Ticino7

Page 1

№ 52

del 24 dicembre 2015 · con Teleradio dal 27 dic. al 2 gen. 2016

E N O BU ! E T S E F

Corriere del Ticino · laRegione · Tessiner Zeitung · chf 3.–


<wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2NDAwMAEAFTiStA8AAAA=</wm>

<wm>10CFXKIQ7DMBBE0ROtNTPeje0srMKigKrcpCrO_VHasIIvffD2PaPg7rEdr-2ZBN2tDgCeMaKoLdnrUqSkCIGxktUVvY8_bhLad-bPGGXEJK3KYsxoXs735wLN7KMOcQAAAA==</wm>

PER MOMENTI DAVVERO SPECIALI. Concedetevi momenti di assoluto piacere per il palato con le delizie Fine Food, provenienti da ogni angolo della Terra. Ad esempio lo Champagne Grand Gru Prestige Fine Food del viticoltore Jean-Etienne Bonnaire, realizzato esclusivamente con uve Chardonnay del comune Grand cru di Cramant. Il suolo calcareo del suo terroir conferisce a questo Blanc de Blancs una mineralità e una freschezza uniche, mentre il bouquet è dominato da agrumi e lievi sentori di ananas, accompagnati da delicati aromi floreali e di noce. www.coop.ch/finefood

RZ_1_NIH_FF_INSERAT_APERO_TICINO_SETTE_210X295_I.indd 1

10.12.15 10:16


Ticinosette allegato settimanale N° 52 del 24.12.2015

Impressum

RobeRto Roveda .................................

4

antonio tamboRini ............................................................

6

Agorà Professioni. Quale cinema in Ticino? Concorso fotografico

di

63’212 copie

Gaia GRimani ................

7

RobeRto FestoRazzi..................................

8

Letture Angoli di Chiasso ieri e oggi. Il tempo al confine Arti Storie. La Gioconda del Malcantone

Tiratura controllata

di

Vitae Piergiorgio Genucchi

di

di

di

RobeRto Roveda ........................................................

Chiusura redazionale Giovedì 17 dicembre

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

maRco JeitzineR; Foto di Reza KhatiR .......

35

FRancesca RiGotti ...................................

40

maRisa GoRza ...............................................

41

Svaghi ....................................................................................................................

42

Reportage L’invasione dei Babbi Natale Kronos Filosofia. Un giorno da Platone Tendenze Moda. Lunga è la notte

di

di

di

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor

10

Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

Pubblicità

Publicitas AG Daniel Siegenthaler Muertschenstrasse 39 Postfach 8010 Zürich tel. 044 250 36 65 tel. 079 635 72 22 daniel.siegenthaler@publicitas.com dati per la stampa a: riviste@publicitas.com publicitas.ch/riviste

Annunci locali

Publicitas Lugano tel. 091 910 35 65 fax 091 910 35 49 lugano@publicitas.ch Publicitas Bellinzona tel. 091 821 42 00 fax 091 821 42 01 bellinzona@publicitas.ch Publicitas Chiasso tel. 091 695 11 00 fax 091 695 11 04 chiasso@publicitas.ch Publicitas Locarno tel. 091 759 67 00 fax 091 759 67 06 locarno@publicitas.ch

In copertina

Aspettando Gesù Bambino... Fotografia ©Reza Khatir

I sogni son desideri Ci sono piccoli eventi che apparentemente non hanno grande significato, ma che restano incisi nella memoria come la ruggine sulle ringhiere in ferro di una casa abbandonata. Ruggine che a volte muta colore con il passare delle stagioni... ma un giorno qualcuno scatta una fotografia, e allora ruggine e ringhiera, colte nell’istante, diventano immortali. Qualche tempo fa, camminavo per le stradine di un centro storico osservando le vetrine che conosco, una per una come fossimo vecchi amici, amici per i quali non hai segreti, né loro per te. Davanti a un commercio “bric a brac” e oggetti di seconda mano c’erano un uomo e un bambino, che avrà avuto 7-8 anni. Il padre stava discutendo con il proprietario del negozio. “Ma non è giusto!” ho sentito che quest’ultimo diceva. A quel punto ho rallentato il passo e mi sono fermato ad ascoltare, fingendo di guardare la vetrina... “Questo gioco non funziona bene. Mio figlio aveva risparmiato a lungo per poterselo comprare”, sosteneva il padre. “Oh! Non mi interessa, le cose di seconda mano sono senza garanzia”, replicava deciso il negoziante. “Papi, dillo che non lo voglio più...”, erano invece le parole che il bimbo ripeteva a suo padre. Il negoziante, impassibile, era un tipo assai

robusto e piuttosto rozzo: “Per favore, ci può almeno rimborsare una parte dei soldi e tenersi il resto?”, chiedeva il padre con una voce un po’ dimessa. “No, non è la nostra politica e non facciamo eccezioni...” ribatteva però il negoziante. “Vedi non avrei dovuto lasciarti andare da solo a comprare il gioco...” disse allora il padre (discolpandosi) al figlio, che a questo punto aveva gli occhi bagnati di lacrime. Il bimbo guardava il padre, un dio caduto che cercava comunque di avere la situazione sotto controllo. Ma che certo non riusciva a impressionare il venditore. L’uomo era stato umiliato, e le lacrime del figlio cominciavano a cadere sulle sue guance arrossite dal freddo. Il padre si guardava in giro per non posare lo sguardo sul figlio, poi si sono allontanati mestamente. Io non ho resistito, da lontano li ho seguiti per un po’, il sacchetto di plastica con dentro il gioco sembrava pesare ora centinaia di chilogrammi. E anch’io ne avvertivo il peso. Il bimbo con l’altra mano si aggrappava alla mano del padre e la stringeva camminando. Non c’era dialogo tra loro; bastava il silenzio. E io, cambiando strada, cercavo di recuperare i miei pensieri. Buona lettura e Buone Feste, Reza Khatir e la Redazione


Quale cinema in Ticino? Professioni. Qualche anno fa uno slogan dell’Ente Turistico Ticinese recitava “Ticino, terra d’artisti”. Un modo semplice e immediato per riassumere la ricca tradizione culturale del cantone, attestata anche da un marcato interesse per le arti audiovisive e il cinema. Ma quali sono le reali prospettive di sviluppo del settore? E come promuovere le produzioni ticinesi al di fuori dei nostri confini? di Roberto Roveda

