Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–
№ 43 del 23 ottobre 2015 · con Teleradio dal 25 al 31 ott.
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Ticinosette allegato settimanale N° 43 del 23.10.2015
Impressum Tiratura controllata 67’470 copie Chiusura redazionale Venerdì 16 ottobre Editore Teleradio 7 SA Muzzano Redattore responsabile Fabio Martini Coredattore Giancarlo Fornasier Photo editor Reza Khatir Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55 Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook Stampa (carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona Pubblicità Publicitas AG Daniel Siegenthaler Muertschenstrasse 39 Postfach 8010 Zürich tel. 044 250 36 65 tel. 079 635 72 22 daniel.siegenthaler@publicitas.com dati per la stampa a: riviste@publicitas.com publicitas.ch/riviste Annunci locali Publicitas Lugano tel. 091 910 35 65 fax 091 910 35 49 lugano@publicitas.ch Publicitas Bellinzona tel. 091 821 42 00 fax 091 821 42 01 bellinzona@publicitas.ch Publicitas Chiasso tel. 091 695 11 00 fax 091 695 11 04 chiasso@publicitas.ch Publicitas Locarno tel. 091 759 67 00 fax 091 759 67 06 locarno@publicitas.ch In copertina Vaccini e bambini ©Bruno Machado
4 Letture Intestino. Pancia a posto DI EUGENIO KLUESER ................................................. 7 Società Dipendenze. Fitness sì, ma compulsivo DI MARIELLA DAL FARRA ....................... 8 Salute Podologia. Estremità a rischio DI KERI GONZATO ............................................ 10 Arti Corpo. L’ultimo relitto DI ALESSANDRO TABACCHI .................................................. 12 Vitae Ippocrate di Kos DI ROBERTO ROVEDA ............................................................... 14 Reportage Wild horses A CURA DI F. MARTINI; FOTOGRAFIE DI F. LEUENBERGER ................... 39 Racconto L’attesa DI DANIELE FONTANA .................................................................... 44 Tendenze Cosmesi. Bisturi addio! DI MARISA GORZA ................................................ 46 Concorso fotografico DI ELY BURGYAN .................................................................. 48 Fiaba La lezione dell’albero DI CHIARA PICCALUGA ...................................................... 49 Svaghi .................................................................................................................... 50 Agorà Vaccini. Fantasia o realtà?
DI
ROBERTO ROVEDA..................................................
Uniti e consapevoli Il numero che state sfogliando è interamente dedicato ai temi della salute e del benessere. Parole che assumono valore e pieno significato solo in virtù di una crescente consapevolezza collettiva. La questione relativa alle vaccinazioni, trattata a pag. 4, non può essere affrontata, per esempio, attraverso una lettura ideologica o in riferimento al proprio ristretto ambito personale. La questione è globale e sociale, e riguarda tutti noi. Se la diffidenza nei confronti della vaccinazioni si sta allargando in occidente d’altra parte è un fatto che in Italia molte famiglie abbiano iniziato a non mandare più i figli a scuola per la presenza in classe di bambini non vaccinati suscettibili di trasmettere malattie infettive agli altri compagni. Una situazione che ha imposto una risposta a livello istituzionale. Anche il tema della lotta ai tumori rappresenta un dovere sociale di ogni cittadino e non una questione remota, affidata solo a clinici e ricercatori. Proprio nella giornata
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di oggi, 23 ottobre, la Lega contro il cancro invita la popolazione ad accendere una lanterna rosa per le 5500 donne che ogni anno si ammalano di cancro del seno in Svizzera, lanciando in questo modo un segnale forte di vicinanza. L’evento, organizzato dalla Lega ticinese contro il cancro in collaborazione con Europa Donna e il Centro Programma screening Ticino, si terrà questa sera, a Mendrisio, dalle 19 alle 21, a Piazzale alla Valle: tutte le persone munite di una lanterna rosa si uniranno in un momento di luce e musica. Una occasione di incontro e solidarietà ma anche un messaggio di partecipazione e speranza per tutte le persone ammalate e i loro familiari e amici. Interverranno per un saluto Alba Masullo (Lega ticinese contro il cancro), Olivia Pagani (Centro di senologia, Europa Donna della Svizzera italiana), Alessandra Spitale (Centro Programma Screening Ticino). Per informazioni: legacancro.ch/cancrodelseno
Quelli con l’arcobaleno
Vaccini. Fantasia o realtà? Salute. Le vaccinazioni obbligatorie suscitano da tempo dubbi e accese discussioni e i dati dell’OMS mostrano una diminuzione delle persone vaccinate nei paesi occidentali. Ma siamo veramente informati sull’evoluzione dei vaccini e sui rischi che comporta la diffusione di una cultura anti-vaccinale? di Roberto Roveda; illustrazione ©Bruno Machado
B Agorà 4
asta andare su Google e inserire la parola “vaccino” per rendersi conto quanto il tema delle vaccinazioni obbligatorie divida e accenda gli animi. Accanto ai siti istituzionali, infatti, proliferano blog, gruppi di discussione e siti che contestano le politiche vaccinali e sottolineano l’inutilità e i presunti pericoli dei vaccini stessi. Il risultato di tante polemiche è la diffusione, negli ultimi anni, dell’idea che ci debba essere libertà di scelta sulle vaccinazioni, complice anche un generale calo di fiducia nelle istituzioni e nella scienza. Così, lo ha dichiarato più volte l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità), le coperture vaccinali stanno calando in molte nazioni occidentali, dagli Stati Uniti alla vicina Italia (dove proprio nei giorni scorsi gli assessori alla Sanità delle Regioni italiane hanno deciso all’unanimità di inserire nel nuovo Piano nazionale di prevenzione vaccinale, la previsione di non ammettere nelle scuole i bambini che non siano in regola con il libretto di vaccinazioni), fino alla lontanissima Australia. Proprio in questo paese nel 2016 verrà messa ai voti una proposta di legge che prevede il taglio di alcuni benefici legati al welfare per le famiglie che rifiutano le vaccinazioni pediatriche1. A volte ritornano… Il trend “anti-vaccinale” si sta poi diffondendo in un momento in cui malattie ritenute ormai scomparse – come la poliomielite, riapparsa a inizio settembre in Ucraina – possono ripresentarsi più facilmente anche da noi in seguito ai flussi di migranti provenienti da territori dell’Africa e dell’Asia dove le vaccinazioni di massa sono ancora sporadiche. Insomma, con malattie come la polio, la difterite, la rosolia, il tetano e il morbillo – per citare alcune contro le quali ci si vaccina abitualmente – non si dovrebbe mai abbassare del tutto la guardia come ha mostrato anche l’epidemia di morbillo che ha colpito proprio il nostro paese nel 2013. Un epidemia che, non ha caso, ha spinto l’Ufficio federale della sanità pubblica a promuovere una campagna (stopmorbillo.ch) volta vaccinare entro la fine di quest’anno almeno il 95% della popolazione, la soglia che permette a malattie di questo tipo di non diffondersi più.
