Ticino7

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№ 26 del 24 giugno 2016 · con Teleradio dal 26 giu. al 2 lug.

QUALE PARITÀ?

Stipendi inferiori, ostracismo, molestie, marginalizzazione, misoginia... la strada per la parità fra i sessi appare ancora lunga

Corriere del Ticino · laRegione · Tessiner Zeitung · chf 3.–


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Ticinosette allegato settimanale N° 26 del 24.06.2016

Agorà Storia africana. Una prospettiva distorta

63’212 copie

Chiusura redazionale

Venerdì 17 giugno

Editore

4

di

MaRco alloni ................................................

6

Salute Benessere. L’arte del respiro

di

KeRi Gonzato .................................................

7

di

Media Michael Cunningham. Oltre lo specchio Vitae Gabriele Bianchi

Tiratura controllata

RobeRto Roveda ............................

Kronos Parità. L’antico pregiudizio

Arti Simonetta Ferrante. Memoria del visibile

Impressum

di

di

elena boRoMeo................................

8

lauRa di coRcia ...........................

9

di

elisabetta bacchetta .........................................................

10

R. Roveda; foto di s. MenGani .....

35

MaRisa GoRza ...................................................

40

Svaghi ....................................................................................................................

42

Reportage Museo cantonale di storia naturale Tendenze Le parole della moda

di

di

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 29 88 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook

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In copertina

Soggetto 12 Fotografia ©Reza Khatir

Libero pensiero Gentile direttore, e rischi del genere. Io credo che siano cose che ho settantasei anni e fin da quando sono nato noi, nelle nostre belle e pacifiche terre, non ho abitato in Valle Maggia un posto che forse riusciamo neanche a immaginare. Per questo per chi non è ticinese è sconosciuto ma che io mi chiedo quanto coraggio abbia questa povera amo molto. Non tutta la mia famiglia però gente che dopo mesi di viaggi, di pericoli, di vive qui. Una parte di loro da molto tempo so- sevizie, affronta il mare, arrivando qui dove no diventati americani e vivono in California sembra che nessuno li voglia. Persone del vicino a una cittadina che si chiama Salinas. genere andrebbero accolte a braccia aperte e Uno dei fratelli di mio nonno poco prima che non rigettate come fossero appestati, e il Papa iniziasse la Prima Guerra attraversò l’Oceano a riguardo ha pienamente ragione. Forse mi con la sua famiglia, la moglie e tre figli ancora sono sfogato, ma è quello che penso. piccolini. Per fare quel viaggio vendette tutto S.L., Giumaglio quello che aveva e chiese aiuto ai suoi parenti che in parte gli diedero una mano. Non sapeva a cosa sarebbe andato incontro ma aveva un amico che si era trasferito lì qualche tempo prima e lo aspettava. Mio nonno, anche se ci ha pensato spesso, non ha avuto lo stesso coraggio di suo fratello che laggiù ha fatto fortuna iniziando a produrre formaggio Tra coloro che hanno scovato i 5 palloni da calcio presenti fino a fondare una tra le pagine del n. 24 di Ticinosette, sono stati estratti: industria casearia. Forse anch’io, come 2 3 1 mio nonno, non avrei Polloni Virna Rusconi Maria Paltenghi Simona Bellinzona Sementina Stabio avuto quel coraggio. Oggi alla TV vedo famiglie intere, giovani che vincono rispettivamente CHF 250.–, 150.– e 100.– in buoni acquisto. Complimenti alle fortunate lettrici! e bambini soli, attraIl Concorso è stato promosso in collaborazione con versare il Mediterraneo

SCOPRI I PALLONI!

Campionati Europei Francia 2016

rischiando la pelle (il mio parente prese il piroscafo mica il gommone…) e mi chiedo da che razza di inferno scappano per accettare condizioni

L’universo dello sport Centro S. Antonino Centro Serfontana


Una prospettiva distorta Africa. A lungo l’immagine prevalente dell’Africa è stata quella di un continente senza storia. Una visione, erede del colonialismo, che ha cancellato a lungo dalla memoria europea, e in parte anche da quella africana, il ricordo delle grandi civiltà pre-coloniali di Roberto Roveda

U Agorà 4

na delle grandi battaglie che gli africani si sono trovati ad affrontare nel processo di emancipazione dal dominio europeo è stata quella di affermare l’esistenza di una storia dell’Africa totalmente africana, estranea da ogni rapporto con l’Europa. Si è quindi dovuto, prima di tutto, fare i conti con l’idea di matrice europea-ottocentesca che l’Africa fosse un continente senza storia, senza civiltà, ai margini delle vicende mondiali con l’eccezione dell’Egitto e delle altre terre affacciate sul Mediterraneo. Questa immagine di continente sine historia derivava chiaramente dall’immaginario razzista del colonialismo ottocentesco e dalle dinamiche dell’imperialismo che concepivano il dominio europeo come il frutto di una presunta superiorità della civiltà “bianca”, giustificando così l’occupazione di territori, la discriminazione, lo sfruttamento di persone e risorse. In questa ottica Hegel poteva scrivere nel suo La filosofia della storia del 1831: “L’Africa è una parte del mondo che non ha storia, essa non presenta alcun movimento o sviluppo, alcun svolgimento proprio. Vale a dire che la parte settentrionale appartiene al mondo asiatico ed europeo. Ciò che noi intendiamo propriamente come Africa è lo spirito senza storia, lo spirito non sviluppato, ancora avvolto nelle condizioni naturali…”. Una prospettiva quindi totalmente distorta ed eurocentrica della vicenda storica africana ha innervato gli studi sull’Africa fino ad anni molto recenti. Ancora a metà del novecento provocò sconcerto la semplice constatazione dello storico e antropologo senegalese Cheikh Anta Diop (1926-83) secondo cui la storia dell’Africa ha inizio con l’antico Egitto e che la civiltà dei faraoni era prettamente africana. Questa tesi ebbe il merito di risvegliare il dibattito su una questione di primaria importanza: l’Africa ha avuto storia e civiltà le cui radici sono antiche quanto e più di quelle europee e queste radici non riguardano solo le aree affacciate sul Mar Mediterraneo ma concernono soprattutto l’Africa subsahariana, quella che gli europei hanno chiamato per troppo tempo “continente nero”.

