti versi banale che favorisce quel tipo di approccio a cui prestare l’aggettivo di qualunquistico è eufemistico.

Eppure il Medioriente è vasto. Favorire i contatti con l’intellighenzia locale non dovrebbe essere – visti i Vicariato informativo mezzi a disposizione di RAI e MediaOra, se così stanno le cose, è eviset – un’operazione così complicata. dente che siamo di fronte a un Se il povero Bonanno della Lega si è approccio alla realtà, e alla realtà spinto fino in Libia, non vedo perché del terrorismo islamico, che replica non potrebbe farlo una videocamera, La giornalista Lucia Goracci (da rai.tv) da un canale all’altro, quasi sempre magari connessa via Skype, adeguasu una linea editoriale identica, nel solco di un discorso estraneo a qualsiasi possibile dialettica tamente orientata verso un interlocutore di qualche valore. con il mondo islamico. Non mi aspetterei certo che fra gli Invece nulla, pare che persino la cronaca embedded non sia intervistati figurassero esponenti delle cellule jihadiste – più ammessa e al suo posto debbano imperversare la crosarebbe un tuffo in quell’autentico giornalismo d’inchiesta naca e il commento da studio. Cronache e commenti che a cui non siamo più abituati – ma almeno che ogni tanto si sappiamo – o che forse abbiamo cessato di sapere – del tutto udisse la voce di un intellettuale tunisino, di un sociologo inadeguati a riflettere alcunché di veramente cogente sulla iracheno o di un politologo siriano. Invece, a parlare di realtà e la complessità di quei teatri di guerra. quelle terre sono personaggi – più o meno informati dai dispacci d’agenzia – che le hanno frequentate di passaggio Visuale equina e che ben di rado le portano a testimonianza attraverso La domanda che sorge è pertanto la seguente: perché il giorpersonalità autoctone di qualche prestigio analitico e nalismo – con la sua pretesa di esaustività – trattiene i propri mezzi a tal punto? Perché non si prodiga in un racconto a intellettuale.

Non faccio i nomi perché li conosciamo tutti. Ma non 360 gradi del reale? Perché non dà voce a chi aspira a portare posso esimermi dal segnalare come questo metodo di espo- il proprio punto di vista e non trova accoglienza in nessun sizione o rappresentazione della realtà – oltre a ricadere in programma di approfondimento? Perché l’approfondimento un sistema interpretativo giocoforza eurocentrico – agisce è sempre affidato a chi non può – per ovvie ragioni esistenziasulle coscienze degli spettatori in modo assolutamente li, logistiche, culturali, linguistiche – conoscerla davvero da perverso. Lascia cioè presumere che la lettura del mondo presso? Sono domande che inquietano. È solo incompetenza possa davvero risultare significativa anche laddove non è professionale o c’è dell’altro? C’è da sperare, paradossalmente, che ci sia dell’altro. il mondo a raccontarsi ma siamo noi a farlo in sua vece.

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L’enfant terrible

Il 26 marzo Pierre Boulez ha compiuto 90 anni.

Il genio ribelle della musica del dopoguerra è rimasto ormai l’unico testimone di una rivoluzione culturale che ha provocato una frattura ancora insanabile tra il pubblico e le arti del XX secolo di Oreste Bossini

Arti 10

Pierre Boulez non è stato solo il testimone ma anche il principale protagonista di una vicenda che nel giro di pochissimi anni ha coinvolto con un impeto culturale travolgente schiere di compositori di ogni generazione e di ogni continente.

Nato a Montbrison, nel dipartimento della Loira, a due ore di automobile dalla città natale di Berlioz, La CôteSaint-André, Boulez abbandona a 18 anni gli studi di matematica per dedicarsi interamente alla musica. Alla fine della guerra, nel 1945, lascia la classe di composizione di Messiaen al Conservatorio di Parigi per approfondire i misteri della tecnica dodecafonica con René Leibowitz, ma si stanca ben presto del dogmatismo del nuovo maestro e torna con gioia dal vecchio, che da grande artista qual era lo accolse a braccia aperte come un “figliol prodigo” in cui brillava la scintilla del genio.

Strategia iconoclasta Il serialismo rimaneva in quegli anni l’asse principale della ricerca musicale, che dopo la pesante cappa di piombo imposta alla cultura europea dal fascismo e dalla guerra era tornata a fiorire in maniera prepotente, quasi con violenza primaverile. Dappertutto i giovani compositori s’interessavano alle teorie di Schönberg e alla musica dei suoi principali allievi, Alban Berg e Anton Webern. Boulez fu tra i primi a intuire la forza dirompente di quel siero ed ebbe l’idea di innestare i principi della dodecafonia sulle complesse strutture armonicoritmiche della musica di Messiaen.

Il risultato era una micidiale miscela esplosiva, che nelle mani di Boulez e di un pugno di coetanei altrettanto agguerriti travolse le deboli barriere della tradizione accademica e le

Assicurare il mio credito. <wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2N7e0NAAAEvoLTw8AAAA=</wm>

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timide remore dei musicisti che faticavano a voltare le spalle in maniera così tassativa a ogni forma di armonia tonale. Il radicale purismo di Webern, con le sue forme musicali essenziali e perfette come cristalli, indicava la strada per eliminare dalla musica ogni traccia di sentimentalismo borghese.

Se il serialismo di Webern mostrava come si potesse racchiudere il lirismo più incandescente in una scrittura musicale in cui nulla era lasciato al caso, perché non estendere il principio all’intera struttura sonora? Boulez a quel punto trascinò un’intera generazione verso una concezione compositiva in cui ogni parametro del suono, non solo l’altezza, ma anche il timbro, l’intensità e la durata, diventavano il frutto di una serie prestabilita, di un unico modulo. Riuscì nell’impresa non solo per lo sgomento del pubblico di fronte a lavori come il “Primo Libro” delle Structures per due pianoforti o Polyphonie X, ma anche per la violenza barbarica dei suoi scritti, che non lasciavano spazio a compromessi e rivelavano una tagliente intelligenza analitica.

Alcune delle sue dichiarazioni polemiche sono entrate nel lessico della musica contemporanea come “Schönberg è morto”, “qualunque compositore che non abbia sentito la necessità della tecnica dodecafonica è INUTILE”, “fate saltare in aria i teatri d’opera”.