I

Agorà 4

l Ticino è terra d’artisti, come recitava uno slogan pubblicitario dell’Ente turistico ticinese, ma è anche terra di cinema, anzi terra in cui si vuole fare cinema. Lo dimostra, prima di tutto, l’attenzione “istituzionale” per il mondo della “celluloide”. Dal 2014, infatti, esiste la Ticino Film Commission (TFC; ilmcommission.ch), una fondazione ancora in fase di rodaggio ma che punta a promuovere il nostro territorio quale location, attirando in Ticino produzioni internazionali e nazionali. Allo stesso tempo la TFC vuole sostenere l’industria audiovisiva locale, contribuendo a creare nuove opportunità di lavoro per chi opera nel settore. Questa realtà si va poi a sommare alle diverse associazioni legate alla cinematografia e, in generale, agli audiovisivi attive da anni nel nostro cantone. Per esempio, il Gruppo registi e sceneggiatori della Svizzera italiana (GRSI) che si è formato per occuparsi dei problemi particolari che incontrano i cineasti svizzeri di lingua italiana. Oppure la AFAT, l’Associazione Film e Audiovisivi Ticino (afat.ch), che riunisce i produttori e registi-produttori ticinesi. Inoltre la RSI e alcune case di produzione nostrane partecipano attivamente a produzioni internazionali che raccolgono premi anche nei maggior festival cinematografici. Un esempio su tutti è la partecipazione dell’AMKA films productions di Savosa alla produzione del film Le meraviglie scritto e diretto da Alice Rohrwacher, pellicola che ha fatto vincere alla regista il Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes. Sul piano della formazione, che rappresenta poi il punto di partenza per ogni giovane che desidera intraprendere una carriera nell’ambito delle arti audiovisive, è indispensabile ricordare la presenza del CISA (Conservatorio internazionale di scienze audiovisive), oggi condotto da Domenico Lucchini. Insomma, un panorama articolato e tutto sommato piuttosto confortante se si considera le dimensioni del cantone e la sua popolazione. Fare i cineasti alle nostre latitudini La cosa però importante, al di là di istituzioni, associazioni, enti di formazione e premi, è che in Ticino e nella Svizzera italiana, miracolosamente e meritoriamente, sopravvive una popolazione di cineasti che produce e realizza con regolarità film di diverso genere. Miracolosamente, perché fare cinema costa molto ed è veramente difficile avere visi-

bilità e, di conseguenza, un ritorno economico contando su un bacino d’utenza limitato come quello ticinese o anche svizzero-italiano. Meritoriamente perché il cinema nostrano continua a tenere viva l’identità linguistica e culturale del Ticino e di tutta la Svizzera italiana. Ma da dove nasce questa sorprendente presenza di cineasti e professionisti del cinema nel nostro territorio? Quali sono le ragioni di questa dinamica virtuosa? Lo chiediamo a Michael Beltrami, cineasta e futuro produttore della trasmissione della RSI “Storie”: Per chi guarda da fuori è certamente sorprendente il fatto che nel nostro cantone vi sia un gran numero di registi e professionisti del cinema, considerando la ristrettezza del territorio. Sarà la presenza del Festival di Locarno, di una televisione come la RSI che ha consentito a diverse generazioni di cineasti di formarsi e lavorare; di alcuni pionieri di un vero artigianato cinematografico che hanno saputo tramandare la loro esperienza; di una scuola di cinema come il CISA di Lugano che esiste da più di vent’anni. Fatto sta che vi sono alcune case di produzione indipendenti che da decenni producono e co-producono film. Concretamente, però, cosa significa fare il cineasta in una realtà “piccola” come la nostra? Nonostante ci siano opportunità concrete e un sistema di sostegno alla produzione indipendente che in altri posti è solo un lontano miraggio, non è comunque facile sopravvivere facendo esclusivamente cinema anche nella Svizzera Italiana. Un regista indipendente residente nel nostro territorio, nella migliore delle ipotesi, riesce a realizzare un progetto, finzione o documentario che sia, ogni tre-quattro anni e questo non permette di vivere bene da un punto di vista economico. L’altra scelta è quella di andare altrove e provare la propria avventura cinematografica dove esiste una vera industria, ma i casi di svizzero italiani che sono riusciti a realizzare quest’aspirazione sono davvero pochi. Chi rimane deve trovare un modo per garantirsi una certa continuità nel lavoro. Quali allora le strade da perseguire, anche per il futuro? Bisogna sapersi creare degli spazi, delle opportunità, sia attraverso il lavoro per la televisione e per il cinema, ma anche considerando le nuove opportunità date, per esempio, dal web. Occorre, più che in passato, una certa versatilità. Attraverso la rete di opportunità che si sono create anche con la nascita della Ticino Film Com-


mission che esiste per promuovere il nostro territorio e renderlo attrattivo alle produzioni straniere, un cineasta capace di fare più cose – per esempio l’aiuto regista o l’organizzatore, il montatore, il “videomaker” – può trovare delle opportunità alternative di lavoro. Opportunità che gli possono consentire di superare i momenti in cui magari il film che sta preparando come regista è ancora in una fase che richiede tempo per il finanziamento. Fondamentale è anche, come detto, saper abbattere i confini ideologici che dividono spesso l’idea di un cinema indipendente dalla televisione. Alle nostre latitudini, e non solo, la televisione rappresenta ancora il maggior partner a sostegno di una continuità nella professione, in tanti ambiti diversi. La cosa importante, secondo me, è mantenere sempre un discorso di qualità lontano dalle troppo facili omologazioni di prodotti magari funzionanti per una sola stagione. Bisogna invece tenere alto il livello professionale, attingendo sempre alla propria creatività che dovrebbe essere il motore che ci spinge a realizzare dei film, dei programmi, e a raccontare le storie che ci appassionano. Giustamente lei ha introdotto il tema del rapporto del cinema nostrano con la televisione della Svizzera italiana. Cosa significa per un cineasta collaborare con la TV? Va fatta una distinzione: un conto è collaborare con la televisione sottoponendo un progetto indipendente e produrlo attraverso il “Pacte de l’audiovisuel” (l’accordo che la televisione ha con le maggiori istituzioni cinematografiche svizzere per garantire la promozione del cinema e assicurarne la continuità) e concepire il proprio film con i tempi e le condizioni produttive del mondo indipendente, e un conto è realizzare un progetto internamente al sistema televisivo. Nella comunità dei cineasti indipendenti esiste da sempre un dibattito acceso rispetto a questa seconda possibilità. C’è chi fa ancora una distinzione molto netta tra l’esercitare la propria professione lavorando per il cinema o per la televisione. Sussistono da parte di alcuni professionisti dei radicati pregiudizi verso la televisione. Fare cinema è solitamente l’ambizione massima per chi vuole essere autore, ma a mio avviso, avendo lavorato in entrambi i settori, posso dire che anche nel cinema, appena il budget è di una certa portata e il numero dei produttori si moltiplica, aumentano di pari passo i compromessi e l’aspetto autorale viene spesso messo in secondo piano. Forse l’aspetto economico incide meno dalle nostre parti, ma il processo per arrivare a esprimersi in modo autorale anche da noi, sia nel cinema di finzione, sia in quello documentario, non è sempre così scontato. In particolare, cosa preoccupa i cineasti quando realizzano i loro film per la televisione? I cineasti, quando si apprestano a collaborare con la televisione, temono di perdere quello che è l’aspetto prettamente creativo della professione. Paura giustificata pensando a un certo tipo di televisione, ma un po’ meno comprensibile parlando della RSI. Per nostra fortuna la RSI con il suo mandato di servizio pubblico – oggi al centro di un altro grande dibattito – ha permesso e permette a un buon numero di cineasti svizzero italiani di collaborare con alcune testate televisive che fanno della creatività una delle loro prerogative. Fermo restando che bisogna tenere conto che le “leggi” della televisione sono diverse da quelle del cinema. In ogni caso, senza questo scambio tra cinema e TV, la maggior parte dei cineasti si troverebbe senza lavoro, la televisione orfana di uno scambio che esiste praticamente da sempre e il pubblico privato

