№ 3 del 15 gennaio 2016 · con Teleradio dal 17 al 23 gennaio
caccia all’inquilino
Corriere del Ticino · laRegione · Tessiner Zeitung · chf 3.–
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Ticinosette allegato settimanale N° 3 del 15.1.2016
Natascha Fioretti ...................................
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Marco alloNi........................................................
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Agorà Editoria. Il mestiere del traduttore Arti Autori. Gli scrittori del No
di
Media Televisione. Antonella caramella
Impressum
Società Immobili. Cercasi subentrante
Editore
Fumetto Ispettore Leoni
Redattore responsabile
Marco JeitziNer .........................................
9
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Reportage Grecia
Teleradio 7 SA Muzzano
8
steFaNia briccola; FotograFie di aNdrea boNetti .........................
Chiusura redazionale
di
di
roberto roveda ........................................
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Vitae Annamaria Lupi
Venerdì 8 gennaio
di
roberto roveda ................................................................
Tiratura controllata 63’212 copie
di
di
Matteo gerber e FraNcesco della saNta ..........................
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Svaghi ....................................................................................................................
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di
Fabio Martini
Coredattore
Giancarlo Fornasier
Photo editor Reza Khatir
Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55
Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 29 88 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook
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In copertina
A caccia di inquilini Illustrazione ©Bruno Machado
Note di Vitae In seguito alla recente apparizione nella rubrica “Vitae” della testimonianza di uno dei tantissimi ticinesi che dall’aprile del 2008 settimanalmente si raccontano in prima persona sulle nostre pagine, in Redazione sono giunte alcune lettere di sdegno (talune firmate altre dal mittente poco chiaro) contenenti accuse assai pesanti nei confronti della persona ritratta. Non è la prima volta che, in seguito all’apparizione di un profilo, giungono scritti o telefonate che sollevano dubbi su quanto il protagonista della rubrica afferma (false credenziali o inesattezze), sulla sua dubbia moralità ecc. Quando era possibile, ai lettori indignati veniva spiegato che la Redazione non è responsabile delle eventuali “bugie” raccontate dai diretti interessati; e altresì, per i giornalisti che raccolgono la testimonianza è assai difficile mettere in dubbio quanto viene loro raccontato. Lo stesso dicasi per la Redazione, una volta ricevuto lo scritto e in fase di editing dello stesso. Questo vale anche per le persone che si raccontano e che, a nostra totale insaputa – così come avviene per la maggior parte dei ticinesi –, in passato si sono resi colpevoli di reati punibili o puniti. Ticinosette è una testata giornalistica di approfondimento che ospita al suo interno i programmi radio-TV. Non ha nessun diritto di accedere a banche dati della polizia, delle autorità giudiziarie o a incarti che riguar-
dano persone comuni, donne o uomini, per “controllare” se in passato, magari, sono stati accusati o condannati in modo definitivo dalle autorità cantonali o federali per reati di qualsivoglia natura, dai furti agli abusi sessuali. Se nel caso di articoli di approfondimento (come per la rubrica “Agorà”) il giornalista è tenuto a “indagare” eventuali procedimenti legati a persone citate (se il tema trattato lo esige), nel caso della rubrica “Vitae” sarebbe tra l’altro assolutamente fuori luogo chiedere alla persona che ci sta fronte l’estratto del suo Casellario giudiziale. Oppure chiederle di spigare se e perché nella sua vita si è resa colpevole di questo o quel reato. Come già scritto più volte su queste pagine, chi si racconta è, prima di tutto, responsabile di ciò che afferma e va raccontando di sé o degli altri (sempre nel limite della decenza, del rispetto delle persone citate, dei lettori e della loro sensibilità e, naturalmente, della plausibilità del narrato); e nemmeno Ticinosette è responsabile di ciò che il/la protagonista delle rubrica “Vitae” volutamente omette di raccontare. Alla luce di tutto ciò, è prassi mostrare per conoscenza all’intervistato il contributo che lo riguarda prima che questo vada in stampa in modo che espressioni, citazioni e terze persone coinvolte nello scritto possano (se fosse il caso) essere stralciate. Buona lettura, la Redazione
Il mestiere del traduttore Editoria. Qualcuno una volta ha affermato che tradurre è come ballare con i piedi legati o come scalpellare nella liquidità. Lo scrittore britannico Adam Thirlwell ha definito questa professione una strana forma d’arte, perché la conoscenza di ogni grande romanzo, al di là dei propri confini linguistici, si diffonde in virtù della nuova veste data dalla sua traduzione di Natascha Fioretti
P Agorà 4
er Hinrich Schmidt-Henkel, uno dei più apprezzati traduttori tedeschi, tradurre un romanzo significa dare forma all’amore che si ha per la letteratura e per le lingue, ma al contempo decostruire il testo letterario per poi ricostruirlo nella propria lingua che si deve conoscere e padroneggiare alla perfezione. Per Umberto Eco la traduzione letteraria è una ri-creazione, un lavoro linguistico e poetico, la trasformazione di qualcosa in qualcosa d’altro, che pure mantiene la sua originalità e la sua unicità. Voi vi ricordate chi ha tradotto l’ultimo romanzo che avete letto? Vi siete mai chiesti che cosa significa tradurre? Qualunque sia la risposta, il punto è che il lavoro del traduttore è vitale nel determinare la qualità dell’opera, la sua buona ricezione tra i lettori, nel suscitare l’interesse da parte della critica, nel consentire all’autore di vivere del suo lavoro perché più grande è il pubblico, maggiore è il numero delle copie vendute. Il più grande mercato al mondo per la letteratura tradotta è quello tedesco: il 15% dei libri pubblicati in Germania sono traduzioni e rappresentano un importante tassello dell’economia nazionale. Cospicue sezioni dei cataloghi editoriali sono costituite da opere tradotte, anche per questo alcune case editrici nelle loro anticipazioni iniziano a presentare i propri traduttori con delle brevi schede. E se le case editrici non possono esistere senza i traduttori, questi ultimi non riescono a vivere solo di questo mestiere. A tale proposito lo studio promosso dal Consiglio europeo dell’associazione dei traduttori letterari (ceatl.eu.) afferma che i paesi con i traduttori economicamente più felici sono il Belgio, la Francia, l’Irlanda, la Gran Bretagna e la Svizzera. Noi intanto, per toccare con mano che cosa significa oggi essere traduttori, abbiamo chiesto il parere di tre vivaci professionisti con una comprovata esperienza sul campo e uno sguardo attento alla realtà svizzera e italiana. Si tratta di Roberta Gado, traduttrice di diversi scrittori svizzeri contemporanei per l’editore Keller, Mattia Mantovani, da più di vent’anni traduttore di classici svizzeri per l’editore Dadò, e Ilide Carmignani, traduttrice dallo spagnolo per le grandi case editrici italiane come Adelphi. Tra i suoi autori Roberto Bolaño, Gabriel García Márquez, Luis Sepúlveda, Pablo Neruda, Octavio Paz e molti altri.