Un francese un po’ tedesco La lunga parabola artistica di Boulez non si esaurisce però certo nella furia iconoclasta della sua prima fase. La sua presenza come compositore, direttore d’orchestra, saggista e ispiratore della vita musicale ha segnato tutta la musica del secondo novecento e dei giorni nostri. La risonanza del suo anniversario e i molteplici omaggi che le principali istituzioni musicali di ogni paese hanno voluto rendere all’artista rappresentano la migliore testimonianza dell’influsso di Boulez sulla cultura del nostro tempo. Uno dei tributi più significativi è la maratona organizzata dalla Lucerne Festival Academy il prossimo 23 agosto, un’intera giornata dedicata a celebrare il suo fondatore e direttore artistico attraverso il dialogo tra la musica di Boulez, ormai diventata un classico del repertorio moderno, e i lavori di alcuni compositori più giovani.

La natura cosmopolita del Festival di Lucerna, così come più in generale della Svizzera, si addice bene alla figura di Boulez, che tra l’altro ha donato il suo preziosissimo archivio musicale alla Paul Sacher Stiftung di Basilea, dove sono conservate anche le carte di Stravinskij e di molti altri protagonisti della musica del novecento.

La sanguinosa catastrofe della guerra aveva cancellato ogni residuo di nazionalismo nella generazione di

Nel caso in cui mi ritrovi senza lavoro. <wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2tzAwMAYAODtyUA8AAAA=</wm>

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Immagine tratta da speciali.ilcorrieremusicale.it

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Boulez, Stockhausen e Nono, che immaginavano un futuro per la musica sullo sfondo di un quadro europeo e cosmopolita. Per paradosso, un musicista così intimamente francese come Boulez ha legato il suo nome in maniera indissolubile alla vita musicale tedesca. Il suo carisma da leader ha trovato infatti la prima spontanea espressione nei corsi estivi di Darmstadt, che nella fase ruggente della cosiddetta Neue Musik hanno rappresentato la Mecca della musica contemporanea, al cui pellegrinaggio nessun compositore che aspirasse alla patente di moderno poteva sottrarsi.

Quando Wolfgang Wagner decise di togliere a Bayreuth ogni residuo

di passato nazista e d’imprimere un segno di pacificazione con la cultura contemporanea invitò proprio Boulez a dirigere lo storico allestimento del Ring nel Festival del centenario del 1976. Infine, quando Boulez decise di lasciare Parigi, in polemica con l’ostilità suscitata dai suoi progetti in seno al governo, la Germania lo accolse con tutti gli onori nella verde e colta città di Baden-Baden, dove il musicista risiede tuttora.

L’impronta francese della musica di Boulez tuttavia rimane incancellabile.

Musica e poesia La traccia più evidente di questa discendenza consiste forse nel rapporto con la poesia di Mallarmé, che ha influito in maniera decisiva sulla musica francese a partire dall’Après-midi d’un faune di Debussy. Boulez ha dedicato a Mallarmé il più intimo e toccante dei suoi capolavori, Pli selon pli, una sorta di “work in progress” iniziato nel 1957 e arrivato a una versione definitiva soltanto nel 1989. L’ambizione dell’autore era di svelare “piega

dopo piega”, nel corso dei cinque brani che formano il lavoro, “un ritratto di Mallarmé”, come recita il sottotitolo.

In realtà, la grandiosa sintesi dei principali aspetti della musica offerta da questo lavoro induce a ritenere che Pli selon pli rappresenti invece il più fedele ritratto di Boulez stesso e delle sue contraddizioni artistiche. L’importanza di Mallarmé non è legata infatti soltanto alla scelta dei testi, ma anche al debito di Boulez nei suoi confronti per quanto riguarda la definizione di una nuova estetica musicale. Mallarmé aveva immaginato, poco prima di morire, di pubblicare una poesia (Un cup de dés jamais n’abolira le hasard) con una grafica libera dai tradizionali vincoli della pagina e del verso.

La forma del libro si fondeva con la materia poetica, senza distinzione tra cornice e contenuto, suggerendo anche a Boulez molti anni dopo una strada per risolvere i problemi della forma musicale. Il progetto venne abbandonato dopo la morte del poeta, nel 1898, ma il libro alla fine vide la luce grazie alla Nouvelle Revue Française nel 1914. Se le date hanno un valore simbolico, la storia di Pli selon pli ha origine dunque con lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914 e si conclude con la caduta del Muro di Berlino nel 1989, quando viene eseguita la versione definitiva del lavoro. Sono le date che segnano anche l’inizio e la fine del cosiddetto “secolo breve”, il novecento, il gran siècle di Pierre Boulez.

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Arti 11

L’essere crudele

“Ridi, e il mondo ride con te. Piangi, e piangerai da solo”1. Un piccolo tributo al cinema di Park Chan-Wook, regista coreano che racconta senza mezzi termini la crudeltà del vivere di Mariella Dal Farra

Che cosa distingue un regista bravo da uno geniale? Difficile definire con le parole, quello scarto invisibile, quell’ineffabile differenza, quella vertigine che ci coglie di fronte a un certo tipo di visione. E non è un caso che, proprio a partire da una “vertigine”, Park Chan-Wook abbia deciso di realizzare film: e cioè vedendo La donna che visse due volte (1958) di Alfred Hitchcock (Vertigo, in originale).

Media 12

Hitchcock: L’ombra del dubbio (Shadow of a doubt, 1943), ed è interessante confrontare le due versioni, pur non costituendo lo Stoker di Park un remake del “maestro del brivido”.

