InFormaSalute VENETO
La rivista utile per la famiglia
N. 7/ 2013
Con il Patrocinio di:
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Un “Da Vinci” per tutti Un sorriso senza...difetti Olimpiadi della disabilità Sole, istruzioni per l’uso Bimbi e malattie infettive Estate: cibi sì, cibi no
Il mio nome è
FRANCESCO
InFormaSalute Periodico di informazione sanitaria, distribuzione gratuita www.informasalute.net Registrazione: Tribunale di Bassano del Grappa N°. 714 del 10.07.2007
Direttore responsabile: Chiara Bonan
da’ energia
Direttore Editoriale: Roberto Cristiano
Baggio
InFormaSalute La rivista utile per la famiglia
Coordinatori editoriali: Ledy Clemente e
fa bene alla pelle 2
soddisfa il palato
fa bene alle ossa
formaggio: che piacere!
www.montitrentini.com
VENETO
Romano Clemente
Comitato Scientifico: Dr. Riccardo Artico Primario Otorino Laringoiatra - Presidio Ospe- daliero di Cittadella Dr. Giugliano Berton Dirigente Veterinario Dr. Fabio Brunato Primario Chirurgia della mano - Presidio Ospedaliero di Camposampiero Dr. Antonella Brunello Ricercatrice Oncologa Dr. Roberto Busetto Direttore Dipartimento di Scienze Cliniche Veterinarie Dr. Marzio Chizzolini Primario Oculistica - Presidio Ospedaliero di Camposampiero Dr. Giorgio Cuccia Responsabile Servizio Dipendenze Dr. Giuseppe Didonè Direttore Neurologia - Presidio Ospedaliero di Cittadella Dr. Carlo Doroldi Direttore Medicina - Presidio Ospedaliero di Campo San Piero Dr. Stefano Duodeci Direttore FF Unità Patologia della Mammella Dr.ssa Laura Favretti Direttore Ostreticia e Ginecologia - Presidio Ospedaliero di Cittadella Dr. Roberto Ferro Primario Odontoiatra - Presidio Ospedaliero di Cittadella Dr. Valentino Fiscon Direttore Chirurgia Generale - Presidio Ospedaliero di Cittadella Dr. Stefano Formentini Direttore Medico - Presidio Ospedaliero di Cittadella Dr. Diego Fregonese Direttore Gastroenterologia - Presidi Ospedalieri di Cittadella e Camposampiero Dr. Fernando Gaion Direttore Unità Operativa di Oncologia di Cittadella e Camposampiero Dr. Giovanni Grano Direttore Unità Ortopedia e Traumatologia Presidio Ospedaliero di Cittadella Dr. Carlo Gobbo Direttore Sanitario Clinica Odontoiatrica Hospitadella Dr. Giuseppe Idotta Direttore Pneumologia - Presidio Ospedaliero di Cittadella Dr. Lucio Laurini Primario Urologia - Presidio Ospedaliero di Camposampiero Dr. Giuseppe Marinaro Responsabile Unità Semplice di Osservazione breve-intensiva del Pronto Soccorso - Presidio Ospedaliero di Camposampiero Dr. Domenico Miccolis Chirurgo Plastico Hospitadella Dr. Emilio Morpungo Primario Chirurgia Generale - Presidio Ospe daliero di Camposampiero Dr. Maurizio Nordio Direttore Nefrologia e Dialisi- Presidi Ospedalieri di Cittadella e Camposampiero Dr. Luigi Pedon F.F. UOC Cardiologia e Responsabile Servizio Emodinamica Dr.ssa Anna Puppo Dir. Servizio di Igene e Sanità Pubblica
N. 7, Maggio 2013
ULSS 15 Alta Padovana
Sommario Editoriale
p. 7
Un “Da Vinci” per tutti
p. 8
Un sorriso senza...difetti
p. 10
Grantorto: la disabilità al centro
p. 16
Sole, istruzioni per l’uso
p. 18
Endometriosi: il dolore cronico
p. 24
Bimbi & malattie infettive
p. 28
Francesco, papa della speranza
p. 30
Piazzola sul Brenta, spazio al sociale
p. 34
Estate: cibi sì, cibi no
p. 36
Il cane, migliore amico dell’uomo
p. 40
Dr.
Giorgio Rizzato Medico Chirurgo - Incaricato di Medicina Legale e Psicologia Clinica. Dip. Specialità MC e Scienze della Riproduzione Umana. Università di Padova Dr. Salvatore Ronsivalle Direttore Unità Operativa Dipartimento di Chiururgia Vascolare - Ospedale Camposampiero e Cittadella Dr. Natalino Simioni Direttore Medicina Generale - Presidio Ospedaliero di Cittadella Dr. Ernesto Vendemiati Primario Ortopedia e Traumatologia Presidio Ospedaliero di Camposampiero Dr. Roberto Verlato Direttore Cardiologia Presidio di Camposampiero Dr. Mario Zanchetta Direttore Cardiologia - Presidio Ospedaliero di Cittadella
Con il Patrocinio e il sostegno: COMUNE DI SAN GIORGIO IN BOSCO
Progetto grafico: Fernanda Pandiscia E-mail: fernanda.pandiscia@gmail.com Hanno collaborato: Barbara Carlesso - Mariarosa Lupato Rodolfo Morello - Caterina Zarpellon Stampa: Laboratorio Grafico BST Romano d’Ezzelino (VI) bst@graficabst.com Tel. 0424 573 198 Casa editrice e pubblicità: Agenzia Pubblicitaria - “Europa ‘92” di Clemente R. & C. s.n.c Via Pio IX, 27 - Bassano del Gr. (VI) Tel. 0424 510 855 - Fax. 0424 31481 Cell. 335/7781979 E-mail: ageneur92@libero.it © tutti i diritti riservati
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InFormaSalute, un cambio nel segno della continuità Romano Clemente e Ledy Clemente – Editori di “InFormaSalute Veneto” Cari lettori, sono passati ormai sette anni da quando, a seguito di un mio forte desiderio personale, è nato il progetto editoriale di “InFormaSalute Veneto”, la rivista che si rivolge alle famiglie e al territorio per dare una puntuale informazione sui progressi della medicina e soprattutto per divulgare la cultura della salute, del
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benessere e della prevenzione. In tutto questo tempo la rivista è cresciuta e sta ancora crescendo, grazie al grande consenso di pubblico, alla fondamentale collaborazione degli enti che le danno il Patrocinio e del nostro autorevole Comitato Scientifico e grazie anche alla fiducia riposta nei nostri confronti dagli inserzionisti, che con il loro contributo danno sostegno alla valenza sociale delle notizie e dei contenuti che “InFormaSalute Veneto” diffonde nei Comuni del comprensorio e nelle vostre case. In questa fase di ulteriore espansione del nostro lavoro, sta avvenendo un importante passaggio di consegne: ho ritenuto infatti, giunti a questo punto del nostro percorso, di affidare la gestione editoriale di “InFormaSalute” a mia figlia Ledy Clemente, che in questi anni è stata sempre al mio fianco nell’attività di realizzazione del nostro bimestrale e che assieme alla redazione saprà portare avanti, con immutato entusiasmo, la nostra apprezzata inizia-
tiva di comunicazione il cui scopo primario, grazie alla aggiornata e corretta informazione sulla cura e sulla prevenzione delle più diffuse patologie, è quello di migliorare la qualità della vita della popolazione. Lascio dunque a mia figlia le redini operative della rivista, ma resto comunque al mio posto per la supervisione dell’organizzazione generale e per continuare a curare i rapporti con gli enti e le istituzioni che col loro Patrocinio danno un prezioso e indispensabile supporto al nostro progetto editoriale. Un passaggio di consegne nel segno della continuità, per continuare a fare di “InFormaSalute Veneto” il punto di riferimento, nel nostro territorio, per un’informazione di servizio dedicata al bene più prezioso che dobbiamo preservare e tutelare: la nostra salute.
Romano Clemente Editore “InFormaSalute Veneto”
Carissimi lettori, è doveroso da parte mia comunicarvi che da questo numero la carica di “Direttore Responsabile” della rivista InFormaSalute Veneto è passata a Chiara Bonan. La nuova direttrice, con un CV di elevato spessore, viene da un’esperienza pluriennale tra il cartaceo, il televisivo e l’online, già collaboratrice di InFormaSalute, ha accettato con molto piacere l’oneroso e importante incarico anche alla luce di un nuovo periodo di espansione della rivista.
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E’ infatti nostra intenzione ampliare il territorio di distribuzione di InFormaSalute Veneto ad altre Aziende Sanitarie adiacenti le attuali aree di influenza dell’ULSS 3 e dell’ULSS 15. A Chiara Bonan, che non faremo mai mancare tutta la nostra stima e massima collaborazione auguriamo, unitamente alla nostra redazione, le migliori soddisfazioni per un proficuo lavoro.
Approfittiamo del presente numero per ringraziare il dr. Alessandro Tich che per molti anni ha diretto con impegno, passione ed elevata professionalità il progetto “InFormaSalute Veneto”. Inoltre, unitamente a tutta la redazione, formuliamo i migliori auguri di buon lavoro per i suoi nuovi impegni.
Ledy e Romano Clemente Editori di InFormaSalute Veneto
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Editoriale Chiara Bonan - Direttore Responsabile di “InFormaSalute Veneto”.
È QUESTIONE DI BATTICUORE
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S tu di o Pav i n. Go d it i il b at t ic uo re
Vaccini sì, vaccini no Il dibattito è vivo, ed è di quelli che possono mettere contro amiche di lunga data, colleghi di lavoro, fratelli e familiari: è giusto o meno vaccinare i propri figli? La risposta non è certo univoca, impossibile dare consigli. Di certo ci sono le due posizioni, antitetiche, che vedono schierarsi da una parte i fautori dei vaccini (aziende sanitarie in testa, ma anche moltissimi genitori), che sostengono l’assoluta necessità della copertura vaccinale pressoché totale della popolazione infantile, dall’altra, gli strenui oppositori, che citano a sostegno della loro tesi la portata dei possibili effetti collaterali, con rischi troppo grandi rispetto ai potenziali benefici. I vantaggi e gli svantaggi, nelle due fazioni, pesano in modo diverso sul rispettivo piatto della bilancia e spesso rendono difficile un confronto aperto e sereno. Tant’è: dal 2008 la Regione del Veneto ha sospeso l’obbligo vaccinale. In poche parole, ogni famiglia è lasciata libera di decidere se e quando vaccinare i propri figli. Questo non significa che la Regione si sia schierata contro i vaccini, anzi: in realtà la posizione
delle aziende sanitarie rimane, sulla linea di quella del Ministero, assolutamente pro vaccini, e a tutti i genitori viene raccomandato e ricordato in modo esplicito sin dal secondo mese di vita di portare il proprio neonato presso il locale distretto per ricevere la prima dose di farmaco attraverso un’iniezione intramuscolare. A più di 4 anni dall’eliminazione dell’obbligo vaccinale, la Regione Veneto ha condotto uno studio (presentato nel corso del congresso “Vaccinazioni: novità, criticità e sicurezza”, tenutosi lo scorso 6 giugno a Ferrara) sulle determinanti vaccinali, che ha coinvolto l’Ulss 3 di Bassano insieme a quelle di Verona, Feltre, Thiene, Vicenza ed Asolo. La scelta non è stata casuale: proprio in queste aziende sanitarie si concentra la più alta media di rifiuto. I risultati descrivono un panorama variegato: ci sono genitori che vaccinano, quelli che lo fanno solo parzialmente, quelli che non lo fanno del tutto. Di questi ultimi, solo il 37% ha dichiarato di essere convinto di confermare tale scelta per i prossimi figli, il 30% dichiara di voler cambiare, mentre il 33% deve ancora decidere. Le ragioni del no sono legate principalmente alla paura che i rischi siano superiori ai benefici, ma anche all’età
della vaccinazione, ritenuta prematura, e alla somministrazione in un’unica dose di più vaccini. Massimo Valsecchi, responsabile scientifico della ricerca e direttore del Dipartimento di prevenzione dell’Ulss 20, capofila della ricerca, ne ha tratto un auspicio positivo: ci sarebbero ancora margini di discussione, e la Regione è disponibile anche, pur di arrivare ad una massima copertura vaccinale, ad una negoziazione sul posticipo e sul frazionamento delle vaccinazioni. Altra causa di dissenso è la percezione che esistano dei ritorni economici che portino ad incentivare la spinta verso le vaccinazioni. Che dire, il campo è minato: difficile prevedere quale sarà il trend; la ragione e il torto non stanno interamente né da una parte né dall’altra.. Di certo si può dire che la prevenzione è anche consapevolezza, e la consapevolezza può nascere solo dalla conoscenza: una giusta informazione è diritto e dovere di ogni genitore, così come delle aziende sanitarie di riferimento, ed entrambe le parti dovrebbero dimostrare la massima disponibilità a fornire e ricevere informazioni a 360°, senza arroccarsi sulle rispettive posizioni.