Esperienza e passione Secondo Mattia Mantovani, “traduttori non si nasce, però traduttori non si diventa, così come si diventa idraulici o architetti. Si diventa traduttori, io credo, solo e unicamente con l’esperienza. Mi spiego, il lavoro di traduzione, soprattutto quando non viene svolto su commissione, è un lavoro che nasce dal rapporto che si instaura con l’editore per il quale si lavora, con il quale si decidono i testi da tradurre o al quale i testi si propongono. È un lavoro dietro al quale c’è una grandissima passione e certe piccole accortezze, trucchi, e una certa capacità di cogliere il ritmo del testo originale che vengono con l’esperienza”. Il pensiero di Mattia Mantovani rispecchia il suo stesso percorso: studi di Lettere a Milano, un soggiorno in Germania durante il quale ha imparato il tedesco, poi il debutto nel campo della traduzione partendo da autori che gli piacevano molto: tra i primissimi a smuovere la sua curiosità per questo mestiere Robert Walser. Quasi tutte le traduzioni Mattia Mantovani le ha realizzate per l’editore Dadò con il quale ha potuto condividere e sviluppare le sue affinità per i classici svizzeri visto che l’editore locarnese ha una collana a essi dedicata dal nome “I Cristalli - Helvetia nobilis” inaugurata nel 1998, in occasione del 150° anniversario della costituzione dello Stato federale. In essa confluiscono opere di narrativa e di saggistica, mai tradotte finora o non più disponibili, di scrittori svizzeri di lingua tedesca, francese e romancia. L’intento tra l’altro è quello di contribuire a una riflessione sull’identità elvetica, riflessione per la quale la traduzione reciproca delle diverse lingue nazionali è determinante “la Svizzera è un paese plurilingue e quindi la traduzione, ma prima ancora la conoscenza reciproca tra le varie regioni linguistiche, è fondamentale. Quello che io ho potuto constatare e rilevo tutt’oggi” dice il traduttore comasco “è una conoscenza reciproca pressoché nulla: nella Svizzera tedesca si sa poco o nulla della letteratura della Svizzera italiana allo stesso modo nella Svizzera francese si sa veramente pochissimo della letteratura della Svizzera tedesca. E non intendo gli autori contemporanei che vanno per la maggiore ma c’è una pressoché totale ignoranza dei classici cioè della storia della letteratura svizzera e questo è un grosso problema anche dal punto di vista politico: non conoscere o conoscere troppo poco la storia letteraria della propria nazione significa avere un deficit di autocoscienza”. Pensando
La regola d’oro Se i classici e le loro traduzioni riscuotono poca attenzione tra i lettori, diversi autori emergenti e contemporanei svizzeri attirano invece l’interesse di qualche editore italiano anche perché c’è chi, come Roberta Gado, li scopre e li propone. Laurea in Estetica medievale, studi in Filosofia ha imparato le lingue per conto proprio e ha inaugurato la sua fortunata stagione all’insegna degli autori svizzero-tedeschi con Sez Ner: “la svolta è arrivata nel 2010 quando l’editore Casagrande mi propose di tradurre Arno Camenisch, allora perfettamente sconosciuto. Ne è nato un intenso sodalizio che prosegue tutt’ora e grazie al quale ho capito i testi che prediligo, cioè i pastiche, testi complessi dal punto di vista linguistico che richiedono una mano traduttoria forte e delle scelte decise”. Determinata e grintosa Roberta Gado oggi vive a Lipsia con la sua famiglia e alla traduzione è arrivata dopo un periodo professionale nel mondo della pubblicità: “Dirigevo il reparto di italiano di una grossa agenzia zurighese specializzata in adattamenti pubblicitari. Lavoravo da casa e guadagnavo
veramente molto bene. Nelle traduzioni chiamiamole commerciali è il modo più creativo di usare la lingua solo che la finalità è quella di manipolare il lettore. Quando ho iniziato a tradurre letteratura questo aspetto mi infastidiva molto perché mi rendevo conto che tradurre pubblicità inquinava il mio linguaggio. Nel 2009 ho preso la decisione professionale della mia vita, mi sono licenziata in tronco, ho abbandonato l’azienda e mi sono messa a tradurre solo romanzi. All’inizio non avevo nulla sulla scrivania però avevo già tradotto qualcosa e comunque sceglievo solo letteratura e autori che decidevo io. Ancora oggi sono io a proporre chi e che cosa tradurre”. Anche in questo caso dunque si tratta di una scelta dettata dalla passione per una professione che però non offre gli stessi agi economici della pubblicità: “i guadagni non sono commensurabili, sono del 90% inferiori. La mia decisione è stata possibile perché nel 2009 ho ricevuto un’eredità che, in quel momento, mi dava la serenità di fare questo passo”. Se i guadagni tra i due settori non sono paragonabili, Roberta Gado sottolinea però come i traduttori spesso non abbiano una buona gestione professionale e manageriale del proprio lavoro “per la mia esperienza i guadagni in 10-15 anni di carriera sono aumentati e non mi ritrovo nei racconti di tanti colleghi che dicono di guadagnare lo stesso, o meno, di venti anni fa. Spesso il traduttore professionista viene visto come una persona che vive in un mondo fatto di carta e per avere una fattura bisogna pregarlo. Io posso dire che con questo lavoro sono in grado di mantenermi”. Per l’editore Keller è appena uscita la sua traduzione de Il sifone blu di Urs Widmer e nel 2016, per lo stesso editore, uscirà in italiano il libro di Guy (...)
