Ticino7

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№ 20 del 13 maggio 2016 · con Teleradio dal 15 al 21 maggio

CASA MANZONI

la residenza milanese del celebre scrittore torna a nuova vita offrendo al pubblico un interessante e ricco percorso museale

Corriere del Ticino · laRegione · Tessiner Zeitung · chf 3.–


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Ticinosette allegato settimanale N° 20 del 13.5.2016

Impressum Tiratura controllata

63’212 copie

Chiusura redazionale

Venerdì 6 maggio

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile

4 Visioni Il segreto dei suoi occhi di Fabio Martini ...................................................... 7 Gastronomia Asparagi. Il segreto di Cantello di Carolina invernizio ........................ 8 Società Educazione. Libertà e regole di FranCeSCa rigotti ....................................... 10 Letture Medicina quantistisca di giulio Carretti .................................................... 11 Vitae William Shakespeare di roberto roveda ......................................................... 12 Reportage Casa Manzoni di guido Mariani; FotograFie di vinCenzo CaMMarata......... 37 Concorso fotografico di Patrizia WySS ................................................................ 42 Kronos Velvet Underground 1966. Velluto e pelle nera di gianCarlo FornaSier ....... 43 Tendenze Natura e salute. Cucinare con i fiori di Patrizia MezzanzaniCa ................. 44 Svaghi .................................................................................................................... 46 Agorà Yemen. L’ultima guerra

di

Farian Sabahi .........................................................

Fabio Martini

Coredattore

Quelli con... quelli senza

Photo editor

Le statistiche parlano chiaro: in tutta Europa sono in aumento le coppie che nel corso della loro vita insieme decidono scientemente di non avere figli. Dal 2004 al 2014, per esempio, nel Bel paese l’incremento dei “senza figli” è stato di circa il 10%. D’altra parte le famiglie con figli tendono a restringersi e i nuclei con un solo figlio sono in netta crescita. Certo, si dirà, molto dipende dalle politiche sociali e dallo stato di salute dei diversi stati europei – in Francia, per esempio, pur registrando una contrazione, la famiglia numerosa con tre o quattro figli non è affatto infrequente –, ma sta di fatto che il fenomeno sta contribuendo all’invecchiamento generale della popolazione nel Vecchio Continente. Anche il nostro cantone, nonostante la buona tenuta economica anche in un periodo di crisi di lungo termine, rappresenta in tal senso un caso paradigmatico. Per esempio, i dati del 2013 rivelano che le coppie con figlio/i sono il 29,2% del totale (a cui va aggiunto l’8% dei nuclei monoparentali con figlio/i) mentre le coppie senza figli rappresentano il 23,7%, un valore anche da noi in costante crescita. Ma a fare da padroni sono proprio i single e le persone sole che rappresentano sul totale della popolazione il 37% dei ticinesi, Fabio Regazzi, una fetta consistente che ha Consigliere nazionale avuto l’incremento maggioPPD, TI re dagli anni settanta a oggi. Anche l’apporto demografico

Giancarlo Fornasier Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 29 88 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Casa Manzoni, Milano Fotografia ©Vincenzo Cammarata

che deriverebbe dalle coppie di immigrati, considerate generalmente più portate alla procreazione, sembra un mito da sfatare: in Italia, per esempio, nell’arco di soli cinque anni le coppie di origine straniera si sono assestate sui livelli nazionali. A prescindere dunque dalle differenti politiche nazionali, in Europa (ma anche negli Stati Uniti dove il numero delle donne single ha superato quello delle donne sposate) la tendenza sembra essere la medesima. Sfiducia nel futuro? Desiderio di vivere la relazione di coppia in modo più esclusivo mantenendo una vita sessuale più vivace e una maggiore attenzione al partner, come sembrerebbe accadere alle coppie “childfree”? Le motivazioni sono certamente diverse; sta di fatto che le società stanno invecchiando con evidenti ricadute sul piano delle scelte politiche, etiche, sociali e ambientali. Buona lettura, Fabio Martini

« L’iniziativa è fuorviante: promette <wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2tDAzMAcA8j2i7A8AAAA=</wm>

un servizio pubblico migliore. In realtà indebolisce il nostro già comprovato sistema e danneggia tutti! <wm>10CFXKsQ7CMAwE0C9ydHd1HAePqFvFgLpnqZj5_wnBxvC2dxzVG37u--Pcn0XQ3baZgVGK2TRZnNlcveAaAuNGOLllxt83CQPA-h6Dm8YizGHqK7K39_X6AOGphURyAAAA</wm>

»

Per questo, il 5 giugno, dite

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NO

alla dannosa iniziativa «servizio pubblico»


L’ultima guerra Yemen. È una delle guerre “recenti”, una delle tante che stanno infiammando il Medio Oriente. Un’area che interessi economici, strategie gobali, scontri religiosi, sete di potere e integralismi hanno trasformato nel luogo più insicuro e pericoloso del pianeta. A pagare, come sempre, sono i civili innocenti. E chi può fugge… di Farian Sabahi

S

Agorà 4

eimilaquattrocento morti per lo più civili tra cui duemila bambini. Secondo l’UNICEF, oltre diecimila morti per fame e mancanza di cure mediche tra i minori al di sotto dei cinque anni. Due milioni e ottocentomila sfollati che, a causa del blocco navale e della chiusura dei confini via terra, non possono scappare per sfuggire alla catastrofe umanitaria. Questo il bilancio di tredici mesi di guerra in Yemen tra i ribelli sciiti Huthi e le forze armate che rispondono a Mansour Hadi, riconosciuto dalle Nazioni Unite come legittimo presidente della Repubblica dello Yemen. Mansour Hadi è appoggiato da una coalizione guidata dai sauditi che da oltre un anno bombardano il paese prendendo di mira anche i quartieri residenziali, le moschee, le scuole e gli ospedali con il pretesto che lì si nasconderebbero i loro nemici. Colpendo con armi vietate dalle convenzioni internazionali e acquistate negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Italia e anche in Svizzera. Di fatto, quella in Yemen è una guerra per procura, nel senso che a fronteggiarsi sono da una parte una coalizione sunnita guidata dall’Arabia Saudita, dall’altra l’Iran che si erge a protettore degli sciiti i cui diritti sono negati in buona parte del mondo musulmano. Un passo indietro Andiamo con ordine, cominciando dalla primavera yemenita che nel 2011 aveva portato alla cacciata del presidente Ali Abdallah Salah, accusato di corruzione perché usava la Banca centrale come fosse stato il suo conto personale. Dopo mesi di proteste non violente scatenate dall’attivista e giornalista Tawakkol Karman, poi insignita del Nobel per la pace, la carica di presidente era passata al vice di Salah, Mansour Hadi. Un uomo del sud, un modo per scongiurare la secessione di quella parte del paese più aperta in termini di libertà di stampa e diritti delle donne che a lungo si era sentita colonizzata dal nord, conservatore e tradizionalista. All’indomani della primavera araba le diverse fazioni si erano riunite per due anni all’hotel Mövenpick nella capitale Sanaa per discutere del futuro dello Yemen. Durante la Conferenza del dialogo nazionale cinquecento delegati,

