Ticino7

Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–

№ 37 dell’11 settembre 2015 · con Teleradio dal 13 al 19 set.

La BeLLa addormenTaTa Pur ricca di storia e monumenti Pavia si mantiene lontana dai flussi turistici, raccolta in un quieto riserbo

<wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2MDa1MAAAsTI4Ug8AAAA=</wm>

<wm>10CFWLMQ6AMAwDX5TKTghN6YjYEANi74KY-f9EYWOwTvLZ61o94cu8bMeyV4LDIBbm0fviSbN7DRuTKrwi2EmfSHUS9jtIdxlAeyeCEGojRV_filq6z-sBtqplU3MAAAA=</wm>

Ticinosette allegato settimanale N° 37 del 11.09.2015

RobeRto Roveda ....................

4

MaRco JeitzineR ........................................

7

Agorà Medio Oriente. Occidente e petromonarchie Media Babel. Tradurre, la nostra lingua

di

Arti Compagnie teatrali. Che ne sarà di noi?

Impressum Tiratura controllata 67’470 copie

Chiusura redazionale Venerdì 4 settembre

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Memorie Princeton 1995 Vitae Matthias Bachofen

nicoletta baRazzoni..........................

8

FRancesca Rigotti .......................................................

10

RobeRto Roveda............................................................

12

di di

di

di

e. KlueseR; Foto di R. KhatiR..............

37

elio FeRRaRio .............................................

42

Reportage Pavia. La “Bella addormentata” Graphic novel The Guinea Pig Club

di

di

Redattore responsabile

Kronos Matematica e religione. Realtà e verità

di

caRlo baggi ...............................

44

Coredattore

Tendenze Settembre. Il verde si rifugia in casa

di

MaRisa goRza ............................

45

Photo editor

Svaghi ....................................................................................................................

46

Fabio Martini

Giancarlo Fornasier Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

Pubblicità

Publicitas AG Daniel Siegenthaler Muertschenstrasse 39 Postfach 8010 Zürich tel. 044 250 36 65 tel. 079 635 72 22 daniel.siegenthaler@publicitas.com dati per la stampa a: riviste@publicitas.com publicitas.ch/riviste

Annunci locali

Publicitas Lugano tel. 091 910 35 65 fax 091 910 35 49 lugano@publicitas.ch Publicitas Bellinzona tel. 091 821 42 00 fax 091 821 42 01 bellinzona@publicitas.ch Publicitas Chiasso tel. 091 695 11 00 fax 091 695 11 04 chiasso@publicitas.ch Publicitas Locarno tel. 091 759 67 00 fax 091 759 67 06 locarno@publicitas.ch

In copertina

Pavia. Deposito di idrovolanti edificato nel 1926 (oggi dismesso) Fotografia ©Reza Khatir

La grande onda Gentile redazione, vi scrivo per la seconda volta (la mia prima lettera non è stata pubblicata o magari è passata inosservata) riguardo all’argomento dell’immigrazione, un tema che sta diventando un problema di dimensioni gigantesche. Vorrei però prima dichiarare che anche io in qualche modo sono in parte frutto del fenomeno dell’immigrazione – e, ci tengo a dirlo, anche di integrazione – in quanto mio padre, originario dell’Abruzzo e giunto in Svizzera interna alla ricerca di lavoro negli anni sessanta, qui conobbe e sposò mia madre che era originaria di Kirchberg.

Di questi tempi il giornaliero bollettino di sbarchi (e purtroppo anche di vittime) sta diventando quasi una tragica abitudine delle nostre giornate e questo problema che sta coinvolgendo tutta l’Europa mi preoccupa molto. Da un lato mi chiedo come potranno i paesi europei, che non stanno attraversando certo una fase molto positiva dal punto di vista economico e dell’occupazione, confrontarsi con una migrazione che immagino andrà avanti per anni e anni (perché il problema non riguarda solo la Siria, la Libia e il Medio Oriente ma tutta l’Africa!). Dall’altra mi pongo delle domande riguardo a quali potranno essere le conseguenze che si creeranno su periodi più lunghi (magari fra una o due generazioni) sul suolo europeo di fronte al fallimento dei processi di integrazione (perché voglio proprio vedere come riusciremo a dare lavoro e una vita dignitosa a tutte queste

persone). La mia paura è che se anche molti di loro sono dei profughi che scappano dalle violenze dell’ISIS e delle guerre, che posizione prenderanno fra quindici o venti anni i loro figli, quei bambini spaventati che vediamo in televisione? Non ci sarà il rischio che per reazione a una mancata integrazione si creino gruppi di tipo terroristico o violento come l’ISIS anche sul territorio europeo?

Io mi rendo conto che affermare, come fanno certi partiti, che gli immigrati devono stare fuori dall’Europa in ogni caso e comunque, è un’utopia e una mancanza di senso di realtà, ma penso che questo sia un fenomeno che non dovrebbe riguardare solo l’Europa ma il mondo intero.

Ieri due bambini siriani curdi sono morti affogati sulle spiagge della Turchia. Il loro padre, tramite una parente che vive in Canada, aveva chiesto di potersi trasferire con la famiglia a Vancouver ma i canadesi hanno risposto negativamente costringendoli a una fuga disperata verso l’Europa. Il Canada è un grande paese, con spazi e risorse ben maggiori di quelle che abbiamo in Europa e dovrebbe, come altri paesi non europei, farsi carico almeno in parte di questo drammatico esodo anziché rinchiudersi nel suo isolamento dorato.

Perché non si crea allora a livello mondiale, per esempio come Nazioni Unite, un comitato di stati per gestire l’accoglienza e la distribuzione di queste persone in cerca di una salvezza?

Un cordiale saluto, G. B. (Bellinzona)

Occidente e petromonarchie Medio Oriente. Gli attentati terroristici di matrice jihadista e le uccisioni di cristiani in Medio Oriente e Africa fanno sempre più spesso parlare di scontro di civiltà e di guerra religiosa tra occidente cristiano e mondo arabo-musulmano. Sullo sfondo, però, emergono gli interessi delle monarchie del Golfo e gli strettissimi rapporti economici fra occidente e mondo sunnita. Ne parliamo con padre Giulio Albanese, esperto dell’area mediorientale di Roberto Roveda

C

Agorà 4

i sono espressioni che sono ormai entrate nell’uso comune quando si parla di rapporti tra occidente e mondo arabo. Espressioni forti come “è in corso uno scontro di civiltà” oppure “siamo di fronte a una guerra di religione tra cristiani e musulmani”. Inutile poi negare come negli ultimi anni siano aumentati i teatri di scontro tra mondo occidentale e quello arabo-musulmano.

Le crisi in Siria e in Libia sono le testimonianze più recenti di questo innalzarsi della tensione così come lo sono le azioni sempre più spietate delle milizie islamiche integraliste, ISIS in testa, che si stanno diffondendo un po’ ovunque dall’Asia centrale fino al continente africano.

Ad accrescere le preoccupazioni in occidente sono stati poi gli attentati terroristici degli ultimi mesi come quello contro la sede del giornale satirico Charlie Hebdo, a Parigi, oppure le stragi compiute ai danni di turisti occidentali nel museo del Bardo a Tunisi e in un resort sempre in Tunisia.

A questo quadro, già di per sé fosco, si deve aggiungere la recrudescenza degli attacchi contro i cristiani da parte delle milizie islamiche operanti in Kenya, Nigeria e Siria.

Siamo quindi di fronte a uno scenario di guerra dichiarata contro l’occidente cristiano da parte dell’Islam integralista?

Nuovi assetti nel mondo arabo Al di là delle semplificazioni a uso e consumo dell’opinione pubblica, quello che sta avvenendo negli ultimi anni nel mondo arabo-musulmano – dall’Atlantico fino ai confini dell’India e oltre – è un vero e proprio terremoto geopolitico. La fine della Guerra Fredda e della contrapposizione tra blocchi di superpotenze ha, infatti, liberato in questa immensa area geografica energie rimaste per troppo tempo compresse. Energie legate al desiderio di emanciparsi dal controllo delle potenze occidentali e connesse alla riaffermazione delle proprie radici culturali e religiose da parte di una massa enorme di persone. Per questa ragione, sostanzialmente, si sta assistendo a una messa in discussione degli assetti stabiliti dalle potenze occidentali nel corso del novecento, dopo la decolonizzazione. Lo vediamo in Asia centrale dove Afghanistan e Iraq sono nel caos. Lo vediamo nel Medio Oriente, dal

Libano alla Siria. Lo scopriamo nell’Africa mediterranea dove Egitto, Algeria e Tunisia sono in ebollizione e la Libia è devastata dalla guerra civile.

