Ticino7

№ 38 del 18 settembre 2015 · con Teleradio dal 20 al 26 set.

cavalli selvaggi

la rievocazione della chiasso-Pedrinate: un appuntamento unico e imperdibile per gli appassionati delle motociclette Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–

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Ticinosette allegato settimanale N° 38 del 18.09.2015

Agorà Cambogia. Un grido di dolore

di

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oreste bossini .....................................................

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Marco alloni ...........................................

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elisabetta bacchetta ..........................................................

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Chiusura redazionale

Vitae Mario Bognuda

Editore

Reportage La Chiasso-Pedrinate

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook

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In copertina

235: Renato Corno e la sua Matchless G50 500ccm (1962) Fotografia ©Davide Stallone

di

di

roberto roveda ...........................................

Media Televisione. Bambola D’Urso Letture Diego Fusaro. Giusta misura

Venerdì 11 settembre

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roberto Festorazzi ...............................

Tiratura controllata 67’470 copie

Guido Mariani ............................................

Società Rainer Maria Rilke. L’ultimo poeta Arti Concerti RSI. La nuova casa

Impressum

di

Fiaba Bea, la nuova regina Concorso La foto del mese

di

di

di

Marco Jeitziner; Foto di davide stallone ............

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c. PiccaluGa e a. borsari; illustrazioni di l. Pasteris ......

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Federica Ponti tosio .................................................

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di

di

Keri Gonzato ..................................................

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Svaghi ....................................................................................................................

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Tendenze Ambiente. Plastic free

di

Cambio di rotta Sul numero 37 di Ticinosette abbiamo pubblicato il contributo di un lettore sul tema dell’imponente migrazione che dai paesi dell’Africa e del Medio Oriente si sta muovendo verso l’Europa. Un fenomeno che, a quanto pare, sta agendo come ulteriore cartina al tornasole dei diversi atteggiamenti dei paesi che partecipano all’Unione Europea, in cui la mancanza di una politica condivisa riguardo all’immigrazione rischia di amplificare le divisioni e le incomprensioni già presenti anche in altri ambiti, a partire da quello economico-finanziario.

Il voltafaccia più significativo è stato certamente quello della Germania della cancelliera Merkel che da una posizione inizialmente inflessibile e aderente agli accordi di Dublino – sulla base dei quali i richiedenti asilo sarebbero dovuti restare nel primo paese europeo in cui giungono – si è imposta come guida morale, sia aprendo le frontiere all’ingresso dei profughi siriani e impegnandosi con 6 miliardi di euro per realizzare il loro processo di integrazione, sia invitando gli altri paesi dell’Unione, soprattutto quelli del centro e del nord Europa, ad assumere un atteggiamento analogo.

Ma quali sono le ragioni che hanno spinto a questo repentino cambio di rotta? Innanzitutto, la presa d’atto che il fenomeno di fronte al quale ci troviamo proseguirà nel corso dei prossimi decenni e sarà di fatto inarrestabile, con buona pace dei movimenti xenofobi e contrari all’immigrazione. In secondo luogo, la forte pressione esercitata dalla classe intellettuale tedesca e da una

larga fetta della popolazione sulle autorità politiche affinché riconoscessero il diritto dei profughi a trovare una nuova patria e accoglienza in Germania. Un fatto che certamente ha rassicurato la cancelliera sotto il profilo elettorale e che, anzi, potrebbe trasformarsi in un atout per quanto concerne il consenso interno.

Il terzo fattore riguarda invece un elemento di vantaggio e di opportunità sul piano economico. Fra i profughi siriani, infatti, il livello di istruzione e di professionalità è piuttosto elevato e questo potrebbe trasformarsi in un’ulteriore risorsa per quella che è la nazione più forte in Europa e il volano economico della UE, rafforzando peraltro anche l’equazione “paese con i conti a posto = paese più solidale”. Infine, questa decisione contribuisce a fugare l’immagine negativa che la Repubblica federale tedesca si è attirata in seguito alla sua politica di rigore esercitata nei confronti della Grecia e dei partner europei più deboli, attraverso la figura del falco Wolfgang Schäuble, ministro delle finanze del gabinetto Merkel e inflessibile sostenitore della linea dura in ambito economico e fiscale. Certo, si tratta solo di un inizio e molti aspetti, a partire da quello del diritto o meno a essere considerati profughi, dovranno essere messi a punto (e a riguardo svariate e complesse questioni entreranno in gioco). Senza dubbio qualcosa sta iniziando a cambiare, sia a livello di coscienze sia di consapevolezza collettiva dei mutamenti storici in corso.

Buona lettura, Fabio Martini

Un grido di dolore Cambogia. Il 2015 segna il quarantennale della presa del potere dei Khmer Rossi in Cambogia che diede inizio a uno dei capitoli più tragici della storia del novecento. Una tragedia troppo grande per poter essere dimenticata, troppo presente per poter essere oggetto di una commemorazione di Guido Mariani

E Agorà 4

ra il 17 aprile del 1975 quando l’esercito ribelle comunista entrava nella capitale Phnom Penh. Finiva un governo fantoccio guidato da un militare inetto e crudele, Lon Nol, e iniziava un regime spietato concepito da un potere misterioso chiamato l’Angkar, l’Organizzazione, che si scoprirà essere poi emanazione di un capo feroce, animato da un’ideologia assassina: un militante comunista chiamato Saloth Sar che aveva scelto il nome di battaglia di Pol Pot. Tre anni, otto mesi e venti giorni dopo, il regime crollò in seguito all’invasione dell’esercito vietnamita, dando inizio a una lunga e spietata guerra civile. Intanto più di due milioni di cambogiani erano morti, giustiziati o uccisi dagli stenti. L’“Organizzazione” aveva tentato di ripartire da zero liberandosi di oppositori, borghesi, intellettuali, cancellando intere classi sociali, tradizioni e storia, eliminando chiunque mettesse in dubbio la nuova utopia.

L’anniversario del 17 aprile è passato quasi sotto silenzio.

La Cambogia ha preferito festeggiare il Capodanno che nel paese cadeva in quei giorni. “Non si è svolto nessun evento, nessuna commemorazione”, ha raccontato Mario Ghezzi, missionario del Pontifico Istituto per le Missioni Estere che risiede nel paese da quindici anni.

Tabula rasa Ma ha senso commemorare qualcosa che si vuole dimenticare? Quarant’anni fa Phnom Penh fu invasa da un esercito improvvisato di guerriglieri che provenivano dalle foreste dell’est, erano stati nutriti di un’ideologia comunista fatta solo di slogan (alcuni loro documenti citavano “Max” e Engels) ed erano sopravvissuti ai bombardamenti a tappeto americani che avevano gettato nel caos la nazione.

Raggiunta la capitale, vennero salutati come liberatori, ma svelarono subito il loro vero volto. Ordinarono la completa evacuazione dei centri urbani. Aprile in Cambogia è il mese più caldo dell’anno, la terra è arida, l’aria rovente. Alla luce di un sole spietato iniziarono quelli che oggi i cambogiani chiamano “gli anni bui”. Alle famiglie venne ordinato di tornare ai villaggi d’origine. Gli ospedali furono sgombrati a forza, i malati gravi lasciati a morire lungo le strade.

Chi non aveva un posto in cui tornare venne deportato. I Khmer Rossi rastrellarono coloro che non si conformavano al progetto. Iniziarono le esecuzioni di massa. Le istituzioni

scomparvero, la religione fu proibita, il denaro cessò di avere valore. Tutti furono messi ai lavori forzati nelle risaie.

Quello che era uno dei paesi più aperti e amanti delle arti del sud-est asiatico divenne il regno del terrore.

La Cambogia di oggi non vorrebbe vivere nell’ombra di quei tragici giorni. Phnom Penh è una capitale vivace dove la grande povertà del paese si scontra con un‘opulenza sempre più evidente. Sulle strade congestionate le auto di lusso sono numerose e indisciplinate. Il turismo, l’agricoltura e il settore tessile hanno sostenuto una crescita che ha portato un benessere non a tutti accessibile, ma che dà l’idea di un paese che vuole guardare avanti. Ogni anno la Cambogia ospita 4 milioni e mezzo di stranieri attratti soprattutto dai templi di Angkor, l’antica capitale del regno Khmer che fu fino al XV secolo una delle città più grandi e ricche del mondo. I militanti di Pol Pot volevano cancellare il passato del paese, ma i templi principali tra cui il maestoso Angkor Wat, furono risparmiati. Una loro canzone di propaganda recitava “L’Angkar è più grande di Angkor”, ma seppur nel loro delirio, conservarono nei confronti di quel luogo un timore reverenziale. Altre zone archeologiche come il tempio di Beng Mealea o Sambor Phrey Kuk, l’antica capitale del V secolo, divennero loro roccaforti e subirono saccheggi e distruzioni.