L’umano tragicomico Park, in effetti, non fa remake: dopo averci pensato a lungo, ha rifiutato la regia del rifacimento di Tinker Tailor Soldier Spy (La talpa, 2011) Sublimare la violenza perché temeva di “rovinare” l’adattaSudcoreano, classe 1963, Park è noto mento della BBC del 1979. Gli altri, al soprattutto per la cosiddetta “tricontrario, tentano di rifare lui, come logia della vendetta”, costituita da è successo a Spike Lee che, nel 2013, Sympathy for Mr. Vengeance (2002), ha diretto la versione americana di Old Old Boy (2003, Gran Prix al festival Boy (e francamente non se ne capisce di Cannes 2004) e Sympathy for Lady il motivo). O come si appresta a fare Vengeance (2005). Tre storie distinte, Charlize Theron, che ha acquistato i caratterizzate da trame d’inusuale diritti per il remake di Lady Vengeance. complessità; tre digressioni sul tema Ma la peculiarità del suo sguardo, crudella rappresaglia, rappresentata come dele e, al tempo stesso, intensamente ineluttabile anche se, o forse proprio compassionevole, non si presta a essere perché, perfettamente inutile. C’è riprodotto. Dopo essersi affermato qualcosa di shakespeariano nel modo in patria con l’acclamatissimo Joint in cui Park tratta l’atto della vendetta: Security Area (2000), un “mysteryun imperativo al quale non ci si può thriller” ambientato sul confine fra le sottrarre, una pulsione che pare incodue Coree4, il regista si è conquistato ercibile, una “sete” di espiazione che il diritto di dare piena espressione alla La locandina del film Thirst (2009) non è mai risolutiva. sua vena più autentica, con risultati di Non stupisce, quindi, che una delle fatto sorprendenti. cifre distintive del suo cinema sia la crudeltà, intesa proprio E nonostante lui affermi con modestia di non realizzare film nel senso etimologico di “crudo” (dal latino crúdus, “duro, autoriali, in quanto “l’assenza d’uno stile consistente è quanto acerbo”, ma anche crúor, “sangue rappreso”). Una crudeltà più mi allontana dal genere «d’autore»”5, la sua produzione stilizzata, intessuta d’implacabile umorismo, che non de- è contraddistinta da un tratto inconfondibile: la capacità grada mai in violenza. Ovvero, la violenza c’è, eccome, ma di rappresentare l’essenza tragicomica della condizione trasfigurata, e come sublimata. umana con un’efficacia che appartiene ai classici, ma che La “cifra crudele” trova espressione nell’interesse di Park Park Chan-Wook riesce a reinventare in forme inedite e del per il sangue, inteso nei suoi molteplici significati simbolici. tutto originali.

Prima di tutto cristiano, com’è particolarmente evidente Detto questo, non resta che attendere le prossime due uscite, in Thirst (2009), film che ha come personaggio principale entrambe previste per il 2016: Fingersmith (produzione sudcoun prete cattolico che diventa vampiro per motivi umani- reana) e Secondborn (americana). Buona visione. tari2. Ma anche il sangue dei (talvolta incestuosi) legami note familiari, come quello, “cattivo”, che scorre nella famiglia 1 Old Boy, 2003. protagonista di un film che di “vampirico” ha soltanto il 2 Confessione diffusa nel 10,9% della popolazione sudcoreana; titolo (Stoker, 2013). lo stesso Park ha avuto un’educazione cattolica.

3 Scritta da Wentworth Miller, attore noto per la serie Prison Break.

Prima produzione americana del regista, Stoker è un’incan4 È stato il lungometraggio che ha guadagnato di più in assoluto tevole favola nera che, nonostante un “linguaggio” più nella storia cinematografica della Corea del Sud. Ha vinto il Blue occidentale, conserva intatto l’impatto estetico a cui Park Dragon Film Awards nel 2000 e il Gran Bell Awards nel 2001. ci ha abituato. La scelta della sceneggiatura3 è stata in par- 5 Un’intervista a Park Chan-Wook è visibile all’indirizzo http:// www.cinemadelsilenzio.it/index.php?id=657&mod=interview te motivata dall’essere una rilettura di un altro classico di

Letture Affollate solitudini di Nicoletta Barazzoni

Monica Piffaretti con il suo nuovo romanzo scava nei luoghi della psiche umana, dando voce alle emozioni di un giovane ragazzo.

La metamorfosi di Riccardo, figlio di papà, circondato dall’agio ma da tanta superficialità, inizia con un viaggio all’inverso, dentro se stesso. Il viaggio per eccellenza più faticoso che svela un giovane dall’animo sensibile, figlio di genitori ipocriti, e di un perbenismo piccolo borghese. Ricorrendo all’ameba e al delfino, la Piffaretti costruisce dialoghi che evidenziano la personalità dei personaggi, facendo emergere con acuta osservazione le storture della società in cui viviamo.

La vicenda racconta di un viaggio nell’amore, nella speranza e nel passato. Ma soprattutto ricostruisce a ritroso un viaggio nell’io di un ragazzo che pur nato nell’abbondanza di denaro vive però una vita anaffettiva per mancanza d’amore. Riccardo, personaggio fragile che si rivela molto introspettivo, cade in depressione e tenta il suicidio. Dopo aver conosciuto, durante una crociera, la ragazza senegalese Génial, e essersene innamorato,

da ameba si trasforma in delfino, rinascendo dalle acque di un mare nostrum, specchio di splendore e specchio di tragedie. Génial lo salva dal suo squallore, restituendogli la voglia di vivere. Ma a un certo punto la ragazza scompare. Impiegata come donna delle pulizie sulla nave da crociera Sinfonia blu viene licenziata. Riccardo dopo tanti anni crede di averla ritrovata e parte per l’Africa. I giorni del delfino si snodano da Losanna al Senegal.

Con questo romanzo, dopo aver letto Il mistero della casa di marzapane (SalvioniNarrativa) abbiamo trovato Monica Piffaretti impegnata in una stesura stilistica diversa dai suoi precedenti lavori. Ricco di metafore che spesso leniscono i tormenti della storia, il libro contiene vicissitudini umane in cui riconosciamo il nostro vissuto di genitori.

La poesia di Giuseppe Ungaretti Nostalgia sottolinea l’atmosfera poetica.

Ci è piaciuta in particolare l’analisi dell’animo umano con cui l’autrice preme nelle piaghe esistenziali di esseri umani fragilizzati e in dissolvenza, e di chi vive affollate solitudini.

I giorni del delfino di Monica Piffaretti SalvioniNarrativa, 2014

Mini pausa alla

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H

o sempre avuto attenzione per tutto ciò che è creativo, e mi è sempre piaciuto mettere in pratica la mia creatività, realizzarla, fin da bambina, quando cucivo i vestiti per le bambole. Per esempio, ricordo che mi sono costruita un pianoforte con una scatola da scarpe. Ecco, il mio amore per la progettualità è nato da queste piccole cose, pian piano, anche perché non vengo da una famiglia di architetti. Fare architettura è stata, quindi, una scelta tutta mia, anche abbastanza “forte” perché mi ha costretta a lasciare la mia città, Bisceglie, in Puglia per andare a studiare a Pescara. All’epoca l’università era una baraonda, c’erano pochissime aule e seguire le lezioni e studiare era davvero complicato. Così decisi di tornare a Bari iscrivendomi a ingegneria, ma ho vagato per le facoltà: la mia strada rimaneva l’architettura. Tornata a Pescara mi sono laureata con grande soddisfazione e durante il corso di studi ho partecipato attivamente alla vita universitaria, facendo ricerca, pubblicando un libro, ma anche prendendo parte agli emozionanti movimenti studenteschi.