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UROLOGIA
Dal 2004 nel reparto di urologia di Camposampiero molte operazioni vengono eseguite con l’ausilio del robot, con notevoli vantaggi per il paziente nel post operatorio 8
Da Vinci: la tecnologia per operazioni al top Intervista a Lucio Laurini, direttore del reparto di urologia dell’ospedale di Camposampiero. Chiara Bonan L’urologia dell’ospedale di Camposampiero è un reparto all’avanguardia sin dal 2004, anno in cui il gruppo operatorio ha accolto il primo robot Da Vinci, un “mostro” di tecnologia che ha segnato un passo fondamentale nella chirurgia mininvasiva. Progettato negli Stati Uniti, il semi-automa era originariamente utilizzato sulle portaerei americane per permettere l’esecuzione di interventi specialistici a distanza anche durante le lunghe missioni all’estero. Solo in seguito è stato mutuato all’uso civile, arrivando in Italia all’inizio degli anni 2000: l’ospedale dell’alta padovana è stato il secondo in Italia dopo Grosseto ad avviare la chirurgia robotica, che attualmente sfrutta per operazioni di chirurgia generale, ginecologia e urologia. Il reparto di urologia ha eseguito più di 500 interventi con questa tecnica, per la maggior parte per mano del dottor Laurini. Si tratta di una casistica tra le maggiori d’Italia. Dottor Laurini, quali sono i van-
taggi tecnici degli interventi in laparoscopia robotica? “Rispetto alla chirurgia mininvasiva laparoscopica tradizionale, il robot assicura una visione tridimensionale, anzichè bidimensionale, grazie a due telecamere appaiate; consente una libertà di movimenti degli strumenti molto maggiore e garantisce una totale assenza di tremolio. Non è tutto, perchè un solo operatore riesce a gestire contemporaneamente quattro braccia”. Quali sono invece i vantaggi diretti per il paziente? “I pazienti hanno una degenza ridotta e, soprattutto, un ritorno ad una vita quasi normale e alle attività di tutti i giorni molto più breve rispetto all’intervento a cielo aperto. Non c’è incisione delle fasce e dei muscoli e ci sono minor problemi di analgesia nel post operatorio. I vantaggi più rilevanti, però, sono legati ai due principali inconvenienti legati alle asportazioni per neoplasie della prostata, cioè l’incontinenza urinaria e la perdita della potenza sessuale: i risultati sono sicuramente
migliori”. Quali operazioni eseguite con il robot? “Principalmente l’intervento di prostatectomia radicale per il cancro della prostata, perchè ha un’alta incidenza (nella nostra Ulss vengono operati 150 casi all’anno). Eseguiamo inoltre la correzione robot assistita laparoscopica della malattia malformativa del giunto pieloureterale, che comporta, per il cattivo funzionamento della giunzione tra rene e uretere, una progressiva dilatazione delle vie escretrici renali con danno al parenchima rene. E’ una patologia abbstanza rara, perlopiù a carico di giovani donne e uomini: è quindi importante poter evitare un’incisione antiestetica sul fianco, che è inoltre causa di sintomatologia dolorosa persistente”. Quanti casi riuscite a trattare con questa tecnica? “Eseguiamo in media 15-20 interventi annui sulla malattia malformativa di cui sopra, e 70 casi di
tumore alla prostata. Abbiamo un tetto massimo di operazioni annue eseguibili con il robot, quindi la sproporzione tra questo numero e l’alta incidenza del cancro ci obbliga ad eseguire un numero almeno pari di prostatectomie radicali con il metodo chirurgico tradizionale”.
sarmi con i pazienti per l’affollamento delle sale oepratorie, che spesso porta ad un rinvio degli interventi per problemi di overbooking, con inevitabili malcontenti e critiche”.
Quindi dovete operare una selezione tra i pazienti: come? “I parametri di arruolamento per la prostatectomia robotica sono: l’accertamento di una malattia organoconfinata (priva di metastasi), valori di PSA (marker tumorale nel sangue) entro i 10, caratteristiche istologiche non aggressive e relativa giovane età, con potenza sessuale”.
Anche voi, come le compagnie aeree, fate overbooking? “Lo facciamo perchè, visto il numero importante di pazienti programmati per la sala Il dottor Laurini durante un intervento operatoria al giorno e con il robot Da Vinci l’età dei pazienti stessi, che in media è elevata, svariati l’utilizzo del robot in urologia e una sono i motivi che possono portare tradizione ormai decennale nella ad una cancellazione dell’intervento specialità”. all’ultimo momento. Inoltre, non tutti gli interventi durano lo stesso Cosa ha significato, in termini di tempo, ci possono essere compliimpegno, arrivare ad avere un recazioni o difficoltà che allungano parto con dei medici specializzati i tempi operatori. Non possiamo nell’uso del robot in urologia trai correre il rischio di sprecare la già migliori d’Italia? ridotta disponibilità della sala ope“Ad oggi la nostra urologia consta ratoria, allora ne programmiamo di 10 medici, di cui 3 formati all’usempre qualcuno in più che vada in tilizzo del robot Da Vinci e uno in sostituzione”. formazione. Per imparare la tecnica robotica è necessario molto tempo: Di quante sedute avreste bisogno? una discreta autonomia si raggiunge “Avremmo bisogno di almeno altre con una cinquantina di interventi, 2 sedute a Camposampiero e 1 a nell’arco di 3-4 anni. Fra le cose Cittadella, per poter ridurre le liste che aupischiamo per il futuro c’è d’attesa e rispondere ai criteri regiola richiesta, sempre in cantiere, nali, evitando di scontentare pazien- dell’acquisto della terza generazione ti veneti che provengono magari da di robot, che prevede alcune mipochi km di distanza, ma appartengliorie tecniche e la possibilità di gono ad altre ulss e afferiscono al introdurre una seconda consolle di nostro reparto”. comando, indispensabile per trasferire la metodica a nuove generazioni Quindi la richiesta che avete non di chirurghi con il controllo diretto è solo dall’Ulss 15? del supervisore. In tale maniera “Non solo: i pazienti arrivano da si riduce al minimo la difformità altre Ulss venete ed anche da fuori di risultati dovuta ad una minore regione. Uno dei principali motivi esperienza dell’operatore”. di attrazione del nostro reparto è
Cos’altro potreste fare con la tecnologia robotica, avendone la possibilità? “La resezione di neoplasie renali suscettibili di tale chirurgia conservativa, dato che sempre di più si tende ad evitare l’intervento di asportazione completa del rene a favore dell’asportazione solo della parte ammalata”. Perchè esiste un tetto massimo di interventi a vostra disposizione? “Auspichiamo di poter introdurre al più presto questa metodica, che ha il freno a mano tirato per un problema sia di costi, sia di numero di sale operatorie disponibili”. Attualmente quante sale avete per urologia? “Abbiamo 6 sedute e mezzo a settimana di 6 ore ciascuna, dalle 8 alle 14, a Camposampiero e 1 a Cittadella. Si tratta di cifre del tutto insufficienti per rispondere a tutti i pazienti che afferiscono per patologia urologica al nostro reparto. A tal proposito ne aprofitto per scu-
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ODONTOIATRIA L’esperienza del dottor Ferro e del reparto di odontoiatria di Cittadella, unico nel suo genere in Italia
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Ciuccio sì, ciuccio no
L’ortodonzia di comunità A colloquio con Roberto Ferro, direttore UOA Odontoiatria Ulss 15 e del Centro Reg. Ven. per studio, prevenzione, terapia malattie orodentali Chiara Bonan
Dopo aver combattuto per anni la carie nei piccoli pazienti dell’Ulss 15 ottenendo ottimi risultati e un’incidenza minima del problema, il dottor Roberto Ferro e il suo staff hanno indirizzato una parte delle energie dell’Unità Operativa di Odontoiatria verso un obiettivo ancor più ambizioso: la dimostrazione che un’ortodonzia di comunità è possibile. Grazie ad un modello innovativo e ad un’organizzazione ottimale, il reparto riesce ad oggi a curare oltre 200 casi l’anno di malocclusioni dentali nei piccoli pazienti dell’Ulss, regalando un sorriso “normale” a bimbi ed adolescenti che si presentano con malocclusioni esteticamente “invalidanti”. Dottor Ferro, perché ritiene centrale la cura delle malocclusioni dentali nei bambini per il benessere generale dell’individuo? “Visto che il termine salute non indica semplicemente l’assenza di malattia, ma anche uno stato di benessere psicologico, un bel sorriso dà benessere al singolo. Detto questo, nella popolazione è aumentata in modo esponenziale negli anni l’esigenza di correggere
le malocclusioni, e noi ci siamo attrezzati per dare anche questo servizio. Ovviamente, come sempre capita, non ci è possibile soddisfare per intero la richiesta, anche alla luce dell’enorme mole della domanda”. Avete quindi dovuto risolvere il problema della selezione dei soggetti da curare. Come avete affrontato la questione? “La questione che ci si è posta è stata quella di selezionare i soggetti nell’ambito di criteri di trasparenza. Abbiamo quindi creato un modello di assistenza ortodontica, definito ortodonzia di comunità, che sceglie i soggetti cui erogare la cura in base a dei criteri ben precisi: 1. la gravità della malocclusione 2. la situazione socio economica familiare 3. la composizione del nucleo familiare Tra le malocclusioni che noi valutiamo come “gravi” ci sono i cosiddetti denti a coniglietto, la presenza di denti inclusi e il sorriso dei bambini detti barbini, che hanno gravissimi affollamenti per cui il sorriso risulta compromesso in maniera talmente evidente da risultare invalidante”.