Una memoria scomoda Ma la testimonianza più spaventosa della follia dei Khmer Rossi non sono le rovine, è una scuola nel centro di Phnom Penh. L’ex complesso scolastico Tuol Sleng è un anonimo edificio a pochi isolati dal Palazzo Reale. Chiusa come tutte le scuole, nel 1975 divenne il carcere S-21, un luogo che in tre anni di piena attività vide passare più di 20mila persone.

I prigionieri venivano identificati, fotografati uno per uno.

Veniva loro estorta una confessione e poi venivano stipati in stanzoni, incatenati al pavimento. Quando i vietnamiti occuparono Phnom Penh, i Khmer Rossi non avevano avuto tempo per cancellare la loro presenza e gli invasoriliberatori trovarono il campo di concentramento intatto, con i cadaveri ancora sui letti di tortura e migliaia tra documenti e fotografie che raccontavano giorno per giorno l’orrore che si era consumato in quelle che un tempo erano aule. Oggi è il principale museo-memoriale del genocidio.

Hun Sen, attuale presidente della Cambogia (immagine tratta da themalaysianinsider.com)

Le fotografie con cui venivano schedati i detenuti sono appese alle pareti. Foto in bianco e nero di persone di tutte le età (tanti i bambini) che guardano l’obiettivo consapevoli del loro destino. “Sapevano che sarebbero morte”. A dirlo è stato chi quelle foto le ha scattate, Nhem Ehm, ai tempi un ragazzino di 16 anni. Ehm, come gli altri giovanissimi plagiati dal regime, era solo un ingranaggio. La macchina di morte della Auschwitz cambogiana era guidata da Kang Kech Ieu, noto con il nome di battaglia di Duch, un ex insegnante che trasformò una scuola in un luogo di orrori.

Solo otto persone sono sopravvissute a Tuol Sleng. Coloro che non venivano uccisi sul posto o morivano di stenti e di torture, erano trasferiti in un luogo a sud della città. Qui venivano soppressi nei modi più sbrigativi (i bambini uccisi contro un albero per risparmiare munizioni). I corpi erano poi ammassati in fosse comuni. Il killing field di Phnom Penh, il campo della morte, restituisce piano piano le sue storie. Dopo anni di esumazioni, il lavoro è stato interrotto. Centinaia di teschi recuperati occupano oggi un grosso altare al centro del campo. Si è deciso di lasciare gli altri corpi dove sono stati sepolti. Ma dai giardini emergono ancora oggi ossa e abiti di innocenti senza nome che hanno pagato con la vita l’atroce progetto di Pol Pot. Questi luoghi di memoria sono frequentati più dai turisti occidentali che dai cambogiani, alcuni dei quali confessano di non riuscire a sopportarne la vista. Ma per altri il genocidio è invece una calamita per turisti. Qualche anno fa davanti a Tuol Sleng era comparso un Khmer Rouge Cafè che prometteva di “ricreare l’esperienza” del regime comunista. Oggi i taxisti e

i guidatori di tuk tuk di Phom Penh presentano una cartina con le “attrazioni” più richieste: il palazzo reale, la pagoda d’argento, la prigione S21, i killing fields. Nel “menù” anche un residuo degli anni della guerra civile in cui le armi e le mine erano dappertutto: una gita ai poligoni di tiro in cui ogni turista può utilizzare a piacere le armi che preferisce, dalla pistola al mitra, dalle bombe a mano ai razzi (si dice che pagando un extra mettano a disposizione anche una mucca da far saltare in aria). Uno slogan del regime di Pol Pot recitava: “Eliminarti non è una perdita, tenerti in vita non è un guadagno”, oggi sembrerebbe che questo motto sia stato applicato alla memoria di quanto accadde.

L’aguzzino di Tuol Sleng, Duch, fu il primo imputato del Tribunale speciale istituito da un accordo tra Cambogia e Nazione Unite. Il suo processo iniziò solo nel 2009. Pol Pot è morto nel 1998 senza pagare per i suoi crimini. I gerarchi del regime Nuon Chea, Khieu Samphan e Ieng Sary (morto nel 2013) hanno vissuto indisturbati per trent’anni prima di essere arrestati. Gli esecutori materiali delle torture e dei massacri sono finiti assolti da un oblio collettivo. Tra i comandanti dei soldati che invasero la capitale quarant’anni anni fa c’era anche Hun Sen, l’attuale primo ministro del paese. Alla guida della Cambogia dal 1985, Sen è considerato un uomo forte a cui Human Rights Watch ha dedicato un dossier in cui viene ripercorsa una carriera politica con tante ombre: dai ranghi di Pol Pot, a uomo imposto dagli invasori vietnamiti, a leader autocratico dal pugno di ferro.

Dopo quarant’anni la memoria è ancora dolorosa, ma per molti cambogiani è anche estremamente scomoda.

I suoi cari sono sempre a portata di mano. <wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2szAwMAUAvbdxhA8AAAA=</wm>

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Agorà 5

L’ultimo poeta

Rainer Maria Rilke, poeta e scrittore austriaco, trascorse l’estate del 1919 a Soglio, nel canton Grigioni. Un periodo felice e fecondo nella vita dell’artista di Roberto Festorazzi

A Soglio salgo in un’assolata mattina di agosto, come un

Società 6

pellegrino in solitaria meditazione, alla ricerca dei luoghi in cui passò, nell’estate del 1919, Rainer Maria Rilke. Avevo letto infatti che il poeta austro-boemo soggiornò a Palazzo Salis, già allora trasformato in albergo. Sulla scia di questa anima errante della cultura mitteleuropea, tra i maggiori interpreti della poetica moderna, giungo allora a visitare il paesino della Val Bregaglia dove mi accoglie una bella chiesa barocca con campanile, che pare cattolica, ma è riformata.

Nella piazza su cui si affaccia Palazzo Salis, risuona il getto d’acqua gelida di una fontana con vasca. Entro nell’hotel e mi dirigo subito nel delizioso giardino barocco, dominato da due monumentali sequoie. Qui, tra fioriture lussureggianti, frutteti, siepi di bosso, nel prato ombreggiato, gli ospiti leggono, conversano o semplicemente oziano ai tavolini, comodi sulle seggiole rosse tutte identiche tra loro.

Un balzo lungo le scale, ed ecco il salone centrale di questo bel palazzo settecentesco: alle pareti un tripudio di armi, corazze, uccelli impagliati e trofei cornuti, da levare il fiato. La camera numero 15, mi dicono, è quella in cui soggiornò Rilke. L’arredamento è scarno, essenziale: un letto, un armadio, un piccolo scrittoio posto all’angolo, tra due finestre che s’affacciano sul giardino. Al muro, le riproduzioni di alcune pagine degli scritti del poeta, relativi al periodo di Soglio.

Ma sarà poi vero che la stanza 15 sia quella realmente abitata dall’autore delle Elegie duinesi? Difficile ricavarne la certezza, perché la numerazione delle camere non è più quella originale e non vi è alcuna traccia documentata della localizzazione esatta di Rilke a Palazzo Salis. Ragion per cui, i suoi più accaniti fan, coloro che sono sedotti dalla segreta musicalità dei suoi versi – difficilissimi da tradurre dal tedesco in un’altra lingua –, dormono beatamente a rotazione in tutte quante le stanze, per essere sicuri di ricevere i benefici influssi della sua presenza, nel luogo del suo riposo e, forse, della quiete ritrovata.

Un’estate feconda Del resto, è un fatto che molti dei clienti dell’albergo, specie quelli di lingua tedesca, vengano a Soglio proprio per immergersi negli ambienti in cui visse il poeta: un vero e proprio cult. Ma il letterato di origine praghese non fu peraltro il solo visitatore illustre del palazzo. Il pittore divisionista Giovanni Segantini vi soggiornò per diversi inverni, a fine ottocento: e la sontuosa camera a lui oggi dedicata ne ricorda il passaggio. Segantini, con un

evidente gioco di parole, ebbe a definire la località della Val Bregaglia, come “la soglia del Paradiso”.

Rainer Maria Rilke giunse a Palazzo Salis in un’estate speciale. A giugno, lasciatasi definitivamente alle spalle la Germania in preda alle convulsioni postbelliche, era approdato in Svizzera. Dopo aver trascorso un breve periodo a Zurigo, giunse in Engadina, a Sils, da dove passò a Soglio.