In questa situazione di cambiamento si sono fatte avanti le istanze modernizzatrici e in un certo senso “moderate” di quel coacervo di movimenti denominati Primavera araba a cui si sono contrapposte le rivendicazioni dell’Islam oltranzista rappresentato dalle milizie islamiche. In questo scenario magmatico si tende, però, troppo spesso a dimenticare il ruolo, le ambizioni e le strategie delle ricchissime petromonarchie del Golfo Persico: Arabia Saudita, Qatar, Bahrein, Oman, Emirati Arabi Uniti e Kuwait. Stati e staterelli ricchissimi grazie ai proventi del petrolio e del gas naturale e tutti dominati da una élite ristrettissima e ultraconservatrice dal punto di vista politico e religioso. È una sorta di segreto di Pulcinella come le petromonarchie abbiano finanziato e ancora finanzino con fiumi di denaro e armi le milizie islamiche, ISIS in testa. Il Quatar, per esempio, ha appoggiato i gruppi armati che hanno rovesciato Gheddafi e finanzia i Fratelli Musulmani in Egitto. In generale gli stati del Golfo Persico stanno agendo nella prospettiva di un allargamento della loro influenza soprattutto nell’area mediorientale dove è sempre maggiore la concorrenza degli sciiti appoggiati dall’Iran. E per farlo sono disposti a sostenere quei gruppi armati eversivi e terroristici che si rifanno all’Islam più radicale.

Gli obiettivi dei jihadisti Il quadro appare dunque molto più complesso rispetto ad affermazioni semplicistiche, del tipo “cristiani vs musulmani” oppure “occidente vs mondo arabo”. A riguardo, abbiamo interpellato padre Giulio Albanese, un riconosciuto esperto dell’argomento, che svolge l’attività di missionario comboniano e direttore delle riviste delle Pontificie Opere missionarie: Indubbiamente, le atrocità commesse dai miliziani dell’ISIS in Siria e Iraq hanno suscitato sgomento e indignazione a livello planetario. Eppure, alla luce di quanto è avvenuto, s’impone una riflessione sulla comprensione delle modalità espressive di questo movimento jihadista che ha seminato morte e distruzione.

Agorà 5 Un tecnico al lavoro in un pozzo petrolifero iracheno (da ilgiornale.it)

Si tratta di un approccio metodologico fondamentale per evitare il cosiddetto “scontro delle civiltà”. Da rilevare che la strategia comunicativa di questi fanatici è incentrata sulla provocazione.

Il loro intento è quello di strumentalizzare la religione per fini eversivi, attribuendo all’occidente la responsabilità del degrado mondiale. Ecco che, allora, certa propaganda integralista tende a sfruttare volentieri la tradizionale apologetica anticolonialista e terzomondista, radicata nell’Islam, per avere presa sulle masse che soffrono spesso di arretratezza e frustrazione. Si tratta di una strategia che ha l’obiettivo di terrorizzare chiunque si opponga al loro delirio. Un vero e proprio terrorismo psicologico, veicolato attraverso il sistema multimediale, con l’intento di attribuire una precisa identità antagonista all’avversario. In questo quadro propagandistico, l’Europa viene definita cristiana, quando invece, oggi, è forse il continente più bisognoso di evangelizzazione, rispetto ad altre realtà come, per esempio, l’America Latina e l’Africa. Inoltre, i fautori della sharìa dimenticano che l’Islam stesso è stato colonialista, attraverso le sue conquiste militari, addirittura più dell’occidente.

Al di là delle provocazioni nei confronti dell’occidente, da quali obiettivi concreti sono mossi gli jihadisti?

L’intento è quello di provocare non solo uno scontro tra la civiltà occidentale e quella islamica, ma addirittura di far implodere gli stati del mondo arabo, così come sono stati ereditati

dall’epopea coloniale. Il concetto stesso di moderno califfato, spesso sbandierato dalla propaganda jihadista in Siria, Iraq e Nigeria, si oppone all’attuale scacchiere geopolitico del mondo arabo e musulmano. In effetti, i miliziani colpiscono non solo i cristiani e altre minoranze religiose, ma chiunque si opponga al loro delirio.

Però in questo ultimo periodo le milizie islamiche e i gruppi terroristici di ispirazione integralista hanno spesso preso di mira obiettivi occidentali e in particolare i cristiani che vivono in Medio Oriente e in Africa.

Perché questo accanimento, a suo parere?

Per fare un esempio, in Nigeria i terroristi hanno ucciso in questi anni più musulmani che cristiani e ogni volta che hanno perpetrato attentati contro chiese e istituzioni cristiane l’hanno fatto perché queste azioni sarebbero state riprese dalle principali testate internazionali ottenendo in tal modo una risonanza a livello globale. Movimenti terroristici e milizie islamiche hanno poi spesso una radice locale e si muovono perseguendo obiettivi locali. Per esempio, il movimento al Shabaab in Somalia o Boko Haram in Nigeria hanno trovato ispirazione nei conflitti in atto nei rispettivi territori tra le oligarchie locali, per il controllo del potere. Questi movimenti hanno sempre colpito chiunque osteggiasse il loro progetto: musulmani, cristiani, animisti… Detto questo è ormai chiaro che le uccisioni dei cristiani, non vanno (...)

“Le cancellerie occidentali, finora, si sono limitate a condannare l’estremismo islamico senza svelare i retroscena di questo fenomeno che ha una forte valenza ideologica, strumentalizzando la religione per fini eversivi e di interesse. Non è una semplice fatalità del destino o una banale coincidenza, infatti, il fatto che le aree d’intervento del jihadismo siano aree sensibili dal punto di vista delle cosiddette commodities...” (padre Giulio Albanese)

Agorà 6

affatto sottovalutate, ma comunque contestualizzate nei rispettivi scenari. In Kenya, per esempio, servono ad amplificare la reazione degli al Shabaab contro il governo di Nairobi, ritenuto filooccidentale, governo che ha inviato un contingente militare in Somalia nel 2011 per combattere i terroristi islamici. Questa strategia sortisce un effetto mediatico non indifferente anche se rivela l’ignoranza dei miliziani somali. Essi, infatti, ignorano, per esempio, che l’esecutivo keniano sotto la guida del nuovo presidente Uhuru Muigai Kenyatta è dichiaratamente filocinese e non filooccidentale. Le cancellerie occidentali, finora, si sono limitate a condannare l’estremismo islamico senza svelare i retroscena di questo fenomeno che ha una forte valenza ideologica, strumentalizzando la religione per fini eversivi e di interesse.

Non è una semplice fatalità del destino o una banale coincidenza, infatti, il fatto che le aree d’intervento del jihadismo siano aree sensibili dal punto di vista delle cosiddette commodities (materie prime e fonti energetiche in primis): dall’Iraq (petrolio) alla Somalia (petrolio, gas naturale e uranio), dalla Repubblica Centrafricana (petrolio e uranio) alla Nigeria (petrolio).

Sullo sfondo paiono muoversi sempre più spesso le petromonarchie del Golfo Persico nei confronti delle quali vige una sorta di consegna al silenzio in occidente o sbaglio?

Si tratta di una vecchia storia, più volte svelata da autorevoli osservatori internazionali, ma quasi mai denunciata dalle grandi democrazie euro-atlantiche. Le ragioni sono soprattutto di ordine economico. Questi stati formalmente sono nostri alleati e soprattutto forniscono quel petrolio e quel gas senza il quale soprattutto l’Europa sarebbe alla mercé della Russia di Putin.