Scarsa informazione e troppi sospetti Rimane quindi la necessità di fare informazione sulle vaccinazioni e soprattutto sui rischi che malattie considerate a torto innocue o ormai debellate nei paesi sviluppati possono comportare. Anche perché il morbillo fa comunque ogni anno circa 150mila morti nel mondo a causa di complicanze legate a infezioni cerebrali e polmoniti, un numero che sfiorerebbe, secondo calcoli delle istituzioni sanitarie mondiali, i due milioni senza le campagne vaccinali. Probabilmente c’è oggi la necessità di un’educazione alle vaccinazioni, un’educazione mirante a diffondere una cultura dei vaccini come mezzo di difesa comunitario e non solo individuale. Un percorso informativo non semplice di cui vogliamo parlare con Davide Corti, a capo della ricerca presso Humabs BioMed (humabs.com), società di ricerca collegata all’Istituto di ricerca in biomedicina (IRB; irb.usi.ch). Dottor Corti, le vaccinazioni hanno cambiato la storia dell’umanità. Eppure fanno molto più notizia i rari casi in cui i vaccini creano danni. Lei come se lo spiega? Molte persone non si rendono conto di come sarebbe oggi il mondo senza vaccini e di come le vaccinazioni abbiano anche un valore “sociale”. Infatti ottenere elevate coperture vaccinali permette di limitare la circolazione del microrganismo responsabile e garantire quindi una protezione alla comunità, compresi i soggetti non vaccinati o comunque più vulnerabili, come anziani o soggetti immuno-soppressi. C’è sicuramente anche una componente psicologica nel non percepire l’importanza e il grande vantaggio nell’utilizzo di vaccini che penso si basi sul fatto che i vaccini prevengono l’eventuale insorgere di una malattia infettiva, non la sua cura, e vengono quindi somministrati, a differenza dei comuni farmaci, quando la persona è sana. Perché c’è maggiore attenzione quando si preparano i vaccini rispetto ai farmaci normali? Il processo di sviluppo di un vaccino è molto lungo e costoso e spesso richiede il coinvolgimento di migliaia di persone. Il processo è simile a quello di uno sviluppo di qualsiasi altro far-
maco, ma il livello di sicurezza richiesto per un vaccino è spesso molto più alto di quanto non lo sia per molti altri farmaci. In generale, vale un principio di rischio beneficio, in base al quale nel caso di un farmaco per malattie gravi, quali per esempio i tumori, si è disponibili a tollerare effetti collaterali anche molto seri. Nel caso dei vaccini invece i pazienti sono in realtà persone sane, nelle quali non si è quindi disposti a tollerare l’insorgenza di effetti collaterali anche non gravi. È bene ricordare a questo proposito che alcuni tipi di vaccini inducono un leggero stato di malessere nei giorni successivi la somministrazione, questo è però dovuto alla risposta immunitaria verso il vaccino che sta alla base della loro efficacia. Parlando di rischi, cosa avviene all’interno di una comunità quando diminuiscono le persone vaccinate? Molte persone pensano che anche non vaccinandosi si è sicuri perché determinate malattie sono state debellate oppure non si prendono comunque perché non sono più diffuse. Non è così: le malattie tornano a essere pericolose come lo erano una volta e portano con sé complicazioni anche gravi come è il caso, per esempio, del morbillo. Non esiste un trattamento specifico per il morbillo. È solo possibile alleviarne i sintomi. Secondo le statistiche il 10% dei bambini colpiti da tale malattia subisce gravi complicazioni, che rendono necessario un ricovero in ospedale. Le complicazioni più frequenti sono costituite da otiti (5%) e bronchiti; in casi più rari si manifestano complicazioni più gravi quali polmoniti (4%) o encefaliti (uno per mille). Nonostante l’ottima assistenza medica in Europa, il morbillo può provocare la morte di un bambino su 3000. In caso di contagio, le donne incinte corrono il rischio di subire un aborto. La domanda allora è se valga la pena di correre un rischio di questo tipo a livello individuale ma anche di comunità. Perché la malattia contro la quale non faccio la vaccinazione può essere poco pericolosa per me, ma letale per quelle fasce di popolazione più esposte ai rischi legati alle infezioni: soggetti immunodepressi come chi si sottopone a chemioterapia, anziani, persone con patologie in atto o pregresse. Anche i vaccini evolvono e diventano sempre più moderni. Dottor Corti, quali novità ci dobbiamo aspettare nel campo delle vaccinazioni? Molti passi avanti li stiamo facendo grazie all’ingegneria genetica e a un approccio molto più biotecnologico alla creazione dei vaccini di nuova generazione. In passato i vaccini venivano prodotti partendo da virus attenuati o uccisi, mentre oggi ci si concentra nell’identificare quali molecole del virus sono in grado di indurre nel corpo umano una risposta immunitaria particolarmente efficace nel curare la malattia. Questa molecola particolare, chiamata antigene, viene clonata, eventualmente migliorata e poi prodotta per via ricombinante. Per questo si parla di vaccini ricombinati. I vaccini ottenuti con la tecnica del DNA ricombinante hanno il vantaggio di contenere soltanto la o le molecole di interesse, con la favorevole conseguenza di eliminare molti effetti collaterali dovuti a sostanze che non avevano niente a che fare con l’antigene immunizzante. Questa tecnologia produttiva ha inoltre permesso di avere quantità praticamente infinite di antigene, in modo da poter effettuare una vaccinazione di massa in molti paesi. Poi vi è il tema della ricerca di vaccini per agenti patogeni contro i quali oggi non ci si può ancora vaccinare. Pensiamo all’HIV, al virus dell’Ebola o (...)
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al virus causa della MERS (Middle East Respiratory Syndrome, una grave sindrome respiratoria da coronavirus). C’è il plasmodio della malaria che provoca ancora milioni di morti nel mondo. Nuovi vaccini o il miglioramento di quelli esistenti, come, per esempio, il vaccino anti-influenzale, sono fondamentali non solo per proteggere le nuove generazioni, ma anche per difendersi nella prevenzione delle infezioni opportunistiche nei soggetti a rischio. E meno infezioni significa dover, per esempio, ricorrere meno agli antibiotici, alla lunga inefficaci se usati in maniera eccessiva per via dell’insorgere di ceppi resistenti. L’impressione è che ci sia molto lavoro da fare nei laboratori di ricerca ma anche sul fronte di una corretta informazione... Quello che deve essere chiaro è che le vaccinazioni hanno rivoluzionato la medicina moderna e che diminuendo le vaccinazioni si rischia di fare un passo indietro nel controllo e nell’eventuale eliminazione di molte malattie infettive. In effetti, alcuni patogeni umani sono stati completamente debellati, come nel caso del
virus del vaiolo. Tuttavia, debellare completamente un patogeno può risultare difficile o impossibile nel caso di virus e batteri che hanno riserve nel mondo animale. Altra cosa che bisogna tenere presente è che alcuni vaccini non danno una copertura totale illimitata nel tempo, hanno bisogno di essere ripetuti. È il caso del tetano che necessità di richiami ogni dieci anni in caso di gravi ferite. Poi mancano campagne adeguate per la vaccinazione in età adulta contro l’Epatite B così che molte persone non hanno copertura dato che questo vaccino un tempo non era obbligatorio. Una carenza importante in un’epoca di viaggi e di turismo sessuale in cui è più facile contrarre il virus e poi diffonderlo tra la popolazione. Insomma bisogna fare maggiore informazione tra la popolazione – e anche tra i medici – sui benefici legati ai vaccini e sui rischi che si corrono non vaccinandosi. note 1 corriere.it/salute/pediatria/15_aprile_13/non-vaccini-tuo-figliol-australia-taglia-tutti-sussidi-sanitari-26766810-e1c8-11e4b4cd-295084952869.shtml
Letture Pancia a posto di Eugenio Klueser
Tutto ha avuto inizio nel 2012, quando Giulia Enders, giovane microbiologa tedesca ha tenuto in Germania un ciclo di conferenze intitolate “Il fascino dell’intestino”. Inaspettatamente, le conferenze sono state un grande successo tanto da diventare in poco tempo “virali” su YouTube. A conquistare il pubblico la capacità della Enders di rendere coinvolgenti le sue relazioni anche quando tratta di microflora batterica e di succhi gastrici. Un capacità rimasta intatta nel momento in cui dalle parole pronunciate si è passati a quelle scritte con L’intestino felice, libro che ha venduto un milione di copie. Le ragioni del successo? Prima di tutto non è il classico vademecum con consigli medicosalutistici-New Age su come stare meglio. È, invece, un buon esempio di testo medico divulgativo in cui l’autore, molto competente nella materia che tratta, si pone al servizio del lettore con un linguaggio rigoroso e spiritoso in egual misura. Da buona frequentatrice di blog e social, infatti, la Enders sa
quando ricorrere ad aneddoti personali e curiosità – quale è la posizione migliore per evacuare senza irritare l’intestino? Perché le flatulenze sono fastidiose ma utili? – in modo da trasformare le sue spiegazioni in una sorta di viaggio alla scoperta del nostro corpo. Le pagine più interessanti del libro sono proprio quelle dedicate al legame tra intestino e stati emotivi. Spesso, infatti, si pensa che sia solo il cervello a influenzare positivamente o negativamente il nostro umore quando viceversa è proprio l’intestino, quando è in “difficoltà”, a inviare alla testa impulsi e sensazioni di malessere. In situazioni di stress, per esempio, immediatamente si altera la flora batterica, l’intestino va in crisi e questo mette in difficoltà tutto il nostro organismo. Un organo allora da accudire, anche semplicemente evitando gli eccessi di pulizia e sterilizzazione dei nostri tempi: l’intestino ha bisogno di batteri in grado di alimentare la sua flora o contro cui combattere per rimanere in allenamento.