Proprio in quell’anno, aveva incontrato colei che sarebbe divenuta la sua ultima amante, la pittrice polacca di origine greca Elisabeth Dorothea Spiro, meglio conosciuta come Baladine Klossowska.

Nella loro corrispondenza, pubblicata postuma, Rilke la chiamava affettuosamente con il nomignolo di Merline. La donna, divorziata dal pittore e storico dell’arte Erich Klossowski, gli aveva provvisoriamente affidato i suoi due figli: il maggiore, quattordicenne, era Pierre, futuro scrittore, traduttore e pittore; il minore, l’undicenne Balthasar, era destinato a divenire il celeberrimo artista Balthus, che tra l’altro influenzò l’artista Alberto Giacometti, originario di Stampa, paese prossimo a Soglio. Durante quelle settimane in Val Bregaglia, l’autore dei Sonetti a Orfeo pose le basi di un rapporto profondo con i due ragazzi Klossowski che avrebbe segnato per sempre le loro vite.

In particolare, fu Balthasar a intrecciare un fitto e fecondo dialogo spirituale e culturale con il suo mentore. Rilke instillò, per esempio, nel ragazzo l’amore per la pittura di Cezanne, ispirandolo a compiere, nel 1925, con la madre, un viaggio in Provenza, sulle orme del maestro. E al poeta, che gli aveva dedicato un componimento in lingua francese, intitolato Narcisse, Balthasar rispose con un dipinto in cui ritraeva Eco e Narciso.

L’ultimo poeta Il soggiorno a Soglio – che si protrasse fino alla metà di settembre – giovò molto a Rilke, che vi conobbe tra l’altro Gudi Nölke, con la quale stabilì una lunga amicizia e un duraturo rapporto epistolare, com’era nelle sue corde.

L’ambiente bregagliotto contribuì a renderlo felice, come si legge in questo suo brano autografo: “Fa parte dell’ansia di questi giorni, che questo luogo mi piaccia tanto in tutto ciò che gli è proprio. Come ci andrei, se sapessi che da qualche parte ci fosse l’uguale in una casa che non fosse un albergo, che fosse mio per anni! Ciò che nel trovare salutai con tanta gioia, già lo esprimo con malinconia. Rimarrà un momento davvero favorevole, questo di Soglio”.

Va pure ricordato che i soggiorni climatici, tanto in Engadina quanto nelle vallate poste sul versante meridionale

elvetiche, da Losanna a Ginevra e a Brissago. Tra la fine del 1919 e l’inizio dell’anno successivo, fu a Locarno, alla pensione Villa Muralto.

Nel corso del 1923, le condizioni di salute del poeta cominciarono a peggiorare, tanto da rendere necessari i primi ricoveri ospedalieri.

Sofferente di dolori intestinali, fu in cura dal dottor Hämmerli. Il decorso della sua malattia divenne spaventosamente drammatico, nel corso del 1926. Alcuni medici di Zurigo, consultati da Rilke, esclusero si trattasse di tumore, come temeva il letterato.

Verso la fine di novembre La facciata interna e il giardino di Palazzo Salis a Soglio (da heimatschutz.ch) di quel 1926, la “bestia” che delle Alpi, erano un topos dei borghesi nordici, spinti verso lo divorava ebbe finalmente un nome: leucemia acuta. le solatie montagne dalla paura della tubercolosi, al tempo Morì il 29 dicembre, a soli 51 anni, per essere sepolto nel male oscuro ancora relativamente incurabile. I rilievi che piccolo cimitero di Raron, nel Vallese. Eugenio Montale segnavano il confine dell’area mediterranea, erano per i ebbe a definire questo viaggiatore dell’anima come il più visitatori delle classi agiate d’oltre Gottardo una sorta di autentico homme de lettres: “l’ultimo poeta europeo che abbia condotto dal principio alla fine, senza compromessi, una vera sanatorio naturale.

Dopo la villeggiatura a Soglio, Rilke migrò tra varie località e propria vita da poeta”.

Più è meglio.

Soprattutto in fatto di interessi.

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La nuova casa

Con l’inaugurazione del LAC, l’Orchestra della Radiotelevisione della Svizzera Italiana disporrà di una nuova sede. Un’occasione per curiosare nel ricco e articolato programma dei Concerti RSI per la stagione 2015-2016 di Oreste Bossini

Arti 8

L’Orchestra della Radiotelevisione della Svizzera italiana ha spento quest’anno 80 candeline e in regalo ha ricevuto una splendida sala da concerto, nella nuova struttura affacciata sul lago, pensata per ospitare un centro di respiro internazionale dedicato all’arte e alla cultura, il LAC. Qui il prossimo 25 settembre Vladimir Ashkenazy, dal 2013 direttore ospite principale dell’Orchestra, dirigerà, inaugurando la stagione concertistica 2015-2016 dei Concerti RSI, il primo concerto nel nuovo auditorium con il lavoro forse più rappresentativo della musica sinfonica occidentale, la Nona Sinfonia di Beethoven. Per la festosa occasione sono state mobilitate tutte le forze musicali della RSI, non solo l’Orchestra ma anche il Coro, fondato nel 1936 dal grande Edwin Loehrer e diretto oggi da Diego Fasolis, oltre naturalmente a un quartetto vocale di solisti ragguardevoli formato da Christiane Oelze, Anna Bonitatibus, Christoph Strehl e Olafur Sigurdarson. La scelta di consacrare il nuovo auditorium con la Nona di Beethoven era quasi obbligatoria. Nessun altro lavoro infatti incarna più di essa l’aspirazione della musica a farsi linguaggio universale, strumento di unione e di consolazione per l’intero genere umano, al di sopra delle divisioni accidentali e dei casi individuali.

Un ideale tanto alto da aver bisogno di un testo da aggiungere al canto muto dell’orchestra, un testo tanto caro a Beethoven da aver atteso quasi tre decenni prima di trovare una forma e una collocazione definitiva nella sua produzione. Beethoven infatti aveva cominciato ad accarezzare l’idea di mettere in musica l’ode di Schiller An die Freude fin dagli anni giovanili di Bonn, seminando in molti lavori successivi temi e spunti gravitanti attorno a questo testo emblematico

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dell’idealismo tedesco. L’impressione destata dalla ciclopica e sovversiva sinfonia di Beethoven sui contemporanei, nel 1824, fu indescrivibile.

Per i più conservatori si trattava di inaudita barbarie, per i giovani artisti l’apertura di un mondo nuovo. Non a caso Wagner prese spunto proprio dalla Nona Sinfonia per formulare la sua idea di dramma musicale, rivoluzionando profondamente la forma e la concezione ottocentesca dell’opera.

La storia del novecento ha confermato l’intrinseco valore politico della Nona.

L’Ode alla gioia ha assunto significati simbolici per ogni genere di battaglie, anche di segno opposto. Negli anni settanta, per esempio, essa è diventata allo stesso tempo l’inno nazionale della Rhodesia razzista e il canto di resistenza degli studenti cileni contro la dittatura di Pinochet. Le note di Beethoven festeggiarono il compleanno di Hitler nel 1937 per iniziativa del ministro per la propaganda nazista Joseph Goebbels, ma si sono anche levate nel 1989 tra le macerie del Muro di Berlino in un memorabile concerto di Leonard Bernstein per salutare la ritrovata libertà. E cosa c’è di più significativo, per stare alla cronaca recente, del fatto che centinaia di cittadini tedeschi abbiano accolto i profughi siriani alla stazione di Monaco cantando il coro della Nona?

Il Consiglio d’Europa, la prima istituzione democratica europea creata dopo la fine della guerra, approvò l’8

luglio 1971 la risoluzione 492, che proponeva ai paesi membri di adottare il preludio dell’Ode alla gioia come inno europeo. Ecco un ulteriore motivo simbolico per inaugurare con la Nona di Beethoven una struttura come il LAC, nata con l’obiettivo ambizioso di collegare Lugano alle esperienze culturali europee più disparate, dall’arte al teatro, alla musica, alla danza.

Una ricca stagione L’OSI tuttavia non abbandona il glorioso Auditorio Stelio Molo, ripartendo la stagione dei Concerti RSI tra le due sedi. Al LAC si terranno i concerti sinfonici di maggior richiamo, a cominciare dal ciclo intitolato “Rileggendo Brahms”, biglietto da visita del nuovo direttore principale dell’Orchestra Markus Poschner. Rileggere in questo caso significa interpretare la musica orchestrale di Brahms, in particolare le quattro Sinfonie e i quattro Concerti, in una chiave più vicina alla sensibilità cameristica dell’autore e alla prassi delle orchestre dell’ottocento, con l’aiuto di solisti molto adatti a questo genere di lettura come i pianisti Paul Lewis e Marc-André Hamelin, il violinista Frank Peter Zimmermann e il violoncellista Jean-Guihen Queyras.