Inoltre sono economicamente molto presenti, in particolare nel Vecchio continente. Recentemente, il Fondo sovrano degli emiri del Qatar ha acquistato i nuovi grattacieli di Milano1. Il valore complessivo dell’operazione è di circa due miliardi di euro. Nel maggio 2011 la Qatar Sport Investments ha pagato 50 milioni di euro per il 70% del Paris Saint Germain, squadra che allora stava, per così dire, ai margini del grande calcio francese. Da quel giorno la strategia degli sceicchi è stata chiara: utilizzare Parigi per fare il salto di qualità scalando non solo il ranking UEFA ma il business stesso del pallone e il suo indotto. E cosa dire dei rapporti di strettissima amicizia tra il presidente François Hollande e i componenti della casa reale saudita e con il Qatar? È bene poi rammentare che gli Stati Uniti sono sempre andati a braccetto con i paesi del Golfo Persico, non solo per

il business petrolifero, ma anche in funzione anti-iraniana. Al momento, è troppo presto per pensare che l’intesa di Losanna sul nucleare iraniano, siglata recentemente, possa sparigliare le carte. Certamente l’Arabia Saudita e le altre petromonarchie del Golfo temono un’alleanza tra gli Stati Uniti e l’Iran che potrebbe far passare in secondo piano la storica collaborazione tra Washington e le potenze sunnite. Per questo motivo Ryad avrebbe accelerato di molto negli ultimi mesi gli sforzi atti a dotare il suo esercito di tecnologie in grado di funzionare indipendentemente dal complesso bellico statunitense. Lo scorso anno, l’Arabia Saudita è diventata, in effetti, il primo importatore di armi al mondo con una spesa annuale di ben 6,5 miliardi di dollari.

E cosa fa l’occidente di fronte a queste politiche delle petromonarchie?

Poco o nulla. Con i sistemi di intelligence che ci sono oggi non è assolutamente difficile controllare i movimenti di denaro che dalle petromonarchie vengono indirizzati verso i movimenti eversivi. Però, per interesse, si preferisce il silenzio. Un silenzio ancora più assordante di fronte ad alcuni recenti esempi di propaganda delirante. Il gran mufti dell’Arabia, Sheikh Abdul Aziz bin Abdullah, ha dichiarato lo scorso 15 marzo che “è necessario distruggere tutte le chiese cristiane presenti nella regione del Golfo”, a seguito della decisione del governo kuwaitiano di proibire l’edificazione di luoghi di culto cristiani sul proprio territorio. Perché finora i politici occidentali non hanno protestato con le autorità di Ryad per simili, aberranti affermazioni da parte del loro leader religioso? Perché da una parte noi occidentali leviamo la nostra indignazione per le vittime del terrorismo islamico, mentre poi i nostri governi fanno affari con i principati della Mezzaluna? Le nostre, inutile nasconderselo, rischiano d’essere davvero lacrime da coccodrillo e ha ragione papa Francesco nel dire che “il nostro silenzio è complice”. È tempo allora che l’occidente si assuma le proprie responsabilità. In questi anni, le grandi democrazie occidentali hanno fatto o poco o niente per aiutare la società civile araba a uscire dal letargo e per sostenere politicamente e finanziariamente l’intelligentia islamica moderata. Una sfida che, visti i tempi, non può essere più disattesa.

note 1 Si tratta dei nuovi grattacieli del quartiere di Porta Nuova, acquistati nel febbraio 2015.

Tradurre, la nostra lingua I maggiori autori contemporanei svizzeri sono ospiti della decima edizione del Festival di letteratura e traduzione “Babel”. Un’occasione per approfondire il plurilinguismo e per capirci meglio di Marco Jeitziner

A volte forse ci dimentichiamo della nostra piccola “babi-

lonia” linguistica, un caso unico al mondo. Proprio la Svizzera è al centro dell’edizione 2015 del festival bellinzonese “Babel” (dal 17 al 20 settembre; babelfestival.com). Tema centrale dell’evento le nostre reali, o ideali, competenze linguistiche che molti stranieri ci invidiano, magari con un certo pregiudizio. Competenze di cui possiamo vantarci, ma che non sempre esercitiamo e in cui, va detto, non sempre brilliamo, così come così come accade riguardo alle nostre competenze di lettura e di scrittura1.

stra visione del mondo, immedesimarci in chi non conosciamo, scardinare un po’ le persiane dei nostri orizzonti. Ogni tanto saremo sorpresi dalle differenze, ogni tanto dalle somiglianze” ci dice. L’edizione di quest’anno è la logica conseguenza di quelle precedenti: dalla varietà di lingue parlate in Africa a quella dei Caraibi, quindi ora la Svizzera. “In questi dieci anni il pubblico di Babel ha attraversato il mondo in lungo e in largo, sulle ali delle sue lingue delle sue storie, per ritrovarsi adesso in Svizzera e guardarla con occhi diversi” afferma Bianconi.

Uno sguardo al futuro Quanti di noi conoscono La tensione linguistica gli autori svizzeri contemScrivono gli organizzatori: poranei come Melinda Nadj “C’è una forte tensione tra le Abonji, Peter Weber, Noelle lingue, tra lingua e dialetti, Revaz, Pedro Lenz, Philippe tra oralità e scrittura, e sta Rahmy? Per questo, dice dando risultati letterari senza Bianconi, “abbiamo invitato precedenti. Perché la lingua le nuove generazioni di scritdella Svizzera è la traduzione, Lo scrittore Pedro Lenz, classe 1965 (da wikimedia.org) tori svizzeri, e in particolare e per essere viva deve farsi interprete delle voci della sua confederazione di culture: il tedesco coloro che rivoluzionano la lingua scritta mediante incursioni e i suoi dialetti svizzeri, l’italiano e il francese, il romancio e dell’orale, e siano i dialetti che parlano e ascoltano ogni giorno le lingue dell’immigrazione, le varie ibridazioni del parlato”. e fino a poco fa erano quasi vietati in letteratura, siano le linLa lingua, affermano gli addetti ai lavori, è in continua gue dell’immigrazione, o altre forme scritte della parola viva”. evoluzione, anche grazie agli stranieri che nascono o deci- Ma si andrà oltre: scrittori come Peter Weber e Matteo Terdono di vivere qui. Ancora dalla presentazione leggiamo: zaghi dovranno “immaginarsi come cambierà la nostra geo“Le nuove generazioni di scrittori, cresciute in una Svizzera grafia mentale una volta che, aperti i tunnel dell’AlpTransit, multietnica ed esposte a influenze culturali miste e molteplici, le Alpi saranno piane e invisibili e Bellinzona sarà periferia di si muovono tra questi plurilinguismi per creare la propria paro- Zurigo”. Nella traduzione, poi, è sempre importante, spiela a partire dalle lingue date. Per quel che riguarda l’area tede- ga Bianconi, mantenere “le tracce (elementi ritmici e sintatsca in particolare, il bilinguismo è anche nella propria lingua, tici, vocaboli e tic) di un’altra lingua o di un dialetto. In questo e per la prima volta i giovani autori si confrontano tanto con caso lo scrittore, e il traduttore, creano una lingua nuova che la tradizione letteraria di lingua tedesca, quanto con la lingua esiste solo in quel libro ma che, allo stesso tempo, si avvicina più di ogni altra a una data realtà umana e sociale”. che parlano e ascoltano quotidianamente”.

Ma in un mercato elvetico in cui predomina il tedesco e il francese, come si collocano gli autori italofoni? “Il fatScardinare le persiane In un’epoca contrassegnata dalle tecnologie digitali che to che buona parte degli scrittori svizzeri italiani siano poeti caratterizzano la comunicazione delle nuove generazioni, forse non aiuta gli editori delle altre aree linguistiche, ma negli è certo ancora più importante occuparsi della crescente ultimi anni si stanno affermando un buon numero di scrittori mancanza di competenze di scrittura e lettura nonostante in prosa”. la capillare scolarizzazione. Abbiamo a tal proposito avvicinato il direttore artistico del festival, Vanni Bianconi, a note cui chiediamo: perché “Babel”? “L’importanza di un libro, 1 L’analfabetismo di ritorno interesserebbe quasi 800mila perun film, un viaggio, un incontro: entrare in relazione con realtà sone in Svizzera. Da “Lotta all’illetteratismo in Svizzera e in Ticino” (Canton Ticino, 2012). diverse dalla nostra, per poter così mettere in questione la no-

Media 7

Che ne sarà di noi?

Che fine faranno le piccole compagnie di teatro che operano in Ticino di fronte a una politica culturale orientata alla creazione e alla promozione di grandi eventi istituzionali? di Nicoletta Barazzoni

Antonin

Arti 8

Artaud chiedeva al teatro di non esser solo Ledwina Costantini ha iniziato a fare teatro a 17 anni, un fatto estetico ma anche e soprattutto un’esperienza prima al Teatro delle Radici e poi con la compagnia Trickesistenziale. Sofocle e Shakespeare sono nati in quanto ster P. Insieme a Roberta Deambrosi, a Nando Snozzi e ad cultura popolare. E Luca Ronconi voleva fortemente un altre personalità del mondo artistico ha fondato l’associazione Opera retablO. Ci tiene a dire sin dall’inizio che lei teatro lontano dalle platee di velluto.