L’ulss 15 è l’unica nel Veneto ad offrire questo servizio: il vostro modello potrebbe trasformarsi in linee guida per altre Ulss? “La valenza del nostro modello è confermata dal fatto di essere stato pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica internazionale. Posso inoltre anticipare che è stato ripreso in parte dalla Regione nell’ambito della nuova formulazione dei livelli regionali di assistenza in odontoiatria, che dovrebbero a breve uscire in forma ufficiale”. Quali sono le prospettive anche in vista dei tagli alla sanità che si profilano in tutti i settori? “Noi curiamo i pazienti a rischio che il privato non si prende in carico, curiamo i bambini e in generale quelli che non possono permettersi una cura presso i colleghi esterni. Grazie al nostro impegno per la prevenzione della carie, facciamo crescere dei bambini con bocche sane, diminuendo i costi sociali e sanitari della malattia, come dimostrano i dati del monitoraggio che conduciamo annualmente. Già adesso siamo in affanno, ma il fatto che oltre ad essere dei sanitari professionalmente competenti siamo anche soggetti che spendono al meglio i soldi
Arriva per tutti i genitori che hanno concesso ai figli l’uso del ciuccio: è il momento di dire basta. C’è chi dice a 3 anni, chi a 4, chi arriva a 6, ma quasi sempre il suo uso, così come l’abitudine di mettere il dito in bocca, è associato al grande calderone dei “vizi”. “Abitudine viziata l’uso del ciuccio? - commenta il dottor Ferro – Io non amo molto questa connotazione moralistica. Pensiamoci: già nella pancia della mamma i bambini appaiono con il dito in bocca. Non è un vizio, casomai possiamo definirla un’abitudine nociva, nel senso che potrebbe portare a dei danni”. Ma allora quando e come è meglio smettere? “Secondo il mio parere – continua lo specialista – se un bambino ciuccia moderatamente, è la mamma che deve decidere quando e come togliere un’abitudine che, ricordiamolo, regala benessere psicologico al bambino. Secondo me non vanno date regole ferree, e bisogna sempre chiedersi se si preferisce un bambino irrequieto e nervoso o un bambino appagato”. Anche in questo, insomma, ci vuole misura. La misura perfetta non esiste, ma l’ideale, per prevenire una malocclusione, sarebbe smettere l’abitudine di ciucciare (dito o ciuccio che sia) prima della permuta dei denti, ricordando che per cominciare a modificare la posizione dei denti servono almeno sei ore continuative al giorno, quelle necessarie anche all’apparecchio ortodontico per iniziare a portare dei risultati. Detto questo, vanno presi in considerazione i singoli casi, e valutato anche il carattere del bambino. “Io ai miei piccoli pazienti e alle loro mamme dico che sarebbe opportuno buttar via il ciuccio o smettere di succhiare il dito perché, come già detto, non è automatico che il succhiamento comporti una malocclusione – spiega Ferro – ma non ne faccio un dramma. Purché non diventi una nevrosi ossessiva, che richiede di intervenire in altro modo”.
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ODONTOIATRIA
delle tasse dei propri concittadini, qualifica ulteriormente il nostro ruolo”.
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Tornando alla cura delle malocclusioni, qual è l’eta giusta per iniziare un trattamento ortodontico? “Il trattamento non inizia quando il paziente entra nello studio dentistico: c’è in effetti un timing ideale per ciascun paziente, che dipende dal tipo di malocclusione. Ci sono problemi che vanno intercettati già nella dentatura decidua, altri per cui è opportuno attendere che siano permutati tutti i denti”. Ci sono delle precauzioni da prendere quando il bimbo è ancora piccolo
per prevenire o attenuare eventuali difetti futuri? “La dentatura decidua permette di individuare molti dei problemi che si svilupperanno nel prosieguo, normalmente accentuandosi, ed esistono alcuni tipi di malocclusioni che possono già essere intercettati. Sarebbe consigliabile interrompere alcune abitudini nocive come il succhiamento (vedi box “Ciuccio sì ciuccio no”) prima della permuta dei denti, per evitare la comparsa di malocclusioni, anche se va detto che tali difetti sono legati non solo alle abitudini e quindi a fattori ambientali, ma anche e soprattutto a fattori genetici e quindi inevitabili”. Quali sono le caratteristiche che
Unico diktat: lavarsi i denti!
definiscono un trattamento ortodontico ottimale? “Il trattamento deve essere: efficace, e quindi tutto ciò che facciamo deve conseguire il risultato che il medico si è preposto; efficiente, per cui deve raggiungere il risultato nel minor tempo possibile (in media 2 anni); e pesare il meno possibile sul bambino e sulla famiglia. Mi soffermo su quest’ultimo punto perché il costo del trattamento non è solo quello prettamente economico: ci sono da considerare gli spostamenti tra casa e studio medico, c’è il peso psicologico per la famiglia che deve seguire il bambino e per il bambino stesso. Tutto questo si traduce, per noi, nella necessità di fare tutto e bene nel più breve tempo possibile”.
I consigli per la salute dei denti del bambino arrivano da ogni parte, così come i rimproveri per le abitudini viziate che possono rovinare il sorriso e la masticazione. Il dottor Ferro, che sull’argomento carie ha fondato gran parte della sua ricerca e ha di recente pubblicato un libro sul tema, riassume in un sola raccomandazione la ricetta per conservare dei denti perfetti: lavarsi i denti due volte al giorno con un dentifricio al fluoro. Può sembrare banale, ma funziona, parola di Ferro. “Questo sistema – afferma il medico odontoiatra - salva la stragrande maggioranza dei bambini dalla carie”. In aumento costante fino al 1970, la patologia è diventata endemica con la comparsa dei carboidrati complessi nella dieta, per poi tornare ai bassi livelli storici con l’introduzione dei dentifrici fluorati. “La carie – sostiene Ferro - è una malattia stupida: ci abbiamo messo 20 anni a capire che semplicemente con spazzolino e dentifricio potevamo combatterla efficacemente. E ora anche da noi abbiamo valori di prevalenza molto bassi, con una sacca di resistenza in un sottogruppo di popolazione in cui i bambini non hanno abitudini e stili di vita consoni”. I cambiamenti nella comparsa della carie hanno influenzato anche l’attività di prevenzione nelle scuole dell’Unità Operativa di Odontoiatria dell’Ulss 15, che è rimasta molto intensa, ma ha cambiato target. “All’inizio – spiega Ferro – lavoravamo con i bambini delle scuole elementari, ora invece andiamo nelle scuole dell’infanzia, perché è proprio durante questi primi anni che i bambini acquisiscono i comportamenti che poi manterranno per il resto della loro vita e su di loro cerchiamo di portare il giusto imprinting”. Lo staff dell’Unità Operativa (al momento 5 medici odontoiatri di cui 3 a tempo parziale e 3 igienisti dentali) si reca di persona nelle scuole materne, riuscendo a controllare la dentatura di circa 8000 bambini nell’arco di 3 anni: questo significa che tutti i bambini dell’Ulss 15 vengono visti gratuitamente prima dell’ingresso alle scuole primarie e che a tutti viene insegnato come, quando e perché lavarsi i denti. “Questo tipo di attività – conclude Ferro - ci permette di mantenere bassi gli indici di prevalenza della carie. Si tratta di valori ormai stabili da una decina d’anni e che difficilmente riusciremo a migliorare”.
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CHIRURGIA ESTETICA Chirurgia estetica del seno: mastoplastica additiva
del torace, consistenza del tessuto mammario, forma del seno, spessore cutaneo), ma anche le sue aspettative. L’intervento va ripetuto nel tempo? Per quanto riguarda la durata dei risultati ottenuti nel tempo, la sostituzione chirurgica delle protesi con nuovi impianti va presa in considerazione in un arco temporale molto lungo, salvo i casi di rottura casuale o accidentale della protesi.
Publiredazionale a cura dell’Agenzia “Europa ‘92”
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Aumentare il volume del seno
Dott. Miccolis, ma sottoporsi ad un intervento di mastoplastica additiva comporta dei rischi? Oltre ai vantaggi che ne derivano, è corretto parlare anche dei rischi
Intervista al Dottor Domenico Miccolis, Chirurgo Plastico Estetico presso la clinica Hospitadella. Lara Scolaro La mastoplastica additiva è un intervento ampiamente diffuso e conosciuto sia sotto il piano tecnico, che sotto quello culturale. Il motivo di questa diffusione è da ricercarsi nell’importanza che il seno riveste per la donna, la quale spesso lega questa parte del suo corpo al concetto di femminilità. Il seno, oltre a conferire un’identità femminile, rappresenta in tutte le culture un organo carico di simbologia, rassicurante per la sua funzione di allattamento ed emblema di sensualità. Abbiamo parlato di questo argomento con il dott. Domenico Miccolis, Chirurgo plastico estetico presso la clinica Hospitadella. Cosa spinge una donna a sottoporsi a questo intervento? Le motivazioni che portano di solito le donne a sottoporsi ad un intervento di mastoplastica additiva sono la presenza di seni troppo piccoli, di differenti dimensioni o svuotati e cadenti a seguito di gravidanza, cali ponderali del peso o semplicemente per l’età (in questi
casi all’intervento di mastoplastica additiva si può associare quello di mastopessi). In cosa consiste questo intervento chirurgico? Grazie all’intervento di mastoplastica additiva il volume delle mammelle viene aumentato per mezzo dell’impianto, sotto alla ghiandola mammaria o sotto al muscolo pettorale, di opportune protesi costituite da materiale biocompatibile di consistenza simile a quella di un seno naturale e di varia forma (rotonda o anatomica). Solitamente il volume delle protesi è uguale, ma nei casi di evidente differenziazione del volume mammario possono essere impiantate protesi di volume diverso. L’intervento viene eseguito, dipende dai casi, in anestesia locale con sedazione oppure in anestesia generale e consiste in una incisione cutanea di pochi centimetri a livello del solco mammario o lungo il margine inferiore dell’areola o nel cavo ascellare. Viene quindi allestita una tasca al di sotto della ghiandola o del muscolo pettorale dove vengono posi-
zionate le protesi. Successivamente viene fatta la sutura cutanea, i cui punti verranno rimossi dopo una settimana circa. Quali sono le accortezze da seguire nel periodo post operatorio? Dopo l’intervento sono necessari alcuni giorni prima di tornare alle normali attività quotidiane, mentre è bene evitare l’attività fisica per almeno le prime due settimane dopo l’intervento e fare attenzione, nel mese successivo, a tutti gli stress che riguardano la regione dei muscoli pettorali. I risultati estetici sono evidenti, ma ci sono anche risvolti psicologici? I risultati dell’intervento di mastoplastica additiva saranno un seno più pieno e modellato con il conseguente aumento di autostima e fiducia in sè per le persone che hanno sentito la necessità di sottoporsi a questo intervento. È importante, infatti, per ottenere il risultato voluto, valutare preventivamente non solo le caratteristiche della paziente (ampiezza
che sono collegati a questo tipo di intervento. Una delle evenienze che si può verificare è costituita dalla cosiddetta formazione della capsula periprotesica: si tratta dell’ispessimento del rivestimento connettivale che l’organismo forma attorno alla protesi. Ciò può comportare un indurimento del seno e un aumento della tensione delle mammelle oltre che alterazioni della forma e della simmetria, specie se il fenomeno interessa una sola delle due mammelle. Questo rischio si valuta in circa il 5% dei casi che utilizzano protesi con superficie ruvida ed è minore quando la protesi viene posizionata sotto il muscolo pettorale. Se la
retrazione è di grado marcato, è opportuno sottoporsi ad un intervento correttivo. In ogni caso rivolgendosi ad un chirurgo plastico professionista vengono minimizzati i rischi legati all’intervento. A proposito di rischi, complice il momento economico, si registra una tendenza crescente ad affidarsi al ritocco estetico più economico. È una buona scelta? È necessario prestare attenzione: scelte di questo tipo possono rivelarsi pericolose, oltre che dal punto di vista estetico, anche per la nostra salute. Qualsiasi tipo di intervento chirurgico o in genere di trattamento medico chirurgico deve ottemperare a dei requisiti di qualità fondamentali. Mi riferisco a standard di qualità che devono essere eccellenti in termini di miglior assistenza medico professionale, migliori tecniche e tecnologie adoperate, migliori materiali impiegati, strutture ospedaliere autorizzate, dove gli interventi vengono eseguiti da professionisti adeguatamente preparati, e tanto altro ancora. Questo significa garanzia e sicurezza per la salute dei pazienti. A volte offerte particolarmente convenienti celano pericoli, che possono rivelarsi anche gravi per la nostra salute, poiché a fronte di costi vantaggiosissimi, questi standard vengono disattesi. A tal riguardo anche la tendenza a rivolgersi all’estero, soprattutto a strutture in paesi tipicamente low cost, risulta molto pericolosa; basti pensare che, dopo aver effettuato l’intervento ed essere tornati in Italia, i pazienti non hanno alcuna assistenza. Preferire il nostro Paese rappresenta una scelta basata sui valori quali la garanzia e la sicurezza della salute.
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MINIOLIMPIADI DELLA DISABLITA’ Grantorto: le MiniOlimpiadi della disabilità
la loro impronta, e per me riuscire a portarli qui a Grantorto è stato un traguardo importante, che mi è stato confermato da molti cittadini che sono usciti arricchiti dalla giornata”. Oltre alle discipline olimpiche era presente un laboratorio di manualità, che ha offerto ai “non sportivi” la possibilità di esprimere le
proprie doti creative. Un’avventura da riproporre? “Sicuramente l’anno prossimo ci saremo con un’altra manifestazione – garantisce Gentilin -. Non riproporremo le Olimpiadi, perché quelle si fanno ogni 4 anni, ma a breve sceglieremo il tema, che potrà essere sportivo, artistico o culturale”.