Il direttore ospite principale Ashkenazy invece, fedele al mandato dell’inaugurazione, continuerà a esplorare il mondo di Beethoven. In cinque concerti il direttore russo offre un’ampia panoramica delle Sinfonie e dei

Senza costi aggiuntivi. <wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2MDUwMwMAPSd4Bg8AAAA=</wm>

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La nuova sala da concerto del LAC (da ultrafragola.tv)

Si può fare? <wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2MDUwMwcAqxd_cQ8AAAA=</wm>

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Concerti, anche in questo caso con la collaborazione di solisti eccellenti. In particolare fa piacere ritrovare un vecchio leone della tastiera come Garrick Ohlsson, vincitore del Busoni a Bolzano nel 1966 e del Concorso Chopin di Varsavia nel 1970, alle prese con il Concerto Imperatore, peraltro già cavallo di battaglia di Ashkenazy quando era pianista. Ai due cicli su Brahms e Beethoven, si aggiungono un paio di concerti di carattere speciale. Il primo festeggia il ritorno sul podio del direttore onorario Alain Lombard, che ha guidato l’Orchestra dal 1999 al 2005, con un programma spettacolare dedicato ai maestri del colore orchestrale come Cajkovskij, Debussy e Stravinskij. Come se non bastasse, ad aggiungere un po’ di pepe al concerto ci pensa il violinista australiano di origine taiwanese Ray Chen, uno dei più brillanti e comunicativi artisti dell’ultima generazione, chiamato a interpretare un concerto di Cajkovskij che si preannuncia certamente strabi-

liante. L’altro concerto speciale invece è una soirée di stampo romantico con l’italiano Antonello Manacorda che, dopo aver diretto I Pomeriggi musicali, ha iniziato una fruttuosa carriera in Germania e in Olanda. Manacorda evocherà le romantiche rovine dei castelli sul Reno della Terza Sinfonia di Schumann e gli ultimi istanti di vita di una leggendaria regina, dipinta in maniera drammatica da Berlioz nella cantata La mort de Cléopâtre.

Innovazione ed esplorazioni Nel vecchio Auditorio Stelio Molo si sperimentano invece programmi più innovativi, anche grazie al contributo di artisti più giovani oppure provenienti da altre tradizioni musicali. Nella serie intitolata “Mediterranea” infatti troviamo nomi come quello del suonatore di oud Anouar Brahem, che presenta il suo recente progetto “Souvenance”, oppure della celebre cantante di fado Misia, che si confronta con l’Orchestra in un concerto diretto dallo stesso Poscher.

L’altro tema portante della stagione allo Stelio Molo è “British Flair”, aroma britannico, che accende un focus sulla musica inglese del novecento.

Qui sarà possibile ascoltare delle perle preziose, come la Serenade per tenore, corno e archi di Benjamin Britten, interpretata dalla voce di Thomas Cooley

con il giovane e promettente direttore Costantinos Carydis. Per completare il profilo della stagione va segnalato inoltre il Concerto del Venerdì Santo alla Collegiata di Bellinzona. Diego Fasolis dirige l’Orchestra della Svizzera italiana e il Coro della RSI in uno dei massimi capolavori del repertorio sinfonico-corale, l’oratorio Elias di Mendelssohn, un grande affresco dedicato alla figura del profeta biblico che più di ogni altro rappresenta un ponte tra l’Antico e il Nuovo Testamento, riunendo nella fantasia dell’autore la doppia natura del suo mondo spirituale, diviso tra le radici ebraiche e la nuova fede cristiana.

Sì, con la nostra opzione di pro­ roga delle rate. <wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2MDUwswQArDrHlg8AAAA=</wm>

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Avviso secondo la legge: la concessione di crediti è vietata se conduce a un indebitamento eccessivo (art. 3 LCSI).

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Arti 9

Bambola d’Urso

È la regina della TV del dolore e del gossip via etere. Nei drammi e nelle passioni ci sguazza, tanto poi risolve tutto con un abbraccio, qualche lacrimuccia, un predicozzo e mettendo in rima “cuore” con “amore”… di Roberto Roveda

Media 10

Barbara d’Urso mi ricorda la bambola Barbie. Anzi pro- si mutino i lineamenti neppure quando si afferma, come babilmente è prorpio la Barbie ma in versione mediter- fatto di recente al settimanale italiano Oggi “il rapporto che raneo-partenopea, con tanto di sole e mare di Posillipo ho io col mio pubblico è un rapporto unico e viscerale. Davvero è perennemente sullo sfondo. Come la Barbie originale è come se io stirassi con loro al pomeriggio!”. Appunto, “è come sempre uguale a se stessa, qualunque cosa accada. La “Bar- se stirassi”, esempio di periodo ipotetico della irrealtà, anzi bie bionda”, infatti, vive in una sorta di set, si muove nella del soprannaturale. “casa della Barbie” e poi passa al “camper della Barbie”, Diciamocelo, la Barbie d’Urso il ferro da stiro, di recente almeno, lo ha solo visto solo in macambia semplicemente vestito e no alla sua colf anche se da buona ammennicoli e diventa fotografa, massaia si è fatta fotografare sul suo fotomodella, infermiera, principessito mentre carica la lavatrice. Natusa. Però è sempre Barbie con il suo ralmente, è nella tenuta tipica della sorriso fisso, fisso… come Barbie casalinga di mezza età: tacchi a spild’Urso che pare avere ormai una lo, gonna mozzafiato-mostracoscia, paresi al viso per quanto sorride. “balcone” in evidenza e glamour da Provare per credere: basta fare una paginone centrale di Playboy. Beh, si ricerca in internet per scoprirla sosa che la Barbie d’Urso è una verace, lo ed esclusivamente a “trentadue nella vita di tutti i giorni come negli denti”, immancabilmente ammicstudi televisivi quando registra il cante verso l’obbiettivo e chi la programma. Tubino e guepiere e via guarda, nonostante si susseguano a pulire i pavimenti oltre che a racdavanti a lei drammi, tradimenti, contarci che: “i miei amici dicono che patetismi vari. ho una carica erotica, ma io non la per“Sono condannata a sorridere sempre, cepisco, mi vedo come un maschiaccio, devo sorridere tutti i giorni della mia faccio colazione con la camicia da notte vita...” ha scritto di suo pugno con gli orsetti”. Ecco, pure gli orsetti… nella presentazione dell’imprescindibile Più forti di prima, libro che ha Gli avvoltoi hanno fame dato alle stampe nel 2010 e a cui 1981: quella ragazza da copertina...

Si dirà, che la Barbie è la Barbie, ha il hanno fatto seguito Tanto poi esce il sole, Ma credo ancora nell’amore – Sopravvivere alle ferite del suo mondo con regole tutte sue e che non ha senso cercare cuore, Se lo desideri accade. Titoli che solo a scriverli ti si caria il pelo nell’uovo. Il problema però è di pelo sullo stomaco, la tastiera del computer, evidentemente presi a prestito anzi di parrucca modello Luigi XIV adagiata comodamente e colti come possono essere solo i motti che si ritrovano sull’apparato digestivo nel momento in cui si urla allo scoall’interno dei Baci Perugina. Così letterariamente ispira- op, all’esclusiva mondiale, al “non potete immaginare quello ta, Barbie d’Urso, se ha la possibilità di dire una banalità che vi aspetta” per poi introdurre il compagno di banco del ne dice almeno due. Tanto per lei il troppo non stroppia cugino di Totti per sapere le ultime sul matrimonio tra il mai, basta fare una bella piroetta davanti alle telecamere, campione della Roma e Ilary Blasi. Oppure si passano mesi lanciare un blocco pubblicitario e gettarsi a capofitto in un a stazionare di fronte a villette e citofoni celebrando in un nuovo “pezzo di vita”… rigorosamente altrui. rito senza fine le tante stragi che affollano la cronaca nera italica e non solo. Barbie d’Urso ogni tanto aggrotta la Plastica sfrontatezza fronte – anche se con una certa fatica… che centri sempre La cosa certa è che il rossore del pudore non tocca mai le la plastica? –, mostra il cipiglio dell’emozione poi si ripiglia sue gote. La Barbie d’Urso, infatti, pare fatta di plastica co- al rinnovarsi dell’applauso. me la bambola originale e forse per questo può bellamente È il ritmo costante delle trasmissioni sanguisuga, parassiti dichiarare “provano a colpirmi, ma i colpi scivolano sul mio catodici che si alimentano delle sfighe altrui. Vivono di corpo”. Miracoli del materiale e della mancanza di ritegno, sangue e tradimenti ed è inutile volare alti… meglio volare quella sfrontatezza tanto da Barbie che non permette che in circolo come fanno gli avvoltoi.

