Corriere del Ticino · laRegione · Tessiner Zeitung · chf 3.–
№ 16 del 15 aprile 2016 · con Teleradio dal 17 al 23 aprile
sTaTi di coscienza
La meditazione è una pratica antichissima ma solo negli ultimi decenni la scienza sta scoprendo i suoi effetti sull,organismo
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Ticinosette allegato settimanale N° 16 del 15.04.2016
Mariella dal Farra .................................
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Mariella dal Farra ..............................
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Fabio Martini ..................................................
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Agorà Meditare. La palestra della mente
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Arti Ex Machina. Umano, troppo umano... Ascolti Iperturmax. Dialogo a due
di
di
Storie Tony Duvert. Il giardino dell’innocente
Impressum Tiratura controllata
63’212 copie
Chiusura redazionale
Venerdì 8 aprile
Editore
Teleradio 7 SA Muzzano
di
daniele bernardi .............................
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eliSabetta bacchetta; FotograFia di davide Stallone ................
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di
reza Khatir ......
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gian Piero PaMPuri ........................................................
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Reportage Theresa Farewell. Detective a Thetapolis Concorso fotografico
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Silvano de Pietro .......................................
Società Sandro Pedroli. Il partigiano Vitae Herbert Pacton
di
di
teSto e Foto di
Keri gonzato .....................................
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Svaghi ....................................................................................................................
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Tendenze Eventi. Boutique music festival
di
Redattore responsabile Fabio Martini
Coredattore
Giancarlo Fornasier
Photo editor Reza Khatir
Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55
Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 29 88 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook
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In copertina
Dentro se stessi Illustrazione ©Bruno Machado
Piccolo, ma molto inquinante Gettare rifiuti per strada e imbrattare l’ambiente sono comportamenti poco civili e (purtroppo) piuttosto diffusi. Sarà capitato a tutti di vedere qualcuno “far cadere” con noncuranza cartacce e plastiche per strada o in un’area verde, oppure assistere al lancio di mozziconi di sigaretta gettati dal finestrino di un’auto in corsa. Atti non tollerabili e giustamente sanzionabili con multe, anche rilevanti. Che fare quando si assiste a piccoli eventi di volontaria maleducazione come questi? Andrebbero segnalati, almeno al diretto interessato… Più sovente, invece, si assiste al lancio del rifiuto impotenti. Ma chi lo ha fatto, a cosa pensava? Pochi giorni fa, percorrendo una strada cantonale del Sopraceneri, da una vettura che mi precedeva “fugge” quello che sembra proprio un mozzicone di sigaretta, rifiuto che svolazza e ricade a terra. Sulle fiancate dell’auto facevano bella mostra di sé i loghi di un ente che promuove il turismo canto-
nale e le bellezze del nostro territorio. Che vuoi che sia, un mozzicone. E poi è così piccolo… Ma forse non tutti sanno che per degradarsi in natura il filtro di una sigaretta impiega da 5 a 12 anni, a seconda delle condizioni climatiche. Nel portale della “Planet life economy foundation” (plef.org) si legge: “I mozziconi di sigaretta, gettati via dagli 1,5 miliardi di fumatori nel mondo, sono tanto inquinanti e pericolosi per l’ambiente e per la salute quanto i rifiuti industriali (…) Nel Mediterraneo rappresentano il 40% dei rifiuti (il 9,5% sono bottiglie di plastica, l’8,5% sacchetti di plastica, il 7,6% lattine di alluminio)”. La pericolosità e il grado di inquinamento causati dai mozziconi abbandonati per strada e in natura sono ben descritti alla voce “cicca” di Wikipedia: di facile accessibilità e comprensione, vale la pena leggerla attentamente. Faremmo un favore a tutti, ma soprattutto al nostro ambiente. Buona lettura, Giancarlo Fornasier
Nel prossimo numero Anticipando di qualche giorno l’inaugurazione di Tisana Lugano 2016 – nel Centro Esposizioni dal 28 aprile al 1. maggio – Ticinosette sarà in edicola con un’edizione speciale dedicata alla salute, al benessere e all’alimentazione sana ed equilibrata. Fra i temi non mancheranno approfondimenti sull’inquinamento acustico, sul fitness e le medicine alternative, sulla cura del corpo. Per informazioni sull’evento luganese (che quest’anno compie i suoi primi vent’anni) rimandiamo al sito tisana.com/tisana-lugano.
La palestra della mente Meditare. La neuroscienza sta elaborando dispositivi capaci di generare stati analoghi a quelli sperimentati durante la meditazione. Ma quali effetti produce sul cervello e sull’organismo tale pratica? di Mariella Dal Farra
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Agorà 4
enzin Gyatso, attuale Dalai Lama e Premio Nobel per la Pace nel 1989, spiega che medita quattro ore al giorno, tutti i giorni, e che in sostanza si tratta di un lavoraccio, nonostante lo faccia volentieri a fronte della serenità e chiarezza d’animo che ne deriva. Ma aggiunge anche che: “Se un piccolo elettrodo conficcato nel cervello mi liberasse delle emozioni negative non dovrei impiegare tutte queste ore a meditare per accedere a una condizione mentale libera dalle preoccupazioni”. Il pragmatismo del Dalai Lama colse di sorpresa i partecipanti al congresso annuale della Società per le neuroscienze che si tenne a Washington D.C. nel 2005, sollevando fra gli altri anche interrogativi di ordine etico. Soprattutto perché alcuni fra i presenti stavano in effetti già lavorando su questo particolare oggetto d’indagine, e cioè sulle modifiche prodotte a livello cerebrale dalla pratica della meditazione, e sulle sue possibili applicazioni in ambito clinico. A più di dieci anni di distanza da quel convegno, “l’elettrodo della meditazione” non è ancora stato fabbricato; in compenso la pratica, nelle sue diverse varianti, si è enormemente diffusa nei paesi occidentali. Perché? A detta di molti, perché funziona...
Il cervello mutante Com’è noto, il termine “meditazione” si riferisce a una serie di tecniche eterogenee che caratterizzano molte religioni orientali, a partire dal Buddhismo. Si tratta però di pratiche completamente diverse dalla meditazione intesa in senso cristiano, definita anche “discorsiva”, nella quale la mente è “attivamente impegnata in uno sforzo riflessivo per comprendere particolari aspetti della divinità”1. Se volessimo introdurre un parallelismo, di fatto improprio, con la nostra tradizione, la meditazione orientale può forse essere avvicinata alla preghiera contemplativa, e per certi versi a quella vocale (recitativa), lì dove la ripetizione di sillabe con significato devozionale sia suscettibile di indurre un particolare tipo di concentrazione. In questo senso, sarebbe interessante confrontare, sul piano neurologico, il tipo di tracciato prodotto dalla mente durante una pratica meditativa “standard” e quello configurato, per esempio, in risposta alla recita del rosario. È infatti assai verosimile che pratiche religiose anche molto distanti fra loro siano accomunate da “protocolli” volti ad attivare specifici stati di coscienza, che non ha caso tendono a essere riconosciuti come universalmente “positivi”. Fra questi, una particolare condizione di quiete, la percezione di una maggiore coerenza interna, tanto sul piano cognitivo che su quello emotivo, e la capacità di guardare al mondo con empatia o “compassione”.