L’importante sarà, nel 2014 come nel 2013, riportare i disabili al centro. “Vogliamo che non si abbassino mai i riflettori sulla disabilità– conclude l’assessore Tonietto - . L’obiettivo è quello di formare un’associazione che possa riunire i disabili locali per farli uscire di casa e stare con gli altri”.
Lo screeening per tutti 16
Tutti uguali, nello sport e oltre Oltre 500 atleti si sono sfidati negli impianti sportivi di Grantorto A cura della redazione Un Comune di nemmeno 5000 abitanti che riesce a richiamare 500 atleti, disabili e normodotati, per la prima edizione delle Mini Olimpiadi della disabilità: sembra una delle dodici fatiche di Ercole, ed in parte lo è stata, ma altrettanto grande, per gli organizzatori, è stata la soddisfazione e la commozione nel vedere tanti ragazzi, diversamente abili e non, sfidarsi sul terreno dello sport. “Siamo tutti uguali” è stato e rimarrà il motto di Giosuè Gentilin, l’ideatore di questa manifestazione, nonché fiero portavoce della costituenda associazione per disabili del Comune di Grantorto. “Questa manifestazione – spiega Giosuè – è nata proprio con lo scopo di creare un’associazione che si dedichi ai disabili, con iniziative legate allo sport e non solo. L’idea l’ho avuta per reazione ad alcune disavventure personali, che mi hanno fatto capire la necessità di lavorare sui ragazzi normodotati per aiutarli ad interagire con le persone disabili, per costruire un rapporto normale. La discriminazione è brutta e dobbiamo combatterla. Questa manifestazione
è stato solo la prima di una serie di iniziative che porteremo avanti nei prossimi anni”. Con l’indispensabile sostegno della vulcanica Elena Tonietto, assessore ai servizi sociali del Comune guidato dal sindaco Luciano Gavin, sono così nate le Mini Olimpiadi del 18 e 19 maggio 2013. Una festa dello sport, con disabili e normodotati a sfidarsi sugli stessi campi in diverse discipline olimpiche, tra cui il tennis, il tiro con l’arco, il tennis tavolo, la Con la maglietta blu, Cecilia Camellini corsa campestre, l’hockey, il e Giosuè Gentilin ciclismo, il basket, il judo e la scherma. giornata è stata Cecilia Camellini, “Queste giornate –ci spiecampionessa di nuoto alle paralimga l’assessore Tonietto – hanno piadi di Londra. Ma c’erano anche dimostrato a tutti i presenti che il Marco Pusinich, Francesco Betteldisabile può dare tantissimo, anche e la, Alvise de Vidi, Valeria Zorzetto, soprattutto nello sport. A farlo capire e atleti normodotati come Paolo ancor meglio ai nostri ragazzi sono Venturini e Giulia Tessari, oltre intervenuti tanti atleti paralimpici, che hanno incontrato gli alunni delle all’intera squadra di basket universitaria per atleti con disabilità scuole medie di Gazzo e Grantormotorie, che si è scontrata contro to, parlando delle loro difficoltà e la Millennium Basket di Padova. trasmettendo nel contempo la loro “Da questi atleti– ha commentato forza”. Giosuè Gentilin – bisogna imparare come si vive. Sono riusciti a lasciare Un nome per tutti: madrina della
Nella prima giornata delle Olimpiadi, il Comune di Grantorto ha ospitato presso gli impianti sportivi anche la “Mattinata dello screening”, con la possibilità per tutti i cittadini di sottoporsi ad una visita di controllo effettuata da alcuni specialisti dell’Ulss 15. “L’azienda sanitaria – commenta Elena Tonietto, assessore ai servizi sociali del Comune di Grantorto – ci ha sostenuto molto in questa iniziativa, voluta per offrire gratuitamente uno screening sanitario ai nostri cittadini”. Quattro i medici presenti: il dottor Giuseppe Idotta, primario del dipartimento Area Specialistica Medica dell’Ulss 15, che si è occuL’assessore ai servizi sociali Elena Tonietto con pato dello screening Giosuè Gentilin del respiro a mezzo spirometria; il dottor Roberto Busana, oculista del presidio ospedaliero di Cittadella, per lo screening del glaucoma con misurazione della pressione intraoculare, del visus e della regrazione; il dottor Tiso Tomasello, responsabile della geriatria di Cittadella, per il controllo dell’indice di massa corporea, e le dottoresse Francesca Faresin (responsabile di Angiologia e Diagnostica Vascolare) e Francesca Franz (medico di chirurgia vascolare) per lo screening dell’aorta addominale e dei tronchi Un momento dello screening a Grantorto sovraortici.
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DERMATOLOGIA Cosa fare e cosa non fare per evitare di aumentare il rischio di melanoma con l’esposizione al sole
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che hanno precedenti familiari di melanoma e che presentano nei a margine irregolare e colorito scuro e non omogeneo. Questi individui necessitano di controlli dermatologici più frequenti (6-8 mesi)”.
Sole: consigli per l’uso
Pelle e sole: prevenzione a 360° Intervista alla dottoressa Elvira Benazzato, dermatologo presso l’Ulss 15 Alta Padovana. Chiara Bonan
La prevenzione del melanoma La pelle è il nostro “scudo” con l’esterno: ci ripara, ci protegge, ma fa anche da filtro per la maggior parte degli attacchi che possono essere nocivi per l’organismo. Questa sua funzione di avamposto la rende particolarmente sensibile: per questo è necessario da una parte prestare attenzione a quei segnali che possono rappresentare l’inizio di una patologia importante, dall’altro non sottovalutare le azioni che compiamo quotidianamente e che possono metterne a rischio la salute. Con Elvira Benazzato, dermatologo presso l’ulss 15 Alta Padovana, abbiamo parlato di entrambi gli aspetti: la prevenzione del melanoma, un tumore maligno della cute che origina dalle cellule incaricate della sintesi della melanina che dà il colore alla pelle, e la cura della pelle nella stagione estiva, quando maggiore è l’esposizione al sole con tutte le sue conseguenze positive e negative. Il melanoma è al terzo posto nelle neoplasie maligne a più frequente insorgenza entro i 44 anni di età, e
viene spesso ribadito come l’unica arma veramente efficace nella cura di questa malattia sia la prevenzione e la diagnosi precoce. Dottoressa, lei con quale frequenza consiglia di effettuare un esame completo della pelle per valutare i propri fattori di rischio per lo sviluppo di melanoma? “E’certamente consigliabile una visita specialistica periodica (solitamente a cadenza annua) per le persone che presentano una pelle chiara e con parecchi nei, ma ancora più importante è l’auto-ispezione, che consiste in un controllo frequente, anche davanti ad uno specchio, della propria superficie cutanea”. Quali sono i segni a cui prestare particolare attenzione? “L’obiettivo è verificare che non ci siano nuovi nei o chiazzette eritemato-squamose prima non presenti e di cui non si conosce la natura; non bisogna mai sottovalutarle, e quando le si nota, è importante rivolgersi nuovamente allo specialista per una corretta diagnosi Un neo a rischio o neo “atipico” presenta margini e colore irregolari, qualche volta può provocare prurito (ma
non sempre), può derivare dalla trasformazione di un pre-esistente nevo o essere di recente comparsa. Si raccomanda di controllare anche il palmo delle mani e la piante dei piedi, così come le mucosa orale e genitale”. E’ consigliabile l’asportazione dei nei a rischio dopo accurata valutazione clinica? “In caso di presenza di nei atipici è sempre prudente procedere all’asportazione chirurgica e al successivo esame istologico per avere una conferma della diagnosi. Se tale diagnosi è di “melanoma in situ” non è necessario alcun ulteriore trattamento non essendoci rischio di metastasi, diversamente il caso dovrà essere affidato all’oncologo per le cure più appropriate”. Avere tanti nei significa essere più a rischio di sviluppare un tumore della pelle? “Presentare parecchi nevi non significa necessariamente essere più a rischio di melanoma, purché abbiano margine regolare e colore chiaro ed uniforme, come accade per le persone che hanno la pelle molto chiara. Sono invece a rischio quelle
La ricerca ha dimostrato che il melanoma colpisce con maggiore frequenza i soggetti con fototipo 1 e 2: carnagione chiara e lentiggini, capelli rossi o biondi. Questi stessi soggetti sono maggiormente predisposti a “scottarsi” quando si espongono al sole, e difficilmente riusciranno ad abbronzarsi. Tra gli altri fattori di rischio per lo sviluppo del melanoma, oltre alla presenza di nei di forma irregolare e la familiarità per la malattia, gli specialisti indicano anche un’esposizione eccessiva al sole e uno storico di scottature solari, specialmente se riportate nell’infanzia. E’ evidente, dunque, che una corretta esposizione ai raggi
solari rappresenta un’indicazione fondamentale in un programma di adeguata prevenzione della patologia tumorale. Dottoressa, partiamo da questo concetto per parlare dei principi di una corretta esposizione ai raggi solari nei mesi estivi, quando la pelle viene improvvisamente esposta a raggi solari più “violenti” per tempi lunghi. Quali sono i rischi di un’eccessiva esposizione al sole? “Premesso che la luce solare ha effetti benefici sull’uomo, con aumento del tono dell’umore, sensazione di benessere, stimolazione dell’osteogenesi ed anche effetti terapeutici per alcune patologie cutanee come psoriasi e acne, va detto e ripetuto che l’esposizione eccessiva e/o continuata provoca effetti dannosi come ustioni, foto-invecchiamento e cancerogenesi”. Quali sono allora i consigli da
dare a chi sta partendo per le vacanze o si espone al sole in terrazzo o in giardino? “E’ importante evitare l’esposizione al sole nelle ore centrali della giornata che sono di massima irradiazione (tra le ore 12 e le 16), fare uso di fotoprotezione idonea al proprio fototipo, da applicare in modo uniforme e frequente anche se il cielo è nuvoloso; non tralasciare poi l’idratazione dopo l’esposizione. Fondamentale è la fotoprotezione per i bambini, che hanno la pelle più sottile e sensibile di quella degli adulti: le ustioni solari nei bambini possono essere causa di melanoma nell’età adulta. L’eccessiva esposizione ai raggi solari può determinare un aumento del numero dei nei, oltre a un rischio di una loro trasformazione. E’ necessario perciò proteggere, con topici fotoprotettivi, non tanto i singoli nei quanto tutta la cute”.
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TURNI DI GUARDIA FARMACEUTICA NOTTURNA E FESTIVA AZIENDA ULSS N° 15
Orario di apertura delle farmacie: da Lunedì a Venerdì dalle ore 9,00 alle 12,30 e dalle ore 15,45 alle 19,30; Sabato dalle ore 9,00 alle 12,45 N.B.: - I Turni iniziano all’orario di chiusura del Venerdì
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Per ridurre le possibili conseguenze e mantenere al meglio la funzionalità della spalla e’ dunque consigliabile seguire due semplici regole: 1. svolgere un’attività fisica che vada a compensare eventuali sovraccarichi della muscolatura anteriore legati al lavoro o ad attività sportiva 2. in caso di disturbi, rivolgersi subito al medico di medicina generale, allo specialista o ad un fisioterapista che siano esperti della spalla per un’accurata valutazione funzionale ed un piano di riabilitazione personalizzato.
DOLORE ALLA SPALLA. Esiste ancora il termine PERIARTRITE?
I benefici di una valutazione e cura precoce nei dolori alla spalla FISIO&SPORT Poliambulatorio Specialistico - Riabilitazione Ortopedica Traumatologica Stradale & Sportiva Publiredazionale a cura
dell’Agenzia “Europa ‘92”
Il trattamento conservativo e’ efficace nel 60-70% delle lesioni di cuffia. chirurgo ortopedico esperto della spalla.