Letture Giusta misura di Marco Alloni

Sto leggendo e ascoltando con profitto su YouTube il giovane filosofo Diego Fusaro.

Uno dei pochi che osa ancora chiamare le cose col loro nome e non esita a utilizzare categorie interpretative del mondo per molti desuete: prima fra tutte il marxismo. Ma soprattutto uno dei pochi che ha eletto a bersaglio, senza infigimenti retorici, il capitalismo.

Tutti i suoi saggi muovono da questa “ossessione”, primo fra tutti il suo fondamentale Bentornato, Marx! Perché “bentornato Marx”?

Perché almeno dal crollo dell’Unione Sovietica in poi – ma in Italia già dal sessantotto e dalla stagione del “compromesso storico” – il filosofo tedesco sembra essere stato relegato nel dimenticatoio, rimosso come portatore di un’ideologia obsoleta e ritenuto dai più inadeguato a interpretare i tempi.

Fusaro compie viceversa un’operazione di recupero radicale e trasversale della sua opera e del suo pensiero. E in questo che taluni hanno chiamato un “esercizio di nostalgia” ribadisce a chiare lettere non solo che Marx non è morto, ma che la sua vitalità non è

mai stata di così stringente attualità come oggi. Rileggere Marx – o ripartire da Marx – significa infatti riconoscere che le logiche del capitalismo non hanno affatto prodotto il “migliore dei mondi possibili”, ma un pianeta dominato dall’ingiustizia sociale più estrema e da un sistema economico fondato sull’accumulazione illimite e su una sperequazione fra ricchi e poveri senza precedenti.

In discussione, per l’autore, non è il capitalismo in quanto tale, ma quel “mutamento antropologico”, come lo chiamava Pasolini, che ha portato al deterioramento, diremmo alla decadenza, della stessa borghesia illuminata – di cui Fusaro si rivendica abitatore – e all’avvento di una società di omologati intesi come meri consumatori. Questo è il nucleo della sua ricerca: mostrarci che il capitalismo sta collassando su se stesso in ragione di un tradimento ormai secolare dell’interventismo borghese nelle cose del mondo. Che il mondo sta crollando su se stesso perché si è abbandonata la “giusta misura” greca e si procede alla cieca verso il baratro.

MINI CAKE AL CACAO

Bentornato, Marx!

Rinascita di un pensiero rivoluzionario di Diego Fusaro Bompiani, 2009

Empfo p ohl hleenn du dur Recommandé ch Raccomandatopar da Service Allergie

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Bontà e benessere, un connubio perfetto: mini cake al cacao senza glutine. migros.ch/aha

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Così buono senza glutine.

P

Vitae 12

er sei mesi la mia mamma dormì in un seminterrato di una vecchia pensione.

Lasciò noi tre fratelli ai nonni e andò a Losanna con mia sorella Gabriella, gravemente malata di leucemia. Pagava due franchi al giorno e si era pure dovuta portare le lenzuola da casa. Quello fu l’ultimo tentativo per farla guarire. Purtroppo l’operazione non servì a nulla e il giorno del suo ventunesimo compleanno, per Gabriella fu anche quello del suo funerale. Non credo che un genitore rimanga la stessa persona dopo la morte di un figlio. Soprattutto una mamma che l’ha portato in grembo e che gli è stata accanto per tutta la vita. Da quel momento lo sguardo di mia madre è cambiato; una parte del suo cuore si è spenta con la morte di mia sorella.

Tanti anni dopo ho avuto l’occasione di trasformare quella sofferenza in aiuto per gli altri. Nel 2009 ero un semplice socio dell’Associazione Alessia che raccoglie fondi per i bimbi malati. Mi limitavo a pagare la mia quota di iscrizione. Quando Alessia, la bimba che ha dato il nome all’associazione, morì, mi sentì toccato da vicino. Come Bernadette, la mamma di Alessia, anch’io sono di Sant’Antonino: ricordo ancora questa bella “pinina” in giro per il paese… se ci fosse stato un reparto di cure intense pediatrico e un’ambulanza attrezzata forse sarebbe ancora qui con noi.

L’associazione è stata fondata da Bernadette proprio per aiutare i bimbi malati e le loro famiglie. Grazie al contributo di tanti il sogno di Bernadette si stava avverando. Mancavano infatti solo 17mila franchi per acquistare l’ambulanza. Fu in quel momento che mi venne l’idea di aprire un mercatino delle pulci. A casa mia nella vecchia lavanderia. Ho pensato a tutte le famiglie che devono affrontare il dolore per la malattia di un figlio e, come se non bastasse, sono spesso costrette a far fronte a difficoltà economiche e logistiche. La mia idea non trovò all’inizio molti consensi. Ma a chi vuoi che interessi… mi sentivo dire. Mi venne pure la paura di fare una brutta figura. Ma così non è stato. In 6 anni abbiamo raccolto oltre 380mila franchi e se all’inizio i nostri clienti erano soprattutto della zona, ora giungono da tutto il cantone. Il primo passo è stato trasformare la

lavanderia in un locale per esporre la merce. In soli tre mesi abbiamo raccolto i soldi che mancavano e l’associazione Alessia ha acquistato l’ambulanza.

Poi mano mano il mercatino è cresciuto. I portici, il giardino e i due piani del rustico sono stati invasi da oggetti di ogni tipo. La mia vicina, rimasta orfana da bambina, mi ha messo a disposizione la sua casa su due piani per esporre la merce. La mia fortuna, se così si può chiamare, è che dormo meno di due ore per notte e, mentre il medico mi rassicura che si può vivere anche così, nelle mie notti insonni mi dedico al mercatino. Ora vendiamo anche tramite i social media. Il nostro punto forte sono i piccoli e grandi tesori che la gente ci regala, risalenti a fine ottocento, inizio novecento: biancheria della nonna, quadri, ceramiche, mobiletti.

Ho imparato ad apprezzare gli oggetti di un tempo grazie a mia zia Ines che negli anni trenta lavorava presso un dottore di Bellinzona, appassionato collezionista.

Così ho iniziato a sviluppare il gusto per le cose di un tempo.

Ora quando mi regalano un mobile chiedo sempre a che periodo risale e così piano piano imparo. Qui può capitare di trovare dei veri e propri tesori come i quattro piatti indiani del Rajastan che abbiamo venduto tempo fa. Avevano cento anni ed erano grandi quanto un tavolo: una meraviglia.

I prezzi sono bassi per scelta. La merce deve esseere accessibile e poi non tutti possono spendere cifre esorbitanti. Questo è il mio regno dove posso permettermi di andare incontro alle persone. Lavoro per il comune di Sant’Antonino da 41 anni e sono abituato ad aver a che fare con la gente. Il mio ufficio è come una dogana: prima o poi ci passano tutti. Ma il mercatino mi dà qualcosa di più. Qui c’è l’incontro. Mi piace ascoltare i commenti delle persone. Sono momenti divertenti. C’è la “sciura” con le amiche che si innamora di una porcellana e, per non sentire i rimbrotti del marito, studia la tattica per nasconderla una volta arrivata a casa.

C’è tanta bella gente la fuori. Persone buone di cuore che sono felici di aiutare i bimbi in difficoltà.

MARIO BOGNuDA

La scomparsa di una sorella, il dolore di una madre, il desiderio di aiutare chi è in difficoltà.

E infine la scoperta di un mondo fatto anche di altruismo

testimonianza raccolta da Elisabetta Bacchetta fotografia ©Flavia Leuenberger

Chiasso-Pedrinate

Due ruote audaci Sino al 20 settembre Chiasso sarĂ la capitale del motociclismo nazionale.

Tra rievocazioni e manifestazioni gli appassionati potranno ammirare il meglio delle moto dâ&#x20AC;&#x2122;epoca

di Marco Jeitziner; fotografie ŠDavide Stallone

T

ra il 1928 e il 1950 si sono tenute diverse edizioni della corsa motociclistica in salita Chiasso-Pedrinate. Citiamo l’anno 1942, quello del Ghersi, del Franconi e del Carmine che, in sella, si arrampicavano a tutto gas dimostrando che “la passione per la motocicletta non è scomparsa”1, nonostante il boom delle quattro ruote.

