Ticino7

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08 L’appuntamento del venerdì

4 la brianza del gadda   8 tex willer. Una colt per amico 50

Sicurezza. Va… lentino con lo scooter

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il fotografo subacqueo Franco Banfi

37 numero

Corriere del Ticino • laRegioneTicino • Giornale del Popolo • Tessiner Zeitung • CHF. 2.90 • con Teleradio dal 7 al 13 settembre


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numero 37 5 settembre 2008

Impressum

Agorà Sicurezza. Va... lentino con lo scooter Arti La Brianza del Gadda

DI

ROBERTO ROVEDA

Tiratura controllata

Media La disgraziata fine di san Lorenzo

Chiusura redazionale

Società Il cinema tatuato

Editore

Salute L’arnica miracolosa

DI

DI

NICOLETTA BARAZZONI

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GIANCARLO FORNASIER

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93’617 copie

Giovedì 28 agosto Teleradio 7 SA Muzzano

Direttore editoriale Peter Keller

Capo progetto, art director, photo editor

Adriano Heitmann

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Vitae Egidio Cescato

DI

DI

MARIELLA DAL FARRA

DI

GIULIO CARRETTI

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GABRIELE SCANZIANI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Reportage Il fotografo subacqueo

DI

FRANCO BANFI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Tendenze Tex Willer. Una Colt per amico

DI

ROBERTO ROVEDA

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Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Concetto editoriale IMMAGINA Sagl, Stabio

Amministrazione via San Gottardo 50 6900 Massagno tel. 091 922 38 00 fax 091 922 38 12

Direzione, redazione, composizione e stampa Società Editrice CdT SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 31 31 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

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In copertina

Dettaglio dell’occhio e dell’appariscente livrea del pesce pappagallo, Cetoscarus bicolor. Fotografia di Franco Banfi

Libero pensiero Riceviamo da un nostro lettore la seguente lettera che ci pare possa avviare una interessante discussione fra i lettori sul tema delle relazioni fra i sessi e sulla necessità di applicare nella società una reale meritocrazia bipartisan, al di là di false ideologie o posizione di stampo sessista. Il tema è certamente caldo e in tal senso ci attendiamo una reazione significativa. Fabio Martini e Giancarlo Fornasier Gentile Redazione, invio la presente in riferimento all’articolo Relazioni: i motivi di una scelta sbagliata scritto dalla giornalista Mariella Dal Farra e pubblicato sul numero 31 del vostro settimanale. L’ho trovato interessante e stimolante, proprio per le solite “incongruenze” che una certa visione femminista (perdonate la banalità del termine) porta avanti da decenni. Arrivo subito al sodo. È possibile che quando una donna compie una scelta sbagliata, commette una scorrettezza o nuoce a se stessa o agli altri, si debba trovare sempre un alibi, una giustificazione di tipo storico, sociologico o psicoanalitico? Mentre, se le stesse azioni le compie un uomo, è solo indice, nella migliore delle ipotesi, di immaturità. Le amiche dell’autrice, fidanzate con uomini socialmente “in vista” o aspiranti “VIP”, sono solo delle arriviste, delle deboli che, non riuscendo a costruire qualcosa per se stesse, si specchiano nel successo del proprio partner, illudendosi che certe conquiste – esibite come motivo di vanto e di gratificante invidia delle rivali – possano compensare la loro mediocrità. Senza contare che sono proprio loro a legittimare e alimentare il narcisismo di questi baldanzosi personaggi.

Un giudizio troppo severo? Forse si! Ma davanti all’incapacità di tante donne di esporsi, rischiare del proprio e di essere responsabili delle proprie scelte, senza cercare nel maschio il capro espiatorio o l’alibi di comodo, cos’altro aggiungere? È ormai quasi mezzo secolo che si continua a considerare la donna più matura, intelligente, profonda, intraprendente e generalmente virtuosa dell’uomo, commettendo gli stessi errori e alimentando luoghi comuni simili a quelli che hanno portato le donne a subire discriminazioni e ingiustizie vergognose. Probabilmente tra una decina di generazioni – a essere ottimisti – non si valuterà più in base a pretestuose graduatorie di categoria, ma in base alle qualità o ai limiti dell’individuo, femmina o maschio che sia. Si capirà, forse, che il mondo del lavoro non è difficile solo per le donne, ma anche per tanti uomini, e che scelte ingiuste e discriminatorie vengono commesse da entrambi. E si capirà soprattutto che, se la donna non ha ancora conquistato i diritti e riconoscimenti che le spettano, è anche grazie a tante (troppe) donne le quali, nel momento di fare delle scelte perlomeno giuste e coerenti, hanno preferito prendere strade suggerite dal loro opportunismo, ignoranza – a volte di comodo – e forse anche vigliaccheria. Sono comunque convinto che al femminismo debba essere riconosciuto, fra i tanti, un innegabile merito: ha liberato finalmente le donne dal ridicolo ruolo di sacrificato e sacrificabile angelo del focolare, permettendo a tante di loro di rivelarsi per quello che sono. Con incondizionata stima P.T. (Taverne)


Va… lentino con lo scooter

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Inno alla prudenza Motocicletta dieci HP / tutta cromata / è tua se dici si / mi costa una vita / per niente la darei / ma ho il cuore malato / e so che guarirei! Sono parole tratte da un celebre brano di Lucio Battisti e Giulio Mogol (Il tempo di morire) che introducono al mondo colorato degli scooter, discendenti della vecchia generazione di vespe e lambrette. Piccoli gioielli della meccanica a due ruote – oggi anche a tre – che nascondono non poche insidie e pericoli. Sì, perché di scooter si può anche morire. Imprudenze dello scooterista o automobilisti che non rispettano le precedenze dei centauri, possono trasformare lo scintillante acquisto in uno strumento di morte. Certamente lo scooter è divenuto uno dei mezzi di trasporto preferiti per affrontare il caos dell’attuale mobilità urbana: è economico, facile da condurre, pratico e consente di ridurre notevolmente i tempi di percorrenza. Ma spesso chi li acquista non valuta la loro pericolosità: essi non offrono infatti la medesima tenuta e l’assetto di una moto tradizionale nonostante la somiglianza estetica, soprattutto nei modelli più recenti, sia sempre più marcata. I giova-

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Agorà

Le statistiche elaborate dal Centro svizzero per la prevenzione degli infortuni (UPI) ci informano annualmente sulla situazione degli incidenti stradali. Nonostante la loro diminuzione, l’allarme resta elevato, soprattutto per chi si mette alla guida di un mezzo a due ruote ni generalmente optano per modelli dai costi contenuti, che incidono notevolmente sulla qualità del veicolo e sui dispositivi di sicurezza in dotazione.

Nuovi modelli, vecchi problemi Lo scooter ha rimpiazzato l’utilitaria. Non ha bisogno dell’aria condizionata, risolve il problema del parcheggio, consuma poco carburante… ma – nella maggior parte dei casi – non ha l’abitacolo che, in caso di impatto, protegge dagli urti. Rappresenta inoltre una scelta quasi obbligata per chi ha poco tempo e deve spostarsi rapidamente, senza rinunciare al comfort, come sostengono i pubblicitari di una nota marca giapponese. Il motore monocilindrico in alluminio da 395 cc a quattro tempi garantisce prestazioni di riferimento per i maxiscooter, con un’erogazione corposa e presente fin dai bassi regimi. L’equipaggiamento vestiario sembra non richiedere poi molte imposizioni. Non sono infatti ritenuti necessari giacche, guanti, pantaloni di pelle o le protezioni per la colonna vertebrale adottate da molti motociclisti in ambito turistico o agonistico. Gli esami pratici, supportati

da corsi teorici rivolti anche a chi è in possesso della licenza di condurre, danno per scontata l’acquisizione immediata della padronanza del mezzo. L’ebbrezza della calura estiva, la tenuta da spiaggia con maglietta, pantaloncino corto e infradito – solo il casco è obbligatorio mentre si stanno fabbricando giubbotti in pelle con airbag per attutire le cadute – non lasciano presagire nulla di pericoloso almeno fino a quando la spensierata corsa nel traffico si conclude con una caduta dagli esiti più o meno drammatici. Sì, perché con lo scooter si può “volare” con conseguenze immaginabili. Di questa tipologia di cadute ne sanno qualche cosa i medici degli ospedali e dei pronto soccorso e i dati sono in tal senso


dispositivi di frenata. L’acquirente deve sapere che non bastano le norme europee ma che il dispositivo di arresto e la stabilità sono elementi prioritari nella scelta del veicolo. Considerate le caratteristiche di base che uno scooter deve garantire a norma di legge, a fare la differenza, sia in termini di sicurezza sia di costi, è proprio il sistema di frenaggio: i freni a disco sono molto più sicuri dei freni a tamburo. Ma i problemi legati alla dinamica e alla cosiddetta tenuta di strada, vengono realmente considerati dai progettisti di scooter? Non tutti i modelli con cilindrata superiore ai 50 cc hanno, ad esempio l’ABS (acronimo di Antilock Braking System): un sistema di sicurezza che evita il bloccaggio delle ruote dei veicoli in fase di frenata, permettendo il mantenimento della governabilità anche durante le frenate di emergenza e in caso di riduzione degli spazi di arresto.