di un’ulteriore proposta di qualità, soprattutto nell’ambito della documentaristica che resta la forma espressiva più facilmente accessibile per chi da noi vuole fare “cinema”. Detto questo, oltre ai cineasti che si muovono su più fronti e che periodicamente collaborano con la RSI, ce ne sono tanti altri che hanno abbandonato l’idea di “fare cinema” e si sono trasformati in professionisti della televisione, senza però necessariamente abdicare al loro ruolo autorale. E forse anche grazie a questo fenomeno si è consolidata proprio la “scuola documentaristica” che dura da più di cinquant’anni e gli archivi della RSI sono oggi ricchi di film che serviranno alle generazioni future per comprendere meglio la nostra storia. Senza questa enorme quantità di documentari e di contributi filmati prodotti nel tempo la Svizzera italiana avrebbe una memoria storica decisamente molto più povera. Esiste un cinema ticinese per la TV? Esiste nella misura in cui anche le produzioni esclusivamente indipendenti sono per la maggior parte co-prodotte dalla televisione attraverso il “Pacte de l’audiovisuel”. Non è un segreto che SSR-Radiotelevisione Svizzera, e nella nostra regione la RSI, sostengano attivamente le produzioni indipendenti. Il cinema ticinese e svizzero italiano è quindi inevitabilmente presente nel palinsesto televisivo con le sue proposte e la sua vitalità, per esempio, nel programma di produzioni svizzere “Cine Tell”1. Vitalità che si può però valutare solo nel tempo, visto che il numero di produzioni di film per il cinema di registi ticinesi che vengono realizzati annualmente è comunque ridotto. Nonostante questo si stanno trovando altre strade, come le serie web, di cui ci sono esempi di notevole qualità, come Notte noir con la regia di Fabio Pelegrinelli2 o il recentissimo e particolarissimo Arthur di Nick Rusconi3. Insomma, il cinema ticinese è presente anche in questo modo. Quali opportunità e quali limiti impone questa collaborazione tra cinema e TV? La televisione è più rapida. Sostanzialmente c’è meno tempo a disposizione, ma non necessariamente meno cura per arrivare ad esprimere un risultato; e solitamente si lavora per un programma, si devono seguire delle linee editoriali. L’opportunità è quella di poter disporre di un canale di distribuzione che arriva alla gente, al pubblico, mentre l’anello debole della catena del cinema svizzero italiano rimane la distribuzione. I film svizzero italiani stanno poco nei cinema e raramente escono dai nostri confini. Negli anni ci sono state decine di pellicole realizzate per il cinema ma che sono rimaste poco nelle sale, e nonostante esempi imprenditoriali assolutamente degni di nota, come quelli del regista-produttore Alberto Meroni con i suoi due La Palmira-Ul film e La Palmira – complotto nel Mendrisiotto (attualmente al cinema), i nostri film non trovano una vera distribuzione nazionale e internazionale. Per garantire la sopravvivenza di un cinema svizzero italiano bisognerà in futuro lavorare moltissimo su questo versante. Quindi, a parte le possibili partecipazioni ai festival cinematografici, la televisione resta, per un cineasta attivo nella regione, tra i più importanti punti d’arrivo per presentare a un pubblico relativamente vasto il frutto del proprio lavoro. note 1 rsi.ch/la2/programmi/cultura/cine-tell 2 t-rec.ch/notte-noir 3 rsi.ch/web/serie/cultura/arthur

Agorà 5


Concorso. La foto del mese Pubblichiamo l’undicesima e ultima immagine selezionata tra quelle giunte in Redazione nell’ambito del concorso fotografico lanciato quest’anno ai lettori.

L’acqua di Antonio Tamborini

Su “Ticinosette” n. 2 dell’8 gennaio 2016 pubblicheremo i migliori scatti pervenuti nel corso del 2015. E naturalmente verrà premiata la fotografia che il comitato di Redazione riterrà più interessante.

Al vincitore un premio in contanti di 400.– franchi!


Letture. Il tempo al confine di Gaia Grimani

Un libro pubblicato è sempre un’emozione, tanto più quando ci riporta immagini di un tempo che fu e di un luogo che amiamo. È questo il caso di un’opera singolare tratta dalla collezione di cartoline di Chiasso e dintorni di Mario Verga, messe a confronto con gli scatti sapienti della fotografa Lydia Stadler Centonze, che ritrae gli stessi luoghi oggi. Abito da 37 anni vicino a Chiasso, ma la cittadina che ci viene incontro in questo libro non ha relazione con la mia esperienza, troppo recente per condividere le immagini delle cartoline, troppo cieca per saper cogliere le prospettive inedite e affascinanti della Chiasso odierna suggerite da un’artista come Lydia. Le due passioni, quella del collezionista Mario Verga e quella della fotografa s’intrecciano in una storia che va dalla fine dell’ottocento a oggi; a partire dalla cartolina del 1898 che illustra il transito sul corso San Gottardo (allora via Principale) del tram dolce verde della Società Tram Elettrici Mendrisiensi. Oppure dalla cartolina del 1906,

che raffigura il confine italo-svizzero agli inizi del novecento, dove si nota la piattaforma girevole utilizzata per invertire la direzione di marcia dei treni a vapore, fino al Palazzo ovale ritratto da Lydia Stadler in una prospettiva inedita e irriconoscibile. Una serie di didascalie accompagnano le immagini del passato e le foto di oggi, raccontando storie di vita vissuta, testimoni della società e del costume locale e ci fanno particolarmente apprezzare ciò che ci lega alle nostre radici e alla nostra terra. Correlata al libro è stata allestita una mostra (che si chiude proprio oggi, 24 dicembre) in corso San Gottardo 46, presso la galleria “arteincorso” dove si sono potute ammirare molte delle cartoline originali della collezione di Verga e le fotografie di Lydia. Edito da Progetto Stampa SA di Chiasso con il sostegno del Municipio della cittadina di confine e della Banca Raiffeisen, il volume può essere acquistato chiamando lo 091 682 05 83. Il ricavato della vendita va in beneficenza ad associazioni ed enti della città di Chiasso.