Facevano furore rendendo grande questa pratica in Ticino che “tanta folla ha attirato sulle strade delle sue gare” scrivevano i cronisti dell’epoca. Come in quella domenica del 1949 quando la passione, sempre intatta, si metteva in scena “organizzata dal Moto Club locale «Audax» con ogni cura e disputata da quasi tutti i più quotati corridori ticinesi”2. Venne premiato il Silvio Mazzola di Chiasso, categoria 125, alla media oraria di 65 chilometri orari, ma anche il Rezzonico nella 250, il Balmelli nella 350 e lo Scala nel “sidecar”.

Ottant’anni di curve “Il Moto Club Generoso è stato fondato nel 1936 a Mendrisio da un gruppo di appassionati della motocicletta” ci dice il presidente dell’attuale Auto Moto Club Generoso, Giordano Caverzasio. Si voleva “sostenere coloro che hanno la passione per questo singolare veicolo di locomozione e lavoro”. Innumerevoli poi le manifestazioni motoristiche organizzate dal sodalizio negli anni quaranta, come la corsa in salita sul Monte Generoso e il circuito di Mendrisio svoltosi prima della guerra. Seguirono alcuni anni di inattività ma i giovani rilanceranno l’entusiasmo: “negli anni successivi saranno organizzate innumerevoli altre manifestazioni, dal Motocross alla Rossa alla Enduro sul Monte Generoso, dal Motocross alla Pobbia al Campionato svizzero in circuito a Casale Monferrato, la rievocazione storica del Monte Generoso, la Mostra-scambio per motocicli a Mendrisio, le visite a fabbriche (...)

in apertura 403 Piercarlo Bonardi su Suzuki RG Gamma 125ccm (1986).

404 Sergio Rezzonico su Yamaha TZ B 250ccm (1990), motocicletta da GP. 364 Alfio Crespi su Paton Bimota 500ccm (1974).

401 Fabio Scanzi su Yamaha RD350 350ccm (1984). sotto 111 Härri Paul su Moto Guzzi Gambalunghino 250ccm (1949), motore con testa desmodromica. Questa moto ha vinto 8 Mondiali dal 1949 al 1957 nelle classi 250/350ccm.

112 Jo Kaufmann su Moto Guzzi Condor 500ccm (1939), monocilindrica 4 tempi a 4 marce da 33 cavalli. Moto usata al Tourist Trophy e record alla salita del Klausen.

113 Teo Müller su Scott TT 500ccm (1929).

Davide Stallone

Classe 1971, cresce tra la Svizzera e il Nord Italia. Studia fotografia presso lo IED di Milano. Oggi vive a Mendrisio ed esercita la sua professione tra Ginevra e Milano.

Ha lavorato per diverse produzioni legate alla moda, alla pubblicità e in ritratti e campagne per importanti aziende.

Dal 2013 sviluppa lavori che seguono la sue principali passioni: l’arte culinaria, il motociclismo, l’artigianato. stallonedavide.com

sopra In alto: particolare di forcella e motore della Scott TT 500ccm (1929) di Teo Müller (113).

In basso: i piloti si portano sulla linea di partenza.

Questa, come tutte le fotografie presenti in queste pagine, sono state scattate in occasione della prima edizione della rievocazione storica della Chiasso-Pedrinate, organizzata dall’Auto Moto Club Generoso (20-21 settembre 2014). Per maggiori informazioni sull’edizione 2015 vi rimandiamo al sito: automotoclubgeneroso.ch

in senso orario 501 Hans Bolliger su BMW Kneeler 500ccm (1962).

505 Alfredo Pezzoli/Mattia Ronchetti su SeymaZ Side 1100ccm (1984).

342 Nicolas Descher su Honda Four 750ccm (1970).

di motociclette ecc.” afferma Caverzasio. E nel 2014 torna la Chiasso-Pedrinate in salita, “anche grazie alla concomitanza con la manifestazione «I Ragazzi di Corso San Gottardo» che si svolge nello stesso fine settimana”.

Una cena come pretesto Tutto ebbe inizio... dalla fame. Erano i primi anni del novecento. “La cena sarebbe stata offerta a quel socio che fosse salito nel miglior tempo dal Grotto della Giovannina a Chiasso fino al Ristorante Paradiso a Pedrinate” ci svela Michele Schandroch, membro del comitato organizzatore. Fu un successo, tanto “da interessare altri club ticinesi e della vicina Lombardia. Nel 1924 il sodalizio chiassese ottenne la licenza dall’Unione Motociclistica Svizzera”. L’ultima manifestazione ufficiale risale al 1953 e tra i fautori delle gare si ricordano Bruno Martinelli, Paolino e Renzo Faloppa, Artemio Bernasconi, Carletto Belotti, Luigi Mazzola e tanti altri.

E come la mettiamo oggi, provocando un po’, con le maggiori sensibilità ambientali e foniche? “C’è una chiara analogia con gli eventi musicali” dice Schandroch che rassicura: “il consumo di carburante è un poco al di sopra dei cento litri per tutta la giornata…”.

Tra motori e campioni Sono le sette del mattino, cento collaboratori si mettono a disposizione. I commissari di percorso definiscono gli ultimi dettagli, alle otto si chiude la strada al traffico privato per l’evento. Partono i primi giri di prova e in tarda mattinata comincia la gara a cronometro.

Sono oltre 120 i piloti iscritti quest’anno con le loro rare e bellissime Norton, Triumph, Moto Guzzi, Motosacoche, Sumbeam, Condor, Gilera, fino alle nuove giapponesi Honda, Yamaha, Suzuki, Kawasaki. Poi il pranzo, poi di nuovo in sella, a fine pomeriggio la premiazione al “paddock”, il parcheggio Comacini di Chiasso. Gli appassionati, annunciano gli organizzatori, rivedranno in sella nomi popolari come il campione ed ex pilota di Motomondiale Bruno Kneubühler, il figlio del compianto Renzo Pasolini, l’ex campione svizzero Enrico Canonica e tanti altri.

E una novità: “un raduno per moto d’epoca targate e stradali, con giro turistico della regione sabato 19 settembre alla quale possono iscriversi tutti coloro che abbiano una moto d’epoca omologata e targata” spiega Caverzasio. note 1 Da Illustrazione ticinese (n. 52/1942).

2 Da Illustrazione ticinese (n. 39/1949).

Bea, la nuova regina di C. Piccaluga e A. Borsari; illustrazioni ©Lisa Pasteris

C’ Fiabe 42

era una volta un’ape di nome Bea che viveva nel bosco incantato del paese degli Ulli. Bea era una delle tante apine che lavoravano alla sezione produzione e stoccaggio miele del più grande alveare della vallata.

I poveri insetti erano costretti a ritmi di lavoro stressanti imposti dalla regina Gina preoccupata che l’alveare rimanesse sprovvisto di miele.

Un sabato mattina Bea fu svegliata da uno squillo di tromba, lo riconobbe subito, anche se lo aveva sentito poche volte nella sua giovane vita: era il segnale che qualcuno, di estraneo all’alveare, chiedeva il permesso di poter entrare per parlare con la regina. Infatti era un giovane fuco che abitava dieci alveari più a valle, inviato dalla propria regina con una precisa richiesta.

La regina Gina decise di riceverlo per sentire cosa avesse da dire; non appena il fuco fu al cospetto di sua maestà con voce tremante disse: “Mi manda Pina, regina del mio alveare, con una richiesta”.

Sua altezza lo guardò altezzosa e poi disse: “Su dai dai! Non ti fermare e parlami di questa richiesta!”

Il fuco allora proseguì: “Durante

l’inverno siamo rimasti senza pappa reale e la nostra regina è morta, quindi abbiamo usato tutto il miele che rimaneva per nutrire Pina, farla crescere e diventare la regina che è adesso. Sono qui per chiedere se gentilmente potreste prestarci un po’ del vostro miele così da sfamare le nostre api operaie che, ormai stremate, non riescono più a lavorare” Gina si alzò e disse: “Cosa vi fa pensare che ci avanzi del miele?”

Il fuco rispose: “Beh! le nostre api operaie, prima di ammalarsi, si sono spinte fin quà e....”

La regina lo interruppe bruscamente e disse: “Ahhhh ci avete spiato, ecco cosa avete fatto!