“In una prospettiva neuroscientifica,”, dichiara il neuroscienziato Peter B. Reiner, “la meditazione può essere definita come una serie di esercizi mentali attraverso i quali una persona rafforza il controllo sul funzionamento della propria mente”2. Queste pratiche sembrano cioè funzionare come l’equivalente psichico di un esercizio fisico: una specie di allenamento. Per esempio, dall’analisi dei tracciati elettroencefalografici si è scoperto che i “meditanti” di lunga data sono in grado di coordinare “a richiesta” le oscillazioni inter-emisferiche delle onde gamma. Tale capacità di sincronizzazione delle onde cerebrali “potrebbe giocare un ruolo potenzialmente strategico nella capacità del cervello di costruire reti associative temporanee, che integrano funzioni cognitive e affettive nei compiti di apprendimento e nella percezione”.3 Inoltre, ci sono evidenze di come la meditazione possa addirittura modificare l’assetto “strutturale” del cervello, riducendo il volume di determinate aree (per esempio, dell’amigdala, un’area primariamente coinvolta nelle emozioni di paura e ansia) e aumentando la quantità di connessioni cerebrali (ispessimento degli assoni: la parte della cellula che si “allaccia” agli altri neuroni, lungo la quale viaggiano gli impulsi elettrochimici). Le due vie Tornando ora alle tecniche, possiamo forse raggruppare le pratiche di meditazione in due grandi famiglie: una privilegia la focalizzazione dell’attenzione, ottenuta tipicamente attraverso la ripetizione mentale di una sillaba (“mantra”) o la concentrazione sul proprio respiro; l’altra tende invece a mantenerla in uno stato di sospensione, una condizione che consente di registrare in maniera “neutra” tutto ciò che accade senza soffermarsi su alcunché in particolare. In ambito occidentale, l’esempio più noto del primo tipo è probabilmente la Meditazione Trascendentale (MT), formalizzata nel 1958 da Maharishi Mahesh Yogi e attualmente praticata da circa sei milioni di persone in tutto il mondo4. Il secondo tipo trova un’esemplificazione a sua volta molto diffusa nella Mindfulness, definita come “Una posizione mentale aperta e un’attenzione diffusa alle esperienze che avvengono nel momento presente, con un atteggiamento accettante e non giudicante”.5 Secondo Jon Kabat-Zinn, professore emerito di medicina e fondatore della “Stress Reduction Clinic” presso l’università del Massachusetts, la Mindfulness può aiutare le persone a gestire meglio lo stress, l’ansia, il dolore e la malattia, agendo direttamente sul sistema immunitario, come, per esempio, accade nel caso della psoriasi (patologia autoimmune strettamente connessa alla condizione psicologica della persona). A partire dal 1979, anno di fondazione della
clinica, questo ricercatore ha estrapolato dall’insegnamento buddhista (meditazione e Hatha yoga) una procedura priva di implicazioni religiose, ma in linea con gli standard scientifici internazionali, che ha visto riconoscere nel tempo le sue qualità terapeutiche. Uno studio indipendente ha, per esempio, preso in esame la pratica della Mindfulness in rapporto alla percezione del dolore. “Confrontata con quella dei neofiti, l’attività cerebrale dei meditanti «esperti» mostrava, nell’intervallo precedente la somministrazione di uno stimolo doloroso, una minore attivazione delle regioni tipicamente coinvolte nella risposta d’ansia (corteccia insulare e amigdala). Nello stesso tempo, l’attività delle aree coinvolte nella percezione del dolore si normalizzava più velocemente”6. Sul fronte del dolore psicologico, “diversi studi hanno documentato gli effetti benefici della Mindfulness sui sintomi ansiosi e depressivi, e la sua efficacia nel regolarizzare il ciclo sonno-veglia. Monitorando e osservando i propri pensieri ed emozioni quando si sentono tristi o preoccupati, i pazienti depressi possono imparare a usare la meditazione per gestire pensieri e sentimenti negativi nel momento in cui insorgono, riducendo così la tendenza alla ruminazione mentale”.7 Anche le pratiche come la Meditazione Trascendentale dimostrano di avere effetti terapeutici, o di aumento del benessere percepito. Esse comportano fra gli altri un miglioramento dell’attenzione: “paradossalmente, i meditanti «esperti» (più di 10mila ore di pratica) mostrano a livello cerebrale un’attivazione inferiore ai neofiti, [come se avessero] acquisito un livello di competenza che consente loro di concentrarsi con minore sforzo. Questi effetti somigliano all’abilità, tipica dei musicisti e degli atleti, di immergersi nel «flusso» della loro performance esercitando un controllo cosciente minimo”8. Tale “minore sforzo” si traduce nella capacità di rimanere vigili e concentrati più a lungo, proprio perché il quantum di energia richiesto è significativamente ridotto. Da circa dieci anni, la MT è sponsorizzata, fra gli altri, dalla “David Lynch Foundation”, che ne finanzia l’insegnamento soprattutto nelle scuole. L’iniziativa nasce dall’esperienza personale: David Lynch, visionario regista di film quali Eraserhead, Velluto blu, Mulholland drive e Twin Peaks pratica la MT da quarant’anni, e la ritiene uno strumento così valido per lo sviluppo psico-emotivo dell’individuo da essersi impegnato in prima persona nella sua diffusione. A prescindere dai testimonial d’eccezione, tutto lascia supporre che in futuro l’interesse per l’articolato ambito della meditazione continuerà a crescere.
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note 1 it.wikipedia.org/wiki/Meditazione_cristiana 2 P. B. Reiner, “Meditation on demand”, Scientific American Mind, nov/dec 2009, vol. 20, n. 6. 3 Ibidem. 4 Il dato è riportato sul sito ufficiale: meditazionetrascendentale.it 5 P. B. Reiner, “Meditation on demand”, Scientific American Mind, nov/dec 2009, vol. 20, n. 6. 6 Ibidem. 7 Ibidem. 8 Ibidem. per saperne di più Per gli approfondimenti: centromindfulness.net e meditazionetrascendentale.it. Si segnalano inoltre: La meditazione come medicina: Scienza, mindfulness e saggezza del cuore di R. J. Davidson, J. Kabat-Zinn e Dalai Lama (Mondadori, 2015); La scienza dell’essere e l’arte di vivere di Maharishi Mahesh Yogi (Astrolabio, 1978); BOOM! Viaggio nella Meditazione Trascendentale di F. Traversa (Chinaski, 2015).
Si prega di leggere il foglietto illustrativo. Disponibile nelle farmacie e drogherie. Biomed AG, 8600 Dübendorf © Biomed AG. 03.2016. All rights reserved.