tra cui rientravano anche i “perdenti” ovvero la fazione del presidente uscente Ali Abdallah Salah i cui familiari continuavano comunque a coprire posizione strategiche, avevano discusso ed elaborato la bozza di una nuova costituzione in cui trovavano spazio anche i diritti delle donne. Se non ci fossero stati i bombardamenti della coalizione saudita, probabilmente la violenza contro le donne sarebbe diventata reato e il matrimonio delle bambine sarebbe stato vietato. Ma torniamo alla guerra, scoppiata perché la bozza di costituzione non teneva conto delle istanze di autonomia dei ribelli sciiti Huthi residenti nella regione settentrionale di Sa’ada, al confine con l’Arabia Saudita, dove maggiori sono state le infiltrazioni salafite. A settembre 2014 gli Huthi erano scesi sulla capitale Sanaa e a gennaio 2015 avevano preso il potere. Bloccato nella propria residenza, il presidente Mansour Hadi aveva deciso di lasciare lo Yemen e, passando per l’Oman, si era rifugiato a Riad. Da quel momento i problemi dello Yemen si sono intrecciati a questioni geopolitiche e in particolare allo scontro tra Arabia Saudita e Iran, al confronto tra sunniti e sciiti. Per i sauditi era infatti intollerabile che nello Yemen fosse al potere una minoranza sciita perché avrebbe potuto dare il cattivo esempio ad altre minoranze sciite presenti nella penisola araba. Non solo a quella del Bahrein (che in realtà rappresenta la maggioranza della popolazione laddove la dinastia regnante degli al-Khalifa è sunnita e ha represso nel sangue la primavera araba anche grazie all’intervento dei carri armati sauditi). Ma anche e soprattutto ai sauditi di fede sciita residenti per lo più nella regione orientale del regno, là dove si concentrano i maggiori giacimenti di petrolio: le loro istanze separatiste sono da sempre osteggiate, e a gennaio le autorità saudite avevano condannato alla crocefissione e alla decapitazione il loro carismatico leader religioso, l’ayatollah Nimr al-Nimr. Negoziati complessi Dopo tredici mesi di guerra, a fine aprile i rappresentanti dei ribelli sciiti Huthi e dei loro alleati (il partito dell’ex presidente Ali Abdallah Salah) e del governo di Mansour (...)


L A N U O VA H O N D A J A Z Z L A V I TA I N G R A N D E

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dall’ex presidente Ali Abdallah Salah (che quando era in carica era il loro peggior nemico) e dall’Iran che è formalmente contraria alla guerra ma, già lo sapete, si erge a difensore degli sciiti nel mondo. C’è la fazione del presidente Mansour Hadi, sostenuta militarmente dai sauditi e da una coalizione di cui fanno parte Kuwait, Qatar, Bahrain, Emirati, Giordania, Egitto, Marocco, Senegal, Sudan, Malesia. In questi diversi paesi non sempre c’è consenso su una guerra in cui vengono uccisi altri musulmani. Lo abbiamo visto negli Emirati Arabi Uniti, dove il servizio militare obbligatorio è stato esteso da nove a dodici mesi e le tensioni interne sono evidenti perché i soldati morti sono parecchi e il 5 settembre 2015 un missile a Marib ha ucciso cinquantadue emiratini per errore. L’emiro Ras al-Khaiman ha osato esprimere il proprio dissenso in pubblico, e per questo è stato trattenuto una notte ad Abu Dhabi.

Agorà 6

Ribelli Huthi (da wordpress.com)

Hadi si sono ritrovati a Kuwait City per discutere i termini della fine della guerra, sotto gli auspici del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che il 27 aprile aveva chiesto una soluzione. Negoziati che dovevano essere facilitati da un deescalation committee dell’Unione Europea e dalla presenza dell’inviato speciale dell’ONU Ismail Ould Cheikh Ahmed (filo-saudita). Negoziati avviati in ritardo – e interrotti a inizio maggio – perché gli Huthi hanno raggruppato le forze sul terreno per riprendersi alcuni territori e ridiscutere da un punto di forza. Stesse intenzioni da parte di Mansour Hadi, che con il sostegno degli Emirati ha cercato di conquistare alcuni quartieri di Sanaa, di Sa’ada e di Mukallah, diventata la roccaforte di al-Qaeda che da questa città portuale controllava seicento chilometri di costa. Negoziati difficili, perché la fazione di Mansour Hadi (sostenuta dai sauditi) esige che i ribelli Huthi consegnino le armi pesanti e se ne vadano dalle città che hanno conquistato. Per gli Huthi sarebbe una resa priva di senso, perché sono ben consapevoli di non aver perso la guerra. I negoziati avranno tempi lunghi. E se anche si arrivasse a un accordo, resterebbe la presenza destabilizzante dei jihadisti. Il mosaico yemenita è quindi davvero intricato. Ci sono i ribelli sciiti Huthi appoggiati

Uno scenario intricato In questo complesso mosaico yemenita ci sono poi sia al-Qaeda sia l’ISIS. Al-Qaeda è presente in Yemen da decenni, vanta migliaia di aderenti, ha legami con le tribù, in assenza dello stato fornisce alla popolazione sicurezza, servizi sanitari e giuridici. Ben più debole la presenza dell’ISIS, che in Yemen esiste in modalità franchising nel senso che si tratta di una versione locale che fa capo a leader stranieri (sauditi) con i quali si sono creati già a dicembre 2015 diversi contenziosi a cui sono seguite numerose defezioni. L’ ISIS ha messo un piede in questo angolo della penisola araba solo verso la fine del 2014, raccoglie poche centinaia di militanti, è concentrato prevalentemente nella città portuale di Aden e nella regione sud-orientale dell’Hadramaut. La natura brutale dello Stato islamico, che non risparmia violenza nemmeno ai musulmani, non piace agli yemeniti, in primis perché il 20 marzo 2015 l’ISIS aveva colpito due moschee sciite nella capitale Sanaa, uccidendo centocinquanta persone e ferendone oltre trecento. La situazione resta drammatica. Non ci si rende conto che in tredici mesi i bombardamenti della coalizione saudita hanno fatto più vittime di quante ne abbiano fatte gli israeliani a Gaza nelle ultime tre guerre. A criticare i sauditi sono in tanti. Oltre alle organizzazioni umanitarie, a prendere posizione anche le principali istituzioni museali: il British Museum, il Louvre, l’Hermitage a San Pietroburgo e il Metropolitan di New York hanno aderito a un programma dell’UNESCO per accendere i riflettori sui siti archeologici distrutti nel paese che un tempo fu della Regina di Saba.


