Ticino7

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№ 25 del 19 giugno 2015 · con Teleradio dal 21 al 27 giu.

VUOTO A PERDERE

Saragozza 2008: che fine fanno le infrastrutture create per un'esposizione internazionale dopo la sua chiusura? Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–


Concorso. La foto del mese

Pubblichiamo la quinta immagine selezionata tra quelle giunte in Redazione nell’ambito del concorso fotografico lanciato da “Ticinosette” ai lettori per il 2015. Il prossimo appuntamento è tra quattro settimane...

Il sogno di Pierre Pellegrini

Tutti possono partecipare al concorso fotografico anche se, per ovvie ragioni sono, esclusi categoricamente i professionisti della fotografia (ma non gli apprendisti fotografi e altre persone in formazione). Nel corso del 2015 i partecipanti potranno inviare una sola foto per ogni sezione, anche in tempi diversi. Abbiamo definito quattro tematiche sulle quali potete sbizzarrirvi: “la memoria”, “il sogno”, “il corpo”,

“l’acqua”. Ricordiamo che in ogni invio deve essere specificata la sezione a cui si intende concorrere, oltre al proprio nome e cognome, l’indirizzo e un recapito telefonico. Come già indicato, le immagini – che saranno accettate solo se inoltrate in alta risoluzione (300/320 ppi) in modo da consentirne la pubblicazione – dovranno essere inviate al seguente indirizzo di posta elettronica: phototicinosette@gmail.com.

Mensilmente pubblicheremo un’immagine selezionata tra quelle giunte nell’arco delle quattro settimane, e ritenuta la più interessante dal comitato di Redazione. Tra un mese verrà dunque pubblicata la sesta immagine selezionata e alla fine del 2015 le migliori saranno raccolte in un reportage. Il vincitore finale, selezionato sempre dalla Redazione, riceverà un premio in contanti di ben 400 franchi.


Ticinosette allegato settimanale N° 25 del 19.06.2015

Impressum Tiratura controllata 67’470 copie

Chiusura redazionale Venerdì 12 giugno

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

4 Media Televisione. Un futuro a 3 piedi di Nicola deMaRchi ....................................... 6 Società Scuola. Le scuse del prof di MaRco JeitziNeR ................................................. 8 Eroi Winton & Barazetti di alba MiNadeo .................................................................. 9 Vitae Paolo Tomamichel di RobeRto Roveda ............................................................ 10 Reportage Expo Saragozza. Vuoto a perdere testo e fotogRafie di vito RobbiaNi ...... 35 Graphic Novel WWOOfing di elio feRRaRio .......................................................... 40 Svaghi .................................................................................................................... 42 Agorà Stato Islamico. Il ritorno del Califfato

di

RobeRto Roveda.................................

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook

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(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

“El alma del Ebro” (l’anima del fiume Ebro), opera di Jaume Plensa Fotografia ©Vito Robbiani

Vicolo cieco L’articolo di apertura di questo numero, a firma Roberto Roveda, contiene un’intervista a Loretta Napoleoni, giornalista ed economista, sul tema dell’espansione del Califfato nell’area fra Iraq e Siria a opera dell’ISIS. Alcune risposte della signora Napoleoni, ispirate certamente da pragmatismo, lasciano però perplessi. Ella, per esempio, afferma: “Dialoghiamo con l’Arabia Saudita, lo possiamo fare anche con lo Stato Islamico. Teniamo anche presente che si tratta di un’entità statale che non mira a riportare le lancette del tempo indietro e non sta agendo per demolire istituzioni di tipo democratico. Già oggi nel Medio Oriente la democrazia non c’è, Israele a parte”. Che ISIS sia un’entità statale è già di per sé opinabile (il fatto che aspiri a esserlo non significa che lo sia). Che poi non riporti indietro le lancette del tempo, lascio al lettore ogni commento: le immagini delle decapitazioni, le stragi di cristiani e curdi, le violenze di massa, l’aberrante imposizione di una sharia rigidissima nelle aree controllate parlano da sole. Che poi ISIS non stia demolendo le istituzioni democratiche del Medio Oriente è un’ovvietà, dato che, come la stessa Napoleoni dichiara, in quest’area istituzioni di tal genere non esistono. Quindi che fare? Come arrestare l’onda di terrore che sta spingendo verso l’Europa migliaia di profughi, rivificando le vocazioni xenofobe delle destre populiste europee? Consapevoli del fatto

che a muovere i fili di ISIS sono l’Arabia Saudita e le monarchie del Golfo (ma è di ieri la notizia che i servizi segreti turchi avrebbero favorito l’approvvigionamento a ISIS di armi in funzione anticurda) e consci del fatto che il regno saudita è intimamente connesso all’occidente (che ricatta grazie alla leva petrolifera e all’accumulo di ricchezza reinvestito nel grande gioco finanziario internazionale), come uscirne? Innanzitutto, attraverso una crescente autonomia energetica: solo in questo modo possiamo sottrarci al potere geopolitico di chi l’energia la detiene. Secondariamente, prendendo posizioni nette nei confronti delle corrotte élite arabe (la Svezia lo sta facendo), e promuovendo il sostegno incondizionato ai fronti laici e moderati nei paesi arabi. Sarà poco, ma non abbiamo scelta, a meno di non trovarci ISIS in casa, e allora sarebbero guai serissimi, per tutti. Prima (e dopo) In Ticinosette n. 23 del 5 giugno, Reza Khatir presentava alcune immagini della nuova Foce del Cassarate (Parco Ciani). Una delle fotografie (a sinistra) ritraeva due bambini appoggiati a un albero. Il caso ha voluto che pochi giorni dopo quegli scatti lo stesso sia sparito, come testimoniato sempre da Reza (in basso). Al suo posto, un piccolo buco che, speriamo, venga presto “riempito” da una nuova e meravigliosa pianta... Buona lettura, Fabio Martini


Il ritorno del Califfato Stato Islamico. Dimenticate i talebani, con la loro visione medievale del mondo, oppure al Qaeda, capace di attentati terribili, ma isolati. L’ISIS insegue un ambiziosissimo progetto: far nascere dalle ceneri dei conflitti del mondo arabo nuove entità statali legate all’Islam radicale, con propri territori, economie, leggi e un’enorme forza di attrazione per i musulmani di tutto il mondo di Roberto Roveda