Un credito di CHF 10’000.– a un tasso annuo effettivo tra il 7.9% e il 13.9% (fascia di oscillazione dei tassi) rimborsabile in 12 rate mensili comporta un costo complessivo compreso tra CHF 417.80 e CHF 723.20. Il tasso d’interesse dipende dalla solvibilità del cliente. Avviso secondo la legge: la concessione di crediti è vietata se conduce a un indebitamento eccessivo (art. 3 LCSI). CREDIT-now è un marchio di prodotto di BANK-now SA, Horgen.
in particolare al Ticino e alla sua esperienza con Dadò, Mattia Mantovani ha le idee chiare sull’operato degli editori “Considerando la ristrettezza del mercato e del territorio penso che gli editori ticinesi, non solo Dadò e Casagrande, ma anche i più piccoli, fanno già tantissimo e più di così non possano fare. Il mercato diviene sempre più intricato. Internet, per esempio, dà la possibilità di far conoscere i propri prodotti e cataloghi però la penetrazione nel mercato italiano è sempre stata difficile, e negli ultimi anni grazie alle grandi catene, praticamente impossibile”.
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Da oggi a domani senza lavoro: posso assicurare il mio credito contro un evento del genere? Sì, con la nostra garanzia del credito. Una soluzione si trova sempre
Roberta Gado (da robertagado.de)
Agorà 6 Krneta Unger üs, in dialetto bernese, vincitore lo scorso anno dello Schweizer Literaturpreis. Un testo non facile da rendere in un’altra lingua “ogni autore richiede una strategia traduttoria diversa, quale essa sia, lo scopri traducendo: pagina dopo pagina individui il modo per affrontare la lingua, il ritmo, le contaminazioni e man mano tutto torna. Le mie decisioni traduttorie sono particolari e a me interessano testi come questo di Krneta davanti ai quali mi dico: adesso che cosa faccio?”. Alla domanda se esista una regola d’oro da osservare quando si traduce, Roberta Gado risponde “rispettare il non detto del testo letterario, però riconoscerlo come tale e saperlo mantenere”. Invisibile ma vitale Guardando al mercato italiano Ilide Carmignani, nel settore con successo da ormai 25 anni, traccia un quadro attuale non incoraggiante: “Per via della crisi negli ultimi anni si è deciso di pubblicare meno libri, acquistare meno titoli, stampare meno copie con evidenti ripercussioni sul traduttore che si ritrova con un numero consistente di titoli in meno da tradurre ogni anno. Questo in una situazione di partenza in cui il traduttore non è mai stato il momento privilegiato della filiera del libro: il traduttore per sua natura è invisibile perché cerca l’invisibilità nel testo, il suo ruolo è quello di non mettere niente di suo, quindi di non togliere e non aggiungere niente all’originale. Il problema è che poi questa invisibilità trabocca fuori dal testo e nessuno si accorge più del suo ruolo, della sua mediazione fondamentale e il lettore crede di leggere l’originale”. In particolare, quando si ha a che fare con cattive traduzioni, questa ingenuità può provocare danni importanti a più livelli: per il lettore che
crede di leggere un’opera mentre si tratta di una specie di brutta copia, per lo scrittore che subisce un danno di immagine perché non viene recepito come dovrebbe dal pubblico e dalla critica “uno scrittore europeo ha bisogno di vendere in traduzione per vivere di scrittura”. D’altra parte, dice Ilide Carmignani, “l’editore ha tutto l’interesse di porre i riflettori sullo scrittore: la traduzione è una voce sulla quale si può risparmiare, dare visibilità al traduttore significa riconoscere il suo ruolo culturale, il valore delle sue competenze linguistiche”. Guardando ai modelli da imitare Ilide Carmignani non ha dubbi che uno dei paesi più attenti nel valorizzare i traduttori sia la Francia “i traduttori francesi non solo godono di percentuali sulle vendite ma vedono riconosciuta culturalmente la loro figura”. Ilide Carmignani ha la fortuna, anno dopo anno, di seguire la produzione letteraria di scrittori come Luis Sepulveda. Quanto conta per un traduttore conoscere da vicino l’autore del testo al quale lavora? “Avere un buon rapporto con lo scrittore consente di stabilire una buona collaborazione; crea quell’intesa per cui, se ci sono dei dubbi da sciogliere, basta chiedere all’autore. Ogni testo ha una sua interpretazione interna, una sua intenzione, come dice Eco, però a volte compaiono parole ambigue, per cui serve un lavoro di contestualizzazione per poterle rendere al meglio nella propria lingua di destinazione. Per questo leggo la critica su di loro, le interviste, gli autori che hanno influito sulla loro scrittura, visito le città in cui hanno vissuto: sono stata a Città del Messico, ho visto tutte le strade care a Bolaño. Magari poi la traduzione non cambia ma conoscere da vicino lo scrittore ti permette di mettere i piedi nelle sue orme”.