Dopo la laurea e qualche anno di pratica, con un amico ingegnere e tanto impegno ho avviato lo studio professionale a Bisceglie. Nel 1996 (a trentadue anni), pur se non proprio a cuor leggero, ma fiduciosa che mi sarebbe bastata una matita per rifondare uno studio di architettura, mi sono trasferita in Ticino per seguire mio marito e insieme costruire la nostra famiglia. Entrambi veniamo da un luogo sul mare ed è proprio l’orizzonte, questa assenza di limite che mi porto dentro, che, a volte, sento come differenza da chi è nato in Ticino, circondato dalle montagne. Quelle stesse che, se è pur vero che arginano lo sguardo ponendosi come una barriera fisica, è altrettanto vero che invitano a immaginare meravigliose vallate. Anche ora dopo vent’anni in Svizzera mi rimane questo forte senso di curiosità, di attesa che dal “mare”, da lontano arrivi qualcosa o qualcuno di nuovo. Devo però anche dire che non vivo di nostalgie e ho sempre fatto di tutto per sentirmi parte del luogo in cui abito, per integrarmi. Io e tutta la mia famiglia, per esempio, abbiamo scelto di diventare cittadini svizzeri,

pur se il mio accento non tradisce le mie origini.

Comunque, da quando sono arrivata in Ticino sono sempre stata molto positiva, molto fiduciosa.

All’inizio era più importante costruire la nostra famiglia e dedicarmi ai figli mentre crescevano, che occuparmi a tempo pieno della mia professione. E nonostante ciò appena giunta in Svizzera ho parificato il mio titolo di studio così che da subito ho portato avanti piccoli progetti. Poi, con i figli più grandi, ho avviato il mio studio a San Pietro e ho ricominciato a dedicarmi all’architettura che per me è cultura dell’abitare tesa al dialogo armonioso tra spazi chiusi e aperti per dare ad essi identità oltre che qualità.

Per me anche il giardino fa parte del progetto della casa, è una stanza a cielo aperto e non uno spazio esterno ad essa, delimitato da una siepe. Mi piace pensare che ogni progetto sia una crescita con il committente e non solo la meccanica esecuzione di un compito… che ogni luogo, pubblico o privato che sia, possa essere reso accogliente, abitabile.

Oggi mi occupo con attenzione del rapporto tra spazi privati e pubblici provando a dare un contributo al miglioramento della qualità dei nostri quartieri residenziali, invitando così a passeggiarci, ad abitarli.

Ci sono spazi nelle nostre cittadine che pur attraversando quotidianamente, non notiamo. Eppure basterebbe poco per trasformarli in luoghi dove incontrarsi o passeggiare, luoghi di cui le nostre città andrebbero arricchite.

Per esempio, un paio di anni fa a Natale ho allestito un’installazione di fronte al municipio di Stabio. Quello spazio, attraversato solo per recarsi agli uffici comunali, è diventato un luogo attraente e meta di passeggiate. Penso che sia indispensabile recuperare la dimensione etica della professione di architetto per ridare qualità alle città. Esiste una relazione tra qualità dello spazio e qualità della vita: se gli spazi sono belli si è più felici. Ci vuole poco per ottenere questi risultati. Basta dedicarsi con passione ed entusiasmo al proprio mestiere.

LICIA LAMANUZZI

Vitae 14

Fin da piccola ha sempre amato progettare e realizzare le sue idee.

Oggi è architetto, una professione che le permette di creare spazi accoglienti e armoniosi in cui vivere, se possibile, felici...

testimonianza raccolta da Roberto Roveda fotografia ©Flavia Leuenberger

VINDONISSA

L’EREDITÀ DELL’IMPERO

A Windisch, nel canton Argovia, si ha l’occasione di compiere un salto nel tempo visitando gli importanti resti dell’unico campo legionario romano della Svizzera, una struttura che ha svolto nel passato, oltre a un ruolo strategico e militare, una funzione economica e sociale rilevante per la regione di Martina Rezzonico; fotografie ©Philippe Mougin

sopra: particolare dellâ&#x20AC;&#x2122;anfiteatro di Vindonissa: in apertura: la moderna porta dâ&#x20AC;&#x2122;ingresso sul lato meridionale, edificata nel punto in cui iniziava la Via Praetoria

L’

antica Vindonissa trae le sue origini da un abitato tardoceltico situato su uno sperone da cui gli Elvezi controllavano la zona di confluenza dei fiumi Aar, Reuss e Limmat. Durante la campagna alpina dell’imperatore romano Augusto (15 a.C.) venne eretta in questo luogo d’importanza geostrategica una postazione militare, trasformata in seguito, sotto il regno di Tiberio (14–37 d.C.), in campo legionario.

Una cinta muraria di 1,8 km racchiudeva il campo a pianta poligonale esteso su circa venti ettari, costruito e ampliato dalle legioni XIII Gemina, XXI Rapax e XI Claudia. Quest’ultima fu trasferita nel 101 d.C. dall’imperatore Traiano nella regione del Danubio: con l’espansione dell’impero romano Vindonissa si era infatti ritrovata a 250 km a sud del confine, perdendo così la sua funzione strategica. Il campo legionario fu evacuato, ma l’insediamento civile formatosi all’esterno delle mura perdurò, anche se solo come semplice abitato. Dalla metà del III secolo la situazione politica mutò nuovamente: il limes arretrò sulle rive del Reno e del Danubio e la regione di Vindonissa venne quindi a trovarsi di nuovo nella zona di confine dell’impero. Un nuovo insediamento fortificato, chiamato castrum Vindonissense, è attestato nelle vicinanze dell’ex campo militare. Ancora in epoca altomedioevale Vindonissa, ora col nome di Vinse, mantenne le sue funzioni di centro regionale, in quanto sede episcopale e della zecca.

La presenza militare nelle province aveva un importante ruolo economico e culturale, e attirava sempre un seguito civile. Così fu anche per Vindonissa: con l’arrivo dei soldati si svilupparono infatti quartieri civili all’esterno del campo.

Questi occupavano almeno 45 ettari e ospitavano circa 10.000 abitanti (famiglie dei soldati e popolazione locale); vi erano fra l’altro un anfiteatro, delle terme, dei templi, un attracco per le barche, edifici artigianali e necropoli. Sono attestati inoltre stretti legami economici fra il campo e la campagna circostante e anche i 6.000 soldati della guarnigione con il loro soldo contribuivano in modo rilevante allo sviluppo economico di tutto l’Altipiano svizzero. Non bisogna dimenticare che pure in ambito culturale il campo legionario nel I secolo d.C. rappresentò una delle principali (...) fonti per la romanizzazione del nord della Svizzera.