Umano, troppo umano… Un’intrigante intuizione sottende “Ex Machina” che per altri aspetti si presenta come una variazione sul tema dell’Intelligenza Artificiale di Mariella Dal Farra
Alla base del film Ex Machina, film di fantascienza del
Arti 6
sul piano cognitivo, emotivo e affettivo – da quella di un 2015 a firma Alex Garland, un’intuizione riguardante la essere umano. natura di quell’oggetto immateriale, pervasivo e in costante espansione che chiamiamo “internet”: “I miei competi- Citazioni e ossessioni tor erano fissati sull’idea di appropriarsene e monetizzarne i Senza guastare le pur numerose sorprese riservate dallo contenuti tramite shopping o social media”, spiega lo scien- svolgersi della trama – dall’ossessione erotico-teologale ziato – non propriamente pazzo, ma comunque piuttosto dell’antagonista (rispetto al quale ci permettiamo soltanto disturbato e con un serio problema d’alcolismo – del film, di notare l’allusiva e folta barba... nera) fino al bizzarro “Pensavano che i motori di ricerca fossero una mappa di ciò “lieto-fine” – Ex Machina lascia nello spettatore la sensazioche la gente pensa. In realtà, ne di non avere mantenuto erano una mappa di come fino in fondo l’originalità la gente pensa. In maniera della promessa iniziale. La impulsiva, responsiva, fluida, complessità dell’incipit, che imperfetta, schematizzata, sembra alludere all’intrincaotica…”. seca molteplicità (e conL’idea, alquanto suggestiva, traddittorietà) della natura è dunque questa: che la umana, si appiattisce infatti rete telematica rappresennel corso del film su dicoti una replica della rete tomie più semplificate, tali neurale, sviluppata non per cui i personaggi – con in ambito intrapsichico particolare riferimento a bensì interpersonale; che quelli maschili – si rivelano i modi in cui le persone si essere o del tutto “buoni” o muovono con i motori di integralmente “cattivi”. La Una sequenza tratta dal film Ex Machina, di Alex Garland (da trbimg.com) ricerca rifletta fedelmente figura di Nathan Bateman, le “mappe cognitive” che in particolare, che già dal tracciamo e utilizziamo ogni giorno nel pensare; che l’in- nome si caratterizza come afferente alle vaste schiere degli sieme di tutti i movimenti di tutti gli utenti che navigano psicopatici celebri – il protagonista dello Psycho di Hitchcock in internet costituisca in questo senso uno specchio capace (1960) si chiama Norman Bates; quello di American Psycho di riflettere – e quindi, potenzialmente, riprodurre – la di Bret Easton Ellis (1991; trasposizione cinematografica del complessità della mente umana. 2000), Patrick Bateman – risulta un po’ stereotipata. D’altro canto, si tratta indubbiamente di un lavoro molto Essere o non essere ben curato. Impreziosito da una fotografia serica e da effetti Nella finzione narrativa, una tecnologia inedita permette speciali che gli sono valsi un Oscar, il film si pregia di una di riversare questo “materiale” in un ipotetico wetware1 per colonna sonora a opera di Ben Salisbury e Geoff Barrow produrre una psicologia artificiale terribilmente simile a (membro della band Portishead). Ex Machina segna inoltre quella degli esseri umani “naturali”. Di qui, lo svolgersi il debutto alla regia di Alex Garland, scrittore divenuto di una vicenda che ha come tema centrale il confronto famoso negli anni novanta con il romanzo The Beach, da fra umani e androidi: un topos che vanta prestigiosi cui è stato tratto l’omonimo film del 2000. Autore di libri e precedenti, da Metropolis (1927) di Fritz Lang – che crea sceneggiature, nonché produttore, Garland si è guadagnato il prototipo della “donna automa” in ambito cinemato- con questo film una nomination all’Oscar per il migliore grafico (in quello letterario esisteva già: l’“Olimpia” di soggetto originale. E.T.A. Hoffmann) – a Blade Runner (1982), che non a caso viene indirettamente citato all’inizio del film, quando al protagonista viene chiesto di eseguire un “test di Turing”2. note 1 Non tanto per scoprire se l’essere con cui dovrà interagire 2 Un nuovo tipo di hardware inventato dallo scienziato del film. “Il test di Turing è un criterio per determinare se una macchina sia sia o meno un androide (il suo statuto ontologico è infatti in grado di pensare. Tale criterio è stato suggerito da Alan Turing chiaro fin dall’inizio), ma piuttosto per stabilire se e in nell’articolo «Computing machinery and intelligence», apparso nel 1950 sulla rivista Mind” (it.wikipedia.org/wiki/Test_di_Turing). quale misura la sua capacità di relazionarsi si differenzi –
Ascolti Dialogo a due di Fabio Martini
Di Ivano Torre abbiamo scritto in passato su Ticinosette. Percussionista, improvvisatore, didatta e operatore culturale – nonché grande appassionato di vini e alimentazione biologica –, ha non di rado assunto posizioni personali e originali, soprattutto nell’ambito della didattica e contro la tendenza all’uniformazione dei saperi musicali, un atteggiamento che da tempo domina i percorsi di formazione di molte istituzioni. Alla base, in ultima istanza, la sua intima convinzione che “le vie dell’arte sono infinite” e qualsiasi dogmatismo e accademismo risulta di fatto inefficace. Questo suo ultimo CD, realizzato in compagnia del sassofonista Max Pizio – musicista raffinato, di grande esperienza e attivo in ambiti musicali molto vari –, rappresenta in un certo senso una duplice sorpresa rispetto alla sua consueta produzione di improvvisatore. Qui, infatti, Torre riprende cinque composizioni scritte una trentina di anni fa e totalmente rivedute e corrette alla luce della sua attuale sensibilità e dell’esperienza accumulata in
decenni di lavori e collaborazioni. Si tratta di brani in cui la relazione e l’interazione fra scrittura e improvvisazione è marcata (a prevalere è comunque la seconda), e in cui ciò che è fissato sulla carta svolge una funzione generativa nel dialogo improvvisato fra i due musicisti. L’altro aspetto interessante è dato dall’accorto uso dell’elettronica, introdotta con sapiente misura e sensibilità. Dodici brani contrassegnati da un’estrema essenzialità, quasi minimali nel loro incedere, e in cui la tensione ritmica e insospettabili valori melodici si intrecciano a creare situazioni sorprendenti e sempre nuove. I due stabiliscono interazioni in cui abilità tecnica, tensione e qualità espressive si interscano al più alto grado. Un lavoro originale e meritevole, da ascoltare con attenzione. Una piccola critica: i crediti dei due musicisti sono, di fatto, inesistenti. Max Pizio, per esempio, suona sassofoni diversi (dal baritono, al contralto, al soprano), ma di tutto ciò nelle note di copertina non troviamo alcuna traccia.
Iperturmax Max Pizio e Ivano Torre Tetraktys, 2015
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Il giardino dell’innocente Il romanziere francese Gilles Sebhan pubblica, con la casa editrice parigina “Le dillettante”, una biografia del discusso e dimenticato Tony Duvert di Daniele Bernardi
Storie 8
La copertina della biografia di Tony Duvert scritta da Gilles Sebhan
Quando le Edizioni Casagrande di Bellinzona, nel 2000,
diedero alle stampe la versione di Massimo Raffaeli de L’isola atlantica, Tony Duvert aveva cessato di pubblicare, e probabilmente di scrivere, da oltre un decennio. Allora, da tempo, si era installato a Thoré-la-Rochette, nella regione del Centro, in Francia, presso la casa della madre (la donna era deceduta nel 1996, nel due anni dopo l’arrivo del figlio). Il romanzo, che l’autore considerò il suo chef-d’oeuvre, da un certo punto di vista si discosta un poco dalla produzione di Duvert ed ebbe un’insperata fortuna: infatti, in quello stesso periodo, Gérard Mordillat ne aveva curato la trasposizione televisiva, diffusa poi su Arte nel 2003. L’adattamento dell’opera valse a Duvert una considerevole
somma in denaro: tra i 200mila e i 300mila franchi francesi; una vera manna dal cielo per un uomo che, ormai, viveva nel completo isolamento ed era oberato da ingenti debiti. Eppure, quando il regista inviò una copia del film allo scrittore, questi non fece alcun cenno e, cinque anni dopo, nell’estate del 2008, il suo corpo senza vita venne rinvenuto all’interno dell’abitazione. Ad accorgersi dell’accaduto era stato uno dei vicini che, notata la corrispondenza in eccesso nella buca delle lettere, si era rivolto alle autorità segnalando l’anomalia. Il ritrovamento del cadavere (era morto da oltre un mese) fu un evento scioccante per gli abitanti di Thoré-la-Rochette. Di Tony Duvert, nel paese, si sapeva forse poco (si faceva