Educazione e formazione alla guida

I conti con le assicurazioni Anche ammettendo che chi è alla guida di uno scooter sia in grado di mettere in atto tutte le possibile cautele e precauzioni, il rischio che “qualcun altro” commetta l’errore – e spesso si tratta di automobilisti – resta elevato. L’esposizione e la scarsa protezione all’urto fanno il resto. Va da sé che gli infortuni in quest’ambito possono costringere all’immobilità permanente, come ricorda la pubblicità di una compagnia d’assicurazioni che tratta i rischi per incidenti. Le compagnie assicurative del resto non fanno della filantropia il loro obiettivo, non hanno a

cuore la nostra incolumità a scopi umanitari e di sicuro i loro funzionari non passano le giornate a incrociare le dita sotto il tavolo, anche perché cesserebbe parte della loro ragion d’essere. Non bisogna quindi farsi ingannare dagli slogan paternalistici utilizzati in ambito pubblicitario per attirare la clientela, dato che al momento dell’incidente iniziano i guai, in particolare proprio quelli assicurativi. Proprio sul fronte della prevenzione, con i suoi innumerevoli obiettivi, si batte l’Ufficio prevenzione incidenti (UPI) che redige rapporti e statistiche, annualmente sottoposti alle autorità politiche federali che introducono misure per contenere i danni e se necessario varano leggi e decreti esecutivi. Anche l’Associazione maestri conducenti, consociata alla

Polizia cantonale, mira alla prevenzione e alla diffusione di corsi di perfezionamento alla guida. Al tavolo della discussione non partecipano però i partner più importanti, ovvero le case costruttrici di scooter. Le aziende sono concentrate più che altro sugli aspetti legati al marketing e alle vendite. Ancora una volta la discrepanza tra la sicurezza delle persone e gli interessi commerciali mette in risalto esigenze contrapposte.

Pratico ma non sempre affidabile Anche se la qualità degli scooter è nettamente migliorata – e davvero notevole è la gamma delle possibilità di acquisto –, la cultura della sicurezza non rientra tra gli obiettivi prioritari delle aziende produttrici, soprattutto se parliamo dei

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» di Nicoletta Barazzoni; illustrazione di Danila Cannizzaro

allarmanti: 89 i morti e 5962 feriti, secondo le rilevazioni UPI 2007 elaborate a livello nazionale.

Come assicurare quindi maggiori livelli di sicurezza? Il tema è complesso e la risposta può venire solo dall’interazione di soluzioni e strategie diverse. Innanzitutto una maggiore selettività nell’ambito della formazione alla guida che deve essere attuata stimolando lo sviluppo di una elevata responsabilità anche attraverso un percorso di formazione pratica in grado di prevedere prove e verifiche cicliche dell’abilità e della conoscenza del codice stradale e delle tecniche di guida. E il discorso, naturalmente, vale per le due come per le quattro ruote (la maggior parte degli incidenti non si fanno da soli!). A seguire, una maggiore vigilanza da parte della polizia con controlli non solo sulla velocità ma anche sui comportamenti di guida, non di rado dettati dall’incoscienza, dall’eccessiva sicurezza nelle proprie capacità e dalla disattenzione verso se stessi e gli altri utenti della strada.

Agorà


Chiarezza fin dalla prima ora: cucine e bagni Sanitas

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tas Troesch.

ugano, Olten, Sierre, St. Gallen, Thun, Winterthur e Z端rich. www.sanitastroesch.ch

Ruf Lanz


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Internet

www.arts.ed.ac.uk/italian/gadda/ Estremamente interessante per chi ama Gadda è il sito dell’Edinburgh Journal of Gadda Studies, legato all’Università di Edimburgo in Scozia.

La “vendetta” di Gadda si manifesterà in quegli anni nel caustico umorismo che accompagna molte pagine della Cognizione del dolore, una causticità che si estende dalla villa all’incolpevole terra che la ospita. Così il borgo di Longone, chiamato nel romanzo Lukones, costituisce il palcoscenico privilegiato dove si muovono i personaggi della Cognizione, e la villa è lo spazio che don Gonzalo, il protagonista e alter ego di Gadda, cerca di difendere dall’invasione dei calibani, i poveri contadini che attorniano la madre, pronti a strapparle tutto ciò che possiede. Dalla villa lo sguardo spazia sulla Brianza, sui laghi e le montagne prealpine, i luoghi in cui conflagrano le nevrosi di don Gonzalo e il suo drammatico conflitto con la madre. Eppure, proprio la lettura della Cognizione del dolore, l’intensità di questa autobiografia immaginaria, ci fa sentire la Brianza come la terra dell’amore rimpianto, custode delle memorie familiari e delle ossa dei propri cari. In forma di romanzo ritornano le parole scritte da Gadda poco dopo la vendita Gadda, la villa di famiglia e la sua terra. della casa avvenuta nel Scrittore, ma prima ancora figlio alla ricer1937: “Ogni tanto asca delle “oscure e vivide” ragioni del suo saporo la gioia di esserirreparabile e atroce rancore, dalla natura mi liberato dal verme “difettiva”, e un tetro odio verso l’ipocrita solitario Longone, con Resegone sullo sfondo “imbecillagine generale del mondo” e odor di Lucia Mondella nelle vicinanze. Ma poi mi prende una fargli scrivere nel 1938 che tristezza grande e piango la mia vita perduta “…la crisi «villa» è una mia e tutte le cose profanate”. E dietro il livore vecchissima crisi, terribile; ritroviamo immancabilmente la terra di che per la casa di Longone Brianza, amata, familiare, perduta, ma mai non ho avuto la giovinezlasciata del tutto, crocevia irrinunciabile za, che voglio vendicarmi di della parabola di questo grande scrittore. quanto ho patito”.

da a questi luoghi, però, c’e molto di più. Nel territorio dell’alto brianzolo, a Longone al Segrino, poco sopra Erba, a fine Ottocento il padre di Gadda fece costruire una grande villa in cui lo scrittore milanese passò lunghi periodi di villeggiatura durante la giovinezza. Negli anni, la villa contribuì, però, a dissanguare le finanze della famiglia, mai particolarmente prospere, e si trasformò in fonte di “più grattacapi che una suocera isterica”, soprattutto dopo la morte del padre, nel 1909. Diviene il “feudo barcollante di Longone, in Brianza” che Carlo Emilio vorrebbe vendere a tutti i costi, ma che la madre non vuole assolutamente cedere, oggetto di un rancore profondo, così viscerale da

» di Roberto Roveda

Arti

fia della Cognizione del dolore, percorrere le ambientazioni da Sudamerica immaginario del romanzo e incontrarne i personaggi significa ritrovarsi nell’ “odiosamata” Brianza di Carlo Emilio Gadda e scoprire il legame profondo e conflittuale tra lo scrittore milanese e questa terra. Un legame fatto di ricordi nostalgici, di estati della giovinezza. Di una giovinezza, però, mai definitivamente sbocciata, caratterizzata da un rancore che traspare forte nel romanzo, quasi il lascito di un grande amore tradito. Come molti della buona borghesia milanese dell’epoca, Gadda aveva innato un sentimento contrastato per le terre brianzole, fatto d’invidia per la “più salubre aurea della casta Brianza” – sono parole gaddiane – a malapena celata dal tipico senso di superiorità del cittadino metropolitano che va in campagna, tra i contadini che “mescevano le loro urla celtiche ai richiami longobardi”. Perché il rischio, lo dice Gadda stesso, era di “imbrianzirsi”, divenendo tutt’uno con la terra di Brianza e la sua gente e con questo quasi regredire a una fase più arcaica della storia umana. Nel continuo riandare di Gad-

Carlo Emilio Gadda La cognizione del dolore Garzanti, 1963 Romanzo costruito su un complesso intreccio, racconta del dramma di Gonzalo, malato nell’anima di un “male oscuro”, oltraggiato, respinto dalla vita, pronto solo a difendersi…

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Leggere la tragica autobiogra-

La Brianza del Gadda

Carlo Emilio Gadda, 1893–1973 (immagine tratta da www.ilc.cnr.it/CEG/)

Libri


La regola del gioco (La règle du jeu) Regia di Jean Renoir Con Jean Renoir, Marcel Dalio, Nora Gregor, Roland Tautain, Gaston Modot Produzione: Nouvelle edition française, Francia, 1939 Dvd: Cecchi Gori Home Video

