Pizza&core collection n 104

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Il magazine dedicato al mondo della pizza e della ristorazione

Anno XVII - n° 104

Euro 2,50 • Poste Italiane • Sped. in a. p. 45% • art. 2 comma 20/b legge 662/96 • Aut. DCO/DCBA 23/2003 del 23/01/2003 • Tassa riscossa • ANNO XVI • Edizione trimestrale • Contiene I.P.

n.104


�, ?/iè SAN BENEDETTO

''Napule è mille culure ,, Mille colori e mille sapori legano la storia di Napoli a quella del nostro Mulino. Una storia fatta di passione, generosità e rispetto della tradizione.

Thè San Benedetto Zero

CAPUTO

� @mulinocaputo mulinocaputo.it

Il mulino di Napoli

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L

Pensiamo positivo

’epidemia di Coronavirus ha travolto l’Italia, e portato dolore e disastri. Il famoso Covid 19 ha inciso profondamente nelle abitudini degli italiani, il lungo confinamento, i locali chiusi e poi la distanza sociale, e le relative protezioni hanno compromesso quella che era la vita di relazioni, il prezioso lifestyle italiano, uno dei tratti salienti della vita fuoricasa. La “botta” per chi ha un ristorante, una pizzeria, un bar è stata terribile. l’Annus Horribilis 2020 segnerà una perdita di lavoro anche fino all’80%, un salasso che di fatto ha messo in crisi tutto il sistema. Una crisi che si è avvitata anche nel settore turistico. Ospitalità e ristorazione vanno di pari passo, a frontiere chiuse e con la paura, il turismo, uno dei nostri punti di forza, è imploso: disdette e cancellazioni si sono rincorse e un altro settore è andato in ginocchio. Assoturismo annuncia che i flussi turistici torneranno a quelli che si sono registrati negli anni ’60. Una lenta ripresa solo a partire da marzo 2021.

Che fare, piangere e disperarci? No! Se c’è una capacità che appartiene agli italiani è quella di “risorgere” ogni volta che si trovano con le spalle al muro, o quando le difficoltà pare debbano travolgerli. Non abbiamo dubbi che dopo questa batosta, non solo sanitaria, ma anche economica, gli italiani tutti e gli operatori della ristorazione in testa, senza essersi persi d’animo potranno e sapranno riprendersi dopo mesi di grandissima difficoltà e di gravose perdite economiche. Il settore del fuoricasa, il patrimonio enogastronomico del paese, la sua storia culinaria, la sapienza di cuochi e pizzaioli, insomma tutto questo insieme possiede gli anticorpi per superare questa improvvisa criticità. “Alla fine andrà tutto bene” e se non andrà bene significa che non siamo ancora alla fine. Pensiamo positivo quindi, il virus passerà, il mondo della ristorazione e della pizza resterà. Giuseppe Rotolo

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Editoriale

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PRIMO PIANO: Ristorazione anno zero

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l’Opinione: PostCOVID Preoccupazioni ma anche fiducia...

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l’INTERVISTA Alessandro Lo Stocco: quando la pizza e scienza e coscienza

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NonsoloPizza Il pane partigiano by Alessandro Lo Stocco

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mondoHoreca: 1/3 degli italiani quando mangia la pizza sceglie la birra

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news: E’ nata Horeca Channel Italia

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news: Napoli e la Pizza la magia continuerà

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story: La Conserveria

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pizzaTopclass: Pizza Scarpetta del Vesuvio by Franco Pepe

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gli ingredienti di Demetra: Piovra arrostita

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Bakerychef by Molidoro: Grissini ai cereali by Nico Carlucci

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risyoChef: Fagottino di grano arso by Marianna Calderaro

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news: COVID-19 la donazione di Fondazione Vincenzo Casillo e Casillo Group

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Pubbliredazionale: Pizza senza glutine buona e sicura con Dr Schär Foodservice

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Pubbliredazionale: Stefano Ferrara Forni l’intramontabile fascino del forno a legna

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gliattrezzidelmestiere: Gi.Metal Pale e Assi per tutti i tipi di pizza

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ilVoltodelleAZIENDE: Esmach il futuro della ristorazione

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dolci tentazioni: Monocrostata ai lamponi by Giuseppe Russi

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dolci tentazioni: Brasil by Enrico Casarano

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ristorazione: Super farine e menù gourmet per bimbi, i trend bio 2020

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LaProvocazione: Dallo sputo alle foglioline d’oro

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La Solidarietà ai tempi del Coronavirus

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I nostri partner

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Input Pubblicità e Marketing per le aziende e gerenza

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primoPIANO a cura di Giuseppe Rotolo

Ristorazione

ANNO ZERO

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’epidemia di Coronavirus oltre ad essere una grave emergenza sanitaria, giorno dopo giorno ha logorato e indebolito irrimediabilmente anche l’economia del Paese. A seguito del decreto “Io resto a casa”, uno dei settori maggiormente colpiti è stato quello della ristorazione. Un lungo stop che ha di fatto immobilizzato un flusso di liquidità vitale per tutta la filiera. Il violento tzunami ha colto del tutto impreparate le aziende di ristorazione a fronteggiare una situazione tanto difficile, quanto inattesa. Il devastante periodo di lockdown, secondo FIPE Federazione Italiana Pubblici Esercizi, costerà oltre dieci miliardi di mancati incassi ma il conto è destinato a crescere, ed un eventuale recupero nella seconda metà dell’anno non è affatto scontato. Secondo attenti analisti il prolungato blocco delle attività, la notevole perdita di fatturato andrà ad incidere irrimediabilmente nella stessa numerica dei punti di consumo che attualmente in Italia sono oltre 300.000mila. Ma oltre ai gravi danni che l’emergenza ha provocato, le preoccupazioni maggiori sono ora per il dopo, la stagione estiva appare del tutto compromessa, così