Fare teatro, per le piccole compagnie e i gruppi indipen- proviene da quei piccoli gruppi che cercano in tutti i denti, si rivela sconsolante per molte ragioni, tra le quali modi di non piegarsi alle dittature estetiche ed economiche. “Questi teatri che si arranil vincolo ma soprattutto l’imgiano sono piccoli mondi di posizione del potere dei soldi. inquietante ordine e disordine, Le compagnie teatrali, ricche zelo, tenerezza, invidie ma andi idee e competenze ma poche abilità”. I suoi spettacoli vere di sostegni finanziari, si sono attraversati da personagtrovano marginalizzate e digi inquietanti e seducenti, dai vorate dal pensiero secondo quali scaturisce un’idea di cui questo genere di arte, conteatro che vuole far risuonare siderata minore, non crea ingli aspetti autentici della vita, dotti finanziari. Secondo tale dando tuttavia rilievo anche logica, non vale la pena inalle sue distorsioni e contradcentivare eventi culturali a dizioni. Appartiene a quella meno che non implichino un generazione di mezzo, deterimmediato e concreto risconminata a non capitolare sotro economico. Ne deriva che, prattutto quando il teatro pur essendo portatrici di un indipendente sta attraversanprezioso potenziale artistico do l’inverno del malcontento. queste realtà culturali non “La mia generazione è cresciuta vengono sufficientemente vanell’epoca del benessere e dello lorizzate. sviluppo tecnologico. Siamo ereMotivata da una grande forza di di una considerevole agiatezpropulsiva, la creatività non za ma anche di una disillusione istituzionalizzata non si piega riguardo all’impegno del singolo alla logica del dio denaro. In per la società. Le proteste del una società sempre più tecnopassato, non sono servite a camlogica il teatro si trova ad afbiare il mondo! La soluzione f rontare lo sforzo di pareva dunque risiedere nell’idea mantenere viva la sua natura, Ledwina Costantini in “Lovely Sweek Cake”, intervento scenico con Andrea della Neve (immagine ©Opera retablO) che solo migliorando noi stessi che è anche quella di creare avremmo potuto migliorare il aggregazione, condivisione, comunicazione e divertimento ma soprattutto di stabilire mondo. Apparvero così innumerevoli pratiche di auto-miglioramento e auto-guarigione (tra cui, purtroppo, anche il teatro) un rapporto di sinergie e emozioni con il pubblico. che assieme al benessere e ai nuovi mezzi di comunicazione ci hanno portato a una cultura sempre più autoreferenziale e Creare, non esibire I linguaggi teatrali sono molteplici, e dunque, obbligando isolazionista. Così oggi, siamo lungi dall’aver migliorato il questa espressione artistica a uscire di scena, viene meno nostro mondo. Pare invece, che siamo tutti indaffarati ad auil principio di sussidiarietà che rende unico il nostro pae- topromuoverci alla costante ricerca di qualche piattaforma se. Perché sono proprio le piccole compagnie teatrali le reale (palcoscenico) o multimediale (web) dove esibire noi stesdepositarie della ricchezza culturale, con la loro espressio- si. Sulla scia di questo malinteso dell’esibizione e dell’autone identitaria, in cui possiamo riconoscerci in quanto noi. guarigione attraverso l’arte, il teatro (come pure anche altre

forme artistiche) si è affollato di persone che si dicono e credono artisti. L’arte però non ha mai a che fare con l’esibizione e l’esibizionismo. Persino il teatro nasce in prima istanza come impulso al creare e non all’esibire”.

Un credito di CHF 10’000.– a un tasso annuo effettivo tra il 9.9% e il 13.9% (fascia di oscillazione dei tassi) rimborsabile in 12 rate mensili comporta un costo complessivo compreso tra CHF 521.– e CHF 723.20. Il tasso d’interesse dipende dalla solvibilità del cliente. Avviso secondo la legge: la concessione di crediti è vietata se conduce a un indebitamento eccessivo (art. 3 LCSI). CREDIT-now è un marchio di prodotto di BANK-now SA, Horgen.

Verso altre dimensioni A proposito del teatro che si esprime in varie forme sul nostro territorio tra innumerevoli abnegazioni e peripezie, Ledwina Costantini ritiene che sussista una sorta di confusione in cui tutto si velocizza. Ma l’arte ha bisogno di tempo per emergere e prendere forma e dunque diventa complicato creare con tranquillità: “In questa frenesia non ci chiediamo più qual è il nostro personale linguaggio in quanto artisti. Tutti sembrano rincorrere le mode e nell’arte non dovrebbero esserci. Quello che tento di fare è di lasciarmi sì contaminare dal mio contesto ma soprattutto di intercettare il mio modus espressivo, il mio linguaggio creativo senza cedere a troppi compromessi. In questo scenario mi accorgo che spesso il teatro rincorre le possibilità che hanno i mezzi tecnologici e i nuovi media. A mio avviso il teatro può appoggiarsi a questi mezzi ma deve anche attingere a quella che era ed è la sua forza, la relazione tra spettatore e attore e la possibilità che si crei la catarsi, in modo da lasciare di nuovo spazio al sentire, all’esorcizzare”.

Come molte attrici, molti attori di teatro, e molte persone che gravitano nell’ambiente, non si lascia condizionare dalla cultura dominante. Anche se alcune sovvenzioni, che le permettevano di sopravvivere e investire in nuovi

progetti, sono venute a mancare: “Sono preoccupata per come stanno andando le cose. In parte i sussidi si riducono e a risentirne siamo proprio noi. Proprio noi che tentiamo di fare quella cultura alternativa che si interroga e che si oppone. Si sente spesso dire che la cultura in Ticino è provinciale”.

Ledwina ha studiato nove mesi all’Opera di Pechino e non si sente penalizzata da chi insiste nel dire che ci sia del provincialismo in Ticino. “Mi fanno sorridere quelle persone che reputano il Ticino provinciale; è probabile che il provincialismo risieda proprio in loro, per questo ne sono tanto toccati e infastiditi. Dal mio punto di vista quel che importa è concentrarsi sul proprio lavoro, indagare, eccellere, tentare di raggiungere una dimensione «altra». È vero che in Ticino, come altrove, c’è una gran confusione tra professionalità e dilettantismo, ma di artisti estremamente competenti ce ne sono parecchi. Il Ticino è un territorio piccolo, anche qui cominciamo a sentire gli effetti della crisi, i colleghi italiani cercano opportunità da noi, le creazioni delle compagnie locali risultano essere più care per chi compra gli spettacoli, quindi meno appetibili e meno «esotiche» di quelle estere. I meccanismi burocratici di sostegno ci portano a una sovraproduzione e a un presenzialismo artistico esagerato. La realtà creativa in Ticino però è stimolante e feroce al contempo”.

Come si vede Ledwina Costantini tra dieci anni? “Sono un’estremista, l’arte non la vivo come qualcosa di carino a servizio dell’esibizione, per me è un connubio tra eccitazione e angoscia, tra amore e odio; non so vivere che così e per questo continuerò a fare il mio lavoro fin che potrò”.

Da oggi a domani senza lavoro: posso assicurare il mio credito contro un evento del genere?

Sì, con la nostra garanzia del credito.  In caso di incapacità al guadagno o disoccupazione  Assunzione delle rate mensili  0800 40 40 42 oppure credit-now.ch

Una soluzione si trova sempre

Princeton 1995

Siamo a Princeton, New Jersey, Stati Uniti, nell’autunno del 1995, dove l’autrice ebbe modo di incontrare la nota storica Natalie Zemon Davis, nel periodo in cui insegnava presso quella prestigiosa università di Francesca Rigotti