L’intestino felice di Giulia Enders Sonzogno, 2015
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Fitness sì, ma compulsivo Tra le nuove dipendenze, quelle legate al corpo e alla sua cura (maniacale) colpiscono un numero crescente di donne e uomini. Nuovi paradigmi estetici che superano i classici canoni di bellezza e sensualità di Mariella Dal Farra
La dipendenza “patologica” (poiché ne esiste anche una
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Oltre il limite Le cose cambiano quando l’attività fisica inizia a occupare sana) non è qualificata dalla tipologia dell’oggetto, quanto dalla dinamica sottesa, nel momento in cui di quell’ogget- più tempo di quanto ci potremmo permettere, interferendo to, qualunque esso sia, non si possa più fare a meno. Tenere con la vita sociale e lavorativa... “[...] Ho cominciato ad andare presente questa distinzione risulta particolarmente utile in palestra due volte al giorno: facevo spinning prima del lavoro; quando il comportamento che genera dipendenza non è pilates o yoga, dopo. Anche lezioni consecutive. Contemporanesottoposto a stigma sociale, il che lo renderebbe facilmente amente, ho preso ad allenarmi per la mezza maratona e per lo sprint triathlon – continuando a spinriconoscibile come nocivo (per gere, spingere, spingere. Mi affaticavo esempio, il gioco d’azzardo o la in maniera esagerata, ma combattevo tossicomania), bensì incentivato la stanchezza bevendo litri di caffè e premiato. Ciò accade classicae tagliando le altre attività, come mente nel caso delle dipendenze uscire. Gli amici avevano iniziato a comportamentali legate al lavoro chiamarmi l’eremita”1. e all’esercizio fisico. Questa testimonianza, resa da una Magri? Non basta… ex compulsiva dello “sport a tutti Aprite un motore di ricerca quali costi”, descrive bene l’escalation siasi e digitate fitspiration, neoloche caratterizza l’instaurarsi della gismo grosso modo traducibile dipendenza: come nella tossicomacome “ispirazione ad allenarsi”: nia, mano a mano che l’organismo centinaia di immagini di corpi si abitua, per ottenere l’effetto initonici e magri, accompagnati da ziale sono necessarie dosi sempre slogan che dovrebbero rafforzapiù elevate di attività fisica. Nei re la motivazione a fare sport, casi più gravi, la “dipendenza da si dispiegherà sullo schermo fafitness” può addirittura prevaricacendovi sentire flaccidi, pigri e re l’istinto di auto-conservazione: tendenzialmente sovrappeso, a ”Non mi permettevo di saltare neppuimmagine tratta dal social Twitter prescindere dalla vostra effettiva re un giorno, neppure quando avevo forma fisica. Questo genere di foto-slogan, divenuto ra- degli strappi muscolari, o quando ero così indolenzito che facevo pidamente “virale” in rete, testimonia il mutamento del fatica a salire le scale – neppure quella volta che una costola mi modello estetico che definisce come attraente un corpo andò fuori posto durante un allenamento”2. femminile: le donne non devono più essere “soltanto” magre ma anche fisicamente forti, meglio se atletiche e Allenarsi per superare le crisi muscolose. I costi di una dipendenza di questo tipo non si limitano al Il nuovo paradigma pare contrapporsi in maniera simme- logoramento fisico: viene intaccata la sfera economica (la trica all’estetica emaciata, potenzialmente anoressica, della frequentazione di palestre specializzate può essere piuttosto fotomodella-tipo: il corpo performante, allenato, diventa impegnativa), oltre a quella sociale e relazionale. Qual è, metafora di assertività, impegno, salute... valori positivi dunque, la “ricompensa” capace di motivare un “investiche non a caso associamo allo sport. D’altra parte, è noto mento” così oneroso? La risposta è complessa, così come il come praticare anche solo mezz’ora di attività fisica al comportamento che intende spiegare: c’è la componente di giorno aiuti a prevenire patologie quali il diabete, l’iperten- gratificazione, intra e interpersonale (“Adoravo la sensazione sione e le dislipidemie, oltre a esercitare consistenti effetti di spingermi al limite delle mie possibilità, ed ero elettrizzata dai benefici sul piano psicologico. Fra questi, il più rilevante è risultati. […] Le persone si complimentavano continuamente con probabilmente rappresentato dal miglioramento del senso me, dicendomi quanto fossi in forma”3). Un riscontro di questo di confidenza personale, conseguente all’intensificarsi tipo ci trova particolarmente sensibili se attraversiamo un della sinergia mente-corpo. momento critico (“Stavo divorziando; la palestra era il mio solo
sfogo emotivo, e l’unica cosa sulla quale sentivo di poter esercitare un minimo di controllo. Così ho iniziato ad allenarmi sempre più duramente”4). E poi c’è la componente fisiologica, poiché l’attività fisica, “in particolare quella aerobica, stimola il rilascio di neuro-mediatori a effetto ansiolitico e antidepressivo come le endorfine, la norepinefrina, la dopamina e la serotonina […]”5. Il corpo ignorato Un altro fattore di rischio per lo sviluppo di una dipendenza da fitness6 è la difficoltà a prestare attenzione ai segnali provenienti dal corpo. È stato infatti dimostrato7 come le persone meno capaci d’interpretare correttamente le “indicazioni” trasmesse da dentro – fame, sazietà, caldo, freddo, dolore, piacere, fatica ecc. – siano più facilmente condizionabili da stimoli di tipo visivo, come se sopperissero alla mancanza di informazioni “interocettive” attraverso il rispecchiamento. Ciò le renderebbe proporzionalmente più vulnerabili all’influenza esercitata dai media, come, per esempio, nel caso delle sopracitate immagini di fitispiration. In quest’ottica, l’allenamento potrebbe costituire una strategia inconscia volta ad amplificare le sensazioni fisiche inviate dal corpo (indolenzimento o male ai muscoli, tensione, rilassamento ecc). Sottoposto a stress, il nostro organismo risponde e “si fa sentire” riconducendoci, anche se un po’ drasticamente, a noi stessi. Se l’individuo non dispone di strategie alternative, aumentare gli esercizi può diventare il solo modo per mantenere quel feedback interno necessario a restare in equilibrio. Coerentemente, gli “interventi”
più indicati per contrastare, o meglio ancora prevenire, la dipendenza da fitness (e non solo) sono quelli volti a migliorare la capacità di “ascolto” interiore. Diversi approcci, fra i quali la mindfulness e alcune forme di meditazione, si sono dimostrati utili nell’aiutare le persone a riscoprire la ricchezza sensoriale nella quale siamo continuamente immersi, il più delle volte senza accorgercene. Come quando, guardando un prato, si diventa per un istante consapevoli dei milioni di singoli fili d’erba di cui è formato… per saperne di più Purtroppo non ancora tradotto in italiano, The Truth About Exercise Addiction: Understanding the Dark Side of Thinspiration (Rowman & Littlefield Publishers, 2015), di Katherine Schreiber e Heather A. Hausenblas, costituisce un’ottima introduzione alla comprensione della “dipendenza da fitness”. note 1 Ginny Graves, “How to Know If You’re Addicted to Exercise”, SELF, 16/09/2014 2 Ibidem 3 Ibidem 4 Ibidem 5 Ibidem 6 La “dipendenza da esercizio fisico” non è al momento riconosciuta come entità nosologica a se stante, sebbene venga menzionata nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) fra le dipendenze comportamentali nell’ambito dei “Disturbi correlati a sostanze e disturbi da addiction”. 7 Carrie Arnold, “Inside Wrong Body”, in Scientifica American Mind, maggio/giugno 2012, vol. 23, n. 2, pp. 36-41.