come è tutto da decifrare l’atteggiamento che avranno gli italiani, i consumatori, nel tornare a mangiare fuoricasa dopo il Coronavirus. E allora cosa accadrà dopo la pandemia alla ristorazione italiana, quanti avranno la forza di riaprire, che ristorazione avremo? Sicuramente, bar, ristoranti e pizzerie saranno oggetto di limitazioni, quanto meno di nuove e più stringenti regole atte ad evitare contatti e affollamenti. Pertanto oltre alle gravi perdite dovute alle lunghe settimane di forzata chiusura anche nel post corona virus il settore della ristorazione si preannuncia molto difficile. I locali dovranno ottemperare a specifiche misure di sicurezza sanitaria: maggiore sanificazione degli ambienti, un adeguato arieggiamento, garantire la distanza di un metro fra gli avventori, dotare il personale di protezioni sanitarie. l timori del cliente post Covid-19 Insomma nuovi costi da gestire. Ma quello che preoccupa e che arreca maggior incertezza, sarà il comportamento del consumatore post Coronavirus, ammesso e non concesso che ci sia davvero un

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post definitivo, cauto, timoroso, preoccupato, sospettoso. La socialità è un bisogno primario che vive di contatto, frequentazione e dialogo e vive per lo più nei locali del fuoricasa. E quindi il dubbio atroce è come si approccerà il consumatore post coronavirus a questo mondo, quanto il vissuto stress andrà ad incidere nelle sue scelte? La disinvoltura di un tempo non potrà essere recuperata velocemente, la metabolizzazione di un trauma richiede tempi imprecisati. Autorevoli psicologi affermano che gli italiani dovranno in qualche modo fare i conti con il disturbo post-traumatico da stress che condizionerà certamente la frequentazione dei luoghi pubblici, bar ristoranti pizzerie. Passata l’emergenza gli italiani si porteranno dietro una memoria negativa di Covid-19 non rimossa che potrebbe inibire quei contatti umani che in quei luoghi naturalmente avvengono. Per fronteggiare il colpo quasi mortale di Covid-19 i ristoranti almeno inizialmente dovranno snellire al massimo i loro costi, riorganizzarsi con manodopera ridotta all’osso, tenere conto delle nuove e mutate esigenze dei consumatori che, dopo il Coronavirus, avranno inevitabilmente un approccio alquanto sospettoso con la ristorazione, così come per i luoghi affollati. La strada della ripresa Il settore dovrà far fronte a uno scenario di tipo post bellico per diverso tempo, il turista straniero tarderà a farsi vedere, si ripartirà quindi dagli italiani. Ogni settore, dall’alta cucina fino al fast food, dovrà riposizionarsi con l’offerta e adattare ai tempi il modello gestionale. Ad

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esempio i ristoranti di alta cucina dovranno riporre attenzioni particolari al contenimento dei costi per arrivare alla sostenibilità economica. Nel frattempo dovrà essere prestata un’attenzione quasi maniacale alla sicurezza igienico ambientale per il cliente. Una certezza comunque c’è: più prodotti made in Italy e meno esterofilia, e questo alla fine è certo un bene per le produzioni nostrane. Il punto di partenza sarà quasi sicuramente legato alla riscoperta della territorialità, una tendenza del resto già in atto prima della crisi. Il valore della territorialità rappresenterà una grande opportunità questa anche per la distribuzione, e per i piccoli depositi indipendenti di ingrosso, che potranno in questo modo mettere a frutto la loro conoscenza del territorio e valorizzare i prodotti autoctoni. Inoltre la crisi andrà a rafforzare quella tendenza al green che era già in atto. Anche in questo caso non mancheranno i vantaggi per quegli operatori che sapranno bene inserirsi e 12

sfruttare al meglio la cosiddetta economia circolare che sarà certamente un must negli anni a venire. “É nella crisi che vengono fuori le soluzioni e le idee migliori” affermava un genio come Albert Einstein, in altri termini la fame aguzza l’ingegno, la proverbiale creatività degli italiani darà segno di se: il delivery, le consegne a domicilio, potrà essere una valido sbocco di mercato con un potenziale non ancora del tutto esplorato, e poi, per quanto riguarda la cucina, largo a menù che sappiano proporsi con quel mix speciale fatto di: territorio, salute, il tutto condito dal tradizionale riconosciuto buongusto dei ristoratori italiani. L’enogastronomia e la ristorazione sapranno ripartire, le fondamenta restano, ora bisogna approfittare di questo periodo di forzata chiusura per riorganizzare le aziende, gettare via inutili zavorre, impratichirsi delle nuove tecnologie, voltare pagina e prepararsi alla grande e difficile sfida del post Coronavirus.


l’Opinione

Post COVID

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Preoccupazioni ma anche fiducia: i pensieri delle aziende e dei gestori di locali

l coronavirus si è abbattuto come uno tzunami, oltre alla grave emergenza sanitaria ha inciso e inciderà anche per tanto tempo nel contesto socio economico, un contesto nel quale una parte rilevante è senza dubbio tutto il mondo della ristorazione. In queste pagine abbiamo raccolto una serie di riflessioni, punti di vista e auspici da parte di autorevoli esponenti di questo mondo, si tratta di industrie e manager di aziende di produzione. Ecco a voi uno spaccato del loro pensiero, considerazioni che potranno contribuire ad affrontare il prossimo futuro, con fiducia, anche se sarà certamente complesso e pieno di difficoltà.