Ricostruzione di un triclinio nella casa di un ufficiale

Piccola fontana a forma di conchiglia

Una sala del Museo archeologico di Brugg

A spasso nel passato Per potersi immaginare meglio come vivevano i soldati e la popolazione civile duemila anni fa si può visitare il museo archeologico a Brugg1 e seguire il “cammino del legionario” (Legionärspfad) che mostra alcuni dei siti scoperti. Possiamo, per esempio, sperimentare in che situazione angusta vivevano gli otto legionari che si dividevano un contubernium grazie alle baracche che sono state fedelmente ricostruite usando materiali e tecniche dell’epoca (vi si può pure pernottare, se lo si desidera).

Sono visibili i resti di tre delle quattro porte principali del campo e parte della via praetoria che conduceva al quartier generale (principia) e alla residenza del comandante della legione (praetorium). Fognature, latrine, terme e ospedale erano molto importanti per il mantenimento dell’igiene nel campo legionario. Si possono visitare una parte del canale di scarico principale – alto due metri e largo uno e quindi comodamente percorribile –, i bagni pubblici dell’insediamento civile (parte dell’arredamento lussuoso delle thermae legionis è esposto nel museo) e la ricostruzione fedele di un ospedale da campo – nell’ospedale del campo legionario (valetudinarium), grande 4.500 m2, oggi non più (...)

Meridiana solare, replica di un originale rinvenuto nel corso degli scavi

i

Vaso in ceramica con decorazioni geometriche

Testa di giovinetta in terracotta rinvenuta nell’area ovest del sito

Statuetta in terracotta

Anfora proveniente dal Campo dei legionari

Philippe Mougin Nato a Parigi nel 1969, vive e lavora a Losanna. Fotografo professionista freelance da diversi anni, si è specializzato nella fotografia in bianco e nero che interpreta alla luce di una visione intimista e di una raffinata ricerca grafica. Nel 2006 ha inaugurato un nuovo progetto fotografico, “L’âme de fond”, utilizzando tecniche di lunga esposizione e lavorando con il formato 6x6 cm, a cui sono seguite le serie “Melody”, “Only a dream in Rio” e “Aventicum”. Molti dei suoi lavori sondano il modo in cui le esperienze che ogni essere umano sperimenta influenzano la percezione di ciò che gli sta attorno, e a sua volta stimola l’immaginazione degli spettatori. I suoi lavori sono presenti in numerose gallerie e collezioni private. philippemougin.com

Un monumento in vendita È notizia recente (giovedì 23 aprile) che il più antico anfiteatro romano in Svizzera, quello di Vindonissa presente in queste pagine, è stato messo in vendita dalla Confederazione. Come riportato in molti portali internet e anticipato dal quotidiano Blick, “Berna ha chiesto al Canton Argovia e al comune di Windisch se sono interessati a rilevare l’anfiteatro. Se non lo saranno, si terrà una vendita pubblica”, ha affermato all’agenzia ATS Jonas Spirig dell’Ufficio federale delle costruzioni e della logistica (UFCL). “Normalmente i beni culturali sono di proprietà dei Cantoni. Tuttavia, ci sono edifici che per ragioni storiche appartengono alla Confederazione, ha spiegato Spirig. Tra di questi figura anche l’anfiteatro di Vindonissa, restaurato pochi anni fa per circa cinque milioni di franchi” si legge ancora nell’agenzia stampa.

All’interno di una delle sale del Museo archeologico di Brugg

visibile, i medici e sanitari potevano curare fino a trecento legionari feriti o malati.

Per il benessere delle truppe serviva naturalmente anche del buon cibo. I soldati mangiavano e si divertivano nelle taverne, gli ufficiali di rango elevato organizzavano banchetti nelle proprie dimore. Di una di queste case è visibile anche la cucina in stile mediterraneo. Grazie agli scarti di cibo trovati possiamo immaginarci anche la prelibatezza delle pietanze preparate: porcellini da latte, uccelli canori, selvaggina, sgombri del Mediterraneo e ostriche attestano la pratica di una squisita cucina mediterranea nel mezzo della provincia elvetica.

Per funzionare il campo legionario necessitava di acqua corrente e quindi di condutture che la distribuivano dove necessario. L’acquedotto di Vindonissa è stato fino al 1897 l’unica fonte di acqua potabile per gli abitanti di Windisch e alimenta ancora oggi una fontana: si tratta pertanto della

più antica costruzione tuttora funzionante della Svizzera.

Come le terme e gli acquedotti anche gli anfiteatri erano simbolo della civilizzazione romana. L’anfiteatro di Vindonissa – il più grande e antico della Svizzera – si trovava fuori dal campo. A chi sta in mezzo all’arena basta un pizzico di fantasia per udire nuovamente le urla d’incitamento degli 11.000 spettatori fra legionari e popolazione civile e sentirsi parte di un passato che in fondo non ci è nemmeno tanto estraneo. note 1 Il museo, la cui esposizione permanente è stata recentemente rinnovata, ospita fino al 27 settembre 2015 anche l’interessante mostra “Röstigraben” che fa vedere come differenti culture convivevano già nell’antichità. Inoltre ci si può immergere nel passato partecipando al “Römertag” (che quest’anno si svolgerà domenica 3 maggio), una festa che fa rivivere i tempi di celti, romani e cavalieri. Per informazioni: vindonissa.ch

Roby in panchina Gualtiero Gualtieri (e di Anonimo, forse cinese) illustrazione ©Ursula Bucher

“C

Fiabe 46

he muso lungo, Roby! Un nipotino così triste non l’avevo mai visto!”

“Lascia perdere nonno! Non cominciare anche tu come mamma e papà...”

“Ma almeno posso sapere perché sei tanto di cattivo umore? Cosa c’è?”

“C’è... c’è... c’è che domani comincia il torneo di calcio dei pulcini e io sarò in panchina! Riserva, capisci? Io riserva! A guardare gli altri giocare...”

“Quando si fa gioco di squadra gli ordini dell’allenatore non si discutono...”, rispose il nonno.

“Sì, però, all’ala destra ha messo Karim al mio posto...”

“E cos’ha Karim più di te?”, domandò ancora il nonno.

“Beh... lui segna più spesso... Ma io corro più forte e non mi stanco mai... E invece lui sarà in campo e io in panchina...”

“E chi ti dice che sia una sfortuna?”

“Cosaaaaaa??? Ma nonno!!!”

Roby non credeva alle sue orecchie: ogni volta che parlava con il nonno si sentiva capito, più che dal papà o dalla mamma, e anzi, spesso il nonno riusciva anche a dargli dei consigli utili e preziosi. Ora invece sembrava che non avesse capito la sua profonda tristezza per quello che stava vivendo.

