ticino7
sette domande
Nag Arnoldi: Venezia nel cuore
numero 41 / 7 ottobre 2016 / con programmi radio & tv dal 9 al 15 ottobre
ALLARME ROSSO Una minoranza preziosa a rischio estinzione: viaggio nel popolo dei «ramati»
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Sommario
ticino7
storia di copertina
04
04 pel di carota. gli ultimi rossi di Roberto Roveda 07 alimentazione arancione da primato a cura della Redazione
come dove quando
08
08 motori fuori i muscoli. omaggio alle v8 americane di Alessandro Tabacchi 10 sicurezza alla guida è l’ora delle gomme invernali a cura della Redazione 11 televisione il fascino della serie di Michele Montanari
protagonisti
12
12 sette domande nag arnoldi di Stefania Briccola 14 ore sette chiasso di Benedetto Galli/Ti-Press
tv e radio
15 da domenica 9 a sabato 15
il pensiero della settimana
Ho l’angolo cottura, l’angolo soggiorno e l’angolo (Boris Makaresko) riposo. Tutti nello stesso angolo.
ticino e non solo
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lo sapevi? case monofamiliari tra tutte le aBitazioni (2014)
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di Giancarlo Fornasier
CaNtoN tiCiNo
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44
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relax
50
50 astroparade di Betty istruzioni per l’uso di Walter Mariotti 51 gioca (e vinci) con ticino7 il cruciverba
REALTÀ E FANTASIA «Io non sono cattiva: è che mi disegnano così»
39 spiriti liberi città da sfogliare di Roberto Roveda 40 sette continenti londra, città infinita di Fabio Martini 42 living room la pulizia delle forme di Valentino Odorico
tendenze
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CaNtoN NidvaLdo
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ticino7
diretto da paride pelli CoNLaCoNSULeNZadi Waltermariotti redattorereSPoNSaBiLe fabiomartini Coredattore giancarlofornasier ProGetto GraFiCo elena montobbioperWmWorkshop GraFiCa robertodresti edeborahvaccaro Sito weB www.ticino7.ch
Entrata nell’immaginario collettivo come uno dei personaggi del cinema più sensuali di sempre, la prorompente Jessica Rabbit era «una rossa». Dal capello lungo e fluente, la sua bellezza non aveva confini, tantochenellapellicolache l’hacreatailfenomenotutta gambe e tentazioni era una summa di tutti quegli elementi che nell’immaginario maschile fanno breccia come un coltello nel burro: labbra turgide e generose, braccia lunghe e affusolate, pelle luminosa, capelli seducenti, decolté impertinente (tra il disorientante e l’imbarazzante), guance arrossite, apparente debolezza (ma in fondo profonda fiducia in se stessa), indipendenza e, per finire, un buon senso dell’umorismo. Insomma, bella, slanciata, con le forme a loro posto e – psicologia alla mano – che sa quel che vuole e che non ha bisogno di molti consigli. Una compagna perfetta. Ma i sogni sono tali perché non si possono rincorrere: e una volta realizzati che fare? Nel caso della panterona sopra descritta non vi resterà che affidarvi alle stelle: lei giurerà di amarvi, ma intanto gli sguardi e le attenzioni di amici, conoscenti e passanti vi toglieranno il sonno. No, non prendetevela con lei: «Mi hanno disegnata così...».
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Storia di copertina
C
osa hanno in comune tra di loro Winston Churchill, l’attrice Julianne Moore, Vincent van Gogh e Pippi Calzelunghe? Beh, sono tutti personaggi famosi ma soprattutto hanno tutti i capelli rossi. Appartengono, infatti, a quella piccolissima porzione dell’umanità – parliamo del 2% circa degli abitanti della Terra – che ha le caratteristiche del rutilismo: peli e capelli rossi oppure ramati accompagnati qualche volta da carnagione bianchissima e da tante lentiggini. Una «minoranza» rispetto ai miliardi di persone con i capelli castani e scuri: probabilmente per questo negli ultimi anni si sono moltiplicate le notizie su una loro possibile «estinzione». Alla base di questo «allarme rosso» il fatto che il rutilismo è dovuto a un gene recessivo e non dominante. In parole povere: deve essere trasmesso da entrambi i genitori per manifestarsi nei figli. È poi un gene discreto, si fa volentieri da parte e di solito viene «sovrastato» dal castano, che è il colore più diffuso al mondo e si sta diffondendo sempre di più anche nelle regioni settentrionali dell’Europa – abituale riserva dei «rossi» – con i flussi migratori degli ultimi anni. Secondo un’altra ipotesi a provocare il declino delle redhead sarà il riscaldamento globale perché secondo alcuni studi la carnagione pallida e la peluria rossiccia sono strettamente legate alla carenza di sole a certe latitudini.
Pel di carota
Gli ultimi rossi?
Niente a che vedere con la politica e con le questioni dei nativi americani: stiamo parlando delle persone con i capelli ramati e magari tante lentiggini che, secondo alcuni studi, starebbero diventando sempre meno. Senza di loro, però, saremmo più poveri di storie, leggende, fascino, sensualità. E soprattutto colore. Scrive Roberto Roveda
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irascibili e sanguigni Si tratta di ipotesi, destinate forse a realizzarsi nell’arco di qualche migliaio di anni o forse più. Però, come sarebbe l’umanità se al suo arcobaleno mancasse il rosso? Perché «quelli coi capelli rossi» sono sempre stati pochi ma hanno alimentato tante fantasie e su di loro se ne sono dette veramente di tutti i colori. Si dice che siano irascibili, sanguigni, anche un po’ folli tanto che, secondo alcuni, i clown indossano per questa ragione una parrucca di un rosso acceso. Il buon Aristotele millenni fa scriveva che i rossi sono emotivamente non addomesticabili. Le donne fulve, però sono da tempo immemorabile veri sex symbol al punto che anche Elena di Troia, la più bella di tutte, aveva capelli fiammeggianti. Le «rosse» sono inoltre accompagnate da fama di sensualità e appetito sessuale particolarmente acceso. Stereotipi fatti apposta per alimentare le fantasie dei maschietti ma che ci raccontano quanto il rosso sia radicato nel nostro modo di pensare, nelle nostre tradizioni e culture. Nel bene e nel male, dato che il rosso è il colore del demonio e dell’inferno, per questa ragione Giuda veniva spesso raffigura-
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sette personaggi 1. Achille Eroe dell’Iliade, aveva probabilmente i capelli rossi, una caratteristica che forse caratterizzava anche Ulisse. 2. Cleopatra È probabilmente la «rossa» più famosa dell’antichità. 3. Re Davide Nella Bibbia viene detto «fulvo, con begli occhi e gentile di aspetto». 4. Cristoforo Colombo Chissà se il rosso è arrivato in America grazie a lui!
to con la purpurea chioma e le fanciulle con i capelli color fiamma finivano al rogo ai tempi dell’Inquisizione. E di un Rosso Malpelo scriveva Giovanni Verga concludendo «Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riuscire un fior di birbone». Insomma cattiva stampa nei confronti dei rossi come conferma anche un proverbio ticinese che recita: I russ poch a gh’n’è, meno a gh’en fuss, cioè «Le persone dai capelli rossi sono poche, e sarebbe bene ce ne fossero ancora meno». Vampiri e diVinità Fascinazione e sospetto, quello dei capelli rossi, uniti in un mix antichissimo secondo Giorgio Tricarico, analista junghiano che vive da anni in Finlandia e si interessa da tempo di dinamiche delle differenze culturali: «I popoli di ogni latitudine idealizzano quello che non hanno. Per esempio, in Finlandia si è meno colpiti che nei paesi latini da occhi azzurri e capelli biondi e si subisce il fascino degli occhi scuri, dei tratti mediterranei. Anche se è sempre un fascino che è unito al sospetto per qualcosa che è estraneo. Allora molte delle leggende e storie che circondano le persone con i capelli rossi sono un’eredità del passato, quando i popoli del Mediterraneo avevano ben pochi contatti con persone con queste caratteristiche. Era un colore raro e per questa ragione veniva mitizzato con conseguenze negative e positive». Allora il rosso dei capelli era legato presso gli antichi Egizi al grande Dio Seth mentre i ricchi romani facevano follie pur di acquistare uno schiavo con la ca-
pigliatura color rame. Secondo i Greci antichi, le ragazze rosse dopo morte tornavano sulla terra per succhiare il sangue ai malcapitati al modo dei vampiri: «Quel colore di capelli» continua Tricarico «era un segno di estraneità e di stranezza. La psicanalista Julia Kristeva nel suo libro Stranieri a se stessi scrive che fin dall’antichità chi era estraneo suscitava le proiezioni più negative ma allo stesso tempo affascinava. I rossi, così rari e così diversi, ben si prestavano a incarnare quella sensazione che il teologo tedesco Rudolf Otto definisce del “numinoso”. Numinoso è qualcosa che unisce fascinazione e terrore, desiderio e mistero. Era l’attrazione e la paura che si poteva avere di fronte a un nume, a una divinità». Il rosso colpisce, ci affascina e nello stesso tempo un po’ ci inquieta perché lo avvertiamo distante da noi. Così nei Paesi nordici sono noti da tempo fenomeni discriminatori nei confronti dei «rossi», fenomeni chiamati gingerism (ginger è il termine dispregiativo per indicare le redhead) e sono documentati casi di gingerphobia. Aveva le sue ragioni Mark Twain, anche lui fulvo di capigliatura, quando scriveva «mentre il resto della specie umana si sviluppò dalle scimmie, i rossi di capelli si svilupparono dai gatti. O li ami o li odi, ma sono unici. A volte li desideriamo, a volte ne abbiamo paura, queste creature incomprese sono speciali». Un colore, Una passione Diciamo però la verità: per molti noi la fascinazione batte il sospetto cento a uno. Stiamo con Botticelli che dipinse la sua Venere con i capelli simili a fiam-
5. Emily Dickinson La grande poetessa statunitense, rossa e dal talento inarrivabile. 6. Galileo Galilei Forse anche per questo non era ben visto dalla Chiesa? 7. Regina d’Inghilterra Elisabetta I Li prese dal padre, il luciferino Enrico VIII.