Gli scrittori del No Ci sono scrittori che scrivono e altri che si negano alla scrittura. La ragione? La sensazione di non essere all’altezza delle sfide che la parola scritta pone di Marco Alloni
Ogni volta che mi trovo a parlare con qualche conoscente sua geniale opera di cultore del nulla per farsi nulla a sua afflitto dall’incapacità o dall’impossibilità di scrivere mi volta. Per annullarsi. viene in mente il libro Bartleby e compagnia di Enrique Vila- E che dire di Clément Cadou, promesso a una strepitosa Matas. In quel saggio si passano in rassegna tutti – o quasi carriera di scrittore fin da giovanissimo e poi inibito così tutti – quegli scrittori che per una ragione o per l’altra, pur profondamente dall’incontro con Witold Gombrowicz da dotati di straordinario talento, abbandonarono la scrittura non riuscire a intraprendere in nessun modo il proprio progetto? “Il giovane Cadou si impressionò a tal punto nel vedere per anni o non vi si consacrarono mai. Gombrowicz tra le pareti della casa La lista è naturalmente stermipaterna, che a stento proferì parola nata: da Rimbaud a Salinger, da per tutta la serata e finì per sentirsi Walser a Joubert, gli scrittori del letteralmente un mobile della sala No – come vengono chiamati gli in cui cenarono”. E che pensare di autori affetti dalla “sindrome di quanti, Stendhal in testa, tacciono Bartleby”, il famoso personaggio per anni con il pretesto che non è di Melville che non faceva nulla ancora giunta l’ispirazione? “Se verda mattina a sera – costituiscono so il 1795” scrive Stendhal “avessi una vera e propria Biblioteca del comunicato a qualcuno il mio progetto Silenzio. di scrivere, qualunque persona sensata Ma perché non si scrive pur essenmi avrebbe consigliato di scrivere due do permeati dalla passione per la ore tutti i giorni, con o senza ispiraparola e la letteratura? Perché non zione. Queste parole mi avrebbero si comincia mai a farlo o, come nel permesso di sfruttare i dieci anni della caso di Rimbaud e Salinger, d’un mia vita che ho completamente spretratto si smette di farlo? Perché cato aspettando l’ispirazione”. non si trovano mai le chiavi per entrare nel concreto della scrittura Le ragioni del No o viceversa quelle chiavi si smarC’è poi chi, come Marìa Lima riscono d’un tratto per strada, Mendes, sprofonda letteralmenrimanendo prede della paralisi e te nel silenzio perché soggiogata del silenzio? dal cosiddetto chosisme promosso Vila-Matas elenca mille e una conJ.D. Salinger (da deviantart.net) dal Nouveau Roman, e nell’esserne dizioni in grado di determinare l’abdicazione dalla scrittura. E nel proporcele ci ricorda che così radicalmente condizionata non riesce più a scrivere quasi tutte muovono da un sentimento di inadeguatezza alla maniera tradizionale: fino al punto di abbandonare il che non trova soluzione: la sensazione – prima, durante o proposito di narrare alcunché. Scrive Vila-Matas: “Anche se dopo il proprio percorso creativo – di non essere all’altezza qualcosa le diceva che sarebbe stato meglio puntare sulla trama delle sfide proposte dalla scrittura. Oppure di non saperle e raccontare una storia alla vecchia maniera, qualcos’altro allo stesso tempo la frenava duramente dicendole che sarebbe stata ricondurre a sintesi. vista come una rozza scrittrice reazionaria”. Le buone ragioni degli scrittori del No per abdicare alla Aspettando Godot Ecco allora che uno dei più geniali scopritori di talenti e scrittura sono dunque infinite. C’è da domandarsi, alloletterati italiani, il mitico Bobi Bazlen, arriva ad affermare: ra, se anche queste tragiche o tragicomiche rinunce non “Credo che ormai non si possano più scrivere libri. Per cui non rappresentino un tassello fondamentale, per quanto in ne scrivo più. Quasi tutti i libri non sono altro che note a pié di absentia, della letteratura mondiale di tutti i tempi. Se cioè pagina, gonfiate fino a diventare volumi. Per questo scrivo solo non aver scritto o non aver smesso di farlo non significhi, note a pié di pagina”. Ed ecco che, secondo le stesse parole paradossalmente, aver detto qualcosa. Per esempio, che non di Vila-Matas: “Robert Walser sapeva che scrivere che non si si può scrivere. O che l’unica cosa che si può o dovrebbe può scrivere è comunque scrivere”. E da un certo momento in scrivere è che non c’è niente da scrivere. Una verità non del avanti, ricoverato in manicomio, cessa definitivamente la tutto assurda, da suggerire a chi scrive senza nulla da dire.
Arti 7
Antonella caramella I vestiti presi a prestito da Cenerentola, scodelle e mestoli sempre a portata di mano, canzoni ritrite interpretate da innocenti cantori e tante “emozioni”. Ecco Clerici Antonella, astuta donzella che il sabato raccoglie tutti nella sua colorata navicella di Roberto Roveda
Dal
Media 8
grembiule di nonna Papera all’incarto pasquale è nientepopodimenoche con Bruno Vespa, altro “prezzemoveramente difficile sfuggirle. Durante la settimana te la lo” catodico. E ancora il minaccioso e preoccupante L’alritrovi a ogni pranzo, col suo grembiulino modello “nonna manacco di Antonella. Tutti i giorni con me, i miei consigli e Papera” e la sua voce perennemente di molti decibel più le mie ricette. Tutti i giorni con la Clerici non solo in video alta del necessario. Sfrigola e spadella, la prospera Antonel- ma anche in cartaceo? Ma alloro diciamocelo: è arrivata la, in attesa del sabato quando invece si aggira vestita da la fine del mondo, stiamo già espiando e nessuno ci ha caramella, tutta fiocchi, nastrini e larga gonnella. avvertito! È immancabile la Clerici, difficile Antonella e qualche marachella proprio sentirne la mancanza o anIntanto nessuno si ribella ad Antoche semplicemente provarci dato che nella, che gioca con piacere a fare è sempre davanti a nostri occhi. la svampita per non pagare dazio e Occhi spesso stupiti nel vederla agpare sempre davanti alla telecamera ghindata come un confetto oppure per caso, quasi di passaggio mentre si un uovo di Pasqua con la differenza trova in una pausa delle sue faccende che in questo caso scarta scarta, la di massaia. Viceversa Antonella è sorpresa non arriva mai. Arrivano le fanciulla che fa la finta spaesata, ma inevitabili conferme perché Antoche sa come si sta al mondo. Viaggia nella punta sul rassicurante, hai i sottotraccia, non ha la spregiudicata toni e il vocabolario minimo – molspacconeria della D’Urso e nepputo minimo – di certe zie abituate a re le smanie egocentriche della De dare consigli risaputi. Ecco, la CleriFilippi. Non è però meno “letale”, ci evita i momenti magici, e punta televisivamente parlando. sui momenti modici, fatti di fornelRicordiamo allora qualche marachella li, bambini che paiono zuccherini, della nostra Antonella. Come il Festisentimenti stucchevoli come certi val di Sanremo del 2010 impreziosito zabaioni. Così ci si emoziona perché dal duetto di Toto Cutugno