L’ Agorà 4

ISIS oggi conosciuto anche come Stato Islamico (IS), incute sempre più paura e timori in occidente, soprattutto da quando le milizie islamiche hanno mostrato di potersi impadronire con facilità di larghe fette di territorio libico, non diversamente da quanto hanno già fatto in Siria e Iraq. La preoccupazione maggiore è quella di ritrovarsi un vasto stato di tipo islamico radicale a ridosso dell’Europa e capace di destabilizzare ancora di più l’area mediterranea, infiltrandosi ed espandendosi a oriente e occidente ai danni di Egitto, Algeria e Tunisia. Paure esagerate? Oppure incapacità di inquadrare un fenomeno spiazzante come è l’ISIS? In occidente, per ora, si tende soprattutto a porre l’accento sui lati barbari, anacronistici e tribali di questa organizzazione armata, quasi fosse una copia-carbone di al Qaeda o dei talebani. Così facendo, però, non si comprende in che modo l’ISIS si concepisca e in cosa i suoi obiettivi si differenzino rispetto a tanta parte dell’Islam radicale. Il mondo dei talebani, per esempio, è un universo antiquato e tribale, difficile da esportare al di fuori delle lande desolate dell’Afghanistan e del Pakistan. Allo stesso modo, Al Qaeda si concepisce come puramente antagonista rispetto all’occidente e all’Islam moderato, manca di una visione alternativa alla guerra terroristica. Lo Stato Islamico viceversa pensa in grande, punta a ridisegnare gli equilibri del Medio Oriente, stabiliti dagli europei un secolo fa. Già ora controlla un territorio più grande del Regno Unito a cavallo tra Siria e Iraq e si richiama apertamente alle origini dell’Islam e della civiltà araba, a quella espansione che nei primi secoli del Medioevo fece degli arabi i signori di buona parte dell’Eurasia. Non a caso, nel giugno 2014, una volta piantata la bandiera nera e dorata dell’ISIS al centro di quella che è storicamente l’area tribale sunnita, Abu Bakr al-Baghdadi, leader dell’organizzazione, proclamava la rinascita del Califfato1, una denominazione che ha cessato di esistere nel 1924 con la dissoluzione dell’Impero ottomano e la nascita della Turchia moderna. Vaneggiamenti? Scarso senso della realtà? Ne parliamo con Loretta Napoleoni, analista politica ed esperta di organizzazioni terroristiche, oltre che autrice del recente volume ISIS. Lo Stato del terrore (Feltrinelli, 2014).

Dottoressa Napoleoni, quali sono gli obiettivi concreti dello Stato Islamico? La propaganda dell’ISIS parla di ricreare l’antico Califfato ma

secondo molti sostenitori il principale obiettivo dello Stato Islamico è rappresentare per i musulmani sunniti ciò che Israele è per gli ebrei: uno stato nella loro antica terra, rioccupata in tempi moderni; un potente stato confessionale che li protegga ovunque essi si trovino. A mio parere, l’obiettivo principale è di instaurare una grossa presenza in Medio Oriente, in particolare nei territori sunniti, e di presentarsi come una nuova realtà politica e non come una semplice milizia terroristica, un’entità in grado di influenzare lo sviluppo della regione. Lo Stato Islamico fa proseliti. Da dove scaturisce questo consenso? Per quanto scioccanti e rivoltanti possano sembrare le azioni dell’ISIS, questa organizzazione trasmette un potente messaggio di rivincita e di identità soprattutto ai giovani musulmani che vivono nel vuoto politico creato dalla corruzione dilagante, dalla disuguaglianza e dall’ingiustizia presenti nei moderni stati musulmani. Pensiamo alla spietata dittatura di Assad in Siria, al rifiuto del governo a guida sciita di al Maliki di integrare i sunniti nel tessuto della vita politica irachena. I leader dell’ISIS hanno compreso come molti sunniti si sentano frustrati dal fatto di essere la maggioranza religiosa in buona parte del Medio Oriente senza però avere un corrispondente e adeguato peso politico. Per questo, con grande pragmatismo, le milizie islamiche hanno sfruttato tensioni e alimentato divisioni per destabilizzare sempre di più Iraq e Siria. Si sono servite degli aiuti economici e delle armi messe loro a disposizione da alcuni paesi arabi (Kuwait, Qatar, Arabia Saudita) non per fare guerre per procura, ma per rafforzarsi, guadagnare terreno e consenso tra la popolazione. Oggi lo Stato Islamico agisce come un vero e proprio organismo statuale, capace di controllare un territorio e di governarlo, mentre i membri della sua leadership si considerano non come semplici guerriglieri, ma come politici a tutto tondo. Spesso gli abitanti delle zone controllate dall’ISIS sostengono che l’arrivo delle milizie islamiche ha coinciso con un miglioramento della gestione quotidiana dei loro villaggi. Sono state sistemate le strade, organizzate mense e alloggi per chi è rimasto senza abitazione, è stata ripristinata l’elettricità. In questo modo lo Stato Islamico mostra di capire che nel Terzo Millennio non si possono edificare nuove entità statali solo con violenza e terrore. Ci vuole il consenso popolare. Quello dell’ISIS, quindi, è un potente messaggio di riscatto, un messaggio seducente anche per chi vive all’estero, in particolare i giovani


cidente a confrontarsi con una grande novità nel mondo islamico perché la nascita di un nuovo stato senza alcun intervento delle potenze occidentali è un “mito” capace di colpire l’immaginario collettivo. Per la prima volta il mondo islamico, infatti, è riuscito a formulare un’utopia politica che si è poi concretizzata sul terreno, con la nascita di un’entità statale. Certo, siamo di fronte a uno stato terrorista, ma questo è irrilevante nel momento in cui si presenta agli occhi degli islamici di tutto il mondo come un’alternativa anti imperialista, da una parte all’occidente, dall’altra parte alle élite oligarchiche mussulmane che, grazie all’aiuto dell’occidente, non solo si sono conquistate posizioni di potere, ma continuano a mantenerle.