Abbiamo visto per voi “Finalmente in DVD!” è stata

la prima cosa che ho pensato vedendomelo davanti. Si, perché La Regola del gioco, capolavoro del regista francese Jean Renoir (La grande illusione, L’angelo del male), è considerato, dalla maggior parte dei critici, tra i cinque film più importanti della storia del cinema anche se rientra a buon diritto nella categoria dei film citati molto, ma visti poco, a causa delle travagliate vicende che accompagnarono la sua uscita nelle sale cinematografiche nel 1939. Fu, infatti, un fiasco totale di pubblico e Renoir venne aspramente contestato dalla critica dell’epoca per essersi allontanato dalle tematiche realistiche che imperavano nel cinema francese degli anni Trenta. Tagliato e rimontato dalla produzione, la pellicola fu infine ritirata dalle sale cinematografiche allo scoppio della Seconda guerra mondiale perché ritenuta dalla censura militare “demoralizzante” per lo spirito patriottico francese. In molti paesi, il film non venne addirittura distribuito e cominciò a girare nei cineclub solo dopo essere stato restau-

rato nel 1959, momento in cui iniziò a essere acclamato come un capolavoro assoluto. Difficile esprimere in poche parole il fascino di un film come questo. Il critico francese Francis Vanoye, nel suo saggio Jean Renoir. La regola del gioco (Universale film, 2007) scrive: “Si direbbe che celi un mistero, ma il mistero, il paradosso, risiede nel fatto che ogni visione del film tonifica. Sono forse la comicità, l’ironia, la crudeltà, l’umanità del film che agiscono? O forse la forza bruta delle immagini e dei suoni diabolicamente congegnati da Renoir? O ancora ciò tutto assieme?”. Sicuramente, a distanza di quasi sessant’anni dalla sua realizzazione, La regola del gioco colpisce lo spettatore per la brillantezza, la modernità dei dialoghi e la naturalezza della recitazione degli attori. Ciò che però sorprende maggiormente lo spettatore è la maestria dei movimenti della macchina da presa, fluidi, anche nella loro complessità, e l’uso innovativo della profondità di campo. La cinepresa di Renoir non guarda “dall’esterno” ma entra fisicamente tra

gli ambienti e i personaggi, permettendo di immergersi nell’alta società borghese della Francia degli anni Trenta: fatua e mondana, saccente e ignorante, tollerante e ipocrita. Un mondo al crepuscolo, incapace di leggere i segni del tempo: l’ascesa dei regimi totalitari in Europa, la guerra alle porte… Anzi, nella tenuta del marchese Chesnaye si ritrovano tutti, amici e amanti, per una battuta di caccia e per riproporre l’infinito gioco dell’alta società, fatto di intrighi amorosi, sorrisi di facciata, apparenze e formalità. Sono queste “le regole del gioco” e valgono anche per la servitù che ripropone gli stessi meccanismi e anela diventare come i padroni. Tutto pare incepparsi quando il guardiacaccia della tenuta uccide uno degli ospiti ritenendolo l’amante della moglie. Sarà il padrone di casa a rassicurare gli ospiti che si è trattato solo di un tragico errore: il guardiacaccia pensava di sparare a un bracconiere, svolgendo il suo lavoro secondo la consuetudine di un gioco che può riprendere, come se nulla fosse accaduto.

» di Roberto Roveda

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www.bfe.admin.ch/energie/ SvizzeraEnergia è un programma della Confederazione che intende promuovere l’efficienza energetica e le energie rinnovabili, in collaborazione con Cantoni, Comuni e i numerosi partner dell’economia, dell’ambiente e delle organizzazioni dei consumatori.

sono collegarsi a internet – stanno creando bisogni energetici inimmaginabili sino a pochi anni or sono. Nella stessa Germania i principali 50.000 centri di calcolo necessitano da soli della produzione annua di una singola centrale nucleare. Centri che devono essere raffreddati a loro volta da impianti alimentati da energia elettrica… una spirale senza fine. Un’informatizzazione spinta a oltranza che negli ultimi vent’anni non si è preoccupata delle conseguenze della sua capillare diffusione. Una diffusione che non può che aumentare, in particolare nei paesi asiatici e nelle zone tecnologicamente meno sviluppate del pianeta. Vi sarà una soluzione a tutto ciò…? Certo! La parola d’ordine pare sia “centralizzare”: grandi e pochi superordinatori invece di milioni e milioni di macchine di medie dimensioni sparse un po’ ovunque, con abbattimento del fabbisogno vicino all’80 per cento secondo il colosso IBM… non propriamente una fonte di informazioni “disinteressata” viste le sue attività. E sempre che nel frattempo qualcuno non si accorga che nella rete vi sono altri “buchi” energetici. Surriscaldamento globale: processi produt- E chi l’avrebbe mai tivi, mobilità compulsiva, consumismo oltre immaginato: il nostro bisogno di “dire” ed ogni ragionevole misura… Vi eravate forse “essere informati” su dimenticati della Grande rete? tutto e tutti – e a qualsiasi costo –, rendere La massiccia e capillare difpartecipe il mondo intero delle nostre piccole fusione della Grande rete e o grandi banalità, presenzialismo ad oltranza dei necessari server e centri nella rete per non rimanere dei “banali” signodi calcolo – ma anche di apri nessuno… tutto ciò pagato con il più terriparecchi elettronici, come bile dei martiri: arsi vivi su di una grata, una palmari e cellulari, che pos“rete”. Proprio come quella di san Lorenzo.

» di Giancarlo Fornasier; illustrazione di Céline Meisser

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per riuscire a porre un freno alla inarrestabile crescita dei bisogni energetici si scontrano contro l’indubbia necessità di investire in nuove tecnologie, che mirano proprio a ottimizzare e abbattere lo spreco. Un incredibile paradosso: la possibile soluzione diventa un ulteriore elemento d’inquinamento… A oggi, si considera che in tutto il mondo siano circa un miliardo i computer attivi. Il consumo di una singola macchina varia da 100 a 650 Watt, che diventano 5-40 in standby; mentre un comune monitor a cristalli liquidi (Lcd) si “mangia” 40-50 Watt. Le cifre diventano ancora più preoccupanti se si pensa che una singola ricerca in un comune motore in internet consuma quanto una moderna lampadina da 15 Watt a basso impatto tenuta accesa per un’ora. Provate a chiedervi quante ricerche avete fatto nell’ultima ora davanti al vostro terminale e i calcoli sono presto fatti.

La disgraziata fine di san Lorenzo

re effetti collaterali, ma sapere che i computer e tutta la rete producono tanto CO2 – contribuendo al surriscaldamento globale – quanto l’intera aviazione civile mondiale (il 2 per cento del CO2 totale prodotto), solleva non pochi interrogativi. Tra gli ultimi a rilanciare l’allarme sull’impatto “ecoloMedia gico” dell’informatizzazione del pianeta il settimanale “Der Spiegel” alcune settimane or sono. Colpevoli delle emissioni – purtroppo molto reali e ben poco virtuali – sono i cellulari, i computer, tutte le comunicazioni online, i mondi digitali… Tra gli esempi più significativi di quanta energia venga ingurgitata dagli ordinatori, si pensi che il nuovo supercomputer del Centro di Calcolo Leibnitz (alle porte di Monaco di Baviera) – che entrerà in funzione nel 2011 –, avrà un consumo energetico pari a quello di un treno ad alta velocità ICE 3 mentre accellera e porta le sue 400 tonnellate da zero a 330 km/h. E sono in particolare i costi legati al raffreddamento dei nuovi supercalcolatori a crescere esponenzialmente: al Leibnitz questi sono passati in pochi anni da 2 a 8 megaWatt, secondo quanto dichiarato dal responsabile del centro di calcolo, professor Hegering, al settimanale tedesco. Le enormi energie e risorse umane che vengono messe a disposizione

www.wwf.ch/it/fare/ Sul sito di WWF Svizzera, la sezione “Ecco cosa potete fare voi” fornisce utilissime indicazioni sul consumo degli apparecchi elettrici oltre a “economici” suggerimenti domestici su come e dove è possible risparmiare.

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Qualcuno li potrebbe chiama-

Internet


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Una buona soluzione per la Svizzera.

Come proteggere il clima a Vernate con un centesimo solamente? Progetto 723: Con un nuovo isolamento per una casa unifamiliare è possibile eliminare 22 tonnellate di CO2. La Fondazione Centesimo per il Clima riduce le emissioni di CO2 con efficaci progetti in Svizzera e in tutto il mondo. Pagando un’imposta di 1,5 centesimi per ogni litro di benzina o di diesel contribuite, in quanto automobilisti, a sostenere oltre 3000 progetti per il raggiungimento degli obiettivi climatici della Svizzera entro il 2012. www.Fondazione-Centesimo-per-il-Clima.ch


Il cinema e il tatuaggio. Quando i segni sulla pelle rappresentano molto più che isolati elementi decorativi “Every sin leaves a mark” re-

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sen – che nel film interpreta cita il sottotitolo dell’ultimo il malavitoso russo Nikolaj film di David Cronenberg – affrontare nudo l’esame dei “La promessa dell’assassino”: suoi potenziali datori di laogni peccato lascia un se- voro per consentire a questi gno, dove il “segno” è quello di leggere “le sue referenze” grafico, inciso direttamente direttamente sul corpo. sulla pelle: il tatuaggio. E “Se non hai tatuaggi, non così, vediamo Viggo Morten- esisti”, spiega Mortensen par-