Angoli di Chiasso ieri e oggi di Mario Verga e Lydia Stadler Centonze Progetto Stampa SA, 2015

Per conservare i tuoi momenti felici per sempre Scopri il variegato assortimento del FOTOLIBRO CEWE: · 9 diversi formati · da 26 a 154 pagine <wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2sDQ3MwcAlr7mPg8AAAA=</wm>

<wm>10CFWLKw4CQRAFT9ST93r6Q9OSrNusIPgxBM39FQsOUUmJqn1vH_hx247Hdm-CZjIvlZHt5UMzEG2s4ZrIpsIU9CvP8BT1v0dUkQDWtxGqwBYhNmXW4lRGlI338_UB-pgignsAAAA=</wm>

Buono di

· carta lucida o opaca

fr. 10.–* su tutti i fotolibri Codice del buono

7942

* Offerta valida fino all’1.2.2016 su tutti i fotolibri a partire da un importo minimo di ordinazione di fr. 40.–. Utilizzabile solo una volta per indirizzo e-mail e non cumulabile. www.migros.ch/photo

PHOTO SERVICE


La Gioconda del Malcantone Il furto del ritratto della Monna Lisa avvenuto al Museo del Louvre nel 1911 ha per decenni alimentato la fantasia popolare e le voci sulla possibile esistenza di una copia del noto quadro di Leonardo. Ma che c’è di vero?

di Roberto Festorazzi

C’erano una volta due amici che abitavano in due paesi

confinanti, l’uno in territorio italiano, l’altro in Svizzera. Due paesi distanti non più di quindici minuti a piedi. L’italiano era di Trezzino, comune di Dumenza, un tempo provincia di Como, oggi di Varese. L’elvetico risiedeva ad Astano, nel Malcantone. Si dà il caso che il dumentino fosse Vincenzo Peruggia, classe 1881, il famoso ladro della Gioconda, il quale la mattina di lunedì 21 agosto 1911 staccò da una parete del Louvre il dipinto leonardesco, per tenerlo con sé per oltre due anni. L’amico era invece Marco de Marchi, in arte “Richin”, un artigiano decoratore nato nel 1884 che qualcuno ad Astano ancora ricorda come un personaggio alquanto estroso. Arti 8

Paesi d’artisti e di migranti Dumenza e la vicina Astano sono terra di creativi geniali che con le loro opere hanno allietato il mondo. Del nucleo dumentino di Runo fu infatti originario Bernardino Luini, uno dei più talentuosi allievi di Leonardo da Vinci, mentre Astano diede i natali al celebre architetto e urbanista Domenico Trezzini, il quale nel 1703 ricevette dallo zar Pietro il Grande l’incarico di edificare la nuova, sontuosa capitale russa, lungo le rive della Neva: Pietroburgo. La storia che stiamo per raccontare non si comprenderebbe senza questa premessa. Memore di tali insigni tradizioni, Dumenza ospitò una scuola di disegno i cui corsi furono frequentati, appunto, dai due amici, Vincenzo e Marco alias “Richin”. I loro destini si separarono dopo che de Marchi ebbe perfezionato la sua mano di artista seguendo l’accademia di Brera, a Milano. Mentre infatti “Richin” emigrò a Buenos Aires, dove insieme al fratello Quinto si dedicò alla decorazione di importanti edifici, Peruggia si stabilì a Parigi. Esasperato dal disprezzo verso gli italiani, che i francesi manifestavano gratificando anche lui dell’appellativo di “macaroni”, un giorno l’emigrante dumentino, che per motivi professionali aveva accesso al Louvre, pensò bene di attuare la propria vendetta. Ritenendo, erroneamente, che la Gioconda fosse il frutto delle rapine napoleoniche in Italia, progettò il “ratto”: un gesto, un po’ in stile futurista, che la stampa dell’epoca ebbe a definire “delitto estetico”. Si dileguò, nascondendo sotto il suo camice da lavoro la tavola di legno sulla quale il maestro di Vinci aveva dipinto il ritratto della Monna Lisa, celebre per il suo sorriso enigmatico, appena accennato.

Il ritratto di un ritratto Da lì iniziarono le peripezie di Peruggia, che per 28 mesi tenne nascosta l’opera sotto il tavolo da pranzo del suo appartamento, al numero 5 di Rue de l’Hôpital Saint-Louis. In un groviglio inestricabile di motivazioni patriottiche, e di propositi venali, Vincenzo passò di avventura in avventura, finendo per cadere nella trappola tesagli dalla polizia italiana, con la complicità dell’antiquario fiorentino Alfredo Geri. Si era allora nel dicembre del 1913. Per l’artigiano di Trezzino si aprirono le porte del carcere. Così, il quadro poté essere riconsegnato alla Francia. Ciò che si ignorava era il capitolo nascosto di questa storia. Mentre avvertiva attorno a sé i presagi dell’inevitabile conclusione del sequestro, Peruggia, subendo il fascino sentimentale del capolavoro, chiese al suo amico “Richin” – che nel frattempo era tornato dall’Argentina e si era trasferito come l’amico a Parigi – di realizzargli una copia: il ritratto di un ritratto. De Marchi, recandosi nell’abitazione parigina di Peruggia, cominciò così a lavorare alla riproduzione a matita seppiata, quindi senza l’aggiunta dei colori a olio. Ma il risultato fu ugualmente stupefacente. Ne uscì un disegno di alto valore artistico che deve la sua unicità al fatto di essere la più rilevante testimonianza storica legata alla sfida, audace e titanica, condotta da Peruggia: e cioè un ritratto realizzato dal vivo, con l’autentica Monna Lisa di fronte, nel biennio intercorso tra il trafugamento dell’opera e la sua restituzione incolume. Tale retroscena è emerso soltanto dopo un secolo, grazie a un pronipote di “Richin”, Marco Morandi, che vive ad Astano. Questi ha infatti riesumato dallo scantinato di casa l’opera, che era stata praticamente occultata. Per quale ragione? Perché, dopo che su Peruggia piovvero le conseguenze giudiziarie del “rapimento”, anche de Marchi temette di finirne travolto. Così non consegnò mai la “copia” all’amico. Le prove del fatto che il ritratto della Gioconda sia stato realizzato in quelle straordinarie circostanze, sono emerse dopo che, davanti a un notaio di Lugano, l’opera è stata liberata della sua cornice e del suo fondo in cartone. Vari documenti, soprattutto testi autografi di “Richin”, attestano, senza ombra di dubbio, che la copia venne compiuta, a Parigi, dall’artista astanese, tra il 1911 e il 1913: cioè nel periodo stesso della detenzione del capolavoro vinciano da parte dell’emigrato italiano. In particolare, de Marchi, in un messaggio manoscritto ritrovato sul retro del