Terroristi dello Stato Islamico (da asiablog.com)

musulmani europei e americani, che lottano per integrarsi in una società occidentale che offre sempre meno opportunità alle nuove generazioni. L’ISIS in occidente è sinonimo di barbarie arcaiche. Questa organizzazione però si sta mostrando assai duttile e pragmatica nell’utilizzo delle moderne tecnologie nel campo della comunicazione. Come si fondono nello Stato Islamico arcaismi e ultra-modernità? Il comportamento pre-moderno, le violenze efferate mirano soprattutto a scioccare e terrorizzare l’occidente. Un terrore propagandato con grande abilità attraverso i social media a cui viene affidata la diffusione di riprese realizzate ad arte, con grande professionalità. Che la moderna tecnologia sia un’arma di conquista molto più potente dei sermoni religiosi è un fatto che al Qaeda non è mai riuscita a capire. Inoltre, lo Stato Islamico sa bene che la violenza estrema è un elemento che fa vendere bene la notizia: in un mondo sovraccarico di informazioni, si va costantemente alla ricerca delle immagini più crude. Da qui la sovrabbondanza di foto e video di brutali uccisioni e torture caricate in formati che possono essere visti facilmente sugli apparecchi di telefonia mobile. Per quanto riguarda la propaganda bisogna anche chiarire che lo Stato Islamico ha tratto i suoi strumenti, per esempio, dalla macchina propagandistica che le amministrazioni statunitense e britannica hanno utilizzato per giustificare l’attacco preventivo in Iraq nel 2003. Ma l’ISIS è una concreta minaccia per l’occidente? A mio parere lo Stato Islamico è più una minaccia per l’universo mussulmano moderato che per l’occidente. Costringe però l’oc-

Non è rischioso doversi confrontare con stati islamici sempre più radicali? Dialoghiamo con l’Arabia Saudita, lo possiamo fare anche con lo Stato Islamico. Teniamo anche presente che si tratta di un’entità statale che non mira a riportare le lancette del tempo indietro e non sta agendo per demolire istituzioni di tipo democratico. Già oggi nel Medio Oriente la democrazia non c’è, Israele a parte. Credo però sia importante trarre le giuste conseguenze da quello che sta accadendo, capire che l’ordine stabilito dopo la seconda guerra mondiale non funziona più, che il muro di Berlino non è crollato solo in Europa ma anche in tutto il resto del mondo. È naturale quindi che anche nel mondo arabo ci siano rivolgimenti, che i vecchi regimi vengano sostituiti da nuovi. È chiaro che lo Stato Islamico non rappresenta la soluzione giusta, però è anche il frutto degli errori occidentali, della mancanza di una politica estera, della scelta della via militare a scapito della diplomazia. Ci sono già troppe armi in Medio Oriente e ogni volta che interveniamo la situazione peggiora. Con la diplomazia si sarebbe, per esempio, dovuto evitare già nel 2012 il finanziamento dei gruppi armati presenti in Siria da parte di Arabia Saudita, Qatar e Kuwait invece non si è ottenuto nulla. Lo Stato Islamico sancisce quindi il fallimento della politica occidentale nel Medio Oriente. Testimonia anche il fallimento delle “primavere arabe”? Direi di si, perché l’ISIS ha ottenuto con la violenza un risultato, la nascita di una nuova entità territoriale retta con criteri nuovi, che le primavere arabe non hanno ottenuto con la loro mobilitazione popolare.

note 1 Il termine califfo deriva dall’arabo khalifa, che vuol dire successore, ed è il titolo della massima autorità civile e religiosa musulmana, garante dell’integrità dello stato e della fede. I califfi sono considerati i successori di Maometto.

Agorà 5


Un futuro a 3 piedi “The Tripods” è stato un serial televisivo prodotto in Inghilterra e andato in onda, a partire dal 1986, anche in Svizzera. Basata su un’opera dello scrittore John Christopher, per motivi economici la serie rimase (purtroppo) “incompiuta” di Nicola deMarchi

Media 6

Effetti speciali “casalinghi” e una storia coinvolgente (da youtube.com)

La prima scena, per noi imberbi di allora, fu uno choc: il codazzo festoso di un villaggio medievale scorta un suo membro per quella che sembra essere una cerimonia. La processione però si ferma ai limiti di un lago in silenziosa e inquieta attesa. Pochi istanti e all’orizzonte si profila uno strano marchingegno: alto un palazzo, tutto rivestito di metallo e con tre lunghe zampe sovrastate da un’enorme testa di mosca in cui ondeggiano luci tutto tranne che bucoliche. Giunto in un paio di nervose zampate appena, e nell’emozione generale, alla sponda del lago, l’arnese si ferma. Il festeggiato, cranio raso di fresco, si offre allora al mostro che con la forza di una lunga pinza snodabile e meccanica, lo afferra per inghiottirlo nella sua cavità inferiore. Passa una (mitica) sigla, e riecco il festeggiato restituito ai suoi cari, un sorriso ebete stampato sulle labbra che si spiega quando, con insondabile fierezza, mostra agli astanti, al posto del precedente cuoio capelluto, il rilievo sottocutaneo di una specie di circuito informatico. Al raccapriccio di tutti noi da casa, fecero allora da contraltare il sollievo e i festeggiamenti da parte del villaggio. Quei pomeriggi alla TSI…. Quella appena raccontata è la prima scena di The Tripods, oscura quanto fertile produzione BBC anni ottanta (girata

in parte anche alle nostre latitudini), e andata in onda a orari abbastanza audaci (fascia pomeridiana) sull’allora TSI. Per noi giovincelli di quel tempo, troppo piccoli per aver potuto seguire le ripugnanti scene di Visitors, e già avvezzi alle spacconate senza conseguenze di Michael Knight e della sua Supercar, fu una scossa e una scoperta. Scoperta tanto più avvincente in quanto la serie TV, ispirata all’omonimo romanzo di John Christopher del 1967, seguiva, lungo l’arco di 25 episodi – due stagioni alle quali, causa tagli al budget, non seguì mai la terza conclusiva –, le gesta di un gruppo di ragazzi in fuga da un nuovo e assurdo ordine sociale. Si scopre cosi che siamo in realtà nel 2500 o giù di lì, e l’umanità, a esclusione degli strani esseri a tre arti (simili, peraltro, a quelli della Guerra dei mondi), sembra essere ripiombata in un’inspiegabile Medioevo. Alieni? Tecnocrazia post-apocalittica? Ucronia? Le risposte, sebbene enigmatiche, arriveranno durante la fuga ordita da Will e Henri, due ragazzi del villaggio, per sottrarsi alla penosa iniziazione inflitta dai Tripodi. Una fuga che, nel corso degli episodi, li condurrà attraverso un’Europa misteriosamente sconquassata. Memorabile a tal proposito, l’episodio che si svolge in una Parigi sfollata e dove i due faranno amicizia con Beanpole, un resistente francese che li metterà presto in contatto con una clande-