Da

Memorie 10

parte mia mi trovavo in quel luogo magico grazie Caprese all’americana alla munificenza del Consiglio tedesco delle ricerche, E adesso, Natalie Zemon Davis, classe 1928, illustre e ripresso il quale avevo vinto una fellowship, il cosiddetto nomata storica dell’età moderna nonché persona gentile e “Heisenberg-Stipendium”, per condurre là le mie ricerche. affabile, la cui opera più famosa, tra le tante, è Il ritorno di Quello sì che fu un periodo avventuroso! Partita per gli Sta- Martin Guerre, che ben conoscevo avendolo letto qualche ti Uniti, non sul bastimento da cento lire, ma pur sempre anno prima. È un libro di storia che non parla di guerre, sola con quattro bambini, poi raggiunta dalla ragazza alla politica, economia e religione, ma di vita vissuta (lo stile delle opere, in Italia, di pari, la allora studenCarlo Ginzburg, finito tessa ventunenne Chiaanche lui non a caso ra, e poi per qualche a insegnare negli Stasettimana nel periodo ti Uniti). Vi si sviscera estivo dal mio compala storia di un vero o gno e padre dei figli, presunto Martin Guermi trovai a organizzare re che torna al paeselper tutti la nuova vita, lo francese dopo molti coadiuvata comunque anni di assenza e nel dall’eccellente servizio quale la moglie Bertrandell’università: in primo de riconosce, o crede di luogo i centri estivi e riconoscere, il marito. poi la scuola per i ragazForse non si trattava del zini, due alle elementari “vero” Martin Guerre, o due alle medie. forse sì, e comunque il Quanto all’alimentaziolibro, bellissimo, è tutto ne, mentre la cena – che centrato sulle tematiChiara o io preparavache del riconoscimento mo imperterrite “all’ie della memoria. taliana” – si svolgeva a Uno dei cortili dell’università di Princeton (da arc-hum.princeton.edu) Forse non della memocasa (e anche la prima colazione e la merenda pomeridiana), nel caso del pranzo ria di cibo, come nel caso del mio incontro con la storica i figli si trovavano ad affrontare, alla mensa scolastica, la nella mensa della Prospect House, davanti a un brunch sfida rappresentata dalle fette di pane spalmate di burro di con pietanzine di vario genere, tra le quali una indimennoccioline e marmellata, dai vasetti di gelatina verde, dagli ticabile (perché? perché devo sempre pensare a Zemon spaghetti afferrati dal recipiente da una mano guantata e Davis quando la preparo?) insalata amerocaprese con ciliegine di mozzarella, pomodorini e altri misteriosi ingrescaraventati nel piatto e altre amenità.

Tornavano a casa nel pomeriggio, con lo scuolabus giallo, dienti che galleggiavano nell’olio. affamati come cuccioli di jena e io o Chiara li rifocillavamo Mi raccontò, intercalando con episodi autobiografici le con la merenda prima della cena serale alla quale spesso in- nostre elucubrazioni culturali, del pendolarismo estremo vitavamo piccoli ospiti, seguendo la pratica per noi ignota che aveva praticato per vari anni tra Toronto, dove era la ma lì alquanto diffusa dello sleepover, il dormire a casa di base della famiglia, marito e tre figli, e Berkeley, Califorun altro bambino, il compagno di giochi o l’amichetta del nia, nella cui università aveva insegnato per un certo cuore. In quelle occasioni i bambini nativi avevano tutta periodo. l’aria di essere sorpresi nel trovarsi, per cenare, davanti a Davanti all’insalata capro-americana mi spiegò che in una tavola apparecchiata per sette e alla quale ci si aspetta- simili frangenti è bene avere sempre con sé una mascheva che stessero tutto il tempo seduti; di fatto dopo qualche rina nera per gli occhi, in modo tale da poter dormire in boccone si alzavano e girellavano intorno, tornando ogni aereo e arrivare fresche e il più possibile riposate a casa (a Toronto) o al lavoro (a Berkeley). tanto ad approvvigionarsi.

<wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2MLa0MAQAQ_slLA8AAAA=</wm>

<wm>10CFXLKQ4DQQxE0RO5VS6Pl45hNGw0IApvEgXn_igLC_js_eNoH_h13c_7fmuFbptY2Sxtnz6YgeiyGCRgjWQR6hdVpMaM_HvkoxLA-hpBCmtNCVFfSjMyfbwezzf85xbieQAAAA==</wm>

Barrette, müesli, yogurt o fiocchi: l’energia tutta naturale dei prodotti Farmer può essere gustata in quattro modi diversi e in tantissime deliziose varietà.

S

Vitae 12

ono nato a Winthertur e sono cresciuto in un paesino rurale e contadino lì vicino. Nelle prossimità del condominio in cui vivevo iniziava il bosco, un luogo che ben presto è diventata la mia passione. Già da ragazzino, a 10-12 anni, aspettavo la domenica e prima ancora che si alzassero i miei andavo nel bosco e ci rimanevo da mattina a sera. Mi piaceva tutto, lì, c’era anche una piccola palude, gli animali. Salivo in cima agli alberi e prendevo del pesce nel fiume, accendevo il fuoco e me lo mangiavo così. Adoravo questo contatto col bosco anche se poi avevo tutte le altre passioni tipiche dei ragazzi.

Dopo l’istruzione obbligatoria mi sono iscritto, come tanti qui in Svizzera, alla scuola commerciale. Però non mi trovavo bene. Durante le estati a Mergoscia, in valle Verzasca, dove i miei genitori hanno una casetta avevo conosciuto un tornitore del legno e passavo ore a osservarlo mentre lavorava. Non potevamo comunicare perché io parlavo solo tedesco e lui il dialetto. Mi limitavo a guardare e mi piaceva quel lavoro. Finita la scuola di commercio mi sono detto “qui non ci siamo, ho vent’anni e voglio fare altro. Voglio fare il tornitore”. Senza dire nulla ai miei – che comunque sono stati poi contenti, anzi mi hanno sostenuto logisticamente e finanziariamente – ho fatto un elenco delle tornerie e ho cominciato a chiamarle, partendo dalla più vicina a Winthertur. Chiedevo se mi prendevano come apprendista. Finalmente mi hanno accettato a Wil, vicino a Eglisau, sempre in campagna. A quel punto, avendo fatto già finito la scuola e avendo già sostenuto le materie scolastiche generali mi hanno abbonato mezzo anno scolastico dell’apprendistato. Ho deciso di usare questi mesi liberi per andare a Firenze e studiare l’italiano. L’amore per l’Italia mi è stato trasmesso probabilmente da mio padre che era insegnante e negli anni sessanta aveva imparato l’italiano perché in classe aveva tanti immigrati. Con la famiglia andavo spesso in Italia in vacanza, così è nata la passione per l’italianità. Nella scuola a Firenze ho conosciuto la mia futura moglie, anche lei della Svizzera interna. Dopo la parentesi in Toscana ho fatto due anni e mezzo di apprendistato e sono diventato tornitore del legno diplomato, l’unico di-

plomato almeno in Ticino.

Con mia moglie ci sarebbe piaciuto andare a vivere in Italia ma era troppo complicato. Così, nel 1990, a 26 anni mi sono trasferito con la famiglia nel canton Ticino dove ho cominciato a lavorare come aiutofalegname.

Intanto, ho messo su un mio laboratorio come tornitore perché era quello il mestiere che volevo fare.

Volevo lavorare il legno massiccio mentre oggi il falegname ha spesso a che fare con truciolati o resine. Io volevo il contatto diretto con la materia prima, una materia che riesce sempre a sorprendermi nonostante tanti anni di lavoro. Per esempio, se mi capita un tronco del Parco Ciani per me è il massimo. È legno che ha una storia, magari è pieno di chiodi ma a me piace così. Mi piace andare a cercare i tronchi da lavorare, quando vedo che stanno tagliando un albero mi fermo. Poi c’è gente che mi conosce e mi chiama perché ha visto un tronco che potrebbe interessarmi. Oppure mi ritrovo un pezzo di legno davanti al laboratorio e scopro dopo un mese che me lo ha portato Tizio o Caio. Quando ho il mio tronco lo metto sul tornio, non faccio un progetto o un disegno, parto da un’idea su cosa fare che poi magari durante il lavoro cambio, perché trovo un chiodo o una frattura da eliminare. Così nascono gli oggetti che creo, oggi sempre più spesso oggetti di lusso perché sono quelli che hanno più mercato. Una volta, infatti, il tornitore faceva i mozzi delle ruote dei carri, le sedie, i piatti che si usavano quotidianamente.

Oggi il nostro lavoro serve soprattutto per le cose costose, io faccio anche sculture oppure succede che un restauratore mi chieda di riprodurre pezzi antichi. Per tanti anni, comunque, per mantenere la famiglia ho fatto anche lavori diversi con il legno come, per esempio, posare pavimenti. Oggi, che i miei due figli sono grandi e stanno facendo la loro strada mi posso dedicare di più al lavoro di tornitore. Ho un laboratorio a Lamone che è ben avviato. Il mio sogno per il futuro è di potermi dedicare al mio mestiere sempre di più, magari occupando il cento per cento del mio tempo.

MATTHIAS BACHOFEN Da bambino adorava la vita all’aria aperta e i boschi.