Accorato, fiducioso e rivolto al futuro il Post di AGUGIARO&FIGNA dove si legge: “Siamo parte di una comunità confusa, ferita, colpita. La stessa comunità comprende tutti senza distinzione di posizione sociale, razza, religione, ruolo, sesso, lavoro. Dal XV° secolo produciamo farina senza sosta, perché è un bisogno essenziale per tutti. Abbiamo sospeso le iniziative pensate per promuoverci, ma non crediamo sia sufficiente rimanere in attesa degli eventi. Vogliamo dedicare il nostro massimo impegno nella produzione e nella ricerca, nella disponibilità e nell’ascolto, nella capacità di convogliare energie e sogni, professionalità e umanità. In questo garantiamo il nostro massimo impegno. Evolveranno le abitudini, il modo di vivere la socialità e la

quotidianità, l’attitudine agli spostamenti, i bisogni fondamentali e occorreranno occhi nuovi. Tutti saremo chiamati a un grande, collettivo, sforzo di ascolto e pensiero, di intuizione, fantasia e creatività. Noi ci siamo e ci saremo con tutto il nostro team, perché pensiamo che, insieme a tutti coloro che credono in una nuova visione del mondo senza distinzioni, si possa e si debba vincere questa sfida.”

Molino Caputo – Le riflessioni di Antimo Caputo tratte da un’intervista pubblicata su www.50topitaly.it “La farina e il wifi sono i beni necessari in questi giorni in cui siamo invitati e obbligati a stare a casa”. E, continuare a produrre farina, diventa la prima linea della battaglia per approvvigionare i consumatori. Come sempre, con cautela e rigore, con i dipendenti che protetti da tute, mascherine, guanti, a lavoro in ambienti igienizzati e iper controllati, garantiscono farine prodotte in massima sicurezza. “Le abitudini del consumatore stanno cambiando velocemente e di conseguenza anche gli ordini che riceviamo – spiega l’amministratore delegato del Mulino di Napoli – ristoranti e pizzerie chiudono, e quindi diminuisce la necessità dei sacchi 13


l’Opinione

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l’Opinione

da 10 kg mentre aumentano le richieste dei pacchi da 1 chilo e si sta posizionando molto bene il lievito secco attivo, un prodotto che abbiamo lanciato da pochissimo e che è indispensabile per realizzare gli impasti delle ricette che si moltiplicano sui social. Sullo scenario macro della filiera dell’agroalimentare la criticità sta nel fatto che gli altri paesi europei vogliono bloccare le merci italiane alle frontiere, per evitare questo serve “un massiccio intervento in comunicazione e di difesa del food italiano che è il più sicuro al mondo. Sul fronte strutturale le aziende soprattutto quelle piccole e medie che hanno bisogno di liquidità, devono essere aiutate sospendendo immediatamente tutti i tributi; fermarsi facendo andare in ferie tutti adesso in modo da essere pronti a produrre quando l’emergenza sarà finita, tutto sarà cambiato e noi dobbiamo farci trovare pronti, perché sono sicuro che agosto sarà il nostro Capodanno”.

Questo è quanto dichiara Italmil: “Sicuramente la situazione del momento non è facile ma stiamo già assistendo a cambiamenti di approccio al consumo della pizza con la forte richiesta di “delivery”. La frequentazione dei locali sarà legata alla percezione di “sicurezza” che i clienti avranno, sicuramente con il tempo essendo la pizza l’alimento preferito dagli italiani, saprà tornare ai regimi di prima. Cambieranno sicuramente stili e consumi, dovremo essere camaleontici per intercettare i bisogni e le esigenze di domani. Verrà certamente implementato il “Delivery”. Sul tema Ennio Parentini, direttore Generale di Italmill Spa dice: “ Tutto questo finirà, cambieranno probabilmen-

te usi e costumi della nostra clientela e di conseguenza le nostre attività, ci aspettano sfide importanti, una cosa non dobbiamo perdere, il nostro entusiasmo e con la nostra professionalità sapremo sicuramente intercettare le necessità e i bisogni della nostra clientela, noi metteremo tutto quello che è nella nostra disponibilità, per ritornare ad avere giornate lavorative ricche di soddisfazione, insieme ce la faremo”. Molti interessanti le riflessioni di Stefano Ferrara della Ferrara Forni “Si spera in una pronta ripresa, ma nel guardare con raziocino la realtà di come si è sviluppata la crisi sanitaria ed economica la ripresa sarà lenta e problematica e il conto per il mondo pizza sarà molto alto. Qualcuno riuscirà a reggere rialzandosi e anche se malandato, continuando nel percorso, ma credo che molti saranno costretti a mollare. Purtroppo non tutti possono contare su una sufficiente disponibilità di liquidità, è vero che probabilmente saranno concesse particolari linee di credito per dare la liquidità necessaria a superare il momento ma è anche vero che, con tutte le lungaggini burocratiche, non tutti possono essere in grado di sopravvivere qualche mese senza incassare e con spese che comunque si accumulano. Non dimentichiamo che tante realtà sono di piccola dimensione, pizzerie, ristoranti o bar a conduzione familiare su quale grossa liquidità potranno fare affidamento per superare questo periodo e nello stesso tempo vivere? E’ difficile farsi un quadro chiaro del futuro, pensare quali potrebbero essere le mosse vincenti per riuscire ad operare in post emergenza. Bisognerebbe sfruttare questo stop per riflettere e trovare nuove idee perché