stina e volenterosa “lega degli uomini liberi” situata nelle leggendarie “montagne bianche” (vedi episodi girati nei paesaggi svizzeri). Pochi soldi e buoni risultati Oggi, a trent’anni e passa di distanza, i Tripodi si sono fatti posto sul portale YouTube e sulla rete dove già da qualche anno esistono alcune comunità di fan. Non a caso. Infatti, se recitazione e qualità video subiscono con il tempo, l’inevitabile “coup de vieux”, i Tripodi restano ciò nonostante un modello di fiction distopica che nulla ha da invidiare ai più blasonati Matrix. Tant’è che là dove altri hanno potuto contare su produzioni colossali ed effetti speciali, la serie TV The Tripods, come tante altre del genere, rivela fin dall’inizio una predisposizione naturale per il fatto in casa (alcuni effetti speciali furono, per esempio, realizzati grazie al bluescreen preso in prestito alla meteo della BBC). Una propensione che si fa manifesta nella scelta degli interpreti e nei loro destini rispettivi. Infatti, se in altri casi precedentemente studiati (Happy Days, Miami Vice), la fine di certe serie TV genera non raramente nei loro interpreti, la cosiddetta sindrome da typecasting (attaccamento eccessivo al personaggio), sembra qui vero l’esatto contrario. Un aspetto quindi tanto più beffardo se si pensa agli interpreti dei Tripodi come ancestrali membri della cosiddetta “Lega degli uomini liberi”, e alla trama come a una favola anticipatrice che si muove contro l’autorità in nome della libertà. Ecco così spuntare, su uno dei siti dedicati alla serie,

Più è meglio. Soprattutto in fatto di interessi.

il fiabesco Will (John Shackley), protagonista al quale noi tutti ci siamo un po’ identificati, che a trent’anni di distanza posa oggi imbolsito e fiero quanto un’iniziato, come senior director di un’importante catena di alberghi in Cile. E che sotto quei capelli leccati si nasconde forse la raccapricciante scheda? Di quella che fu la “Lega degli uomini liberi”, ecco poi, nelle vesti di attuale camionista, il fedele amico Henri Parker (Jim Baker all’anagrafe); e in quelle di un non meglio specificato professore, il mitico Beanpole (in arte Ceri Seel). Una storia finita... male L’avrete capito: nel cast dei Tripodi, malgrado una storia coinvolgente, pregna di significato, e alcuni personaggi indimenticabili, c’è più molto posto per la nostalgia. E se pochi interpreti della serie erano allora professionisti, ancora meno lo diventeranno una volta giunta la fine prematura della produzione. Cedendo in un certo senso, per noi che oggi abbiamo l’età per vedere tutto o quasi, all’avanzata dei Tripodi. Un’eccezione andrebbe a questo punto fatta per l’unica martire della faccenda (anche se più per caso che per destino): ovvero l’interprete del personaggio di Eloïse de Ricordeau, di cui Will, in cammino per le montagne bianche, si innamorerà. Eloïse, il cui nome era Charlotte Long, figlia di un visconte, morirà durante il periodo delle riprese della prima stagione in un banale incidente autostradale provocato da un TIR, sfuggendo tragicamente all’iniziazione che la vita vera finisce poi per infliggere a noi tutti ex novizi.

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Le scuse del prof

Giuseppe chiede venia agli studenti delle scuole medie a cui ha insegnato per un po’. Un’occasione per tornare a riflettere sul sistema educativo di Marco Jeitziner

Cari studenti delle medie del terzo millennio, sono stato il vostro supplente di italiano. È stata un’esperienza breve ma umanamente molto intensa. Il prossimo settembre inizierà un nuovo anno scolastico, forse non ci vedremo mai più, ma mi sento di dovervi delle scuse. Sì, proprio come ha fatto in marzo Lizanne Foster, un’insegnante canadese delle superiori1, a cui liberamente mi ispiro. Nonostante gli sforzi, i docenti – e figuriamoci un umile supplente – difficilmente riescono a convincere i politici a cambiare il sistema educativo, a investire maggiormente sulla vostra istruzione perché ciò andrebbe a vantaggio di tutti. Finché i vostri bisogni educativi non verranno prima di altri, vogliate accettare le mie scuse.