redhead days
Da alcuni anni esistono raduni nazionali e internazionali di persone con i capelli rossi. In Europa i più importanti sono i Redhead Days che si tengono a Breda in Olanda (redheaddays.nl) e l’Irish Redhead Convention (redheadconvention.com) di Cork in Irlanda. Nella vicina Italia esiste l’associazione Rossitalia (presente su Facebook) che si riunisce ogni anno a Milano. Durante i raduni ci si incontra, si tengono seminari e mostre sul tema del rutilismo e soprattutto ci si diverte. Sono previsti, infatti, gare di lancio della carota, concorsi per la barba più rossa e per il viso con il maggior numero di lentiggini. Poi si cerca di battere il record del maggior numero di persone con i capelli rossi presenti nella stessa foto. A Breda nel 2013 erano più di 1700. 5
Storia di copertina
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RiceRca & mostRe Un gene da preservare
me. Stiamo con Tiziano e Klimt e con i pittori preraffaelliti. Ci piace Jessica Rabbit, Vivienne Westwood, Christina Hendricks e Ron Weasley, il compagno di Harry Potter, e pure Richie Cunningham di Happy Days. Perché il rosso è il colore della pienezza della vita, del fuoco che arde dentro pienamente tanto che in India e Pakistan per sentirsi più young si ricorre all’henné unito allo zafferano per ramare i capelli. E senza andare ai confini del mondo, secondo le ricerche più recenti, il rosso è la tinta preferita dalle donne quando vogliono cambiare la loro colorazio-
diamo i numeri Tra 20 e 100 mila anni fa è l’epoca in cui probabilmente si è definito il gene dei capelli rossi, anche se non tutti gli scienziati concordano su queste date. Sembra che alcuni uomini di Neanderthal avevessero i capelli rossi, mentre il gene del rutilismo pare non fosse presente nell’America prima dell’arrivo degli europei. Il rutilismo oggi è diffuso tra il 2% della popolazione mondiale anche se in verità non esistono dati precisi. In Europa i «rossi» sono il 4% della popolazione e il paesi leader per diffusione dei capelli fulvi sono la Scozia (13% degli abitanti), l’Irlanda (10%), la Svezia, i Paesi Bassi e la Baviera. In Svizzera invece i «rossi» sono circa l’1% degli abitanti. Non mancano poi persone con i capelli rossicci anche tra alcune popolazioni dell’Africa settentrionale e asiatiche; anzi secondo alcuni studiosi il gene del rosso è originario proprio dell’Asia settentrionale. 6
ne naturale. Il rosso serve spesso per dare una svolta netta al proprio look, per esprimere un cambiamento deciso, per dare un segnale. È una tinta che lancia messaggi precisi come conferma Valentina Nessi, giovanissima fashion blogger ticinese, animatrice del blog vfashionworld.com dedicato alle ultimissime tendenze della moda, dell’arte e del lifestyle: «Il rosso sia nei capelli, sia nell’abito, sia nel rossetto è molto sensuale e passionale. Attira l’uomo e fa considerare una donna focosa, sensuale. Poi il rosso naturale è raro e nella bellezza come in tutte le cose rare accende la fantasia». Viene da domandarsi se il rosso oggi sia di moda oppure si tratti semplicemente di un evergreen: «Non lo definirei di moda. È un colore che anima l’inconscio, è forte, vivace, richiama la passione e quindi molte attrici rosse sono diventate delle sex symbol». Un evergreen che va di pari passo con l’eleganza? «Personalmente trovo più elegante il rosso tenue, che si abbina un po’ con tutto e che non è appariscente», puntualizza Valentina. «Se dovessi dare un consiglio per una tinta punterei sul rosso di Bree Van de Kamp che nella serie Desperate Housewife è interpretata da Marcia Cross. Una bellissima tonalità di rosso leggermente sull’arancio dorato. Un rosso non troppo vivo e appariscente, ma un rosso velato. E se si hanno i capelli così meglio puntare su abiti dai colori tenui, un marrone, niente tinte shocking a meno di essere Geri Halliwel delle Spice Girl!». Avete mai avuto un partner «rosso»? Dì la tua sulla pagina Facebook di Ticino7
Nel 2011 ha fatto un certo scalpore la decisione della società che gestisce la più grande banca del seme a livello mondiale, la danese Cryos International, di non accettare più donatori con i capelli rossi. Subito si è parlato di eugenetica e di selezione dei geni ma le cose non stavano realmente così. La scelta era dovuta alla scarsa richiesta da parte della clientela femminile di donatori con caratteristiche legate al rutilismo: meglio i biondi e con gli occhi azzurri, insomma. Una scelta di mercato che ha però spinto la fotografa Marina Rosso a realizzare nel 2014 per il centro di ricerca sulla comunicazione «Fabrica» il progetto The Beautiful Gene concretizzatosi poi in un libro e in una mostra itinerante. Ma qual era l’obiettivo del progetto, chiediamo a Marina Rosso? «Prima di tutto riflettere sul fatto che le tecnologie, come quelle legate alla fecondazione artificiale, offrono grandi possibilità ma nello stesso tempo possono suscitare dilemmi e creare problemi nuovi. I capelli rossi erano, insomma, lo spunto per parlare delle tante vie aperte dalla scienza moderna, in positivo e anche in negativo». Quanti «rossi» ha fotografato? «Più di duecento tra i quali sono state scelte più di 40 foto, ciascuna delle quali combina in modo unico il gene dei capelli rossi con cinque tratti fisici (genere, altezza, corporatura, colore degli occhi, tipologia dei capelli). Sono foto di persone un po’ di tutto il mondo incontrate nei raduni redhead». Che cosa ha scoperto in questi incontri? «Che le persone dai capelli rossi hanno molto in comune tra loro. Spesso sono stati derisi da bambini per il loro aspetto e da adulti si sono scoperti fieri di far parte di un gruppo che si sente a se stante. Quando si incontrano si riconoscono come parte di un grande clan. Hanno senso di appartenenza e sono contenti di questa appartenenza». Non rinuncerebbero mai al rosso, allora? «Anzi, sono dispiaciuti che con l’età il loro colore si “stinga” un po’, perda fulgore proprio quando se lo possono godere maggiormente!».
Storia di copertina
ticino7
alimentazione
Arancione da primato
Amatissime, buone e pure salutari: le carote Nella classifica di verdure e ortaggi più consumati nel 2015 era al primo posto (8,68 chili a testa, in crescita rispetto agli 8,23 del 2014). A seguire i pomodori (7,13) e i peperoni (4,43). A dimostrazione che la carota piace e non solo in Argovia, regione nota anche come «Rüebliland» (il paese delle carote), patria della torta di carote (Rüeblitorte) e dove esiste anche un mercato dedicato all’ortaggio (il Rüeblimarkt ad Aarau). Le ragioni del successo? Sarà perché è sempre «di stagione», coltivata e prodotta lungo tutto l’arco dell’anno; o perché è sovente ottenibile «di produzione svizzera», come fanno notare sul portale di agriticino.ch. Ma i motivi potrebbero anche essere altri: per esempio, una volta acquistata si conserva facilmente,
la si lava e sbuccia – se è «bio» basta una grattatina superficiale – senza grossi problemi. È poi alla base di molti piatti (dal ragù alle vellutate) ed è piuttosto amata dai bambini che la trovano dolce e divertente da sgranocchiare, magari davanti alla (ennesima) replica di Barbapapà. Meglio certo di chips e focaccine, la carota contiene betacarotene, un antiossidante di grande aiuto contro l’insorgere dei tumori; la luteina in essa contenuta previene numerose malattie degli occhi (dalla degenerazione maculare alla cataratta). Anche le sue proprietà cicatrizzanti e antisettiche sono ben note. Senza dimenticare i denti: nel mangiarle si raschia in modo naturale la placca e si «nutrono» le gengive con i molti sali e vitamine di cui è ricca. t7
Potete certamente
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Come dove quando
motori
Fuori i muscoli
Omaggio alle V8 americane Mustang, Barracuda, Trans Am, Camaro, Challenger, Charger. Non serve citare le case costruttrici: i nomi da soli fanno rivivere quel senso di stupore infantile che solo il rombo di un otto cilindri aspirato riesce a dare. Scrive Alessandro Tabacchi
L
e muscle car sono un prodotto dell’euforia motoristica statunitense degli anni Sessanta. Il concetto è semplice ed esaltante allo stesso tempo: un motore gigantesco, rigorosamente otto cilindri con architettura a «V», da cinque, sei, settemila (e oltre) centimetri cubi di cilindrata, e potenze per l’epoca esorbitati di oltre duecento cavalli stipate in vetture dall’aspetto «urbano» e dal telaio sovente comune ad altri modelli. Erano auto prodotte in serie, affilati coupé 2+2 a trazione posteriore dai lunghi cofani e dalle ruote maggiorate, atte a reggere accelerazioni brucianti degne di una drag race, le macchine per le gare di accelerazione tanto popolari in America. E poi, il sound. Quel suono tuonante
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le origini Intorno al 1966, quando queste vetture si presentarono con prepotenza sul mercato americano, l’espressione muscle car non era molto utilizzata. Si preferiva chiamarle super car. Pian piano però, specialmente quando il fenomeno fu storicizzato a partire dalla fine dei settanta, si cominciò a utilizzare estensivamente muscle car («auto palestrate», diremmo oggi) perché esprimeva bene la natura di questi mezzi, all’apparenza normali, ma pompate di cavalli. Un altro termine diffuso ancora oggi, specialmente in riferimento alla Mustang e alla Camaro, è pony cars: un’allusione alla versatilità d’uso unita alla potenza e alla velocità (non a caso le pony videro spesso varie versioni con motorizzazioni più «piccole» caratterizzate da motori V6 o persino 4 cilindri in linea).
all’accensione, capace di borbottare come un guerriero assonnato ai minimi regimi e all’improvviso dirompente nei suoi crescendo al più leggero tocco d’acceleratore. aria ai polmoni In quella musica è racchiuso tutto il fascino di un’epoca, assieme alle sue contraddizioni. E se alla mentalità razionale dell’automobilista d’oggi, anestetizzato dall’elettronica, dagli optional e dalle guide robotizzate, possono sembrare folli vetture che facevano tre o quattro chilometri con un litro di benzina – inquinanti e poco sicure, i cui cofani anteriori da soli erano lunghi come una moderna city car –, proprio in questa follia alcuni irriducibili sogna-
ticino7
motori & cilindrata Pollici oPPure centimetri?
Negli Stati Uniti la cilindrata viene solitamente espressa in cubic inches (pollici cubici). Poiché il numero di pollici cubici spesso ha assunto un valore iconico nel mondo dei cultori di queste vetture, è bene conoscere alcuni valori di conversione. Uno small block 305 c.i. è un motore V8 di 5000 cc tondi (5 litri). Un V8 da 350 c.i. ha cilindrata 5700 cc, un 402 ha cilindrata 6600 cc. Motorizzazioni mitiche sui V8 sono i big block 429 c.i. (7000 cc) e 454 c.i. (7400 cc). Con buona pace dei consumi!
icone al cinema velocità, inseguimenti, fughe
Nel creare il mito delle muscle car tanto hanno fatto, a partire dagli anni ‘70, il cinema e le serie TV. Sul versante televisivo come non ricordare The Dukes of Hazzard, Starsky & Hutch e Supercar, patrimonio comune (al pari delle animazioni giapponesi) del tessuto emotivo della «generazione X» dei quarantenni d’oggi? Anche sul grande schermo il materiale certo non manca: dall’indimenicabile poliziesco Bullitt (1968) con Steve McQueen alla guida di una Ford Mustang GT, all’esistenziale Vanishing Point (1971) dove la protagonista è una bellissima Dodge Challenger R/T bianca, allo scanzonato Cannonball (1976), in cui compaiono anche Martin Scorsese e Sylvester Stallone nella parte di due mafiosi. Fino alla deliziosa malinconia delle animazioni di Cars o ai cine-steroidi dei vari Fast & Furious: tutte opere dove il culto dei potenti V8 americani è stato in grado di accumununare tanto l’élite del cinema d’autore quanto i registi da blockbuster. Compreso quel Fuori in 60 secondi (2000) con Nicolas Cage e Angelina Jolie, rilettura ben accolta dal pubblico del seminale Gone in 60 seconds (1974) di e con H.B. Halicki (già pilota e stuntman).