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Estremità a rischio
I piedi, con le loro 28 ossa e una complessa struttura muscolare, rappresentano una parte importante del nostro corpo che spesso trascuriamo di Keri Gonzato
L’importanza dei piedi è riconosciuta sia dalla medicina occidentale sia da quella orientale: la loro salute è fondamentale. Anche se spesso ce ne dimentichiamo, forse perché così lontani dalla testa e quindi dai pensieri, sono da considerare come una parte fondamentale del nostro complesso organismo. Ne abbiamo parlato con Stefano Isolini, responsabile della formazione in Podologia presso la scuola medico-tecnica di Lugano e con Irene Stasi Guggiari, docente di conoscen-
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ze professionali in podologia presso la stessa. Meglio prevenire Iniziamo dalla prevenzione… Premettendo che in molti casi si parla di problematiche patologiche, indipendenti dal livello di cura individuale, in linea generale si può affermare che una buona cura permette di prevenire molti fastidi. “A lungo andare, le cattive abitudini possono creare delle situazioni patologiche e viceversa”, spiega Irene Stasi Guggiari. Molto spesso, li costringiamo in scarpe scomode e non adeguate, utilizziamo calze in materiali sintetici che causano un aumento della sudorazione e delle forze di frizione, creando così possibili irritazioni. “Essendo sottoposti a molte pressioni e sfregamenti è altresì importante che vengano curati con l’igiene corretta, utilizzando saponi delicati, creme idratanti, calzini di materiali naturali e calzature adeguate”. A proposito di scarpe, scopro che quelle ideali hanno tra i 3 e i 4 cm di tacco, sono realizzate in materiali traspiranti e hanno stringhe che evitano al piede lo stress del dover sostenere la scarpa, cosa che invece accade con infradito, ballerine e décolleté. “Chiaramente non vuol dire che non ci si possa mai concedere una serata con il tacco alto o un pomeriggio con le ballerine”, ci tiene ad aggiungere la docente, “ma è necessario moderare questo tipo di calzature poco consone alla salute del piede”. Se le scarpe piatte come le ballerine, a lungo andare a causa dell’impatto con il suolo duro, possono creare problemi, lo stesso vale per i tacchi troppo alti, che sbilanciano la postura, o le calzature da donna, in particolare, e da uomo eccessivamente strette e rigide che costringono invece il piede in modo innaturale. Un approccio approfondito Benché questa figura venga ancora confusa con quella del pédicure, il podologo ha un ruolo importante e specifico nella
cura della causa di molti disturbi legati ai piedi e non solo dei sintomi: “Il podologo è una figura professionale ancora poco conosciuta poiché relativamente recente”, ci spiega Stefano Isolini, “attraverso il nostro percorso professionale insistiamo sull’importanza e sulla validità della podologia come apporto terapeutico nel rispondere a svariate patologie legate ai piedi”. “La confusione fra podologo e pédicure ”, continua Isolini, “non permette di evidenziare le caratteristiche scientifiche della professione ma solo l’attinenza con il settore socio-sanitario da sempre ambito privilegiato del mondo femminile quando, in realtà, si tratta di una professione interessante sia per gli uomini sia per le donne”. Come spiega Irene Stasi Guggiari “il podologo quando riceve il paziente, analizza la sua situazione per andare a ricercare la causa di un determinato problema. L’obiettivo non è quello di risolvere un fastidio o dolore temporaneamente ma di trovare una terapia che elimini, o riduca, la sintomatologia il più a lungo possibile”. Il podologo, per fare questo, sfrutta ausili su misura come le ortesi in silicone, per evitare la formazione di ipercheratosi (callo) tra le dita o le solette podologiche, per offrire un appoggio corretto al piede. Un semplice caso di ipercheratosi, dovuto allo sfregamento continuo di una o più parti del piede, così come di unghia incarnita che di solito colpisce l’alluce, se non curate correttamente, possono peggiorare e portare a situazioni davvero sgradevoli e dolorose. Un’altra problematica diffusa è quella dell’alluce valgo, spesso associata al piede piatto e diffusa maggiormente tra le donne. “Il primo consiglio da fornire a chi soffre di questa patologia è ricorrere a calzature adeguate”, dice Irene Stasi Guggiari, “occorre evitare il più possibile che la calzatura aumenti la compressione o lo sfregamento sull’articolazione interessata. La dimensione deve essere congrua al piede, con tomaia morbida e meglio se stringata”.
Sinergie positive Il ruolo dei piedi nell’offrire una mobilità ottimale a una persona è tale che sono sempre più numerose le squadre di calcio, a livello italiano, per esempio, che hanno inserito il podologo nello staff medico-terapeutico. “Per gli atleti infatti, che sottopongono a sforzi particolari queste articolazioni, tenerne d’occhio la salute è fondamentale”, conferma la docente, “con la giusta prevenzione e gli accorgimenti corretti si può evitare l’insorgere di vere e proprie patologie e i fastidi che
ne conseguono”. Stefano Isolini, che opera come fisioterapista, aggiunge che, spesso, la sinergia tra le cure del fisioterapista e le terapie del podologo dà frutto a soluzioni positive ed efficaci a lungo termine. “Il nostro obiettivo è quello di offrire una soluzione duratura al paziente e non di vederlo tornare in studio a scadenza regolare”, spiega. “Abbiamo constatato come, unendo il lavoro del fisioterapista, ai provvedimenti del podologo, che possono essere delle ortesi specifiche, spesso riusciamo in questo intento”.
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L’ultimo relitto
La visione e l’interpretazione del corpo nell’arte contemporanea è assai complessa, spesso interlocutoria e provocatoria. Un segno della confusione che attanaglia la nostra epoca? di Alessandro Tabacchi
Perduti nella voluttà di nomadismo e nel mare magnum
terrore di scoprire che, celata sotto lo studio dell’apparenza esteriore, si spalanchi la bocca del Nulla. Ecco il corpo disgustoso, con tanto di feci, sperma e sangue ricostruiti a suon di ketchup e cioccolata, oli indicibili e altri orribili intrugli, del californiano Paul McCarthy, gran moralista sotto mentite spoglie, inquisitore della società di massa con tentazioni da serial killer giocoso e coprofago. Ecco il corpo raggelato in un iperrealismo solo apparente, reso ostile e terribile dall’alterazione delle proporzioni, delle sculture dell’australiano trapiantato a Londra Ron Mueck. Ecco il corpo martoriato, violentato, dileggiato in un gioco crudele, dei teatrini e film di bambole della berlinese di origini svedesi Nathalie Djurberg, perenne Aggrappati al corpo monito contro la violenza latente in una Scomparsi tutti i paletti contenitivi ofsocietà dominata da logiche di dominio ferti dall’appartenenza a quella che fino economico e culturale. agli anni settanta veniva chiamata avanEcco il corpo raccontato nella sua soguardia, senza il conforto dell’etichetta lenne dignità e nella sua essenza pura, di un movimento cui affiliarsi, senza senza retorica, ma con un tocco di l’opera di imbottigliamento offerta da nostalgico senso dell’esistenza, nelle una critica militante molto attenta a fotografie maestose dell’olandese Rineke coltivare il proprio orticello lucroso – e Dijkstra. sperduti nell’esaltante e terrorizzante Ecco il corpo presentato con voluttà prospettiva di una globalizzazione del sincera, autoerotica e straniante, non gusto unita a una banalizzazione esteL’Afrodite (o Venere) di Milo, 130 a.C., Museo del Louvre, Parigi (particolare) disgiunta da un forte sentimento dolotica entropicamente pervasiva –, agli roso, di Tracey Emin. artisti è rimasto ben poco cui afferrarsi per resistere allo tsunami prodotto dalla morte di quel fare Ecco il corpo deliziosamente rococò, con accenni di gotico arte per l’arte erede del romanticismo, che in ultima analisi americano, delle opere di John Currin, sorta di Watteau era stato codificato dalla penna di Théophile Gautier negli acuto e crudele del mondo sperduto di un occidente che anni delle rivoluzioni borghesi a metà ottocento. E che, va avanti per forza d’inerzia. sebbene tirato per la giacchetta da ogni parte, aveva retto Ecco il corpo femminile oggi come ieri celato dalle vesti per centoventi anni, col suo carico di estetismo, progressi- della tradizione e del tradizionalismo culturale asfissiante nelle videoinstallazioni dell’iraniana (trapiantata nell’omosmo, ma anche elitarismo idealista. Oggi, che pressoché nulla è rimasto di quella grande sta- logante libertà della Grande Mela) Shirin Neshat. gione dell’animo, a che cosa aggrapparsi? Alla realtà, alla Ecco ancora il corpo ridotto a caricatura manga e delirio materia che meglio conosciamo. E cosa più del corpo uma- anime nelle creazioni di Takashi Murakami, coloratissimo no, di questa carne vivente che assieme ci forma e che noi Yeronimus Bosch nipponico, padre dell’arte ultraflat, sorta contribuiamo eternamente a rinnovare vivendo, può assol- di sancta sanctorum di un mondo trash per otaku cresciuti. vere questo compito? Il corpo umano è veramente l’unico Ecco, infine, il corpo trasformato in gigantesco totem di relitto estetico cui possano aggrapparsi gli artisti d’oggi, animalesca presenza nelle sculture del canadese David Zattera della Medusa di spiriti sballottati da un mare ostile. Altmejd. E si potrebbe continuare molto a lungo. Artisti diversissimi e lontani, uniti da un’inquietudine invincibile, da un senso di termine, di sfinimento, di conradiaCarne per tutti Ecco allora il corpo esplorato con voluttà spietata negli no viaggio alla fine del fiume, che valica ogni confine e autoritratti fotografici della newyorkese Cindy Sherman, s’incarna nelle loro creazioni. Nella forma di un corpo. in cui emerge prepotente e non catartico l’horror vacui, il Che questo corpo sia anche il nostro? di ricercata incoerenza che dominano l’arte degli ultimi due-tre decenni, pare impossibile trovare punti unificatori degli innumerevoli percorsi di ricerca seguiti dagli artisti d’oggi. Eppure si possono ancora rintracciare dei cammini comuni, o quanto meno un’atmosfera generale che, lontana da essere ricondotta a un qualsiasi movimento o “-ismo”, può aiutare a cingere sotto un medesimo tetto tante sensibilità differenti. In tal senso mi pare che il dato dominante dell’arte d’oggi sia la prepotente, esibita, talvolta inconscia, talvolta schizofrenica, riscoperta del ruolo del corpo umano.