I signori dell’oro e dell’avorio Questa vasta area a sud del grande deserto del Sahara apparve ai primi esploratori europei del XV e XVI secolo abitata da popoli con usanze e credenze differenti da quelle presenti in Europa, ma non inferiori. I primi europei in Africa vennero, infatti, a contatto con stati di vaste dimensioni, dediti ai commerci su vasta scala e lunghe distanze come avveniva in Europa. Stati caratterizzati da norme e gerarchie sociali e sovrani investiti di diritti semidivini. Insomma, un quadro sociale e politico non lontanissimo da quello dell’Europa al passaggio tra Medioevo ed Età Moderna. E quanto ci è pervenuto delle testimonianze di parte africana mostra che gli abitanti del cosiddetto “continente nero” non furono impressionati più di tanto dalla presunta superiorità degli europei. Non ci fu quindi, all’origine del rapporto tra Europa ed Africa, alcun impatto traumatico tra una civiltà superiore europea e una civiltà inferiore africana. Fu piuttosto un contatto basato sulla similitudine, sulla compatibilità e sulla volontà di instaurare proficue e pacifiche relazioni commerciali. Questo è soprattutto vero per due grandi aree del continente africano a sud del deserto del Sahara in cui grazie al commercio dell’oro e dell’avorio si erano formati grandi stati, ricchi e potenti quanto se non di più delle contemporanee strutture statali europee. La prima di queste zone è l’Africa subsahariana dell’ovest. In questa zona gli Arabi e i loro intermediari berberi, negli otto secoli che intercorsero prima dell’arrivo dei primi europei, si confrontarono a lungo con l’impero del Ghana (cioè la “terra del signore dell’oro”), esteso fin dal V secolo nell’attuale sud-est della Mauritania e in parte del Mali. Si trattava di un regno molto ricco: oltre all’oro, lo sfruttamento dell’avorio delle zanne degli elefanti, le pietre preziose e le pellicce di animali esotici permettevano ai sovrani del Ghana intensi scambi commerciali con gli arabi, che pagavano le merci con un prodotto che scarseggiava nella regione equatoriale, il sale. Nell’XI secolo il Ghana divenne


un regno vassallo degli arabi, si islamizzò per poi venire assorbito attorno al 1240, dall’impero del Mali, un altro regno africano islamizzato, che sorgeva lungo l’alto corso dei fiumi Senegal e Niger. Nel corso del trecento il Mali declinò per l’emergere di un altro stato-guida dell’Africa subsahariana occidentale: l’impero Songhai di Gao, che si estendeva su un territorio vastissimo lungo il corso del fiume Niger e che controllò i traffici commerciali nell’area a sud del Sahara fino alla fine del cinquecento. Si trattava, in ogni caso, di stati molto simili a quelli europei dell’epoca, caratterizzati da strutture gerarchiche, eserciti e da grandi città come Djenné, che tra il XV e il XVI secolo contava decine di migliaia di abitanti ed era circondata da possenti mura. Oppure la mitica Timbuktu, divenuta fulcro della cultura islamica nelle regioni a sud del Sahara tra il XV e il XVI secolo grazie alle sue biblioteche che raccoglievano manoscritti di tutta la letteratura araba. Siamo quindi di fronte, in pieno “continente nero”, a vere città da cui partivano ogni anno, già dal XIV secolo, carovane di pellegrini diretti alla Mecca. È, per esempio, passato alla storia il pellegrinaggio verso la Città santa dell’Islam del sovrano del Mali Mansa Musa nel 1324. Il sovrano giunse al Cairo accompagnato da circa dodicimila schiavi vestiti di tuniche di broccato e di seta e con tali quantità d’oro da provocare una vera e propria inflazione di metallo aurifero nell’area egiziana. Un aneddoto che dimostra quanto le riserve d’oro africane fossero in grado di incidere anche sull’economia mediterranea. La cultura swahili Il connubio tra civiltà e culture autoctone, relazioni commerciali e cultura islamica ha caratterizzato anche una seconda area a sud del Sahara: i territori orientali dell’Africa subsahariana, in particolare quelli affacciati sull’oceano Indiano. In quest’area la navigazione commerciale con la Penisola arabica, ma anche con il Subcontinente indiano e la Persia, favorì la crescita di una serie di grandi città portuali che si allungavano da nord verso sud lungo la costa orientale africana, dalla attuale Somalia fino al Mozambico. Si trattava di centri prosperi come Zanzibar, Malindi, Mogadiscio oppure Mombasa che impressionò i primi navigatori portoghesi per le sue case in muratura, le vie allineate e il porto in grado di permettere l’attracco anche a grandi imbarcazioni. Questi centri erano abitati originariamente da popolazioni di origine bantù e ospitavano quartieri destinati ai mercanti arabi, indiani, persiani. Si trattava quindi di città molto attive e dove lo scambio culturale era estremamente aperto tanto da dare origine alla cultura e alla lingua swahili (la “lingua della costa”), nate dal

connubio tra elementi bantù, arabi, persiani, indiani. In particolare la lingua era una sorta di idioma franco che facilitava i contatti tra i mercanti provenienti dalle diverse aree affacciate sull’Oceano Indiano. Queste città della costa svolgevano anche la funzione di mettere in collegamento il mondo arabo, quello persiano, l’Estremo Oriente e l’India con le zone di produzione dell’oro e dell’avorio dell’interno. In particolar modo, tra l’XI e il XV secolo ebbe la sua massima fioritura la cultura dello Zimbabwe, che prendeva il nome dalla sua capitale, Grande Zimbabwe, città fortificata di cui oggi sono ancora visibili le mura alte nove metri del palazzo reale e i resti di un grande santuario. Tratta degli schiavi e disumanizzazione Come abbiamo visto da questa rapida ricognizione, all’inizio dell’Età Moderna, l’Africa si presentava tutt’altro che priva di storia. Una storia che continuò ancora per secoli nonostante la presenza europea dato che la colonizzazione dell’Africa è stata soprattutto un fenomeno tardoottocentesco. Qualcosa cambiò, però, nei rapporti tra Europa e Africa, tra europei e africani. L’iniziale vicinanza e uguaglianza si trasformò prima in distanza poi in un diffuso disprezzo degli europei per i neri dell’Africa che fu generato dalla tratta atlantica degli schiavi. Mano a mano che cresceva il valore degli africani come “merce” venne meno la loro immagine come esseri umani e sulla base di questa disumanizzazione gli europei costruirono il loro immaginario e la loro storiografia sull’Africa. Gli africani diventarono quindi esseri inferiori, valutazione che forniva il pretesto ideologico alla loro riduzione in schiavitù in un momento in cui l’Europa affermava, con l’Illuminismo e la Rivoluzione francese, i principi di uguaglianza e libertà. Questo disprezzo crebbe a dismisura con l’aumento della disparità tecnologica ed economica dovuta alla Rivoluzione industriale e all’affermarsi del capitalismo imprenditoriale. E il disprezzo fornì le basi per il razzismo basato sul colore della pelle che fece da sostrato teorico al processo avviato dal colonialismo imperialista. L’Africa divenne allora un continente primitivo, sanguinario, selvaggio e la sua storia venne riletta in un’ottica puramente eurocentrica. Un’ottica priva di fondamento ma che col tempo divenne più reale della realtà, tanto da offuscare generazioni di storici europei e da venire introiettata anche dagli africani stessi, soprattutto tra le élite dominanti. Élite incapaci di liberarsi di questa lettura distorta della storia del loro continente anche dopo la fine del colonialismo, forse per timore di un rovesciamento di quello status quo che le garantiva, e le garantisce, i maggiori privilegi. Immagine Maschera rituale africana (da tess.com)