Arti 9

Foto segnaletica di Vincenzo Peruggia, il “ladro della Gioconda” (da wikimedia.org)

quadro, si rivolge direttamente a Peruggia garantendogli la conservazione del ritratto così come è stato rinvenuto: “Caro fratello Vi. [Vincenzo] Lisina non sarà rittoccata [sic]”. Altri scritti di “Richin” documentano, con preziosi dettagli psicologici, la forte emozione provata dall’artista astanese durante la sua esperienza di “copista” all’opera davanti all’originale vinciano. “Il pezzo mancante” Marco Morandi, bancario in pensione, si è dedicato con passione a comporre le tessere del mosaico. Mi racconta: “Questa storia si ricollega alla vox populi e a tante memorie rimbalzate, nel corso dei decenni, tra Dumenza e Astano. So, per esempio, che un pastore di Trezzino, tale Walter Materossi, lasciava sovente scappare le sue capre verso Astano. Con il pretesto di andare a riprenderle, trascorreva tutta la giornata nelle osterie narrando sempre la stessa storia. Ossia, che una persona di Astano aveva copiato a Parigi un quadro famoso che era stato rubato”. Sull’esistenza di una copia della Gioconda, fatta realizzare da Peruggia, o dai suoi complici, sono fiorite leggende. Vi è stato chi ha sostenuto addirittura che l’opera originale venne occultata dal trafugatore, in una valle varesina,

e che la Monna Lisa ricuperata alla fine del 1913 non fosse quella autentica. Ma, ora, all’emergere del disegno firmato “Richin” si comprende come anche quelle favole, tramandate nei paesi lungo il confine tra Svizzera e Italia nelle serate trascorse davanti al camino, avessero un fondamento di verità. Alla vicenda eccezionale della Monna Lisa del Malcantone si è appassionato il regista americano Joe Medeiros, autore del documentario Il pezzo mancante, dedicato al trafugamento del dipinto leonardesco – trasmesso dalla RSI il 7 gennaio del 2014 –; appreso del ritrovamento della “copia” della Gioconda, Medeiros si è precipitato ad Astano a filmare il quadro e la casa ove è stato scovato. Che fine fecero i due complici e sodali? Peruggia riuscì a beffare una seconda volta gli odiati cugini d’Oltralpe, dopo aver scontato la sua pena detentiva, sconfinando nuovamente in Francia (da dove era stato espulso) con le generalità alterate. Morì, stroncato da infarto, l’8 ottobre 1925, giorno in cui compiva 44 anni. Quanto a “Richin”, nell’immediatezza dei fatti preferì cambiare aria tornando in Argentina, da dove rimpatriò definitivamente nel 1924. Morì nel 1957, tenendo sempre la bocca cucita sulla sua incredibile compartecipazione all’epica impresa.


S

ono nato nella zona di Castro, valle di Blenio, non so se il 6 o il 10 gennaio del 1934, anche se i documenti dicono il 6. I miei genitori avevano un commercio di generi alimentari con il Belgio e andavano sempre avanti e indietro. Erano dei pendolari del commercio. Per questo sono stato allevato da una mia parente nel paese e anche da mio nonno che mi ha fatto un po’ da padre. Ho frequentato le scuole obbligatorie e poi due anni di Scuola Reale e dopo le medie sono andato a lavorare per alcuni anni nell’industria alberghiera e della ristorazione. Insomma non ho seguito le orme di mio padre anche perché non mi piaceva come faceva il commerciante. L’ambiente alberghiero invece mi piaceva e ho lavorato anche nelle mense ad Albegno più di cinquant’anni fa, quando stavano facendo i lavori in quella zona. La mia grande passione però era la ferrovia, una passione che continua ancora oggi. Per me il treno è ancora il mezzo di trasporto migliore con cui muoversi, il più efficiente. Non saranno mica efficienti quelle carrette di autocorriere che vanno per i paesi e sono un grande pericolo per tutti! Oppure le auto, una vera mania, basta andare a Lugano per rendersene conto. Tant’è che parlano di rimettere il tram che va verso la valle del Cassarate. Comunque avevo uno zio ferroviere, Gino Iacobi, che per me è stato come un padre. Era capo del personale del treno e grazie a lui sono riuscito a entrare nelle Ferrovie svizzere dello stato. Io le chiamo così, non mi piace l’espressione “Ferrovie Federali”. Avevo circa trent’anni quando ho cominciato a lavorare, facevo l’operatore di stazione e ogni tanto aiutavo anche nella manovra. Anzi, mi piaceva molto di più la manovra. Intanto non mi ero sposato anche se mi attribuivano delle unioni sentimentali con una o con l’altra ma non era niente vero! Sul lavoro col tempo ho avuto dei problemi di salute: stavo molto in piedi e al freddo e dopo ventun anni di lavoro in ferrovia ho avuto una forte infiammazione al nervo sciatico. Non riuscivo più a lavorare. A questo punto sono dovuto andare in prepensionamento ma avevo solo cinquant’anni e quindi mi sono messo a fare lavoretti in paese anche perché

ero l’unico uomo disponibile. Gli altri lavoravano in giro. Dopo qualche anno le gambe sono un poco migliorate e la passione per la ferrovia mi era rimasta. Allora circa una ventina di anni fa mi sono offerto di fare l’operaio di tratta quando hanno deciso di ripristinare il traffico passeggeri turistico su un pezzo della ferrovia della bassa Mesolcina. Una ferrovia bellissima anche se poi l’hanno chiusa nuovamente. Mi occupavo anche della pulizia del materiale rotabile. Ho svolto questo lavoro per altri 13 anni che sommati ai 21 precedenti fanno ben 34 anni nel mondo dei treni. La ferrovia fa parte della mia persona, mi piace anche adesso andare a vedere i treni, sono stato fino a Zurigo per poterli guardare, e la mia casa è piena di cose che ricordano il mondo delle ferrovie. Sono un po’ un collezionista, mi piace trovare modellini dei treni e ogni tanto telefono anche alla Galleria Baumgartner di Mendrisio per dire di acquistare dei vecchi treni che altrimenti andrebbero in malora. Una della cose che mi piace fare è progettare nuove linee ferroviarie che sarebbe il caso di costruire veramente. Per esempio, la ferrovia Traversa-Castro, una linea “immaginaria” che per me è come se fosse sempre esistita. L’ho progettata in tutto, con le varie stazioni fino a Marolta. Nelle mie intenzioni sarebbe una ferrovia che dovrebbe correre accanto alla strada rinnovata, quindi senza interferire con la sede stradale e senza passaggi a livello. Un’altra mia grande passione sono le lingue. Le ho imparate lavorando e poi le ho approfondite con i testi grammaticali… francese, tedesco… e soprattutto il latino che per me è una vera lingua a differenza dell’italiano, che è un miscuglio. Ecco, si dovrebbe mettere il latino come lingua nazionale al posto dell’italiano. Insomma non mi annoio neppure adesso, mi do da fare anche se ho passato gli ottantuno anni, facendo un lavoretto oppure un altro. Dovrei magari mettermi a dipingere il muro del corridoio e che sta proprio male ma non ci sono ancora riuscito. C’è sempre qualcosa da fare!