Visioni Senza successo di Fabio Martini

È

da tempo, forse per scarsità di buone sceneggiature, che l’industria cinematografica americana si è gettata a capofitto sulla produzione di remake di pellicole realizzate in tempi recenti al di fuori del suolo statunitense. Penso, per esempio, al thriller francese Pour Elle diretto da Fred Cavayé e uscito nel 2008 con la buona interpretazione di Vincent Lindon e malamente riproposto da Paul Haggis due anni dopo con il titolo di The Next Three Days (protagonista Russell Crowe). In questo caso invece a ispirare il regista Billy Ray è una pellicola argentina che porta lo stesso titolo (La pregunta de sus ojos), un film straordinario tratto da un romanzo di Eduardo Sacheri e diretto da Juan José Campanella, che nel 2010 aveva ricevuto un meritato Oscar come miglior film straniero. Ma, pur mettendo in campo attori amati dal pubblico – da Nicole Kidman a Julia Roberts, da Michael Kelly a Chiwetel Ejiofor –, l’operazione pare stentata. A parte la mancanza di spontaneità e della naturalezza tutta latina degli interpreti dell’originale (si

pensi, per esempio, al collega alcolizzato ma acutissimo interpretato da Guillermo Francella), anche la reinvenzione della trama fa acqua da tutte le parti. Alla tragedia civile e interna al paese sudamericano sottoposto alla sanguinaria dittatura dei generali fa da sfondo, nel remake di Ray, l’America post 11 settembre, con la caccia ai terroristi e la paura dell’antrace (l’assassino è peraltro un infiltrato nei circoli jihadisti che ruotano intorno a una moschea di Los Angeles). Anche il lasso temporale, che nell’originale era di 25 anni, qui viene ridotto a 10 anni, mentre la vittima è la figlia di un agente FBI impegnata nell’antiterrorismo. Certamente un film curato, da vedere, con un ottima e drammatica interpretazione di Julia Roberts (sulla Kidman glissiamo, dato che pare sempre più indistinguibile da una statua di cera), ma che non può in alcun modo competere per spessore, ironia, profondità e originalità con la versione originale che resta, a parere di chi scrive, uno dei migliori film usciti nelle sale negli ultimi quindici anni.

Il segreto dei suoi occhi regia di Billy Ray Stati Uniti, 2015

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Il segreto di Cantello Maggio in festa a Cantello, il paese sul confine italo svizzero noto per coltivazione degli asparagi. Questo mese infatti rappresenta il clou del raccolto del rinomato ortaggio e numerose sono le iniziative in programma, tra cui la tradizionale sagra di Carolina Invernizio

La Sagra dell’asparago di Cantello, giunta alla settan- poiché cresce sotto cumuli di terra: in questo modo, non taseiesima edizione, richiama migliaia di visitatori da prendendo i raggi del sole diretti e non attivandosi la foItalia e Svizzera: il 14, 15, 20, 21 e 22 maggio l’asparago tosintesi clorofilliana, il turione rimane completamente sarà infatti protagonista assoluto, declinato in tante pre- bianco. A Cantello, cinque aziende (di cui una biologica) parazioni della cucina tradizionale e non solo. Coltivato vendono il loro prodotto a privati e ristoratori. Questa da quasi due secoli, l’asparago cantellese ha ricevuto da delizia di stagione ha conquistato anche il nostro cantoquest’anno il riconoscimento IGP (Indicazione geografica ne: rinomati ristoranti ticinesi hanno adottato l’asparago cantellese, protagonista di preliprotetta) dall’Unione Europea. bate preparazioni. Per esempio, il Una storia, la sua, che si perde ristorante Montalbano di Stabio nei secoli: dal 1800, infatti, il a il cui proprietario Claudio Cropaese sul confine ospita le colticitorti è da sempre particolarvazioni di asparagi. È una storia mente attento alla qualità dei di emigranti: muratori, operai, prodotti e il ristorante dell’Hotel manovali, scalpellini che nelVilla Principe Leopoldo di Lugala prima metà dell’ottocento si no dello chef Dario Ranza. L’arecavano in Francia per trovare l’asparago abita qui! sparago biologico di Cantello è Gastronomia lavoro. Nel sobborgo parigino di Riconoscimento IGP Europeo da gennaio 2016 anche entrato nelle cucine dello Argenteuil, dove ancora oggi si 8 chef di origini locarnesi Pietro producono gli asparagi, alcuni Leemann che nel suo ristorante di loro “conobbero” l’ortaggio. Pa Palatenda di via Collodi milanese Joia – tempio dell’alta Al ritorno in Italia portarono con cucina naturale e vegetariana, loro i rizomi e li impiantarono stellato Michelin – ha creato nel territorio cantellese. Il terrepiatti che sembrano opere d’arte no, sabbioso e che ben drenava con il prelibato turione cantell’acqua, si prestava perfettamenlese. I piatti di Leemann sono te alla coltivazione dell’asparago. delle vere e proprie opere d’arte Fino agli anni sessanta del novegastronomiche, in cui raffinacento la produzione dell’asparatezza, elaborazione, semplicità e go a Cantello era massiccia. Con purezza si fondono in un’unica l’avvento della meccanizzazione sinfonia di colori e di sapori. molti produttori abbandonarono La locandina della manifestazione di quest’anno la coltura, ripresa nell’ultimo decennio del novecento grazie ad alcuni intraprendenti Ritratto d’artista agricoltori. Nuove varietà derivanti dal Violetto d’Argen- Per rimanere in tema di “opere d’arte”, il Violetto d’Arteuil, più produttive e resistenti e nuove tecniche di colti- genteuil, la varietà pura da cui ha origine l’asparago di vazione, hanno permesso non solo di mantenere in vita la Cantello, è stato anche immortalato da Éduard Manet, coltivazione dell’ortaggio ma anche di diffonderlo su un uno dei padri dell’Impressionismo francese che visse e mercato che si sta espandendo sempre di più. Cantello, operò ad Argenteuil. Una sua tela, conservata al Wallrafinsieme a Mezzago, località della bassa Brianza, Rogaro sul Richartz Museum di Colonia, raffigura proprio un mazzo lago di Como e Cilavegna in provincia di Pavia è infatti di asparagi bianchi e violetti. La storia narra che il critico oggi uno dei maggiori centri di coltivazione degli asparagi e collezionista d’arte Charles Ephrussi acquistò la tela da Manet al prezzo di ottocento franchi. L’acquirente tuttavia in Lombardia. volle retribuire l’artista con la somma di mille franchi. Dimostrando riconoscenza, Manet dipinse di getto un Profilo di un asparago La raccolta dei germogli (l’etimologia greca asparagos signi- solo asparago (la tela in questione è conservata al Museo fica appunto germoglio) inizia nei primi giorni di aprile e si d’Orsay di Parigi) e lo inviò a Ephrussi con un bigliettino protrae fino a fine maggio. Si tratta di un asparago bianco che recitava “Ne mancava uno al vostro mazzo”.

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Libertà e regole

Come trovare il giusto equilibrio tra libertà e regole? In fondo la soluzione è sempre la stessa: educare e formare, come in tanti altri contesti dell’operare umano di Francesca Rigotti

Società 10

Il motto del Festival dell’educazione (EDUCA) che si è svolto a Rovereto (Trento) nell’aprile di quest’anno è stato “Libertà e regole”. Un bel motto per un bel festival, dotato anche di un bel logo, dal momento che il gioco tra regole e libertà era rappresentato da un cuore, composto per una metà da rotelle metalliche ispirate al meccanismo di un orologio, per l’altra metà da soffioni, i frutti del tarassaco o dente di leone, tanti stelini bianchi, leggeri ed eterei che un filo di vento riesce a disperdere. Il tema è stato coniugato ed esposto in vari modi dai relatori. C’è chi, per esempio, si è chiesto se la regola debba provenire dall’esterno oppure essere ogni volta concordata dai partecipanti all’esperienza educativa. Anche in questo caso occorre una buona dose di equilibrio: la regola che piove dall’alto può essere avvertita come opprimente e autoritaria e suscitare avversione; la regola concordata di volta in volta rischia di apparire debole e può richiedere molto tempo per la sua preparazione e adozione.

cui la voce racchiusa nella stretta canna di una tromba esce più acuta e più forte, così mi sembra che la frase, sottoposta al ritmo della poesia, si slanci con molto più vigore e mi colpisca con una scossa più viva”. Che limiti e vincoli in generale, e non solo nel caso della poesia, abbiano la stessa funzione della canna della tromba? In genere, si tende a pensare al contrario: un limite sarebbe non solo un confine, reale o astratto, che circoscrive un luogo: una siepe, una palizzata, un muretto, una pietra miliare; il limite è ciò che limita, che costringe e impedisce di andare più in là. Diciamo così di sentirci limitati e impastoiati nei movimenti come in un vestito troppo stretto se non in una camicia di forza. Ma pensando a quella sorta di imbuto rovesciato che è la tromba di Cleante e di Montaigne, potremmo invece forse arrivare alla conclusione che i limiti e i vincoli, proprio per il fatto che impongono restrizioni, possono portare a risultati più fruttuosi e produttivi che non l’assenza di regole.