Il cinema tatuato

Lettura del passato (fotogramma tratto da La promessa dell’assassino, 2007)

lando del suo personaggio. Nell’ambiente della criminalità russa organizzata, ogni segno ha un significato: alcuni palesi, altri reconditi; traslati come messaggi in codice. Trasformato in un curriculum vitae di carne, il corpo racconta i crimini commessi da Nikolaj, i periodi di detenzione, le carceri in cui sono stati scontati, le sue abilità e specializzazioni. L’intera sua storia, in altre parole. E, mentre lo spettatore si lascia catturare dalla decrittazione del metatesto di cui il suo corpo è portatore, altre immagini di tatuaggi resi memorabili da film di pregio riemergono dai meandri della memoria cinematografica. Il capostipite dei personaggi che parlano, eloquentemente, attraverso il proprio corpo è senz’altro il predicatore Harry Powell, magistralmente interpretato da Robert Mitchum nel noir “La morte corre lungo il fiume”. Prima e unica prova di regia del poliedrico attore Charles Laughton, il film si distacca dallo standard hollywoodiano degli anni Quaranta/Cinquanta per la qualità visionaria, quasi espressionista delle immagini, nonché per l’adozione di un punto di vista narrativo inedito: quello dei due bambini protagonisti della vicenda. Chiunque abbia visto questo straordinario film – enormemente influente sulle carriere

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Nella versione del 1962, Cody non ha tatuaggi, ma nel remake del 1991, firmato da Scorsese e fortemente voluto da De Niro, che interpreta lo stesso ruolo di Mitchum, i tatuaggi sono parte integrante della storia. Tanto che la sequenza d’apertura del film è tutta giocata sui sinistri disegni che animano il corpo di Cody, intento, dopo quattordici anni di detenzione, a indossare nuovamente abiti civili. Anche in questo caso, i tatuaggi denunciano un dualismo vivido ed estremo: un cuore spezzato con il nome “Loretta” sulla sinistra del petto; una morte incappucciata e con la falce a destra. Sulla schiena, una grande croce ai cui bracci sono appesi i piatti di una bilancia: quello a sinistra è Truth (verità) e porta la Bibbia; quello a destra, Justice (giustizia) è accompagnato da un coltello. Tra i film più recenti, non possiamo non ricordare “Memento”, riuscitissimo thriller firmato nel 2000 dal regista Christopher Nolan, sulla base di un racconto (“Memento mori”) scritto dal fratello Jonathan Nolan. Il protagonista della storia, affetto da un deficit della memoria a breve termine, dimentica sistematicamente tutti gli avvenimenti successivi al momento del trauma, ed è quindi costretto ad “appuntare” con segni i suoi ricordi, ovvero, di nuovo, la propria storia. Diciture, nomi, luoghi, eventi, date… una mappa per cercare di leggere e comprendere ciò che sta vivendo.

» di Mariella Dal Farra

dei vari David Lynch, Martin Scorsese e fratelli Cohen – ricorda di sicuro il personaggio del predicatore assassino che, durante la Grande depressione americana degli anni Trenta, attraversa la rurale West Virginia sposando e poi uccidendo giovani vedove nel nome di Dio. La doppia natura dell’uomo, che veste come un ministro della Chiesa, è esemplificata dalle parole “L-O-V-E” e “H-A-T-E” tatuate rispettivamente sulle falangi delle mani destra e sinistra. I due tatuaggi segnano un passaggio critico nello svolgimento della storia allorquando, introdottosi nella cerchia sociale della vedova Willa Harper, Powell-Mitchum conquista la fiducia dei vicini e, in parte, di suo figlio John – un bambino di dieci anni – facendo lottare le due mani a rappresentazione di come, nella Bibbia, l’Amore trionfi sempre sull’Odio. I motivi d’interesse presentati da questa pellicola sono molti. Basti ricordare che nel 1992 “Night of the Hunter” (questo il titolo originale) è stato riconosciuto “culturalmente, storicamente ed esteticamente significativo” dalla prestigiosa Library of Congress da essere incluso nel Registro dei Film Nazionali statunitensi. Ritroviamo l’ottimo Mitchum sei anni dopo (1962) in un altro thriller degno di nota – “Cape Fear”, altrimenti noto come “Il promontorio della paura” – nei panni dell’ex-carcerato Max Cody, deciso ad avere soddisfazione dell’avvocato che l’ha tradito.

FILM

La morte corre lungo il fiume (Night of the hunter) Pellicola del 1955 diretta da Charles Laughton. Il protagonista è un pastore protestante (Robert Mitchum) che uccide vedove per denaro. Il film è un atto d’accusa contro il fanatismo nella religione cristiana e i falsi profeti.

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L’aspetto, nella sua pur sem-

plice bellezza, non sembra suggerire qualità particolari. Ma, come spesso accade in natura, l’apparenza inganna… ed ecco allora che le belle margheritone gialle dell’arnica montana confermano, alla luce degli studi effettuati nell’arco degli ultimi decenni nell’ambito della farmacopea, qualità e proprietà di grande interesse. Ma la storia “sociale” e terapeutica di questa pianta è naturalmente più lunga e affonda nei secoli, anche se le sue origini restano ai margini delle conoscenze del mondo classico. La sua diffusione, a un’altitudine fra i 500 e i 2500 metri, nell’area alpina e nell’Europa centrosettentrionale la esclude infatti in parte dall’attenzione dei medici del bacino del Mediterraneo. In realtà, il nome deriva probabilmente dalla parola greca arnakis (pelle di agnello) forse a causa delle lieve peluria che ricopre le

L’arnica miracolosa

quella che veniva chiamata anche “tabacco di montagna”, per l’uso che se ne faceva come tabacco da fiuto. Questa erba medicinale, appartiene alla famiglia delle Asteracee, la più numerosa, se si considera che ad essa fanno capo ben 14.000 specie differenti. Al genere Arnica corrispondono circa 30 diverse specie spontanee, diffuse nelle regioni temperate e fredde dell’emisfero boreale. Predilige i terreni poveri e silicei, come pascoli magri, brughiere, prati di montagna, contrassegnati da sustrati acidi. All’aspetto si presenta con fusto eretto, di altezza dai 20 ai 70 cm, su cui fanno bella mostra di sé i capolini fioriti di colore giallo-arancio, molto simili alle classiche margherite. L’odore è intenso e pungente. La fioritura, e la conseguente raccolta, dei capolini avviene durate il periodo che va da maggio ad agosto. Da un punto di vista fitoterapico, le prosue foglie. In realtà, il nome prietà dell’arnica sono svariate: analgesiche, “arnica” veniva riferito geantinfiammatorie e antisettiche, nell’uso nericamente a molte piante esterno. Per quanto concerne l’uso interno diverse, accomunate dalle in– da considerare con estrema cautela e sotto fiorescenze giallo-arancioni. controllo medico, vista la tossicità della Le prime testimonianze di droga a livello del sistema cardiovascolare una certa accuratezza affio(è un ipertensivo) –, l’arnica agisce come rano nel cuore dell’età medieantisettico, stimolante, digestivo e tonico. vale, quando Hildegard von Ma è soprattutto chi ama lo sport e il camBingen (1098–1179), donna minare in montagna a trovare nell’arnica di grande erudizione e senun grande giovamento in caso di contusioni sibilità, nonché religiosa e e piccoli traumi. L’applicazione sulla pelle mistica benedettina, accenna integra (va assolutamente evitato l’utilizzo a questa pianta come rimedio su piaghe e ferite aperte), immediatamente indispensabile per allontadopo l’evento, di un gel o di una pomata a base di arnica offre Eccellente rimedio contro contusioni, distor- una sensazione immesioni ed ematomi, l’arnica montana ha alle diata di sollievo, simile a quella prodotta da spalle una lunga storia d’uso nella medicina un anestetico: il dolore popolare che le moderne ricerche hanno am- si riduce considerevolpiamente confermato mente e anche il gonfiore. Se l’applicazione nare gli incubi notturni. Si avviene in tempi brevi l’ematoma può anche dovrà attendere ancora qualnon comparire del tutto. L’uso della tintura che secolo prima che medici madre, prodotta attraverso la macerazione e botanici descrivano con in alcol della pianta fresca e applicata sotto minuzia le caratteristiche forma di impacchi, è particolarmente consimorfologiche e le numerose gliata in caso di contusioni, dolori muscolari, proprietà medicamentose di versamenti sierosi e stomatiti.