vedere il meno possibile) e sul suo conto, da tempo, circolavano alcune voci riguardanti i suoi gusti sessuali. Non si potrebbe immaginare destino più assurdo per un autore che, giovanissimo, nel 1973, col volere di Roland Barthes, era stato consacrato dalla vincita del prestigioso “prix Médicin” per il suo quinto libro: Paysage de fantasie. Le inchieste di Gilles Sebhan Oggi il nome di Tony Duvert è poco noto. Eppure, in Francia, la sua opera, fin dagli esordi, appartiene al catalogo delle Éditions de Minuit (casa editrice che, storicamente, si è occupata dell’opera di autori quali Samuel Beckett e Marguerite Duras). Infatti, quando il direttore Jerôme Lindon si trovò di fronte il manoscritto di Récidive (1967), non ebbe esitazioni: Tony Duvert era un autore giovane (soli ventidue anni) che, presto, sarebbe diventato celebre. Di lì a poco, il ragazzo produsse, incessantemente, una notevole quantità di romanzi: Portrait d’homme couteau (1969), Interdit de séjour (1969), Le voyageur (1970), il citato Paysage de fantasie (1973) e altri ancora. In italiano, oltre alla già menzionata traduzione de L’île atlantique (1979), attorno agli anni novanta erano disponibili alcune versioni di Angelo Morino, Nico Mieli e Giancarlo Pavanello, soprattutto all’interno della Piccola biblioteca dell’eros delle edizioni ES: Recidiva, Il buon sesso illustrato, Diario di un innocente e Quando morì Jonathan. Ora viene naturale domandarsi come mai “un grande scrittore arriva a tacersi, e la sua opera a essere occultata”. A questo interrogativo, presto, ha voluto rispondere il romanziere Gilles Sebhan; il quale, in seguito alla scomparsa di Tony Duvert, ha svolto una vera propria inchiesta attorno al suo tragico destino. Dopo alcune ricerche, ha pubblicato quindi un primo breve saggio sul caso, intitolato Tony Duvert – L’enfant silencieux (Édition Denoël, 2010); e recentemente, presso la bella casa editrice Le dillettante, ha licenziato un corposo volume che, certo, saprà far discutere: Retour à Duvert. Il libro, che finora è stato segnalato per i premi Renaudot, Décembre e Médicin, porta alla luce una vicenda dimenticata e, insieme, coraggiosamente, colloca l’indiscutibile valore culturale dell’opera di Duvert all’interno del suo contesto storico. Recidiva Avvalendosi di materiali inediti e testimonianze spesso toccanti, Sebhan, finalmente, restituisce il ritratto di un artista che, come recita la quarta di copertina della versione de L’isola atlantica delle edizioni Casagrande, “andrebbe finalmente apprezzato per le sue doti di scrittore dalle risorse espressive sorprendenti”. Infatti, se c’è una peculiarità che, ancora oggi, lascia stupefatti, è certo l’indiscutibile capacità di Tony Duvert nell’inventare una lingua. Questo talento si espresse, e in modo dirompente, fin dagli inizi della sua carriera letteraria; quando, giovanissimo, dopo il tentato suicidio che seguì le sedute psichiatriche di chi lo voleva “guarire” dalla sua omosessualità, si impegnò nella prima redazione del suo romanzo d’esordio: Récidive. Prosa di grande bellezza e forza poetica, contraddistinta da un andamento frammentato, spezzato da continue variazioni del soggetto e dei punti di vista, Récidive è un
breve testo (un centinaio di pagine) che vede come protagonista un quindicenne, alter ego dell’autore, in fuga attraverso stazioni, stanze in affitto e strade provinciali dove ha luogo la sua smodata formazione sessuale. L’evocazione della creazione del testo, nel bel libro di Sebhan, è affiancata da una selezione delle lettere appartenenti a quel periodo cruciale in cui Tony Duvert, chiuso nel silenzio che contraddistinse la sua vita, si scoprì scrittore come Arthur Rimbaud si proclamò poeta: “Lavoro molto”, riferiva alla sua amica Claude Navarro, “Non si tratta degli studi, naturalmente, o del pianoforte. Un lavoro che è mio, che ho creato a mio uso; difficile, piacevole, necessario e che può donare, che dona, i suoi frutti. (...) Di questo lavoro, non ti dirò nient’altro. Ho impiegato degli anni per metterlo a punto”. Ma Recidiva non è solo un’epifania letteraria o il resoconto di un inquieto apprendistato “sentimentale”. No, c’è dell’altro. Quel che ribolle, nel fondo delle pagine, così come nel corpo dello scrittore, è una distinzione strutturale che, man mano, lo porterà a vedere nella sua esplicita attrazione per i fanciulli una critica a quella che chiamerà la società della “eterocrazia”. Il compromesso della scrittura Quindi, quel che caratterizza la scrittura di Tony Duvert è, in fondo, una certa natura criminale. Il suo caso, per certi versi, è assimilabile solo a quello di de Sade. L’idea di una nuova moralità, contrapposta a quella della civiltà dei consumi, si staglia perennemente come sottofondo dei suoi romanzi. Questa visione, che nel suo caso è decisamente prigioniera di una soggettività patologica e alienata, giunge a fare, senza mezzi termini, una sorta di apologia della pedofilia e a condannare l’istituzione della famiglia in quanto riproduttrice degli apparati di potere del sistema capitalista. Ma tale posizione delirante non esclude né la logica né una propria lucidità. Ed è da questo punto di vista che Duvert produce il suo discorso. È quindi evidente come si sono svolti i fatti e perché, attorno all’ombra dello scrittore, man mano, si sia allargato il cerchio del silenzio e, ovviamente, pure quello della disapprovazione. Eppure, oggi, bisognerebbe sforzarsi di vedere in Tony Duvert, soprattutto, “un fatto di «scrittura»”, come asseriva Giancarlo Pavanello nella sua nota a L’infanzia al maschile (Editori La Rosa, 1982). Egli appartiene a quella schiera di autori che, con estrema disperazione, si aggrapparono al proprio strumento perché l’esistenza, purtroppo, risultava loro intollerabile: “Sarò quindi intransigente mio malgrado”, scriveva nel suo Journal d’un innocent (1976), “così come sono scrittore controvoglia, perché non ho trovato a portata di mano altro statuto di cui vivere, altro compromesso meno distruttivo”. Con Retour à Duvert, Gilles Sebhan compie quindi un atto importante nei confronti della storia della letteratura francese. Le sue minuziose e appassionate ricerche hanno avuto come risultato un’opera commovente e, non di meno, dolorosa. Dopo il ritrovamento del corpo, le ceneri di Tony Duvert sono state disperse ne le jardin du souvenir del cimitero di Tours Sud. Non c’è alcuna iscrizione che porti il suo nome. La tomba dello scrittore sono i suoi dodici libri e gli altri testi che ci sono rimasti. Il lavoro di Sebhan è una visita commossa a questi luoghi.
Storie 9
Il partigiano
La storia di Sandro Pedroli, forse l’unico ticinese ad aver collaborato in prima persona alla lotta di liberazione italiana dal nazifascismo nelle formazioni partigiane di Giustizia e Libertà di Silvano De Pietro
Una