L’originale manifesto del festival Come l’acqua Limite e autolimite È evidente – e lo esprimiamo, Persino il liberalismo, visione del mondo e concezione della politica che ha la libertà coscientemente o no, con le parole che abbiamo a disponel nome e che la libertà onora, è in buona sostanza una sizione e che costituiscono per il pensiero la prima e più cultura del gioco tra libertà e limite (e autolimite). È l’arte forte forma di vincolo – che regolare, vincolare e limitare di porre limiti e vincoli al potere altrui e al proprio, pur equivalgono a costringere, stringere, mettere in riga, allinell’esaltazione del valore della libertà. L’arte di saper neare. A simili azioni corrispondono, come ben sappiamo, sfruttare la forza del vincolo e della regola è importante metodi costrittivi e coercitivi, punitivi e correttivi. Eppure, e delicata, come illustra l’apologo della tromba di cui ho anche se la riga della scrittura, il solco dell´aratro, la trama parlato nel mio libro La filosofia delle piccole cose. Nella del tessuto e la rigatura musicale allineano e mettono in tromba il fiato, l’aria, entra dalla parte stretta ed esce dalla riga, il loro scopo è quello di limitare e costringere? O non parte larga. Ma quando esce non è uguale a prima. Com- anche di offrire ordine, senso e misura, armonia, bellezza presso dalla strettezza della canna il suono esce potenziato e, paradossalmente, libertà? Limitazione e contenimento e amplificato, più forte e più squillante. Scriveva Mon- dato dalle regole possono sollecitare e stimolare la creatitaigne – riprendendo un’osservazione del filosofo stoico vità meglio, talvolta, dell’assenza di barriere, come esprime Cleante – a proposito del suo rapporto con la poesia: “La un pensiero del poeta indiano Tagore: “L’acqua perde la sua storia è il mio nutrimento, o la poesia, che amo con trasporto bellezza quando non è più limitata da rive e si allarga in una particolare. Infatti, come diceva Cleante, nello stesso modo in dimensione monotona e indeterminata”.


Letture di Giulio Carretti

Biotin-Biomed forte In caso di disturbi della crescita di capelli e unghie ®

in seguito a carenza di biotina.

Medicina quantistica di C. Tribbia e P. Spaggiari Tecniche Nuove, 2016

Il

termine “medicina quantistica” appare sempre più spesso a indicare un nuovo modello di medicina che fa riferimento a quella parte della fisica, la fisica quantistica appunto, che analizza la realtà nel campo dell’infinitamente piccolo. Il nostro corpo è infatti costituito da un insieme di materia ed energia, indissolubilmente legate fra loro e commutabili una nell’altra. L’energia, inoltre, si manifesta come frequenza, e ne consegue che un corpo materiale non solo è dotato di energia, ma può anche emettere o assorbire frequenze. Il DNA, infatti, funziona come una sorta di trasmettitore–ricevitore, che emette e può ricevere segnali frequenziali e tutte le cellule dell’organismo sono in continua e istantanea comunicazione fra di loro e si scambiano messaggi elettromagnetici con precise finalità biologiche. Quando si produce un disturbo a livello della rete elettromagnetica di controllo e quindi nel sistema di autoregolazione, può determinarsi una condizione patologica. Anche le emozioni come rabbia, gioia, ansia hanno ripercussioni sul nostro organismo, modificando le frequenze che il corpo emette. Tutto ciò può essere rilevato, e di conseguenza, tramite il livello frequenziale, si possono indagare anche le emozioni. La ragione che ha portato a una nuova edizione di Medicina quantistica nasce dal fatto che nel corso degli ultimi dieci anni numerose sono state le ricerche cliniche e gli studi effettuati relativi a questa disciplina, sia in Italia sia all’estero. Lo sviluppo delle conoscenze scientifiche e i progressi delle tecnologie sulle basse energie nei sistemi biologici hanno infatti permesso la realizzazione di dispositivi in grado di rilevare flussi di energia sempre più deboli emessi dal corpo umano, dimostrando di conseguenza che gli organi sono in grado di emettere campi elettromagnetici ultradeboli. In questa terza edizione, che ha conservato e migliorato la trattazione delle basi della fisica e della medicina quantistica, gli autori, da molti anni impegnati in questo campo, hanno ripreso e ampliato l’argomento includendo le ricerche più recenti, per esempio le nanotecnologie, e arricchendolo con tutte le conoscenze relative alle terapie che possono essere utilizzate nell’ambito della medicina quantistica e i suoi sviluppi.

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S

ento sempre ripetere che della mia vita si sa poco. Anzi si maligna che io non sia neppure esistito e che i miei capolavori siano stati scritti sotto mentite spoglie da Francis Bacon, Philip Marlowe o addirittura dalla regina Elisabetta I! Tutte balle, naturalmente, ma forse è il caso che racconti una volta per tutte come stanno le cose. Allora, sono nato nel 1564 a Stratford-uponAvon, piccola cittadina non lontana da Londra e mio padre, John Shakespeare, era guantaio e conciatore. All’inizio gli affari gli andavano bene e riuscì ad acquistare casa e un po’ di terra. Altre proprietà gli furono portate in dote da mia madre e questo consentì a mio padre di darsi alla politica nella nostra cittadina dove fu anche sindaco. Avevo otto fratelli e ricordo della mia infanzia che preferivo andare a scuola piuttosto che imparare il mestiere di conciatore. Odiavo, infatti, l’odore delle pelli e preferivo studiare il latino e la letteratura classica. Mi sarebbe piaciuto andare all’università ma cominciammo ad avere difficoltà economiche e l’unica fu dedicarsi al negozio di famiglia. A 17 anni ho conosciuto Anne e me ne sono innamorato nonostante avesse otto anni più di me. Mi dicevano che non era la donna per me ma mi pareva bellissima e la bellezza da sola persuade gli occhi degli uomini senza aver bisogno d’avvocati, come ho scritto tempo dopo. In breve, ha scoperto di essere incinta e allora siamo convolati in tutta fretta a giuste nozze. Nel 1583 è nata Susannah e poi nel 1585 due gemelli, Hamnet e Judith. Ero legato alla mia famiglia ma non ne potevo più del lavoro di conciatore, di faticare per avere sempre pochi soldi in tasca. Ogni tanto a Stratford giungevano delle compagnie teatrali e alla fine, poco dopo la nascita dei gemelli, decisi di tentare la fortuna sul palcoscenico. Anche perché dovevo cambiare aria dato che un nobilotto della zona me l’aveva giurata dopo che avevo cacciato di frodo in una sua riserva! Scrivevo già sonetti, ma adoravo il teatro fin da quando studiavo a scuola le tragedie e le commedie degli antichi. In sintesi, il mondo stesso è un gran teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori: essi hanno le loro uscite e le loro entrate; e una stessa persona, nella sua vita, rappresenta diverse parti. Bastava metter su carta ciò che