In questi luoghi ha imparato ad amare il legno, tanto da farne l’oggetto del suo mestiere

testimonianza raccolta da Roberto Roveda fotografia ©Flavia Leuenberger

Pav i a

La “Bella addormentata” di Eugenio Klueser; fotografie ©Reza Khatir

O

gni volta che visito Pavia mi appare placata, quasi pasciuta nella sua opulenza di antica data. Carica di glorie, verrebbe da dire.

Adagiata comodamente nella pianura lombarda e quasi placida come placide sono le acque del Ticino che la attraversano e che giungono qui stanche del loro lungo viaggiare iniziato sulla Novena e sul Gottardo. Lo osservo il Ticino dal bel Ponte Coperto che collega le due sponde della cittĂ e lo trovo desideroso di scorrere senza intoppi per unirsi il prima possibile al Po. E le belle rive pavesi, oggi trasformate in giardino

pubblico e passeggiate, sembrano fare ala al suo passaggio, voler accompagnare il fiume negli ultimi chilometri del suo viaggio.

Noi, invece, salutiamo le acque ed entriamo nel centro storico della cittĂ per ritrovare lo stesso quieto scorrere del fiume anche nelle vie, pur in una giornata lavorativa qualunque. Ci sono solo 35 chilometri dalla frenesia di Milano ma camminando per le strade e i viottoli di Pavia sembrano esser stati percorsi anni luce. Milano e Pavia, pur cosĂŹ vicine, paiono muoversi in ere diverse, come se le tante risaie che circondano il territorio pavese continuino

Amo la libertà de’ tuoi romiti vicoli e delle tue piazze deserte, rossa Pavia, città della mia pace.

Le fontanelle cantano ai crocicchi con chioccolìo sommesso: alte le torri sbarran gli sfondi, e, se pesante ho il cuore, me l’avventano su verso le nubi. Guizzan, svelti, i tuoi vicoli, e s’intrecciano a labirinto…

Ada Negri, “I giardini nascosti” (1936)

a sinistra Il fiume Ticino in una zona periferica di Pavia in apertura Le torri consortili nel centro della città, in prossimità dell’università

a creare una barriera invisibile tra la metropoli e questa cittadina di provincia. Allora teniamocele strette queste risaie, mi viene da dire, se contribuiscono a tenere lontano almeno un poco lo spirito frenetico del nostro tempo.

Teniamoci stretti gli steli a pelo d’acqua e il gracidar di rane che a me – mi si perdoni se volo basso – ricordano Pavia più di tanti discorsi, grazie ai risotti e alle rane fritte.

Ricordi che restituiscono più di tante parole lo spirito di un territorio, la sua anima. E l’anima di Pavia è ancora agricola, contadina nonostante i monumenti del centro, le antiche chiese e i palazzi, i secoli di storia. Manca, infatti,

quel marketing turistico che cancella l’essenza di un luogo ma riempie le piazze di turisti.

Città di re, imperatori, santi e di muri in cotto Sarà per questo che qui di viandanti se ne vedono pochi, almeno in rapporto al tanto che c’è da vedere e da assaporare. Pavia non è una cittadina di provincia qualunque.

Per secoli ha vigilato sul passaggio sul Ticino. Ha permesso o impedito a re, condottieri ed eserciti di lasciare il settentrione della penisola e sciamare nello “Stivale”. Qui passavano i pellegrini medievali lungo la via Francigena

sopra: la statuta della Lavandaia e il ponte coperto; sotto: l’ingresso monumentale di Palazzo Malaspina (1794) con il busto di Francesco Petrarca su piedistallo: un raffinato esempio di neoclassicismo pavese

verso Roma. Traversavano il ponte, prima quello romano di cui si intravedono ancora i piloni, poi quello costruito nel Medioevo e distrutto durante l’ultima guerra mondiale.

Pavia era la porta per il sud e Teodorico, re degli Ostrogoti, vi costruì il suo palazzo poco prima della fine dell’impero romano. Alboino con i suoi longobardi ci mise tre anni a vincere la resistenza delle sue mura e poi, invece di distruggerla, come intendeva fare in un primo momento, la elesse a capitale del suo regno. Federico Barbarossa si fece incoronare re d’Italia nella meravigliosa cornice della Basilica di San Michele Maggiore, capolavoro del romanico lombardo e unica concessione ai colori lividi della pietra arenaria in una città dove ovunque predomina il rosso del cotto e del mattone.

Pavia, infatti, vive un’incantevole uniformità cromatica che accomuna le strade, i palazzi antichi, le torri, il Castello costruito dai Visconti e gli edifici dell’università, che è tra le più antiche d’Europa e i cui studenti smuovono a fatica l’aria pavese da una certa sonnolenza. Di cotto è quello che è il mio luogo prediletto a Pavia, la basilica di San Pietro in Ciel d’Oro che ospita le spoglie di sant’Agostino, il padre di tanto pensiero cristiano e occidentale. Quei resti mortali hanno vagato nel Mediterraneo per secoli dopo la morte

avvenuta a Ippona, in Africa per sfuggire all’avanzare degli arabi e alle scorrerie dei pirati saraceni. Poi il re longobardo Liutprando li portò qui dalla Sardegna, nel cuore del suo regno, per sottrarli a ogni minaccia. Ora santo e sovrano riposano assieme, nello stesso spazio a poca distanza l’uno dall’altro e mi pare che già questa cosa da sola ci dica cosa sia stata Pavia secoli fa e cosa continui a essere per chi ama aver memoria del passato.

Davanti a una zuppa pavese…

Un passato che qui è quasi troppo presente, a tratti ingombrante. Questi pensieri mi vengono osservando il vuoto della medievale torre civica accanto al Duomo, venuta giù di schianto un quarto di secolo fa e mai ricomposta. Oppure quel che resta dell’antico Idroscalo da dove, negli anni venti e trenta del novecento, giungevano e ripartivano gli idrovolanti della linea TorinoVenezia-Trieste. L’oblio sembra impossibile ma probabilmente è solo il filosofeggiare di un visitatore stanco dopo tanto pedibus calcantibus in lungo e in largo per la città. Meglio allora tornare al concreto e riscoprire, nonostante i primi accenni d’afa, la zuppa pavese. Fette di pane abbrustolite nel burro, uova spaccate sopra e brodo bollente a unire il tutto e così mi lascio ri-

Uno dei cortili interni dell’università nella sede principale di via Strada Nuova

focillare alla moda di re Francesco I di Francia quando in queste lande nel 1525 venne sconfitto da Carlo V in una battaglia che fece epoca.

Mentre attendo il piatto mi sento un poco come Ada Negri quando scriveva “E a me basta passar lungo i muretti caldi di sole; e perdermi ne’ tuoi vicoli che serpeggian come bisce fra verzure d’occulti orti da fiaba, rossa Pavia, città della mia pace”.

Mi sento pacificato, un poco sedotto da una città che non strombazza la sua argenteria migliore… che chiede

di essere disvelata poco a poco e quasi sottratta al suo quieto torpore. Una Bella addormentata in attesa del bacio del suo principe per aprire gli occhi e mostrarsi del tutto.

Per informazioni: vivipavia.it Reza Khatir Nato a Teheran nel 1951 è fotografo dal 1978. Ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali. Ha vissuto a Parigi e Londra; oggi risiede a Minusio ed è, fra le altre cose, docente presso la SUPSI. khatir.com

Realtà e Verità

La matematica è una mera espressione della mente umana o un linguaggio universale sottostante la realtà dell’universo? Una questione cruciale, già presente nella riflessione biblica di Carlo Baggi

Alain Connes1 ha affermato che la matematica “è indiscuti-

Kronos 44

inorganiche. La loro principale caratteristica consiste nell’imbilmente il solo linguaggio universale”2. Ciò significa che nell’u- possibilità di prevederne la progressione. Questo rompicapo, niverso possono anche esistere strutture differenti da quelle ha così determinato una secolare ricerca che, dai tempi di presenti sulla Terra, ma i numeri restano tali dappertutto. Se Euclide, converge nei contributi di Riemann7, il quale colquest’affermazione è esatta, la matematica cesserebbe di essere legando funzioni matematiche con schemi grafici, descrisse una “disciplina” elaborata dalla mente umana per esprimere, una sorta di onde sinusoidali che, simili a quelle acustiche, come Connes ritiene, “una realtà indipendente pura e immuta- tramutavano quei numeri caotici in “sottili armonie”8. Poter bile”3. Seguendo questo ragionamento, un linguaggio univer- calcolare l’ordine di sequenza dei numeri primi avrebbe consale, che costituisce inoltre una realtà indipendente, assume seguenze pratiche incalcolabili, perché questi sono utilizzati in molteplici campi, tra cui la chiaramente una dimensione cifratura dei dati. La possibilità trascendente. Già il pensiero bidi neutralizzare tutti i sistemi blico nel VI sec. d.C., accogliendi crittografia informatica oggi do una più antica tradizione, operativi, sia a livello civile sia affermava che l’Eterno aveva militare, aggiunge alla ricerca “inciso” e creato il suo mondo un evidente interesse. con tre registri: numeri (sefor), 4 parole (sippur), scrittura (safer) .