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vita ricca di emozioni, di avventure, di ideali, di anni non mi andava più. C’era la guerra civile in Spagna, tutti impegno sociale e solidarietà. È la vita di Sandro Pedroli, i giornali parlavano di Franco e della sua crociata di «civiltà», medico ticinese nato nel 1923, emigrato dapprima a Tori- ma io istintivamente ero per i repubblicani. Un esempio: a no, dove ha studiato, e poi a Zurigo, città in cui ha curato Trieste c’era il processo a tre slavi comunisti, i quali, alla promigliaia di lavoratori italiani e spagnoli, divenendone nuncia della loro condanna a morte, si sono levati e, a pugno consulente e amico. Ma soprattutto il dottor Pedroli è forse alzato, hanno cantato «L’Internazionale». Quel gesto mi aveva l’unico ticinese ad aver collaborato attivamente alla lotta impressionato”, prosegue Sandro. “La mia ammirazione per il coraggio di quei tre che, secondo di liberazione italiana dal nazifai giornali, andavano demonizzati, scismo, entrando a far parte dei è stata enorme. In seguito (credo servizi ausiliari delle formazioni fosse il primo anno di guerra) ho partigiane Giustizia e Libertà (vedi scoperto, un po’ nascosta in un animmagine al centro, ndr.). Quella golo di una libreria, la «Storia della del dottor Pedroli è un’esperienza rivoluzione russa» di Trotsky: era fuori dal comune, che intriga e contro Stalin, quindi per la censura suscita curiosità, come capita per fascista andava bene. Anche quella chiunque abbia vissuto in prima lettura (una cosa lunga e non facile persona eventi drammatici della da digerire) mi aveva impressionato; storia. Eppure lui la racconta con e per Trotsky ho sempre avuto una modestia, senza la retorica e il grande ammirazione”. compiacimento che spesso conNel giugno del 1942, la Croce traddistinguono le narrazioni deRossa organizza un periodo di vagli ex (veri o presunti) partigiani. Per gentile concessione di Sandro Pedroli canza in patria per figli di svizzeri Della sua famiglia dice che “eravamo Fremdarbeiter” a Torino. In realtà, per tutti gli anni all’estero. Anche Sandro parte con un gruppo di ragazzi, venti i Pedroli hanno goduto di un certo benessere. Il padre e viene ospitato da una famiglia di Bellinzona. Finite le Ernesto, un liberale patrizio di Bodio, lavora alla Linoleum vacanze estive, per non farlo rientrare a Torino la madre lo di Giubiasco (oggi Forbo-Giubiasco SA), e verso la fine del iscrive a dei corsi di francese a Losanna. Passato un anno 1923 accetta di assumere la rappresentanza della Linoleum e conclusi i corsi di francese, in Italia cade il fascismo (25 luglio 1943) e Sandro, tra speranze e illusioni, pensa di per l’intero Piemonte, e quindi di trasferirsi a Torino. Sandro (Alessandro), che ha sei mesi al momento del tornare a Torino per riprendere gli studi. Deve domandarne trasloco, trascorre l’infanzia e inizia le scuole elementari il permesso al Consolato germanico (“quello italiano non nel capoluogo piemontese. Intanto la famiglia si allarga: contava più niente”); e mentre lo aspetta, fa l’impiegato per nel 1928 nasce il fratello Guido, futuro filosofo e storico qualche tempo al Dipartimento del Lavoro, “guarda caso, del socialismo nella Svizzera italiana (vivrà poco – morirà sotto Guglielmo Canevascini”. Nel gennaio del 1944, dopo infatti nel 1962 – “ma in Ticino lascerà una forte traccia”, un viaggio faticoso, Sandro si riunisce alla sua famiglia, può riabbracciare il padre molto malato e riprendere gli studi di sottolinea Sandro). medicina. Ma i bombardamenti sono pesanti e producono danni gravi, la famiglia Pedroli è costretta a sfollare a Barge Speranze e illusioni Con l’avvento della grande crisi del 1929 le cose non vanno (a 60 km dalla città), i mezzi pubblici sono una lotteria, più tanto bene. I clienti cominciano a non pagare e i Pedroli anche seguire le lezioni all’università è un’impresa: Sandro rientrano in Ticino, a Lugano. Ma il papà Ernesto “non ri- e il fratello Guido si muovono soprattutto in bicicletta. usciva a ingranare neanche a Lugano”, racconta Sandro; e di conseguenza, nel 1933, la famiglia torna a Torino. Seguono L’ambiente giusto “anni molto, molto duri per il mio papà”. E per descrivere la Da studente di medicina fa pratica clinica seguendo spesso situazione, aggiunge: “Solo dopo ho realizzato che i gioielli di i suoi professori negli ospedali torinesi. Per caso scopre che una delle cliniche è in realtà una centrale clandestina mia mamma pian pianino erano scomparsi tutti”. In quegli anni il fascismo è già fortemente radicato nella del Partito d’Azione (di ispirazione social-liberale e resocietà italiana. “Io ero nei balilla e poi negli avanguardisti, pubblicana, è durato dal 1942 al 1947 ed ha preso parte come tutti: era obbligatorio. Poi, a un certo momento, a 16 alla Resistenza con le Brigate Giustizia e Libertà). “Il mio
professore (ma l’ho saputo solo dopo la guerra) era nel comitato piemontese del Partito d’Azione”, precisa Sandro. L’ambiente e il momento sono quelli giusti per prendere contatti e farsi coinvolgere nelle attività politiche clandestine in appoggio alla lotta dei partigiani. Il gruppo di Sandro, composto da una decina di persone appartenenti al Partito d’Azione e al movimento universitario torinese Gioventù d’Azione, è comandato da Carlo Casalegno (scrittore e giornalista che sarà ucciso nel 1977 dalle Brigate Rosse) e politicamente ispirato dal grande storico Franco Venturi (allora partigiano col soprannome “Nada”). L’abitazione dei Pedroli diventa un punto di riferimento: “Ogni tanto qualcuno che scappava veniva a dormire da noi una notte o due”, racconta Sandro. A casa sua i partigiani installano un ciclostile per stampare volantini che poi vengono messi nelle cassette delle lettere casa per casa: distribuirli sulla pubblica strada è troppo pericoloso. Oggi Sandro minimizza: “Guardandolo con gli occhi di adesso, svolgevamo un compito non determinante, un po’ di propaganda. Qualche volta ho recapitato armi. Non erano cose straordinarie, non abbiamo accorciato di un secondo la guerra. Però avevamo la convinzione di fare un buon lavoro, eravamo politicamente consapevoli e ci sentivamo partecipi della Resistenza”. Rappresaglia In realtà i rischi sono altissimi e sempre presenti. Una volta Sandro viene fermato da partigiani che non lo conoscono: si salva mostrando loro la tessera dei servizi ausiliari di Giustizia e Libertà. La stessa tessera, se vista dalle persone sbagliate, può significare l’arresto immediato, la carcerazione e anche la morte. Cosa tutt’altro che infrequente: “Uno dei nostri è stato preso e fucilato in piazza Vittorio Veneto, pochi giorni prima della Liberazione”, ricorda. E prosegue: “Una sera, con il coprifuoco, mio fratello volle uscire per andare a scrivere sui muri. Dopo poche centinaia di metri una pattuglia di quattro fascisti lo ferma e lo mette al muro per fucilarlo. Per fortuna, uno dei quattro ci conosceva e lo ha salvato” Ma non è finita. La pattuglia accompagna Guido a casa; il capo,
mentre gli fa la ramanzina, appoggia il cappello proprio sul ciclostile coperto da un panno nero. Se avesse guardato sotto quel panno sarebbero stati guai seri per i due fratelli. Un’altra volta Sandro e un suo amico ricevono un moschetto e gli viene chiesto di andare a sorvegliare di notte un gasometro. “Eravamo due ragazzi che non avevano ancora sparato un colpo”. Per puro caso i due non restano coinvolti quella notte in un lungo conflitto a fuoco, divampato poco lontano, tra operai della FIAT e truppe tedesche che volevano portar via i macchinari ancora funzionanti. Sandro riesce a cavarsela fortunosamente anche in un’altra occasione, quando incappa in una pattuglia delle famigerate Brigate Nere, avendo con sé materiale compromettente: solo il suo passaporto svizzero lo salva. Ma l’episodio più pericoloso e violento è quello che si verifica a Barge. Due altoatesini, che parlano italiano e si aggirano in paese, vengono individuati dai partigiani quali spie dei tedeschi. Ne nasce una sparatoria: uno dei due rimane ucciso e l’altro riesce a fuggire. Dopo poche ore arriva la rappresaglia delle SS: quattro morti e una sessantina di case date alle fiamme, compresa l’abitazione dei Pedroli. Normalità e impegno sociale Insomma, un anno e mezzo di tensione, vissuto pericolosamente, fino alla Liberazione (25 aprile 1945). Poi, il ritorno alla normalità con il completamento degli studi di medicina, il matrimonio, il rienro in Svizzera, la pratica clinica presso l’ospedale di Bellinzona. Nel 1953, l’apertura dello studio medico a Zurigo, dove Sandro Pedroli continua il suo impegno politico quale membro del Partito socialdemocratico zurighese. I suoi pazienti spagnoli gli chiedono di presiedere il comitato per l’amnistia politica degli oppositori di Franco (funzione svolta fino alla caduta del franchismo). In campo umanitario si impegna con la Centrale Sanitaria Svizzera e compie missioni mediche in Vietnam e in Corea. E non poteva, lui che ha vissuto la Resistenza, rifiutare agli ex partigiani di presiedere il loro “Comitato 25 Aprile” di Zurigo. Ma senza i pericoli corsi in gioventù a Torino.
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Hockey o tennis? <wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2tDAysAQAKbgTDA8AAAA=</wm>
PRIMA MANGIA <wm>10CFXLoQ5CQQxE0S_qZqbttlsqyXMvCIJfQ9D8vyLgENede549B35dj9vjuDdBd7FaiupZc2gGonXF0Cpkw4wKxgXLkoj0v0dUkQD21whMjDvEQjw2LV2THO_n6wNgsixmegAAAA==</wm>
poi decidi
Offerta a seconda della regione.
Per una buona sensazione di pancia.