con Belén la maionese non monta ma impazRodríguez e dalla coppia canora – o zisce e si hanno le lacrime agli occhi Ci sei o ci fai? (da tv.fanpage.it) era cagnara – formata da Pupo ed – e non per la disperazione – vedendo dei vecchi successi di Lucio Battisti reinterpretati dalla Emanuele Filiberto di Savoia. Oppure, la peggiore di tutte, Ti lascio una canzone, il talent in cui le future star della musica controfigura miniaturizzata di Albano. le si va a trovare direttamente all’asilo sostituendo il biberon con il microfono. Ti lascio una canzone, un universo parallelo Meno so, più faccio In questo contesto ai confini della realtà e più lontano dove si entra bimbi o ragazzini e si esce trasformati in tenodai confini della logica di qualsiasi viaggio dell’astronave rini modello Il Volo. Un teatrino da pelle d’oca nel quale Enterprise in Star Trek, Antonella si muove leggera come Antonella gioca a fare l’amica e la sorella mentre i bambini una farfalla o almeno ci tenta. Abbozza smorfie da avan- diventano burattini. Li attira come Hansel e Gretel nella spettacolo parrocchiale, danza imitando il ballo degli sua casetta di marzapane e rosolio e poi li “ingabbia” con il ippopotami in tutù in Fantasia di Walt Disney, porta al consenso di genitori in tripudio, nonni e parenti imbesuiti sublime il teorema di tanta vita contemporanea. Quello ma col lacrimone sempre a disposizione di telecamera. Intanto Antonella sfarfalla tra puffi e puffette che gigionegche recita: “meno so fare, più faccio”. In base a questo teorema basta presentare “La prova del giano e si agitano al ritmo di Grease oppure copia-incollano cuoco” per profilarsi come punti di riferimento del mon- come se fosse la cosa più normale del mondo i Ricchi e do culinario e pubblicare più di una decina di libri sull’ar- Poveri oppure Marcella Bella. gomento. Vette assolute dell’editoria italica come il L’Unicef per ora tace e anche gli spettatori a volte rimanrecente Vino & cucina. 100 ricette della tradizione italiana gono senza parole mentre Antonella incurante si frigge abbinate a 200 dei nostri migliori vini scritto a quattro mani l’ennesima crespella.
Cercasi subentrante Chi ritiene che riaffittare un modesto monolocale in una città attrattiva come Lugano sia semplice, si sbaglia. Periodo sfortunato, agenzie e fiduciarie inflessibili, persone troppo schizzinose? E così passano i mesi... e decine di aspiranti inquilini di Marco Jeitziner
Avevamo già parlato del trasloco (Ticinosette n. 44/2013), evento più traumatico che gioioso, confermeranno molti lettori. Oggi vorrei toccare un altro tema, ma in qualche modo affine: la ricerca di un subentrante, altro “trauma” dai risvolti spesso tragicomici. Succede infatti in una cittadina, Lugano, molto gettonata a quanto pare da lavoratori e studenti, ma notoriamente afflitta dalla penuria di alloggi (accessibili) e quindi da una speculazione che è sotto gli occhi di tutti.
dalla luna o da metafisici stratagemmi superiori? Be’, comunicando e incontrando parecchi potenziali interessati mi sono reso conto che il subentrante appartiene a una categoria complessa e molto diversificata di essere umano, cioè l’inquilino, con il proprio personale grado di esigenza, comodità, estetica, disponibilità finanziaria. Al mio annuncio rispondono a decine ma nessuno affitta. Perché?
Il subentrante tipo Una donna dell’est: “salve, sono davero interessata questo apartamento lavoro in clinica (…) Un diritto, a volte per cio mi andrebe bene”. Trovò Come si spiega che un modedell’altro. “Affittate a persone in sto monolocale perfetto per assistenza?” mi chiede Ugo. No uno studente o un anziano Ugo, mi spiace (vedi sopra). Poi non trovi un subentrante? resto stupito da quanti italiani Quando decisi di lasciare il cerchino alloggio (c’è chi m’ha mio “vecchio appartamento”, scritto da Trapani!). Peccato l’agenzia immobiliare mi dische molti non sappiano cosa se: “non si preoccupi, andrà via sia il nostro attestato “ufficio come il pane con quel prezzo!”. esecuzioni fallimenti”, quinInvece, sono passati mesi. Ci di vaglielo a spiegare! O che sono delle premesse: un inquiprovino, se hanno fretta, a lino solvibile, quindi con un Veduta aerea di Lugano, ©Schweizer Luftwaffe 2010 chiederlo in Italia! Enrico, itacontratto di lavoro, e niente (da luftbilder-der-schweiz.ch) liano, mi fa: “pensi sia possibile debiti. Questo esclude già a priori uno studente, dato che non lavora, paga papà o un affittare per un periodo di tre mesi?”. No, in Ticino vigono di altro garante. Ma uno studente non può anche lavorare? regola contratti annuali (a Zurigo invece no, strano vero?). Mattia, italiano, mi domanda: “è possibile viverci in due per E chi viene a studiare qui i soldi non ce li ha? Mi chiedo: le agenzie forse fanno un po’ le complicate? A poter dividere le spese? Si può suonare nell’appartamento?”. Sì volte rifiutano i beneficiari dell’assistenza pubblica anche (volendo) e sì (dipende che strumento). Questione studenti, se questi hanno un reddito garantito. Possono rifiutare Alain dice: “sono uno studente molto responsabile (maggiorenrifugiati e richiedenti l’asilo, benché a pagare l’affitto sia lo ne)”. Caro Alain, ti credo, ma vedi sopra. Lucia e Noemi, stato. Ma così non si contribuisce all’aumento degli alloggi italiane, sono scioccate dal costo della vita: benvenute. sfitti? Alloggiare assistiti con pigioni ridotte non farebbe Poi ecco le visite, esci, corri, sposta, combina, uno stress... risparmiare soldi al comune e quindi ai contribuenti? Ho Sabrina è siciliana, si presenta con la madre (!), metro a nastro alla mano, prendono misure, vorrebbe la lavatrice come il sospetto che dietro ci siano altre ragioni. Credo di non possedere un dono, ahimé. Avete presente in casa, le dico che c’è la lavanderia in comune (locale a lei il film The Shining di Kubrik? Be’, nel film si parlava della ignoto) ma non sentirà ragioni. La madre: “peccato Sabbrí’, “luccicanza”, quel potere di vedere il futuro. Ecco, a me il balcone non va bene!”. Giulia, italiana, vorrà avere anche è la “subentranza” che manca! Cioè quella misteriosa l’opinione del fidanzato (e magari anche di zii e cugini?). “energia” che ti fa trovare subito l’affittuario con tutte le Un altro italiano: “mmmh, c’è odore di fumo!”. Mai fumato carte in regola. Certo, poi ci sono fattori oggettivi, come in casa io. Altre chicche sono: una società anonima è inla zona abitativa, l’affitto (in questo caso poco superiore teressata, ma viene fuori che ha debiti. Da una fiduciaria a settecento franchi mensili), le dimensioni (venticinque mi chiedono: “vende?”. L’ultima beffa: mi scrive Ingrid, fa metri quadri), i locali (c’è tutto, wc, doccia, frigo, cucinetta le pulizie a diciotto franchi l’ora per traslochi e consegne ecc.), il periodo, chissà. Forse dipende anche dagli astri, dei locali. No, la “subentranza” proprio non ce l’ho.