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Il termine “PERIARTRITE SCAPOLO OMERALE” significa “infiammazione intorno alla spalla”: si tratta di una diagnosi generica per descrivere un disturbo che colpisce in particolare la popolazione di età compresa tra i 40 e i 70 anni (lavoratori che utilizzano l’articolazione della spalla in modo continuativo, ma anche casalinghe e sportivi). Il 40% dei pazienti con lesione della cuffia dei rotatori, che di frequente è bilaterale, non ha mai svolto attività fisiche impegnative; il 50% nemmeno ricorda un evento traumatico. L’articolazione della spalla, costituita da 3 ossa e da una serie di muscoli e tendini che le uniscono, è tra le più mobili ed utilizzate del nostro corpo: grazie ad essa compiamo tutti i movimenti e le rotazioni del braccio e della mano. La funzione dell’arto superiore, così come l’uso della mano, sono regolate dall’equilibrio e dal bilanciamento del complesso articolare. I muscoli che ne permettono il movimento (cuffia dei rotatori) hanno la funzione di stabilizzare l’articolazione e di creare un movimento nello spazio. E’ importante quindi sia la quantità che la qualità del movimento.
SINTOMI Il dolore si presenta principalmente di notte, associato o meno a rigidità nel movimento. Il paziente presenta un deficit di forza nel braccio e frequentemente, se la patologia viene trascurata, presenta anche una sintomatologia cervicale. Si evidenzia sempre discinesia scapolo-toracica e scapolo-omerale, con movimenti a scatto della scapola. PATOLOGIE Le patologie che più di frequente causano tali sintomi sono: – CAPSULITE ADESIVA (rigidita’ articolare per cause degenerative, post traumatiche, metaboliche - diabete, tiroide - post chirurgiche) – ARTROSI (soprattutto dopo i 60 anni) – LESIONI della CUFFIA (sovraccarico funzionale conseguente a squilibrio muscolare e microtraumi per attività lavorative e/o sportive ripetute) – INSTABILITA’ (congenite o acquisite, iperlassità) – FRATTURE (in seguito a traumi) – CALCIFICAZIONI PERIARTICOLARI (per patologie infiammatorie perpetuate e sovraccarichi tendinei)
– PATOLOGIA BICIPITALE VALUTAZIONE
La valutazione costituisce la prima fase della cura. Il medico di Medicina Generale effettua la prima diagnosi e può richiedere, a discrezione, un’indagine diagnostica; l’ortopedico effettua la diagnosi clinica e indirizza il paziente verso il trattamento chirurgico e/o riabilitativo; il fisioterapista effettua la valutazione funzionale per impostare il trattamento terapeutico e rieducativo. Nel 60-70% delle lesioni di cuffia trova indicazione clinica e funzionale il trattamento conservativo/riabilitativo: è dunque fondamentale affidarsi a programmi rieducativi razionali e mirati verso una patologia precisa e con una clinica definita da un
RIABILITAZIONE Obiettivi della riabilitazione: 1. RIDURRE dolore e infiammazione attraverso le terapie fisiche (laserterapia, tecarterapia,...) 2. RECUPERARE L’ARTICOLARITA’ 3. RIEQUILIBRARE L’ELASTICITA’ della struttura capsulo -legamentosa 2. RIEDUCARE la funzionalità muscolare e l’equilibrio scapolo toracico Metodi: 1.Mobilizzazione manuale e auto-assistita dei cingolo scapolare e dei muscoli gleno-omerali ed esercizi di stretching 2.Propriocettivita’ e coordinazione neuromuscolare. Ripristino della forza riportando il paziente ad un controllo cosciente dell’articolazione. 3.Miglioramento della funzione del braccio durante l’attività quotidiana sia essa lavorativa e/o sportiva 4.Ripristino di forza e resistenza.
PREVENZIONE L’importanza della prevenzione di un intervento precoce è fondamentale per evitare patologie complesse o rigidità. Quando si soffre di dolori alla spalla e’ molto importante chiedere subito una valutazione specialistica:
aspettare troppo tempo può comportare un’ulteriore degenerazione del tendine già compromesso, che potrebbe arrivare a rompersi, con tempi e costi di cura molto più ingenti sia per il paziente che per il SSN, senza contare i relativi disagi per la persona nella quotidianità lavorativa, sportiva e di relazione.
Il POLIAMBULATORIO FISIO&SPORT di Cittadella tratta le patologie della spalla di qualsiasi origine. Lo studio prende in carico il paziente dalla prima valutazione all’impostazione del programma riabilitativo fino al suo completo recupero. Il centro si avvale di un TEAM di SPECIALISTI e collabora anche con diversi professionisti esterni al fine di raggiungere il miglior beneficio di cura del paziente. FISIO&SPORT si occupa inoltre di recupero motorio funzionale del ginocchio, della mano, dell’anca, del gomito, della colonna, del polso e della caviglia. Gestione dei Politraumi. Si avvale delle tecnologie più avanzate: Laserterapia HILT, Tecarterapia, ONDE D’URTO, Ultrasuonoterapia, Magnetoterapia con noleggio domiciliare, TENS, SIT. Rieducazione professionale con il supporto del dinamometro ISOCINETICO Biodex System4, Gait Trainer, Pedana Stability propriocettiva, Upperbody impostando RIEDUCAZIONE FUNZIONALE, CORE STABILITY, RIEDUCAZIONE VERTEBRALE e POSTURALE. Kinesiotaping e Trattamenti MANUALI: manipolazioni vertebrali HVLA, mobilizzazioni articolari, massoterapia distrettuale, Linfodrenaggio manuale Vooder, Trattamenti miofasciali.
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ENDOMETRIOSI Una patologia che colpisce il 10% delle donne: diagnosi e cure
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con la progressione della malattia, estendendosi ai periodi fuori del ciclo, ai rapporti, alla defecazione, alla minzione, per poi diventare un dolore pelvico cronico. Il principale sintomo di questa malattia è proprio il dolore, che viene riferito dal 65 % della donne che hanno una endometriosi. Il dolore spesso si associa a stanchezza ed inefficienza”. Quante donne soffrono di questo disturbo? “176 milioni di donne nel mondo soffrono di endometriosi, indipendentemente dalla loro razza o condizione socio-economica. Si calcola che ne soffra una percentuale compresa tra il 6% e il 10% in età fertile, e che 2/3 di queste abbia meno di 30 anni”.
Endometriosi: il dolore in rosa
A colloquio con Laura Favretti, primario di ginecologia dell’ospedale di Cittadella, Ulss 15 Alta Padovana.
Chiara Bonan L’endometriosi è una patologia che può incidere in maniera fondamentale nella vita di tutti i giorni, arrivando a diminuire la produttività della donna e trasformandosi in un pensiero fisso oltre che in un ostacolo reale per un’eventuale gravidanza. Il principale sintomo, riferito dal 65% dei soggetti, è il dolore. Un male che arriva in corrispondenza con il ciclo mestruale, dell’ovulazione, talvolta anche con la defecazione e con i rapporti sessuali e può estendersi a tutto il mese, diventando un insopportabile dolore cronico. Non se ne parla spesso, e capita di sentirlo liquidare, da profani e non, come disturbo “psichico”: niente di più sbagliato, come ci ha spiegato la dottoressa Laura Favretti, che dirige il reparto di Ostetricia e Ginecologia del presidio ospedaliero di Cittadella. Dottoressa Favretti, cos’è l’endometriosi? “L’endometriosi è la presenza di endometrio, un tessuto che normalmente riveste la cavità dell’utero, al di fuori di essa, in sedi ano-
male. Può localizzarsi nelle ovaie, dove assume l’aspetto di una cisti che per il suo contenuto di sangue denso viene definita cisti cioccolato; sul peritoneo, che riveste la cavità addominale e gli organi in essa contenuti; può anche interessare l’intestino, tra cui il retto è uno dei tratti più frequentemente coinvolti, la vescica, la vagina, i legamenti posteriori di sostegno dell’utero e anche sedi extraaddominali”. Quali conseguenze comportano questi tessuti che proliferano in
sedi anomale? “I focolai di endometriosi sanguinano in risposta agli stimoli ormonali e creano una reazione infiammatoria con formazione di tessuto cicatriziale, con aderenze che attaccano gli organi e li infiltrano. Possono produrre anche una loro innervazione e tutto questo comporta dolore”.
Oltre al dolore ci sono altri sintomi che possono far pensare ad un’endometriosi accelerando la diagnosi? “Purtroppo la severità dei sinto-
Focolai di endometriosi con tessuto cicatriziale
mi non riflette la “quantità” della malattia. Molti non realizzano che i sintomi presenti possono essere segnale di endometriosi e questa mancanza di consapevolezza fa sì che la diagnosi e perciò il trattamento siano tardivi. Il ritardo medio dall’inizio dei sintomi alla diagnosi si aggira sui 7-10 anni e spesso la diagnosi finale avviene dopo aver consultato molti specialisti: la presenza di un dolore cronico invalidante e la difficoltà di evidenziare con i comuni mezzi diagnostici questi focolai fanno sì che spesso
Cisti “cioccolato” sulle ovaie
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Aderenze conseguenti a focolai di endometriosi
queste donne non siano credute e che si definisca psicogeno un dolore con origini ben diverse.”
Quando si presenta il dolore? “All’inizio può essere associato alla mestruazione o all’ovulazione, ma tende ad aumentare nel tempo,
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Quindi va a finire che la donna è costretta a convivere per quasi un decennio con dolori che influenzano in modo determinante la qualità della vita, venendo anche bollata come “problematica”? “Sì, assolutamente: il 73% delle donne ritiene di non essere creduta, e addirittura il 41% di non essere creduta nemmeno dai medici. Il dolore, che rimane il sintomo dominante in questa patologia, ha un grande impatto sulla qualità di vita delle donne, con una riduzione delle attività lavorative, ma anche di quelle non lavorative, come lo studio, l’attività fisica e la cura della famiglia. Il 92% delle donne ritiene che le loro vite siano dominate dai sintomi della malattia! Il dolore purtroppo è un sintomo difficile da quantificare e da misurare con i normali strumenti diagnostici, come gli esami del sangue e le indagini strumentali, e quando il paziente non è creduto alla malattia viene negata la voce con cui esprimersi.” Qual è la corretta procedura diagnostica? “Il primo passo verso la diagnosi è credere alla donna che riferisce dolore, anche se dal punto di vista clinico non si trovano dati patologici. La diagnosi è possibile solo se la malattia viene sospettata: una accurata storia del decorso del dolore, della sua insorgenza e della sua evoluzione nel tempo permetteranno di cercare con la visita e con strumenti come ecografia o risonanza magnetica la presenza dei focolai nelle zone dove più frequentemente si localizzano. Possiamo dire che la diagnosi di questa malattia è prima di tutto clinica. Talvolta si rende comunque necessario ricorrere ad un esame invasivo, come la laparoscopia, che permette di vedere gli impianti nella cavità addominale e di confermare con l’esame istologico la loro natura. Una volta posta il sospetto o la diagnosi della malattia è necessario trattarla, perché il dolore è un sintomo molto invalidante e non è possibile conviverci”.