Agorà 5


L’antico pregiudizio Un bel libro che parla delle donne può anche intitolarsi “Contro le donne”. Ed è proprio questo il titolo che ha scelto il filosofo Paolo Ercolani, nel suo ultimo saggio pubblicato da Marsilio, per trattare del pregiudizio antifemminile nella storia di Marco Alloni

Kronos 6

Dall’antichità ai giorni nostri la donna è sempre stata La paura e il senso di inadeguatezza dell’uomo di fronte a vista come una sorta di maledizione. A partire dalla tanto questo essere così prossimo alla natura da sembrare inconvituperata Eva della tradizione biblica e dalla Pandora della trollabile, lo portano a sminuirne le qualità anche in periodi mitologia greca, non ha mai goduto di grande considerazio- apparentemente improntati alla sola ragione. Jean-Jacques ne. Secondo l’Antico Testamento, Eva – il cui nome significa Rousseau, il filosofo ginevrino che ispirò la Rivoluzione originariamente “vita” – non era prevista nei disegni celesti: Francese, scrive nell’Emilio che l’educazione della donna a dire il vero, la “vita” stessa non era prevista. Adamo ed deve essere ispirata ai più vieti valori casalinghi: cucire bene, rendersi bella agli occhi dell’uoEva dovevano semplicemente mo e via dicendo. A riprova che tenere compagnia al Signore nel l’antico pregiudizio – “il più antiGiardino Celeste. Poi, come sapco, radicato e trasversale della stopiamo, Eva indusse Adamo a ria”, come scrive Paolo Ercolani nutrirsi del frutto del peccato e nel suo recente saggio, Contro le da lì, insieme alla vita terrena, donne (Marsilio, 2016) – non solo sopraggiunsero tutte le sciagure ha spesso impedito alle donne che accompagnano l’esistenza: la di istruirsi e di studiare, ma le morte, la finitudine, la malattia e ha anche poste in una condivia elencando. Dunque Eva appazione di subordinazione rispetto re come la “colpevole originaria” all’uomo, rinnovando così l’antidei mali del mondo. ca dialettica fra padrone e servo. Da quel momento il pregiudiLeggermente più democratici di zio contro la donna non fa che Rousseau sono Karl Marx e Frieaffinarsi e ripetersi sotto nuove drich Engels che, nell’ottocento, forme. In epoca romana viene alle donne attribuiscono qualità proibito alle donne di bere vino che le rendono in qualche modo per paura che si lascino andare modelli per l’intera società. Ma a comportamenti sconvenienti. già Proudhon, nello stesso secoOvidio – nella sua Arte di amalo, ritiene che la donna dovesse re – arriva persino al punto di Immagine tratta da accademiafelicita.it invece rimanere chiusa in casa sostenere che nell’essere presa con la violenza la donna provi piacere. Ma la paura di per evitare di produrre danni sociali e politici. perdere il controllo sulla donna e sui suoi comportamenti si ritrova anche nella cultura greca. Per Platone la donna Paradossi del femminismo è la reincarnazione dell’anima di un uomo comportatosi Quanta misoginia, allora, accompagna la storia della donna male in una vita precedente, e Ippocrate redige addirittura nel corso dei secoli e dei millenni! Quanta paura e ostilità! un intero libro per dimostrarne l’inferiorità sia fisica sia Ma perché? Solo perché è responsabile della gestazione, intellettuale affermando il principio secondo cui, quando della riproduzione della razza? Solo perché assomiglia così la donna non consuma rapporti sessuali regolari, tende tanto alla natura da riuscire enigmatica e insondabile? Le ipotesi sono naturalmente molte. Resta comunque il fatto all’isteria e alla follia. che persino il femminismo sessantottino non sempre è riuscito a liberarsi dell’antico pregiudizio. E c’è chi, fra le Il pregiudizio più radicato Ma il pregiudizio contro la donna non appartiene solo femministe, ha teorizzato che l’emancipazione femminile alle epoche classiche. Persino un sottile pensatore come potrà dirsi compiuta solo quando uomini e donne cesseranSant’Agostino – uno dei Padri della Chiesa – definisce la no di essere distinti: cioè quando la donna diventerà una donna come la “parte debole” della Creazione. E nell’asso- “non donna”. Certamente negli ultimi decenni la donna ciarla alle pulsioni più basse dell’essere umano – passione, è stata riportata al centro del mondo, sia culturalmente sia irrazionalità, istinto – la rende del tutto simile a quella del socialmente che intellettualmente, ma la strada è ancora pagano Platone. Non diverso il discorso in epoca successiva. lunga e molte discriminazioni restano vive e irrisolte.


L’arte del respiro Respirare è vivere. Prestare maggiore attenzione alla qualità e al modo in cui si respira, può offrire notevoli vantaggi alla qualità della nostra vita e alla salute di Keri Gonzato

All’interno dei polmoni avvengono gli scambi gassosi indi-

spensabili al nostro organismo. Il giorno in cui l’aria cessa di circolare dentro e fuori è il giorno in cui la nostra vita in questo corpo è finita. Prima di allora sta a noi decidere il ritmo, la qualità e la potenza con cui inaliamo e rimettiamo in circolo ossigeno ed energia vitale. Più la qualità del nostro respirare è alta più viviamo in un corpo sano e vitale… Non a caso nello yoga si considera il respiro come il ponte che connette ogni essere umano all’esistenza. Il pranayama, ovvero la scienza yogica del respiro, nasce per insegnarci a controllare e direzionare il respiro in modo consapevole sfruttando appieno l’espansione polmonare con l’abbassamento del diaframma. Alla base degli esercizi del pranayama, in cui yama sta per controllo e prana significa energia vitale, si trova l’idea di permettere all’energia vitale di fluire dentro e fuori dal corpo in piena armonia.

di più nella prevenzione, con pratiche i cui benefici sono ormai comprovati da molto studi, si potrebbero risolvere svariate problematiche senza dover ricorrere a trattamenti farmacologici. Tra le tecniche elettive per ritrovare un equilibrio psicofisico ci sono proprio la meditazione e lo yoga, che permettono di recuperare la respirazione diaframmatica. Lo stesso si può dire delle attività fisiche aerobiche che, aumentando il flusso di ossigeno nel sangue riattivano tutti i processi vitali!