“Vieni qui, piccolino, siediti accanto a me sulla panchetta che ti racconto una storia di tanto tempo fa...”

“Sì, le conosco le tue storie nonno: c’era una volta una principessa...”

“Non proprio... ascolta: C’era una volta, in un paese lontano lontano... un vecchio contadino cinese che aveva un figlio e un cavallo. Capitò che una notte il cavallo riuscì a fuggire dalla stalla e se ne andò.

Allora tutti, amici e vicini, dissero: “Poveretto, che sfortuna”.

Ma il vecchio cinese rispose: “Chi vi dice che sia una sfortuna?”. Infatti, qualche giorno dopo, il cavallo ritornò a casa in compagnia di una cavalla selvaggia. E allora tutti dissero: “Che fortuna! Ora hai due cavalli!”

Ma il vecchio rispose: “Chi vi dice che sia una fortuna?”.

E infatti il figlio del contadino, nel tentativo di domare la cavalla selvaggia, cadde e si ruppe una gamba. Di nuovo il coro ripeté “Che sfortuna!”

E di nuovo il vecchio rispose “Aspettate a parlare!”

Infatti scoppiò la guerra e tutti i giovani furono chiamati a combattere. Tutti, tranne il figlio del contadino che aveva una gamba rotta...

“E allora anch’io, nonno, dovrei dire che la mia non è una sfortuna?”

“Precisamente, Roby. Sono poche le cose che ci capitano nella vita di cui possiamo dire con assoluta certezza che sono del tutto buone o del tutto cattive. Le cose che ci capitano non sono mai del tutto nere o del tutto bianche,

più spesso sono grigie, cioè un po’ bianche e un po’ nere...

Tutto sta nel sapere aspettare, nell’avere pazienza in attesa di un’occasione per dimostrare quel che si sa fare…”

“Aspettare senza far niente?”

“Oh, no! Per il torneo dei pulcini, per esempio, continua ad allenarti, soprattutto a fare le cose che fai meno bene...

E accetta di stare in panchina per un po’. Anche stare in panchina è una prova di carattere, se è nell’interesse della squadra... Intanto ti eserciterai a stare calmo e a essere paziente...”

“Uffa, nonno...”

“Appunto: uno calmo e paziente non dice Uffa, nonno!”

“Ok! Lo dico ancora una volta e poi più!”

“Va bene” “Uffa nonno!”.

La storia qui presentata è stata pubblicata in I lumi dei nonni (volume oggi esaurito), edito dalle edizioni Nonsolostorie nel 2007. Si ringrazia l’associazione ABBA - Abbastanza per tutti (abba-ch.org) per la gentile concessione. Tutti i diritti sono riservati.

Piccine alla riscossa Tendenze p. 47 | di Marisa Gorza

Per decenni le donne, alla conquista di indipendenza e affermazione, si sono sobbarcate capienti maxi borse capaci di contenere di tutto e di più.

Oggi, ormai efficienti e organizzate, con un guizzo di imprevedibile femminilità sono tornate a eleggere, quali indispensabili accessori di stile, le graziose, minuscole borsette che piacevano alle signore degli anni cinquanta e sessanta

P

otremmo definirla la rivincita delle piccine: si tratta delle pochette alla francese, delle clutch all’inglese, delle bustine all’italiana, confinate in fondo ai cassetti o nei solai, quali cosette démodé. Appartenute a nonne e prozie, erano delegate a stare tra le loro mani in occasioni speciali, come matrimoni o altre cerimonie. Borsette ancora in ottimo stato, magari usate per una sola ricorrenza, per la gioia del mercato vintage. Responsabile di averle rimesse in circolazione.

Di fatto le clutch (“stringere” in inglese) stanno vivendo un momento di rinascita, a dispetto delle rassicuranti borsone utility. Non c’è maison di lusso, o mega store del fashion a buon mercato, che non le includa nelle collezioni di primavera. Basti citare la micro Pekaboo di Fendi, vincitrice poche settimane fa del premio “It bag 2015” e via con le creazioni lillipuziane di Pierpaolo Piccioli per la maison Valentino, la mini box trasparente di Genny, la bustina in rafia ricamata di Blumarine, la coloratissima Metropolis di Furla, la Rosalia, sportina piccina-picciò di Dolce&Gabbana, ispirata a vezzi d’altri tempi... Involuzione o evoluzione?

Sarà perché lo spazio è sempre più prezioso. Sarà perché la tecnologia all’avanguardia ci sta insegnando a compattare lunghe documentazioni nelle preziose chiavette USB e il telefonino ingloba PC, Organizer e iPod... la mini bag spopola, specialmente nelle versioni ridotte dei grandi classici, già avvistate addosso a blogger e celebrities.

E se vi sorge il dubbio su come farci a stare tutto, forse è il caso di rivedere cosa sia questo “tutto”... Un borsellino mignon o la carta di credito, il cellulare con incorporate le nuove app, e quanto a trucchi e ritocchini basta un bel rossetto o al massimo un campioncino di fard. Cosa altro serve a una donna moderna, realizzata e sicura di sé?

Giardino incantato Il celebre patchwork delle borse firmate Braccialini cattura tutti i colori del giardino e li declina in libere svariate composizioni geometriche. Tralci d’edera e delicate roselline, fioriture ricche e stilizzate si mescolano sul modellino a scatola dalla stampa a maiolica, rifinito dalla luccicante tracollina-catenella e dai profili nel colore delle peonie.

Un minuscolo accessorio, ma con tutto lo speciale glamour e l’atmosfera magica propri della maison fiorentina.

Questione di pelle E anche di lavorazioni inedite. La stagione riconferma lo stile senza tempo della rotonda bowling bag, gusto rétro di Coccinelle, proposta pure in taglia small. A renderla particolarmente irresistibile sono difatti le studiate dimensioni gingillo e la fresca tinta verde prato. Come pure il morbido camoscio che la costruisce e che a volte si contende la scena con speciali pelli effetto pitone e cocco.

Ulteriore dettaglio cult è la chiusura con una corposa nappina sfrangiata.

Il mare dentro la borsettina Gli spiritosi micro bauletti di Philipp Plein fanno parte della collezione estiva ispirata al mondo degli abissi marini. Così il classico monogramma dalla doppia P è esaltato da un pavé di perline e di lucide borchiette che richiamano le barriere coralline e i riflessi perlacei di misteriose creature acquatiche. Inoltre, con dettagli rubati alle gomene e alle sartie e i toni accesi colti dalle spettacolari profondità oceaniche, ecco che le borsettine racchiudono perfino la suggestione del mare.