PIERGIORGIO GENUCCHI

Vitae 10

Ha lavorato nel settore alberghiero, conosce le lingue e ama il latino. Ma la sua grande passione sono i treni, che si diverte a osservare, collezionare, progettando nuove linee ferroviarie

testimonianza raccolta da Roberto Roveda fotografia ©Flavia Leuenberger


L’invasione dei Babbi Natale

di ???; fotografie ©???

di Marco Jeitziner; fotografie ©Reza Khatir


“S

tasera vedrai, qualcosa accadrà, qualcosa di magico succederà. Babbo Natale è qua, Babbo Natale è là! Il Natale arriva in città!”, canta Cristina d’Avena, la beniamina di tanti cartoni animati. Succede infatti che lui non sia più confinato sulla sua slitta trainata dalle sue renne, ma sia ovunque e dove meno te lo aspetti. E così lo incontri per strada, in città, seduto in piazza, in terrazza, in sella alla sua Harley, a teatro e chissà quante altre sorprese può riservare ai bambini. È il “Babbo Natale 2.0”, quello dell’era digitale, delle reti sociali, della parità dei sessi (a noi pare di aver intravisto anche “Mamma Natale”, ma forse ci siamo sbagliati...), quello che si sdoppia, si moltiplica, che manda in giro i suoi cloni mentre lui, quello vero, se ne sta furbescamente al calduccio, nel suo rifugio segreto davanti al camino acceso. Forse è collegato tramite satel-

lite coi suoi moltissimi sosia e aiutanti, per tenere tutto sotto controllo e assicurarsi che il suo marketing funzioni sempre al meglio, che il suo “brand” sia inconfondibile, e che i doni arrivino a destinazione. Siamo sicuri che ci stia riuscendo perfettamente, anche stavolta. Non ce n’è solo uno Sicché si percorreva in un sabato di dicembre le vie del centro, alla ricerca di pochi ma intelligenti doni per amici e parenti, quando in una nota piazza c’imbattemmo in una rumorosa tavolata di Babbi Natale, tutti seduti in cerchio su sedie di plastica. Chi col cappuccio e chi senza, chi barbuto e chi sbarbato, chi dalla voce profonda e mascolina, e chi col tono più acuto. Oibò! Ma che succede? Sogniamo o siam desti? Pensavamo che ce ne fosse solo uno, uno per



tutti, anche se in vari paesi lo chiamano diversamente e dipende un po’ dal folclore. Da san Nicola a santa Claus, da Kerstman a Sinterklaas, fino al moderno discendente del dio Odino e di Wodan... Ma noi ci trovavamo a casa nostra, in Ticino, in Svizzera, mica in Islanda, dove il folclore prevede ben 13 barbuti di rosso vestiti, siccome la tradizione natalizia del dono, lassù, è legata a 13 folletti diversi e dai nomi impronunciabili come Stekkjastaur...

La fortuna di vederlo Nell’ottocento l’illustratore statunitense Thomas Nast ebbe un gran colpo di fortuna, dato che era riuscito a raffigurare Babbo Natale e quindi doveva per forza averlo visto da qualche parte. È grazie a Nast che l’immagine moderna di santa Claus è nata. Ah, questi americani, sempre una spanna in avanti! Come quel furbetto scrittore di New York che in quegli anni scrisse una bella poesia, “Una visita di


san Nicola”, e lo disegnò come un elfo rotondetto molto simile al nostro santa Claus. Anche lui doveva per forza averlo visto. Be’, noi ne abbiamo visti in città, o almeno così crediamo. Per esempio, c’era quello che se ne stava tra l’ombra e la luce verde di un negozio, seduto su una comoda sedia di metallo e ci fece l’occhiolino, come a invitarci a fotografarlo. Ci voltammo e poi ne comparve un altro, col braccio alzato e le dita in segno di vittoria, anzi, di pace. E poi un altro ancora e un altro ancora... Rintracciarlo col radar Non volevamo credere ai nostri occhi. C’era quello che indossava degli occhiali da sole (sicuramente non era abituato a una stagione così soleggiata) e un altro degli occhiali da vista (forse perché trovare il nostro piccolo centro città non era facile). Ma che stile, che gusto, pensammo, questo “Babbo Natale 2.0”! Globale e connesso al mondo, indifferente allo spazio e al tempo, sempre indaffarato, di fretta, tanto che molto spesso è in anticipo. Ah, non ci sono proprio più le stagioni di una volta, direbbe qualcuno. E chissà se arrivavano dal Polo Nord o dalla Lapponia? La questione è talmente importante, il mistero ancora così fitto, che l’aeronautica di alcuni paesi ha pensato bene di provare a rintracciare ogni anno la sua posizione tramite dei radar. Ma ci sono anche dei siti internet che tentano di monitorarne il percorso. Non ci credete? Verificate coi bambini nella rete. Anche se poi lui, probabilmente, è sempre troppo furbo per farsi sorprendere...


Un giorno da Platone Lo scorso novembre si è svolta la 14esima edizione della Giornata mondiale della filosofia. La più antica delle discipline rimane un essenziale strumento per riflettere, cercare di comprendere e risolvere i problemi. Ieri come oggi di Francesca Rigotti

Il 19 novembre è stata celebrata in tanti luoghi del pianeta

Kronos 40

la Giornata mondiale della Filosofia, promossa dall’Unesco a partire dal 2002. Essa si svolge il terzo giovedì del mese di novembre allo scopo di sottolineare l’importanza di tale disciplina soprattutto per i giovani, ed è giunta nel 2015 alla XIV edizione. Lo scorso novembre si sono svolte sia celebrazioni della giornata articolate e impegnative, per esempio a Dakar, Senegal e a Parigi, sia iniziative spontanee fiorite qua e là: eventi e interventi più o meno organizzati da persone di buona volontà, in varie località e in diversi edifici e postazioni (teatri, scuole, cafés-philo ecc.). Persino in una grotta (a Camerano, nelle Marche) dove si è potuto assaporare il brivido dell’esperienza della caverna platonica, uno dei miti doc della filosofia.

un contributo essenziale al benessere dell’umanità, illuminare le poste in gioco complesse e fare progredire la pace”. Impegnativo come compito, per una disciplina “povera e nuda” quale la filosofia, come la definiva Petrarca, non dedita “al vil guadagno”. Una filosofia comunque e sempre separata e emancipata dalla teologia, di cui non è né ancella né supplente; una filosofia che avanza con onestà intellettuale le sue argomentazioni e le sue motivazioni, fissando attraverso analogie e metafore, miti e allegorie, le tesi che cerca di difendere, tendendo separati gli ambiti di ragione e logica da quelli della fede, quelli del sapere da quelli del credere.