Respira e vivi! Insomma, respirare bene è maledettamente importante! Basti pensare che, nel lontano 1933, il premio Nobel per la medicina Heinrich Warburg scoprì che una delle cause principali del cancro è proprio la carenza di ossigeno nell’organismo. Inoltre, il sistema circolatorio linfatico che è il sistema di guarigione e prevenzione responsabile della difesa dell’organismo da batteri e malattie, non ha una pompa che Un dato allarmante permette di far circolare la linfa Molti anni prima di diventare innel corpo. Perché la linfa possa Immagine tratta da arogyamasthu.com segnante di yoga, il corpo iniziò raggiungere tutti gli organi e i a inviarmi dei segnali chiari di tessuti svolgendo le sue funzioni squilibrio. Qualcosa dentro di me si era inceppato. Come fondamentali è fondamentale respirare in modo corretto molti, giovani e meno giovani, soffrivo di ansia… I sintomi e sufficiente. La modalità che abbiamo in mano per far di questo stato di stress interiore erano particolarmente funzionare il sistema linfatico correttamente è quella di evidenti a livello della respirazione. Quando venivo presa favorire i movimenti respiratori, tramite una respirazione dall’ansia, sentivo il plesso solare diventare rigido come un diaframmatica corretta e tramite attività aerobiche. sasso e, di conseguenza, l’aria non riusciva a espandere il Ancora una volta, si riaccende il mantra “respira e vivi”! mio diaframma e i miei polmoni non avevano lo spazio per Prenditi il tempo di fermarti, mettere una mano sulla pancia gonfiarsi e contrarsi liberamente. Respiravo in modo affan- e sentire se quando inspiri questa si espande liberamente e noso e superficiale, mi sentivo compressa e bloccata. Poco poi, nell’atto di espirare, rientra, con l’ombelico che torna a poco, attraverso lo yoga e la meditazione, ho ritrovato il verso la colonna e poi via di nuovo. Prenditi il tempo per mio ritmo di respiro e di vita. Lo scorso 12 aprile, l’OMS, ha passeggiare, correre, andare in bicicletta e inalare aria a presentato un rapporto sulla salute mentale, pubblicato sul pieni polmoni per poi espirare. Sperimenta la meditazioprestigioso Lancet Psichiatry: tra il 1990 e il 2013 il numero di ne, partecipa a una lezione di yoga o impara un esercizio persone che sono andate incontro a problematiche mentali di pranayama leggendo un libro o seguendo le indicazioni è cresciuto: da 416 milioni siamo passati a 615, ovvero quasi online. Soprattutto, se noti che l’aria non circola liberail 10% degli abitanti attuali del pianeta. Tra la problematiche mente nel tuo corpo e che soffri di stress, ansia e scarsa più diffuse emergono ansia e depressione che, ogni anno, energia, ricordati che respirare bene ci rende più sani, nel costano al mondo mille miliardi di dollari. Se si investisse corpo e nella mente!

Salute 7


Memoria del visibile Presso il M.a.x. museo di Chiasso è possibile visitare la prima esposizione dedicata all’intera produzione artistica di Simonetta Ferrante: duecento opere realizzate con tecniche differenti e in un ampio arco temporale di Elena Boromeo

Arti 8

Ogni opera d’arte offre diversi piani di lettura. Dietro la creatività milanese, dove cultura industriale e design si composizione visiva c’è il messaggio, e dietro il messaggio intrecciano in un rapporto virtuoso. “Siamo in un’epoca ricca – se si scruta attentamente – si può scorgere la personalità di entusiasmi e di speranze; lo stile industria italiano cresce nelle dell’artista. Nel caso di Simonetta Ferrante, grafica milane- maglie di una imprenditoria media e piccola che vuole fare del se classe 1930, la personalità è un tutt’uno con i segni, i co- design la propria leva competitiva”, scrive Daniela Piscitelli. lori e i materiali delle opere. Ovunque, nelle sue tele, nelle “Non è una scelta consapevole, piuttosto un sentire comune sue incisioni e nelle sue sculture, che riunisce intellettuali, architetti, si coglie l’amore per la realtà che designer artisti e imprenditori nella la circonda, con tutte le sue luci e medesima voglia di rivalsa e di rile sue ombre, le sue superfici e le presa che il paese intero richiede”. sue profondità. Ma soprattutto, Sono appunto gli anni della forsi coglie la libertà che muove la zatura del limite, che spinge i desua mano, in un gesto carico al signer “verso ricerche spregiudicate contempo di coraggio espressivo quanto illuminate, un pionierismo e spontaneità comunicativa, in che costringe alla sperimentazione”, una ricerca incessante per quello osserva Piscitelli. In questo clima che è il ritmo delle cose, per il avanguardistico si inserisce la dinamismo della vita. creatività energica e senza retoriL’immediatezza è una cifra stica di Simonetta Ferrante. “Essere listica che accompagna l’artista una designer ed essere anche donin tutta la sua produzione, dagli na, anche nella «nuova Milano», anni cinquanta fino ai giorni richiedeva forza, sense of humor, nostri e attraverso tutti i tipi capacità di relazione, flessibilità e di materiali, dai colori a olio determinazione. Simonetta queste al plexiglass. “A Simonetta piace doti le aveva e le ha ancora tutte”, l’imprevisto. Le cose devono uscire aggiunge Daniela Piscitelli. da sole, senza forzatura alcuna. La forzatura del limite, nel caso Simonetta Ferrante Aggredire non serve, rincorrere spadi Ferrante, porta a continue smodicamente neppure”, spiega la sperimentazioni che superano storica dell’arte Angela Madesani citata in un saggio di il visibile per sconfinare nelle altre sfere sensoriali. Le sue Claudio Cerritelli, co-curatore della mostra “Simonetta opere infatti sono ricche di richiami alla musica e alla poFerrante - La memoria del visibile. Segno, colore, ritmo e esia, in particolare a quella di Borges, Szymborska, Merini, calligrafie” assieme a Nicoletta Ossanna Cavadini, direttri- nonché al poeta ticinese Giorgio Orelli, a cui è dedicata ce del M.a.x. di Chiasso. La mostra, in corso dal 21 maggio una delle ultime opere, contenenti la lirica “Frammento al 25 settembre 2016, riassume l’intero percorso artistico della martora”. “Ferrante è consapevole che guardare alla podell’artista attraverso l’esposizione di duecento opere tra esia non significa soltanto possibilità di trascrivere il senso in tempere, incisioni, matrici, acquerelli, monotipi, inchiostri, termini pittorici”, spiega Claudio Cerritelli, “ma soprattutto studi di calligrafie, libri d’artista e grafiche pubblicitarie. capacità di sollecitare punti di congiunzione tra immagini visive e perimetri verbali, rivelando affini desideri d’infinito”. Da qui Gli anni d’oro della grafica deriva la capacità dell’arte di Simonetta di coinvolgere pieChiasso è un luogo simbolico per la presentazione dell’ar- namente lo spettatore in un cammino che conduce fuori te di Simonetta Ferrante: sebbene sia sempre stata attiva dalle regole e dagli schemi precostituiti. tra l’Italia e l’Inghilterra, l’artista ha avuto un rapporto proficuo con la scuola svizzera di grafica, prima come apprendista nello studio di Max Huber, e in seguito come Informazioni M.a.x. museo, Via Dante Alighieri 6, 6830 Chiasso, tel: 0041 91 collaboratrice di Giovanna Graf, con la quale ha condiviso 695 08 88, info@maxmuseo.ch, centroculturalechiasso.ch; orari: mauno studio di grafica a Milano. Quelli raccontati attraverso do 10.00–12.00/14.00–18.00, lunedì chiuso. Chiusura estiva: da le opere di Simonetta Ferrante sono gli anni d’oro della lunedì 1. agosto a lunedì 22 agosto compresi.