» di Giulio Carretti

Salute

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»

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Libri


Gabriele Peroni Tutte le piante medicinali del dottor Peroni Macchione Editore, 2006

» di Giulio Carretti

Di libri dedicati alle piante medicinali ve ne sono in commercio moltissimi sia sotto forma di monografie tematiche sia come repertori più o meno completi e strutturati. Non vi è dubbio che il crescente interesse per la medicina naturale e la fitoterapia ha dato forza e spazio a iniziative editoriali spesso pregevoli ma talvolta contrassegnate da genericità e da scarsa attendibilità scientifica. L’opera che qui presentiamo, realizzata dal chimico farmaceutico Gabriele Peroni, rappresenta uno di quei casi in cui la completezza informativa, il livello delle indicazioni terapeutiche e la facilità di consultazione si coniugano con il miglior risultato. Il volume, che è organizzato come un vero e proprio dizionario delle piante medicinali, è il frutto di un’esperienza pluridecennale maturata dal dottor Peroni sia come docente e ricercatore presso l’Università degli studi di Milano e l’Università della Svizzera italiana, sia come conferenziere e divulgatore nel campo della fitoterapia e della medicina naturale (è fra l’altro il fondatore e il direttore dell’Erbario Civico di Viggiù). Nella presentazione al volume, Peroni dichiara che “l’intento è dare una base teorica e pratica, a chi sente di averne bisogno, e lanciare qualche stimolo (l’ambizione più segreta…) a colleghi e ad appassionati, per approfondire maggiormente lo studio e la ricerca nel mondo delle piante medicinali, sostenuti dalla tradizione antica e guidati dalla scienza moderna”. Proprio questi due elementi, le sapienze tradizionali da un lato e le conoscenze scientifiche a cui si è potuto accedere grazie ai moderni metodi di indagine chimica e farmacologica, rappresentano i poli di un’impostazione rigorosa, i cui esiti sono evidenti in ogni voce trattata. Le schede relative alle piante, raccolte in ordine alfabetico secondo il nome volgare, si aprono infatti con una sezione dedicata alla Storia e tradizioni, a sottolineare la profonda conoscenza terapeutica e simbolica che l’uomo ha accumulato in quest’ambito. Seguono le sezioni sulle Proprietà e l’uso e infine le indicazioni relative alle preparazioni e formulazioni. Non mancano poi, a conferma dell’intento di completezza, riferimenti etimologici e letterari. Di grande interesse le sezioni che aprono il volume, con indicazioni tecniche e consigli sulla somministrazione. Nella parte finale, una serie di capitoli dedicati alle piante velenose, ai funghi medicinali, ai prodotti dell’alveare nonché tre sezioni di rilievo inerenti la distribuzione altitudinale delle piante, un calendario per la raccolta delle stesse e una dettagliatissima bibliografia. Insomma, un’opera di grande valore, indispensabile non solo agli addetti ai lavori ma anche a tutti coloro che desiderano avvicinarsi al mondo delle piante medicinali e al loro uso.

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» testo di Gabriele Scanziani; fotografia di Adriano Heitmann

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e che impone l’osservazione della natura e la creazione di un legame con la terra. Inoltre il miele non necessita di frigoriferi, aspetto non indifferente in Africa. Un’altra cosa che spinge la gente, specialmente i giovani, ad interessarsene è il valore del prodotto: da quelle parti un chilo di miele corrisponde circa alla paga giornaliera di una persona. Per la raccolta dell’acqua piovana ci siamo ispirati a Père Egron, un sacerdote che ha costruito delle cisterne negli anni in cui operava in quella zona. La persona che vuole la cisterna richiede a noi il materiale per la costruzione; noi procuriamo il ferro e il ceUn uomo parte per l’Africa e scopre co- mento solo a condizione che me aiutare le persone più povere. Perché ci sia partecipazione dall’altra parte. L’interessato dovrà fare il miglior modo per dare una mano passa lo scavo, procurarsi la ghiaia e attraverso la conoscenza personale pagare la manodopera. Sono stati costruiti 175 m2 di cisternon hanno né speranza né ne nuovi negli ultimi sei mesi, contengono futuro. l’acqua durante la stagione delle piogge e la Il villaggio invece vive di agriconservano per il periodo della siccità. coltura ed è una collettività Vedere tanti giovani interessati a queste dominata da regole che, in attività, mi ha portato a convincermi che qualche modo, ancora renon si può aiutare chi non vuol essere sistono. Ma i giovani sono aiutato, così ho continuato a darmi da fare, disamorati della loro terra, mettendo la conoscenza della persona alla sentono la mancanza degli base di tutto. Può anche capitare di essere stimoli che pensano di trovafregati: a me è successo di conoscere giovani re in città e, quando partono, che sembravano motivati e che poi in realtà finiscono in residenze fatte non lo erano. La sola cosa che si può fare è di baracche in scatola, dove imparare dai propri errori e cercare di non paghi l’acqua per lavarti e ripeterli. Quando sono partito per l’Africa il cartone dove dormi. Sono pensavo: “Adesso vado a insegnare”, ma non condizioni dure, dalle quali i è così. Bisogna sviluppare le conoscenze che giovani difficilmente riescono sono già presenti sul territorio, organizzarle a uscire indenni. Proprio per se è possibile, mettere in contatto persone questo motivo è importante con conoscenze specifiche con altre che non creare delle situazioni d’arne hanno. Senza mai prevaricare le autorità ricchimento che partono dal locali, come il capovillaggio, il prete oppure villaggio. Io sto per compiere l’imam. il quindicesimo viaggio e sto Si può dire che non vai in Africa a insegnare, cercando di portare avanti vai a imparare come insegnare. La miglior due attività: l’apicoltura e la cosa, sempre che sia possibile, è aiutare in raccolta e depurazione dell’acmodo semplice, osservando le situazioni, qua piovana. Ho cominciato conoscendo le persone: è il contatto fra gli portando degli attrezzi per uomini che fa la differenza, il rapporto con l’apicoltura dall’Europa nel la terra. La mia famiglia mi ha sostenuto 2004. Ora il capo dell’équipe moralmente e moltissimi amici mi hanè un vero apicoltore e i ragazno finanziato credendo in me e nei miei zi che gli danno una mano progetti. Grazie a loro, e forse anche alla vanno in giro a divulgare mia testardaggine, abbiamo creato diverse agli interessati quest’antica attività dando lavoro ai giovani disoccupati conoscenza. È un’attività che e ottenendo un enorme interesse a partire può essere svolta tranquilda due elementi semplici e meravigliosi: lamente anche dalle donne l’acqua e il miele.

Egidio Cescato

Vitae

ono sempre stato un artigiano e la maggior parte dei lavori che ho svolto, li ho fatti con queste mani. Per me la famiglia ha sempre avuto una grande importanza e quando nel 2000 è morta mia madre mi sono ritrovato in una situazione totalmente diversa da quella che avevo vissuto sino a quel momento. Lei viveva nel Veneto, di colpo non c’era più nessuno da andare a trovare e non c’erano più nemmeno determinati obblighi familiari; i miei figli erano cresciuti, pronti a vivere la loro vita, com’è giusto che sia. Questo cambiamento nella mia esistenza mi ha fatto sentire in dovere di fare qualcosa per me e per gli altri, anche se è un desiderio che ho avuto fin da quando ero piccolo. Con questo obiettivo in testa e nel cuore mi sono aggregato alla Conferenza Missionaria di Lugano e sono partito per Abidjan, in Costa d’Avorio. Arrivato lì, inizio da subito a mescolare il cemento per la costruzione di un pavimento. Dopo qualche tempo mi sono resi conto che non era giusto per un europeo, convinto di dare una mano, andare a svolgere un lavoro che potrebbe essere fatto anche dall’enorme quantità di manodopera locale in attesa di trovare un impiego. Al mio ritorno ho conosciuto delle suore claretiane, consorelle di quelle del Collegio Papio di Ascona; erano quasi tutte d’origine brasiliana e conoscevano moltissime persone sul territorio africano. Dopo circa sei mesi ero di nuovo in Africa, a Prikro, un villaggio a 380 chilometri da Abidjan. In quella zona vi sono due sistemi sociali distinti: bidonville e villaggio. La prima rappresenta in qualche modo la periferia più povera della città: c’è un’enorme mescolanza di persone d’ogni ambito e provenienza, non esiste nessuna autorità morale. La bidonville è composta da una società senza regole in cui la gente sopravvive e i giovani

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S


il fotografo subacqueo …la prima sensazione è indescrivibile. La visibilità è scarsa, ma sono sicuro che non lontano da me ci sono almeno quattro “mangiatori di uomini”. Ecco il primo esemplare… e il primo “scompenso cardiaco”: è una splendida femmina di circa tre metri e mezzo che ci gira intorno, incuriosita dalla nostra presenza… testo e fotografie di Franco Banfi