M
i chiamo Herbert Pacton e sono un attore. Credo nel destino e sono convinto che la nostra strada sia già delineata. Questa foto che mi ritrae con la maschera a gas mi piace molto. Mi fa pensare a una realtà post-nucleare. Per certi versi viviamo già in una società così, in cui continuamente perdiamo pezzi di comunicazione. Siamo ostaggi dei telefonini. Riusciamo a parlare con qualcuno che è a Tokyo, ma non con gli altri clienti in coda con noi alla cassa del supermercato. Non io però, perché la comunicazione è il mio pane quotidiano. La svolta nella mia vita è avvenuta quando ho risposto a un annuncio sul giornale in cui cercavano animatori turistici. Prima di iniziare a lavorare bisognava frequentare un corso, naturalmente a pagamento, al termine del quale era previsto uno spettacolo davanti ai responsabili dei tour operator più importanti. È stato allora che ho capito che il palcoscenico era la mia casa. Avevo 23 anni e qualcosa si è acceso in me e da allora non ha mai smesso di ardere. Mi sono esibito con altri quattro ragazzi in una parodia delle Spice Girls: impersonavo la leader e ci ho messo così tanta energia che sono stato assunto seduta stante da uno dei tour operator. Per tre anni ho vissuto nei villaggi turistici tra Egitto, Messico, Tunisia e Zanzibar. Poi quella routine ha iniziato a stancarmi. In quel momento ho capito che cosa volevo fare nella mia vita: il cabaret. Ho mollato tutto e sono tornato a casa. È stato un vero e proprio salto nel vuoto. Scuole per diventare cabarettista non ne esistono. È una comicità che arriva dalla vita vissuta. Non è artificiosa e per farla bene devi averla nelle tue corde. Si tratta di raccontare stralci di vita estremizzando la realtà per far ridere il pubblico. È una comicità nuda, senza oggetti, in cui i tempi comici la fanno da padrone. E questo è proprio uno dei miei punti forti. Persino Michele, celeberrimo co-autore con Gino della trasmissione televisiva italiana “Zelig”, un giorno mi ha detto che i miei tempi comici erano perfetti. Per me è stato come vedere la Madonna. Ho frequentato due scuole di teatro a Milano e mi sono fatto le ossa nei laboratori, locali in cui comici affermati ed esordienti vanno a provare i loro pezzi. Era un mondo
nuovo per me, ma ricco di conferme. Ricevevo complimenti dai professionisti ed ero sempre più convinto di aver imboccato la strada giusta. Il salto di qualità l’ho fatto quando ho incontrato il collega Andrea Midena, un bravo autore che ha saputo capirmi e farmi lavorare al meglio. Con lui in un locale nel Varesotto è nato il duo: Midena e Pacton, in cui un padre ex comico fallito riversa su di me, figlio secchione, le sue frustrazioni. Lavorare in coppia è la forma che mi è più congeniale. Mi sento a mio agio sotto l’ala protettiva del duo. Con questo sketch siamo riusciti a entrare nel cast di “Zelig” e così le porte della TV si sono finalmente aperte davanti a noi. Per tre anni abbiamo lavorato tantissimo: serate in tutta Italia e spettacoli su navi da crociera. La mia vita è cambiata improvvisamente e sono stato catapultato in un mondo ovattato: la gente ti riconosce per strada, ti chiede l’autografo e al supermercato ti fanno persino saltar la coda. Ma nel 2007 l’idillio finisce e la collaborazione con il collega si interrompe bruscamente. L’aspetto più difficile del successo è restare sulla cresta dell’onda. In quel momento è caduto tutto e mi sono ritrovato a piedi. Perché quando fai parte di un duo, se la coppia scoppia, tu sei a terra e devi ricominciare da capo. Ma complice la mia filosofia di vita non mi sono scoraggiato. Non ho forzato le cose, perché sapevo che il destino aveva qualcosa in serbo per me. Il tutto si è materializzato con una telefonata. Era il comico John Peter Sloan che mi ha proposto una parte nei suoi corsi di inglese in chiave comica. Questa collaborazione continua ancora oggi perché il nostro rapporto di stima e amicizia reciproca è solido. Quando mi chiedono che lavoro faccio, mi piace rispondere che lavoro nella comunicazione perché questo e il comun denominatore delle attività che svolgo. Ora sono responsabile del progetto Nettune che riunisce le radio studentesche liceali ticinesi e recito nei giochi di ruolo in cui i venditori d’auto sono messi alla prova. Non ho idea di cosa mi riservi il futuro, perché tutta la vita è un laboratorio e noi siamo sempre dietro a provare.
HERbERT PACTON
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Dai villaggi turistici al successo in televisione. “Che cosa fai?”, lavoro nella comunicazione risponde lui, in quel grande laboratorio che è la vita
testimonianza raccolta da Elisabetta Bacchetta fotografia ©Davide Stallone
THERESA FAREWELL Detective a Thetapolis
di ???; fotografie ©???
L’ALTRO ADDIO testo e fotografie ©Reza Khatir
Camilla Parini è Theresa Farewell
Mi chiamo Theresa. Sono una detective privata e anche una sensitiva. Non ho un cognome perché non ho mai conosciuto i miei veri genitori. Ho risolto diversi casi e vorrei raccontarvi uno di questi. Vivo in una città chiamata Thetapolis, una città fondata su una struttura gerarchica molto rigida. Chi appartiene ai ranghi più bassi è infatti costantemente ricattato da minacce di licenziamento e chi non ha più un lavoro viene deportato nelle zone aride e contaminate al di fuori delle mura della città, dove vivono i diseredati non più considerati come veri cittadini. Ufficialmente io lavoro come amministratrice dei beni della mia famiglia adottiva.
Thetapolis è governata da sette uomini, ognuno dei quali appartiene a una famiglia di nobili, che governano la città da molte generazioni. Sono chiamati gli Hierophantes, coloro che spiegano le cose sacre. Essi esercitano il potere assoluto su tutto e tutti.
Gli Hierophantes stabiliscono le leggi e vivono in totale segregazione.
Per tornare a me, da bambina sono stata adottata da una coppia senza figli che mi ha amata e cresciuta come fossi loro figlia. Mi sono sentita accudita e protetta, ma il ricordo di una lontana solitudine mi ha sempre accompagnata, un ricordo distante e sempre presente. Sono diventata investigatrice forse perché avvertivo il bisogno di scoprire le mie origini.
A Thetapolis, a causa del livello di inquinamento e contaminazione, la maggior parte della popolazione è sterile. Per tale motivo i bambini sani, se nati in famiglie povere, vengono sottratti ai genitori per poi essere affidati a famiglie benestanti, in modo da assicurar loro un futuro comodo e agiato. Io sono una di loro.
Lavoro clandestinamente perché in questa città è vietato investigare, essendo la verità stabilita da chi governa.
A nessun cittadino è permesso dubitare. Ufficialmente non esiste nessun tipo di crimine, la felicità è un dovere così come la fedeltà agli Hierophantes. L’unico reato duramente perseguito è il “dubbio“ riguardo la verità ufficiale. I libri sono banditi e la lettura è sconsigliata ai cittadini. Seguire il notiziario è obbligatorio ed è considerata l’unica fonte legittima e sana di informazione. Beh, torniamo alla mia storia… Qualche tempo fa mentre stavo tornando a casa, nella stazione di Wayswater mi si è avvicinata un’anziana donna. Mi seguiva da giorni, e in effetti io mi ero accorta dalla sua presenza in più occasioni ma non avevo dato al fatto una particolare importanza. “Sei tu Theresa?” “Sì, cosa posso fare per lei?” “Quale è il tuo cognome?” “Non ne ho uno, ho le mie ragioni”, risposi un po’ irritata. “Ah, capisco, sarai stata adottata, vero? È questa la ragione?” “Forse ma non vedo perché debba interessarla… Ci conosciamo? Non mi pare...” “No, ha ragione, ma io vorrei ingaggiarla per un caso”, aggiunse la donna a voce bassa. “Ingaggiarmi?” “Si ma non posso pagarla tanto… sono disperata, mi resta poco tempo da vivere e prima di morire voglio trovare mia figlia che mi è stata portata via. Questo è il mio unico desiderio, mi può aiutare?”