Oltre lo specchio

Il recente libro di Michael Cunningham è una riscrittura di fiabe famose, da Biancaneve ad Hansel e Gretel, filtrata attraverso un’acuta sensibilità contemporanea di Laura Di Corcia

Il nuovo libro di Michael Cunningham, scrittore statu- Tutte le emozioni sono collegate, invidia, amore, felicità, dolore. nitense nato nel 1962 e premio Pulitzer per la narrativa Fanno parte dell’essere umano ed è importante attraversarle tutte. per il suo precedente romanzo Le ore, si intitola Un cigno Se vuoi vivere una vita piena, devi fare i conti con tutte queste selvatico e ripropone una rilettura del tutto personale di gradazioni. Guardo con sospetto alle persone che anelano solo alla alcune celebri fiabe. Pubblicato in Italia dalla Nave di Te- felicità, che aspirano a essere sempre felici. Come si fa a vivere seo, la neonata casa editrice fondata da Elisabetta Sgarbi, così? Non è possibile e non è interessante. Una domanda che il libro è un viaggio in un mondo in cui alla bellezza e facevo spesso a mia madre quando mi raccontava le fiabe, dopo alla dolcezza si alternano il dolore il “E vissero felici e contenti”, era: e delle aspettative mancate, invidie e poi? La felicità è anche un’arte che gelosie, attese disperate di un finale bisogna imparare; non possiamo pencapace di risarcire un percorso di sare di essere felici solo se riusciamo a stenti emotivi e psicologici. In effetti, realizzare le nostre più alte ambizioni, parlare di riscrittura è corretto fino dobbiamo imparare a essere felici con a un certo punto: Cunningham si ciò che abbiamo. È inutile rovinarsi ispira alle storie ma sovverte i punti la vita per un finale felice che non si di vista, interroga la materia fino in verificherà: ci sono tanti finali felici, fondo, si chiede cosa ci sia al di là tante somme di felicità. Siamo su della “ghigliottina” dell’happy end, un treno che non torna indietro, va tenendo a sottolineare che la vita è dritto alla meta: cerchiamo di goderci un percorso mai pacificato, sempre quanto meglio possiamo il paesaggio. irto di ostacoli e di possibilità di crescita. Dopo la presentazione del Che significato ha la bellezza libro al Salone del libro di Torino per lei? l’autore de’ Le Ore – libro incentrato Per me la bellezza non ha nulla a che sulla vita e le opere di Virginia Woolf vedere con i canoni, la attribuisco a da cui è stato tratto il film con Meryl quelle persone o a quegli oggetti che Streep, Nicole Kidman e Julianne fanno muovere qualcosa. Michael Cunningham, immagine tratta Moore – ha raccontato la genesi del da nuovieventilucca.it suo romanzo e il suo rapporto con Che tipo di magia accade quanl’universo delle fiabe. do si legge un libro? Il vero potere di un libro è aiutare chi lo legge a sentirsi accomCome ne’ Le Ore, anche questo libro si ispira a un altro pagnato nel mondo, a sentirsi meno solo. Un libro ci ricorda, in scritto, in questo caso alle fiabe della tradizione. Che fondo, che anche gli altri provano le stesse cose che proviamo noi. relazione aveva con le fiabe da piccolo? Che verità pos- Un libro è una relazione, è un matrimonio. Dirò di più: per me sono narrarci sul genere umano? quello che conta in un romanzo è il tempo; tutti i romanzi che ho Vivevo per le fiabe, le amavo. Per molti bambini, me compreso, amato, pur avendo trame diverse nella superficie, trattano in fondo quei racconti sono stati una vera e propria introduzione alla vita, degli effetti del tempo che scorre. Io insegno, e quello che dico ai che comprende l’amore, il dolore, la paura. Bruno Bettelheim miei studenti è che ogni storia cova in sé un mistero. Anche quelle nel Mondo incantato scriveva infatti che uno dei compiti più più letterarie, come i libri scritti da Thomas Mann o da Tolstoj, difficili per i genitori è quello di rispondere alle domande dei sono in fondo dei gialli, contengono qualcosa di misterioso, perché bambini sulla morte, sul dolore e sull’infelicità. Le fiabe riescono tutte ti portano in un luogo che non conoscevi, in cui non ti saresti a raccontare questo duplice aspetto della vita, compreso l’orrore. aspettato di finire. Qui ho riscritto questi racconti che hanno centinaia di anni nel mio modo particolare, dal mio particolare punto di vista. Che cosa pensa della letteratura italiana? La legge? Come la trova? I temi che emergono da questa raccolta sono soprattutto Ho appena finito di leggere un romanzo di Elena Ferrante. Ho l’invidia e la felicità. Come sono collegati questi due come l’impressione che in America sia valutata più che in Italia. sentimenti? Io la trovo eccezionale.

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a quest’anno è deciso: farò l’enologo. Davanti a me si aprivano due strade: tentare la via del calciatore professionista, concedendomi un anno sabbatico, oppure dedicarmi anima e corpo alla nostra azienda familiare. Ho optato per una scelta concreta. Il mio presente e futuro è la terra. Quello che sono oggi è il naturale risultato di come sono cresciuto. In mezzo al verde, circondato da vigneti, api, galline, pecore e oche. Ancora oggi mi emoziono di fronte ai piccoli eventi della vita in campagna. Mentre passeggio tra i filari vado a trovare i pulcini appena nati e l’oca che sta covando. Sono abituato a vivere così e ho voglia di restare qui ad Arogno, in questa terra dove spira una brezza piuttosto favorevole alla coltivazione della vite. Il calcio per tanti anni ha rappresentato la mia valvola di sfogo principale. Un ambito fisico e mentale nel quale staccare completamente, anche perché quando lavori in un’azienda familiare questa esigenza si avverte maggiormente. Mi è spiaciuto un po’ dover fare questa scelta, ma sono sereno. L’idea di diventare ingegnere enologo è nata dalla mia passione per gli aromi e gli odori, che coltivo fin da bambino. Quando andavo a trovare la mia nonna, facevo un gioco. Annusando i cibi che stava preparando, cercavo di indovinare le spezie che aveva utilizzato, e ora quel gioco continua con il vino. Del mio lavoro apprezzo anche la sua marcata connotazione scientifica. Quando hai un’idea, la metti in pratica e solo se funziona la sviluppi. Questo aspetto realistico e concreto mi dà sicurezza e mi sprona a continuare nella ricerca di prodotti innovativi. Il mio lavoro mi insegna anche a sviluppare quella grande virtù che è la pazienza. Io vorrei risolvere immediatamente tutto quello che non va, per via del mio carattere un po’ impulsivo, ma sto imparando il valore dell’attesa. La vendemmia è il momento clou nel mio lavoro. È il più bello, ma anche il più stressante. Quando ricevo l’uva coltivata da mio fratello Martino, la palla mi passa in mano al 100%. Da quel momento è chiaro che solo io posso sbagliare. È l’attimo in cui si sviluppano gli aromi e in cui sono più nervoso. Sento questa responsabilità e sono cosciente che sarà anche maggiore l’anno prossimo