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l’Opinione

l’unica cosa certa è che nulla sarà più come prima. Il virus non è sconfitto per cui ci saranno ancora limiti di distanza da rispettare, dispositivi di sicurezza da indossare. I locali si vedranno ridurre di almeno un 50% la capienza di posti a sedere per dare sufficiente spazio alla clientela che per evitare un’attesa troppo lunga per entrare troverà magari più conveniente prenotare. Credo che l’occupazione del tavolo sarà regolamentata e ristretta giusto al tempo di consumazione del pasto, cosa che non appartiene proprio alla nostra mentalità, noi andiamo a cena o a pranzo non solo per mangiare ma per trascorrere del tempo. Vedo camerieri ed addetti alla cucina fare attenzione alle distanze completamente bardati di guanti e mascherine, non è così bello immaginare di essere serviti a tavola da un cameriere imbavagliato incapace anche di spiegarti bene il piatto che ti sta servendo. Insomma non sarà così semplice, la ristorazione sarà soggetta ad una maggiore organizzazione ed attenzione per la salute e sicurezza del cliente e del personale. Forse le consegne al domicilio saranno riprese in considerazione e nei primi tempi potrebbero garantire quei clienti ancora un po’ diffidenti, il dopo emergenza vedrà comunque persone sospettose e non molto inclini ad andare a mangiare fuori. Insomma non è semplice prevedere o immaginare, possiamo solo vivere momento per momento, trovando soluzioni adatte e/o idee giuste per affrontare al meglio il cambiamento. Un in bocca al lupo a tutti i ristoratori che riusciranno a cavalcare questo cambiamento con coraggio e creatività, ed uscirne vincenti”.

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“Esmach è presente” così parla Paolo Zunino, CEO Esmach SpA “In Esmach ci siamo messi in sicurezza, per continuare a supportare i nostri partner ai livelli di sempre. Ci saremo, in modo sicuro, professionale e sano. Esmach è da sempre la nostra casa. È la casa di ogni fornaio, di ogni pizzaiolo e di ogni backer, tradizionale o moderno. Noi qui abbiamo imparato, siamo evoluti, siamo cresciuti e abbiamo creato dei rapporti con persone eccezionali che ci hanno reso migliori. Da sempre Esmach dà il benvenuto all’inizio della nostra giornata e da sempre ci accompagna nella nostra professione. Oggi, però, è un momento impegnativo perché un nemico difficile ci sta rallentando, sta cercando di bloccare il nostro lavoro e sta mettendo in difficoltà noi e le nostre famiglie in modo molto serio. Noi in Esmach abbiamo deciso di non accettare la sconfitta e di continuare a lavorare nella massima sicurezza per essere vicino a chi ogni giorno lavora con il pane, con la pizza e con le persone che ne hanno bisogno. In Esmach abbiamo deciso di metterci in sicurezza totale e di continuare a supportare i nostri partner perché oggi chi fa il pane è alla base della nostra società. È quello che tiene insieme l’alimentazione di tante famiglie e di tante persone e così sarà nei prossimi mesi. Per questo noi vogliamo esserci. Per questo noi vogliamo ogni giorno che voi possiate contare sul nostro supporto e per questo noi ci saremo”. Oltre ai manager delle industrie di produzione vi proponiamo i punti di vista di due gestori di locali, e di un manager della formazione. Il primo è Michael Cortelletti, che opera con ben sei locali nel centro di Verona, grande esperienza la sua e anche


l’Opinione

uno speciale ottimismo che di questi tempi è assolutamente necessario. Ecco di seguito un estratto della sua intervista. “Cosa succederà alla ristorazione dopo il COVID? Risorgerà, come un’araba fenice che riemerge dalle sue stesse ceneri. Più forte, più bella, più vitale di prima. Su questo non ho dubbio. La vera domanda è quando? Quand’è che riusciremo finalmente a spegnere questa epidemia? Quand’è che riusciremo ad avere una cura? Perché basterebbe una cura, per toglierci la paura per questa malattia. Che poi in quel momento, la vita torni rigogliosa, la ristorazione torni ad essere al centro della nostra vita, ne sono certo. Perché se c’è una cosa che queste settimane di solitudine forzata ci stanno insegnando, è l’importanza del poter stare assieme, incontrarsi, mangiare assieme, vivere in piazza, vivere con i nostri amici e per tutto questo la ristorazione è fondamentale. Non credo in un cliente prigioniero della psicosi da Coronavirus. Anzi, ci spronerà a essere ancor più vitali, ad aver voglia di vivere e celebrare. È chiaro però, che una delle nostre caratteristiche fondamentali, è quella di imparare, e impareremo anche da questa esperienza: cambieremo le nostre abitudini e le cambieremo per poi poter continuare a essere quello che siamo, esseri umani. La ristorazione post covid metterà al centro accoglienza, qualità e trasparenza e si scatenerà la creatività di ciascuno di noi, l’energia imprenditoriale dei ristoratori d’Italia.” Interessante anche il parere di Carlo Alberto Nardelli, gestore di due locali in Trentino, Birreria Pedavena a Trento e La Stube del Galletto a Cadine, questo un estratto dell’intervista fatta a Nardelli: “Pro-

babilmente mi sbaglierò, anzi sicuramente, ma non credo che quaranta-cinquanta giorni di chiusura, stravolgeranno completamente le nostre abitudini. Nel bene o nel male abbiamo sempre dimostrato di essere un popolo che dimentica abbastanza velocemente. Le tre parole chiave… elasticità mentale ed organizzativa, devi essere disposto ad accettare che il mercato potrebbe essere cambiato o in procinto di cambiare. Solidità mentale: ci aspettano sicuramente delle turbolenze e anche forti. E niente panico. Dobbiamo ricordarci sempre che siamo persone al servizio di altre persone. Non ci resta che attendere e capire come vogliono essere servite.” Marco Ranocchia - Fondatore e proprietario Planet One Service “Indubbiamente la crisi, come tutte le crisi, farà selezione: selezione dei più virtuosi, di coloro che hanno saputo risparmiare, persone che hanno agito con una managerialità a livello di conduzione delle proprie attività e che ha potuto accumulare da qualche parte un po’ di riserve per poterle mettere a disposizione in questi momenti che sono sicuramente molto difficili per ogni tipo di esercente del nostro settore. Indubbiamente la selezione sarà una cosa ovvia come tutte le grandi crisi. Dal mio punto di vista, credo che sarà il format che dovremmo mettere in atto sarà dare maggiore sicurezza ai clienti su cosa mangiano e su cosa bevono. Quindi una maggior conoscenza e coscienza alimentare e questo credo che sarà determinante. Il green avanzerà a dismisura. Il post Covid impone di essere molto bravi nella gestione. Una rinascita però dovrà avere grandi e nuove basi e in questo dovranno per forza fare i conti i nuovi manager, i nuovi titolari. Dovranno essere più bravi di prima, più coesi di prima e fare sistema”. Giuseppe ROTOLO 17