La metafora dell’acqua La filosofia insomma aiuta a pensare e di riflesso a orientarsi, a trovare un punto fermo sul quale fare sosta: punto di sosta, punto di partenza, Una giornata per tutti punto di vista. Nella tradizione fiIn Italia il patrocinio dell’Unesco losofica l’esempio più famoso della compete alla città di Savona, in Liricerca del punto di orientamento guria (portalefilosofico.com), ed è stato è il Discorso sul metodo di Descartes nella Sala Rossa di quel comune che (1637), nel quale si applica anche una mi sono trovata a tenere una lezione strategia economica: l’orientamento rivolta soprattutto ai giovani, che deve trovare la via più breve e più sono intervenuti con entusiasmo, facile, le occasioni più favorevoli, esprimendosi con una sequela di l’eliminazione di ciò che è di intraldomande serrate e pertinenti espocio, superfluo, non mirato allo scopo. ste senza reticenza e senza retorica. Il bel manifesto dell’edizione 2010 Nella mia lezione alla Giornata della Giovani fiduciosi, loro come noi, nel ruolo e nel significato della filosofia, nonché del pen- filosofia ho parlato di identità e differenza in filosofia, siero critico e argomentato che la contraddistingue, per la appoggiandomi ad alcune analogie con acqua e stupore: comprensione e la gestione del mondo che ci circonda. Un scelgo, per concludere, di riproporre proprio l’acqua. Acqua mondo difficile e complesso, e tuttavia – almeno in quella del principio, come inizio e come caratteristica, in Talete; parte nella quale ci è toccato di vivere – incomparabilmente acqua del movimento e della trasformazione in Eraclìto. più sicuro che nei tempi passati, benché la nostra percezio- Acqua che garantisce identità nel mutamento a centinaia ne della paura segnali dati contrastanti. Per quanto riguarda di migliaia di persone che a causa della migrazione soffrono il terrorismo, per esempio, nonostante il suo alto profilo di disorientamento, stupite e oppresse dal thauma, meranelle notizie, i rischi concreti sono limitati e per molti di viglia e attonimento, mentre scorrono sull’acqua e sulla terra come acqua, come fiumi. Nella metafora orizzontale noi poco probabili. Importante è, in questo come in altri frangenti, la cono- e dinamica del fiume e dei ruscelli, delle acque fluviali e dei scenza della filosofia in quanto forma mentis che aiuta a suoi affluenti, l’immagine dell’acqua e del suo “principio” pensare e a riflettere in maniera autonoma e autentica, li- di stupore e meraviglia, non ci rende prigionieri delle nostre bera e informata, senza ipocrisia e senza sovrapposizione di origini ma libera bensì un flusso di trasformazioni, dando interessi personali. È convinzione della Direttrice generale l’idea di una tradizione in perenne mutamento e divenire. dell’UNESCO, Irina Bokovo, che la filosofia “possa apportare Anche questa è filosofia.


Lunga è la notte Tendenze p. 41 | di Marisa Gorza

B

rillar di stelle, riverberi di luna, lampi... le mise della notte più lunga dell’anno sembrano incantate dalla volta celeste e punti luce irradiano ovunque. Per la verità si tratta di paillettes, brillantini, jais, perline che decorano gli abiti, quando questi non sono composti da duttili trame laminate. Complice, il tocco magico e creativo della moderna tecnologia che sa accendere miriadi di faville. Non tutti però sanno che quel luccichio, ora protagonista del guardaroba, ha un precursore in Georges Frédéric Strass, un orefice alsaziano del settecento. Fu lui a inventare il metodo di far brillare i vestiti come diamanti grazie a pezzettini di comunissimo vetro, con l’aggiunta di piombo, bismuto e altri composti. Nascevano gli “strass” e il lusso, osservò Madame de Genlis, prese “un carattere ingannevole che annullava le differenze sociali”. Perfettamente in linea con gli ideali illuministici di libertà e uguaglianza, per cui le classi meno abbienti potevano finalmente permettersi dei “gioielli” similveri. La democratizzazione del brillio è andata via, via intensificandosi nel tempo e il suo successo spicca particolarmente a partire dagli anni cinquanta del novecento, periodo in cui le tenute dei rockettari destavano stupore, grazie all’assonanza tra il campo visivo e quello uditivo. Negli anni sessanta fu introdotto l’uso della plastica che permise di produrre le paillettes con una lavorazione più veloce e colorazioni con molte più sfumature degli storici strass. Uno spirito let it shine che torna alla ribalta con capi sartoriali e glitterati al punto di essere degni di una perfetta disco girl. Per non parlare degli accessori: borsette, scarpe, cinture, occhiali...tutti in gara a chi brilla di più.

Lungo, lungo o corto, corto?

Allora, per la notte più attesa del calendario, scegliamo l’iper lungo o il corto mozzafiato? Il dualismo, tipico di questo season mood, spesso convive anche se, con il suo genere rockstar,

Colori guizzanti

Il filo del glitter si insinua nel jersey degli abiti per le feste firmati Missoni e la tavolozza dai vividi colori, tra i quali il rosso fiamma, il verde pino e l’arancio, si fa più guizzante che mai. Mentre la spontaneità dei completi in maglia è resa maliziosa da intarsi in tulle che velano e svelano la silhouette, improntando il look in un neo body conscious che non manca di interagire con i patterns, i fiammati e gli zig-zag tipici della maison. Anche la giacca maschile, stile tuxedo, è resa seducente e femminile dai revers cosparsi di lustrini, in pendant con i lunghi orecchini a frange di catenelle splendenti. French Connection

Cristalli e canuttiglie

Chi l’ha detto che il nero non può brillare? La giovane musa dell’Emporio Armani veste con nonchalance capi dalle linee nitide, solo che quando si fa sera cristalli e canuttiglie, insieme a borchie, sfaccettate come diamanti, inondano di luminosità le T-shirt di raso di seta nei colori della notte e di pietra di luna. I top fanno coppia con pantaloni fluttuanti a pieghe morbide che lasciano appena scoperta la caviglia, così per mettere in mostra la scarpa a mocassino chiusa da una maxi fibbia imbrillantata. La stessa che decora la pochette gioiello di lucida vernice.

È tutto oro...

Emporio Armani

French Connection esorta al brindisi di mezzanotte inguainate in brevi e fascianti abiti a tubino percorsi da inedite zip e con fitte concentrazioni di borchie mixate a pietruzze cristalline. Inevitabile l’accostamento con il glam rock d’epoca, con approdo al punk e al pop. Piace molto anche il micro tubino leopardato, dove ogni macula è ottenuta assemblando paillettes di toni diversi.

Si dice che non è tutto oro ciò che luccica, ma le corone, i fregi e gli stemmi dorati, ricamati sulle giacche da sera del gentiluomo che veste Dolce& Gabbana, inducono a pensare a una cospicua fortuna. Cioè che si tratta di un rampollo discendente da una antica e nobile schiatta e che, tutto sommato, tiene molto alla tradizione. Sotto il prezioso farsetto indossa pantaloni in velluto nero dal taglio asciutto e camicia di raso nelle più oscure, ma lucide sfumature... così altere da snobbare e sloggiare cravatta o papillon.


La domanda della settimana

Valutate positivamente lo sviluppo complessivo del nostro cantone nel corso del 2015?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro mercoledì 30 dicembre. I risultati appariranno sul no. 2/2016 di Ticinosette.