quando, grazie alla nuova cantina, triplicheremo la produzione. Davanti a me c’è il cantiere e sono impaziente di vederla finita e di poterci entrare a lavorare. È stata concepita per sfruttare la gravità attraverso il principio della caduta e questo permette di ridurre lo stress all’uva. Avrà l’aspetto di un enorme sasso e per questo si integrerà in modo armonioso con il paesaggio. Le mie giornate cambieranno radicalmente. Avrò a disposizione una struttura pensata per farmi lavorare al meglio. Per quattro anni ho vinificato in uno spazio limitato che mi costringeva a spostare vasche continuamente… quasi un lavoro da magazziniere. Mio padre ha iniziato a vinificare nel 2009 e da subito abbiamo scelto la via del biologico. Per me “bio” significa un equilibrio in cui tutto contribuisce a tutto. Si impara a lavorare con i vari organismi, stimolando, per esempio, la competizione tra i parassiti. Tra i nostri filari fioriscono erbe e fiori selvatici perché non usiamo erbicidi. C’è più vita, ma anche più lavoro per noi che, tre o quattro volte all’anno, dobbiamo tagliare l’erba. Il risultato è un prodotto naturale senza fungicidi o pesticidi. Io ci metto la faccia perché so come lavoriamo. Il vino biologico è un prodotto molto sensibile e se è vero che contiene solfiti, ne ha pur sempre meno della metà rispetto ai vini tradizionali. Ma ho già in cantiere un vino bio senza solfiti. Sto vivendo una fase stimolante della mia vita. Sono le mie prime vendemmie e ho una gran voglia di sperimentare. La mia ultima creatura è una bevanda a base di fiori di sambuco, a metà strada tra la birra e lo spumante. L’ho chiamata Sambì. Ha una gradazione alcolica contenuta e l’ho ottenuta rielaborando una ricetta tradizionale della mia nonna paterna. Per metterla a punto mi sono consultato con amici produttori di champagne. Il mio sogno sarebbe di avviare una produzione in fusti. Ma questa è solo una delle idee che mi stanno frullando in testa. Non appena metterò piede nella mia cantina, la vera sfida sarà concretizzarle, una dopo l’altra.

GABRIELE BIANCHI

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Abbandonato il sogno di diventare calciatore, si sta dedicando anima e corpo alla professione di enologo, con nuove idee e grandi progetti

testimonianza raccolta da Elisabetta Bacchetta fotografia ©Sabine Biedermann


Un museo dai mille volti

Fondato nel 1853, il Museo cantonale di storia naturale di Lugano è un’istituzione dalle “molte facce”. Il suo compito principale è ricercare e divulgare le conoscenze relative al patrimonio naturale del Ticino, ma anche sviluppare una maggiore consapevolezza sul ruolo crescente che l’uomo svolge all’interno dell’ambiente in cui vive di Roberto Roveda; fotografie ©Simone Mengani


in apertura Una delle sezioni piÚ antiche e piÚ affascinanti del Museo di storia naturale di Lugano è quella dedicata alle collezioni. Al suo interno ritroviamo esempi della fauna, della flora, dei minerali e dei fossili legati al territorio ticinese. in queste pagine Molti sono gli animali che hanno abitato il Ticino e oggi sono ormai scomparsi o divenuti molto rari nel nostro territorio. Il museo dedica a queste specie una parte delle proprie esposizioni.


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uando si parla di un museo di storia naturale il pensiero corre subito alle sue sale espositive, con le teche, le ricostruzioni, gli oggetti ordinati, i pannelli informativi. Un museo viceversa è qualcosa di molto più complesso. È una realtà in costante trasformazione animata da finalità diverse. Il Museo cantonale di storia naturale di Lugano ne è una pratica dimostrazione e presenta al suo interno una doppia anima: da un lato una componente investigativa legata al mondo della ricerca, dall’altra una componente divulgativa nelle sue varie declinazioni. Della prima fanno parte le attività di natura scientifica quali la ricerca, la documentazione, la conservazione, la formazione; nella seconda rientrano invece le attività di mediazione culturale quali le mostre e l’esposizione permanente, le manifestazioni, le attività didattiche, le conferenze, le pubblicazioni. Negli ultimi anni, poi, il Museo è stato molto attivo in ambito scientifico come ci spiega il direttore Filippo Rampazzi: Ultimamente lo sviluppo è stato particolarmente marcato in ambito scientifico. Basti ricordare le campagne di scavo sui giacimenti fossiliferi del Monte San Giorgio (dichiarati nel 2003 dall’UNESCO patrimonio mondiale dell’Umanità) o le molte ricerche sulla biodiversità del cantone, che hanno fatto del Museo l’antenna per il sud delle Alpi dei centri svizzeri di studio e monitoraggio della fauna e della flora. Ciò è di assoluta rilevanza per un cantone come il Ticino che, a differenza di altri, non possiede alcuna facoltà accademica nel campo delle scienze naturali in grado di svolgere attività di ricerca, assicurare un sostegno a diplomandi e dottorandi, e fungere da partner accreditato nella rete di istituti che operano a livello nazionale. In seno all’amministrazione cantonale il Museo svolge inoltre un ruolo di supporto nelle tematiche di incidenza territoriale, come l’elaborazione delle strategie di protezione della natura o la revisione di leggi e regolamenti.