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o sessantatre anni e le cose che ancora oggi mi fanno stare bene sono le buone relazioni con le persone, le loro parole e le loro storie. Ogni incontro importante ha per me un significato non casuale, è il centro di qualcosa che sembra essere come un tessuto comune, con tante coincidenze nell’intreccio di storie e vissuti di ognuno. Mi rendo conto sempre di più che tante cose legate alla mia infanzia, sono ancora più importanti, mano a mano che passano gli anni. C’è un legame forte con ciò che ho vissuto da piccola. Sono cresciuta in una famiglia numerosa e unita, con radici sparse nei Grigioni, nel Ticino e nel canton Berna e diramazioni in varie parti del mondo. Ecco, dell’infanzia mi ricordo le storie ancora di più delle persone. Mi vengono in mente i racconti del nonno materno, che sapeva narrare così bene e si emozionava. Per me è stato un privilegio passare tante estati con i nonni. Poi mia madre, che amava raccontare gli episodi della sua vita, il lavoro, la famiglia, la gioventù. Raccontava mentre stirava e cuciva – era sarta – e io l’ascoltavo. Era probabilmente il suo modo di educare il pensiero attraverso storie realmente accadute, un modo per aguzzare un senso critico per le cose della vita. Mi ha insegnato tanto con le sue narrazioni. Mi ha insegnato a impegnarmi in prima persona. Mio padre era invece spesso via per lavoro e da lui ho imparato il sacrificio, il valore della verità, il senso del dovere. Poi, a quattordici anni, sono andata in collegio, nella Svizzera tedesca, e sono stati cinque anni dove ho imparato molto. Si viveva in quella grande comunità di circa trecento ragazze con tante suore. C’erano culture diverse e tutto era accompagnato da una severa disciplina ma anche da una nostra divertente e forse ingenua ribellione. Il collegio è stato un’esperienza che considero di completamento alla mia vita in famiglia. Dopo il collegio e un secondo diploma ho vissuto un terzo momento formativo, un lungo viaggio sacco in spalla in America Latina, che è durato quasi mezzo anno. Dopo alcune esperienze di lavoro in varie parti della Svizzera sono tornata in Ticino, dove è iniziata una seconda parte
essenziale della mia vita, più bella ancora perché è quella dove sono riuscita a creare qualcosa. Mi sono sposata, ho avuto due figlie e ho continuato a lavorare. Dapprima come segretaria spaziando dal commerciale a un ambito più strettamente medico sanitario, come aiuto medico e poi delegato farmaceutico. Però il lavoro più bello è stato crescere le mie figlie... partecipando da genitore e tramite il gruppo genitori a quello che era l’ambiente in cui vivevano la maggior parte del tempo, cioè la scuola. Per me è stato importante vivere con la nuova comunità che esiste attorno alla famiglia. All’inizio degli anni novanta ho partecipato al gruppo di lavoro che ha costituito la Conferenza cantonale dei genitori e qui ho conosciuto belle persone e collaboratori preziosi. È stata una esperienza condivisa a livello cantonale, faticosa e appagante, che mi ha dato la possibilità di mettere al centro il ruolo di genitore, quello che stavo vivendo in quel momento. È seguita la nomina nella Commissione dei film per giovani, alla quale ho partecipato intensamente e con grande interesse per tre mandati, nel frattempo sono entrata in contatto fin dall’inizio con la realtà che ancora segna la mia a vita, il Festival della narrazione di Arzo. Una collaborazione preziosa e ricca, un’esperienza che ha coinvolto tutta la mia famiglia. Ho iniziato con la conduzione della Corte dei miracoli che si occupa di memorie e racconto spontaneo, poi sono entrata nel comitato organizzativo e artistico. È stata una svolta per me: ho inseguito e (r)accolto storie, vere, inventate, vicine e lontane. Ancora adesso, dopo tanti anni, non ho smesso di ascoltare e di sorprendermi. I racconti sono stati il filo rosso della mia vita, il modo per stare assieme agli altri e per conoscerli, è stato come compiere tanti viaggi, considerare più punti di vista, rispettare culture e vissuti differenti. Credo che in questo mi abbia spinto la curiosità, la voglia di andare avanti, con costanza e consapevolezza. Sento di aver messo in atto finora quello che mi ha insegnato mia madre: vivi e non lasciarti vivere.