tori vedono ancora un baluardo di sana irrazionalità. Un tentativo di resistenza contro l’orrore di un mondo dominato da regole di necessità sempre più omologate secondo una globalizzazione che vuole «tutto simile» a cominciare dai gusti e dagli oggetti d’uso quotidiano (dallo smartphone, al computer portatile, su su fino all’automobile). L’idea di Libertà Le muscle car, trasportate dall’iconografia collettiva ben oltre le intenzioni originali dei loro ideatori, sono ancora oggi il simbolo di un ideale anarchico e strafottente di libertà individuale. Se non fosse così non si spiegherebbe come siano potute diventare vere icone di un certo modo di sentire la vita (non vorrei
scomodare Heidegger e l’Esserci ascoltando il rombo di una Camaro, però la tentazione è forte). Il periodo d’oro delle muscle car coincide con gli anni fra il 1966 e il 1973: non è un caso che fossero gli anni d’oro dell’hard rock e del free jazz, del loro anelito di smodata libertà. Poi la grande crisi petrolifera e lo stravolgimento geopolitico che questa comportò traghettarono il mondo in un cono d’ombra economico e politico nel quale ancor oggi ci dibattiamo, portandosi dietro anche il successo di massa dei grandi motori. Eppure, mai veramente scomparsi dal mercato, questi portentosi mostri a otto cilindri e carburatori sono ancora là ad ammaliarci col loro tuonare, amico della fantasia. 9
Come dove quando
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sicurezza alla guida
lo sapevi?
Guidare al freddo Arriva l’ora delle gomme invernali monta & smonta
Potrà sembrare una spesa inutile, ma avere le gomme invernali già montate è una gran comodità. Il costo iniziale di un set di cerchi «solo per l’inverno» viene ben presto ammortizzato, visto che smontare, rimontare e bilanciare le gomme due volte l’anno non è certo gratuito. Oggi in commercio i cerchioni (in ferro o in leghe leggere) abbondano e a prezzi concorrenziali. In questo modo, con un minimo di manualità, il lavoro può essere svolto da soli e con tutta calma (con due occhi attenti sulla sicurezza): una buona opportunità per dare anche un’occhiata «alla salute» dei vostri freni o a eventuali perdite di liquidi e altri danni alla scocca della vettura.
occhio alla data
La parte esterna degli pneumatici è costituita da un insieme di resine (come la gomma). Per natura queste invecchiando perdono progressivamente elasticità, indurendosi. Al momento dell’acquisto, in particolare di gomme già usate, date sempre un occhio al «DOT»: composto da 4 cifre, esso indica la data di produzione (per es.: 3415 significa prodotto nella 34esima settimana del 2015). Se la gomma è più vecchia di 5/6 anni meglio lasciar perdere – il TCS consiglia di non andare oltre i 10 anni – anche se il battistrada mostra ancora un buon profilo. Quest’ultimo, per legge, deve essere di almeno 1,6 mm (sia invernali sia estive).
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rotazione
Che la vostra vettura abbia la trazione posteriore, anteriore o integrale (4x4 e affini), far ruotare la posizione delle gomme tra gli assi anteriori e posteriori ogni 10.000 chilometri è sempre buona cosa (a meno che non abbiate gomme con dimensioni diverse davanti e dietro). Gli pneumatici, infatti, si consumano anche a causa del peso (solitamente diverso sui due assi), della frenata (più potente all’anteriore) oltre che per la direzionalità impressa dallo sterzo. La rotazione permette di avere negli anni un consumo uniforme delle quattro gomme: così potrete cambiarle tutte assieme, evitando di circolare in inverno con due pneumatici nuovi e altri due datati.
piccole è meglio
La dimensione di uno pneumatico è di semplice lettura. Un esempio: «225/45 R 17» ci informa sulla sua larghezza (225 mm), il rapporto tra altezza e larghezza della gomma (45) e il diametro del cerchio in pollici (R 17). Oggi molte vetture sono equipaggiate di fabbrica con cerchi da 17, 18 o 19 pollici; a parità di circonferenza (il rotolamento) questo si traduce in pneumatici con «spalle» basse, da 40, 35 o 30. Ma una gomma bassa e larga è tendenzialmente più rigida, poco deformabile e scarica il peso del veicolo su una superficie molto grande; questo va benissimo su strade asciutte o poco umide, meno su strade innevate o bagnate dove pneumatici stretti e con spalle più alte (50, 55 ecc.) si adattano meglio al terreno irregolare, garantendo una presa e un contatto maggiori. Questo perché il peso è distruibuito su un’impronta minore, dunque con maggiore forza/pressione. Per queste ragioni occhio a non esagerare, e per una volta sacrificate l’estetica a favore della sicurezza. Naturalmente, vale sempre quanto indicato dal costruttore (vedi Manuale di manutenzione e misure omologate dal fabbricante).
cinesi compraTuTTo
Da pochi mesi il know-how della Pirelli è in mani cinesi, che così sono entrati in possesso del quinto produttore al mondo di pneumatici. La classifica è largamente guidata dalla Brigdestone, seguita a debita distanza da Michelin, Goodyear e Continental.
consigli del Tcs
Come ogni anno, il Touring Club Svizzero ha messo alla prova oltre una decina di pneumatici. Il test è disponibile all’indirizzo: pneumatici.tcs.ch. t7
Come dove quando
ticino7
TELEVISIONE tapultarci direttamente negli anni ’80). The Walking Dead ha portato la violenza tipica dei film sugli zombie nelle case di milioni di persone: se Lost giocava a ingarbugliare il cervello della gente, che sui forum online cercava di risolvere gli enigmi a colpi di spoiler alert, l’opera del regista Frank Darabont (quello de Le ali della libertà, mica un filmetto qualunque) ha sdoganato teste mozzate e fiumi di sangue «a puntate», per la gioia dei fans più estremi. E ovviamente il successo è stato immediato.
Il fascino della serie Fidelizzare il pubblico, i lettori, gli utenti: oggi non si parla d’altro. E persino i divi del cinema migrano in cerca di visibilità e nuovi estimatori. Scrive Michele Montanari
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i badi, parliamo di serie televisive, non di film. Ma il modello è proprio quello di Hollywood: oggi uno show in parte europeo come Il Trono di Spade è in grado di fronteggiare le imponenti produzioni del cinema a stelle e strisce. La sesta stagione dell’adattamento televisivo dei romanzi di George R.R. Martin è costata la bellezza di 100 milioni di dollari, con una qualità, tra effetti speciali, scenografie, musiche e recitazione, da far impallidire le opere più blasonate del grande schermo. Per fare un esempio, rimanendo in tema di grandi battaglie a colpi di lama, Braveheart di Mel Gibson (ben cinque Oscar nel 1995), è costato «solo» 72 milioni di dollari. Ok, erano altri tempi, ma stiamo pur sempre parlando di un kolossal.
Un connUbio indissolUbile E la saga degli Stark e dei Lannister è solo il naturale punto di arrivo di una tendenza che ha iniziato a delinearsi nel 2004 con Lost, serie fitta di mistero partorita dalla mente di J.J. Abrams, forse la prima ad aver bucato lo schermo, creando un connubio indissolubile tra TV e internet. Attraverso i blog e i primi social network Lost è riuscita a tenere incollati agli schermi e alle tastiere gli utenti di tutto il mondo, per sei intense e controverse stagioni. Oggi le serie spuntano come funghi: ogni emittente sforna il suo prodotto a lungo termine per rapire i fan, con trame sempre più articolate, personaggi caratterizzati alla perfezione e colonne sonore da brividi (quella di Stranger Things, per dirne una, è in grado di ca-
Problemi di coPPia? L’antidoto deLLa tV
Secondo un’indagine svolta dalla Aberdeen University (Scozia), tesa a valutare la qualità della vita di coppia di alcune centinaia di persone, è emerso che maggiore è il tempo che si trascorre insieme al partner davanti allo schermo e migliore è la qualità della relazione, specie per chi condivide pochi amici nel mondo reale. Secondo gli studiosi, «le relazioni migliorano in quanto non solo le serie consentono di trascorrere più tempo insieme», il cosiddetto binge watching, «ma anche di condividere le stesse esperienze, fatto che rappresenta un ottimo collante per la coppia». E le serie TV pare risultino particolarmente indicate a questo scopo perché intensificano il processo di identificazione con i personaggi e la condivisione con il proprio compagno/a delle loro vicende.
nUovi eroi Gli attori poi sono diventati nuove icone, come un tempo potevano esserlo il De Niro di Taxi Driver o il Pacino di Scarface. Walter White, al secolo Bryan Cranston, protagonista del fortunatissimo Breaking Bad, è entrato nell’immaginario dei divoratori di serie come l’antieroe dei tempi moderni: un professore di chimica e padre di famiglia, che un bel giorno, scoprendo di avere un cancro incurabile, decide di produrre metamfetamine, inimicandosi i peggiori gangster di una cittadina americana: per un soggetto del genere uno come Quentin Tarantino farebbe carte false. I nuovi show sfornano nuovi «attoroni», e i divi già affermati migrano in cerca di visibilità (e lauti stipendi) verso le serie, da Kevin Spacey (House of Cards) a Steve Buscemi (Boardwalk Empire): produzioni imponenti e sceneggiature scritte da penne sempre più raffinate, per offrire al pubblico uno sfarzo hollywoodiano, ma servito a piccole dosi, con l’immancabile colpo di scena a fine episodio che obbliga i fan ad aspettare la puntata successiva con la stessa calma di un fumatore in crisi di astinenza. Se le cose si mettono male, si può comunque tornare sempre là, al vecchio e intramontabile Tenente Colombo. 11
Protagonisti
sette domande
Nag Arnoldi
Vorrei essere Don Chisciotte e vivere nel Settecento veneziano Quali città ha più amato nella sua vita? Ho amato Venezia, dove tutto è sogno e la realtà sa ancora portare la maschera. La indossiamo anche noi tutti i giorni nel confronto con gli altri. È quel sorriso un po’ falso che rivolgiamo al prossimo. Venezia è stata l’unica città al mondo che ha imposto la maschera per uscire di casa e passeggiare in città. Mi sarebbe piaciuto vivere nel Settecento. Sono arrivato un po’ dopo e ho lavorato alla Fucina degli angeli con Jean Cocteau. A Lugano ho trascorso l’infanzia e la prima giovinezza. Abitavo in viale Cassarate dove c’erano quasi solo artisti. Lo scultore Mario Bernasconi abitava al numero 1, un pittore di Milano era al 2, Giuseppe Foglia al 3, io ero al 4, Filippo Boldini stava al 5 poi c’era Carlo Cotti. Ho passato la mia adolescenza nei loro studi e dai 16 ai 20 anni ho frequentato la casa dei fratelli Chiattone. A un certo punto, anni dopo, ho diviso la mia vita tra Lugano e Città del Messico dove ho conosciuto una cultura arcaica impressionante e personaggi straordinari. La mia storia è ruotata intorno a queste città. È impossibile non amarle. 1
2 C’è un dipinto che vorrebbe avere e guardare tutti i giorni? Sì, un quadro straordinario di William Turner, La nave negriera (1840). Si notano un veliero che affronta la tempesta e gli schiavi gettati a mare come inutili pesi. È un grido estremo di libertà, una tra le prime proteste contro la schiavitù. Un esempio di grande pittura volutamente ignorata per anni per la sua scomoda denuncia. Ma quel che è grande rimane. 3 Che rapporto ha con la memoria? Lo definirei splendido. Non dimentico nessun fatto, ricordo o persona che siano stati importanti nella mia vita. Ho
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il personaggio
Tra gli artisti ticinesi più noti a livello internazionale, lo scultore, pittore e ceramista Nag Arnoldi, nato a Locarno nel 1928, si è formato dapprima a Lugano, poi a Milano, Roma e Venezia dove ha studiato la tecnica del vetro. A partire dagli anni Settanta si è dedicato prevalentemente alla scultura. Dal 1962 al 1993 ha insegnato al Centro scolastico industrie artistiche di Lugano. Ha tenuto nel 1954 la sua prima mostra personale a Lugano seguita da una vasta e prestigiosa attività espositiva in Svizzera, Messico, Stati Uniti e Italia.