Simone Mengani Nato a Perugia, classe 1978, si trasferisce all’età di cinque anni a Vacallo, dove inizia a coltivare la passione per il territorio. Dopo gli studi liceali si iscrive all’Accademia di Architettura di Mendrisio, dove si diploma nel 2004. Dopo alcune esperienze di lavoro, nel 2006 inizia l’attività come fotografo indipendente, prediligendo la fotografia di architettura. Collabora con diverse riviste e settimanali, operando anche nell’ambito della fotografia panoramica. Per ulteriori informazioni: www.fotomengani.ch

Una lunga storia, tante storie Nel corso della sua lunga storia – il Museo risale al Gabinetto di scienze naturali fondato da Luigi Lavizzari, naturalista e uomo politico, nel 1853 – un numero elevatissimo di oggetti è confluito al Museo con modalità e finalità assai diverse, fino a raggiungere oggi la ragguardevole cifra di mezzo milione di pezzi. Tra questi troviamo oggetti provenienti da ogni parte del globo, frutto di donazioni d’inizio novecento da parte di emigranti che tornavano in patria dopo avere fatto fortuna in paesi lontani. Ma numerose sono anche le collezioni di naturalisti ticinesi, che testimoniano quasi senza lacune la storia della ricerca nel cantone, dall’attività dei primi pionieri a cavallo del settecento e dell’ottocento fino a tutto il novecento. La maggior parte delle collezioni è però oggi costituita da campioni di riferimento delle indagini scientifiche svolte sul terreno. Lo scopo è infatti quello di documentare la realtà naturale di una determinata regione attraverso reperti significativi


Al museo luganese sono confluiti anche esempi di flora e fauna provenienti da tutte le parti del mondo, come questa testa di alce


La gestione delle collezioni (acquisizione, preparazione, determinazione, catalogazione, conservazione, restauro) rappresenta l’attività più tradizionale di ogni istituzione museale. Le collezioni del Museo contano circa 490.000 reperti e per il valore delle sue collezioni il Museo è oggi inscritto nell’Inventario svizzero dei beni culturali d’importanza nazionale

che permettono di comprenderla come ci spiega sempre Filippo Rampazzi: I reperti geologici (minerali, rocce, fossili) ci aiutano a interpretare i processi che hanno forgiato l’odierno territorio cantonale e a ricostruire gli ambienti di vita di milioni di anni fa. I reperti biologici (animali, piante, funghi) ci permettono invece di documentare la distribuzione degli organismi in una determinata regione o di provare la passata presenza sul territorio di specie oggi scomparse. Molte specie esistono oggi solamente ancora nelle collezioni dei musei di storia naturale! Oggi e il futuro Oltre a ciò, quando nuove specie vengono scoperte e descritte, alcuni esemplari finiscono obbligatoriamente nelle collezioni dei musei quali campioni di riferimento (olotipi): il museo di Lugano ha quindi anche la grande responsabilità di conservare nel tempo gli organismi, sui quali si fonda la sistematica moderna. I reperti delle collezioni sono pure importanti negli studi di tassonomia e sistematica, nelle indagini sul DNA o ancora analisi del contenuto di sostanze inquinanti e radioattive. Il museo di storia naturale non custodisce quindi soltanto le vestigia del passato, ma è anche specchio e immagine della natura di oggi e, di riflesso, delle conoscenze che noi abbiamo di essa. Allo stesso tempo è un’istituzione che guarda anche al futuro. Nel corso della loro lunga storia i musei scientifici hanno, infatti, assunto sempre nuovi ruoli, passando da quello di semplice “archivio” (collezione di reperti) a quello di “ponte” (collegamento tra il mondo scientifico e il vasto pubblico) a quello di “centro di riflessione” sulle trasformazioni in atto, di cui l’uomo è sempre più l’artefice. In tal senso oggi un museo come quello luganese è

chiamato a farsi promotore di una riflessione comune su un modello di società capace di riconsiderare l’uomo parte integrante del mondo naturale. Un grande mediatore culturale Nel campo della mediazione culturale il Museo di storia naturale di Lugano si è affermato per la sua attività espositiva, per la pubblicazione di opere divulgative sulla natura del cantone e soprattutto per l’intensa attività didattica dentro e fuori le mura. Il Museo è visitato annualmente da circa 15.000 visitatori, di cui quasi la metà allievi dei diversi ordini di scuola (più di 300 classi), per i quali sono svolti altrettanti momenti di attività in funzione della fascia di età e del programma scolastico. A ciò si aggiunge il pubblico delle mostre che il Museo, per motivi di spazio, è costretto a realizzare per lo più fuori sede; qui l’afflusso di pubblico è più consistente e una frazione significativa dei visitatori è costituita da turisti, come nel caso della mostra “Oetzi, l’uomo venuto dal ghiaccio”, organizzata al Castelgrande di Bellinzona nel 2009, che ha registrato oltre 20.000 visitatori in soli tre mesi. Il Museo, infine, si è progressivamente affermato anche nelle prestazioni a terzi, attraverso la realizzazione di numerose strutture didattiche e turistiche decentrate sull’intero territorio cantonale, dai sentieri geologici e naturalistici, alle “aule verdi”, a interi musei, come - uno su tutti - il nuovo Museo dei fossili del Monte San Giorgio a Meride. Per informazioni www.ti.ch/mcsn


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Parole, parole, parole… Tendenze p. 40 – 41 | di Marisa Gorza

La moda, per sua natura, è soggetta a continui cambiamenti. Lo studio delle usanze correnti, delle fogge, del gusto, oltre a essere una lezione di storia, geografia, sociologia, investe anche gli aspetti verbalilinguistici. Ma chi inventa i termini che connotano il linguaggio della moda? Da dove vengono le voci, magari note, che cambiano di significato? E quelle più recenti?

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a moda, da sempre, vanta un suo specifico lessico e Anna Canonica-Sawina, studiosa dell’eleganza, con il suo ultimo volume Le parole della moda (Franco Cesati Editore, 2016), ha delineato quelle che sono state le tappe significative del fashion language. Anna Canonica, che è di famiglia ticinese, ci spiega che negli anni trenta erano stati imposti dei vocaboli italiani da usare in luogo delle espressioni francesi e inglesi, come per esempio araldo invece di blazer, scaccato per damier o mille zampe per pied de poule (sigh!). Il dettame autarchico si rivelò inutile: nelle sartorie le permalose capo sarte volevano continuare a essere chiamate première e parlare a ruota libera con le clienti di à plomb, di bouffant e di petit-gris... Se il gergo della haute couture francese aveva lasciato un segno trés chic, il fascino dello star system hollywoodiano, insieme all’egemonia USA negli scambi economici, alla ricerca tecnologica, all’influsso della rete e dei mass media saranno via, via fattori basilari per il divulgarsi del lessico inglese. Nel caso specifico dei termini dell’abbigliamento, molte espressioni sono usate nella lingua di Shakespeare, anche se esiste l’equivalente in quella di Dante. Di fatto si preferisce pullover a maglione, double face a doppia faccia, shorts a calzoncini, sportswear ad abbigliamento sportivo... Il linguaggio riserva tante sorprese e la scrittrice-ricercatrice indaga pure sulle origini di parole nate in un certo contesto. Come il pizzo sangallo che deve il suo nome