AnnAMARIA LUPI
I racconti sono il filo rosso della sua vita. Ascoltare le narrazioni altrui le consente di relazionarsi con gli altri e conoscere il mondo e le culture che lo abitano
testimonianza raccolta da Roberto Roveda fotografia ©Flavia Leuenberger
Grecia Tra empatia e desiderio di cambiare di Stefania Briccola; fotografie ŠAndrea Bonetti
in queste pagine In senso orario, partita di backgammon in un caffè dell’isola di Tinos; installazione con materiale riciclato a un festival alternativo; anziana nell’isola di Sifnos: l’ospitalità è una caratteristica del popolo greco e capita di essere invitati a casa di qualcuno a parlare del più e del meno... in apertura Malgrado la crisi che attanaglia il paese, i turisti non mancano sia sul continente (qui in visita al Partenone) sia sulle isole
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ome si vive oggi in Grecia? Il racconto va al di là delle note vicende politiche che hanno coinvolto la popolazione greca, della recessione economica che da anni la attanaglia e dell’appartenenza sofferta all’Europa di Maastricht. Dalle immagini paiono emergere gli echi lontani del discorso di Pericle che vedeva la pòlis come il naturale orizzonte dell’individuo in simbiosi con la propria città. E in effetti molti indizi ci dicono che questo vivere in koinonìa (associati in comunità) ha ancora ragione d’essere. Se fosse una colonna sonora la Grecia di oggi sarebbe un
po’ rock e un po’ blues. Da una parte c’è Atene che non dorme mai, con i bar aperti tutti giorni fino a tarda notte, come accade sulle isole “alla moda” come Mykonos e Santorini, prese d’assalto dai turisti durante la bella stagione. Dall’altra, una miriade di isolette conosciute, forse, solo dai greci, dove il tempo pare essersi fermato, i giorni scorrono lenti e d’inverno appaiono spopolate e vissute solo da una manciata di anime. Parliamo di realtà bucoliche come Sifnos e Tinos nelle Cicladi in cui gli anziani spesso attendono i turisti per attaccare bottone, aprire la porta di
casa e offrire loro un caffè. D’estate, gli isolani che vivono ad Atene tornano a casa e questi microcosmi si animano di vita. Santorini invece è un altro pianeta. Sposarsi qui è un privilegio molto ambito dai turisti di ogni dove, in particolare dai cinesi che affluiscono sempre più numerosi. A rendere perfetta la scenografia del lieto evento sono i vicoli lastricati che risaltano tra il bianco delle case, l’azzurro di porte e finestre e il blu delle cupole delle chiese e delle cappelle ortodosse. Per non parlare infine degli scorci con vista sul vulcano sommerso.
Vivere la città
Ma torniamo ad Atene, la “culla della civiltà occidentale”, il cuore pulsante della Grecia dove vive quasi metà della sua intera popolazione, una città animata dalla presenza dei giovani, tra le migliori capitali low cost dell’Europa. L’agglomerato urbano di circa 5 milioni di abitanti presenta le stratificazioni di 5000 anni di storia, si estende a perdita d’occhio sulla pianura dell’Attica e si affaccia sull’Egeo. Dal monte Likabhettus si gode una vista mozzafiato sulla città. Si fa la fila per andarci al tramonto e regalarsi una (...)
in questa pagina Dall’alto al basso: matrimonio a Santorini; clochard nei pressi del palazzo governativo nel centro di Atene; veduta della capitale greca al tramonto dal monte Likabhettus pagina di destra La stazione Larissa della metropolitana di Atene. Negli ultimi anni i greci hanno di molto limitato i loro spostamenti, a causa della difficile situazione finanziaria
Andrea Bonetti
Nato a Lugano, classe 1968, terminati gli studi in Scienze biologiche (Pavia) si trasferisce in Grecia per una ricerca in ambito ornitologico. Il contatto con la natura lo avvicina alla fotografia naturalistica che diventa la sua principale occupazione. Nel 1999 viene pubblicato il volume A Day at the Lagoon, il primo di una serie dedicata alla natura e alle sue meraviglie. Oggi vive ad Atene e si occupa di fotografia politica, arti e teatro; di recente ha seguito il primo ministro greco Alexis Tsipras durante la campagna elettorale del 2015, politico che tutt’oggi segue nelle sue visite internazionali. Le sue foto sono state pubblicate in numerose testate internazionali. È stato “BG Wildlife Photographer of the Year” nel 1999 e nel 2004. andreabonetti.com
veduta da cartolina sul centro di Atene con il Partenone, che svetta sulla rocca sacra dell’Acropoli, il Pireo, il mare e il Peloponneso. La capitale greca affascina e disorienta con il suo traffico caotico. In tempi di crisi si preferisce usare i mezzi pubblici e magari i taxi a buon mercato piuttosto che muoversi in auto. Non deludono la metropolitana, costruita a 40 metri sottoterra per non intaccare i reperti del sottosuolo, e le sue accoglienti stazioni che ospitano interventi d’arte contemporanea e custodiscono tesori archeologici. Gli ateniesi non amano stare a casa; li trovi nei bar sempre aperti, a teatro, nei parchi. Gli anziani non perdono occasione per conoscere chi gli sta di fronte, vogliono sapere chi sei, cosa fai e da dove vieni. I giovani si sposano con rito ortodosso nelle chiese della città. Ogni weekend si organizzano eventi “alternativi” con protagonisti vari come inventori di mulini a vento per la produzione di energia elettrica e artisti che realizzano opere con materiale riciclato.