l’INTERVISTA

Alessandro Lo Stocco Quando la pizza è scienza e coscienza 18


l’INTERVISTA

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izza&core intervista Alessandro Lo Stocco che della buona pizza, dell’arte di farla e insegnarla, ha fatto la ragione della sua vita.

Allora Alessandro, come ti ritrovi in questo fantastico mondo: pizzaioli si nasce o si diventa, insomma come sei diventato pizzaiolo? «Sin da piccolo ho sempre avuto la passione per i prodotti da forno, ricordo che per frenare la mia “vivacità” mia mamma mi dava come “intrattieni” dell’impasto che prendeva dal panifico vicinissimo a casa. Passavo le ore a comporre piccole forme, un gioco creativo che probabilmente ha stimolato, favorito quella che un giorno sarebbe diventato il mio lavoro e la mia passione. Anni dopo, ne avevo 15, mi iscrissi all’Istituto alberghiero, avevo scoperto che la mia vocazione era quella di cucinare, preparare del cibo per gli altri. Poi per iniziare anche a guadagnare qualche soldino cominciai a fare le consegne a domicilio in una pizzeria vicino casa. Di li a poco il passo fu inevitabile, ricordo ancora troppo bene i miei “giochi” da bambino con l’impasto della mamma, mi proposi come aiuto pizzaiolo, una scelta di vita, da lì non mi sono più fermato e da allora la mia missione è stata: specializzarmi, imparare, approfondire sempre di più ogni aspetto di questo lavoro, e allo stesso tempo innamorarmi perdutamente di questo lavoro, dove la passione per quello che si fa è una componente essenziale. Una professione che svolgo con piena coscienza di quali sono valori che questo cibo contiene, e allo stesso tempo applicando la scienza, ovvero la conoscenza in ogni aspetto, ogni piccolo dettaglio per ottenere un prodotto di eccellenza». Quali sono state le esperienze lavorative fondamentali per la tua crescita professionale? «La più importante esperienza personale è stata quella di andare a vivere e lavorare a New York, mi ha aperto completamente la mente e cambiato il mio modo di vedere

il mondo, in più ho imparato l’inglese che tutt’oggi utilizzo nei miei corsi all’estero. Per le mie esperienze passate consiglio a tutti di fare almeno una volta un’esperienza di vita/lavoro fuori dall’Italia per capire e vedere meglio molte cose con i propri occhi!» Allora dicci dell’estero, vista la tua esperienza, sei sempre in giro per il mondo, che impressione hai del mercato estero? «La pizza è la parola più utilizzata nel food all’estero! È simbolo di Made in Italy e della nostra splendida nazione. Oggi sempre più, anche grazie al riconoscimento dell’UNESCO e a maestri pizzaioli come Gino Sorbillo, la nostra “autentica” pizza è sempre più richiesta in tutto il mondo!» Cosa diresti a un giovane che vuole fare questo lavoro? «Quello che mi sento di dire, a chiunque voglia fare questo lavoro, è di intraprenderlo solamente se si sente davvero innamorato da questa arte professionale. Di non aver paura di “sporcarsi” le mani all’inizio della gavetta, guardando magari, i propri punti di riferimento come obiettivo d’ispirazione e non d’imitazione». Il fenomeno Coronavirus inatteso e drammatico sta cambiando il mondo: come sarà secondo te il mondo della pizza dopo la bufera? «Il Coronavirus ha già cambiato il mondo purtroppo! Rientreremo con la paura e purtroppo avremo, ancora per un lungo periodo, il timore di non stare immersi tra le persone. Il delivery sarà fondamentale e bisognerà, per chi non lo è, attrezzarsi in maniera professionale per arrivare direttamente nelle case dei nostri clienti. Con calma però tutto tornerà alla normalità. Il tempo, “come nell’impasto della pizza”, migliora e aiuta a migliorare tutto riportandoci alla normalità». Giuseppe Rotolo

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NonsoloPizza

Pane Partigiano di Alessandro Lo Stocco

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La ricetta con poolish • 500 g farina tipo 1 medio forte • 400 g farina integrale “grossa” (crusca in scaglie) • 100 g di farina di carrube • 1000 g di acqua • 1 g di lievito di birra fresco Miscelare le farine, sciogliere il lievito nell’acqua e impastare tutto insieme. Lasciar lievitare per 14/16 ore a 20-22°C Impasto finale • Tutto il poolish fermentato • 500 g di farina tipo 1 medioforte • 20 g di lievito di birra fresco • 10 g di malto (in alternativa 20 g di miele o zucchero semplice) • 25 g di sale Procedimento - Impastare tutti gli ingredienti fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo. - Lasciar riposare in un contenitore unto fino al raddoppio (90/120 minuti). - Spezzare e formare le pagnotte e farle lievitare fino al raddoppio (60/90 minuti). - Infornare a 250°C con umidità iniziale per 20 minuti e scendere a 230°C per altri 20 minuti. I tempi di fermentazione possono variare in base alla stagione e alla temperatura dell’ambiente.