Astro food

Toro

p. 48 – 49 di Patrizia Mezzanzanica ed Elvin Montesino

Paziente, perseverante, sensuale e testardo il Toro è un vero buongustaio. Alla quantità preferisce di gran lunga la qualità e considera l’arte culinaria con lo stesso riguardo riservato alle persone care

Astrofood - Toro

I

l nato nel segno del Toro predilige cibi semplici e genuini, ama le trattorie di campagna dove, essendo segno di terra amante della natura, si trova perfettamente a suo agio, è un degustatore appassionato e scrupoloso e anche un ottimo intenditore di vini. Non ama l’industria conserviera né i cibi pronti, tanto più se precotti. Il suo spirito conservatore lo porta a preferire tutto ciò che ha il sapore di una volta: salumi e formaggi caserecci, polli ruspanti, salse e condimenti che richiedono ore e ore di preparazione, dolci e pane a lunga lievitazione e, naturalmente, impasti con lievito madre.

Buono sì… ma anche bello Insomma, mangiare, così come cucinare, per un Toro è una faccenda seria, quasi una questione d’onore. Paziente e perfezionista è capace di passare ore ai fornelli senza battere ciglio. In cucina nulla lo spaventa e più le ricette sono difficili e complicate, più si sente stimolato a dare il massimo aggiungendo un tocco personale a ogni piatto e optando per gli accostamenti più creativi. Se non ha tempo ripiega su cibi naturali e già pronti scegliendo accuratamente frutta e ortaggi freschi, meglio se biologici, formaggi e salumi rigorosamente DOP, focacce artigianali.

Per i dolci nutre una vera e propria passione, specialmente se ricchi, morbidi e cremosi. Ma buono, per un Toro, non è sufficiente: un piatto deve anche essere bello. Prepara la tavola con estrema attenzione, senza tralasciare nessun particolare. Legato alla terra e a tutti i materiali naturali, predilige le apparecchiate rustiche: ciotole in legno, piatti in ceramica, tovaglie in lino grezzo o cotone (quelle classiche a quadri bianche e rosse sono le sue preferite), tradizionali calici a pallina e vecchi fiaschi per il vino.

Esteta ma anche pratico, considera la funzionalità allo stesso livello del design, rifiutando decorazioni superflue e ingombranti. I suoi ospiti li vuole guadare dritto negli occhi e servire loro personalmente il vino. Come commensale è decisamente esigente. Se per carattere non è incline a muovere apertamente critiche, non lo è neppure a fare complimenti, specialmente se non li considera meritati.

Se il cibo lo soddisfa è ben disposto alla conversazione e, come padrone di casa, è sempre affabile e cordiale.

Un autentico gourmet I suoi gusti culinari lo inducono a scegliere vini corposi e profumati che fa girare lentamente nel calice e assapora con l’olfatto prima ancora che con il palato. Anche nella scelta dei liquori è un tradizionalista. Un whisky e un cognac invecchiati sono sempre una gioia per lui, sia prima che dopo pasto, mentre i cocktail troppo elaborati a dal gusto dolciastro lo lasciano a dir poco scettico.

Pigro e godereccio, il Toro tende ad ingrassare facilmente anche se, determinato e costante, è anche capace di seguire una dieta quando reputa che sia arrivato il momento di farlo. Dovrebbe consumare più frutta e verdura cruda di quanto effettivamente fa. Peperoni, peperoncino piccante, broccoli, pomodori, lamponi, mirtilli, more, agrumi, mele, pere e spezie come la cannella, il pepe nero, la cipolla in polvere e lo zenzero sono in grado di svolgere un’azione stimolante nei confronti del metabolismo e favorire il dimagrimento.

Qualche ricetta Minestrone di verdure 2 patate; 1 porro; 1 carota; 1 cipolla; 1 sedano; 2 zucchine; 3 pomodori piccoli; 200 g di fagiolini; 300 g di piselli; olio extravergine di oliva; 50 g di burro; sale; parmigiano grattugiato; basilico e prezzemolo tritato Soffriggere il sedano, la carota e la cipolla nel burro e nell’olio. Aggiungere la verdura tagliata, i fagiolini mondati e i pomodori pelati e schiacciati. Riempire la pentola con 1 litro e mezzo di acqua salata e fare cuocere a fuoco basso per un’ora. Prima di servire aggiungere il trito di prezzemolo e basilico.

Baccalà con patate 1 kg di baccalà; 800 g di patate; olio extravergine di oliva; aglio e prezzemolo tritati; pepe Mettere a mollo in baccalà la sera prima. Scolarlo, tagliarlo a pezzi ed eliminare bene le lische. Sbucciare le patate e tagliarle a dadini. In una pesciera piena di acqua bollente versare prima le patate e, dopo qualche minuto, il baccalà. Lasciare cuocere per circa 10 minuti quindi servirlo condito con olio, pepe, aglio e prezzemolo tritato.

Soufflé di cioccolato 2 dl di latte; 100 g di zucchero; 50 g di farina; 5 uova; 100 g di cioccolato fondente; 50 g di burro In un pentolino far fondere una noce di burro, unire la farina, il latte (già bollente) e lo zucchero. Lasciar bollire per qualche minuto girando continuamente. Levare dal fuoco, aggiungere il cioccolato già sciolto a bagnomaria e il resto del burro. Quando il composto sarà quasi freddo unire i tuorli d’uovo e quindi gli albumi montati a neve sempre mescolando bene e delicatamente. Versare in uno stampo imburrato e spolverato di zucchero stando attenti a riempirlo solo per tre quarti. Cuocere a forno caldo per mezz’ora.

La domanda della settimana

La presenza di una nuova maggioranza assoluta PLR/Lega in Gran Consiglio favorirà nei prossimi 4 anni la stabilità politica e un risanamento delle finanze cantonali?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 7 maggio. I risultati appariranno sul numero 20 di Ticinosette.

Al quesito “Ritenete che in Ticino burocrazia e produzione di «inutili» scartoffie siano aumentati negli ultimi anni?” avete risposto:

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Astri ariete Incontri e opportunità professionali grazie all’arrivo di Mercurio. Cambiamenti per i nati nella seconda decade.

Spese per abbigliamento e arredi.

toro Determinati, e spesso anche impavidi, ma sempre un po’ ansiosi. Meglio procedere facendo una cosa alla volta.