Mi

sono appassionato alla subacquea e in seguito alla fotografia quasi per caso. Fin da ragazzo lo sport che prediligevo era lo sci, fatto del tutto naturale per una persona che vive in Svizzera. Nel 1978, durante un pic-nic estivo lungo uno dei tanti fiumi che solcano le nostre valli, alcuni amici mi spronarono a immergermi. Non erano esperti subacquei e la loro attrezzatura era piuttosto limitata; possedevano semplicemente una bombola, pinne, erogatore e una muta a maniche corte. Mi lasciai convincere e mi tuffai nell’acqua cristallina, talmente gelida da bloccare il respiro. Il mondo subacqueo mi affascinò subito e la passione per “ciò che sta sotto” mi catturò totalmente. Dopo aver conseguito i brevetti necessari, mi dedicai subito alla fotografia. Volevo ritrarre quello che vedevo durante le mie immersioni e perché no, mostrarlo agli amici e parenti. Era ancora lontana l’idea che questa potesse divenire la mia professione. Iniziai a partecipare a concorsi di fotografia subacquea internazionali ed ebbi l’opportunità di fare amicizia con fotografi famosi. Dopo anni di manifestazioni fotografiche, decisi di scrivere il mio primo articolo. Fu una soddisfazione sapere che la rivista subacquea alla quale mi ero rivolto aveva accettato la mia opera: dovetti tuttavia aspettare quasi due anni prima di veder pubblicato il mio lavoro. Non mi scoraggiai, ritentai con altri periodici ed ebbi più successo. Con il passare degli anni mi balenava sempre di più l’idea di fare di questa passione la mia professione. Ma la strada era ancora lunga. Le spese per la realizzazione delle immagini era onerosa e le riviste del settore non pagano molto. Passarono ancora alcuni anni, nei quali cominciai ad affacciarmi a riviste più prestigiose: Focus, Airone, Animan e l’idea di fare il fotografo subacqueo professionista divenne realtà. Fu così che nel 2001 iniziò la mia attività come fotografo professionista. I primi anni sono stati difficili, ma lentamente le cose sono migliorate. I primi reportage nascevano come il classico racconto delle vacanze, con la descrizione delle immersioni. Ma questi reportage non bastano per sbarcare il lunario. Cosi cominciai a cercare nuovi spunti per realizzare altri servizi ed è così che dedicai gran parte del mio tempo non a fotografare come tanti pensano ma a fare ricerche su soggetti rari, insoliti e pericolosi, per scoprire dove vivono, come avvicinarli, quando è il loro periodo di riproduzione, cosa mangiano, informazioni indispensabili a capire quando e come realizzare le fotografie che mi servono. Ricordo con particolare eccitazione un’immersione in mezzo agli squali tigre. La prima sensazione è indescrivibile. La visibilità è scarsa, ma sono sicuro che non lontano da me ci sono almeno quattro “mangiatori di uomini”. Ecco il primo esempla-

Pagina 41: pinna pettorale di pesce pappagallo, Scarus dimidiatus, fotografata di notte a Walindi, Papua Nuova Guinea, Oceano Pacifico Pagine 42–43: Polipi (15 mm) di corallo nero del Mediterraneo, Gerardia Savaglia, Isola di Croazia, Mar Adriatico, Mediterraneo A sinistra: dettaglio di corallo molle, alcionario, Dendronephthya sp., Arcipelago delle Komodo, Parco Nazionale, Indonesia

Reportage

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re… e il primo “scompenso cardiaco”: è una splendida femmina di circa tre metri e mezzo che ci gira intorno, incuriosita dalla nostra presenza. Quando distolgo la mia attenzione dalla premiére-étoile, scorgo altre due femmine di circa tre metri che nuotano pigramente. Si comportano in modo molto cauto, senza alcun nervosismo o timore: passano fra i subacquei descrivendo delle traiettorie concentriche per avvicinarsi e per capire se rappresentiamo un pericolo. Superato questo primo scambio di convenevoli, le “tigri” distolgono il loro interesse da noi e possiamo rilassarci. Vivere questo tipo di esperienze mi dà ancora oggi un’emozione indescrivibile e mi fa sentire parte di quel mondo in maniera del tutto speciale. Spesso mi fermo più di un’ora insieme ai simpaticissimi pesci pagliaccio per fotografarli, ma anche per cercare di avere con loro un contatto, per capire cosa stanno facendo e cosa può sollecitare il loro interesse. A volte accade di entrare in sintonia con qualche pesce, riuscendo a fare in modo che sia incuriosito e attirato dalla mia presenza: momenti come questi sono particolarmente intensi e gratificanti. Non di rado si incontrano subacquei che s’immergono senza prestare alcuna attenzione ai fondali: il loro unico intento è quello di provare emozioni forti, cercando di avvicinare o di toccare i pesci, senza preoccuparsi se, con il loro sconsiderato comportamento, possano alterarne le abitudini biologiche o, addirittura, metterne in pericolo la vita. Credo sia importante saper godere della bellezza della natura così come si presenta, senza cercare di modificarla. Siamo noi che ci dobbiamo adattare ad essa, anche se a volte ciò comporta qualche sacrificio o scomodità. Ogni momento del giorno e della notte è perfetto per “carpire” nuove e interessanti immagini al mare e ai suoi splendidi abitanti. Durante alcune immersioni notturne mi è capitato, ad esempio, di incontrare una moltitudine di crinoidi che si lasciavano cullare dalla corrente, estendendo i loro tentacoli per catturare il plancton di cui si cibano. Rischiarati dal fascio di luce della torcia, essi appaiono sempre bellissimi nei loro molteplici colori: più che animali, sembrano fiori dischiusi. Sui crinoidi ho effettuato alcune ricerche e ho scoperto che possono vivere isolati oppure raggruppati in numero notevole, attaccati, tramite le appendici inferiori, a rocce, coralli, gorgonie o spugne. Completamente privi di sostanze urticanti, hanno pochi nemici naturali, tra i quali va annoverato il pesce balestra. Molti sono invece gli “inquilini” che possiamo trovare nascosti fra le loro braccia, quali gamberetti, granchietti e piccoli pesci che cercano un sicuro riparo dagli attacchi dei predatori. Ed è proprio per la straordinaria varietà degli animali che li popolano che ho prestato ai crinoidi un’attenzione particolare, ponendoli al centro di un’attenta e scrupolosa indagine fotografica. Amo molto fotografare e recarmi in luoghi sempre più lontani, non ancora scoperti e esenti da quel turismo di massa che ha ormai raggiunto anche gli angoli più remoti e inaccessibili

Occhio di un grosso pesce palla, Arothron mappa, fotografato di notte nei fondali di Milne Bay, Papua Nuova Guinea, Oceano Pacifico

Reportage

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■ Biografia di un fotografo Franco Banfi inizia a immergersi nel 1981, anno durante il quale frequenta un corso di immersione nel lago di Lugano. Due anni più tardi, attirato dalla voglia di viaggiare ed entrare in contatto con nuovi ambienti acquatici, si reca alle Maldive, dove scatta le prime fotografie subacquee. Nel periodo successivo approfondisce la sua preparazione, fino a divenire istruttore. Pratica inoltre l’immersione nei laghi e nei fiumi del Ticino e del Nord Italia e, occasionalmente, anche nel Mar Mediterraneo e nei mari tropicali. Durante queste attività perfeziona la tecnica fotografica. In seguito, partecipa ad alcuni concorsi fotografici, ottenendo riconoscimenti sia in Europa sia in Giappone, Stati Uniti e Nuova Zelanda. Nel 1992 rappresenta la

Svizzera ai Campionati del Mondo di fotografia subacquea svoltisi a Cuba, ottenendo il titolo di Campione del Mondo individuale. La notorietà in campo internazionale, gli consente di dedicarsi maggiormente alla realizzazione di reportages foto-giornalistici e alla pubblicazione di immagini per libri, pubblicazioni e testate giornalistiche. Fra queste Airone, Animan, Aqva, BBC Wildlife, Dive, Diver, Focus, Aqua Geographia, Galatea, Geo, Gulliver, Il Subacqueo, Ocean realm, L’illustré, Mare, Marine Diver, Mondo Sommerso, National Geographic, Nature Best Photography, Mer & Océan, Newland, Panorama Travel, Schweizer Familie, Tauchen, Terre Sauvage, Unterwasser. Negli ultimi anni ha rivolto la sua attenzione all’esplorazione di


del nostro pianeta, talvolta compromettendo irrimediabilmente il delicato equilibrio della natura. Desidero apprezzare ogni singolo elemento del mondo sommerso senza essere attorniato da decine di turisti; inoltre è assolutamente impossibile vincere la diffidenza delle creature marine se non vige la più assoluta tranquillità. Uno dei miei più grandi desideri era poter fotografare le balene, i più grandi abitanti degli oceani. Del resto, per chi si immerge. L’incontro con uno di questi cetacei rappresenta un’esperienza indimenticabile. Anche i sub più esperti che hanno alle spalle migliaia di immersioni e i professionisti più capaci restano sempre affascinati dall’incontro con una balena. La mia ultima esperienza con le balene l’ho vissuta nell’isola di Pico alle Azzorre. Si trattava più precisamente di capodogli. Al segnale dello skipper scivolo lentamente in acqua. Non potevo vederle ma potevo sentirne chiaramente la presenza. I capodogli hanno un potente sistema di ecolocazione e mi sentivo analizzato dal loro sonar. Quasi tutti i cetacei odontoceti usano l’ecolocazione come principale sistema di orientamento. Per me non c’è niente che si possa paragonare all’attimo in cui si scorge un mammifero – che può avere le dimensioni di un bus e pesare anche 50 tonnellate – materializzarsi dal nulla davanti al mio sguardo. Non ebbi il tempo di pensare a tutto questo, pochi metri davanti a me c’era una femmina adulta che nuotava lentamente a mezz’acqua. Disturbata dal “click” della mia macchina fotografica, cambiò direzione per immergersi in profondità lasciandomi intravedere solo la pinna caudale mentre si allontanava giù, negli abissi. Riuscire ad avere una rapida visione subacquea di questo maestoso leviathan è un privilegio raro. Inutile negare la gioia e la soddisfazione di un simile incontro. Oggi mi trovo a ricercare storie che aumentano la salvaguardia degli oceani e nello stesso tempo possano celebrare la maestosa bellezza del mondo sottomarino.