vedevo attorno a me e mi ritrovai a scrivere forsennatamente, a recitare e a occuparmi della scelta degli attori e dell’allestimento degli spettacoli. Come dico sempre, la fortuna sa far entrar in porto anche le navi senza timoniere e io fui fortunato perché divenni famoso rapidamente e senza fare troppa gavetta. Anche la regina Elisabetta assistette a qualche mia rappresentazione e il mio successo sollevò invidie e malumori. Le malelingue cominciarono a blaterare che a favorirmi era un legame “particolare” con il conte di Southampton, un protettore. Certo, mi aiutò molto quando la peste fece chiudere i teatri nel 1594 e gli dedicai un poemetto, ma da qui a dire che ho scritto per lui i miei sonetti d’amore ce ne passa! Terminata la peste tornai a mietere successi e non ne avevo mai abbastanza. Cercavo di cavalcare la fama perché la gloria è simile a un cerchio nell’acqua che va sempre allargandosi, sin quando per il suo stesso ingrandirsi si risolve nel nulla. Non mi fermai neppure per la morte di mio figlio Hamnet nel 1596. Lo avevo visto poco, trascurato e ora l’avevo perso. Eppure ero troppo preso nel turbine del lavoro per compiangermi. Sotto il nuovo re, Giacomo I, passai di successo in successo e i membri della mia compagnia poterono fregiarsi del titolo di “uomini del re”. Mio padre grazie a me poté fregiarsi del titolo di gentleman e avere finalmente lo stemma di famiglia a cui da tempo aspirava. Divenni ricco e oggi sarei una sorta di Bill Gates se potessi godere dei diritti d’autore delle mie opere. Appena registi, musicisti e sceneggiatori sono a corto d’idee mi saccheggiano e pure gratis! Intanto, mi ero comprato una grande casa a Stratford e lì mi rifugiai a partire dal 1611 accanto a mia moglie Anne, che sempre aveva sopportato le mie assenze. Avevo scritto quasi 40 opere per il teatro, ma non toccai più la penna negli ultimi anni. La mia vita era volata, passata in un attimo: in fondo siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve esistenza…

WILLIAM SHAKESPEARE

Vitae 12

Il teatro è stato tutta la sua vita e ha sempre considerato l’esistenza stessa una recita su un grande palcoscenico. Ha inseguito fama e ricchezze ed è felice di essere ancora, dopo quattro secoli, l’inglese più famoso al mondo (assieme ai Beatles e alla Regina)

note storiche raccolte da Roberto Roveda nell’immagine: ritratto di William Shakespeare, incisione di Martin Droeshout tratta dal frontespizio delle “Commedie, storie e tragedie” pubblicate a Londra nel 1623


MILANO

Casa Manzoni di Guido Mariani; fotografie ŠVincenzo Cammarata

Una fotografia di Alessandro Manzoni. Nonostante lo scrittore avesse per indole una certa avversione a farsi ritrarre, fu oggetto di numerose opere


L’ingresso a una delle stanze al primo piano. La Casa Museo è stata organizzata seguendo un percorso espositivo diviso in sezioni: l’immagine di Manzoni, gli amici, i luoghi, l’iconografia dei Promessi Sposi e un inedito Manzoni “botanico”

“A

bbiamo acquistato una casa dove c’è un bel giardino di circa un decimo d’arpento, in cui non ho mancato di piantare dei liquidambar, una sophora, una thuja, degli abeti che, se vivo a sufficienza, verranno un giorno a trovarmi passando dalla finestra”. Così Alessandro Manzoni annunciava in una lettera all’amico linguista francese Claude Furiel l’ac-

quisto di una dimora per sé e per la sua famiglia, ai tempi composta dalla moglie Enrichetta e dai figli Giulia e Pietro. L’anno era il 1813, la casa era un piccolo palazzo di tre piani, un po’ malconcio, nel cuore di Milano, in Contrada del Morone, accanto a Piazza Belgiojoso. L’Europa era in fiamme: il 3 ottobre, due settimane prima della sconfitta delle truppe napoleoniche a Lipsia, lo scrittore firmava


Lo scalone di rappresentanza

l’atto di acquisto da Alberico de Felber davanti al notaio Giorgio de Castillia per una cifra di 107mila lire da versare in quattro rate entro il 1817. Enrichetta, figlia di un industriale svizzero proveniente da una famiglia di banchieri, mise come pegno per l’acquisto la sua eredità. “Ci troviamo contentissimi della nostra nuova casa”, scrisse la signora Manzoni qualche tempo dopo in una lettera, “per l’aspetto

veramente felice, sì nello inverno che nella state. Ma necessita di molte, molte riparazioni; le circostanze non ci permettono che di far quelle per il servizio immediato”. Manzoni, come auspicava nella sua missiva al Fauriel, vivrà a sufficienza in quelle stanze per vedere gli arbusti del giardino trasformarsi in alberi imponenti. Ma vedrà anche crescere la sua famiglia, assisterà a moti rivoluzionari, guerre d’indipendenza e alla


Lo studio dove Manzoni si ritirava per scrivere e per incontrare, davanti al camino, gli amici. La stanza le cui pareti sono ricoperte di volumi, affaccia sul giardino e fu il suo asilo e il suo rifugio. In basso, un particolare dello scrittoio nello studio

nascita dell’Italia unita; sopravviverà a due mogli (dopo Enrichetta Blondel ci fu Teresa Borri Stampa) e gran parte dei suoi nove figli e lavorerà, affacciato al giardino, alle varie stesure dei Promessi Sposi, l’opera che lo consacrerà come padre della lingua italiana moderna. Col passare del tempo quelle mura diventeranno il suo eremo e qui il 22 maggio 1873 l’autore, ormai Senatore a vita del Regno d’Italia e venerato come un padre della patria, spirò. Visite illustri La casa di Contrada del Morone, oggi via Morone, era di fatto un monumento nazionale già ai tempi del suo illustre inquilino. Ospitò ammiratori celebri come Cavour, Giuseppe Verdi e l’imperatore del Brasile Dom Pedro III, un monarca che amava la lingua italiana e tradusse in portoghese l’ode “Il cinque maggio”. Il 25 marzo 1862 varcò la soglia Giuseppe Garibaldi. L’eroe dei due mondi si presentò con umiltà e deferenza e abbracciò lo scrittore dicendo: “Permettete ch’io venga a prestare omaggio a un uomo che tanto onora l’Italia”. Il padrone di casa si schernì come suo solito: “Non siete voi che dovete rendere omaggio a me, ma io, che mi trovo ben piccino davanti al Duce dei Mille”. La memoria di quegli ambienti rischiò di andare persa per sempre dopo la morte del Manzoni. Nel 1874 la casa venne posta in vendita dagli eredi al prezzo di 280mila lire. Fu acquistata dal conte Bernardo Arnaboldi Gazzaniga che la conservò però nel pieno rispetto delle memorie manzoniane, permettendo la visita allo studio e alla camera