Arti 12
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S
ono nato su un’isola greca, Coo (oggi la chiamate Kos), di fronte alle coste dell’Asia Minore attorno al 460 a.C. Mio padre, Eraclide, era un medico famoso e riverito. Lui stesso sosteneva di essere un discendente di Asclepio, il dio della medicina, e la nostra era una famiglia ricca e aristocratica. Fin da bambino sapevo che avrei dovuto seguire le orme di mio padre e ben presto fui introdotto al santuario di Asclepio dove all’epoca si apprendevano i rudimenti dell’arte medica. Quindi cominciai a seguire il mio genitore nei suoi lunghi viaggi, soprattutto ad Atene, dove poteva confrontarsi con altri medici e aggiornarsi su cure e malattie. Qui conobbi il filosofo Democrito e rimasi colpito dalla razionalità delle sue analisi. Compresi allora che esistono soltanto due cose: scienza e opinione. La prima genera conoscenza, la seconda ignoranza. Per questo scelsi la scienza e la conoscenza. Iniziai un lungo viaggio attraverso tutta la Grecia, la Macedonia e poi la Libia e l’Egitto per apprendere più nozioni e saperi possibili. In particolare, in Egitto vidi cose straordinarie eseguite da chirurghi e medici, ma mi colpi negativamente come anche i dottori più esperti legassero le malattie a punizioni divine e malefici. Da qui litanie, invocazioni e amuleti, cose che per me erano da ciarlatani e guaritori. Io ritengo che la malattia non abbia nulla a che fare con le punizioni divine, ma sia piuttosto legata allo stile di vita della persona malata, agli eccessi, a quello che mangia, al luogo in cui vive. Per me la malattia è uno squilibrio interno al corpo dovuto all’azione di cause naturali, da indagare osservando il paziente, i suoi sintomi. Per curare bisogna, quindi, ristabilire l’equilibrio interno al corpo regolando lo stile di vita, praticando esercizi fisici e curando la pulizia e l’igiene. Soprattutto, è importante seguire una dieta corretta perché bisogna lasciare che il cibo sia la nostra medicina e la nostra medicina sia il cibo. E ve lo dico io che così facendo ho campato una novantina di anni! Insomma, sono stato io a sostenere l’importanza della diagnosi e della prognosi della malattia e che il medico deve considerare la medicina una scienza e il suo lavoro
una professione slegata dalla religione, ma anche dalla speculazione filosofica. Mai visto, infatti, un paziente guarire a forza di teorie e riflessioni. Poiché la medicina è scienza, sono stato tra i primi a interessarmi di anatomia e a dedicarmi a quella pratica terribile, ma utilissima, che è la dissezione dei cadaveri. Ah, dimenticavo: ho inventato la cartella clinica e il famoso giuramento che i medici ripetono quando iniziano la professione, anche se poi, troppe volte, se lo dimenticano due minuti dopo. Forte di queste mie idee mi sono recato ad Atene nel 429 a.C. per dare una mano a debellare la peste che infuriava nella città e aveva ucciso migliaia di persone, tra cui il grande Pericle. Feci il possibile contro un morbo terribile ben sapendo che la guarigione è legata al tempo e a volte anche alle circostanze. In quell’occasione il mio intervento fu comunque tanto lodato che cominciai a diventare famoso e a essere richiesto come medico un po’ ovunque. Solo in Persia rifiutai di recarmi, perché i persiani erano avversari di noi greci e non volevo tradire la patria aiutando il nemico. Con il passare degli anni decisi di muovermi meno e fondai una scuola di medicina a Kos. Qui istruivo i giovani al mio metodo clinico e al mio concetto di medicina come scienza e questo attirava l’astio dei sacerdoti del santuario di Asclepio. Loro consideravano la medicina una disciplina sacra, da non divulgare perché riservata a pochi iniziati. Una cosa, questa, che non digerivo, così una volta che scoppiò un incendio nel santuario mi introdussi di nascosto e mi impadronii degli antichi scritti medici lì conservati, per studiarli e divulgarli. I sacerdoti mi accusarono di aver oltraggiato la divinità, ma molti miei concittadini presero le mie difese affermando che era stato il dio Asclepio in persona ad assumere le mie sembianze e a prendere gli scritti! Lo so, non fui onestissimo in quell’occasione, ma la vita è breve, l’arte è lunga, l’occasione è fugace, l’esperienza fallace, il giudizio difficile. E anche l’inventore della medicina moderna ha dovuto arrangiarsi!
IPPoCrAtE DI KoS
Vitae 14
Si considera il padre della medicina moderna e non sopporta ciarlatani e guaritori. Per lui compito del medico è descrivere il passato, comprendere il presente, prevedere il futuro
testo di Roberto Roveda immaginte di Peter Paul Rubens. Ippocrate, incisione
W ild horses a cura di Fabio Martini; fotografie ©Flavia Leuenberger
“Sai cos’è un criollo?” “Sissignore. Un cavallo argentino” “E sai chi era Sam James?” “Se si riferisce a un cavallo, sí” “E Crawford Sykes?” “È un altro cavallo dello zio Billy Anson. È tutta la vita che lo sento nominare”.1
sopra: Rovel & Coquette. Scuderia Happy Hours, Stabio; in apertura: Tita, Agriturismo e scuderia biologica “La Finca”, Cresciano
C
Scuderia Happy Hours, Stabio
Rikita. Associazione Tarpan, Scuderia San Lucio, Bogno
i frequentiamo da millenni. Un’atavica amicizia, consolidatasi probabilmente nelle sterminate pianure dell’Asia, territori immensi che da tempi immemori percorrevamo a piedi a prezzo di spaventosi sacrifici. L’incontro con il cavallo e la sua addomesticazione, accorciarono le distanze, rendendo possibili non solo i lunghi trasferimenti ma anche la gestione delle greggi e degli animali da allevamento, cavalli inclusi. Un incontro che diede un nuovo ed energico impulso al percorso evolutivo della nostra razza, che nell’elegante e poderoso animale riconobbe uno strumento eccezionale per ampliare le capacità di conquista produttiva e militare. In un certo senso, con il cavallo iniziava la storia, almeno così come solitamente la intendiamo. Poi furono soprattutto guerre e merci e una costante e progressiva evoluzione del suo uso, fino all’invenzione della sella e delle staffe e all’introduzione della ferratura, passaggi fondamentali che ne resero sempre più agevole l’impiego sia in battaglia sia nei trasporti. Ma il cavallo divenne presto, fin dall’epoca ellenistica, oggetto di interesse per gli artisti sedotti dalle sue nobili e armoniche forme: fece il suo ingresso nell’arte sorreggendo imperatori e condottieri, da Alessandro Magno a Napoleone, da Marco Aurelio a Garibaldi. Con l’ottocento, l’introduzione dell’artiglieria pesante da un lato e del motore dall’altro, la sua funzione andò via via declinando anche se ebbe come epico tramonto un ruolo da protagonista nella conquista del West e delle Americhe dove ha mantenuto, come del resto in molte aree dell’Asia, i compiti originari di mezzo di trasporto e di compagno di lavoro. Un compagno fedele, mansueto e forte al contempo, sempre pronto al sacrificio. Con la nascita degli sport equestri, a partire da Rinascimento fino a oggi, il rapporto fra uomo e cavallo ha assunto una dimensione ludica, non più volta al solo sfruttamento economico. Una sorta di riappacificazione, dopo una lunga, infinita attesa. Abbiamo accompagnato le belle fotografie di Flavia Leuenberger, realizzate in tre diverse scuderie e allevamenti del Ticino, con alcuni brevi estratti tratti da Cavalli selvaggi, il primo dei tre romanzi che compongono la “Trilogia della frontiera” (1992; trad. it. Einaudi, 1994) di Cormac McCarthy, uno splendido racconto di formazione che ha come protagonista un giovane e pensoso cowboy, John Grady, che proprio con i cavalli mostra di possedere una straordinaria empatia.