Particolare della bocca di un corallo fungo, fotografato nel Parco Nazionale dell'Arcipelago delle Komodo, Indonesia

luoghi insoliti e lontani dalle rotte comuni, come l’Artico, l’Antartico o l’atollo di Aldabra, ambienti contrassegnati da una ridotta presenza umana e da condizioni climatiche spesso difficili. Franco Banfi predilige sia fotografie d’ambiente, che necessitano di ottiche grandangolari spinte come, ad esempio, il 16 mm con correttore dome, sia immagini macro, che consentono di mettere in evidenza particolari di grande interesse naturalistico ed estetico. L’obiettivo è quello di trasmettere al lettore la medesima emozione provata nel momento dello scatto, ma anche di suggerire un pathos evocativo, interpretando l’immagine da un personale e originale punto di vista che tenga conto degli aspetti di forma, colore, composizione e, soprattutto, di luce.

Reportage

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Una Colt

per amico di Roberto Roveda

Un’improbabile camicia gialla, un indiano per amico, praterie, cavalli e la giustizia, un valore assoluto da difendere. Sessant’anni or sono il mito del West rinasceva lontano dai bisonti e dalla frontiera americana: Tex, l’incarnazione del cowboy… meglio di John Wayne, prima di Sergio Leone

Tendenze

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Milano, . La seconda guerra mondiale è finita da poco e si fatica a tirare avanti. Di soldi per divertirsi ce ne sono pochi e bastano a malapena per i cinema di terza visione, quelli dove con un biglietto si possono vedere anche più film. Nel buio di una di queste sale, in quei giorni di sessant’anni fa, appare uno strano personaggio che trascorre i pomeriggi a vedere e rivedere film western americani. La stranezza è che ha una lampadina da minatore sulla testa e mentre sullo schermo scorrono le immagini, lui disegna. Il disegnatore misterioso si chiama Aurelio Galleppini, in arte Galep, e sta cercando spunti e idee per un nuovo eroe dei fumetti. Deve fare in fretta perché Gian Luigi Bonelli – vulcanico e prolifico creatore di personaggi e di avventure – ha già scritto qualche storia del nuovo eroe, anche se il nome, anzi il cognome (Tex Killer) non convince fino in

fondo. Troppo duro. Forse è meglio non rischiare di incorrere nelle ire della censura. Intanto il film prosegue e Galep continua a buttare giù schizzi. Ora il volto lo soddisfa, assomiglia un po’ a Gary Cooper e la cosa non gli dispiace… Prendeva così forma uno dei personaggi chiave del fumetto italiano e mondiale, quel Tex Killer che sarebbe diventato, già alla sua prima uscita nelle edicole, nel settembre , Tex Willer. Anzi, semplicemente Tex. Un insperato successo Da quei giorni è passato un lasso di tempo enorme, soprattutto per un fumetto destinato a vivere solo se qualcuno lo compra. E Tex non solo vive, ma gode di ottima salute: ogni mese, infatti, vengono stampate una storia inedita e ben tre ristampe degli albi del passato. A questo si aggiungono le uscite speciali e le tante edizioni estere (come quella ſinlandese riprodotta in basso), tra cui una addirittura per l’India, in lingua tamil! Non stiamo, quindi, parlando di un prodotto di nicchia per collezionisti o patiti del fumetto d’antan… Eppure sessant’anni fa su Tex nessuno avrebbe scommesso. Il fumetto era anch’esso – come il cinema – un genere di divertimento alla portata delle povere tasche di allora, un


Giovanni Luigi Bonelli, milanese, nato il 22 dicembre 1908, soggettista prolifico, considerato il patriarca del fumetto italiano, ha legato il suo nome all'eroe del west, personaggio creato nel 1948 per la Casa editrice L'Audace, antenata della attuale Sergio Bonelli Editore. Di Tex, Gian Luigi Bonelli ha scritto i soggetti di tutte le avventure pubblicate fino a oltre la metà degli anni Ottanta, supervisionando anche la successiva produzione “texiana”. È morto ad Alessandria, il 2 gennaio 2001.

divertimento effimero e immediato. Il destino dei personaggi, salvo rari casi, era di durare qualche mese in edicola e poi via, largo ad altri personaggi e altre avventure. Tex invece dimostra subito una tempra diversa e resiste, mese dopo mese. Nei primi tempi non vende in verità molto, è piuttosto un prodotto di successo medio. A furoreggiare, negli anni Cinquanta, sono le strisce di personaggi più ingenui, come Capitan Miki, Il grande Blek e Il Piccolo Sceriffo. Addirittura, in quegli anni, Tex si attira le ire dei benpensanti, perché le sue storie sono troppo violente, tanto da dover uscire con la dicitura “Lettura adatta ad adulti” stampigliata in bella vista sulla copertina. L’accusa è di corrompere la gioventù, insegnandole la violenza e allontanandola dalle buone letture… Ma Tex supera anche questo ostacolo e negli anni Sessanta, quando il pubblico comincia a desiderare prodotti più maturi, prende il volo, arrivando a vendere mila copie ogni mese. Oggi vendite di questo tipo sono impensabili e il fumetto pare aver ceduto inesorabilmente il passo a nuove e più tecnologiche forme d’intrattenimento. Eppure Tex rimane ben saldo in sella, col suo Stetson in testa, la sua camicia gialla, la Colt  al fianco, immune alle mode, molto simile a come l’avevano creato Bonelli e Galleppini, anche ora che i creatori non ci sono più e a realizzarlo si alternano da anni sceneggiatori e disegnatori diversi. Mille volte hanno chiesto a Bonelli quale fosse il segreto del successo e della longevità editoriale di Tex. Le risposte sono state sempre evasive: “alcuni personaggi nascono con i segni di un destino favorevole, altri avranno un’esistenza difficile. E chi fa il nostro mestiere deve anche mettere in conto la possibilità di misteriose, imprevedibili congiunzioni astrali” affermava in un’intervista del .

che ha le caratteristiche del vecchio western, ma con alcuni elementi di modernità che gli hanno consentito di staccarsi dal modello di partenza e di continuare a vivere anche quando il genere aveva perso popolarità. Parlo principalmente del rapporto con i nativi americani: in un’epoca in cui al cinema gli indiani sono i cattivi e i soldati blu sono “i nostri”, Tex vive tra i pellerossa, diventa il capo del popolo dei Navajos e assume un nome indiano, Aquila della Notte. E Bonelli opera questa personale rivoluzione nell’immaginario western senza eccessi di revisionismo, ma con la volontà di far muovere il suo personaggio in un mondo violento in cui la parola giustizia ha però un significato e in cui l’unica divisione accettabile è quella tra onesti e bari, tra malfattori e giusti, tra politicanti corrotti e uomini di legge. Per usare le parole di Tex – che sono poi quelle di Bonelli – sono “amico della giustizia! E la giustizia non bada al colore della pelle, se è vera giustizia!” Se non è modernità questa… {fine}

Oltre il “fumetto” Dopo aver letto centinaia di storie ho personalmente maturato un’opinione ben diversa, che poco ha a che fare con le congiunzioni astrali: il segreto di Tex è stato ed è tutt’ora ✭ proprio Gian Luigi Bonelli. Il papà di Tex, di cui quest’anno ricorre il centenario dalla nascita, era un narratore di razza che ha saputo creare un eroe da grande romanzo di avventura, una figura che non ha nulla da invidiare ai protagonisti dei suoi romanzi preferiti, quelli di Kipling, Salgari, Dumas e Conrad. Al servizio di questo eroe, Bonelli ha ✭ messo per oltre quarant’anni tutto se stesso, quasi in una sorta d’identificazione con il personaggio Tex, e tutta la sua inesauribile fantasia. ✭ Leggendo il Tex di Bonelli si coglie anche la capacità dell’autore di precorrere i tempi creando un personaggio

Libri

Tendenze

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Claudio Paglieri Non son degno di Tex Marsilio editore, 2008 Vita, morte e miracoli del mitico ranger raccontati dall’autore attraverso le trame più belle, gli agguati più pericolosi, i pestaggi più paradossali, i trucchi più spericolati per portare a casa la pelle, le sue battute più famose. Ora in una nuova edizione aggiornata.