Ci spostammo nel bar più vicino e lei mi raccontò come le era stata sottratta la sua bambina di cinque anni, una storia come tante a Thetapolis. Secondo le autorità lei, una umile donna delle pulizie, non era idonea ad allevare una figlia sana.
(...)
Irina, questo il suo nome, mi spiegò che aveva vissuto nel monolocale di una casa popolare per 36 anni senza avere più notizie della figlia. L’unica traccia che poteva darmi era l’indirizzo della casa in cui aveva vissuto con la bambina e nella quale le era vietato tornare. Così iniziai la mia ricerca. Mi recai nella vecchia dimora e cercai di scoprire qualcosa. Per fortuna, la custode del palazzo era sempre la stessa di tanti anni prima. Inizialmente riluttante nel darmi informazioni, davanti alla mia insistenza ammise di ricordarsi della giovane Irina e della bambina. Parlammo a lungo. Prima che me ne andassi mi diede una fotografia strappata a metà, raffigurante una giovane donna. Mi disse di averla conservata, anche se illegalmente, e che l’aveva trovata in un cassetto della stanza di Irina.
Mi sedetti in silenzio e a occhi chiusi tenendo in mano quell’immagine.
All’improvviso cominciai a vedere dei frammenti… una bambina felice abbracciata alla madre… la separazione brutale… una nuova vita in un’altra casa piena di agi…
Conservai la foto anche se mi sembrava irrilevante. Nelle settimane successive, vista l’impossibilità di consultare archivi e documenti mi trovai in un vicolo cieco, poi una sera, facendo ordine tra le mie carte, ritrovai la fotografia. (...)
Visto lo stato di salute precario di Irina, andai a trovarlo con l’idea di farle qualche domanda. Scoprii che era ricoverata in ospedale in serie condizioni. Mi presentai al suo capezzale, con la fotografia strappata e le chiesi se fosse lei la donna ritratta. Me lo confermò e con mano tremante estrasse da sotto il cuscino un’altra fotografia strappata raffigurante una bambina sorridente. Quando vidi la foto mi si fermò il cuore, quella bambina ero io.
Le due parti della fotografia combaciavano perfettamente. Dietro vi era scritto: “Io e il mio angelo nel giorno del suo compleanno”.
Presi la mano di mia madre tra le mie e guardandola le dissi: “Sono io quella che cercavi”. Lei mi strinse la mano e sorrise. Qualche giorno dopo spirò.
Mi chiamo Theresa. Sono un detective privato e una sensitiva. Farewell è il cognome che mi sono data, perché il momento più importante della mia vita, quello in cui ho ritrovato mia madre, è stato anche il più grande addio. Fine del 1. episodio
Concorso La foto del mese
Pubblichiamo la terza immagine selezionata tra quelle giunte in Redazione nell’ambito del concorso fotografico lanciato da “Ticinosette” ai lettori per il 2016. Il prossimo appuntamento è tra poche settimane...
L’equilibrio di Gian Piero Pampuri
Tutti possono partecipare al concorso fotografico anche se, per ovvie ragioni sono, esclusi categoricamente i professionisti della fotografia (ma non gli apprendisti fotografi e altre persone in formazione). Nel corso del 2016 i partecipanti potranno inviare una sola foto per ogni sezione, anche in tempi diversi. Abbiamo definito alcune temi con i quali potete sbizzarrirvi: l’avventura, il ritratto, le stagioni, la leg-
gerezza e l’equilibrio. Ricordiamo che in ogni invio deve essere specificata la sezione a cui si intende concorrere, oltre al proprio nome e cognome, l’indirizzo e un recapito telefonico. Come già indicato, le immagini – che saranno accettate solo se inoltrate in alta risoluzione (300/320 ppi) in modo da consentirne la pubblicazione – dovranno essere inviate al seguente indirizzo di posta elettronica: phototicinosette@gmail.com.
Mensilmente pubblicheremo un’immagine selezionata tra quelle giunte nell’arco delle ultime settimane, e ritenuta la più interessante dal comitato di Redazione. Tra un mese verrà dunque pubblicata la quarta fotografia selezionata e alla fine del 2016 le migliori saranno raccolte in un reportage. Il vincitore finale, selezionato sempre dalla Redazione, riceverà un premio in contanti di ben 400 franchi.
BOUTIQUE MUSIC FESTIVAL Tendenze p. 45 | di Keri Gonzato
U
n ambiente intimo, raccolto ed esclusivo dove accoccolarsi (o scatenarsi) nella musica di artisti e band di fama internazionale. Accade a Zermatt, tra la fine dell’inverno e il principio della primavera. Da quasi un decennio la località di montagna apre le porte alla musica acustica con lo Zermatt Unplugged. Anno dopo anno, ospitando performer come Suzanne Vega e Chris de Burgh, Alanis Morissette e Billy Idol, Lionel Richie e Jason Mraz, OneRepublic e Mando Diao, è divenuto un punto d’incontro d’eccezione per gli amanti del suono puro. Un festival di montagna tanto piccolo quanto prestigioso…
PICCOLI FESTIVAL CRESCONO
Chi ha voglia di sperimentare l’ambiente da festival in formato boutique ha diverse opportunità da cogliere, sparse per il mondo. Oggi, le kermesse mignon sono più vivaci e numerose che mai. La combinazione “luogo spettacolare + ospiti esclusivi” rende questi eventi XS davvero preziosi! In Bulgaria si è appena concluso l’Horizon che si definisce come “il migliore ski party d’Europa”. Cinque giorni di puro spasso musicale, facendo lo slalom tra piccoli palchi sulle piste e serate nei club della località invernale. La Croazia richiama una piccola folla di intenditori ogni estate al The Garden Festival dove, per una settimana, il villaggio di Tisno si trasforma in mecca della musica elettronica. La località sorniona, appoggiata sull’Adriatico, diventa una perfetta “socialite” ospitando feste in barca, appuntamenti segreti sulle isole, concerti in club all’aperto e in spiaggia. Più al nord, l’Islanda apre le porte a gruppi come Wu-Tang Clan e Kelis.
Secret Solstice, che avviene in tandem con Summer Solstice, è un boutique festival basato sulle tradizioni mitologiche e mistiche nordiche, stranezze incluse nel programma! In luglio, l’Inghilterra propone l’antidoto perfetto per chi è allergico a tende e fango. L’Henley Festival, con la sua epica location sul Tamigi, porta il concetto dell’evento boutique ai massimi livelli. Le tende sono sostituite da stanze di hotel immacolate, il cibo è preparato da chef stellati e ogni serata si conclude con uno show pirotecnico! Chi preferisce le note setose di jazz e dintorni non ha bisogno di andare lontano. Da 34 primavere, al riparo dai clamori del pomposo Montreux Jazz Festival, apre le sue delicate porte il Cully Jazz Festival. La meravigliosa regione del Lavaux-Oron, dove i vigneti scendono sinuosi fino al lago Lemano, questo aprile rinnova l’appuntamento. Un’occasione accogliente e piacevole dove godere della migliore musica, jazz e non solo… a “km 0”? Lo charme unico di JazzAscona, ti aspetta a inizio estate con musicisti da urlo sulle rive del lago Maggiore. La taglia ridotta non fa che rendere più prestigioso il festival… considerato oggi uno dei grandi eventi mondiali dedicati al jazz classico e al New Orleans’ Beat! La ciliegina è che i concerti in settimana sono gratuiti. Così come lo sono quelli di Estival Jazz, che riempiono di vita Piazza Riforma (Lugano) con ospiti musicali importanti, 100% offerti al pubblico! Per restare nella scoppiettante Lugano dei mesi estivi, consiglio di tenere d’occhio anche gli eventi, in formato mini, dello sfizioso e sorprendente LongLake Festival. Dura un mese intero e porta un sacco di bella musica per le strade della città!