alla città svizzera, o la silesia, stoffa di cotone con armatura in diagonale in debito con la Slesia, regione nel cuore dell’Europa, invece il termine sahariana, tipica giacca color sabbia indossata dagli ufficiali coloniali, deriva dal deserto del Sahara. Anche nomi propri di personaggi dello spettacolo, o comunque noti, hanno battezzato capi e accessori, basti ricordare la kelly, creata da Hermès per Grace Kelly di Monaco e della stessa casa la Birkin che porta il nome dell’attrice Jane Birkin. Procedendo a ritroso nel tempo troviamo, per esempio, il cappotto raglan, inventato durante la guerra di Crimea, dall’omonimo Lord Raglan assemblando due calde coperte. Il testo, un vero must have, è ricco di sezioni dedicate alle curiosità, agli aneddoti, ai protagonisti e alle icone dello stile, al connubio tra moda e cinema, ai grandi sarti, ai creatori e alle loro muse, con riferimenti storici precisi e gustosi. Infine, come annunciato, la parte più corposa del volume illustra, in modo puntuale e organico, le voci e la loro etimologia, i sinonimi e i vari passaggi semantici. Quella passione che ha animato Anna Canonica-Sawina a ricercare, scoprire ed essere in grado di spiegare i termini di un settore le cui immagini pubblicate sui media spesso non sono descritte nel modo consono. “Quanti zibaldoni ed estrosi putiferi di parole che non rispecchiano per niente quanto c’è nella foto!”, ribadisce la nostra esperta, “la precisazione linguistica è necessaria per non perdersi in un confusionario labirinto.” Lei aveva già scritto un Dizionario della moda? “Sì, il mio primo dizionario risale al 1994. Ma il mondo del fashion cambia di stagione in stagione ed anche la lingua italiana deve stare al passo con le tendenze.” Come mai, da poliglotta, ha scelto proprio l’italiano per le sue esplorazioni linguistiche? “Essendo figlia di un diplomatico ho girato il mondo fin da piccola, tuttavia sono cresciuta in Italia, oltre alla lingua amo l’arte del Bel Paese e la moda è sicuramente tale”.


La domanda della settimana

Ritenete che nella realtà sociale, politica e professionale del nostro cantone il ruolo della donna goda delle stesse prerogative che sono riservate agli uomini?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 30 giugno. I risultati appariranno sul numero 28 di Ticinosette.

Al quesito “Dopo gli scandali che hanno coinvolto i vertici della FIFA, avete perso interesse nei confronti dei grandi eventi calcistici internazionali?” avete risposto:

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Astri ariete Creatività amplificata da una magnifica Luna in Ariete. Momento magico per provare nuove esperienze. Incontri. Intuito e fase onirica accentuata.

toro Vita sentimentale costellata da continui alti e bassi. I nati nella terza decade devono imparare a controllare la loro gelosia. Spese per l’automobile.

gemelli Affari in vista. Momento adatto per un colloquio di lavoro o per affrontare un esame. Particolari le giornate tra il 26 e il 27 giugno. Cambiamenti.

cancro Vita intellettuale animata da un ritrovato fervore. Approfittate degli aspetti tra Mercurio e Plutone per andare più a fondo nei problemi interpersonali.

leone Gelosie tra il 29 e il 30 risvegliate da Marte. Controllate il senso dell’orgoglio. Calo energetico per i nati nella terza decade provocato da Marte.

vergine Tra il 27 e il 28 potrete godere dei benefici di una magnifica Luna. Aumento delle capacità persuasive. Aiuti occulti per i nati nella seconda decade.

bilancia Desiderio di indipendenza accompagnato da istanze rivoluzionarie. Scrollatevi di dosso quello che non vi appartiene. Sbalzi umorali.

scorpione Marte sempre particolarmente acceso in ordine ai nati dell’ultima decade. Intuiti azzeccati tra il 26 e il 27 grazie ai buoni aspetti con Luna e Nettuno.

sagittario Mercurio in opposizione. Attenti a non parlare troppo e a non cadere nelle trappole mentali lanciate dal partner. Scarsa lucidità tra il 26 e il 27.

capricorno Dieta disintossicante consigliata dal 26 giugno. Liberatevi da ogni scoria, emotiva, interiore, esterna o professionale. Scarsa propensione al sacrificio.

acquario Affrontate i vostri avversari occulti. Sfruttate le vostre capacità comunicative. Mercurio è con voi. Effervescenti le giornate comprese tra il 28 e il 29.

pesci Grazie a Venere la vita sentimentale potrà arricchirsi di eros e passione. Adoperatevi proficuamente nel raggiungimento dei vostri obiettivi.


Gioca e vinci con Ticinosette

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 28

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate il numero 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata) entro giovedì 30 giugno e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 28 giugno a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali1. L’indimenticato Indro del giornalismo • 9. Adesso • 10. Battesimi navali • 11. Pesce d’acqua dolce • 13. Giallo pallido • 15. Ciascuno • 16. Saluto fra amici • 17. Non ecclesiastica • 19. Unisono di voci • 20. Preposizione semplice • 21. Agrumi gialli • 23. Adoperare le ali • 25. Monte greco • 27. Dove si attacca muore • 29. Italia e Francia • 30. Diverbi • 32. Il verso della cornacchia • 34. Ebbe la moglie tramutata in statua di sale • 35. Esposizione • 37. Dio della guerra • 39. Parte di perimetro • 40. Le cerca il poeta • 41. Fosso centrale • 43. Squadra madrilena • 45. Corposi, consistenti • 46. Ispido • 47. Pelo equino • 49. Noto collegio inglese • 50. Escursionisti Esteri • 51. Beneficiano del lascito Verticali 1. Grossa macchina per spianare il terreno • 2. Un aroma del pizzaiolo • 3. Loi, noto regista • 4. Antenata • 5. Il Sodio del chimico • 6. Epico, leggendario • 7. Canidi africani • 8. Rabbia • 12. Arcipelago dell’Egeo • 14. Bagnati di rugiada • 18. Spinta iniziale • 22. Il giorno... delle ceneri • 24. Uomini di lettere • 26. Malattia bovina • 28. Bruciata • 31. Il pupo dell’Iris • 33. Stupefatti • 36. La Diana del soul • 38. Ignazio, scrittore • 42. Vi si corre il palio • 44. Il monogramma di Robespierre • 48. Cero centrale • 49.Pari in tenda

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La soluzione del Concorso apparso il 10 giugno è: MARINARE Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Nena Quattropani 6500 Bellinzona Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: buono per le offerte del tempo libero di RailAway FFS RailAway FFS offre un buono del valore di CHF 100.– per le sue offerte del tempo libero. Per esempio l’offerta “Museo dei Trasporti di Lucerna” che include il viaggio in treno e l’ingresso con il 10% di sconto. ffs.ch/museo-trasporti

Con RailAway FFS al Museo dei Trasporti di Lucerna. Intrattenimento per tutta la famiglia! Ad aspettarvi oltre 3000 testimonianze della storia dei trasporti, uno studio radiofonico e televisivo, simulatori di treni e aerei, l’esposizione speciale sulla galleria di base del San Gottardo e tanto altro ancora.

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