Molte delle più belle avventure di Tex sono disponibili anche in libreria pubblicate dalla Mondadori nella collana Oscar Bestsellers. Internet Per conoscere tutte le novità su Tex, fondamentale è il sito della casa editrice che lo pubblica da più di mezzo secolo, la Sergio Bonelli Editore: www.sergiobonelli.it


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Disegnare la vita

Design

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Nel

1944 l’ingegnere elettronico Hans Hilfiger (1901–1993) riceve dalle Ferrovie Federali Svizzere (FFS) il compito di studiare il nuovo orologio ufficiale che non solo doveva indicare in modo preciso l’ora, ma anche avere l’ingrato ma fondamentale compito di rendere visibili le sessanta frazioni del minuto. La sua idea fu lapidaria e geniale: la paletta rossa dei capostazione sarebbe diventata la lancetta dei secondi. Il particolare movimento delle lancette fu fatto realizzare dalla ditta orologiera MoserBaer AG di Sumiswald, nel canton Berna. Ne scaturì quello che sarebbe diventato il simbolo del design e

della “precisione” svizzera. Alla sua presentazione – ha ricordato più volte Hilfiger – i funzionari obiettarono che non si poteva leggere l’ora, perché nel quadrante non comparivano i numeri. Nonostante ciò, il progetto fu accettato e dal 1955 in tutte le

stazioni ferroviarie della confederazione l’ora divenne inesorabilmente più leggibile e precisa. Allo stesso ingegnere fu affidato il progetto di nuove coperture dei marciapiedi delle stazioni ferroviarie (1952–53), di cui venne realizzato però un solo prototipo presso Winterthur-Grüze. Hilfiger ebbe l’opportunità di lavorare, tra l’altro, in Argentina e fu professore universitario e capo designer presso la ditta di elettrodomestici Therma dal 1958 al 1968. Hans Hilfiger ebbe una residenza a Gordevio, località dove trascorse gli ultimi anni della sua vita.


La congiunzione nel vostro settimo campo potrebbe portare delle novità in ambito professionale o relazionale, in particolare per i nati nella terza decade (Plutone transita nella loro nona casa solare). Lasciate perdere le polemiche e dedicatevi all’amore.

La congiunzione tra Mercurio, Marte e Venere rende particolarmente probabile un incontro amoroso o un avvenimento in grado di imprimere nuovo impulso alla vostra vita sentimentale. Spese in vista: possibile acquisto di una nuova autovettura.

toro

scorpione

Saturno si trova ormai in trigono perfetto con Giove. Occasioni di fondamentale importanza per i nati della prima e seconda decade. Se dovete stabilire la data di un matrimonio o comprarvi casa fatelo in questo periodo.

Marte e Venere vi spingono a imbastire una relazione amorosa in clandestinità. Le vostre energie potrebbero però essere canalizzate verso il vostro partner, qualora fosse in difficoltà. Novità in ambito professionale.

gemelli

sagittario

Momento positivo per la vostra vita affettiva, sia che siate fidanzati o singles. Possibilità di avere incontri e flirts. Liberatevi dallo stress con un ballo sfrenato, vi sentirete senz’altro meglio. Scelte importanti per i nati della seconda decade.

Se state pensando di coronare le vostre fatiche con l’acquisto di una abitazione, questa potrebbe essere la settimana giusta. Grazie al passaggio di Giove potreste ricevere una ingente somma di denaro. Momento favorevole per il lavori in equipe.

capricorno

I transiti planetari favoriscono un maggiore interesse per il sesso opposto, ma possono anche dare il via ad alcune tensioni con il partner. Confrontatevi senza paura, se la vostra relazione è solida, ne troverà un arricchimento.

Se state puntando in alto, questa è la settimana giusta. Grazie al trigono tra Giove e Saturno potrete aspirare a obiettivi prestigiosi. Ricordate sempre che in passato avete lavorato duramente e che è finalmente giunta l’ora della vostra ricompensa.

leone

acquario

Grazie al multiplo passaggio di diversi pianeti veloci nella vostra terza casa solare, potrete accorgervi di vedere con occhi differenti la realtà circostante. La vostra vita sociale ne avrà un arricchimento. Maggior comprensione verso le gioie della quotidianità.

Settimana formidabile per la vostra vita affettiva. Incontri e scambi culturali di notevole raffinatezza con possibile crescita dell’eros e del desiderio. Periodo fortemente fertile per la vostra vita creativa stimolato dai concomitanti transiti di Mercurio, Venere e Nettuno.

vergine

pesci

Sarete occupati sia nei programmi a lungo termine sia nella risoluzione dei problemi quotidiani. Grazie alla vostra innata praticità riuscirete comunque a risolvere le difficoltà. La settimana sarà caratterizzata da chiarezza di idee e dall’efficacia delle vostre azioni.

Saturno in opposizione vi impone una scelta: o voi, o gli altri. Cercate di riconoscere quello che fa veramente parte di voi stessi e seguitelo. Non fatevi mettere dal partner un abito che potrebbe calzarvi stretto. Date assolutamente retta alla vostra individualità.

Elemento: Terra - mobile Pianeta governante: Mercurio Relazioni con il corpo: apparato gastrointestinale Metallo: mercurio Parole chiave: perspicacia, intelligenza, pignoleria, modestia, riservatezza

La psicologia dei nati nel segno della Vergine è complessa e risente delle ampie implicazioni simboliche ad esso connesse. È però necessario demistificare la tendenza, piuttosto diffusa a dire il vero, che tende a svalutare astrologicamente il segno, ritenuto a torto debole, sfortunato e portato a una certa introversione. Certamente, la qualità mercuriale crea spesso un soggetto “nervoso”, in cui la sfera mentale psicologica prevale su quella più primordiale e istintuale. Mercurio governatore tende d’altra parte a intersecare tutte le funzioni in un’armonia globale, facilitando lo scambio tra l’intelligenza, la fantasia e l’acutezza di pensiero. Il pianeta è, simbolicamente, il costituente essenziale dell’intelligenza e rappresenta al massimo grado lo scambio fra le parti interiori dell’individuo. Non avrà l’esaltazione dei Gemelli, dove Mercurio assume un ritmo frenetico e spesso dispersivo, ma acquista qualità concrete sul piano razionale -pratico, tanto che ogni particolare assume un suo specifico valore e rappresenta la via attraverso la quale approfondire le conoscenze (anche se l’attenzione ai dettagli può assumere una carattere talvolta ossessivo ed esagerato). La Vergine è come tormentata da un’inquietudine e da un bisogno irresistibile di azione, di attività che la costringe a ricercare costanti occupazioni pratiche. L’immagine del Mercurio della Vergine si caratterizza per la presenza del famoso caduceo, la verga sacra attorno alla quale sono avvolti i serpenti. Il caduceo è l’emblema dell’equilibrio fra istinto e ragione, fra forze benefiche e malefiche sia a livello cosmico sia umano.

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Il Sole transita nel segno della Vergine dal 22 agosto al 23 settembre

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» a cura di Elisabetta

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“Ma questi di Mercurio utili avvisi colui nell’alma non accolse…”

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Âť Illustrazione di Adriano Crivelli


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1. Il poema dantesco • 2. Ama vivere in solitudine • 3. Riuscire ad avere • 4. Né tuo, né suo • 5. Congiunzione • 6. Molto istruiti • 7. Si affloscia quando è vuoto • 8. Un colore del croupier • 9. Componimenti poetici dal tema pastorale • 13. Fu il terzo Papa dopo San Pietro • 15. Lo lancia il naufrago • 20. Pari in Doriana • 21. Cabina centrale • 22. Grossa arteria • 24. I confini di Vogorno - 26. Un anestetico • 29. Pelliccia maculata • 30. Cocciute • 31. Emblema famigliare • 32. Burla • 35. Pari in Daniela • 38. Il nome della Staller • 39. Ecogoniometro • 41. Abbaiano • 43. Topo... ginevrino • 45. La nota degli sposi.

Verticali

1. Il padre di Priamo • 10. Siero • 11. Consegnato • 12. Gara per centauri • 14. Ghiaccio inglese • 15. Osso piatto del torace • 16. Il “de” tedesco • 17. Dittongo in Coira • 18. Argovia sulle targhe • 19. Giaggiolo • 21. Sono celebri le sue “fughe” • 23. Corvini • 24. I fiori del pensiero • 25. Università • 27. Pedina coronata • 28. I confini di Carabbia • 29. Tre al cubo • 31. Zolfo e Cerio • 33. Bailamme • 34. Temi scolastici • 36. Lo producono le api • 37. Consunti • 40. Copricapi militari • 41. Porzione mediana dell’intestino crasso • 42. È famosa quella engadinese • 44. Nome di donna • 46. Associazione Nazionale • 47. Il nome di King Cole • 48. Assicurazione Invalidità • 49. Valutare i danni.

Schema realizzato dalla Società Editrice Corriere del Ticino

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Le soluzioni verranno pubblicate sul numero 39. 1

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La soluzione a Epigoni è: La fine è nota di Geoffrey Holiday Hall (Sellerio editore, 1990). Il vincitore è A.P., Locarno.

Epigoni A quale romanzo appartiene il seguente finale? La soluzione nel n. 39. Al vincitore andrà in premio il libro fotografico “Il sapore del racconto” di A. Morgantini e S. Luban, SalvioniEdizioni, 2008. Fatevi aiutare dal particolare del volto dell’autore e inviate la soluzione entro giovedì 11 settembre a ticino7@cdt.ch oppure su cartolina postale a Ticinosette, Via Industria, 6933 Muzzano. “Compresi subito chi l’aveva scritto e non fui sorpreso quando, sulla pagina iniziale, vergata con l’inchiostro blu della penna che tanto avevo amato da bambino, lessi questa dedica: Al mio amico Daniel, che mi ha restituito la voce e la penna. E a Beatriz, che ha ridato a entrambi la vita”.

Indovina... dove siamo?

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“Monte Tamaro, Cappella di Santa Maria degli Angeli”.


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Parola mia.

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