inoltre la fortuna di avere una memoria visiva eccezionale per cui l’immagine impressa nel ricordo mi conferma fatti e luoghi. Trovo che l’unico modo di sentirsi ancora vivi sia avere una memoria capace di emozionare. In Messico ho conosciuto artisti, come David Alfaro Siqueiros e Rufino Tamayo, che mi hanno insegnato a crescere, a cercare una ragione d’essere nel magma della cultura. La stessa a cui si riferiscono le mie figure corrose, immagini attraverso le quali individuo una forma che esca dal caos primigenio, ma anche da quello attuale. Spesso affiorano ricordi vivi di incontri avuti nel dopoguerra con personaggi straordinari. Mi è capitato di leggere un libro di Andrea Camilleri che racconta della passione folle di Oskar Kokoschka per Alma Mahler. La sua ossessione per questa donna, morta tragicamente, lo porterà a costruire una bambola con le sue fattezze. Quando l’artista viennese esce dal girone infernale di ricordi dell’amata va a lavorare a Venezia alla Fucina degli angeli. Mi sono accorto che proprio in quel periodo ho lavorato con Jean Cocteau e con lo stesso Kokoschka. E non sapevo di questa sua tormentata storia d’amore.
Chi è la donna più importante della sua vita? Senza dubbio mia moglie. Io ho fatto soltanto lo scultore, mentre lei si è occupata di tutto il resto. Mi ha lasciato tutto lo spazio possibile e immaginabile per fare il mio lavoro. I suoi giudizi sono severi, ma onesti e quasi sempre validi. Non so se dietro ogni grande uomo ci sia una grande donna. Direi il contrario. Innanzitutto c’è una grande donna e, dietro di lei, forse, c’è un grande uomo. 4
5 Che cosa fa nel tempo libero? Non faccio niente di concreto. Nel senso che penso, divago con la mente, vedo, disegno e costruisco quello che «forse» poi tradurrò in realtà. 6 C’è un libro recente che ha lasciato un segno? Il cardellino di Donna Tartt. Il protagonista del romanzo è un ragazzo che ha perso la madre in un attentato in un museo dove ha rubato un quadro che raffigura un uccellino legato a un trespolo con un catenella. Questo dipinto diventerà per lui una ragione di vita, un simbolo di salvezza, innocenza, bellezza. È il simbolo di tutta una vita che ha il potere di fare da madre al protagonista che di lei ha conosciuto solo il ricordo o l’immensa nostalgia. 7 Se non fosse Nag Arnoldi, chi altro vorrebbe essere? Vorrei essere Don Chisciotte e, come lui, vorrei inseguire i sogni, lottare contro le immagini fasulle, ricreare una realtà di vita e di valori in un mondo che mi sembra sempre più lontano da ciò che è degno di essere vissuto.
Intervista di Stefania Briccola Foto di ©Alessandro Crinari/CdT
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Protagonisti
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ore sette
chiasso, ore 7 e ore 19 di mercoledĂŹ 28 settembre 2016.
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Foto di ŠBenedetto Galli /Ti-Press
Spiriti liberi
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Città da sfogliare Romanzi, poesie e grandi scrittori ci possono condurre alla scoperta di paesi e luoghi molto meglio di una guida turistica o di un navigatore satellitare. Scrive Roberto Roveda
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rimo comandamento: spegnere per una volta lo smartphone e ritornare al classico, anzi ai «classici» dato che parliamo di libri, di grandi libri. Secondo, non avere fretta e lasciarsi guidare perché il lettore-viaggiatore deve prestare, come scrive Josè Saramago in Viaggio in Portogallo, «minimo ascolto alla facilità degli itinerari comodi e frequentati e accettare di sbagliare strada e di tornare indietro o, al contrario, perseverare fino a inventare inusuali vie d’uscita verso il mondo. Non potrà fare miglior viaggio». Un viaggio letterario che può avere infinite mete perché luoghi e libri sono da sempre legati a doppio filo. Però da un punto bisogna pur cominciare e per rimanere in tema dirigiamo la rotta sul Portogallo e sulla sua magica capitale che «per il viaggiatore che vi giunga dal mare, anche vista in lontananza, sorge come una bella visione di sogno, stagliata contro un cielo azzurro e splendente che il sole allieta col suo oro». Così scriveva Fernando Pessoa nel 1925 nel suo Lisbona, quello che il turista deve vede-
IL TICINO IN SETTE LIBRI 1. Albero genealogico di Piero Bianconi (1969) Le condizioni di vita e l’emigrazione nella Valle Verzasca di oltre un secolo fa. Ovvero quando il buon tempo antico fa rima con miseria. 2. La cava della sabbia di Pio Ortelli (1948) Opera in parte autobiografica «intrisa di tristezza e fatalismo»: una sorta di neorealismo alla ticinese, erede della narrativa lombarda e paesana.
re e potrebbe essere un’idea andare alla scoperta di quello che è rimasto o meno a novant’anni di distanza. Oppure, assieme a Pessoa ritrovare le atmosfere di Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi. Libri e luoghi si intrecciano quindi in un gioco di scoperte e rivelazioni che possiamo ripetere con la Parigi di Simenon, naturalmente. O, per essere più contemporanei, con la Stoccolma di Stieg Larsson. Nella Millennium Trilogy la città viene descritta in modo così dettagliato che è stato possibile realizzare una vera e propria guida,
UNA APP PER LETTORI-VIAGGIATORI Per chi non rinuncia mai a essere interconnesso ecco City Teller (cityteller.it), la prima app per vedere le città con gli occhi degli scrittori. Nata nel 2014 si può definire una mappa geo-emozionale, per conoscere i luoghi attraverso i libri e i libri attraverso i territori. Gli utenti vi possono trovare citazioni di testi dedicate a luoghi e città e allo stesso tempo inserire brani di scrittori e poeti. Si può così creare una vera e propria biblioteca in cui geografia, storia, arte e letteratura si incontrano con i criteri dei moderni social. Immancabili, naturalmente, le foto dei luoghi resi celebri da grandi scrittori.
La Stoccolma di Stieg Larsson con le bellissime foto di Maki Galimberti. TRA PASSATO E PRESENTE Un itinerario per le prossime vacanze? Prendere un immaginario Orient Express carico di sogni, intuizioni e atmosfere letterarie e farci raccontare Venezia da Gustav von Aschenbach, il protagonista di Morte a Venezia di Thomas Mann oppure da Marcel Proust con il suo Alla ricerca del tempo perduto. Umberto Saba poi ci può condurre con il Canzoniere per Trieste, città che per il poeta «ha una scontrosa grazia» e che bisogna prima conquistare per poi esserne conquistati. Percorriamola allora con La coscienza di Zeno di Italo Svevo fino ad arrivare ad amare la bora come faceva un tempo James Joyce. L’approdo? Istanbul come la descrive Orhan Pamuk in Istanbul, I ricordi e la città e Il museo dell’innocenza: odorosa, colorata, rumorosa e sonora. Triste e dolente, divisa tra passato e presente, tra Asia ed Europa.
3-4. L’ultima estate di Klingsor / Klein e Wagner di Hermann Hesse (1920) Romanzi brevi ed esistenziali, il primo ambientato sul Lago di Lugano: entrambi i protagonisti sono dei 40enni con vite «al limite» (tipici di Hesse). 5. L’eretico di Soana di Gerhart Hauptmann (1918) Sulle pendici del Monte Generoso un sacerdote subisce l’irresistibile fascino di una donna tentatrice, metafora dell’innocenza della natura incontaminata. 6. La famiglia di Beatrice di Arnaldo Alberti (1984) Storie di rivoluzioni, vere e mancate tra la Locarno dell’800 e quella dei giorni nostri. Fra vittime di un paese spietato e materialista. 7. L’arte del fallimento di Andrea Fazioli (2016) Il ticinese Elia Contini («un investigatore senza qualità») parte alla ricerca di un imprenditore fuggito di casa. Ha inizio una curiosa indagine sull’umano senso del fallimento. 39
Ticino e non solo
sette continenti
Londra Il sogno della città infinita A
dire il vero, non appartengo alla schiera di persone che amano la capitale britannica incondizionatamente, per il solo fatto che Londra è Londra, con le cabine telefoniche rosse, i bus a due piani, il cambio della guardia, i parchi in città, i black cabs che oggi sono multicolore e via dicendo. Due viaggi, avvenuti nei primi anni Ottanta per ragioni di studio, mi ave-
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vano lasciato un’impressione strana, di forte spaesamento: la città pullulava di punk e c’era da stare cauti perché le aggressioni erano all’ordine del giorno. E poi, molte moltissime persone di ogni razza e cultura e la sensazione di essere solo uno fra tanti, una minuscola increspatura in un oceano di volti. Mi era parsa una città austera, ancora animata da quello spirito di grandezza
che le derivava dal fatto di essere stata a capo del più grande impero del mondo. Appena possibile mi ero trasferito a Cambridge dove avevo trovato una dimensione decisamente più umana e la possibilità di stringere amicizia con persone della mia età. Di fatto una fuga. Poi molte altre città – Parigi, Madrid, Praga, Lisbona, Berlino, Monaco, Atene –, ma mai più quella sensazione.