Il segreto dell’universo Un modo di procedere che, se A tutt’oggi, l’enigma è insoluto riferito all’uomo, rappresentee probabilmente resterà tale rebbe un’azione “scientifica”. perché, come affermava Proust, Occorre pertanto chiedersi se il occorrerebbe “non cercare nuovi mondo in cui viviamo, e tutto paesaggi, ma avere nuovi occhi”9. quello che lo circonda, oltre a essere reale sia anche vero.

I numeri primi, refrattari a esImmagine tratta da abyss.uoregon.edu sere “addomesticati” dall’uomo Mattoni della matematica con una formula, appartengono a un’altra dimensione e La differenza non è da poco, perché se il linguaggio mate- richiamano, per analogia, “le nostre percezioni e i nostri desideri matico appartiene a una dimensione assoluta, immutabile e e quanto siano diversi e sfaccettati”10. Forse questa “formula autonoma, può essere che tutto ciò di cui si ha esperienza sia segreta dell’universo”11 si basa su molteplici dinamiche e la solo una realtà multiforme immersa in una verità totalizzante. matematica, che l’uomo ritiene di aver inventato, non è Aspetto, anche questo, in sintonia con il pensiero biblico al- altro che un insieme di simboli emergenti da un linguaggio lorché, riflettendo sull’unicità di Dio (l’Eterno è Uno), afferma nascosto. Potrebbe essere che le vie d’accesso siano iscritte che: “Egli è il luogo del mondo, ma il mondo non è il suo luogo”5. nel più profondo del nostro Io, nascondiglio della verità, di L’Uno non esprime un termine di quantità ma di qualità, cui sperimentiamo solo il “rivestimento esteriore”12, che è la poiché include ogni oggetto senza limitarsi a esso. Parafra- mutevole realtà. sando la precedente affermazione, si può dire che la verità è il luogo della realtà, ma la realtà non è il luogo della verità. note L’uomo, non percependo la differenza, è indotto a cercare la 1 Matematico francese (1947), medaglia Fields 1983. verità indagando la realtà e, quindi, a ritenere unicamente 2 Marcus de Sautoy, L’enigma dei numeri primi, pag. 19, Rizzoli 2004. valido il dato scientifico. Esiste nella comunità dei matematici 3 M. de Sautoy, op.cit., pag. 19.

4 una sfida, per ora rimasta senza vincitore, che concerne la 5 Sefer Yetzira’, Il libro della formazione.

Sefer Ha Bair, Il libro fulgido, 14 (XII secolo d.C.). soluzione dell’enigma dei numeri primi. Questi sono tutti quei 6 M.de Sautoy, op. cit., pagg. 14, 15. numeri naturali divisibili solo per 1 o per se stessi (es.: 2, 3, 7 Georg Riemann, matematico (1826–1866). L’Ipotesi di Riemann 5, 7, 11, 13, 17, 19, 23…); “veri e propri atomi dell’aritmetica… è alla base della ricerca sui numeri primi. numeri senza tempo che esistono in modo indipendente dalla nostra 8 M. de Sautoy, op.cit., pag. 154 e segg.

9 Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto, cit. in M. de Sautoy, realtà fisica... La loro importanza per la matematica deriva dal op. cit., pag. 474.

6 fatto che hanno il potere di costruire tutti gli altri numeri”. Essi 10 Michael Laitman, Zohar, pag. 1, Urra-Apogeo, 2011. compaiono misteriosamente non solo nelle strutture mate- 11 Peter Plichta, La formula segreta dell’Universo, Piemme, 1998. matiche, ma anche nell’organizzazione di quelle organiche e 12 M. Laitman, op. cit., pag. 2.

Settembre

Il verde si rifugia in casa Tendenze p. 45 | di Marisa Gorza

L’autunno ha una sua propria suggestione legata ai rossi violacei, ai gialli dorati, alle venature bronzo e arancio che dipingono le chiome degli alberi preludendo alla caduta delle foglie. Quasi una sorta di ultimo spettacolo orchestrato per enfatizzare al massimo i colori dell’estate, prima dei rigori dell’inverno.

Questo evento, così comune nella nostra esperienza, è una prerogativa delle fasce temperate dove esiste una stagionalità climatica ben distinta. E siccome tra settembre e ottobre, di norma, le temperature si abbassano, ecco che arriva il momento di riportare in casa i vasi che la passata primavera avevamo trasferito all’esterno. Tuttavia, malgrado lo stato termico degli ambienti sia gradevole, succede che alcune delle nostre amate pianticelle vivano con difficoltà questo nuovo cambiamento, subendo un vero e proprio “stress da rientro”.

Un disagio fisiologico tale e quale a volte soffriamo noi stessi ritornando dalle vacanze per riprendere le fatiche e le noie quotidiane e sono guai se ci mancano motivazione ed entusiasmo.

Giacché “motivare” le piante è per così dire impossibile, sarà bene apprendere qualche piccolo accorgimento per evitare loro troppi fastidi.

Occhio ai cambiamenti…

Se la pianta, durante i mesi trascorsi in giardino o sul terrazzo, ha vissuto vigorosa e contenta, grazie a un’umidità relativa mantenuta dalle irrigazioni e dalle precipitazioni, il suo brusco rientro nell’aria secca e alla luce artificiale interna, la coglie impreparata. Tant’è che alcune specie, nel giro di 2-3 settimane dalla rentrée, manifestano i primi danni, cioè alterazione della chioma, perdita e ingiallimento di foglie e rallentamento di crescita. Tra le più intolleranti ai cambiamenti ci sono il ficus benjamina, la dracena e la schefflera, tutte di origine tropicale. Mentre sono senz’altro più adattabili il nostrano filodendro, il clorofito e la pilea.

Ma non disperiamo, come già detto, ci sono diversi stratagemmi e trucchetti per evitare traumi, anche a quelle più suscettibili. I punti essenziali sono quattro: 1. Durante il soggiorno estivo in open air, oltre a un’accurata irrigazione, è bene provvedere a concimare ogni vaso.

2. Tenere regolarmente sotto controllo l’eventuale presenza di parassiti.

3. Programmare per settembre il ricovero in casa che deve comunque venir effettuato prima dell’accensione dell’impianto di riscaldamento onde evitare un eccessivo sbalzo termico.

4. Poiché le piante non si adattano velocemente alle mutate condizioni ambientali, non vanno collocate subito nel luogo prestabilito, ma in una zona di transizione dove luce e temperatura siano il più possibile simili a quelle esterne.

Dopo un periodo (2 o 3 settimane) di graduale adattamento, possono finalmente venir poste nello spazio definitivo.

Naturalmente vanno collocate lontano da porte, finestre e spifferi. L’ideale sarebbe porle al centro della stanza, operazione non facile da mettere in pratica, anche se a volte si possono utilizzare quale divisorio di un locale troppo ampio o rettangolare, riunendole in un unica grande fioriera. Oltre al magnifico effetto ottico ottenuto, vengono agevolate diverse operazioni come l’annaffiatura.

Le piante più facili L’inizio dell’autunno è pur sempre il momento giusto per incrementare le zone verdi nel nostro habitat. Secondo numerosi studi, pare che piante e fiori in casa contribuiscano a creare un’atmosfera di pace, relax e buonumore. Meno male che in questa stagione c’è solo l’imbarazzo della scelta tra i molti esemplari facili da crescere, consigliabili anche a chi (come la sottoscritta) ha il “pollice nero” che finirà per tingersi inevitabilmente di “verde”. Eccone un breve elenco: Photos: è un generoso sempreverde che richiede solo di essere piazzato in una posizione luminosa e di essere annaffiato ogni 20 giorni. Potete scordarvelo, ma lui non si scorderà di crescere in abbondanza.

Chlorophytum: altro sempreverde a prova di principiante e che ha più o meno le stesse parche esigenze del Photos.