“Prima che il puledro potesse alzarsi, John Grady gli si sedette sul collo, gli torse la testa e se la strinse al petto tenendolo per il muso e sentendo sulla faccia e sul collo il fiato caldo e dolce dell’animale dilagare dai tenebrosi abissi delle froge come notizie da un altro mondo. Quegli animali non sapevano di cavallo. Sapevano di quel che erano. Sapevano di bestie selvatiche. Mentre gli serrava il muso contro il petto, il ragazzo sentì pulsare contro le proprie cosce il sangue dell’animale e percepì l’odore della sua
Simba & Sonja, Scuderia Happy Hours, Stabio
paura. Allora gli mise una mano sugli occhi e l’accarezzò, e continuando ad accarezzarlo per fargli passare il terrore gli spiegò in tono pacato e fermo tutto quello che intendeva dire”.2 “Quando riportò la giumenta nella stalla il vecchio stava stringendo il sottopancia del morello arabo. La ragazza aveva le spalle rivolte all’ingresso ma nel momento in cui l’ombra della giumenta oscurò il portone si voltò a guardare. Buenas tardes, disse lui. Buenas tardes, rispose lei. Poi si chinò e passò le dita sotto la cinghia per controllare se era tesa. Lui rimase sul portone. Lei s’alzò, passò le redini sulla testa del cavallo, mise il piede nella staffa, montò in sella, voltò la bestia, percorse tutta la stalla e uscì all’esterno. Quella sera John Grady sdraiato nella branda udì una musica lontana provenire dalla casa, e scivolando nel sonno vide solo cavalli, aperta campagna e ancora cavalli. Cavalli bradi della mesa che non avevano mai visto un uomo a piedi, che non sapevano nulla di lui e della sua vita e che tuttavia l’avrebbero portato impresso per sempre nell’anima”.3 “Fecero una corsa a cavallo tra loro scommettendo cinquanta centesimi e John Grady vinse, e quando si scambiarono gli animali vinse anche col cavallo di Rawlins. Li lanciarono al galoppo
e al trotto finché i cavalli, accaldati e sudati, s’impuntarono in mezzo alla strada. Intanto i campesinos a piedi, carichi di cesti d’ortaggi e di panieri di formaggio, si accalcavano ai margini del viottolo o si arrampicavano sul ciglio fra i cespugli e i cactus e guardavano a bocca aperta la corsa dei due giovani, e i cavalli che schiumavano e mordevano il freno e i cavalieri che urlavano in lingua sconosciuta e sfrecciavano con una furia silenziosa che sembrava incontenibile nello spazio a loro disposizione ma che lasciava ogni cosa inalterata: la polvere, il bagliore del sole, l’uccellino che cantava”.4 note 1 Brano tratto da Cavalli selvaggi, “Trilogia della frontiera” di Cormac McCarthy, Einaudi, 1994, pag. 115. 2 Op, cit, pag. 103. 3 Op, cit, pag. 117. 4 Op, cit, pag. 119. Flavia Leuenberger Classe 1985, ha frequentato il Centro scolastico per le industrie artistiche (CSIA) ottenendo nel 2004 il diploma di grafica. Dopo alcuni anni di esperienza anche in ambito fotografico svolge ora entrambe le attività come professionista indipendente. flavia-leuenberger.ch Si ringrazia Elisabetta Garobbio, Segretariato Federazione Ticinese Sport Equestri per la gentile collaborazione.
L’attesa di Daniele Fontana
Racconto 44
I palazzi sono lunghe file di balconi a ringhiera. Inanellati
lungo una linea anni cinquanta. Danno il senso di un’arena massiccia. Strutturata per sedimenti maniacalmente orizzontali. Precisa ai limiti della claustrofobia. Le piante verdi ammassate negli angusti spazi piastrellati sembrano più prigioniere che decorative. La luce del sole rimbalza di facciata in facciata, tracciando timidi disegni d’ombra che evidenziano ancora di più le macchie lasciate dal tempo e dall’umidità. Non appare credibile che al di là di questo recinto ci sia il mare. Eppure il telo d’azzurro tirato in cielo, sfiancato dalla troppa luce e da una calura che già nelle prime ore del mattino annichilisce ogni resistenza, è un’annunciazione. Stremato, splapito, striato di qualche raro cirro e delle tracce immote di aeroplani ormai svaniti. Di là da questa cinta erniaria di vecchio ferro e di cemento ancora più antico c’è
davvero il mare. Ed è un poco come la nostra vita, in certi momenti. Quel senso di oppressione, di ingabbiamento che le circostanze, a volte, e noi stessi, quasi sempre, ci costruiamo attorno. Non importa se siamo nulla di nulla di nulla nella vastità incommensurabile di un universo tanto ampio da non avere più ordini di grandezza. Noi siamo il qui, l’ora, l’adesso. Per quello viviamo, in quello ci rinchiudiamo. E il mare vicino, giusto dietro la murata di case, di vite, di vuoti e di ringhiere, manco lo sentiamo. Alziamo appena gli occhi a quel cielo slavato, piegato da una luce che ci schiaccia, e sogniamo le pennellate di de Staël. Eppure la felicità sta qui, rannicchiata in questo finto giardino che confina con il vuoto creato di là dal muro di cinta, coperto dai detriti della demolizione che ha sventrato quella che, a giudicare dalle scritte sui muri perimetrali rimasti in piedi, doveva
essere un’officina. Forse nautica. “Le strade sono intasate. Il mare è libero. Acquistate un motoscafo Riva”. In faccia a quel muro bianco e alla sua scritta azzurra, come una moderna Antipolis alla deriva, la collina di travi, putrelle, bidoni, canaline, strappi di tettoia in fibra di vetro, materassi e ingombri di ogni foggia e natura. Un coro straziato e straziante che, immobile, canta le gesta di un tempo che fu. Tanto remoto da non avere più coniugazione. Nemmeno la fantasia più ardita, neppure la memoria più tenace saprebbero, da quell’ammasso di rottami, ricostruire i volumi che furono e le attività che vi si svolsero. Di nuovo solo la figurazione di una pittura ispirata saprebbe ritracciare un senso almeno simbolico. La scheggia rossa di un asse spezzato che spunta da un intreccio di linee contorte strappa il pensionato dal proprio assorto pensiero. Appoggiato a un malfermo tavolino di ferro e vetro che occupa una buona metà del ridottissimo balconcino in cui è seduto, aspetta che il sole compia il proprio abituale periplo attorno al palazzo prima di venire a sbranarlo con la calura ancora smisurata di questo settembre inoltrato. L’uomo coglie il segnale proprio nel momento in cui la vasta mano di luce si stende d’improvviso sul cortile coperto di ghiaia. Pronta a ghermire l’intera palazzina scalando, uno a uno, i tre piani che la compongono. Tra poco si alzerà, e, con la flemma che la vita prima che l’età gli ha messo addosso, abbasserà la tenda. Non è più’ tempo di battaglie inutili, votate alla disfatta. Non è una resa. Non è neppure una ritirata. È elementare saggezza. Incredibile quanto la semantica ci venga in soccorso lungo il nostro cammino. Le parole sono bastoni da passeggio. Mentre armeggia con fili antiquati come il suo rispetto per le cose più grandi di lui, il pensionato rivolge uno sguardo al nuovo cielo, fattosi ormai di un similgrigio appena trasparente, come certa carta da forno. Forse c’è un filo d’aria che spira da qualche parte. Forse. Là sopra quei tetti bassi spunta un ciuffo di rami di palma le cui punte paiono ondeggiare. Ma sono troppo lontane per le sue diottrie. Gli occhiali non ha voglia di andarli a
prendere per così poco. Gli oleandri lì sotto nel giardino e l’ortensia e il muro di edera sono immobili. L’ombra scende piano, al ritmo della spessa stoffa verde che si srotola seguendo il moto del filo. Da lontano giunge, attutito, il suono di una radio. È una canzone. Araba, parrebbe. Lo spostamento di qualche rara auto la sovrasta. Il resto lo fa la sordità incipiente. Ora il piccolo balcone è avvolto in un parallelepipedo d’ombra. Barriera artificiale ed efficace. Forse fuori spira un filo d’aria. Forse. Il bordo ondulato della tenda non si muove. Verde come il finto manto d’erba in plastica che copre le vecchie piastrelle del balconcino. L’anziano entra in camera. Con lentezza si sfila i pantaloni, si toglie la camicia diventata ormai di almeno una misura troppo grande. Come il suo letto da quando lei se ne è andata per sempre. C’è uno specchio appeso al muro. Riflette la sua immagine, ma non la guarda. Non la guarda quasi più ormai. Solo qualche rara volta, quando un timore più o meno fugace gli cinge con stretta forte il giro della vita. Come se la sua vita avesse altri giri da compiere. Vestito, nudo, solo. E quel filo d’aria fresca che proprio non riesce a fendere il muro di quella rovente. Che è ovunque, fuori e dentro. E che rende tutto immobile. Tutto inutile. Compresi vestiti e nudità. Con gesto pacato, smussato dall’abitudine, l’uomo prende il bicchiere vuoto sul comodino. Entra in bagno, lo posa sul lavandino. Il cilindro trasparente, penetrato dal candore della ceramica, gelido pure in quell’afa, chiama nella sua disperata verticalità il soccorso vitreo dello specchio. Un appello muto. Come muta è ogni vera disperazione. I ricordi, i pensieri sono imprigionati in quel bicchiere, diluiti nell’acqua che vi si è raccolta, svaporati insieme a quella che si è dissolta. Eppure ogni volta che lo riempie lo prende un’ostinata, stolida sensazione di piacere, di attesa tinta di speranza. Come se quell’acqua si facesse linfa di una nuova vita. L’uomo si corica. Avvolto da calore e silenzio. Sospeso. Immoto. Eterno. Il corpo abbandonato sul materasso indifferente. Chiude gli occhi e attende la sera che verrà.