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Dicono di lei / «NoN troverai NessuNo, soprattutto uN iNtellettuale, che voglia lasciare loNdra. No, sir, quaNdo uN uomo è staNco di loNdra è staNco della vita. a loNdra c’è tutto quello che questa vita può offrire» (samuel JohNsoN).
tra realtà e finzione Torno dopo oltre trent’anni con un figlio diciottenne a farmi da guida e quello a cui mi trovo davanti è piuttosto diverso. A partire dallo skyline della città, costellato da grattacieli dalle forme bizzarre: dal «cetriolo» di Norman Foster alla spettacolare guglia piramidale di Renzo Piano, The Shard, dal Fenchurch building di Rafael Viñoly, soprannominato il «walkie-talkie» al Pinnacle di Kohn Pedersen Fox, lo «scivolo» per i londinesi. Certo, grande e maestosa lo è ancora di più, e la concentrazione di individui, fra turisti e residenti è impressionante, complici la Brexit, con il conseguente abbassamento della sterlina e il proliferare dei voli low-cost che ne hanno fatto una meta da weekend all included. Stavolta però ho un piano definito che mira a ripercorrere i luoghi descritti da John Le Carrè nei suoi romanzi: la Leconfield House in Curzon street sede dell’MI5 durante la guerra fredda, la casa di sir George Smiley a Bywater street nel quartiere di Chelsea, i nuovi headquarters dell’MI6 a Vauxhall, la tetra ambasciata russa a Kensington Gardens. Spionaggio a parte, appena posso mi reco alla Tate Modern a Bankside, il museo d’arte moderna più frequentato al mondo con oltre 4 milioni e mezzo di ingressi l’anno (dove le sedie della elvetica Vitra fanno bello sfoggio di sé), e a seguire alla Tate Britain a Pimlico, un luogo in cui trascorrere una meravigliosa giornata fra arte (da non perdere la sezione dedicata a Turner che include tre dei suoi acquerelli svizzeri), danza (tre ballerine si esibiscono nel salone centrale a intervelli regolari su musiche elisabettiane) e relax (al ristorante si mangia piuttosto bene ma c’è anche un ottimo self service con piatti vegetariani e non). Il resto è puro piacere e anche qui le sorprese sono svariate. A partire da Camden Town, quartiere frikkettone e alternativo della città: un enorme mercato a cielo aperto dove si trova di tutto, dallo street food più bizzarro all’abbigliamento stile indiano, da borchie, cinghie tatuaggi e piercing a corsi accelerati di meditazione. Un giro in battello sul Tamigi offre poi uno sguardo inedito sulla nuova Londra e i suoi originali edifici. Ma i tre giorni sono giunti al termine e per raggiungere in bus l’aeroporto attraversiamo l’immensa periferia della città, e qui lo spettacolo è di tutt’altro genere. Che sia stato solo un fantastico sogno? Un viaggio di Fabio Martini
sette consigli per visitarla 1. Elaborate un piano
A meno che non vogliate correre il rischio di finire in mezzo alle centinaia di comitive che ripercorrono i luoghi classici, preparate un itinerario. Le possibilità sono infinite: dalla Londra dell’arte contemporanea a quella del rock&roll, dalla Londra del fashion e dello shopping a quella dei luoghi letterari, dalla Londra botanica agli svariati musical in cartellone nei tanti teatri della città.
2. Cautela a piedi
Prestate la massima attenzione evitando di attraversare la strada seguendo gli «indigeni»: loro sanno dove guardare, voi no. Attraversate ai semafori e guardate in basso: sull’asfalto è indicato da che parte girarsi per non farsi investire da un cab.
3. Oyster Card
È una carta ricaricabile dovunque che vi permette di girare sui mezzi della città, taxi esclusi che comunque non sono carissimi. Una volta rientrati non gettatela: vi servirà alla prossima visita.
4. Nel mitico Tube
La rete della metropolitana come si sa è eccellente e consente di spostarsi rapidamente (da qualche tempo su alcune linee 24 ore su 24), ma non sempre offre un buon comfort. Alcune vetture sono vecchie e piccole e negli orari di punta l’affollamento e il caldo risultano fastidiosi. Vivamente sconsigliata a chi soffre di claustrofobia. I bus, benché più lenti, consentono di guardarsi intorno e sono un’ottima alternativa se non si è affetti dalla «tossicomania del turista».
5. Non solo musei
I musei, per lo più gratuiti, sono vere oasi di pace e regalano spazi nei quali sostare per leggere, mangiare e chiacchierare. L’offerta museale è impressionante e al suo interno si possono individuare percorsi di estremo interesse.
6. Una lingua multietnica
Dimenticatevi l’inglese imparato a scuola. A seconda della persona a cui vi rivolgerete sentirete parlare una lingua assai diversa e con accenti a volte misteriosi. All’inizio disorienta un po’ ma poi ci si fa l’abitudine.
7. Mangiare ovunque
Sfatiamo il mito secondo cui a Londra si mangia male. Con un po’ di attenzione si può passare dalle catene – ve ne sono moltissime che offrono piatti decenti ed economici – a ristoranti di ogni tendenza e livello. Ovviamente i prezzi possono variare in modo molto sensibile. 41
Ticino e non solo
LIVING Room
La pulizia delle forme Con il cambio di stagione anche l’utilizzo degli spazi di casa muta: dalla terrazza si ritorna al salotto, dove ritroviamo la nostra intimità. Una buona occasione per riorganizzare e rinnovvare spazi e superfici. Scrive Valentino Odorico
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mondo dell’arredo casa suscita sempre grande interesse: dalle fiere internazionali emergono costantemente le tendenze in fatto di living. Un interesse molto sentito nel nostro cantone, dove tra luoghi e scenari meravigliosi, una proposta immobiliare ampia e una naturale propensione al piacere di vivere la casa, si pone grande attenzione a quelle che sono le proposte per gli interni. Non è del resto sempre scontato coniugare gusto personale e stile con le esigenze di spazio e dei bisogni personali. Per l’interior design la tendenza mostra una voglia di leggerezza, di pulizia, in uno scenario in bilico tra urbano e naturale, dove le soluzioni sono frutto dell’unione di due opposti.
Spazi da vivere Minimalismo, sobrietà, purezza delle linee, spostano l’attenzione sulla qualità dei materiali, sottolineano le rifiniture e l’eleganza delle forme; si punta a creare delle atmosfere sofisticate, con concept che fondono innovazione, sperimentazione e tradizione. Una concezione di living che disegna ambienti da vivere appieno: saloni che diventano un tutt’uno con le cucine, dove estetica e funzionalità si fondono armoniosamente. Un approccio versatile che reinterpreta in modo esclusivo l’idea di spazi conviviali, che rimescolano vuoti e pieni, che ottimizza i vani, valorizza gli angoli, utilizza la luce e le lampade come strumenti che proiettano giochi di riflessi e ombre. Pareti scorrevoli, vetri a scomparsa, locali in costante trasformazione, per una casa da reinventare continuamente, da vivere e adattare secondo esigenze mutevoli. Complementi d’arredo che dialogano elegantemente con lo spazio circostante, quadri che disegnano percorsi emozionali, creano situazioni, accentuano e caratterizzano gli ambienti, narrando la personalità di chi la casa la vive quotidianamente. 42
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La posizione del letto / secondo il feng shui non è necessario che la testa sia sempre posizionata a nord quando si dorme. è invece molto più importante il tragitto porta di casa-posizione del letto: se nel percorso dobbiamo fare almeno due-tre (o più) angoli retti il letto è nel posto giusto.
SETTE CONSIGLI pEr L’arrEdO Arredare la casa, unendo stile a funzionalità degli spazi, non è sempre facile: ma con alcuni consigli è possibile trasformare il soggiorno in un ambiente ideale, in cui accogliere gli ospiti e vivere i propri momenti di relax.
1. Disegnare lo spazio
Prima di arredare una stanza meglio fare un disegno di come dovrebbe essere lo spazio che si desidera. Avere sott’occhio costantemente la situazione ideale permette di scegliere al meglio cosa cambiare, cosa modificare ed eventualmente cosa acquistare.
2. Un po’ di respiro
Una volta arredato, il salotto deve avere sempre degli spazi liberi per il passaggio, offrire un giusto respiro e non ostacolare i movimenti. Più che porre l’attenzione sul cosa inserire è molto importante definire lo spazio che si intende lasciare libero.
3. La giusta illuminazione
I giochi di luci e ombre sono un dettaglio essenziale; il giusto mix di calore, relax e funzionalità è dato per prima cosa dai punti luce e dal loro posizionamento. Importante quindi la calibrazione per avere la quantità ideale di luminosità: in commercio esistono lampade studiate per creare diverse atmosfere.
4. Abbinamenti e toni
I designer propongono soluzioni adeguate a ogni gusto, collezioni e idee che spaziano dal moderno al classico, giungendo fino al contemporaneo, per un lifestyle glamour e cosmopolita. Creazioni d’arredo in cui creatività e perfezione artigianale si incontrano e si sposano in modo sublime: divani rivestiti in pelle e tessuto, sedute pensate per arredare con carattere ogni ambiente e perfette anche per le zone lounge. Equilibri formali che vengono smorzati da grandi cuscini, in un gioco di morbidezza e volumi; poi ecco gli immancabili e importanti mobili iconici, dalle forme calibrate, dove ogni elemento diventa un segno distintivo di funzionalità. AccostAmenti e grAndi stAmpe Per il soggiorno, naturalmente, oltre ai divani diventa indispensabile anche il tavolino: un complemento d’arredo non
solo bello da vedere, ma anche pratico e utile. Per chi ama dettagli di antiquariato fondamentale, per la giusta armonia, optare per modelli classici; ideali invece le proposte moderne per chi predilige uno stile decisamente più contemporaneo. Per sfruttare meglio gli spazi, originali le nuove proposte di tavoli allungabili: l’attenzione al design permette di inserire degli oggetti funzionali, senza rinunciare a forme ricercate. Il salotto è prima di tutto un luogo conviviale, dove si ricevono gli ospiti, si trascorre il tempo con la famiglia: la comodità quindi è essenziale e devesempreesserepostaalcentrodiogni scelta. Per rendere meno asettico lo spazio, la tendenza sottolinea l’importanza di personalizzare l’ambiente con vecchi oggetti. Infine, sottolineare una parete, mettendoinmostraunquadro,unastampa di grandi dimensioni o delle immagini particolari, è il modo ottimale per esprimere una propria visione estetica.
Nella scelta delle tende, il tessuto deve essere di un colore e materiale che si sposa in modo perfetto con il divano, con eventuali tappeti, con la nuance delle pareti e con i colori dei mobili. Il tendaggio è una parte da non trascurare in un arredamento.
5. Quadri, stampe e dettagli
La loro presenza è preponderante nella creazione di uno spazio unico e personale. Meglio scegliere quindi dei soggetti non usuali o inflazionati.
6. Decorare la sala
I soprammobili raccontano la persona che vive la casa; per sottolineare questi complementi d’arredo, importante quindi è non eccedere nella quantità. Meglio piuttosto cambiarli periodicamente. Ogni oggetto dovrebbe avere idealmente un valore affettivo.
7. Scegliere il pavimento
Marmo, ceramica e granito, inevitabilmente trasmettono un senso di freddezza; quando possibile, meglio optare per un caldo parquet. In alternativa, sottolineare e personalizzare la stanza con tappeti coordinati all’arredamento. 43
Tendenze
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in forma in sette mosse
Prova a prendermi La corsa, che passione! Ecco qualche segreto per il «runner» che vuole andare più veloce del vento. Scrive Bruno Berti
Il
caldo non è ormai più opprimente, il freddo, quello vero, deve ancora arrivare: cosa c’è allora di meglio di una bella corsa per mantenersi in forma e staccare con il tran-tran quotidiano, magari dopo una giornata stressante al lavoro? Meglio, appunto, se all’aria aperta, perché si bruciano più calorie rispetto al tapis roulant e il corpo, con il sole che splende, sintetizza vitamina D che fa bene sia al metabolismo sia alle ossa. Non solo: correre è una delle attività ideali anche per trovare ispirazione e schiarire i pensieri. Il manuale del perfetto «runner» – da asfalto ma anche da sterrato – contempla innanzitutto una postura corretta e, inoltre, un equipaggiamento all’altezza, per garantire confort e sicurezza, caratteristiche indispensabili per affrontare al meglio qualsiasi tipo di tracciato.