Non siete altro che fannulloni, avete oziato tutto l’inverno! E adesso cosa vi aspettate? Sono profondamente offesa dal vostro comportamento e non intendo aiutarvi, arrangiatevi e provate a chiedere altrove”.

E così Gina congedò in malo modo il fuco rispedendolo a casa con un secco no!

La brutta stagione stava per finire, l’ultima neve si stava sciogliendo e i primi timidi segni della primavera si potevano percepire nel canto degli uccelli e nel rigoglioso spuntare dei primi bianchi bucaneve! Man mano che il miele

si accumulava all’interno delle celle, l’odore dolce aumentava e si propagava sempre di più nell’aria circostante, inondando tutta la vallata. Beatrice, la nonna di Bea, era un ape ormai in pensione che aveva lavorato anch’essa, a suo tempo, nell’alveare come operaia; parlava spesso con la giovane nipotina raccontandole aneddoti della propria vita relativi al suo lavoro all’interno della colonia. Le diceva sempre che produrre miele è necessario, ma che non bisogna esagerare altrimenti le conseguenze potrebbero essere catastrofiche.

Un giorno Bea, durante il suo turno di raccolta polline, si allontanò di qualche chilometro dall’alveare seguendo i sentieri che portano in montagna quando un fragoroso frastuono la distolse dalla sua ricerca. In un primo momento pensò che fosse il vecchio vulcano ancora attivo che di tanto in tanto brontolava, ma ben presto si rese conto che il monte non c’entrava niente: il gran baccano che sentiva era prodotto dalla corsa di un gruppo di orsi bruni che dalle colline circostanti scendevano verso valle.

La giovane ape si chiese dove stessero andando con quella fretta. Anche lei sapeva che l’orso è un animale paziente e calmo che diventa aggressivo solo se provocato, ma poi si tranquillizzò e si rimise al lavoro scordandosi per un po’ del brutto spavento che le avevano fatto prendere quegli animali.

Il momento di calma però durò ben poco, a Bea infatti, tutto a un tratto, tornarono alla mente i racconti della nonna, gli aneddoti che l’anziana ape le aveva raccontato. Si ricordò di quando Beatrice le aveva spiegato che troppo miele non va bene, e loro di miele in quella settimana ne avevano prodotto una quantità esorbitante. E così a Bea non ci volle tanto per capire che l’odore, che dall’alveare si propagava in tutta la vallata, aveva attirato gli orsi e li aveva spinti a scendere dalla montagna fino sulle colline.

Sì, si stavano dirigendo proprio verso l’alveare, sicuramente lo avrebbero distrutto, e lei e le sue compagne sarebbero rimaste senza casa. Bea volò allora più

veloce che potè nel tentativo di superare gli orsi e arrivare prima di loro per dare l’allarme avvisando l’alveare.

Purtroppo però non riuscì nel suo intento; quando arrivò, gli orsi avevano già mangiato tutto il miele e spaccato in due l’alveare. La piccola ape, disperata, cominciò a chiamare la nonna a voce alta e con un groppo in gola: “Nonnaaaaa, Nonnaaaaa, rispondimi”.

D’altro canto anche la nonna cercava sua nipote, volando sulle macerie e chiamandola con voce decisa: “Beaaaa, dove sei, Beaaaaa”.

D’un tratto le due api si videro, volarono l’una verso l’altra e quando si raggiunsero si abbracciarono piangendo, un po’ per la gioia di essersi ritrovate e un po’ per il dolore provocato da tutta quella devastazione.

Beatrice guardò la nipote negli occhi e disse: “Hai visto? Te lo avevo detto! Nella vita bisogna accontentarsi e soprattutto quando si ha tanto, aiutare chi è stato sfortunato e donare al prossimo!

L’avarizia è una brutta bestia, meglio sbarazzarsene!”

Dopo aver saputo quello che aveva fatto Bea per avvisare l’alveare, di come aveva capito che gli orsi erano diretti lì attirati dal miele, la comunità decise all’unanimità di eleggerla nuova regina. La colonia sciamò ben presto più a valle, costruì un nuovo alveare e nutrì, con pappa reale, la giovane regina che crebbe forte e giusta.

Fiabe 43

Concorso. La foto del mese

Pubblichiamo l’ottava immagine selezionata tra quelle giunte in Redazione nell’ambito del concorso fotografico lanciato da “Ticinosette” ai lettori per il 2015. Il prossimo appuntamento è tra quattro settimane...

Il corpo di Federica Ponti Tosio

Tutti possono partecipare al concorso fotografico anche se, per ovvie ragioni sono, esclusi categoricamente i professionisti della fotografia (ma non gli apprendisti fotografi e altre persone in formazione). Nel corso del 2015 i partecipanti potranno inviare una sola foto per ogni sezione, anche in tempi diversi.

Abbiamo definito quattro tematiche sulle quali potete sbizzarrirvi: “la memoria”, “il sogno”, “il corpo”,

“l’acqua”. Ricordiamo che in ogni invio deve essere specificata la sezione a cui si intende concorrere, oltre al proprio nome e cognome, l’indirizzo e un recapito telefonico.

Come già indicato, le immagini – che saranno accettate solo se inoltrate in alta risoluzione (300/320 ppi) in modo da consentirne la pubblicazione – dovranno essere inviate al seguente indirizzo di posta elettronica: phototicinosette@gmail.com.

Mensilmente pubblicheremo un’immagine selezionata tra quelle giunte nell’arco delle quattro settimane, e ritenuta la più interessante dal comitato di Redazione. Tra un mese verrà dunque pubblicata la nona immagine selezionata e alla fine del 2015 le migliori saranno raccolte in un reportage.

Il vincitore finale, selezionato sempre dalla Redazione, riceverà un premio in contanti di ben 400 franchi.

PLASTIC FREE Tendenze p. 45 | di Keri Gonzato

“Pensaci, perché creare qualcosa che userai soltanto per alcuni minuti con un materiale che praticamente durerà per sempre, e che getterai semplicemente via. Che senso ha?”

Jeb Berrier autore di Bag It. Is your life to plastic? The Movie (2011)

A

lison Teal, surfer, avventuriera e attivista ecologica si è recata alle Maldive, non per sdraiarsi su una spiaggia paradisiaca, ma per creare un documentario e un reportage fotografico sull’isola Thilafushi, un’isola artificiale che funge da discarica. Infatti, le isole Maldive producono giornalmente oltre 400 tonnellate di spazzatura, a cui ogni singolo turista contribuisce con 3,5 kg tutti i giorni.

A New York, Lauren Singer, una giovane super cool, vive da quasi 3 anni una vita a zero spreco. All’inizio della sua avventura ha condiviso… “Sto deducendo di provare a me stessa (e agli altri) che è possibile ridurre drasticamente i propri consumi restando comunque parte del 21esimo secolo. Il sovraconsumo è la fonte di molti dei mali della nostra società, e mentre durante il giorno mi occupo di condotta politica e cerco di portare il governo a risolvere i problemi del cambiamento climatico, la notte non riesco a dormire pensando perché mai ho comprato l’ultimo lipstick. È ora di cambiare”. Lauren è passata da comune studentessa di Scienze ambientali ad attivista che usa la rete e il ruolo di blogger per mostrare al mondo che è possibile vivere, con gusto e con stile, senza sprechi!

Passiamo dal globale al locale. Fabiano Piazza ha rivoluzionato la sua vita passando da agente di custodia presso il penitenziario a pioniere locale della vendita sfusa, ovvero senza imballaggi.

In settembre apre i battenti a Lugano il suo negozio – legato alla catena negozioleggero.it – che vende dal riso allo shampoo, dalle lenticchie ai maccheroni senza l’ingombro di strati di imballaggio. Jack Johnson che vive alle Hawaii, dove finalmente sono stati bandite le buste di plastica, da anni si impegna per

aumentare la sensibilità ambientale del suo pubblico e offre consigli concreti che vanno dal mangiare verdure locali alle alternative della plastica usa&getta.

SOMMERSI DALLE PLASTICHE

Nell’ultimo decennio è stata prodotta più plastica che in tutto il secolo passato. La plastica è stata inventata a metà ottocento, ma la sua diffusione di massa è avvenuta dopo la seconda guerra mondiale. Inizialmente rappresentò un’innovazione positiva e assai pratica, permettendo anche di limitare lo sfruttamento dell’avorio, dei gusci di tartaruga e di altri prodotti animali.