Un popolo reattivo
La crisi ha fatto nascere un senso di appartenenza alla comunità molto forte nella popolazione. La gente si aiuta con i mercatini in cui si barattano vestiti, giocattoli, calzature e quant’altro. Si tengono concerti gratis all’aperto e festival “pagani” in cui si salta letteralmente sui fuochi e si balla fino al mattino, tutti insieme, alla greca. Alcuni hanno creato network indipendenti di autosostentamento con asili gestiti in proprio e in qualche comunità locale fuori Atene si è giunti a usare una moneta alternativa all’euro. Con la
recessione c’è chi nella capitale si è inventato un nuovo lavoro come il corriere in bicicletta, e non è cosa da poco date le tortuose vie in salita che percorrono la città. Non è difficile trovare immigrati e vecchietti che rovistano nella spazzatura o cercano di vendere qualcosa, e senzatetto che dormono per strada in luoghi poco distanti dal centro, per esempio, vicino vicino a Syntagma, la grande piazza spesso teatro di proteste, su cui si affaccia il palazzo del governo con gli Evzoni in “minigonna” e pantofole che si alternano per il cambio della guardia. Per sentire il polso della città bisogna però recarsi al mercato di Varvakios, di fianco al Partenone, dove gli ateniesi vanno a fare provviste e dove è possibile acquistare pesce, carne, spezie, verdure e specialità di ogni genere. Si moltiplicano gli orti urbani nella capitale, il più inaspettato si trova in cima a un grattacielo di venti piani. Del resto l’identità agricola della Grecia è una realtà con cui fare i conti. A Kozani in Macedonia la popolazione si divide tra il lavoro nelle campagne e nelle inquinanti e discusse centrali elettriche a carbone. Si vive ovunque il dilemma amletico di una via d’uscita dalla recessione. La Grecia vive di turismo, che quest’anno ha registrato un aumento record del 30%, dei trasporti marittimi e di agricoltura. Ma è soprattutto la cultura, come modo di essere, che si respira nell’aria: ad Atene spettatori di ogni età si ritrovano tutte le sere a teatro che rimane una realtà molto frequentata e animata, nonostante la crisi, da compagnie e registi indipendenti. Una società, quella greca, che pare ben distante dall’accettare quella marginalità a cui il resto dell’Europa pare averla confinata.
La domanda della settimana
Vi è già successo di aver riscontrato difficoltà a trovare un subentrante una volta deciso di lasciare un appartamento che avevate preso in affitto?
Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 21 gennaio. I risultati appariranno sul numero 5 di Ticinosette.
Al quesito “I cambiamenti climatici e l’innalzamento delle temperature sembrano colpire in modo particolare le aree alpine. Siete preoccupati per il futuro del nostro territorio?” avete risposto:
SI
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Astri ariete Si apre per voi una fase della vostra vita costellata di fatti, persone ed eventi inattesi. Incontri con persone originali. Seducenti tra il 18 e il 19.
toro Flirts e colpi di fulmine. Allargamento dei vostri orizzonti. Opportunità professionali. Momenti di stanchezza e irritazione per le prime decadi.
gemelli Periodo magico. Determinati procedete nella realizzazione dei vostri desideri. Risoluzione di un problema. Decisive le giornate tra il 22 e il 23.
cancro Possibilità di fare dei buoni affari e di avere delle grandi opportunità. Il 19 e il 20 sarete distratti e un poco stanchi. Tutto l’opposto tra il 22 e il 23.
leone Intensificazione delle relazioni di lavoro. Particolarmente fortunati i settori riconducibili all’informatica, alla comunicazione e alla progettazione.
vergine Attenti a quello che dite e a come lo dite. Potrebbe sfuggirvi un sms o una email di troppo. Scelte inaspettate per i nati nella prima decade.
bilancia Intuiti premonitori. Momento fortunato per i più creativi purché liberi da ogni forma di condizionamento familiare e/o sociale. Attenzione alla dieta.
scorpione I pianeti preludono a una nuova fase nella gestione delle risorse finanziarie. Favorito lo sviluppo di soluzioni tecnologiche. Cambio d’immagine.
sagittario Troverete facile risoluzione a una possibile vertenza. Flirts. Tra il 22 e il 23 gennaio provate a liberarvi dall’ansia scaricandovi con uno sport.
capricorno Non è il momento adatto per portare avanti trattative. Le parole potrebbero essere fraintese. Incontri sentimentali per i nati nella seconda decade.
acquario Dovete riuscire a coniugare il bisogno di controllo con il desiderio di indipendenza sia vostro sia del partner. Emotività tra il 20 e il 21 gennaio.
pesci Se aspettate notizie il 20 gennaio è la giornata che fa per voi. Attività rivolta alla realizzazione di un vostro progetto. Discussioni in famiglia.
Gioca e vinci con Ticinosette 1
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La soluzione verrà pubblicata sul numero 5
Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate il numero 0901 59 15 80 (CHF 0.90) entro giovedì 21 gennaio e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 19 gen. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!
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Verticali 1. Produce anche panna e budini • 2. Il nome della Pausini • 3. Spagna e Cuba • 4. Isola delle Grandi Antille • 5. Cimiteri di guerra • 6. Piccoli orifizi • 7. Il nome del poeta Boito • 8. Paladino • 13. La fine della Turandot • 14. Il nome di Fossati • 16. Lo stato con La Mecca • 20. I confini di Tegna • 22. Essenza, distillato • 24. Tiro centrale • 25. Saluto fra amici • 28. Urti, scossoni • 30. La nota Pavone • 31. Nome d’uomo • 33. Dittongo in poeta • 35. Nostro in breve • 37. Pari in classe • 40. Il giorno trascorso • 43. Piccolo difetto • 45. Lo teme l’oratore • 47. Cerniera • 50. Articolo indeterminato.
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Orizzontali 1. È soggetto a rubare per un impulso irrefrenabile • 9. Il mitico re di Egina • 10. Riserva centrale • 11. Mezzo nudo • 12. La collana del cattolico • 15. Negoziati • 17. Quasi unico • 18. Linea • 19. Maestrie • 21. Uno detto a Londra • 23. Lo stato con Tripoli • 26. Ohio e Svezia • 27. Il nome di Clapton • 28. Chiude la preghiera • 29. Grossa arteria • 31. Pubbliche Relazioni • 32. La dea greca dell’aurora • 34. Sarcasmo • 36. Onestà, sincerità • 38. Partita a tennis • 39. Utilizzati • 41. Le iniziali di Tasso • 42. Una Cordigliera • 44. Cupo, oscuro • 46. Dispari in treni • 47. Firma con una “Z” • 48. Cifra imprecisata • 49. Delfino di fiume • 51. Vasti, estesi • 52. Quel che abbaia non morde.
La soluzione del Concorso apparso il 2 gennaio è: TRANSITO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Renata Fuchs 6925 Gentilino Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!
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