Scarpa
Deve essere capace di assorbire gli urti e resistere anche al tracciato più dissestato. È tornato il momento dei modelli super ammortizzati. Complice anche l’interesse per le corse in montagna. Asics Gel-Nimbus 18 www.asics.com 44
1 teSta dritta, mai penzolante, con lo sguardo rivolto in avanti. Pure il collo deve essere dritto, affinché l’intero sistema sia allineato. 2 Spalle aperte, in posizione naturale. Non devono essere curvate in avanti ma nemmeno allargate in maniera innaturale tipo «bodyguard». 3 BuSto dritto e leggermente inclinato in avanti. Anche sotto sforzo i muscoli non devono essere contratti: in questo modo risparmiamo preziosa energia. 4 Braccio e avaMBraccio, durante il movimento, devono formare praticamente un angolo retto. Mani leggermente chiuse, rilassate. Le braccia si muovono inversamente alle gambe: gamba destra avanti con braccio sinistro avanti.
orologio
Comprare un orologio cardio-GPS oppure usare un’app specifica per la corsa? Il vero problema è avventurarsi tra i mille modelli presenti sul mercato. Alcuni dei quali molto simili tra loro. Garmin Forerunner 15 www.garmin.com
5 il Bacino, allineato con schiena, collo e testa dovrebbe avere un movimento in avanti quasi fosse trascinato da un’ipotetica corda. Pancia in dentro per far lavorare (anche) gli addominali. 6 la falcata non dev’essere eccessiva lunga. L’appoggio del piede dovrebbe avvenire perpendicolarmente alle spalle.
Maglietta tecnica
Ilvecchiocotoneèstatosuperatodanuovi materialimoltopiùcomodieperformanti. Nikeutilizza,peresempio,untessuto basatosullatecnologiaDriFit,cheassorbe ilsudoreelofaevaporarerapidamente. Nike Zonal Cooling Contour www.nike.com
7 l’appoggio sul tallone è quello che risulta più semplice, ma mette maggiormente sotto stress la struttura ossea. Con il passare del tempo meglio quindi imparare a spostare l’appoggio nella parte mediale del piede, che fungerà così da naturale ammortizzatore, rendendo più veloce la corsa e riducendo sensibilmente la possibilità di infortuni.
pantaloncini
Pantaloncini aderenti corti (tight) in questo periodo di transizione tra il caldo e il freddo oppure ancora modello «svolazzante estivo»? In inverno meglio passare alla tuta. Adidas Tight Corti Supernova www.adidas.it
Tendenze
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street style
Nel blu, dipinto di blu I jeans sono senza dubbio il capo d’abbigliamento più diffuso e indossato al mondo. Ma hanno una prerogativa: non perdonano. Quindi, impariamo a scegliere quelli che meglio si adattano al nostro corpo. Scrive Barbara Bitetti
A
lzi la mano la donna che non ha mai pensato «ma cosa avevo in testa quando ho comprato questo paio di jeans?». Nel corso degli anni mi sono sempre risposta, in puro stile Aldo Giovanni e Giacomo, «le scimmie urlatrici, avevo». Fino a quando ho compreso un valore essenziale: preferire i modelli che ci vestono bene perché il jeans non perdona. È un capo versatile e comodo, ma una scelta scorretta può esaltare proprio i difetti. Quindi è essenziale avere le idee ben chiare sui nostri punti deboli e su ciò che ci dona per poi scovare il taglio adatto. Che esiste. Vediamo allora i principali modelli:
1 SKINNY: elasticizzato e aderente come una seconda pelle, dalla vita al piede. Sta bene alle donne proporzionate, meglio se magre: evidenzia l’armonia, quando presente, e di conseguenza risulta impietoso sulla classica forma a pera. E se, pur basse, siete longilinee, osate perché potrebbero addirittura slanciarvi. 2 SLIM: leggermente più morbido dal ginocchio in giù. Consigliabile alle snelle con tendenza a ingrassare sull’addome perché il tessuto elastico possiede un lieve effetto contenitivo. 3 STRAIGHT: classico a sigaretta: ampiezza uguale per tutta la lunghezza. Un ever-
sette CURiositÀ 1. Due miliardi i pezzi venduti ogni anno, di cui il 30% in Europa. 2. Il 20 maggio 1873 Jacob Davis e Levi Strauss registrarono il brevetto dei jeans, pantaloni marroni resistenti all’usura, adoperati dai cercatori d’oro. Il nome deriva però dalla tela blu usata per coprire le merci nel porto di Genova, appunto «Genes» in francese. Rimasto a corto di tela marrone Levi Strauss, cercò un altro tessuto e il fratello gli spedì da New York la tela usata nel porto ligure. Da quel momento i jeans diventano i blue jeans. 3. Indossati dai soldati americani fuori servizio durante la Seconda guerra mondiale, nel 1955 diventano popolari come simbolo di ribellione giovanile: James Dean li indossa in Gioventù bruciata.
green. Riequilibra il fianco o un lato B non esili. Purtroppo mette in evidenza le gambe storte.
4 BOOT CUT: abbastanza largo alla caviglia, dovendo infilarci sotto lo stivale, per l’appunto. Cosce e posteriore notevoli sono ben aiutate da questa foggia, soprattutto se accompagnata da stivali e tacco alto. 5 FLARE: un classico, a zam-
pa d’elefante. Rigorosamente per donne alte con fianchi dritti, altrimenti è garantito l’effetto clessidra all’altezza del ginocchio. Facile considerarli ideali per slanciare la figura, perché l’ampiezza nasconderebbe anche una scarpa con plateau. Tuttavia questa soluzione rende arduo camminare. Stessa analisi per i Wide Leg, altrettanto grandi.
6 BOY-FRIEND JEANS: indossati come se fossero i pantaloni del fidanzato. Modello maschile e morbido: vita larga che si appoggia sui fianchi. Idea carina per le smilze. Consigliato alle più alte, con affilate zampette da merlo. Generalmente rimboccato al fondo, non si adatta né alle caviglione, né alle brevilinee. 7 GLI ALTRI: per concludere,
qualche ulteriore consiglio. Attenzione ai pantaloncini corti: vanno bene solo per le ragazzine, altrimenti risulta facilissimo che l’auspicato lookliceale,diventilookMuseo. Cautela inoltre con i colori chiari: saranno anche trendy, ma ricordare sempre che il nero può togliere una taglia. Il tessuto elasticizzato anche. E ora tutte a scegliere il prossimo jeans. Si spera con buona pace delle scimmie urlatrici.
4. Negli anni a seguire, in quanto icona della ribellione, furono vietati in alcune scuole. 5. Da una balla di cotone si ottengono circa 215 paia e per tesserne un paio occorrono 100 metri di filo. 6. Negli Stati Uniti, vengono venduti circa 450 milioni di paia di jeans l’anno. Ogni americano ne possiede in media 7 paia. 7. Marty Friedman, proprietario del negozio Limbo nell’East Village di New York, è stato il primo a lavare un paio d jeans con l’intento di ottenere l’effetto vintage.
lo sapevi?
A Palo Alto un team di scienziati e genetisti ha sviluppato una tintura eco-compatibile capace di donare il classico colore blu al jeans senza usare coloranti ma impiegando il temutissimo batterio Escherichia Coli, una volta geneticamente modificato. 45
Tendenze
Grandi marchi
Con le ali ai piedi Riuscire a omettere il proprio nome in un messaggio pubblicitario è il sogno di ogni azienda. Grazie anche al suo logo essenziale, lo «swoosh», la Nike ha potuto imporre i propri prodotti e il suo stile nel mondo. Scrive Marisa Gorza
E
ra il 1971 quando Phil Knight, allora dirigente della Blue Ribbons Sports – l’azienda che di lì a poco sarebbe divenuta la Nike – affidò alla studentessa Carolyn Davidson il compito di creare un logo per una nuova linea di scarpe da corsa. Fu così che la fanciulla, vera promessa del design, creò lo swoosh, uno dei simboli più famosi di sempre. E lo fece per 2 dollari l’ora, fatturando un totale di 35 dollari. Colpo gobbo per un marchio che nel 2015 ha fatturato 30 miliardi e 601 milioni di dollari! Phil Knight, conscio del valore immenso dell’intuizione di Carolyn, undici anni dopo le regalava un anello con un diamante a forma di swoosh, in aggiunta a una busta contenente un congruo numero di azioni. Ma come decodificare questo simbolo criptico? Di questa linea curva che svettando verso l’alto trasmette sensazioni di dinamismo, movimento e velocità? Valori coerenti con i settori merceologici di riferimento, in primis con lo sport e non solo in senso agonistico, contesti in cui il cliente di Nike si riconosce pienamente. Il fatto poi che la linea non si chiuda, oltre a rappresentare un percorso illimitato, fa sì che ad essa vengano associati concetti legati all’apertura mentale determinanti l’agilità fisica e psichica del fruitore. Ma anche anticonformismo e senso di libertà.
Nel Nome della dea Il nome del brand fa invece riferimento alla dea ellenica della vittoria. Adorata dagli ateniesi quale Atena, Nice o Nike, 46
figlia prediletta di Zeus e protettrice di Ulisse, venne chiamata Minerva nella romanità e dai latini raffigurata come una giovane donna dalle possenti ali di aquila (qualcuno asserisce che lo swoosh potrebbe anche raffigurare la grande ala della divinità stilizzata). Di fatto la marca americana di scarpe sportive per antonomasia nasceva all’inizio degli anni Settanta con l’obiettivo, da parte di Knight e Bill Bowerman (nella foto in alto), di creare calzature in grado di ottimizzare le performance degli atleti. Successo colto in pieno nel 1992 ai Giochi Olimpici di Barcellona dalla squadra americana di basket (il famoso Dream Team) che naturalmente calzava Nike. Che dire poi quando nel 1999 la squadra di calcio femminile statunitense, supportata dall’azienda della dea alata conquistò la Coppa del Mondo? Che la compagnia abbia sempre creduto nel ruolo delle donne nello sport è un dato
Sporty ChiC Con la nascita di Nike Sportswear, l’azienda americana si è imposta nel mondo della moda, divenendo sinonimo di eleganza, comfort e originalità. Un piccolo assaggio della linea approntata per le brezze autunnali in arrivo? La Nike Tech Fleece Autumn 2016 reinterpreta le silhouette classiche del brand attraverso l’innovazione del design e della tecnologia. In particolare, i modelli Crew e Hoodie, che caratterizzano la collezione, presentano uno strato felpato composto da una schiuma leggera all’interno della maglia di cotone per fornire calore, traspirazione, isolamento e flessibilità. Le maniche invece presentano le stesse coste cangianti che hanno trionfato sui podi durante l’estate. Suvvia vestiamoci da campioni!