Il “Partigiano” pane come simbolo della resistenza Questa ricetta nasce da un racconto dei miei nonni che, come molti italiani in tempo di guerra sotto l’assedio tedesco, si sono adoperati nel panificare qualsiasi cosa potesse essere impastato e cotto: dai residui di grani nascosti in cantina e scampati al sequestro, fino ad arrivare ai legumi. Nella mia zona d’origine, nel Centro-Sud Italia, sono state usate tantissimo le carrube grattugiate. Ecco perché ho deciso di inserirle in questo pane a cui sono molto legato, per ricordare quei momenti difficili di vita. Un pane che ha il sapore della storia, con un gusto e un aroma molto particolari.

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1/3 degli italiani (36%) quando mangia una pizza sceglie la birra.

Il quadruplo di quanti provano il vino (8%), il doppio di quanti preferiscono un soft drink analcolico (16%).

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n abbinamento che è ormai diventato un cult, nonostante si affermi che pizza e birra, alla fine non vadano tanto d’accordo, lieviti da una parte, malti e lieviti dall’altra, potrebbero procurare un qualche “gonfiore” nello stomaco del consumatore, specie se l’impasto della pizza non è lievitato adeguatamente e se la birra

non è spillata correttamente. Tuttavia, lieviti o no, il matrimonio è di quelli solidi e indissolubili, tanto che oggi l’evoluzione della cultura birraria e l’affermarsi di pizzerie di qualità hanno diffuso una proposta articolata di abbinamenti e di varietà che permette di andare ben oltre il concetto di pizza Margherita con una Lager.

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Come la pizza quindi, anche i consumi di birra godono di ottima salute. Alle latitudini mediterranee la birra diventa sempre più la bevanda per tutte le stagioni. A fotografare l’evoluzione dei consumi in Italia è l’ultima edizione di “AssoBirra Monitor”, il report sull’andamento delle vendite nel Paese tra i propri associati, fra grandi, medi e piccoli birrifici insieme a 2 malterie. Parliamo del 90% della produzione nazionale e del 71% di birra immessa al consumo nel nostro Paese. L’indagine registra un +2,2% negli ultimi sei mesi del 2019 rispetto al secondo semestre 2018. Gli aumenti hanno riguardato sia i mesi più caldi, con un aumento del 7% a luglio, tradizionalmente il mese con il maggior consumo di birra in Italia, sia quelli più freddi, con una crescita dell’1,5% a dicembre. Tuttavia i conti dovranno essere fatti anche considerando la psicosi da coronavirus. Le vendite di birra dipenderanno da quanto il fenomeno inciderà sul flusso dei turisti attesi per le prossime vacanze e se gli italiani non si faranno intimorire, la vera incognita sono gli stranieri. Perché l’estate resta la stagione giusta per stappare, pur sempre, una bottiglia di birra e sicuramente i tanti italiani appassionati di questa bevanda ne approfitteranno per degustare nuove birre, provare inediti abbinamenti con piatti estivi o,

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perché no, scegliere come meta di viaggio proprio i luoghi della birra. La passione dei nostri connazionali per la bevanda di Cerere è confermata dai numeri: il 77% degli italiani, diciamo all’incirca 3 su 4, beve birra e lo fa perché si abbina perfettamente ai pasti. Tra i beerlover, inoltre, emerge un forte desiderio di conoscenza sulla birra, tanto che il 30% vorrebbe saperne molto di più o persino diventare un esperto. Il crescente interesse degli italiani per la birra è testimoniato non solo dalle statistiche ma anche dall’affezione agli eventi birrari. Resiste la vendita in occasione di sagre e feste, ma una mano la dà anche la “Giornata Internazionale della birra” (IBD, International Beer Day), istituita in onore della bevanda più antica negli States. Nata nel 2007 in un pub di Santa Cruz in California da Jesse Avshalomov si rinnova ogni primo venerdì di agosto. E sarà così il prossimo 7 agosto ma le altre date sono già fissate per il 6 agosto 2021, per il 5 agosto 2022 e così via. Nelle pizzerie italiane sarebbe bello invece indire una data per festeggiare insieme pizza e birra, magari divagando su nuovi farciture e nuovi stili, esplorando nuovi e originali abbinamenti per esaltare al meglio due cibi antichissimi che ancora oggi vanno d’amore e d’accordo.


La nuova comunicazione professionale nel mondo della ristorazione è sempre più social

news

Da oggi le attività editoriali di Input Edizioni si arricchiscono di un nuovo e impattante strumento di comunicazione,

Una speciale web TV attiva sulle maggior piattaforme dei social media

News giornaliere, focus di mercato, interviste con i protagonisti, tutorial e video ricette

la comunicazione del futuro è on line su Horeca Channel italia 25


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Napoli e

la Pizza

la magia continuerà

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La seconda edizione del libro, Napoli e la pizza, un po’ come tutti e tutto, ha dovuto subire gli effetti del Covid. Per le note ragioni la fiera TUTTOPIZZA, a maggio a Napoli, è stata rinviata a data da destinarsi e pertanto, anche il progetto editoriale che avevamo previsto di lanciare in anteprima per l’occasione, ha dovuto lasciare spazio all’emergenza. Ma le storie più belle - e quella di Napoli e la pizza lo sono - hanno grande vitalità, la pubblicazione si farà: è una promessa e un impegno. Ora, per noi, come per tutti gli italiani, mentre ancora viviamo come in un tempo in sospeso con l’ansia che scandisce le ore di giornate interminabili, è necessario trovare le energie più nascoste, le risorse più profonde per guardare avanti. Andrà tutto bene ci si è detto e ripetuto, così come si è detto e pa-

ragonato l’emergenza del Covid 19 ai giorni neri e terribili della seconda guerra mondiale. Il paragone è forse un tantino azzardato, la guerra è una storia ancora più terribile, tuttavia un nesso vi è: la capacità dell’essere umano di saper resistere alle difficoltà, quella magica resilienza che è dentro di noi, uno dei valori fondamentali dell’umanità. Ebbene per evidenziare quanto sia fondamentale questo valore, e alla guerra che fu (quella tragica degli anni ’40 del ‘900) vogliamo ripubblicare, eccezionalmente, su questo numero di Pizza&core, un racconto tratto dal libro “Napoli e la Pizza, la Storia comincia da qui”. Un racconto che parla di resilienza, di umani sentimenti e di pizza. Insomma quei valori speciali che sono emersi anche in questi giorni tristi di emergenza sanitaria. Il racconto si intitola “L’Ostia di Napoli” Giuseppe Rotolo 27