Sansevieria: genere delle agavaceae robusta e vigorosa che richiede luce e di essere annaffiata con discreta frequenza.

Edera: non ha particolari problemi di luce e ha inoltre la capacità di depurare l’ambiente, sempre molto decorativa specialmente la varietà a foglie screziate.

Phaleanopis: un’orchidea fra le piante per i neofiti? Ebbene sì, questa specie richiede di essere piazzata in un posticino luminoso, però non alla luce diretta del sole. L’altro accorgimento è quello di bagnarla con acqua demineralizzata solo quando il substrato, costituito dalla corteccia d’albero, è quasi asciutto. Il terzo consiste nel concimarla con un fertilizzante liquido, ma con dosi dimezzate rispetto a quelle dichiarate nelle istruzioni. Una nebulizzata di acqua distillata ogni tanto... e la vostra orchidea vi regalerà una splendida fioritura per mesi e mesi. Mai scoraggiarsi, dunque, e il verde ci accompagnerà anche nel lungo inverno.

La domanda della settimana

Senza consultare alcuna fonte di informazione, sapreste indicare il nome dell’attuale Presidente della Confederazione svizzera?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 17 settembre. I risultati appariranno sul numero 39 di Ticinosette.

Al quesito “Molti studenti di scuola elementare possiedono telefonini e smartphone. Ritenete opportuno che il loro utilizzo avvenga in così giovane età?” avete risposto:

SI

11%

NO

89%

Svaghi 46

Astri ariete Passione, colpi di fulmine, erotismo alle stelle. Cautela nei rapporti a due quando la Luna tra il 15 e il 16 attraverserà la vostra settima casa solare.

toro Furor amoroso. Con Saturno contro sarà difficile tener a bada l’orgoglio e così la gelosia. Bene per i nati nella prima decade tra il 13 e il 14.

gemelli Momento adatto per partecipare a incontri mondani. Durante un evento potreste incontrare la vostra anima gemella. Fortuna per architetti e creativi.

cancro Crescita economica grazie a Giove. Bene la giornata del 13. Scelte rivoluzionarie per i nati tra la seconda e la terza decade. Progetti a lungo termine.

leone Colpi di fulmine, passioni improvvise.

Saturno e Marte impongono azioni decise. Tagliate con il passato se non vi appartiene. Molto bene tra il 10 e l’11.

vergine Tra il 13 e il 14 Giove e Luna di transito. Questo aspetto amplificherà ogni vostra emozione. Scegliete quello che più vi rende felici. Speculazioni.

bilancia Situazioni inaspettate. Cambiamenti di programma. Privilegiate le soluzioni più creative e divertenti. Fortuna e guadagni per i più disposti al rischio.

scorpione Momento esplosivo per la vostra vita sentimentale. Passioni e gelosie fuori controllo. Gli atteggiamenti del partner suscitano antichi rancori.

sagittario Il 16 settembre Saturno torna nel vostro segno. Momento ideale per compiere una rivoluzione copernicana della propria vita.

capricorno Favoriti negli affari i nati nella prima decade. Sollecitazioni per i nati nella seconda decade. Cambiamenti radicali: anticipateli o ne verrete travolti.

acquario Dal 16 Saturno vi lascia liberi. Privilegiati i rapporti con altre culture. Le capacità diplomatiche favoriscono i nati nella seconda decade.

pesci Attività immobiliari e ristrutturazioni domestiche. Attenti a non esser puntigliosi con partner e soci e così alle parole di troppo. Ritorni di fiamma.

Gioca e vinci con Ticinosette

1

2

3

4

5

6

9

7

La soluzione verrà pubblicata sul numero 39

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate il numero 0901 59 15 80 (CHF 0.90) entro giovedì 17 settembre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 15 settembre a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

8

10 5

11

12

14

13

15

16 1

17

18

19

20

21

4

24

26

25

27

28

29

31

30 6

32

33

34

35

36 3

Orizzontali 1. Lavora in ospedale • 9. Schiena • 10.

Il Sodio del chimico • 11. La somma degli anni • 12.

Il nome di Renzi • 14. Nome di donna • 16. La Diana della musica soul • 17. Figure geometriche • 19. Il giorno trascorso • 20. Un colore • 22. Redige atti • 23.

Il nome di Pacino • 25. Si contrappone al bianco • 26.

Associazione Sportiva • 27. Costosi, cari • 28. Precede nov. - 29. Fiume russo • 30. Rancida, andata a male • 32. Pietra • 34. Ente Turistico • 35. Parte navale • 36. Cioccolatini prelibati • 38. Uno detto a Zurigo • 39.Grosso pesce • 40. Si detrae dal lordo • 42. Utilizzi • 44. È ottima anche quella salmonata • 46. Stella del cinema • 47. Pari in vetta • 48. Capo arabo.

Verticali 1. Noto film del 2008 di S. Brand con J. Caviezel • 2. Osservare, rimarcare • 3. Un verbo da spie • 4. Breve esempio • 5. Il nome di Polanski • 6. Incasso, ricavo • 7. Sazia • 8. Il terzo dei dodici profeti minori • 13. Banditi, espulsi • 15. Vocali in bislacchi • 18. Vi finiscono tutti i salmi • 21. Tra vallesani e piemontesi • 22. Il peso senza la tara • 24. Gonfaloni • 25. Via luganese - 28. Conseguito, avuto • 31. Gas luminoso • 33.

Riassunto • 36. Gavitello • 37. La regina con le spine • 39. L’ha sostituito il bus • 41. La dea della discordia • 43. È funesta quella di Achille • 45. Consonanti in ruota • 46. Svezia e Romania.

22 23

37

2

8

38

Soluzioni n. 35

39 1

40

42

41

C

10

43

O

12

R

15

P

44

45

17

46

O

20

7

47

D

24

48

P

28

L

O

34

M

La parola chiave è:

O D

3

4

5

6

7

8

T

45

I

49

C

51

O

Abbonamento annuale adulti.

3

C I

4

C E

I

A

L

A

N

I

R

I

A

23

P

25

R

T A

T

A

41

S

46

O

I

N

A

E

E

L

16

C

L

O

8

L

11

O 13

E 18

7

E

14

T

I E

D

O

N I

N

C

O

R

D

O

L

E

N

E

V

E

F

I

L

A

N

I

M

I

35 38

E

O

N

R

E

R

E

T

T

E

T 52

I

33

T

36

D

O

47

I

D

T

I

E

L

N

A

U

S

T

50

27 30

39 44

48

A

A

I

I 43

L

T

A 26

A

I

19 22

9

N

N

42

A

N N

E

R 37

6

R

29 32

I R

A

O

I

5

N

21

E

A 40

2

2

I

31

1

®

C

A

L

I

Z

T

I

I

O N

N

E

La soluzione del Concorso apparso il 28 agosto è: VENERARE Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Renata Peng 6535 Roveredo (GR) Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: un Rail Check da CHF 150.– Con l’abbonamento annuale Arcobaleno gli adulti viaggiano 12 mesi pagandone solo 9, i giovani viaggiano 12 mesi pagandone solo 7.

Gli abbonati annuali beneficiano inoltre di sconti e promozioni del programma fedeltà a loro dedicato. arcobalenopremia.ch

Viaggiate ovunque con meno di 5.– franchi al giorno. arcobaleno.ch

Arcobaleno offre un Rail Check da CHF 150.– a uno dei fortunati concorrenti che comunicheranno la soluzione corretta del cruciverba.

Svaghi 47

A T R E P O C S A ALL

.

A R E Z Z I V S D ELL A <wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2MDUxtgQANWa57A8AAAA=</wm>

<wm>10CFWLwQoCMQwFv6jhJW1qak-yLB5cFUT0GBZUWBARRNC_t3qTx5xm3jBUJfzo-s2-31UGpxSiaYqlalGSWUauFjOJALHCxASsc84xcir57xJaNAPg3yTAgphzkxLgLJoMSKTLBTVNR-e29XibRl-d34fp8RyvLoyXFPVu6xPdT5cP1wZtjKQAAAA=</wm>

––––––––––––––––––––––––––––––––––––

8.9.– 26.10.2015

Le più belle attrazioni svizzere da collezionare.

––––––––––––––––––––––––––––––––––––

WWW.SUISSEMANIA.CH Una bustina (modellino + figurina) ogni 20.– franchi spesi. Al massimo 10 bustine per acquisto. Solo fino a esaurimento dello stock. In tutte le filiali Migros, Do it + Garden Migros, melectronics, Micasa, SportXX incluso Outdoor, OBI e su LeShop.