Racconto 45
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CHIRURGIA ESTETICA
BISTURI ADDIO?
Q
uella che una volta era la “terza età” oggi è una stagione zeppa di impegni, slanci, passioni, progetti da realizzare... guai a non averne! Eppure tutte queste potenzialità, invece di essere appaganti, generano nuove forme di insicurezza, soprattutto nell’universo femminile. Viviamo infatti in un’epoca dove l’attempato è accettato se fa finta di essere giovane. “Giovane e performante”, è un assioma diventato regola e non solo per gli appartenenti all’esigente Olimpo dello show business. L’ossessione per il viso levigato e privo di rughette, per il corpo eternamente scattante e tonico, ha portato alla grande diffusione della chirurgia plastica, alla ubriacatura degli interventi estetici. Invasivi e impegnativi anche per il portafoglio. Certo che ben eseguito l’intervento può essere alquanto efficace, ma il rischio di esagerare, fino ad abusarne, è sempre in agguato, con risultati tutt’altro che sperati, ne’ adeguati. Che dire di ventenni con seni e glutei che assomigliano a blocchi di cemento armato, degli zigomi omologati su quelli di Maleficient-Angelina JolieDisney cartoon, per non parlare delle labbra prorompenti alla Jessica Rabbit o dei lifting che cancellano i connotati del viso? “Che sono sgradevoli, ma c’è pure di peggio nell’abuso di bisturi o altro”, conviene il dott. Carlo Introini, biologo, ricercatore all’avanguardia, esperto in cosmetologia e consulente della maison Shiseido.
E allora, gli chiediamo, cosa si può fare per limitare i danni dell’età senza ricorrere all’intervento medico? È davvero efficace quella che oggi viene chiamata cosmesi riparativa? “Non solo è efficace, ma è il vero trend del momento, sorretto da una ricerca mirata alla cura dell’aspetto priva di aggressione. Premesso che l’invecchiamento è inevitabile e comincia già a vent’anni, è necessario conoscerne i processi onde prevenirlo. Si divide in «intrinseco», influenzato dalla mente, dalla genetica e da ciò che mangiamo ed «estrinseco», dovuto a inquinamento e radiazioni a varia lunghezza d’onda. Essendo la pelle l’organo che interfaccia il nostro corpo con l’esterno, è soggetta a tutti i tipi di stress in entrambe le direzioni. E ha anche competenza immunitaria, grazie alle cellule di Langerhans che con l’età si riducono e la loro funzione si altera. Il primo presidio antiageing consiste nel
proteggersi dai raggi ultravioletti coprendosi con indumenti e applicando specifici prodotti in grado di assorbire le radiazioni tramite filtri. Secondo passo: preservare e restituire l’idratazione cutanea (soprattutto in estate è consigliato aumentare il consumo di frutta e verdura fresche, molto ricche di vitamine, sali minerali e acqua) e con l’applicazione di cosmetici in grado di prevenire la TWELL (trans epidermal water loss). Terzo passo: gestire l’infiammazione in quanto tale processo innesca una serie di meccanismi che se cronicizzati portano alle manifestazioni tipiche della pelle invecchiata”. In cosa consiste questa infiammazione non visibile, ce lo spiegherebbe in parole semplici? “Quando i raggi UV (o altro) colpiscono l’epidermide, vengono prodotte delle citochine pro-infiammatorie che vengono intercettate e disattivate dalle vigili cellule di Langerhans. Può succedere che alcune citochine sfuggano alla cattura e finiscano nel derma (strato più profondo della pelle) provocando una dilatazione a livello capillare. Tale dilatazione permette il passaggio di macrofagi, cellule incaricate della difesa da corpi estranei, che compiendo la loro funzione, portano nel contempo alla distruzione dei preziosi elementi là presenti, quali collagene, elastina, acido ialuronico... ed è così che si formano le rughe”. Quindi la cosmesi all’avanguardia combatte questa alterazione? “Certo, comunque la ricerca da parte delle grandi case di cosmetici, ripeto, è volta a ciò che non crea traumi. Spalmarsi una crema genera comfort e benessere, mentre
Queste iniezioni sono fastidiose o lasciano ponfi o altri segni? “Rispondo no a tutto questo, viceversa non avrebbero ottenuto l’interesse e il benestare del dottor Introini, notoriamente contrario a quanto è invasivo e traumatico”.
LA BELLEZZA CHE C’È IN TE... Seguendo l’iter suggerito dal dottor Introini, per l’irrinunciabile fascino del viso, cominciamo con illustrare il rivoluzionario prodotto Ultimune di Shiseido. Questa piacevole crema dal texture delicato è il primo immuneattivatore cosmetico su scala mondiale,
sintesi di oltre 20 anni di ricerca scientifica. Agisce attivando la funzionalità delle vigilanti cellule di Langerhans, da usarsi mattina e sera per rendere la pelle più ricettiva all’azione dei cosmetici applicati successivamente. Passiamo alla linea Benefiance che comprende siero, crema antirughe, crema mani, balsamo labbra. Previene e minimizza le rughe con l’azione sinergica di tre efficaci principi attivi (estratti di mukurossi, di clorella e di gambiri) e inibisce l’eparanasi, l’enzima responsabile della formazione dei segni dell’età favorendo l’idratazione e la produzione di collagene. L’ulteriore passo sulla via della bellezza si compie con la linea Bio-Performance che, contenendo il Bio Revitalising Complex, incrementa ulteriormente la produzione di collagene e di acido ialuronico. Il suo segreto sta nell’aumentare le fibre di oxytalan, presenti nel derma che servono a sostenere ogni singola sfaccettatura cutanea. Promette di attenuare le rughe e di rendere la cute più luminosa e compatta, preparandola al make up. E ogni promessa va mantenuta.
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un’iniezione crea sempre tensione. I passi comunque da compiere con i cosmetici adeguati sono tre in questo ordine: protezione + idratazione + stimolazione”. Ma non c’è nulla che si può salvare tra gli interventi medico estetici? “Sono convinto che il futuro di questa branca stia nella tecnica del PRP e in quella delle cellule staminali, ma quest’ultima è ancora in fase di sperimentazione.” A questo punto non ci resta che chiedere alla dott.ssa Simona Nichetti, esperta di medicina estetica e già nostra amica, delucidazioni in merito. “Si tratta di una innovativa metodica di medicina rigenerativa, basata sulle proprietà dei «fattori di crescita», chiamata Platelet Rich Plasma, abbreviata appunto in PRP. Tale procedimento favorisce la rivascolarizzazione dei tessuti, oltre alla sintesi di collagene. Si ottiene prelevando un piccola quantità di sangue dal soggetto che viene centrifugata dando origine ad una sostanza molto ricca di piastrine. Sostanza che viene iniettata nella zona da trattare, rigenerare e ringiovanire. Consigliabile per la pelle del viso, del collo, del décolleté, delle mani, come pure di braccia, addome e interno cosce”.
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Concorso. La foto del mese
Pubblichiamo la nona immagine selezionata tra quelle giunte in Redazione nell’ambito del concorso fotografico lanciato da “Ticinosette” ai lettori per il 2015. Il prossimo appuntamento è tra quattro settimane...
Il corpo di Ely Burgyan
Tutti possono partecipare al concorso fotografico anche se, per ovvie ragioni, sono esclusi categoricamente i professionisti della fotografia (ma non gli apprendisti fotografi e altre persone in formazione). Nel corso del 2015 i partecipanti potranno inviare una sola foto per ogni sezione, anche in tempi diversi. Abbiamo definito quattro tematiche sulle quali potete sbizzarrirvi: “la memoria”, “il sogno”, “il corpo”,
“l’acqua”. Ricordiamo che in ogni invio deve essere specificata la sezione a cui si intende concorrere, oltre al proprio nome e cognome, l’indirizzo e un recapito telefonico. Come già indicato, le immagini – che saranno accettate solo se inoltrate in alta risoluzione (300/320 ppi) in modo da consentirne la pubblicazione – dovranno essere inviate al seguente indirizzo di posta elettronica: phototicinosette@gmail.com.