IL RACCONTO

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di Giuseppe Rotolo

Era il mattino inoltrato di un giorno di novembre dell’anno 1943. Un anno di guerra. Un altro. La città era illuminata da un sole spento che diffondeva un chiarore lattiginoso e si infiltrava come un clandestino fra cumuli di macerie, case distrutte e strade lacerate, la desolante cornice di una Napoli devastata da cento bombardamenti e che piangeva più di ventimila morti. L’uomo, alto e magro, stava dritto come un fuso seduto sul sedile passeggeri della jeep che avanzava per Spaccanapoli. Davanti, due motociclette gli facevano strada fra ali di una folla che si agitava in preda ad un entusiasmo isterico: urla, imprecazioni e preghiere si mescolavano in una litania assordante e dolorosa. Lui dava l’impressione di non sentire nulla, come avesse l’ovatta nelle orecchie, chiuso in un mondo, sordo alla disperazione che lo circondava. L’uomo diede un’occhiata sulla sua sinistra, dove incombeva la sagoma di un palazzo sventrato da una esplosione. Qualche mese addietro una bomba, una fra le migliaia che avevano violentato Napoli per mesi e mesi, l’aveva tagliato in due di netto. Ora rimaneva lo scheletro annerito della struttura e nella sezione rimasta in piedi si potevano contare i ballatoi delle scale e le stanze che componevano i vari appartamenti. I vani, affacciandosi sul vuoto, mostravano tutta la loro desolazione: dei letti sfatti, armadi capovolti e

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su qualche parete ancora dei quadri appesi. Sembrava la casa delle bambole, ma non profumava di borotalco, dava invece di polvere pirica, puzzava di fogna e di morte. Non era un gioco quello, era la guerra: tremenda, crudele, stupida guerra. L’uomo si portò la mano sul petto, lì dove scintillavano delle decorazioni, il riconoscimento della sua arte guerriera. Ma non provò orgoglio. Toccò le medaglie e guardò quelle macerie. Lo fece per un tempo indefinito, aveva gli occhi freddi, inespressivi e distanti. Un dolore gli giunse improvviso. Ma fu solo un attimo. Era la prima volta che provava qualcosa di simile, era come una vibrazione che dallo stomaco gli saliva fino alle tempie. E faceva male. La scacciò dalla mente in fretta: un soldato non prova dolore, meno che mai un generale e s’incamminò verso l’androne del palazzo che ospitava il suo quartiere generale. Aveva appena fatto due passi che un ragazzino si intrufolò furtivamente nel servizio d’ordine. Gli fu alle spalle in un attimo, allungò la mano e gli tirò il lembo della giacca. L’uomo si voltò con una faccia sorpresa. Ma le sue guardie del corpo furono più veloci del suo stupore, in un niente abbrancarono il fanciullo e lo scaraventarono in terra. Lo tennero con la testa nella polvere e le mani piegate dietro la schiena come fosse una belva feroce.


Ma il ragazzo era inerme, non aveva armi nascoste, non voleva fare del male. Voleva forse chiedere la carità, la semplice e preziosa carità. L’uomo vide quel corpo minuto schiacciato sul selciato e sentì di nuovo quel fastidioso dolore pulsare nelle vene. Questa volta la scossa fu più forte, tanto da provocargli una smorfia del viso. La folla intanto si era fatta muta. Un attendente gli si avvicinò facendo cenno che dovevano andare e gli pose la mano sulla spalla, ma l’uomo se la scrollò di dosso con un senso di fastidio e si avvicinò al ragazzo. Lo fece con lentezza, non capiva perché, ma si sentiva attratto da quell’essere indifeso, quasi risucchiato da quel corpo minuto, da quella pelle sporca. Lo guardò meglio, doveva avere sì e no dieci anni, aveva un viso dolce e disperato allo stesso tempo, era a dorso nudo, magro che si potevano contare le ossa del costato, indosso solo delle braghe lacere e stinte. Il dolore nella testa dell’uomo si fece acuto con delle fitte laceranti. Alzò lo sguardo verso la faccia del ragazzo e incrociò i suoi occhi. E rimase come paralizzato. Erano neri e grandi quasi un cielo di notte. Erano neri e profondi come un pozzo senza fondo. Erano vivi e vividi come uno specchio magico e avevano dentro una specie di forza misteriosa, invisibile, come quella di una calamita. E l’uomo gli si avvicinò ancor più. Il ragazzo vide le decorazioni sulla giacca verdone.