Società 8

Giuseppe vorrebbe che... Vorrei che i docenti fossero più umili, che quelli anziani e stanchi insegnassero meno, che i docenti svogliati o incompetenti non mettessero piede in un’aula, che le classi fossero meno numerose, che gli uomini tornassero a insegnare dalle medie in giù. Vorrei che realizzaste quanto siete fortunati, che capiste cosa vuol dire limite, regola, rispetto, merito ecc., ma se non è così non è soltanto colpa mia o vostra. Vorrei che vi si insegnasse già alle elementari come si usa internet e cos’è un telefonino, e quali sono i pro e i contro. Vorrei che riusciste a concentrarvi per più di venti minuti alla volta, a non perdere l’abilità di scrivere a mano, a conservare le vostre capacità manuali e logico-spaziali, a non ridurvi al A Giuseppe spiace che... “copia/incolla” e allo “scorri su/giù” Mi spiace che dobbiate recarvi a tipico dei computer. Vorrei che la scuola alle otto di mattina, quanvostra innata curiosità non venisse do la neuroscienza afferma2 che soffocata dal conformismo scolail vostro cervello non funziona stico e sociale a cui siete abituati, bene prima delle dieci. Mi spiace che la vostra spontaneità (o incoche dobbiate (dovreste) chiedere il scienza) non fosse solo una foto di permesso per fare la pipì in bagno o voi su Instagram o Facebook. Vorrei In vacanza (da michelenardelli.it) per bere dell’acqua, anche se avete non sentire domande stupide, ma come tutti dei diritti fondamentache riusciste a darvi delle risposte li. Mi spiace che ogni giorno siate costretti a stare seduti da soli, collegando i pensieri e ragionando. Vorrei che per ore, benché la scienza sostenga che non fa bene né non vi sentiste obbligati di stare a scuola solo perché siete alle capacità cognitive, né alla salute3. Mi spiace che siate minorenni o perché a casa magari non c’è nessuno. Vorrei divisi per età, come se c’entri qualcosa con la maturità o che l’apprendimento non fosse solo quello che c’è in un l’intelligenza. Mi scuso se la “scuola inclusiva” ticinese, un esame, che la pubblica educazione fosse prioritaria come in unicum svizzero, in realtà non aiuta tutti. Mi spiace che Finlandia, che gli obiettivi venissero aggiornati molto più quelli di voi che fanno più fatica, e che dovrebbero seguire frequentemente. Vorrei che il Ticino fosse in cima ai canaltri tipi di scuole, non ottengano il giusto sostegno perché toni per la spesa educativa pro capite totale4 o per la spesa costa troppo. di formazione per ogni allievo5. Vorrei che i politici si conMi spiace che dobbiate studiare cose che non vi interessa- vincessero nei fatti che il futuro dipende dal tipo di sistema no nella cosiddetta “era della conoscenza”, che dobbiate educativo. Vorrei che il vostro modo di pensare creativo e competere tra voi per “passare l’anno” quando da sempre è innovativo non venisse snobbato e sprecato dal sistema, ma la collaborazione che conta, ma ciò a scuola significa “im- utilizzato per risolvere i problemi del mondo. Vorrei che... brogliare”, “suggerire”, “copiare”. Mi spiace che vi capiti di Con simpatia, il vostro ex supplente, Giuseppe (nome di usare tecnologie obsolete nell’era digitale. Mi scuso se, mi fantasia). dicono dei docenti più autorevoli di me, “l’insegnamento personalizzato” e il progetto “La scuola che verrà” sono note un’utopia, perché costerebbe troppo. Mi scuso perché siete 1 “Cari studenti, sono un’insegnante e vi chiedo scusa”, Internaobbligati a far parte di un’economia basata ancora sull’ezionale (11.3.2015). 2 “Why teenagers really do need an extra hour in bed”, New strazione delle risorse naturali, perché ci sarà sempre meno lavoro e sempre più disoccupati, perché la Terra, che non 3 Scientist (22.4.2013). “The health hazards of sitting”, The Washington Post (20.1.2014). sta già bene, prima o poi ci obbligherà a reimpostare tutto. 4 Dalla risposta del DECS all’interpellanza di R. Ghisletta Mi fa arrabbiare che nessuno vi stia davvero preparando (17.12.2008). 5 Dal “Rapporto sul sistema educativo svizzero” (CSRE 2014). a tutto questo.


Winton & Barazetti Tra il 1938 e il 1939 quasi settecento bambini furono trasferiti in Gran Bretagna dalla Cecoslovacchia invasa dalle truppe tedesche... di Alba Minadeo

Il 9 maggio è stato il 70esimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale e il 19 il 106esimo compleanno di Nicholas Winton, lo “Schindler” britannico. Nato a Londra nel 1909, è un ex finanziere di origine ebreotedesca che salvò 669 bambini tra i 6 e i 12 anni, per lo più ebrei, organizzando il loro trasferimento in treno dalla Cecoslovacchia, già in parte occupata dal Terzo Reich, verso la Gran Bretagna. Un gesto di eroismo rimasto ignoto fino al 1988 quando la moglie Grete scoprì in soffitta un quaderno con i nomi dei bambini e delle famiglie che li accolsero. Ottanta dei Winton’s children furono rintracciati e il mondo conobbe la loro commovente storia grazie al programma televisivo della BBC That’s life: Winton, seduto tra il pubblico, a sua insaputa si trovò circondato da molti di questi: “Feci semplicemente ciò che doveva essere fatto; il lavoro più impegnativo fu trovare le famiglie inglesi a cui affidare i bambini, come chiedeva il governo inglese; ogni famiglia doveva depositare in garanzia cinquanta sterline, una cifra considerevole in quegli anni”.

bambini, non soltanto ebrei ma anche figli di oppositori dei nazisti. Lo scoppio della guerra rese impossibile la partenza del nono convoglio con altri 250 bambini. Da agente di borsa ad agente segreto? Nel 2011, è uscito il documentario Nickyho rodina di Matej Mináč con le testimonianze di alcuni dei sopravvissuti e degli oltre cinquemila discendenti. Sul perché non abbia mai parlato di questa vicenda, Winton dice: “Mi sembrava di aver fatto qualcosa di normale, niente di cui vantarmi”. Qualcuno ha ipotizzato, senza nulla togliere al valore della sua impresa, che Winton in realtà fosse un’agente dei servizi di intelligence britannici inviato a Praga come osservatore e incaricato di organizzare la missione umanitaria per la quale è poi passato alla storia. Egli stesso racconta: “Io a quel tempo ero a conoscenza di cose che la gente normale non sapeva e questo mi spinse ad agire e a farlo con la massima sollecitudine”.

Il “Giusto” svizzero Bill Barazetti (da yadmedia.yadvashem.org) Fra le persone che affiancarono I treni del bene e del male Winton ci fu anche Werner TheInsignito nel 1998 dell’Ordine di Tomáš Garrigue Masa- odore Barazetti, detto Bill. Il suo nome è inciso sul marmo ryk della Repubblica Ceca, gli è stato anche dedicato un del Giardino dei Giusti (i non ebrei che salvarono gli ebrei) pianeta. Onorato del titolo di Sir nel 2003, nel 2009 è di Gerusalemme. Morto nel 2000, era nato in Germania stata eretta una statua in memoria dei Winton’s trains alla nel 1914 da una famiglia della Val Vigezzo: il nonno si stazione di Praga da cui partivano i treni della salvezza, trasferì in Svizzera e ottenne la cittadinanza elvetica, alla ma anche quelli per Auschwitz. quale però il padre di Bill rinunciò per andare in Germania Nominato nel 2010 Eroe britannico dell’Olocausto, nel durante l’ascesa di Adolf Hitler, di cui era simpatizzante. 2014 ha ricevuto l’Ordine del White Lion dalla Repub- Barazetti, studente all’università di Amburgo, scelse blica Ceca. “Non sono un eroe perché non sono mai stato in invece l’antinazismo militante e cercò di espatriare, ma pericolo”, ha dichiarato Winton, secondo il quale furono venne catturato dalla Gestapo. Picchiato selvaggiamente soprattutto Doreen Warriner e Trevor Chadwich a rischia- e creduto morto, venne abbandonato in un bosco, ma fu re di essere scoperti dalla Gestapo di Praga. Winton agì soccorso e salvato da Anne, una giovane originaria dei Susempre da Londra dopo il viaggio in Cecoslovacchia del deti cecoslovacchi, che poi diventò sua moglie a Praga. Qui 1938: giovane agente di borsa, rinunciò a una vacanza Bill collaborò con Winton per il salvataggio dei bambini. sulle Alpi svizzere per seguire il suo amico Martin Blake Due di questi superstiti lo segnalarono allo Yad Vashem che lavorava per il comitato di soccorso dei rifugiati della e quando gli chiesero sotto quale nazione dovesse essere Cecoslovacchia. collocato il suo nome scelse la Svizzera “per ricordare che Winton si rese subito conto della drammaticità della (…) è negli antichi villaggi elvetici che era nato il più genuino situazione e decise di organizzare un piano per salvare i spirito popolare della democrazia”.