Esiste un trattamento definitivo? “Non esistono attualmente terapie che curino definitivamente l’endometriosi, né terapie che arrestino il progredire della malattia. Le cure mediche ormonali consistono nell’induzione di una menopausa chimica o di un’assenza di sanguinamento e curano il sintomo dolore nel 60-70% dei casi: alla sospensione del trattamento il sintomo si ripresenta. L’unica possibilità di eliminare la malattia è asportare chirurgicamente tutti i focolai: l’intervento è effettuabile in laparoscopia nel 90% dei casi e il rischio di recidiva, che va dal 20 al 30%, dipende dalla radicalità dell’intervento chirurgico. Le finalità della cura sono la terapia del dolore, della sterilità e delle complicanze. E’ possibile effettuare sia una terapia medica che chirurgica o entrambe o, in caso di donne che manifestano pochi sintomi, anche nessuna terapia”. Quando è necessario operare? “Se ci sono complicanze, come la stenosi (il restringimento) degli ureteri con sofferenza renale o la stenosi di un tratto dell’intestino con rischio di occlusione. I sintomi anche in questo caso possono essere dolore o difficoltà improvvise alla defecazione, feci piccole specialmente durante la mestruazione e l’ovulazione oppure non esserci del tutto.” Quali sono le cause dell’endometriosi? “Ci sono varie teorie sulle possibili cause e una di questa è la teoria della mestruazione retrograda, per cui durante il ciclo mestruale le cellule che si sfaldano attraverso le tube raggiungerebbero la cavità addominale e in particolari situazioni si impianterebbero: tale teoria spiega molte delle localizzazioni dei focolai, ma non tutte, per cui sono state fatte anche ipotesi di fattori immunitari e genetici.” L’endometriosi può interferire con il concepimento?
“1/3 delle donne con endometriosi riferisce anche un problema di fertilità. La probabilità di fecondazione mensile in presenza di questa patologia va dal 2 al 10 %, contro il 15-20 % delle coppie fertili. Il rapporto tra endometriosi e fertilità non è ancora chiaro: sicuramente la malattia riduce le probabilità di procreazione sia attraverso fattori biologici, con la creazione a livello addominale di un ambiente sfavorevole alla fecondazione, sia attraverso fattori meccanici legati alle aderenze tra gli organi pelvici. Non dimentichiamo però che anche la chirurgia dell’endometriosi può avere effetti negativi sulla fertilità. Dopo un certo numero di tentativi, in base anche all’età della donna, se non si ottiene un successo è consigliabile pensare ad una fecondazione medica assistita.” -Questa patologia può essere collegata ad un rischio maggiore di cancro? “L’endometriosi rimane comunque una patologia benigna e il rischio di diventare un tumore, nel caso di una cisti ovarica, è presente ma molto basso, per cui non è sempre necessaria l’asportazione di tutte le cisti endometriosiche, specialmente se piccole o recidivanti.” Quali sono i controlli che lei consiglia alle donne? In che fascia d’età? “L’endometriosi colpisce le donne nell’età fertile, per cui è necessario che, in presenza di sintomi dolorosi come quelli che abbiamo decritto in questo articolo, le donne si rivolgano ad una struttura che abbia esperienza con questa patologia. Ancora troppo spesso i sintomi non sono riconosciuti o sottostimati e il trattamento sia medico che chirurgico risultano incompleti. È necessario aumentare la consapevolezza delle donne sulla malattia ed aiutarle a ricevere il trattamento corretto: un supporto importante può essere fornito dalle associazioni di donne che si occupano di questo problema e che sono in grado di fornire informazioni e consigli utili.”
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MALATTIE INFETTIVE Bimbi: come affrontare le malattie infettive dell’estate
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Il malanno arriva anche con il caldo Intervista alla dottoressa Giovanna Policicchio, direttore del reparto di pediatria, patologia neonatale e del nido dell’ospedale di Cittadella. Caterina Zarpellon
Le scuole chiudono e il lunghissimo inverno di quest’anno ha finalmente lasciato il posto alla bella stagione, ma per i genitori di bambini piccoli e di ragazzini in età scolare non è ancora giunto il momento di abbassare la guardia. Anche nel periodo primaverile ed estivo infatti i bimbi corrono il rischio di contrarre malattie infettive. Le più frequenti sono le gastroenteriti, la mononucleosi, la varicella e infezioni cutanee come l’impetigine. Patologie tutt’altro che infrequenti, e che in alcuni casi possono avere anche fastidiose complicanze. Per questo è importante, da parte delle famiglie, adottare le opportune precauzioni per scongiurare o comunque diminuire le probabilità di infezione. A fornire le nozioni basilari su questo tipo di patologie e alcune indicazioni pratiche per i genitori è la dottoressa Giovanna Policicchio, direttore del reparto di Pediatria, patologia neonatale e nido dell’ospedale di Cittadella. «Le malattie infettive rappresentano una parte importante del
nostro lavoro - spiega il medico -. Dei tanti bambini che giungono alla nostra osservazione per questo tipo di problema però, solo una piccola parte richiede il ricovero in ospedale. Fortunatamente le infezioni più comuni nell’età pediatrica sono dovute soprattutto a virus, che nella maggior parte dei casi hanno una evoluzione favorevole». Nel vostro reparto quali malattie infettive hanno richiesto l’ospedalizzazione nell’ultimo anno? “Nel 2012 sono stati ricoverati in totale 382 bambini. Le cause infettive erano bronchioliti (da VRS e altri agenti virali) ossigeno dipendenti, broncopolmoniti ossigeno dipendenti e complicate da versamento pleurico, gastroenterite con disidratazione, otomastoiditi, mononucleosi complicate, ascessi peritonsillari, sepsi-meningiti. Alcune categorie di pazienti sono a maggior rischio di complicanze; i neonati e i lattanti (fino ai sei mesi di età) possono infatti presentare più facilmente difficoltà di alimentazione e disidratazione in conseguenza di gastroenteriti o
malattie respiratorie. I bambini in età pre-scolare invece richiedono meno frequentemente l’ospedalizzazione e solitamente vengono ricoverati solo quelli con patologie batteriche e virali severe o complicate, come broncopolmonite con versamento, sepsi-meningiti e otomastoidite”. Avete stanze di isolamento? “Il nostro reparto dispone di due stanze di isolamento con filtro. Tutte le stanze sono attrezzate per l’erogazione di ossigeno”. Abbiamo detto che in primavera e in estate le malattie infettive più comuni sono gastroenterite, mononucleosi, varicella e impetigine, ossia infezioni cutanee. Quali sono le complicanze possibili e quali le precauzioni da adottare, in particolare in previsione della partenza per le vacanze estive? “Nel caso di gastroenteriti, la complicanza più frequente è la disidratazione: evenienza ancor più probabile durante il periodo estivo; questa può portare a conseguenze anche gravi se non adeguatamente riconosciuta e trat-
tata; nella maggior parte dei casi, tuttavia, l’utilizzo di soluzioni reidratanti/glucosaline somministrate lentamente può scongiurarne l’insorgenza. La mononucleosi è una malattia virale caratterizzata da esantema, faringite essudativa, linfoadenopatia ed epatosplenomegalia; si associa a spossatezza e per tale motivo è consigliato il riposo a casa e vanno evitati lunghi viaggi e trasferte. Tra le complicanze, la rottura splenica è una evenienza fortunatamente rara; tuttavia nei casi in cui si verifica splenomegalia (ingrossamento della milza), è opportuno evitare l’attività sportiva fino alla completa regressione del sintomo. Nel caso di varicella (malattie infettiva esantematica) le complicanze più importanti sono la sovrainfezione cutanea, la broncopolmonite batterica secondaria e la meningo-encefalite. Tipicamente estiva è anche l’impetigine, infezione batterica della cute che si presenta più frequentemente come complicanza in condizioni di alterata barriera cutanea. In tutti questi casi si consiglia, durante il periodo acuto di malattia, di evitare i viaggi, l’esposizione al sole e il contatto con altri soggetti per evitare il diffondersi del con-
tagio. Le misure di prevenzione più raccomandate sono il lavaggio delle mani e le normali pratiche igieniche. Alcune forme di gastroenterite e la varicella possono essere prevenute con la vaccinazione”. Le vaccinazioni in Veneto non sono obbligatorie, ma consigliate. Quali suggerimenti si possono dare ai genitori su questo fronte? “Malattie come la gastroenterite da Rotavirus e la varicella possono essere efficacemente prevenute con la vaccinazione. In linea generale le vaccinazioni da noi sono fortemente raccomandate perché assicurano una importante difesa contro malattie infettive gravi e potenzialmente mortali. Le reazioni avverse sono rare e si verificano con frequenza nettamente inferiore alle gravi complicanze delle malattie stesse. Normalmente il vaccino va rimandato solo in caso di febbre o diarrea, ma per alcuni tipi di pazienti (immunodepressi, pazienti neurologici la cui diagnosi è in via di definizione) l’opportunità e il momento della vaccinazione vanno valutati dal medico specialista”. Quali consigli darebbe ai genitori nell’inserimento del bambino alla vita di comunità? “Vaccinazione e frequenza scolastica normale”.
La vita in comunità (nido, scuola dell’infanzia, scuola elementare) può aumentare il rischio di epidemie di malattie ormai debellate? “La comunità infantile rappresenta il territorio in cui tutte le malattie infettive possono circolare e quindi diffondersi. Per quanto riguarda le malattie prevenibili con la vaccinazione la loro circolazione e diffusione è impedita se i bambini vengono vaccinati. Con il calo del numero dei bambini vaccinati l’effetto protettivo è destinato a ridursi nel tempo”! In vista delle vacanze, cosa consiglia ai genitori? E’ meglio portare i bimbi in posti “sicuri” o si può andare ovunque, con le dovute precauzioni? “Il termine “sicuro” è fuorviante per un genitore, perché niente è sicuro. Per i viaggi in paesi esotici è consigliabile eseguire le vaccinazioni previste per quello Stato, mantenere le norme igieniche e usare il buon senso. Inoltre si raccomanda ai genitori di non esporre i bambini intere giornate al sole per evitare la disidratazione e ustioni cutanee che sono un fattore di rischio per il melanoma in età adulta”.