da letto nell’anniversario della morte. Si succedettero altri passaggi di proprietà fino al 1937 anno in cui lo stabile, divenuto proprietà della Cassa di risparmio delle provincie lombarde, fu donato al comune di Milano purché fosse destinata in uso perpetuo ed esclusivo al Centro nazionale studi manzoniani, istituito lo stesso anno. Un gioiello ritrovato Oggi, in una Milano rinata grazie al successo dell’Expo, anche la casa di colui che i milanesi chiamavano con affetto “Don Lisander” è tornata a nuovo splendore. Nell’autunno scorso si sono conclusi dei profondi lavori di recupero e di restauro e Casa Manzoni è tornata a essere un punto di riferimento per il capoluogo lombardo. Questa rinascita


non è stata un percorso semplice. Il palazzo di Via Morone attendeva lavori di restauro da anni. Con l’avvicinarsi dell’Esposizione universale, Angelo Stella, presidente del Centro nazionale studi manzoniani aveva lanciato un appello per difendere un patrimonio culturale e di memoria minacciato dal passare del tempo. I locali in cui presero forma le vicende di Renzo e Lucia e venne plasmato l’idioma nazionale erano in preda alla muffa, minacciati da infiltrazioni, serviti da impianti inadeguati. Sembravano riecheggiare le parole di Enrichetta: “necessita di molte, molte riparazioni”. L’aiuto infine è arrivato e i lavori sono stati sostenuti da Intesa Sanpaolo con un finanziamento di 4 milioni di euro. Ma all’atto dell’inaugurazione Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza dell’Istituto, ha ricordato che si è trattato di “un impegno preso cercando di coinvolgere altre realtà milanesi, ma senza ricevere risposte”. La Milano che attendeva l’Expo era forse troppo rivolta al futuro e parte al mondo per ricordarsi del suo glorioso passato? Oggi poco importa, la Casa Museo è tornata a brillare con un progetto che ha previsto sia la ristrutturazione dell’edificio, progettato dallo studio dell’architetto Michele De Lucchi, ma anche un nuovo percorso espositivo e una più completa e curata offerta museale. Gli spazi aperti al pubblico a ingresso libero sono organizzati in sezioni dedicate a specifici temi: all’immagine dello scrittore (che era comunque assai restio a farsi ritrarre) e della sua famiglia, agli amici illustri, all’iconografia e i disegni dei Promessi

Sposi, al Manzoni “botanico” e alle sue biblioteche. Si può seguire grazie a documenti, pubblicazioni e lettere autografe anche il percorso letterario di un autore che fu poeta, drammaturgo e saggista. L’emozione più grande la si prova entrando nei due ambienti che rimandano direttamente alla presenza umana di Manzoni: la camera da letto, una stanza semplice e disadorna, rimasta come la lasciò, e lo studio in cui nacque l’epopea dei Promessi Sposi. Se sullo scrittorio sono nati personaggi immortali, davanti al camino si sono seduti gli amici Federico Confalonieri, Silvio Pellico, Carlo Porta, Vincenzo Monti. Si tenevano, ricordò l’amico letterato Cesare Cantù, “discorsi che alla confidenza univano spesso l’importanza, sempre una serietà conversevole, un’onesta libertà ed entusiasta di cose alte e belle; più spesso piacevole”. Su una lapide, posta nel cortile dell’edificio è riportata invece una frase di Niccolò Tommaseo: “Verrà tempo di migliore età che la nostra, che gli uomini si recheranno a visitare la casa di questo grande italiano, come luogo sacro”. Un auspicio avveratosi per un gioiello ritrovato.

Vince Cammarata Classe 1978, vive a Muralto. Graphic designer di formazione (Accademia di Comunicazione, Milano), ha un master of Science in Corporate Communication (USI, Lugano) e ha frequentato il Corso di Alta Formazione in Fotogiornalismo (Contrasto, Milano). Collabora con il settimanale Azione. vincecammarata.com

Il cortile del palazzo in contrada del Morone all’angolo con piazza Belgioioso. L’edificio, di proprietà di don Alberico de Felber, fu acquistato da Manzoni nell’ottobre 1813 al prezzo di 107mila lire


Concorso La foto del mese

Pubblichiamo la quarta immagine selezionata tra quelle giunte in Redazione nell’ambito del concorso fotografico lanciato da “Ticinosette” ai lettori per il 2016. Il prossimo appuntamento è tra quattro settimane…

Patrizia Wyss, Ritratto

Tutti possono partecipare al concorso fotografico anche se, per ovvie ragioni sono, esclusi categoricamente i professionisti della fotografia (ma non gli apprendisti fotografi e altre persone in formazione). Nel corso del 2016 i partecipanti potranno inviare una sola foto per ogni sezione, anche in tempi diversi. Abbiamo definito alcune temi con i quali potete sbizzarrirvi: l’avventura, il ritratto, le stagioni, la leg-

gerezza e l’equilibrio. Ricordiamo che in ogni invio deve essere specificata la sezione a cui si intende concorrere, oltre al proprio nome e cognome, l’indirizzo e un recapito telefonico. Come già indicato, le immagini – che saranno accettate solo se inoltrate in alta risoluzione (300/320 ppi) in modo da consentirne la pubblicazione – dovranno essere inviate al seguente indirizzo di posta elettronica: phototicinosette@gmail.com.

Mensilmente pubblicheremo un’immagine selezionata tra quelle giunte nell’arco delle quattro settimane, e ritenuta la più interessante dal comitato di Redazione. Tra un mese verrà dunque pubblicata la quinta immagine selezionata e alla fine del 2016 le migliori saranno raccolte in un reportage. Il vincitore finale, selezionato sempre dalla Redazione, riceverà un premio in contanti di ben 400 franchi.


Velluto e pelle nera Mezzo secolo fa il gruppo newyorchese Velvet Underground registra e pubblica “All Tomorrow’s Parties”, il primo singolo di un quartetto tra i più influenti e citati nella storia del rock di Giancarlo Fornasier

I Velvet Underground (e Nico) Della formazione che appare nei primi due album – Velvet Underground & Nico, 1967 e White Light/White Heat, 1968 – oggi rimangono in vita il polistrumentista e compositore John Davies Cale (classe 1942) e la batterista Maureen Ann “Moe” Tucker (1944). Il chitarrista Sterling Morrison è deceduto nel 1995 (cancro), mentre la cantante/attrice di origini tedesche Christa Päffgen (in arte Nico e che appare solo nel primo disco) è scomparsa nel 1988 per emorragia cerebrale a seguito di una caduta in bicicletta. Il 27 ottobre del 2013 viene invece annunciata la morte di Lewis Allan “Lou” Reed. Aveva 71 anni.

siede Angus MacLise, che con Cale suona anche nei progetti musicali minimalisti di La Monte Young. Angus diventa grande amico di Lou e lo introduce all’uso della metedrina (o metanfetamina). Secondo il biografo Victor Bockris questa droga “è la chiave per comprendere che cosa differenziò la musica di Reed e Cale dal calderone del pop americano della seconda metà degli anni sessanta, che era più basato su droghe leggere e allucinogeni”. MacLise, considerato un ottimo batterista, lasciò il gruppo in modo improvviso: non “amava” i concerti programmati (e pagati). Al suo posto arriva Maureen, sorella di un compagno di università di Sterling: “Avevo uno stile molto semplice, soprattutto perché ero autodidatta: fino a quel momento non avevo ancora imparato a fare una rullata o qualche altra cosa strana, e non mi interessava nemmeno”. “Niente ragazze nel gruppo, niente ragazze”, pare ripetesse spesso (l’inascoltato) John Cale...