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ono nato a Locarno, nel 1966, ma mio padre era di Bosco Gurin e parlava il titsch, il dialetto di quelle parti. Era un ticinese alemanno, si può dire. A Bosco io ci andavo d’estate e lì, fin da piccolino, organizzavo dei concerti nella cantina della nonna con i cuginetti. Cantavamo, senza strumenti o suonando su scatole di cartone oppure mentre portavamo al pascolo le mucche. Ancora oggi sono legato a quel luogo e ogni tanto sogno di viverci, ma è troppo duro per la mia salute. È bellissimo, ma chiuso tra le montagne e il sole non compare per mesi. È un posto più adatto ai giovani e infatti ci vive mia figlia piccola mentre per me oggi è meglio la Toscana o la Liguria, il caldo, insomma! Tornando agli inizi, come dicevo mi è sempre piaciuto comunicare con la musica, creare canzoni mie e cantarle. Un’altra passione giovanile era l’astronomia, ma ci volevano i soldi per studiarla. La musica invece era vista come una cosa che non ti fa portare la pagnotta a casa. Allora dopo la scuole e l’apprendistato mi sono messo a fare il meccanico, in fabbrica. Avevo però la testa per aria, ero molto irrequieto, malinconico, facile alla depressione. Ero un po’ la cattiva compagnia di me stesso. Mi ha salvato la mia prima moglie e la nascita delle mie due bambine che oggi hanno 26 e 23 anni. Mi sono messo in riga, ho realizzato che avevo delle responsabilità come padre e che non si vive solo di musica e sogni. Allora mi svegliavo alle quattro del mattino per suonare, poi andavo al lavoro in fabbrica e la sera stavo con la famiglia. Durante le pause pranzo mi mettevo a provare, scrivere, suonare. Così ho imparato gli strumenti che uso oggi: chitarre, liuto, mandolino, bouzuky. Ero contento della mia vita familiare ma sentivo che mancava qualcosa dentro di me, che avevo voglia di esprimere, raccontare, stare in mezzo alla gente, condividere. Inoltre, nonostante il lavoro, i soldi erano sempre pochi e così, in un momento difficile, mi sono lanciato, ho cominciato a suonare in giro, anche per guadagnare qualcosa in più. Sono molto timido e credo che la necessità mi abbia aiutato a rompere la barriere. È andata bene, ho cominciato a essere molto richiesto, a pensare di poter realizzare il

mio sogno di vivere con la musica. Circa due anni fa allora ho fatto il grande salto anche perché le mie figlie sono ormai grandi e indipendenti. Dopo più di trent’anni a fare il meccanico a tempo pieno, ho ridotto il lavoro in fabbrica a due giornate e mi sono dedicato principalmente a comporre e a suonare assieme alla mia nuova compagna Sandra, che è norvegese e violinista. Il mio matrimonio precedente, infatti, è durato 15 anni ma tra il 2000 e il 2001 tutto è finito… sono stati momenti brutti quelli della separazione. Io e Sandra, che è una bravissima musicista, siamo molto ecclettici. Abbiamo un gruppo di musica medievale e rinascimentale, i Greensleeves, e durante le esibizioni ci sono danze, ci vestiamo con costumi d’epoca e usiamo strumenti antichi come il liuto. Ho inciso anche tre album di canzoni dialettali ticinesi in cui ho fatto tutto io: testi, musiche, esecuzioni musicali e canto. Ora ne sto preparando un quarto, questa volta assieme ad altri musicisti. A volte mi chiedono perché non scrivo in inglese o italiano. La ragione è semplice, in dialetto mi esprimo meglio. Io penso in dialetto, mi viene naturale e scrivendo testi molto intimi e introspettivi con il ticinese riesco a dare il meglio di me. Poi mi piace tener viva la tradizione dialettale ticinese, non per ragioni commerciali, ma per passione, perché è importante conservare questa eredità. Per me poi la musica deve essere popolare, perché permette alla gente di partecipare, di non sentirsi distaccata. Per esempio, a volte vado a suonare per gli anziani ed è molto bello perché con pochi accordi fai contente tante persone. Ecco, per me questo è importante, mettere a frutto i propri talenti anche per gli altri. Io sono molto religioso e mi dico che se il Signore mi ha dato il privilegio di vivere qua e mi ha dato delle capacità, devo usarle, per grandi o piccole che siano. Oggi si vuole tutto, ma macchina, computer e certe scelte di vita implicano sacrifici e la rinuncia a una parte di se stessi. Io preferisco dedicarmi alle cose che so far meglio e sono contento quando canto, suono, in mezzo alle persone.

PAOLO TOMAMICHEL

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Per molti anni in fabbrica, animato dalla passione per il canto e la musica. Oggi ha finalmente realizzato il suo sogno e fa il musicista, un’attività che gli consente di condividere con tutti l’amore per quest’arte

testimonianza raccolta da Roberto Roveda fotografia ©Sabine Biedermann


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VUOTO A PERDERE di ???; fotografie ©???

testo e fotografie ©Vito Robbiani

L’Expo milanese sta raccogliendo in questi giorni consensi e interesse. Ma i conti si potranno fare solo alla fine, a cancelli chiusi. Resta aperto l’interrogativo riguardo il destino dell’area occupata dai padiglioni dei diversi paesi anche alla luce di quanto accaduto a Saragozza nel 2008


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Esposizione Universale di Milano ha aperto le porte il primo maggio 2015: sei mesi di spettacoli, incontri, convegni, manifestazioni all’interno di un sito interamente dedicato a questo straordinario evento. Il dopo Expo invece inizierà il primo novembre: cosa diventerà quel luogo non lo si sa ancora con esattezza, anche se la decisione doveva essere presa da tempo dalla società Arexpo, proprietaria del sito. Il comune di Milano ha imposto che l’area venga riutilizzata soltanto al 40%, poiché il restante 60% dovrà essere destinato alla creazione di spazi verdi, mentre alcune strutture rimarranno, per esempio, il Palazzo Italia e il Centro per lo Sviluppo Sostenibile. Sostenibilità, tutela, innovazione e condivisione, sono alcuni dei principi ispiratori dell’Expo Milano, anche se il tema intorno a cui ruota la manifestazione è alimentazione: “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Temi che ormai sono i cavalli di battaglia di quasi tutti i grandi eventi internazionali. La mascotte di Expo Milano 2015 è Foody, un pupazzetto, di dubbio gusto, che dovrebbe rappresentare la comunità, la diversità e il cibo.