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Le magnifiche sette Di seguito alcune scarpe «must have» prodotte dall’azienda statunitense pronte per le performance di chi si cimenta in qualche attività per puro diletto, non solo dei grandi campioni.
1. Kobe XI Elite Low
Richiama la leggendaria Kobe ma rinnovata con dettagli quali la tomaia Flyknit traspirante, l’intersuola in schiuma dal morbido comfort e l’unità Zoom Air nel tallone per un’ammortizzazione reattiva (nella foto in alto).
2. Football Magista Obra
Scarpa da calcio per terreni morbidi in grado di assicurare un gioco di classe in campo grazie al collare Dynamic Fit e alla tomaia All Condition Control per un eccezionale gestione del pallone.
3. Classic Cortez
La scarpa femminile da running, stella dell’atletica dal 1972, continua a brillare per leggerezza, eleganza e originalità dei particolari come la tomaia sagomata in un pezzo unico, gli inserti traforati per una migliore traspirabilità e l’intersuola con schiuma tripla (nella foto in basso).
4. Roshe Two Flyknit
Ispirata alla filosofia Zen, coniuga semplicità, serietà e giocosità. Cambia colore a seconda dell’angolazione e aderisce al piede come un calzino. Dettagli unici per elasticità e comfort sono il collare imbottito e la trazione sagomata.
5. Air Zoom Pegasus 33
di fatto: già nel 1978 veniva lanciata la scarpa Lady Waffle Trainer. Inoltre, Nike, grazie al settore di ricerca e sviluppo, è stata la prima marca a proporre scarpe adatte a ogni disciplina sportiva: dal jogging all’aerobica, dal body building al running, dalla pallacanestro al tennis. Ha contribuito in modo determinante a imporre come scarpe per tutti i giorni le cosiddette basket, indossate anche per le occasioni formali nelle loro innumerevoli fogge, colori e tecnologia. L’invenzione risultata decisiva per il successo è stata però quella di una particolare intercapedine d’aria inserita nella suola che ha dato vita alle Nike Air, calzature che nelle loro infinite varianti hanno letteralmente monopolizzato il mercato. Vita sana e sportiVa in senso lato Proprio per questa predisposizione a farsi garante della routine salutista, non solo dei campioni, il marchio negli anni
è diventato produttore mondiale di accessori e abbigliamento sporty&casual, acquisendo importanti aziende del settore come la Hurley International (2002) e la Converse (2003). Michael Jordan è stato il primo testimonial a collaborare con il marchio del «baffo» e a lui si sono susseguiti atleti di grande calibro e di tutte le discipline. Sempre tenendo presente che chi lavora in o per Nike deve comprendere la mission aziendale e avere in sé la «scintilla» della passione per lo sport. Le prime collezioni di abbigliamento furono realizzate nel 1980. Fino ad allora la vocazione alla calzatura era esclusiva e l’appareal era considerato un optional. Inoltre scarpe, abbigliamento e attrezzature erano studiate per gli atleti in competizione. Ma via via la tendenza global si concentrava sul vestire e sui gusti dei giovani oltre a chi ne incarnava l’animo e lo stile di vita.
Scarpa da donna dalla calzata perfetta e dall’ammortizzazione dinamica che aiuta ad aumentare il ritmo e a concentrarsi sulla velocità. Interessanti anche le colonne Waffle nella suola per la massima trazione e le ormai note unità Zoom Air nel tallone che assicurano un’andatura elastica.
6. Running LunarEpic
Scarpa per una «lei» molto attiva che avvolge il piede come una seconda pelle. Aree mirate offrono un sostegno leggero dove serve di più mentre l’intersuola è caratterizzata da intagli al laser che si piegano duttili all’impatto del piede. Colorazioni intense e motivi energici per evocare una vitalità senza limiti.
7. Training Free
Scarpa da training con una nuova tomaia in leggerissimo Flyknit e intagli esagonali nella suola per creare diversi punti di flessione. Altri vantaggi sono dati dai perni in gomma ai lati dei malleoli, studiati in base alla biomeccanica della corsa. Indossandole si ha davvero la sensazione di avere le ali ai piedi. 47
Tendenze
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sette ingredienti
Filetto di branzino per il bambino che c’è in noi Un’innocente bugia ci fa innamorare di questo pesce che, servito con pomodori confit e purea di porri, è una vera delizia. Cucina Eleonora Postizzi
tipo di riCetta temPo: 25 mInutI DI PrEPArAzIonE, 1 orA E 15 mInutI DI CotturA difficoltà: bASSA non fatevi spaventare dal tempo di cottura, in realtà farà praticamente tutto il forno! un piatto semplice, leggero e che entusiasmerà i vostri ospiti.
ingredienti Per 4 PersoNe 2-4 FIlEttI DI brAnzIno (CIrCA 700 g) unA quInDICInA DI PomoDorI ChErry 1 Porro 1 goCCIo DI vIno bIAnCo 1 goCCIo DI PAnnA 10 g DI burro olIo ExtrAvErgInE DI olIvA SAlE & PEPE ErbE AromAtIChE (orIgAno, tImo) quAlChE CAPPEro
preparazione
Il
pesce fa bene ai bambini! Quante volte avrò sentito questa frase. Saranno gli omega, sarà che più pesce mangi più la tua memoria si allunga, o forse sarà una scusa. Chissà. ricordi d’infanzia In fin dei conti le cose che fanno bene sono tante. Ricordo però che da bambina mi ero fissata con il branzino. Non che fossi una gourmet di alto livello con una particolare predisposizione delle papille gustative a determinati sapori. Eh no. Semplicemente ero stata tratta in inganno da mia mamma. il segreto L’inizio non mi è più così chiaro, ma credo che galeotti furono i bastoncini di pesce: da sempre grande passione dei più piccoli (ma non solo!). Non temete, non ho richiesto la tipologia di pesce contenuta nei bastoncini ma, alla prima occasione, in un ristorante 48
quando mi hanno servito un branzino, mia mamma – pur di farmelo mangiare – mi spiegò che era come quello impanato di casa. Magicamente, lo stesso pesce poteva diventare anche rosa, se nel mare trovava per esempio dei fiori di quel colore da mangiare, poteva cambiare forma diventando molto simile a dei gamberi oppure i suoi «bambini» erano delle conchiglie. Ma sempre di quel pesce si trattava. una parola magica Il motivo per cui questa parola ha tanta influenza su di me è ancora sconosciuto. Quel che è certo è che ci saranno stati gli omega e avrà anche fatto bene alla memoria, ma io proprio «sveglissima» non ero. Ah, tranquilli, adesso ho capito che all’epoca quello rosa in realtà si chiamava salmone e che no, i pesci non hanno nulla a che vedere con le conchiglie. Quanto mi hanno presa in giro, povera me!
w Dividere i pomodori, posizionarli sulla teglia da forno con la parte tagliata verso l’alto. Condirli con un goccio di olio, sale e erbette. Eventualmente aggiungere un pizzico di zucchero. Cuocere in forno preriscaldato a 100°C per un’ora, un’ora e mezza. w In un pentolino sciogliere il burro e rosolare il porro tagliato a tocchetti per qualche minuto. Sfumare con un goccio di vino bianco e lasciare evaporare. Aggiungere la panna, coprire con un coperchio e cuocere a fuoco basso fino a quando il porro risulterà morbido. Frullare e aggiustare di sale e pepe. w In una padella antiaderente scaldare un goccio di olio, posizionare i filetti di branzino (eventualmente tagliati a porzioni) dal lato pelle e cuocerli per un paio di minuti. Salare e pepare il lato carne. Scottare anch’esso per qualche secondo. w Servire il branzino con la purea di porri, i pomodori e qualche cappero. Note: al posto del branzino si possono utilizzare filetti di orata o di dentice. Per una cottura ottimale controllare il colore della carne del pesce: deve diventare traslucido, né bianco, né rosato.
Curiosità C’è chi lo chiama branzino e chi invece spigola. In realtà, si tratta dello stesso pesce. È considerato tra i più pregiati ed eleganti abitanti del mare, conosciuto anche come «cavaliere marino».
Tendenze
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stagioni
Tripudio di colori ascoltare
gustare Dahl, colori e sapori
Devendra Banhart Ape in pink marble (2016) Cantautore statunitense, classe 1981, noto alle cronache per la relazione con l’attrice Natalie Portman, porta il nome di una divinità indiana, suggerito a sua madre da un mistico indù. Devendra racconta storie in musica, stravaganti, morbidamente psichedeliche. Il suo nuovo album è perfetto per immergersi nei colori caldi dell’autunno. Come in ogni sua creazione, lo spirito rimane 100% indy. Le atmosfere dei nuovi pezzi ti sfiorano però con un tocco più leggero e malinconico rispetto alle sue passate produzioni. Da godere, sdraiati sul divano della vita, magari con un bicchiere di Nebbiolo.
C
on l’arrivo dell’autunno cambiano i colori, i sapori e gli umori. Le foglie degli alberi si tingono delle tonalità dell’Estate Indiana, tripudio di gialli, arancioni e rossi declinati in infinite varianti. Indian Summer è infatti il nome che i Nativi americani attribuivano al periodo autunnale e che entrò a far parte del lessico del Nuovo Mondo sicuramente a partire dal 1778, come attesta una lettera scritta da un certo John de Crevecoeur proprio in quell’anno. Si manifesta nel periodochevadaottobreanovembre quando l’aria è ancora tiepida e asciutta e il freddo dell’inverno non ha iniziato a bussarealleporte.InSvizzera, Germania e Ungheria questo parte dell’anno viene chiamato Altweibersommer, l’estate delle donne anziane, mentre
vedere in Bulgaria è la Gipsy Summer, l’estate gitana. Alle nostre latitudini i grappoli d’uva e i fichi esplodono zuccherini dai rami, richiamando il tempo del raccolto. È un momento particolare in cui fermarsi e godere del cammino fin qui percorso: dal seminato che ha dato la pianta si giunge ora all’apice rappresentato dalla raccolta dei frutti. L’autunno richiama alla contemplazione, alla celebrazione dell’abbondanza, al godimento della vita, e in questa ottica vi proponiamo l’associazione di tre diverse esperienze sensoriali: un disco di buona musica, un film da non perdere e infine un piatto della cucina del sub continente indiano. Un modo diverso e divertente di affrontare la nuova stagione appena iniziata. Scrive Keri Gonzato
Speziato al punto giusto con l’aggiunta di curcuma e zenzero, è un piatto noto della cucina indiana. Il dahl può essere servito sia come un purè denso, abbinato ad altre preparazioni a base di verdura, sia sotto forma di zuppa o vellutata. Il colore varia a seconda delle lenticchie che si intendono utilizzare. Lo si può servire accompagnato da riso. Per la buona riuscita del piatto è importante preparare il tarka che consiste nello scaldare in un piccolo recipiente una piccola quantità di olio o ghee, il burro chiarificato, per poi far saltare le spezie scelte. IngredIentI per Il dahl... 150 g di lenticchie un pomodoro maturo una cipolla rossa mezzo spicchio d’aglio mezzo peperoncino mezzo cucchiaino di tamarindo sei bacche di cardamomo mezzo cucchiaino di curcuma cumino ... e per Il tarka due cucchiaini di semi di senape tre foglie di curry un cucchiaio e mezzo di olio di colza
L’uomo che vide l’infinito, di Matt Brown (Stati Uniti, 2016) Storia vera di una mente senza limiti diretta da Matt Brown e interpretata da Dev Patel (Slumdog Millionaire) e dal grande Jeremy Irons. La pellicola è dedicata allla vicenda del matematico indiano Srinivasa Aiyangar Ramanujan che nel 1913 spedì una lettera a tre professori di Cambridge. La missiva conteneva una lunga lista di teoremi rivoluzionari. Solo un membro del Trinity College, Godfrey Harold Hardy, riconobbe la brillantezza di Ramanujan che venne ammesso alla prestigiosa università. Come provare l’impossibile? Una pellicola che ci spinge a sfidare l’autunno con imprese coraggiose.