MA TORNIAMO AL NOSTRO MACARON SVIZZERO…
Un dolcetto di evento, appoggiato tra le curve delle alpi. Allo Zermatt Unplugged si viaggia tra cantautori, folk, rock e reggae e, quest’anno, tra gli ospiti, ci sono alcuni dei miei gruppi preferiti. Xavier Rudd è un mito, australiano, della musica piena di anima e con un messaggio profondo e universale. Si schiera per i diritti dei popoli indigeni e per l’amore universale e le sue note sono potenti. Dall’Australia arrivano anche gli incantevoli Angus&Julia Stone. Il suono folk-poetico dei fratelli Stones, farà sognare e volare il pubblico oltre le vette innevate, a bordo di un “Big Jet Plane”. E poi c’è Jack Savoretti, che si esibirà sul palco The Alex sabato 9 aprile. Legato alla Svizzera dall’infanzia passata in Ticino, a Carona, il cantautore italo-inglese vive da tempo a Londra. Con la sua voce sexy e le sue parole vere, sta incantando tutto il mondo. Jack è un’aficionado delle situazioni di concerto intime. Già per tre volte ha partecipato a un’altro piccolo festival tra le montagne italiane: il No Borders Music Festival di Treviso. Lo scorso agosto, si è esibito nella scenografica cornice naturale attorno al Rifugio Gilberti (1850 metri s.l.m) a Sella Nevea sul Monte Canin. Attenzione però: c’è chi dice che allo Zermatt Unplugged il suo concerto sia già sold-out! E ora vi lascio, è tempo di correre ad acciuffare gli ultimi posti a bordo per una settimana di musica bollente ad alta quota… con vista imperdibile sul Cervino!
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l Cully Festiva z z Ja y nd a 4 Cull tice Isla 8–16.0 ret Sols c e S con a s 6 A cona, s 19–21.0 no A z z al Luga 2.07 Ja e Festiv k 23.06– la g zia n a o al Cro 23.07 L n Festiv e rd 23.06– a G e 6.07 Th drisio 29.06– zz Men Ja l a terra iv t Es l Inghil 3– 4.07 Festiva y le n e no 7H z Luga 6–10.0 ival Jaz t s E 7 9–11.0
La domanda della settimana
Avete già prenotato le vostre vacanze estive oppure scelto la destinazione?
Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 21 aprile. I risultati appariranno sul numero 18 di Ticinosette.
Al quesito “Avete visitato il centro LAC di Lugano oppure assistito a uno degli eventi proposti?” avete risposto:
SI
50%
NO
50%
Svaghi 46
Astri ariete Fase sentimentale positiva e ricca di stimoli. Opportunità durante un viaggio in un paese estero. Novità. Andamento bi-polare tra il 20 e il 21.
toro Con il transito di Mercurio il vostro aspetto tenderà a modificarsi anche in ordine agli effetti del trigono con Giove. Colloqui di lavoro, incontri.
gemelli Momento critico nella gestione dei rapporti familiari natali. Positive per la vostra vita sentimentale le giornate comprese tra il 20 e il 22 aprile.
cancro Novità sentimentali. Possibile un viaggio all’estero. Cambiamenti rivoluzionari per i nati nella seconda decade. Attenzione tra il 20 e il 22.
leone Periodo attraversato da originalità e da spirito costruttivo grazie ai transiti con Saturno e Urano. Tra il 20 e il 21 possibili incontri interessanti.
vergine Attenti a non esagerare con il cibo, o con qualunque altro atteggiamento inidoneo a calmare le vostre ansie. Affrontate un problema alla volta.
bilancia Settimana decisiva. Cavalcate l’onda del cambiamento. Particolari le giornate comprese tra il 18 e il 20. Emotività alle stelle. Seguite il cuore.
scorpione Mercurio in opposizione: evitate di affrontare le situazioni utilizzando schemi troppo rigidi. Ottime opportunità per i nati nella seconda decade.
sagittario Il momento si presenta favorevole per compiere una decisione importante in ordine alla vostra vita sentimentale. Fortuna professionale per i più creativi.
capricorno Il transito di Plutone richiama una ulteriore evoluzione spirituale. Vita nuova. Opportunità tra il 17 e il 19. Guadagni tra il 17 e il 18 aprile.
acquario State per incontrare la vostra anima gemella. Ancor meglio se straniera. Nuove esperienze. Desiderio di nuove emozioni. Guadagni tra il 17 e il 19.
pesci Il momento si presenta ottimale per chiudere sul nascere una lite. Amplificazione delle capacità comunicative. Luna in opposizione tra il 17 e il 19.
Gioca e vinci con Ticinosette
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Orizzontali 1. Distorsione • 10. Pilotano aerei • 11. Fa dolere il piede • 12. Il Paradiso perduto • 13. Lo usa il cestaio • 14. Rabbia • 16. Il dio sbuffante • 18. Frate • 20. Le iniziali della Magnani • 21. Fuggita di galera • 22. Lo cela il baro • 24. Preposizione semplice • 25. L’antagonista del Milan • 26. La figlia del Corsaro Nero • 29. Le iniziali di Rascel • 30. Un ottimo formaggio a pasta dura • 31. Località grigionese • 33. Avanti Cristo • 34. Nervosi, tirati • 35. Padre... toscano • 37. Le iniziali di Toscanini • 38. Regola • 40. Sei romani • 41. Riga centrale • 42. La bevanda che si filtra • 43. Storditi, offuscati • 47. Attraversa Berna • 48. Preposizione semplice • 49. Risonanza Verticali 1. Le gocce ottenute versando vetro fuso in acqua fredda • 2. Si vendemmia • 3. Il nome della Mangano • 4. Facevano riprendere i sensi • 5. Una bomba micidiale • 6. I limiti dello zotico • 7. La nota Papas • 8. Intacca la vite • 9. Ha composto celebri colonne sonore • 15. È vicino ad Arogno • 17. Un raggio del chirurgo • 19. Omicidio • 22. Giochi enigmistici • 23. Svezia e Thailandia • 25. Monte greco • 27. Stato asiatico • 28. Pari in antica • 32. Membrana oculare • 33. Le prime dell’alfabeto • 35. Baro senza pari • 36. I confini di Balerna • 39. Ciascuno • 42. Vezzo nervoso • 44. Turchia • 45. Consonanti in ateneo • 46. Mezzo tema
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La soluzione verrà pubblicata sul numero 18
Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate il numero 0901 59 15 80 (CHF 0.90) entro giovedì 21 aprile e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 19 aprile a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!
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Soluzioni n. 14
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Premio in palio: due carte regalo FFS
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La parola chiave è: 1
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La soluzione del Concorso apparso il 1. aprile è: CIGOLARE Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta sono stati sorteggiati: Albertella Micaela (Cagiallo) Rinaldi Fernanda (Rivera) Pesciallo Flavio (Lugano) Magrino Simone (Tremona) Rossi Emanuel (Acquarossa)
Ai vincitori facciamo i nostri complimenti!
Per il compleanno, l’anniversario, il matrimonio, il pensionamento o come ringraziamento, la carta regalo FFS è un’iLe Ferrovie dea azzeccata per ogni occasione. Chi la riceve può pagare in Federali Svizzere modo semplice e comodo i biglietti ferroviari FFS, i biglietti offrono 2 carte per un evento sportivo, un concerto, un viaggio e molto altro. regalo per La carta regalo è acquistabile presso tutti gli sportelli delle FFS e un valore totale potete stabilire liberamente l’importo da caricare tra 10 e 3000 frandi CHF 100.– a un chi. Con la carta regalo FFS potete anche pagare al distributore di fortunato vincitore. Ulteriori informazioni biglietti e presso circa 35 ferrovie private aderenti. E perché il regalo sia azzeccato per l’evento, potete scegliere tra tanti soggetti diversi. visitando il portale A proposito: ogni volta che pagate con la carta regalo FFS la validità ffs.ch/cartaregalo viene prolungata automaticamente di due anni!
Svaghi 47
Le marche Migros, qualità e prezzo da «mi piace».
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Natasha Marrer, collaboratrice produzione, Mibelle Group
www.noifirmiamo-noigarantiamo.ch