Numeri e promesse A Saragozza per l’Expo 2008 la mascotte era invece una goccia d’acqua, diventata anche un francobollo. L’esposizione internazionale ebbe luogo dal 14 giugno al 14 settembre, tre mesi sotto il motto “Agua y Desarrollo Sostenible” (Acqua e sviluppo sostenibile). I paesi che hanno partecipato all’evento furono 106, a Milano sono 145 con 54 padiglioni nazionali. Prima di Milano l’esposizione universale si tenne a Shanghai nel 2010, e prima ancora ci fu un’esposizione internazionale nel 2012 a Yeosu in Corea del Sud. Le esposizioni internazionali hanno dimensioni e durate inferiori rispetto a quelle universali che ricorrono invece ogni cinque anni e durano sei mesi. A Saragozza erano attesi 10 milioni di visitatori, ma ne sono giunti solo 5.5 milioni, dei quali solo 4,5% internazionali. In sostanza, un grosso flop. Per Expo 2015 si attendono 20 milioni di visitatori. I dati di partenza sono buoni, le informazioni ufficiali indicano di 2,7 milioni di visitatori solo nel primo mese. La propaganda ufficiale ha annunciato alcuni giorni prima dell’inizio dell’evento, che 11 milioni di biglietti erano stati venduti. Ma, in effetti, si tratta in gran parte di pacchetti di entrate in conto vendita presso gli operatori turistici e i grandi distributori. In maniera non proprio avveduta, l’amministratore delegato di Expo Giuseppe Sala, ha dichiarato di “non voler cadere nello stress del conteggio, esattamente non lo sappiamo nemmeno noi quanti biglietti vediamo al giorno”. Secondo una mini inchiesta realizzata dalla televisione svizzera (reperibile sul sito della RSI), il mega parcheggio di Arese, costruito per l’Expo, lamenta molti parcheggi vuoti: la media di presenze è intorno a 50 auto al giorno in un parcheggio creato per ospitarne 11.000. In altre parole, ci sono più bus-navetta che auto. Speriamo che questo significhi che i visitatori si spostano con i mezzi pubblici, anche (...)

in apertura Torre del Agua: alta 76 metri e concepita dall’architetto Enrique de Teresa. Oggi è completamente in disuso. in queste pagine Padiglione dei partecipanti: sede anche di mostre tematiche come quella dei “países de montaña” (tra questi, la Svizzera).


nelle pagine seguenti Panorama sull’Expo: le telecabine (oggi dismesse) che univano il sito espositivo con la stazione ferroviaria di Saragozza; alcuni spazi dei padiglioni che dal 15 settembre 2008 attendono l’arrivo di uffici e attività commerciali... e la mascotte della manifestazione, una goccia d’acqua.

Vito Robbiani 43enne, nato a Zurigo, dopo gli studi universitari in Scienze della Comunicazione e dell’Informazione (Nizza), inizia a lavorare come giornalista e poi regista-operatore indipendente. Attraverso la sua società di produzione, mediaTREE, collabora con diversi network europei. Insegna Audiovideo presso la Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana di Lugano (SUPSI). Dal 2007 è membro del comitato centrale della Federazione svizzera dei giornalisti (impressum), di cui, dal 2015, è vicepresidente.



se si era previsto che il 50% dei visitatori arrivasse in auto, garantendo incassi per 11 milioni di euro. Il vuoto e lo spreco A Saragozza il dopo Expo non è stato proprio edificante: la Torre dell’acqua a forma di goccia, 76 metri concepiti dall’architetto Enrique de Teresa, è oggi un grattacielo vuoto; il ponte-padiglione, un gladiolo ramificato in tre parti, concepito dall’archistar Zaha Hadid è sbarrato. Così come la maggior parte delle altre strutture dell’ex spazio espositivo. A oggi, il buco del dopo Expo spagnolo si aggira oggi attorno ai 700 milioni di euro. Il paesaggio assomiglia, malgrado il parco sia ben tenuto, a quello del film The day after. La società che doveva gestire il dopo Expo, portando nella cittadella uffici e attività commerciali, per

il momento è riuscita a trasferire sulle sponde dell’Ebro solo l’amministrazione giudiziaria dell’Aragona, in questo modo il governo ora è proprietario e inquilino. Il resto è deserto. Vandana Shiva, vicepresidente di Slow Food International, ha detto che la kermesse milanese è la “vetrina dello spreco”. Se pensiamo alla situazione del dopo Expo (Saragozza è un esempio, ma anche Hannover, Siviglia e altri dopo expo conoscono peraltro scenari simili) si è tentati di dire che lo spreco proseguirà anche dopo l’evento. Saragozza, con i suoi 700mila abitanti, non è sicuramente Milano, che ha una popolazione doppia. Ma a conti fatti, le compagnie aeree low cost hanno probabilmente prodotto di più per il turismo di questa bella città situata a 300 chilometri lungo la tratta tra Barcellona e Madrid che l’evento internazionale in sé.


Fare WWOOFing è un’esperienza di vita vera, di quelle che ormai, nel nostro mondo contemporaneo, è sempre più difficile sperimentare. Insieme al cavolo nero e Game of Thrones, il WWOOF è la cosa più cool del momento. Far parte di questo movimento mondiale vuol dire essere ospitati in aziende agricole biologiche ricevendo, in cambio di una mano, quello che nessun’altra istituzione, neanche a 5 stelle, potrebbe mai darti: una porta spalancata nel quotidiano rurale di una cultura sconosciuta e un posto a tavola con una nuova famiglia, per gustare la vera cucina del posto, mentre anche gli hosts cercano di conoscerti. Questo permette, ai curiosi come me, di scoprire la countryside più nascosta e di viaggiare spendendo poco...