Mensilmente pubblicheremo un’immagine selezionata tra quelle giunte nell’arco delle quattro settimane, e ritenuta la più interessante dal comitato di Redazione. Tra un mese verrà dunque pubblicata la decima immagine selezionata e alla fine del 2015 le migliori saranno raccolte in un reportage. Il vincitore finale, selezionato sempre dalla Redazione, riceverà un premio in contanti di ben 400 franchi.
La lezione dell’albero di Chiara Piccaluga
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na madre e un padre, molto saggi e creativi nell’educare i loro quattro figli, decisero di trovare un modo efficace e originale per trasmettere l’importanza di superare i pregiudizi causati dalla limitata conoscenza e per far comprendere loro l’importanza della perseveranza di fronte alle difficoltà della vita. I genitori invitarono così i quattro figli a compiere un viaggio, lo stesso viaggio ma uno alla volta e in quattro momenti diversi dell’anno, per osservare un albero. Il primo figlio partì in inverno, trovò l’albero, lo osservò a lungo e tornò a casa, il secondo andò in primavera e fece la stessa cosa, come pure il terzo che partì in estate e infine il quarto in autunno. Quando anche quest’ultimo rientrò, decisero di organizzare una piccola festa. Si riunirono davanti alla tavola imbandita in un’atmosfera amorevole e felice. La madre si rivolse alla famiglia dicendo: ”Ho cucinato questa deliziosa cenetta perché oggi è un giorno speciale che va ricordato come una festa, visto che discuteremo di qualcosa di importante e vitale per tutti noi. Abbiamo cucinato con amore per trasmettervi quanto vi vogliamo bene e quanto la famiglia cerca di darvi tutti gli strumenti migliori per affrontare la vita”. Sui visi dei ragazzi si poteva leggere la gratitudine ma anche l’attesa di qualcosa di molto speciale. Così prese la parola il padre e disse: “Voi siete il dono più bello che potevamo lasciare al mondo ed essendo qualcosa di prezioso vorremmo darvi il meglio, questo non vuol dire solo cose buone e facili perché le esperienze all’apparenza non buone e difficili
possono permettervi di apprendere qualcosa di importante per crescere ed evolvere. Cari figli, per questo vi chiedo di raccontarci cosa avete visto una volta raggiunto l’albero.” Il primo figlio parlò: “L’albero era brutto, quasi morente e piegato, proprio orrendo.” “No, non era affatto così”, ribatté il secondo figlio, “anzi era vivissimo, ricoperto di gemme e foglioline verdi”. Anche il terzo figlio era in disaccordo: “Era coperto di fiori, mai visti così colorati. Per me è l’albero più bello che abbia mai visto. E poi aveva un dolce profumo e tanti insetti ne traevano beneficio”. L’ultimo figlio non era d’accordo con tutti gli altri e disse: “L’albero era carico di frutta e anche gli uccelli traevano giovamento da tanta generosità”. “È questo ragazzi che andava visto, avete fatto un ottimo lavoro”, disse il padre. “Da quanto avete raccontato potete capire che non si può giudicare un albero o una persona, da un solo punto di vista perché l’essenza, il potenziale, il piacere e l’amore che vengono da quella vita non possono essere misurati solo considerando un periodo o un evento ma si può avere un’idea solo alla fine quando tutte le stagioni sono complete. Se rinunciate all’inverno perderete il riposo che permette di avere energia per la primavera, ricchezza per l’estate, e bellezza per l’autunno. Figli miei non permettete che il dolore di una stagione distrugga l’allegria di tutte le altre, non permettete che la limitata conoscenza vi porti a giudicare le cose in fretta. Le stagioni difficili esistono, ma perseverate perché tutte le stagioni, come ogni esperienza di vita, hanno una loro profonda importanza”.
Fiabe 49
La domanda della settimana
A vostro parere, le vaccinazioni rappresentano un rischio maggiore rispetto alla possibilità di contrarre infezioni pericolose da parte di soggetti non vaccinati?
Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 29 ottobre. I risultati appariranno sul numero 45 di Ticinosette.
Al quesito “Anche nel 2016 i premi dell’assicurazione malattia obbligatoria aumenteranno in modo significativo. Cambierete cassa per poter risparmiare?” avete risposto:
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Astri ariete Comprendete le regole del gioco e preparatevi a giocare. Tra il 26 e il 27 ottobre la Luna attraverserà il vostro segno. Possibili eventi inaspettati.
toro Sempre alla grande grazie ai numerosi transiti nel segno amico della Vergine. Affascinanti come non mai. Possibile concepimento tra il 27 e il 29.
gemelli Se dovete concludere una trattativa fatelo tra il 25 e il 26. Promozioni o riconoscimenti pubblici. Affrontate una cosa alla volta, senza fare confusione.
cancro Nuovi incontri, nuove opportunità di lavoro. Tra il 27 e il 29 la Luna vi sarà favorevole: opportunità per far partire alla grande un vostro progetto.
leone Colloqui di lavoro e attività originali. Grazie a Mercurio sarete brillanti e convincenti. Eventi inattesi tra il 25 e il 27 favoriti dal transito lunare.
vergine È importante fare chiarezza dentro se stessi e abbandonare atteggiamenti nocivi. Opportunità per i nati nella seconda decade tra il 27 e il 29 ottobre.
bilancia Non avete alcuna voglia di aderire al pensiero superficialmente dominante in contrasto con i vostri ideali di giustizia e bellezza. Irascibili tra il 25 e il 27.
scorpione Tempeste passionali tra il 27 e il 28 a causa dell’opposizione lunare. Favorite le attività culturali. Mercurio in Bilancia favorisce le attività nascoste.
sagittario Fate qualcosa di originale e vedrete che andrà tutto a gonfie vele. Evitate l’aggressività verbale. Dieta disintossicante. Riposo tra il 29 e il 31.
capricorno Grandi opportunità tra il 27 e il 29. Il cielo vi spalanca le sue porte. Incredibili opportunità in tutti i campi. Date libero corso alla vostra natura.
acquario Maggior interesse verso tutto ciò che è occulto e/o misterioso. Aumento dell’erotismo. Sbalzi umorali in famiglia tra il 27 e il 29.
pesci Volete sentirvi più realizzati sul piano creativo, anche a scapito della vita di coppia. Opportunità tra il 27 e il 28 ottobre. Curate il regime alimentare.
Gioca e vinci con Ticinosette
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La soluzione verrà pubblicata sul numero 45
Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate il numero 0901 59 15 80 (CHF 0.90) entro giovedì 29 ottobre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 27 ottobre a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!
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Verticali 1. Noto film del 2010 di P. Virzì con Stefania Sandrelli • 2. Giungere • 3. Mezzo vaso • 4. Il pagamento anticipato del giornale • 5. Devota • 6. Gli allettamenti... turistici • 7. Copricapi papali • 8. Spietato, inesorabile • 13. Società Anonima • 14. Poco fitto • 16. Un affluente del Po • 19. È simile alla foca • 27. Rimanere • 28. Poligono con sette vertici • 31. Le segnano le lancette • 32. La paura per il cabalista • 35. Inventò il fonografo • 37. Pari in maglio • 38. Procedura • 40. Volti • 42. Spagna e Italia • 44. Zio spagnolo • 46. La fine di Belfagor.
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Soluzioni n. 41
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Orizzontali 1. Lavora nella cucina del ristorante • 9. Sauditi • 10. Il Ticino sulle targhe • 11. Pubbliche Relazioni • 12. Essere sufficiente • 15. Cerimonia • 17. La città francese degli arazzi • 18. Il nome di Fossati • 20. Cantore epico • 21. Fu ucciso nel bagno • 22. In mezzo al coro • 23. Erbe aromatiche • 24. Le iniziali di Tasso • 25. Mezza cena • 26. Paladini • 27. Svezia e Belgio • 28. La fondò E. Mattei • 29. Note scolastiche • 30. Gonne • 33. Il nome di Pacino • 34. Lo cura l’ortopedico • 35. Epoche • 36. Diminutivo di Beatrice • 37. Ingorde • 39. Coni estivi • 41. Il nome di Gullotta • 43. Non barano • 45. Il nome di Banfi • 47. Tre a Losanna • 48. Cieca • 49. Il pronome che ci riguarda.
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La soluzione del Concorso apparso il 9 ottobre è: MARZIANO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stato sorteggiato: Sandro Donati 6693 Broglio Al vincitore facciamo i nostri complimenti!
Premio in palio: buono per le offerte del tempo libero di RailAway FFS RailAway FFS offre 1 buono del valore di CHF 100.– per le sue offerte del tempo libero. Un esempio è l’offerta “I tre Castelli di Bellinzona” che include il viaggio con i mezzi pubblici e il Cultura Pass con il 20% di sconto.
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