Come proCedere Lavate le lenticchie sotto l’acqua corrente. Tagliate la cipolla a metà: una parte fatela a pezzi grossi, l’altra tenetela da parte per il tarka. Una volta lavato il pomodoro tagliatelo a pezzetti. In una pentola ponete le lenticchie, il pomodoro, la cipolla e tutte le spezie. Coprite con 6 dl di acqua. Fate cuocere con il coperchio per mezz’ora o comunque sino a quando le lenticchie non si disfano. Togliete la cannella e regolate di sale. A piacere, potete passare il dahl con un colino a maglie non troppo fitte. Mettete il dahl in ciotole individuali. Preparate il tarka: scaldate l’olio e dopo 30 secondi aggiungete la cipolla affettata molto finemente, i semi di senape e le foglie di curry. Quando i semi cominciano a scoppiettare versate il tarka sulle ciotole di dahl e servite. 49
Relax
stelle & curiosità l’oggetto Il phon
Astroparade
di Betty
Inamovibili, i tre segni sul podio segnano un’ulteriore vittoria. Ariete e Sagittario retrocedono fra litigi e un po’ di narcisismo, mentre Gemelli ascende alla scoperta del proprio io profondo
Il nome lo ha preso dal föhn, fenomeno atmosferico che noi ticinesi ben conosciamo e a cui abbiamo dato il nome di favonio, il vento caldo e secco che si produce quando le correnti d’aria, nel superare le Alpi, cedono parte della propria umidità trasformata in precipitazioni. Benché i puristi obiettino rimandando al termine corretto, «asciugacapelli», la correlazione è evidente. Inventato negli Stati Uniti nel 1920 da qualcuno che si era preso la briga di incrociare un aspirapolvere con un motore da frullatore, è basato su un principio semplice: una ventola mossa da un motore elettrico fa entrare aria da un lato di un tubo e la fa uscire dall’altro dove è posta una resistenza elettrica che la scalda. Oggi, in commercio ve ne sono di tecnologici, con regolazioni del calore, dell’emissione dell’aria, ionizzanti, da viaggio e con la possibilità di dare il cosiddetto «colpo freddo» che aiuta a fissare la piega. L’oggetto è stato a buona ragione circondato da un’aura di pericolo: «Asciugati le mani prima di usarlo», oppure, «Ti sei messo le ciabatte di gomma?», raccomandazioni sacrosante perché nella sua carriera il phon ha mietuto parecchie vittime. Una curiosità: il rumore prodotto da un phon acceso (white noise nel linguaggio della musica elettronica) pare eserciti un effetto rilassante tant’è che YouTube pullula di video associati a questa bizzarra colonna sonora.
istruzioni per l’uso 7 consigli per... una produttiva riunione fra colleghi di Walter Mariotti 50
1
peScI
Marte è in sestile, Saturno angolare: questo indica che disponete dell’energia giusta per prendere una decisione rimandata probabilmente da parecchio tempo. Seguite l’intuito: Giove e Mercurio nell’ottava casa solare favoriscono i rapporti di lavoro. venere protegge la vita sentimentale dei nati nella terza decade.
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veRGIne
«Lei non ha idea di quale fortuna possa essere, sa, amare le persone, piacere alla gente, avere quella dote, quella leggerezza, quello charme… Io non ce l’ho. Mai avuto. Di frequente mi chiedo perché io abbia scelto una vita imperniata sul piacere agli altri». A differenza di Richard nixon voi di charme ne avete a iosa.
3
BILAncIA
Avete Mercurio e Giove in Bilancia, un doppio passaggio che favorisce l’amplificazione dei vostri obiettivi e delle vostre vedute. La quadratura con Marte vi rende peraltro combattivi soprattutto quando vi trovate a dover interagire con i vostri parenti nella gestione del patrimonio familiare. Bene tra il 10 e l’11.
4 gemelli
5 capricorno
6 acquario
7 cancro
8 toro
9 ariete
10 sagittario
11 leone
12 scorpione
«Forse oggi l’obiettivo principale non è di scoprire che cosa siamo, ma piuttosto di rifiutare quello che siamo. Dobbiamo immaginare e costruire ciò che potremmo diventare» (Michel Foucault). Fortunato incontro con Acquario e Bilancia.
Maggior cautela intorno al 9 ottobre. cercate di cogliere anche l’altro aspetto dei problemi. venere pare marcatamente favorevole soprattutto per i nati tra la seconda e la terza decade. positivo l’incontro con il segno dello Scorpione. Secondo Karl Kraus, «il seduttore che si vanta di iniziare le donne ai misteri dell’amore, è come il turista che arriva alla stazione e si offre di mostrare alla guida locale le bellezze della città». evitate di fare una figura del genere.
1. La riunione di lavoro è la simulazione di un rito democratico, proprio come la democrazia è la simulazione del rito di se stessa. 2. Come in democrazia si deve far credere che una testa valga un voto, ma non è vero.
«È necessario riservare in noi un retrobottega tutto nostro, assolutamente autonomo, dove conservare la nostra vera libertà, avere il nostro più importante rifugio, godere della nostra solitudine», ha scritto Michel de Montaigne. «La gelosia è il peggiore dei mali, perché è il solo contro il quale l’orgoglio è impotente», ha dichiarato il commediografo francese Jacques Deval. L’opposizione con venere vi spinge ad amplificare il senso di possesso. controllatevi.
Trattenetevi con le parole: Mercurio è nel segno amico della Bilancia. piuttosto cercate di incrementare con cautela le relazioni sociali e i viaggi d’affari. possibili spostamenti e importanti realizzazioni nel campo del marketing.
3. Ognuno fa la sua parte ma non deve crederci. Per questo si chiama «gioco delle parti». 4. Fare finta di ascoltare, di alzare i toni, di farsi gonfiare le vene del collo e, se possibile, di mandarsi a quel paese. 5. Nell’insolito caso che si debba decidere
«Ogni uomo ha dei ricordi che racconterebbe solo agli amici. Ha anche cose nella mente che rivelerebbe solo a se stesso, e in segreto. Ma ci sono altre cose che un uomo ha paura di rivelare persino a se stesso» (Fëdor Dostoevskij).
votati alla critica e alla litigiosità tra il9eil10ottobre.Tenetebeneamenteche il vero snob non litiga mai, casomai ignora. piuttosto, utilizzate le vostre energie per difendere e affermare le vostre idee senza andare oltre il seminato. Secondo lo scrittore e agente segreto Graham Greene «Il cuore è una bestia della quale è prudente diffidare. Anche l’intelligenza è una bestia, ma per lo menononparlad’amore».particolarmente intuitive le seconde decadi il 13 ottobre.
qualcosa, farlo sempre prima di riunirsi. 6. Se dovesse uscire una decisione inattesa dalla riunione, vale la regola delle elezioni. Tutto resta come prima. 7. Le riunioni si annunciano ma non si fanno. Costano, sprecano tempo e non risolvono niente.
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1. Lo interpreta Raymond Burr w 10. Piloti militari w 11. La cintura del kimono w 12. Gas luminoso w 13. Preposizione articolata w 15. Mira al centro! w 16. L’ammiraglio di Alessandro Magno w 19. Ieratici w 21. Lo spinto del sarto w 22. Tresa... sul confine w 23. Le iniziali di Toscanini w 24. Panificio w 26. Atterrano e decollano w 27. Dubitativa w 28. Un bolide di Formula 1 w 30. Accusativo in breve w 31. Il poeta di Sulmona w 33. Pari in ricco w 34. Sud-Est w 35. Genere musicale w 37. Tra Mao e Tung w 39. Portogallo e Spagna w 40. Un ruolo del calciatore w 42. Terrorizzati w 44. La pala che produce energia w 45. Riscossi w 48. Lo consulta chi parte w 49. Il fiume di Berna.
VeRTIcALI
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La soluzione verrà pubblicata sul numero 43
Risolvete il cruciverba di Daniela e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate il numero 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata) entro il 13 ottobre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro l’11 ottobre a: Twister Interactive AG, “Ticino7”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw.
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1. Noto film del 1976 di L. Peerce con Charlton Heston w 2. La cima più alta w 3. Cattivo w 4. Trainano la slitta di Babbo Natale w 5. Le iniziali del regista Robert w 6. Lavora sotto terra w 7. Preparato per la semina w 8. Fiume russo w 9. La Anaïs scrittrice w 14. Nacquero dal sangue di Urano w 17. Impegnarsi, vincolarsi w 18. Risuona nell’arena w 20. Cuor di balena w 24. Il terreno del vassallo w 25. È vicino a Broglio w 26. Pari in mastri w 27. Lo sport della Gut w 29. Occidente w 32. Ligio, alacre w 36. Sofferta w 38. Dottrina w 39. Acciuffati w 41. La nota Colò w 43. Raganella arborea w 46. Numero in breve w 47. In mezzo al mare.
Premio in Palio: 100 franchi in contanti
ticino7 TIRATuRA cONTROLLATA 63.212 copie chIusuRA RedAzIONALe Venerdì 30 settembre2016 edITORe teleradio7Sa,muzzano AmmINIsTRAzIONe viaindustria,6933 muzzano tel.091960 33 83 / fax.0919603155 dIRezIONe, RedAzIONe, cOmpOsIzIONe e sTAmpA centroStampa ticinoSa via industria, 6933 muzzano tel.091960 33 83 / fax.0919682988 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticino7è su facebook sTAmpA (cartapatinata) Salvioniartigrafiche Sa Bellinzona tBS,laBuonaStampaSa Pregassona pubbLIcITà Publicitas aG, DanielSiegenthaler muertschenstrasse39,Postfach 8010Zürich tel.058680 95 92 /0796357222 daniel.siegenthaler@publicitas.com dATI peR LA sTAmpA riviste@publicitas.com publicitas.ch/riviste ANNuNcI LOcALI Publicitas lugano tel.058680 91 80/fax.0586809171 lugano@publicitas.ch IN cOpeRTINA Wwwww (foto ©Pahham)
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La soluzione del Concorso apparso il 23 settembre è: LOMBRICO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Ada Vanossi 6962 Viganello Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti! 51
Promesso! Tutto il nostro pesce è sostenibile.
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Di più su questa promessa mantenuta su generazione-m.ch