Aprile-luglio 1966 A luglio esce il 45 giri “All Tomorrow’s Parties” (Verve), la prima pubblicazione ufficiale a nome Velvet Underground. Nel lato B la traccia “I’ll Be Your Mirror”, entrambe cantate da Nico ed John, Lou e Andy nel 1966 (©Nat Finkelstein, 1999) entrambe pubblicate anche nel primo album del 1967. Cale, che L’incontro con Andy Warhol nel pezzo suona il pianoforte, preparò il suo strumento ap- Dopo i concerti al Summit, i Velvet trovano un ingaggio al plicando delle graffette alle corde; da qui il suono “partico- Café Bizarre nel Greenwich Village (NY). Suonavano cover lare” che contraddistingue la composizione. Il brano venne e brani originali, come la neonata “Run Run Run”. Barbara inciso negli Scepter Studios di Manhattan in aprile, ma com- Rubin e l’attore Gerard Malanga, entrambi dell’entourage pare già in alcune registrazioni semi-acustiche “casalinghe” dell’artista/pubblicitario Andy Warhol presso la Silver (con pesanti influenze folk-dylaniane) del luglio del 1965. Factory, assistono a uno dei concerti nel quale Malanga – abitualmente vestito di pelle nera e con un’inseparabile Dicembre 1965: il primo concerto frusta decorativa – inizia a muoversi “in una sinistra danza I Velvet con Maureen alla batteria si esibiscono l’11 dicem- erotica”. L’esibizione è molto apprezzata da Reed e Cale. bre alla Summit High School di Summit (New Jersey) di La sera seguente al Bizarre ci sarà anche Warhol: dopo il conspalla alle “dolci melodie” dei 40 Fingers e ai The Myddle certo Barbara lo presenta Lou: “Ci scambiammo uno sguardo” Class. “Tutti furono investiti dall’urto stridente del suono, da un racconterà Reed “ed esclamammo: «Mi sa che ci divertiremo ritmo potente e più rumoroso di quanto avessimo mai sentito”; un sacco»”. Anche Nico quella sera sarà al Bizarre, appena la musica “si gonfiava e accelerava come una gigantesca ondata giunta nella Grande Mela. Entrerà nei Velvet per volontà di che minacciava di travolgerci tutti” (Rob Norris, studente). “Il Andy Warhol e del suo braccio destro Paul Morrissey: l’atmormorio di sorpresa che ci accolse mentre il sipario si sollevava trice doveva rafforzare la “scarsa presenza” scenica di Reed. aumentò sino a diventare un ruggito di disprezzo non appena cominciammo a suonare «Venus», e alla fine di «Heroin» si Warhol vs Tom Wilson era trasformato in un urlo di orrore e stupore” (S. Morrison). “In seguito il gruppo non ebbe mai più un produttore bravo come Tom Wilson. (...) Andy Warhol, messo tanto in evidenza come Le droghe e l’arrivo di “Moe” produttore, non fece niente” (J. Cale). “Il contributo principale Già dalla metà del 1965 il gruppo ha in repertorio “Heroin”, (di Warhol, ndr.) fu la capacità di vedere quanto fossero bravi “I’m Waiting For The Man” e “Venus in Furs”. Alla batteria i Velvet” (V. Bockris/G. Malanga).

Kronos 43


Cucinare con i fiori

Tendenze p. 44 – 45 | di Patrizia Mezzanzanica

Basta curiosare sugli scaffali dei più grandi supermercati d’Europa, soprattutto quelli con il reparto del fresco e la loro infilata di tenere insalatine miste guarnite di viole e petali di rose, per rendersi conto di quanto i fiori, siano entrati a far parte della cucina di ogni giorno. Non più solo prerogativa di un élite di esteti buongustai ma un vero e proprio trend sempre più popolare e democratico. Se un bel mazzo di fiori dai colori accessi e dal profumo inebriante vi

rapisce la vista e, nel frattempo, vi stuzzica l’appetito, non vuol dire che state impazzendo ma solo che siete entrati a far parte di una delle correnti culinarie più in voga del momento: la cucina con i fiori. Più che di vera tendenza e novità, a essere pignoli, si dovrebbe parlare di recupero di antiche tradizioni dato che, con i fiori, si cucinava anche migliaia di anni fa: lo facevano già i romani, i greci e i cinesi. A Roma si usavano petali di rosa e violette per profumare e insaporire le pietanze

Tartine ai fiori di borragine e zucchine (per 4 persone)

2 manciate di fiori di borragine; 4 zucchine grigliate; 250 gr di formaggio fresco di capra; 12 fette di pane casereccio; sale; pepe; olio extravergine di oliva

Amalgamare con una forchetta, o con un mixer, il formaggio, un po’ di olio, sale, pepe e i fiori di borragine, tenendone qualcuno da parte. Conservare la crema ottenuta al fresco e tagliare la zucchina per il lungo in quattro fette, quindi passarla in padella con un po’ di olio fino a doratura. Salarle e, una volta raffreddate, posare la zucchina sulla fetta di pane precedentemente tostato. Quindi coprirla con il formaggio e guarnire con un fiore di borragine.

servite nei grandi banchetti delle occasioni speciali; i greci cucinavano frittelle con i fiori del sambuco; la tradizione gastronomica orientale ha da sempre fatto uso di crisantemi, gigli e fiori di loto; nei teatri di Londra, all’epoca di Shakespeare, venivano offerti al pubblico acqua di rose e liquori aromatizzati ai fiori.

Chef e consigli Esistono circa duecento tipi di fiori edibili ma “solo” una cinquantina sono davvero adatti all’uso gastro-


nomico. Non sempre è facile trovarli e, spesso, la scelta è limitata ma il settore è in grande sviluppo. Se siete appassionati di mercatini floreali o alimentari, specie quelli di prodotti biologici, potrete notare che sempre più giovani, cresciuti nella coscienza ecologica, si dedicano alla ricerca e al recupero di queste piante e di queste tradizioni con coltivazioni dedicate. A tutto ciò, si aggiunge il lavoro di chef stellati che in questo campo trovano terreno particolarmente fertile al loro estro. Dalla zuppetta di ortica

con i fiori di borragine di Davide Pezzuto, all’insalata di fiori misti di Stefano Baiocco o, per restare in Ticino, dai tortelli con le cipolle candite ai fiori di zafferano di Lorenzo Albrici, al pavè di cioccolato nero con il liquore ai frutti di sambuco di Othmar Schegel. Nobilitati ed elevati al ruolo di protagonisti, i fiori continuano ad avere però, anche una funzione decorativa sia nei piatti sia nei cocktail. Non solo donano sapore ma anche un tocco di colore e fantasia. Per chi è abituato ad andar per

campi e vuol fare da sé, trovare fiori commestibili non è troppo difficile. Tantissimi sono presenti comunemente nei giardini o nei prati: viola, rosa, papavero, fiordaliso, primula, garofano, margherita, gelsomino e lavanda sono solo alcuni. Consigliabile sarebbe farli crescere nel proprio giardino o sul balcone, lontano da strade troppo trafficate e da possibili contaminazioni chimiche. Per questa ragione, in cucina, sconsigliamo vivamente di utilizzare quelli provenienti da fioristi o vivai.