Assenza di spirito autocritico.

gemelli Siete fortissimi: Venere e Mercurio in poppa e in prua. Situazioni sentimentali inaspettate. Lucidità mentale. Procedete seguendo intuito e creatività.

cancro Tra l’8 e il 9 Luna in opposizione: atteggiamenti autolesionistici. Non cedete ai ricordi. Aumento dei propri desideri sessuali. Marte favorevole.

leone Grazie al grande trigono di fuoco il momento è favorevole. Buone opportunità. Colpi di fulmine per i nati nella terza decade. Prudenza tra il 3 e il 4.

vergine Trasgressivi e seducenti. State comunque attenti a non farvi ghermire eccessivamente da un improvviso furore estatico. Mancanza di concentrazione.

bilancia Opportunità sostenute da Mercurio e Saturno. Incontri karmici per i nati tra la prima e la seconda decade influenzati dal transito del Nodo Lunare Nord.

scorpione Con il Marte in opposizione non riuscite a relazionarvi con il partner.

Giove in quadratura rende permalosi i nati nella seconda decade. Invidie.

sagittario Giove e Urano sono con voi. State attenti a non parlare troppo con il partner, soprattutto se siete della prima decade. Pigrizia e auto indulgenza.

capricorno Guadagni provenienti da un paese lontano. Momento ideale per viaggi e incontri. Vita sociale in forte incremento. Bene tra il 3 e il 5 maggio.

acquario Possibili sbalzi dell’umore. Fatevi condurre dai sentimenti e non dall’orgoglio. Seguite la creatività.

Assecondate i desideri.

pesci Tra il 3 e il 5 intuito e facoltà paranormali. Romanticismo alle stelle. Grazie a Venere sempre angolare vi sentite particolarmente trasgressivi.

Gioca e vinci con Ticinosette

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La soluzione del Concorso apparso il 17 aprile è: ISTRUIRE Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stato sorteggiato: Alberto Jorio 6517 Arbedo A vincitore facciamo i nostri complimenti!

Verticali 1. Noto film del 2006 di Paolo Sorrentino • 2.

Trampoliere sacro egizio • 3. Il nome di Pavese • 4. La somma degli anni • 5. Cantilene soporifere • 6. Il giorno trascorso • 7. Privo d’accento • 8. Maglietta estiva • 9.

Si rende al merito • 13. Un elettrodomestico a pollici • 18. Curato • 20. Tassativa, radicale • 22. I confini di Osogna • 24. La fune di Tarzan • 25. Avaro, taccagno • 26. Prova attitudinale • 32. Lo fu Ario • 36. Reggono il ceppo • 38. La prima nota • 39. Tiritera, cantilena • 41.

Tante erano le Grazie • 43. La bevanda che si filtra • 45.

Andato in poesia • 46. La Kant di Diabolik • 48. Ranghi centrali • 49. Nuovo Testamento.

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Orizzontali 1. Sollevato dal lavoro • 10. Conifere • 11.

Noto collegio inglese • 12. Ama vivere in solitudine • 14.

Nome di donna • 15. No detto a Zurigo • 16. Articolo spagnolo • 17. Lo spinto del sarto • 19. Carme lirico • 21. Puntino vezzoso • 23. Consonanti in diario • 24.

Sono di ardesia • 27. Trasparenti come il vetro • 28. Capo etiope • 29. Ferrovie Svizzere • 30. Preoccupazione, inquietudine • 31. Università • 33. Lo zio della capanna • 34. La prende il tiratore • 35. Il musqué del pellicciaio • 37. Ghiaccio inglese • 38. Il bel Alain • 40. Fa le fusa • 42. L’alieno di Spielberg • 44. Tiro centrale • 45. La nota Papas • 47. Promozioni finanziarie • 50. Lo si cerca nel pagliaio • 51. I confini del Ticino • 52. Il fiume di Berna.

Questa settimana in palio: un orologio salvavita Limmex

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 20

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 7 maggio e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 5 mag. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

Tra coloro che inoltreranno correttamente la soluzione del cruciverba verrà estratto un fortunato lettore che vincerà un elegante orologio salvavita Limmex con GPS e abbonamento base per sei mesi incluso, per un valore di CHF 713!

Grazie all’orologio salvavita Limmex e alla migliore rete telematica di Swisscom può ricevere aiuto in qualsiasi momento ovunque si trovi premendo semplicemente un tasto. In caso di emergenza, le funzioni di telefonia mobile integrate nell’orologio la connettono con le persone da lei scelte o con la centrale di allarme professionale. Questo le offre una sensazione di sicurezza nella sua vita quotidiana, anche quando non porta con sé il cellulare. Maggiori informazioni su swisscom.ch/orologio-salvavita

Svaghi 51

Renault ZOE

100% elettrica, 0% di emissioni.

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fr. 18 900.– Euro-Bonus incl. più leasing allo 0,9%

ZOE Life Q210, 0 g CO2/km (in marcia, senza produzione di energia), emissioni di CO2 legate alla produzione di elettricità 16 g/km, consumo d’energia 14,6 kWh/100 km (equivalente benzina 1,6 l/100 km), categoria di efficienza energetica A, prezzo catalogo fr. 22 900.– (Wallbox escl.), meno Euro-Bonus fr. 4 000.– = fr. 18 900.–. Modello illustrato (opzioni incl.): ZOE Zen Q210, 0 g CO2/km (in marcia, senza produzione di energia), emissioni di CO2 legate alla produzione di elettricità 16 g/km, consumo d’energia 14,6 kWh/100 km (equivalente benzina 1,6 l/100 km), categoria di efficienza energetica A, prezzo catalogo fr. 26 150.– (Wallbox escl.), meno Euro-Bonus fr. 4 000.– = fr. 22 150.–. Valore medio delle emissioni di CO2 di tutti i veicoli nuovi venduti in Svizzera 144 g/km. Leasing 0,9%: tasso nominale 0,9% (tasso annuo effettivo 0,9%), contratto da 12–36 mesi, assicurazione sulle rate inclusa valore residuale obbligatorio secondo la tabella RCI. Esempio: ZOE Life Q210, fr. 22 900.–, meno Euro-Bonus fr. 4 000.– = fr. 18 900.–, acconto fr. 3 940.–, valore residuale fr. 8 931.–, 12 500 km/anno, 36 x fr. 281.– (IVA e noleggio della batteria fr. 95.– incl.). Casco totale obbligatoria esclusa. Finanziamento tramite RCI Finance SA (a condizione di accettazione).

La concessione del credito al consumo è vietata se causa un eccessivo indebitamento del consumatore. Offerte valide per i clienti privati e aziendali (piccole flotte senza accordo quadro) presso i rappresentanti Renault che aderiscono all’iniziativa in caso di stipula del contratto dal 01.04.2015 al 31.05.2015 o fino a revoca.

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