...e a persone come mio padre, che ha una

Inoltre, essere un WWOOFer significa vivere in

piccola fattoria in Sicilia, di ricevere un aiuto e

modo sano e sostenibile, amando la natura e

condividere la sua conoscenza.

cercando di ricordarci sempre da dove veniamo: senza patate e fagiolini, regaz, non si campa! E così mi lascio trasportare all’avventura in ‘sti fields inglesi quasi incantati.

Fare WWOOFing significa anche incontrare WWOOFer carine che al posto di chiederti: “Andiamo a fare shopping?” ti dicono: “Andiamo a raccogliere i pomodori!”


La domanda della settimana

Secondo voi, i maltrattamenti avvenuti nel Centro anziani di Balerna (e diffusi dalla stampa nei giorni scorsi) rappresentano un raro e isolato caso in Ticino?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 25 giugno. I risultati appariranno sul numero 27 di Ticinosette.

Al quesito “Un corretto gonfiaggio degli pneumatici dell’auto permette, tra le altre cose, una riduzione dei consumi. Controllate almeno una volta al mese la pressione delle gomme?” avete risposto:

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Astri ariete Malumori e scontentezza all’interno dei rapporti a due. Condividete di più le emozioni con il partner. Favoriti i nati tra la prima e la seconda decade.

toro Momento ideale per svagarsi. Incontri sentimentali o atmosfere romantiche in riva al mare tra il 22 e il 24. Competitivi i rapporti con i familiari.

gemelli Sfruttate la sagacia. Rompete con le situazioni che non vi appartengono. Spazio alla creatività. Riposo la sera del 22, alla grande tra il 24 e il 26.

cancro Intuitivi i nati nella prima decade. Spostate i vostri interessi verso un approfondito esoterismo. Bene le relazioni pubbliche. Attività fisica da migliorare.

leone Nuova energia, sia fisica che intellettuale, grazie a Marte e Mercurio. Il ritmo della quotidianità tende ad accelerare. Iperattivi tra il 24 e il 26.

vergine Iperattivi. Stabilite una gerarchia delle priorità. Attenti a non parlare troppo e a mantenere sempre la giusta riservatezza. Fuori controllo tra il 22 e il 24.

bilancia Mentalmente lucidi, ma fisicamente un po’ stanchi. La Luna sarà particolarmente forte tra il 25 e il 26 giugno. Stavolta seguite la pancia non la testa.

scorpione Con il ritorno di Saturno nel segno si completa un ciclo provvisoriamente sospeso. Ritorni di fiamma. Eros in forte in aumento. Malinconie.

sagittario La vita sentimentale si arricchisce di nuove opportunità. Divertitevi e aprite le porte all’incredibile. Tra il 22 e il 24 bipolarità centaure. A dieta!

capricorno È il momento di portare a termine un antico progetto. Ricchezza di risorse. Irascibili i nati in dicembre. Tra il 24 e il 25 tensione con il partner.

acquario Mercurio favorevole per i nati tra la prima e la seconda decade. Incontri con persone più giovani. Insolitamente gelosi. Avventure extraconiugali.

pesci Rapporti familiari più difficili. Evitate le continue polemiche. I nati nella prima decade si mostreranno assai seducenti. Cautela tra il 22 e il 23.


Gioca e vinci con Ticinosette

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 27

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 25 giugno e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 23 giu. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali 1. Chiamare al cellulare • 10. Logorare • 11. Quattro romani • 12. Malattia polmonare • 13. L’ama Garibaldi • 15. Arturo, grande direttore d’orchestra • 17. Il regno dei morti • 18. Sbagli, oltraggi • 20. Divertente, buffo • 22. Diana nel cuore • 23. Monte luganese • 25. Radio Svizzera • 26. Un personaggio della Turandot • 28. Malessere da mal di mare • 31. Fra due fattori • 32. Priva di malattie • 33. Dedurre, desumere • 34. Dubitativa • 35. L’Essere Supremo • 36. Si dà arie • 38. Singoli, indivisibili • 40. Udita, intesa • 42. Articolo maschile • 43. Dittongo in Coira • 44. Mezza tara • 46. Protestati, contestati • 51. Marziana • 52. La somma degli anni. Verticali 1. Noto film-commedia con Matthew Perry ed Elizabeth Hurley • 2. Il poeta di Ascra • 3. Piccolo stato europeo • 4. Il nome di Clapton • 5. La quarta nota • 6. Grossa scimmia • 7. Cantilena • 8. Ributtare, rilanciare • 9. La prima donna • 14. La scritta sulla Croce • 16. Le compie lo scalatore • 19. Incurabili • 21. Tiro centrale • 24. Rattristata, resa tragica • 27. Il giorno trascorso • 29. Attraversa Berna • 30. Società Anonima • 34. Saraceni • 37. Il Sodio del chimico • 38. Si affianca spesso al dilettevole • 39. Istituto Tecnico • 41. Stanno nel gheriglio • 45. La dea della discordia • 47. Articolo spagnolo • 48. Associazione Nazionale • 49. I confini di Malta • 50. Pari in vinto.

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La soluzione del Concorso apparso il 5 giugno è: ORTOLANO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta sono state sorteggiate: Olimpia Dillena (Losone) Ruth Ombeli (Carabbia) Alle vincitrici facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: 2 buoni del valore di CHF 50.– l’uno per l’acquisto di biglietti per eventi FFS Le Ferrovie Federali Svizzere offrono due buoni per un valore totale di CHF 100.– a due fortunati vincitori per l’acquisto di biglietti per eventi da scontare presso una stazione FFS in Svizzera.

Prossima fermata: libertà. Una breve pausa dal tran tran quotidiano? Open air e festival sono un’ottima occasione per cambiare aria e musica. Il biglietto per la libertà è disponibile allo sportello FFS! Presso i punti di prevendita FFS, aperti anche nel fine settimana, trovate l’assortimento di Ticketcorner e biglietteria.ch. Inoltre per raggiungere in tutta rapidità e comodità le sedi dei vari eventi, vi consigliamo di prendere il treno. Ulteriori informazioni sono a disposizione su ffs.ch/events. Buon divertimento!

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â„– 25 del 19 giugno 2015 ¡ con Teleradio dal 21 al 27 giu.


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