Insalata di pasta con fragole, asparagi e fiori

Frittelle di fiori d’acacia

160 gr di pasta; 6 asparagi; 8 fragole; 1 cucchiaio di mandorle tostate e sbriciolate; fiori di salvia, borragine, tarassaco e rosmarino; olio extra vergine di oliva; sale; pepe bianco

10 grappoli di fiori d’acacia; 2 uova; 5/6 cucchiai di farina; 1 cucchiaio di lievito in polvere; 4/5 cucchiai di zucchero; latte intero; olio di semi per frittura

Far cuocere la pasta al dente e, dopo averla scolata, farla raffreddare. Tagliare le punte degli asparagi e bollirli in acqua salata per circa quattro/cinque minuti, quindi scolarli e farli raffreddare. Lavare le fragole, asciugarle e tagliarle a dadini, quindi unire alla pasta gli asparagi, le fragole e una manciata di fiori misti. Regolare di sale e pepe, aggiungere un filo d’olio e mescolare. Far riposare per 15/20 minuti, aggiungere le mandorle e decorare con altri fiori.

Sciacquare bene i grappoli e staccare i singoli fiorellini. Con una frusta sbattere i tuorli, la farina, il lievito e lo zucchero unendo il latte fino a ottenere una pastella abbastanza densa. Montare quindi gli albumi e amalgamarli al resto con un cucchiaio di legno, quindi unite i fiori. Scaldare olio abbondante in una padella e versare le frittelle aiutandosi con un cucchiaio. Una volta dorate scolatele, fatele asciugare su carta per fritti e, a piacimento, cospargetele con zucchero a velo prima di servirle.

(per 2 persone)


La domanda della settimana

Avete l’impressione che la Svizzera stia diventando un paese “statalista”, con troppe regole e leggi?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 19 maggio. I risultati appariranno sul numero 22 di Ticinosette.

Al quesito “Preferite gli uomini con barba corta e curata oppure più «libera» e selvaggia?” avete risposto:

SI

33%

NO

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Svaghi 46

Astri ariete Periodo favorevole allo sviluppo dei contatti di lavoro, soprattutto se vi dedicate all’arte o alla vita sociale. Possibili avanzamenti di carriera.

toro Fase segnata da incontri con personalità forti. Favorite le attività più creative. Momento buono per promozioni o guadagni inaspettati. Non siate pigri.

gemelli Grandi cambiamenti e svolte radicali, inaspettate, improvvise, soprattutto se segnate da ottimismo e da voglia di crescere. Disturbi di stagione.

cancro I moti planetari favoriranno atmosfere magiche e romantiche. Colpi di fulmine per i nati tra la prima e la seconda decade. Iperattività professionale.

leone Imparate a controllare il vostro egocentrismo. Attenti agli eccessi alimentari. I nati nella prima decade devono evitare manipolazioni in famiglia.

vergine Momento creativo per i nati nella terza decade. Riuscite a cogliere le manifestazioni più sottili della verità e così a scrutare i segreti dell’esistenza.

bilancia Esperienze emotive. Tra il 16 e il 18 le parti più profonde della psiche tenderanno ad affiorare. Ritrovata armonia per i nati nella terza decade.

scorpione A partire dal 17 maggio riuscirete a far valere la vostra personalità senza irritare troppo gli altri. Probabile insorgere di sorprese sentimentali.

sagittario La metà di maggio è segnata da cambiamenti importanti per quando riguarda la sfera del cuore. Manifestazioni pubbliche e fermento sociale.

capricorno Se volete realizzare un progetto di una certa importanza dovrete fare ricorso a tutte le vostre energie più profonde. Tenete la lingua a freno.

acquario Amore senza confini per molti dei nati nel segno. Seduzioni e atmosfere surreali. Eros e Psiche fanno da padroni. Qualche contrasto in famiglia.

pesci È giunto il momento delle scelte: o il cuore o le ambizioni. Prima di andare avanti siate sinceri con voi stessi. Bene il 17 e il 18. Seguite l’intuito.


Gioca e vinci con Ticinosette

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 20

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate il numero 0901 59 15 80 (CHF 0.90) entro giovedì 17 maggio e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 19 maggio a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Verticali 1. Squisiti pesci preparati alla livornese • 2. Osso del braccio • 3. Si contrappone a ipo • 4. Guida la nave • 5. Cuor di cane • 6. Bianca come la neve • 7. Il musqué del pellicciaio • 8. Chiara e limpida • 9. Il figlio di Anchise • 14. I confini di Osogna • 16. Salvò la fauna • 20. Decollano in verticale • 21. Colore centrale • 23. Vale a dire • 25. Rimpianti, tormenti • 27. È fragile • 30. Lo usa il tessitore • 32. Stupidaggine, stupidata • 34. Lo scrittore greco di Cheronea • 35. Alcoolisti Anonimi • 39. Affermare • 41. La Yoko di Lennon • 45. Chiude la preghiera • 49. Consonanti in cuneo • 51. Marina nel cuore • 53. Thailandia e Svezia

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Orizzontali 1. Un attrezzo del cuoco • 10. Sottrazione illegale • 11. Fiume francese • 12. Come sopra • 13. Segue la sera • 15. Vi confluiscono la Garonna e la Dordogna • 17. Dittongo in giada • 18. I confini di Lugano • 19. Pronome personale • 20. Congiunzione eufonica • 21. La canzone di Schubert • 22. Lago francese • 24. Paladino • 26. Antenati • 28. Preposizione semplice • 29. Il dio egizio del sole • 31. Si dice consegnando • 33. Regnante assoluto • 36. La nota più lunga • 37. Quelle napoletane sono quaranta • 38. Non cotto • 40. Due al cubo • 42. Avverso • 43. Uno a Zurigo • 44. Grosso vaso • 45. Attraversa Firenze • 46. Colpevoli • 47. La nota Martini • 48. Ricco senza limiti • 50. Le segnano le lancette • 52. Le iniziali di Tasso • 54. C’è quel del vero • 55. Abitavano Cuzco

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Con Prova Arcobaleno l’abbonamento annuale mi costa meno. arcobaleno.ch/prova

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Soluzioni n. 18

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La soluzione del Concorso apparso il 29 aprile è: TRONCARE Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Noemi Bellotti 6807 Taverne Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Questa settimana in palio: un abbonamento mensile Prova Arcobaleno del valore di CHF 199.– Arcobaleno offre un abbonamento mensile Prova Arcobaleno da CHF 199.– (tutte le zone, 2a classe) a un fortunato lettore che comunicherà la soluzione corretta del cruciverba. Da maggio a settembre l’abbonamento mensile diventa Prova Arcobaleno e regala un Rail Bon per passare all’abbonamento annuale. www.arcobaleno.ch/prova

Svaghi 47


Tavolino Ø 59 cm

59.90 Cuscino da pavimento Ø 70 cm

39.90

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