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PAPA FRANCESCO Il pontefice è da sempre vicino a malati e sofferenti
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Francesco, un papa che regala speranza
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Il Papa invita a “sopportare con pazienza e vincere con amore le oppressioni interne ed esterne Caterina Zarpellon
Lo ha detto in una recente omelia: «quando un cristiano non ha difficoltà nella vita, quando tutto va bene, tutto è bello, qualcosa non va». E ha ricordato che non si può seguire Gesù senza portarne la Croce. Lui, l’amatissimo Papa Francesco, l’umile gesuita dal sorriso aperto e dall’animo semplice, lo sa bene. Sottoposto a soli 21 anni, in seguito ad una grave polmonite, ad un’operazione conclusasi con l’asportazione di una parte del polmone destro, il Papa argentino Jorge Mario Bergoglio sa cosa significa essere ammalati e vivere in una condizione di debolezza. Ma è anche consapevole che spesso chi si trova in una situazione di disagio riesce a conoscere più a fondo e in maniera più forte l’amore di Cristo e a seguirne poi l’esempio. «Cari ammalati - ha dichiarato durante l’udienza generale dello scorso 27 marzo - traete dalla Croce di Cristo il sostegno quotidiano per superare i momenti di prova e di sconforto». E in un discorso pronunciato nella chiesa di Santa Marta e trasmesso poi da Radio Vaticana ha invitato tutti a «sop-
portare con pazienza e vincere con amore le oppressioni esterne ed interne». Il dolore e la malattia, sembra voler comunicare questo pontefice, fanno parte dell’esistenza così come il Cristianesimo non può esistere senza la Croce. Il pastore venuto dagli estremi confini della terra (o “dalla fine del mondo” come dice lui stesso), da sempre votato alla difesa dei deboli, degli ultimi, degli emarginati, non perde quindi l’occasione per abbracciare e far sentire la propria vicinanza alle persone più indifese, ai sofferenti nel corpo e nello spirito, a chi è solo e dimenticato dal mondo. Ormai ci siamo abituati a vederlo sfuggire al controllo delle guardie del corpo e infilarsi tra la folla per salutare i fedeli e per intrattenersi con gli ammalati e i disabili. E’ successo la prima volta, con grande stupore di tutti, poco dopo la
sua elezione, e lo stesso gesto è stato poi ripetuto molto spesso nelle settimane successive. Proprio qualche giorno fa l’Adnkronos ci ha riferito di un nuovo, “lunghissimo fuori programma di Papa Francesco tra gli ammalati in Piazza San Pietro”. «Quasi al termine del giro sulla jeep bianca - ha scritto l’agenzia
di stampa - il Papa è sceso e si è trattenuto a lungo con un gruppo di malati in carrozzina. Si è fermato con ognuno, per un saluto, un abbraccio, un bacio, una benedizione, e con molti di loro, accompagnati da parenti, si è fermato a parlare». Inoltre, lo scorso 26 maggio, Bergoglio ha ricordato pubblicamente la ricorrenza della Giornata nazionale del sollievo e ha così potuto puntare i riflettori su un argomento spinoso come la situazione dei malati terminali. Promosso dal Ministero della Salute assieme alla Fondazione nazionale Gigi Ghirotti e all’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute, questo annuale appuntamento mira proprio a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione dei pazienti oncologici e di tutti gli ammalati bisognosi di cure palliative. Un tema delicatissimo e quanto mai attuale, sul quale anche il Santo Padre, con la sensibilità che gli è propria, ha voluto riportare l’attenzione. D’altro canto sembra ormai chiaro che lo sconfinato amore per i più deboli, per gli ultimi, per chi soffre rappresenta forse il tratto più
caratteristico di questo pontefice anomalo. Un cardinale che aveva fatto parlare di sé oltre 10 anni fa quando in un ospedale di Buenos Aires lavò i piedi a 12 malati di Aids e che due giorni dopo essere salito al soglio pontificio ha trovato il tempo di recarsi alla clinica Pio XI, a Roma, per far visita al novantenne cardinale argentino Jorge Mejia, ricoverato lì a seguito di un infarto. E’ lo stesso Papa che subito dopo la sua investitura, durante il primo discorso pubblico, ha sorpreso il mondo intero dicendo semplicemente “buonasera” e invitando giornalisti, fedeli e curiosi radunati in piazza San Pietro a recitare assieme le preghiere più quotidiane. Radicalmente fedele al messaggio del Vangelo di Cristo, il cardinale Bergoglio - nato e cresciuto in Argentina ma nipote di un piemontese emigrato in Sudamerica - appare restio a seguire i protocolli vaticani e sin dall’inizio del suo pontificato ha compiuto gesti così semplici e comuni da apparire quasi straordinari per un Papa: ha pagato l’albergo in cui alloggiava, ha preso l’autobus ed ha rifiutato di indossare la croce
d’oro dei papi, preferendo tenere la sua, più semplice e realizzata con un metallo meno prezioso. Fermo e chiarissimo nelle sue parole e fedele sino in fondo agli insegnamenti della Chiesa, l’ultimo successore di Pietro appare però al popolo dei fedeli (e anche chi non crede) come un uomo buono, mite d’animo, rassicurante e soprattutto per nulla timoroso di mostrarsi nella propria umanità. Con naturalezza e semplicità in uno dei suoi discorsi ha ammesso che anche «il Papa e la Chiesa hanno tanti difetti e peccati», ma che Dio perdona sempre. E’ questo un grande annuncio di consolazione e di speranza, dato però con la naturalezza e la spontaneità di chi sa capire, consolare, rincuorare. Con questa disarmante umiltà, con il suo sorriso bonario e spontaneo Papa Francesco ha fatto breccia nel cuore dei fedeli, accendendo l’entusiasmo dei cattolici e guadagnandosi l’ammirazione del mondo laico. D’altro canto, nulla in lui è affettato o costruito: la sua essenzialità è reale e lo rispecchia fino in fondo.
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PIAZZOLA Piazzola sul Brenta: dal nido alle case per anziani, servizi per tutti
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Investire in cultura e sociale per continuare a crescere A colloquio con il sindaco di Piazzola sul Brenta, Renato Marcon A cura della redazione Tra i primi comuni della provincia di Padova a dotarsi di un asilo nido sin dal lontano 1957, Piazzola sul Brenta continua a mettere in primo piano la tutela della famiglia, puntando sulla tutela sociale, sulla formazione e sulla cultura per rilanciare un’ex cittadina industriale. “La maggior parte dei Comuni – spiega Renato Marcon, primo cittadino di Piazzola – ha esternalizzato il servizio di asilo nido attraverso delle cooperative. Noi invece abbiamo deciso di garantire la continuità educativa attraverso una gestione diretta, nonostante la spesa sia importante, con 200 mila euro di disavanzo annuale. Sull’altro piatto della bilancia, in positivo, c’è la risposta che riusciamo a dare a più di 50 famiglie ogni anno”. L’impegno continua con l’avanzare dell’età scolastica, con 4 scuole materne e 4 di grado primario, dove Piazzola offre il tempo pieno da oltre 40 anni. “Dal 1972 – continua il sindaco – abbiamo istituito il tempo continuato in due scuole elementari, per poi estenderlo, negli ultimi due anni, anche ad altre due, data la richiesta sempre crescente da parte dei genitori”. Sul bilancio di Piazzola incide forte-
mente la spesa per il trasporto scolastico, che per raggiungere l’intero territorio comunale, esteso per oltre 40 km quadrati, richiede un investimento di 110 mila euro l’anno. “Nonostante sia un Comune piccolo, Piazzola – aggiunge Marcon – è anche sede di un istituto superiore fin dal 1970. Oltre alla ragioneria, abbiamo ora anche il liceo scientifico, l’istituto professionale per i servizi sociali e l’Enaip”. Una popolazione scolastica di 2000 studenti per una cittadina di meno di 11 mila abitanti: così Piazzola è
diventato un punto di riferimento scolastico per tanti comuni del circondario, anche della provincia di Vicenza. “Non siamo un Comune ricco – puntualizza il sindaco - ma riteniamo sia importante continuare ad investire nei giovani e avere rispetto dei nostri vecchi. Sia pure con grandi difficoltà destiniamo ancora somme importanti su questi due versanti”. Per gli anziani è arrivata a Piazzola una decina d’anni fa una RSA che, dagli originari 24 posti letto, è arrivata pochi mesi fa a poterne offrire
36 I nuovi minialloggi per anziani a Piazzola sul Brenta
48. “Una volta a regime – spiega il primo cittadino – arriveremo a 120 posti. Abbiamo fatto questo investimento perché avevamo riscontrato, in questa zona, una carenza di servizi per gli anziani”. Non è tutto: il Comune, in collaborazione con l’ATER di Padova, ha messo a disposizione 24 mini alloggi per anziani. Una struttura pensata per le loro esigenze, con una graduatoria a parte e un’importante adiacenza con l’associazione anziani, affinché non siano solo le esigenze abitative, ma anche quelle di socializzazione a trovare soddisfazione. “Il sociale, la formazione e la cultura – conclude Marcon – sono i nostri cavalli di battaglia. Cento anni fa eravamo un importante centro industriale, ora offriamo una buona qualità del vivere e interessanti proposte culturali ed artistiche, con un cartellone di concerti estivi che attrae spet-
tatori anche da fuori Regione e oltre. Questa, secondo noi, dovrebbe essere la migliore traiettoria di sviluppo per
il futuro, che sfrutta le peculiarità del territorio e dell’eredità artistica che abbiamo ricevuto”.
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Uno degli asili nido comunali di Piazzola
Consigli per l’estate: cosa e come mangiare
Centro ecografico Radiologia e Mammografia 36
ATTENTI AL CALDO! I consigli per l’estate della Dott.ssa Lucia Cortese, Dirigente Medico del SIAN (Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione) dell’Ulss n 15, diretto dalla Dott.ssa Anna Pupo. Chiara Bonan Mangiare, nei mesi estivi, può diventare un’attività difficile: la temperatura sale e la voglia di accendere i fornelli per preparare qualcosa di nutriente diminuisce in modo proporzionale alla colonnina di mercurio. L’alimentazione estiva non va però sottovalutata, perché scegliere gli alimenti giusti è anche un modo per combattere l’afa e vivere con maggiore serenità i piccoli disagi dell’estate. A tracciare delle linee guida valide per tutti ci ha aiutato la dottoressa Lucia Cortese, che all’interno del Servizio Igiene degli Alimenti e Nutrizione dell’Ulss 15 si occupa di tutto quanto riguarda la Nutrizione. Dott.ssa Cortese, qual è la dieta migliore per l’estate? “E’ necessario innanzitutto assumere una quantità sufficiente di acqua: almeno 1,5 - 2 litri al giorno, anche in base all’attività svolta e quindi alla sudorazione, sotto forma di acqua o tisane senza zucchero, preferibilmente a temperatura ambiente. E’ importante consumare una prima colazione, come sempre, magari con alimenti non bollenti ma tiepidi: latte/ latte e caffè/ the /
caffè d’orzo o yogurt con l’aggiunta di piccole quantità di amidi (pane, fette biscottate, biscotti secchi con un velo di marmellata, cereali). Due sono le merende consigliate: a metà mattina e a metà pomeriggio. E’ importante che una delle due sia a base di frutta, l’altra può essere costituita da uno yogurt o un pacchetto di cracker. Si tratta dei cosiddetti “spaccafame”, che permettono di arrivare a pranzo e a cena non eccessivamente affamati, ma con la giusta percezione dell’appetito. Il pranzo dovrebbe comprendere un primo piatto costituito da una porzione di amido (pasta, patate, riso, ecc. ), seguito da un secondo piatto costituito da una ridotta porzione di proteine (carni bianche, uova e pesce, da preferire a carne rossa, insaccati e formaggi) e accompagnato da un contorno, ossia una porzione di verdura di stagione (insalata, carote, cappuccio, ecc). E’ previsto un frutto a termine del pasto. La cena deve comprendere un secondo piatto, un contorno e la frutta, alternando le scelte fatte a pranzo e variando l’alimentazione in modo equilibrato. In entrambi i pasti possono essere consumate piccole quantità di pane. La bevanda consigliata è l’acqua del
Risonanza magnetica
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Medicina sportiva Visite specialistiche
rubinetto… ossia erogata dall’acquedotto.” Frutta e verdura in quantità sono una scelta corretta? “Sicuramente sì, e intendo tutta la frutta e la verdura di stagione, possibilmente a km 0: patate e legumi non sono verdura! E’ importante consumare almeno 3 porzioni di frutta al giorno e 2 di verdura, di cui almeno 1 cruda: in questo modo si apportano all’organismo vitamine, sali minerali, acqua, fibre e il fruttosio. Le quantità consigliate sono di 400g. di frutta ed altrettanti di verdura distribuiti nella giornata. La frutta non deve mai sostituire completamente un pasto principale: é importante assumere sempre una dose di amidi (pasta, pane, patate, riso, ecc.), che forniscono l’energia di riserva necessaria alle attività fisiologiche dell’organismo”. Quali sono gli alimenti da evitare o da limitare? “Non bisogna esagerare con gli alimenti particolarmente grassi ed elaborati (es. lasagne al forno etc.) e con le bevande gassate. L’uso del caffè d’orzo è preferibile al caffè contenente caffeina, o al the, che contiene teobromina e caffeina, che essendo sostanze eccitanti au-
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ALIMENTAZIONE
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Il gelato può sostituire un pasto? “Solo eccezionalmente, e, soprattutto, è importante limitarne il consumo come dopo-pasto. Il gelato infatti è un alimento prodotto con il latte, contenente proteine e grassi di origine animale che non andrebbero aggiunti ad un secondo piatto proteico ( di carne/pesce/ uova/ formaggio). Meglio sceglierlo come merenda al posto dello yogurt, magari con l’aggiunta di frutta fresca”. Abbiamo parlato degli aspetti nutritivi, a cosa bisogna invece stare attenti per evitare disavventure e malanni quando il clima è torrido? “In estate è importante avere una cura particolare degli alimenti: il comportamento meno rischioso per la salute è sicuramente prepararli freschi. Nel caso si voglia conservarli è fondamentale utilizzare il frigorifero, strumento indispensabile per il mantenimento delle basse temperature al fine di evitare il rischio di infezioni/tossinfezioni alimentari, nel rispetto della catena del freddo. Il frigo va usato con intelligenza: deve restare aperto solo lo stretto necessario a riporre o ritirare gli alimenti, altrimenti la temperatura si alza e così pure le cariche microbiche all’interno dei cibi”. Ci sono alimenti che nei mesi estivi è assolutamente consigliabile consumare freschi, entro la giornata? “I prodotti di origine animale, come il brodo di carne, il ragù, gli spezzatini, i bolliti che andrebbero raffreddati in breve tempo con l’uso dell’abbattitore, per poi essere riposti in frigorifero. Non avendo un abbattitore in casa, sarebbe bene
prepararli e consumarli in giornata. Va posta attenzione anche ai latticini: burro, yogurt, latte, formaggi freschi che vanno conservati alle temperature del frigo”. Spesso si parla di rispetto della catena del freddo: quali sono le regole da seguire quando si fa la spesa? “Nel fare la spesa è importante munirsi della borsa termica e progettare come ultima tappa al supermercato quella dell’acquisto dei prodotti da frigo e freezer, in modo tale da riporli in quelli di casa nel più breve tempo possibile. Se si cominciano a fare fermate intermedie: dal parrucchiere, dall’amica, in edicola, i cibi lasciati in auto vengono sottoposti ad un rialzo di temperatura che ne altera sia la sicurezza igienica (rischio di infezioni/tossinfezioni) che nutrizionale (riduzione dei livelli di nutrienti contenuti nell’alimento)”. Sempre a proposito di “freddo”, è vero che un alimento surgelato non va mai scongelato e poi rimesso nel freezer? “Un alimento surgelato non va mai ricongelato, affinché non perda le proprietà nutrizionali che sono paragonabili al prodotto fresco originale. Se succede, non è grave, purché il tempo di permanenza al di fuori del freezer sia breve.” Qual è la differenza tra surgelato e congelato? “Si tratta di una tecnica diversa di raffreddamento sotto gli 0 °C. Un alimento è surgelato quando piccole pezzature dello stesso sono portate in tempi rapidissimi a circa -45°C tramite immersione in gas inerti. I cristalli di ghiaccio che si formano all’interno dell’alimento sono sferici, e, nella fase di scongelamento, non rompono le membrane cellulari del prodotto, mantenendo pressoché inalterata la qualità del fresco. Un alimento è congelato quando una grossa pezzatura (ad esempio pesce o carne) è sottoposta a refrigerazione a -12°C: in questo caso i
cristalli di ghiaccio che si formano sono appuntiti e non distribuiti uniformemente. In fase di scongelamento le punte rompono le membrane cellulari, facendo percolare una parte dei nutrienti e impoverendo l’alimento. Entrambi i prodotti sono sicuri, ma il primo è paragonabile al fresco per le proprietà nutritive che contiene. Ricordo che lo scongelamento va sempre effettuato in frigorifero, e non si ricongela un alimento, a meno che questo non sia sottoposto ad una trasformazione come la cottura.”