Il problema è sorto quando, avvicinandoci agli anni sessanta, la plastica è passata dall’essere sfruttata per oggetti duraturi all’utilizzo estensivo. Un processo avvenuto gradualmente ma purtroppo, lungo la strada, non si è pensato di riflettere sulle conseguenze di una tendenza assai pericolosa. Nella seconda parte del ventesimo secolo è stato prodotto un bilione di tonnellate di plastica. Dagli anni ottanta la produzione è quadruplicata e oggi, nel giro di una settimana, consumiamo oltre 10 bilioni di sacchetti di plastica. A causa della sua durabilità (e della difficoltà di smaltimento) buona parte di questa sterminata produzione è ancora presente sul pianeta sottoforma di rifiuti.

Le conseguenze di questo sovraconsumo stanno assumendo dimensioni spaventose. Nel 2014, il biologo marino Richard Thomson, ha dimostrato che la maggior parte dei rifiuti che inquinano i mari sono di plastica. Lo scorso anno, l’ecologo marino Andres Cozar Cabañas e il suo team di ricercatori hanno completato una mappa dei rifiuti negli oceani rivelando milioni di pezzi di plastica che galleggiano in cinque vortici subtropicali negli oceani di tutto

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il mondo. Un dato inquietante è che, oltre alle decine di migliaia di tonnellate di rifiuti galleggianti – ben visibili all’occhio nella forma di mostruose isole –, si è scoperto che esiste una massa misteriosa e ancora non quantificabile di frammenti di plastica che, seppure piccoli, influenzano e disturbano l’ecosistema marino. Frammenti che pesci e mammiferi mangiano, e che finiscono inevitabilmente anche nel nostro stomaco…

PICCOLI ATTI DI CIVILTÀ

È tempo di cambiare. Per esempio, portando sempre con noi una borsa riutilizzabile da utilizzare anche per le verdure (l’etichetta con il peso puoi tenerla e mostrarla alla cassa). Oppure optando per borracce e recipienti in vetro, ceramica o metallo, ed evitando bottiglie in pet e tupperware in plastica. Cambiare, evitando di utilizzare forchette e piattini usa&getta ai nostri party: in questo senso il finger food è l’ideale! Scegliere prodotti con meno imballaggio possibile, saponette invece del sapone liquido, frequentare i negozi e i mercati che offrono prodotti sfusi, oltre che locali. E per i più intraprendenti, iniziare a creare il proprio dentifricio casalingo, il sapone per i piatti o quello per i vestiti! Lauren Singer, per esempio, propone delle ricette semplici e invitanti: oltre che essere a base di ingredienti naturali, è più facile di quello che si pensa, economico e, oltretutto, ci farà sentire super fieri di noi stessi e ci verrà voglia di condividerlo con amici e vicini di casa!

Come recita il motto della fondazione di Jack Johnson “All At Once”: “Un azione individuale, moltiplicata per milioni di volte, crea il cambiamento globale”.

Ridurre gli sprechi è la parola chiave…

Io ci voglio credere e tu?

La domanda della settimana

Il nuovo centro Lugano Arte e Cultura (LAC) permetterà di rilanciare anche il sempre più sofferente settore turistico cantonale?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 24 settembre. I risultati appariranno sul numero 40 di Ticinosette.

Al quesito “Siete favorevoli a un severo inasprimento delle pene pecuniarie nei confronti di chi abbandona le eiezioni del proprio cane sul suolo pubblico?” avete risposto:

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Astri ariete Grazie a Marte di transito e alla Luna in Sagittario, il periodo si presenta favorevole. Atmosfere calde e passionali. Più prudenza nello scrivere!

toro Tra il 20 e il 26 possibili intrusioni nel vostro rapporto di coppia. Non fatevi condizionare. Nuove opportunità per i nati nella prima decade.

gemelli Grazie a Urano potrete esser baciati dalla famosa idea geniale. Vita sentimentale commista a questioni professionali. Diete e sport da non trascurare.

cancro Configurazione esplosiva per i nati tra la seconda e la terza decade. Inaspettate emozioni sembrano sovrastare ogni vostra azione. Datevi degli obiettivi!

leone Momento favorevole per l’inizio di una storia sentimentale. Rapporti affettivi impetuosi. Particolarmente reattivi a compiere scelte drastiche.

vergine Tra il 22 e il 23 Plutone e Luna in posizione bipolare. Da un lato attenzione agli aspetti più nobili della vita, dall’altro indolenza e menefreghismo.

bilancia Tra il 24 e il 25 la Luna favorirà il sorgere di interessi o conoscenze. Momento ideale per dare vita a un progetto. Vita sentimentale alla grande.

scorpione Siete attraversati da transiti eccezionali, ma non riuscite a controllare il flusso delle vostre energie a causa della quadratura con Marte. Incontri karmici.

sagittario Progetti e soluzioni matrimoniali per i rapporti di lunga durata, altrimenti possibile rottura. Spensierati e disinvolti i nati nella seconda decade.

capricorno Momento fervido per i nati nella prima decade. Tra il 22 e il 23 potrete realizzare qualcosa di importante se darete retta alla vostra creatività.

acquario Siete troppo irascibili o forse troppo esigenti per vivere. Momenti di malinconia tra il 24 e il 25 settembre. Molto meglio dal 26 in poi.

pesci L’approccio con i colleghi si fa bipolare, alternando momenti di comprensione con situazioni competitive. Bruschi cambiamenti dal 20 settembre.

Gioca e vinci con Ticinosette

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 40

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate il numero 0901 59 15 80 (CHF 0.90) entro giovedì 24 settembre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 22 settembre a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

Verticali 1. Il primo romanzo di Francis Scott Fitzgerald • 2. Un ente internazionale • 3. Quaderni intimi • 4. Dittongo in reato • 5. Avversari • 6. Fa le fusa • 7.

Astio • 8. Il Nichel del chimico • 9. Vaso panciuto • 13.

Nome di donna • 15. Piccolo difetto • 17. A Carnevale si issano quelli della cuccagna • 21. L’immagine sacra del Pope • 22. È punito dalla legge • 24. I giorni fatali a Cesare • 25. Tirare le conclusioni • 26. Vende testate • 29. Le iniziali di Tasso • 31. La stagione del solleone • 33. Competizione • 36. Dubitativa • 38. Spranghe • 40. Privo di vestiti • 42. Le iniziali della Pausini • 45.

Bordo • 47. Dato anagrafico • 48. Attraversa Berna • 51. Novantanove romani • 53. Consonanti in Diana.

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Orizzontali 1. Poligono a dodici lati • 10. Delfino di fiume • 11. È opposto allo zenit • 12. Con Qui e Quo • 13. Li redige il notaio • 14. Un tipo di pasta • 16. Producono miele • 18. Ha la cruna • 19. Il dittongo del beone • 20. Preposizione semplice • 21. Andato in poesia • 22. I confini di Roveredo • 23. Porto della Spagna • 27.

Si empie di ombrelloni • 28. Furiosi • 30. Impreciso, non corretto • 32. Argovia sulle targhe • 34. Brilla nel firmamento • 35. Capo etiope • 37. Grosso camion • 38. Società Nuoto • 39. Anfiteatro • 41. Vi fu esiliato Napoleone • 43. Germania e Austria • 44. Il nome di Ughi • 46. La via di Molnar • 47. Pianta rampicante • 49. Il dio egizio del sole • 50. L’indirizzo in rete • 52.

Marioli • 54. È bella ma stupida • 55. Giostra, gara.

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La soluzione del Concorso apparso il 4 settembre è: TRATTATO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Leonilde Baldassari 6523 Preonzo Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: buono per le offerte del tempo libero di RailAway FFS RailAway FFS offre 1 buono del valore di CHF 100.– per le sue offerte del tempo libero.

Per esempio l’offerta “Regione Ritom-Piora” che include il viaggio con i mezzi pubblici e la risalita in funicolare al Ritom con il 20% di sconto.

Con RailAway FFS alla scoperta della Regione Ritom-Piora.

Regalatevi l’esperienza indimenticabile di una risalita con la funicolare Ritom con una pendenza fino all’87.8%! Giunti alla stazione superiore, raggiungerete in pochi passi la splendida Regione RitomPiora con i suoi innumerevoli e poetici laghetti alpini. Scoprite incantevoli angoli immersi nella natura. ffs.ch/ritom-piora

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Alla scoperta della Svizzera. Le più belle attrazioni svizzere da collezionare. * Dall’8.9 al 28.9.2015, su presentazione della carta Cumulus o Famigros alla cassa, tutti i membri Famigros riceveranno gratuitamente l’album delle figurine.

Fino a esaurimento dello stock. Diventa ora membro su www.famigros.ch/iscrizione

WWW.SUISSEMANIA.CH

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