Al quesito “In generale, ritenete che le arti marziali siano attività sportive che incitano alla violenza?” avete risposto:

SI

10%

NO

90%

Svaghi 42

Astri ariete Mente aperta senza farvi ossessionare da pensieri ricorrenti. Evitate di imporre il vostro punto di vista. Momento caldo per la vita professionale.

toro San Silvestro ricco di atmosfere romantiche. Amplificazione di ogni stato emotivo. Azzardi in amore. Prudenza per i nati nella terza decade.

gemelli Momento culminante di un periodo iniziato circa 14 anni fa. Fate un’attenta analisi degli ultimi anni. Maggior riposo tra il 30 e il 31 dicembre.

cancro Comportamenti irrazionali nell’ambito di una consolidata storia sentimentale. Magica notte di San Silvestro in compagnia degli amici.

leone Momento ideale per coronare la fine dell’anno con un romantico viaggio in compagnia del partner. Nuova energia creativa per i nati nella terza decade.

vergine Approfittate dell’ultimo dell’anno per liberarvi di tutto quello che non vi appartiene. Fortuna sentimentale per i nati tra la seconda e la terza decade.

bilancia Senso di noia per i propri ambienti familiari avvertiti come opprimenti. Concedetevi una rapida evasione. Irascibili. Bene tra il 28 e il 29 dicembre.

scorpione San Silvestro spumeggiante. Favoriti per quanto riguarda la vita sentimentale i nati nella terza decade. Novità professionali per gli addetti al marketing.

sagittario Situazioni inaspettate. Non solo potrete giocarvi un’importante opportunità ma avrete la possibilità di guadagnare. Ansiosi i nati nella seconda decade.

capricorno Ultimo dell’anno fortunato grazie ai magnifici transiti. Intense atmosfere erotiche stimolate dal transito con Marte. Realizzazione di un progetto.

acquario Se non vi farete annebbiare dalla spinta egocentrica (Marte) potrete essere assai produttivi. Vita sociale in fermento tra il 30 e il 31 dicembre.

pesci Rinvigoriti da Marte e bipolarizzati da Giove. Opportunità… sia per quanto riguarda la vita di coppia che per l’attività lavorativa. Occhio al cibo.


Gioca e vinci con Ticinosette

1

2

3

4

5

6

7

8

4

9

10

11

12

14

13

15 3

16

17

18 8

19

20

21

23

24

22 26

25

La soluzione verrà pubblicata sul numero 2/2016

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate il numero 0901 59 15 80 (CHF 0.90) entro mercoledì 30 dicembre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 29 dicembre a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

27

5

28

29

30

31

32

33

6

34

35

36

37 38

39

Orizzontali 1. Burrone, orrido • 9. Il fare del giorno • 10. Cono centrale • 11. Corre su binari • 12. Procedura • 14. Un rullo di tamburo • 15. Chiari e limpidi • 16. Schiavi spartani • 18. Labile traccia • 19. Avverbio di luogo • 20. La memoria del PC • 22. Istituto Tecnico • 23. Mezza paga • 24. I confini di Osogna • 26. Novantanove romani • 28. Atroci, orrendi • 31. Il mitico re di Egina • 32. Saluto definitivo • 34. Il niente del croupier • 35. Località grigionese • 36. Anno Domini • 37. Pari in giallo • 38. Il fiabesco Peter • 40. La fine della Turandot • 41. La rapì Paride • 43. Capo etiope • 45. Monte ticinese • 46. Mezza rata • 47. Touring Club • 49. Lo lancia il naufrago • 50. Il suolo natio • 51. Messa in quarantena • 52. Cuor di cane. Verticali 1. Furono firmati dal Cardinale Gasparri e Mussolini • 2. Agresti, campagnoli • 3. Romitaggio • 4. Preposizione semplice • 5. Sarcasmo • 6. I confini di Palagnedra • 7. Grossolani, sguaiati • 8. Mai pubblicati prima • 12. Intesa senza pari • 13. Cattiva • 17. Vento freddo • 21. Indossano il saio • 23. Quella nera è il catrame • 25. Afflitta • 27. Fogna • 29. Volo acrobatico • 30. Proprio stupido • 33. Italia e Romania • 38. Smarrito • 39. Il Sodio del chimico • 42. Stato asiatico • 44. Gabbia per polli • 46. Il musqué del pellicciaio • 48. Quel che abbaia non morde • 50. Portogallo e Austria.

40 1

41

42

43

Soluzioni n. 50

44 1

45

46

47

48

U

10

N

12

A

2

14

R

49

17

50

A

20

G

23

A

51

52

Z

32

A

34

P

La parola chiave è:

36

E

39

2

3

4

5

6

7

S A T

8

R

42

D

47

U

50

E

3

T R

L

4

I I

E

5

O C

L

I

R I

E

V

O

A

19

S

G

I

E

Z

L

I

E

A

S

R

C

A

R

T

27

A

N

R

I N

L

A T

I

V

A

N

T

E

N O

E

M

25

A 35

D

38

N

T

49

L

E

O

I

A

R A

41

O 44

C

O

22

I

O

T

43

M

21

A

40

N

O

I

31

A 37

48

N O

C

R 24

R 30

33

I E

R

A

G

9

A

S

A

S P

T

T

A

13

8

A

S

N

R A

S

O 26

7

11

C

L

E

A

I

A

O 29

N

16

V

18

6

A 15

O

Z 28

7

1

2

A

45

S

S

S

O

I

R

T

CARTELLA Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Michela Ferrari 6826 Riva San Vitale

46

E

51

La soluzione del Concorso apparso l’11 dicembre è:

I

Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: buono per le offerte del tempo libero di RailAway FFS RailAway FFS offre 1 buono del valore di CHF 100.– per le sue offerte del tempo libero. Un esempio è l’offerta “Snow’n’Rail Splügen” che include il viaggio con i mezzi pubblici e lo skipass giornaliero o bi-giornaliero con il 20% di sconto.

Con RailAway FFS sulle piste di Splügen. Un incantevole paesaggio invernale ai piedi del maestoso Pizzo Tambo: ve lo offre il comprensorio sciistico di Splügen sul Passo dello Spluga. Con gli sci, lo snowboard, lo slittino o il bob: sui 30 chilometri di piste del Pizzo Tambo vivrete ore di puro divertimento. Per maggiori informazioni consultate: ffs.ch/snr-spluegen.

Svaghi 43


AUTO DELL’ANNO DELLA SVIZZERA 2016

Partecipare e vincere una Astra:

www.astra-testdrive.ch

<wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2NDQ0sQAAaLw2YA8AAAA=</wm>

<wm>10CFWLMQ6EMBADX7SR7ewm5FKe6BAFok-DqPl_BVx3haWRZrwsPRJ--87rPm-doLvlRvrUo0VSjVr6lEuS8BBFCIwPqoOtqP197K0AjLcxyoiB-kjzPCCl6zhvEjWSe3YAAAA=</wm>

Con i punti forti della classe superiore.

2016

La nuova Opel Astra, incoronata Auto dell’Anno della Svizzera 2016, propone tutta una serie di innovazioni di classe superiore: i fari IntelliLux LED® Matrix, sedile Wellness con funzione massaggio e Opel OnStar, il tuo servizio di connettività e assistenza personale. Premiata dalla rivista Schweizer Illustrierte il 2 dicembre 2015. Maggiori informazioni su: www.opel.ch

La nouva Astra. Irrita la classe superiore.

0418_02_SF_210x295mm_Astra_GSW_TicinoSette_CHi.indd 1

09.12.15 17:46


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.