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Ci sono altri rischi legati all’alimentazione estiva? “Bisogna fare attenzione al rischio di congestione causata dall’interruzione dei processi digestivi, che si manifesta con malessere generale, sudorazione improvvisa ed eventuale perdita di coscienza. Questo evento è determinato dalla differenza di temperatura tra l’ambiente esterno, l’interno del corpo e la temperatura dell’alimento ingerito. Per evitare problemi potenzialmente seri è importante che tutti, ma soprattutto bambini, anziani e persone con malattie croniche non consumino mai cibi o bevande estratti dal frigo. L’ideale è lasciarli per qualche decina di minuti a temperatura ambiente, affinché l’impatto con la temperatura interna corporea sia meno marcato. Un altro consiglio è masticare con cura gli alimenti affinché raggiungano nella bocca temperature non pericolose”. E’ corretto temere l’uovo come alimento perché potenziale portatore di tossinfezioni come la famigerata salmonella? “Quando si utilizza l’uovo crudo è necessario fare attenzione alla provenienza delle uova, ma questo vale tanto d’estate quanto d’inverno. Va fatto notare che sono le uova cosiddette “biologiche” o del contadino ad essere a rischio, mentre non è così per quelle prodotte dagli allevamenti industriali, che sono sottoposte a controlli molto stretti.”
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mentano la frequenza cardiaca. Va fatto inoltre un uso moderato del vino, della birra e dei superalcolici, in quanto l’uso eccessivo di alcool comporta una maggior sudorazione con perdita di liquidi e sali minerali dall’organismo”.
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Dedicare del tempo ai propri amici a 4 zampe significa assicurarsi una convivenza più facile: a casa e anche in vacanza!
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Il cucciolo in casa: una scelta di vita
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I consigli di Ruggero Menin, medico veterinario direttore sanitario dell’ambulatorio di Fontaniva, Ulss 15
Chiara Bonan All’entrata ti accolgono dei rilassanti colori pastello: sui muri sono disegnati dei cuccioli e la sala d’attesa è accogliente e luminosa. Sembra quasi di essere nello studio di un pediatra, e invece si tratta del nuovissimo ambulatorio veterinario dell’Ulss 15 Alta Padovana, a Fontaniva. Una nuova visione del servizio veterinario istituzionale, che per la prima volta offrirà uno spazio dedicato per le sterilizzazioni dei gatti delle colonie e dei cani ospitati al Parco Zoofilo di Presina e per gli interventi di primo soccorso per i cani e i gatti vaganti. Nei prossimi mesi, inoltre, verranno organizzati degli incontri con la cittadinanza per dare una corretta informazione nella gestione degli amici animali. La struttura è aperta da meno di tre mesi e a dirigerla è il dottor Ruggero Menin, che ci ha spiegato tutto quello che c’è da sapere prima di portare a casa un piccolo amico a quattro zampe. Dottor Menin, come si sceglie un cucciolo di cane? “Prima di tutto occorre considerare il tipo di abitazione in cui si vive: la
presenza o meno di un terrazzo o di un giardino, le dimensioni dell’abitazione e l’ubicazione, in campagna o in centro abitato. La scelta del cane inteso come taglia e caratteristiche caratteriali andrà di pari passo con la predisposizione del proprietario: una persona dinamica potrà scegliere un cane di taglia media o grande, dinamico e attivo (border collie, pastore tedesco, golden retriever, labrador, boxer). Una persona anziana o pigra o con poco tempo libero, potrà scegliere un carlino o un maltese. E non dimentichiamo la miriade di meticci
di tutte le taglie e caratteri presenti nei canili!” Quali sono le reali esigenze di un cane in termini di tempo? “Il cane adulto deve essere accompagnato all’aperto, a fare due passi e a fare i propri bisogni, almeno due o tre volte al giorno. Quando è ancora cucciolo però questo tempo raddoppia: l’imprinting dei primi sei mesi condizionerà il suo comportamento futuro ed è bene dedicarvi del tempo.”
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Quali sono le regole da seguire per educare un cucciolo? “E’ utile che il cane già da cucciolo venga a contatto, in nostra presenza, con tutti gli stimoli esterni che potrà incontrare. Se si riesce ad abituarlo alla variabilità delle situazioni e del modo di vivere, avremo già compiuto un primo passo per avere un cane equilibrato. Mai lasciare un cucciolo fuori da solo in giardino, per evitare che gli stimoli dell’ambiente esterno provochino in lui paure, ansie e inquietudini. Per questo è fondamentale la presenza educativa del proprietario durante questa fase!” Perché l’educazione è così importante? “Ogni anno ci arrivano dal pronto soccorso decine di segnalazioni di persone morse da cani. Per legge noi dobbiamo andare a controllare il cane e tenerlo in osservazione 10 gg, per la profilassi antirabbica e per valutare se il cane è pericoloso. Molto meglio, quindi, intervenire prima con un corretto imprinting!” Come si fa ad abituare un cane a non mordere? “Prima di tutto, informarsi sull’indole dell’animale prima di portarlo a casa. Poi, una volta inserito nella nuova famiglia, è compito del nuovo proprietario continuare l’educazione iniziata dalla mamma del cucciolo, ovvero l’inibizione al morso. Mai permettere che il cane usi le mani dei familiari come gioco e, se accade bisognerà emettere un sonoro“ahi!”e smettere il gioco, dimostrando indifferenza. Evitare di eccitare eccessivamente il cane, avendo cura di rilassarlo con carezze sui lati del corpo, senza mettergli le mani sulla testa e usando un tono di voce pacato. Se il cane manifesta comportamenti scorretti, è vivamente consigliato rivolgersi ad un veterinario comportamentista e ad un educatore cinofilo.” Nella cronaca capita di vedere casi di cani che azzannano bimbi che conoscono benissimo: cosa fare per
evitare questi episodi? “Per quanto sia buono il cane e per quanto conosca la famiglia, la regola di base è: mai lasciare solo un bambino con il cane! I bambini hanno spesso dei comportamenti inaspettati, movimenti improvvisi, modulazioni vocali con toni alti, che possono accendere nell’animale il suo istinto di predatore. Bisogna insegnare loro ad avvicinarsi di lato, facendosi annusare ed esplorare, a non tirargli la coda, a non guardare il cane fisso negli occhi, a muoversi lentamente e fermarsi se il cane non è tranquillo. Mai correre in presenza di un cane!” Come abituare il cane a convivere in modo pacifico con una famiglia in cui magari ci sono anche bambini molto piccoli? “Bisogna ricordare che il cane ancestralmente vive in gruppo e c’è sempre un capobranco: accolto in una famiglia, ha bisogno di trovare un proprietario autorevole e coerente, che lo renda sereno ed equilibrato, dandogli regole precise e rispettose della sua natura. Tutto questo senza alcun metodo coercitivo! Quando arriva un bambino nuovo in casa, è necessario che l’adulto lo faccia pian piano conoscere al cane abituando l’animale alla convivenza.” Come si abitua il cane a fare i bisogni nei posti gusti? “Innanzi tutto è da evitare assolutamente di schiacciare il muso del cucciolo sopra i suoi bisogni! Si spaventerebbe, senza capire il significato del gesto. Appena dopo il risveglio, dopo i pasti e dopo il gioco, il cucciolo ha necessità di fare i suoi bisogni fisiologici: abituandolo ad uscire dopo ognuno di questi momenti, l’animale assocerà l’odore del terreno esterno allo stimolo dell’evacuazione e imparerà a chiamare quando avrà necessità di fare i suoi bisogni.” Una delle cause di liti tra vicini di casa sono i cani che abbaiano per ore durante il giorno e la notte:
perché succede e come fare per limitare il fenomeno? “La problematica si chiama ansia da separazione. Per limitare questo problema è necessario abituare il cane fin da cucciolo e in modo graduale a stare solo in casa. Importante è anche rendere il luogo in cui farlo stare solo piacevole e ricco di stimoli, con qualche gioco, una cuccia per il riposo o una copertina e una ciotola con acqua fresca. Al ritorno, è preferibile restare indifferenti al cane per un po’, per poi salutarlo e portarlo fuori o giocare con lui. Così si evita che resti tutto il tempo solo ad aspettarci, sviluppando stress. Nei casi più difficili, in cani adulti, si può intervenire anche con dei farmaci associati alla rieducazione comportamentale”. L’estate è tempo di vacanze e di distacchi imposti per gli animali. Se non è proprio possibile portare con sé il cane, come si può fare? “Ci sono pensioni per cani e gatti che sono sicuramente di buon livello. Però anche in questo caso bisogna abituare il cane al nuovo ambiente altrimenti la vivrà come una separazione dolorosa. E’ consigliato portarlo, per 2-3 volte nel mese precedente il distacco, nel luogo dove risiederà, farlo stare un’oretta nel nuovo ambiente, per poi tornare a prenderlo”. Se invece lo si porta con sé? Come abituare i cani a restare tranquilli in auto? “Alcuni cani non sopportano i viaggio in auto e manifestano sintomi di irrequietezza, spesso accompagnati da abbondante salivazione o vomito. Anche in questo caso bisogna abituarli al nuovo ambiente e alla situazione in modo graduale e fin da cuccioli, facendoli salire sull’auto a motore spento, per poi portarli in giro per brevi tragitti in luoghi piacevoli. Meglio farli salire in auto a digiuno, per evitare il più possibile episodi di vomito. Per questo problema esistono anche dei farmaci specifici”.
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