Chi era quel bambino senza futuro: uno dei mille scugnizzi napoletani o l’anima stessa di Napoli? L’uomo lo fissò a lungo quasi volesse studiarlo, poi inspiegabilmente gli fece un cenno come a chiedergli: “Che vuoi?” Il ragazzo intese e prontamente disse: “Generà, a vulite na pizza?” Alla proposta seguì uno scintillio di denti brillare in mezzo alla faccia lurida, in un sorriso ferino come quello di un animale che ha i sensi tesi allo spasimo. L’uomo non capì, ma i suoi pensieri intuirono una forma rotonda. Cercò con lo sguardo uno dei suoi gorilla che gli riferì la traduzione. Tornò a guardare il ragazzo attratto ancora dal suo sguardo. Il dolore gli risalì alla testa come una martellata. In quella faccia da scugnizzo vide tutta l’infanzia del mondo, quella che nessuno vorrebbe mai immaginare: i bambini orfani e randagi della Napoli bombardata come i bambini di Dresda che morivano soffocati dai gas o i ragazzi africani che saltavano sulle mine. Infanzia offesa, vittima innocente della violenza degli adulti e delle guerre di tutti i tempi. Esseri miserabili e indifesi, straziati nell’anima e nel corpo, affamati e dimenticati. Ricordò tutte le volte che nei mesi precedenti aveva dato l’ordine agli aerei di bombardare, facendoli decollare dalle coste africane per puntare su Napoli e vomitare sulla sua civiltà tonnellate di esplosivo. Ma era la guerra, e bisognava conquistare la pace. E lui, ammazzando e distruggendo, la pace la stava conquistando, così come aveva conquistato Napo-

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li. Era il conquistatore. Tuttavia, ora, di fronte a quel ragazzo con la faccia sporca, si sentiva indifeso. Di fronte a quell’anima pura provava un senso di smarrimento e una pulsione primaria lo agitava. Il conquistatore stava per essere conquistato. Il dolore lo opprimeva senza dargli tregua e non riusciva a liberarsene. Quell’essere miserabile gli offriva del cibo. Gli chiedeva se voleva una Pizza. Che sarà mai? Non si spiegò come e perché si avvicinò ancora più al fanciullo e si accovacciò per cogliere meglio quella luce negli occhi. Lo scugnizzo tornò a dirgli: “Generà, facitaville na pizza, è buona. Vi porto in un posto dove potete mangiare a migliore pizza e Napule”. La sua voce era calma, ferma e profonda come quella di un adulto. Era la voce di Napoli. Il generale non capì ciò che gli veniva detto, ma in fondo non gliene importava più nulla. Si rifiutò di capire. Quella proposta suonò come un annuncio, una promessa, qualcosa di meraviglioso che avrebbe incontrato di lì a poco. Sentiva una pressione nello stomaco, ma non era fame, avvertiva un senso di oppressione sulle carni come una forza che lo trascinava. Non riuscì a spiegarsi perché gli venne di dire: “OK, sciuscià, let’s go!” E gli diede la mano come la si dà a un figlio. Ma fu lui a farsi guidare. Percorsero insieme un pezzo di strada fra la folla silenziosa. Due esseri, mai così diversi, camminarono insieme

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per andare a mangiare la pizza. Camminarono con lentezza fino alla Pizzeria che stava proprio all’angolo con via dei Tribunali. Ogni passo che il generale compiva stringendo la mano di quella creatura sentiva il dolore farsi più tenue e avvertiva un senso di levità. Il locale aveva il banco con le pizze proprio sul ciglio della via. Sul ripiano c’era una pizza, sola e disadorna, poggiata sul legno nudo. Era lì, come se aspettasse il suo cliente; era lì, come lo attendesse da sempre pronta a conquistare il conquistatore. Era bianchiccia, fredda, nel suo ventre c’era un sugo di un rosso vermiglio che pareva sangue e spiccava ancor più sul pallido candore della pasta. Al centro degli spicchi d’aglio e una manciata di origano. Il ragazzo prese la pizza, la piegò e ripiegò su se stessa come una specie di libretto e la porse all’uomo, dicendo: ”Generà a mangiarla accussi e ancora meglio è l’usanza napoletana”. L’uomo prese la pizza. Intorno il silenzio della folla si fece più intenso e greve. La vita di quella gente pareva fosse tutta in quel silenzio, in quell’attesa. Lo guardarono mentre la portava alla bocca. Lo fece senza fretta in un tempo che parve sospeso. La mangiò con gli occhi chiusi, la mangiò senza gustarla, la mangiò senza sorridere, la mangiò e basta. Come a scontare le sue pene, a redimere le sue colpe. Come un’ostia la gettò nell’anima, in un atto di


comunione si nutrì del corpo di quella città, del suo cibo più povero, il cibo degli ultimi, quello più vero. Masticò con calma ad occhi chiusi, e quando li riaprì non trovò più accanto a sé il ragazzo. Si guardò intorno e non lo vide ancora, poi, seguì lo sguardo silenzioso della gente e lo notò mentre si arrampicava come un gatto sulle macerie del palazzo tagliato in due, per poi con un salto scomparire dietro un cumulo di pietre. Riapparve sul ballatoio del primo piano e si fermò a guardare il generale, alzò la mano in segno di saluto ed urlò: ”Generà, grazie assai”. Poi riprese di corsa a salire le scale della casa delle bambole, entrò in un vano che incombeva sul vuoto, aprì un armadio e scomparve nelle sue ante.

L’uomo continuò a fissare quella stanza, i suoi occhi non erano più distanti e inespressivi; ora cercavano, scrutavano avevano voglia di rivedere nuovamente quel ragazzo. Fissò a lungo il rudere malfermo, ma non venne fuori altra vita da quelle pietre, da quei tufi muti e sanguinanti. Portò istintivamente la mano al petto a toccare le sue medaglie e si accorse che ne mancava una. La croce d’oro non c’era più. Sparita. Dissolta. Rubata? No, no! Lo scugnizzo aveva deciso di barattarla con la Pizza. Un simbolo di vita contro un simbolo di morte. Il premio della pace contro il premio della guerra.

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focus story

Sono speciali, anzi piu' che speciali, diremmo unici

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l cibo, il buon cibo non è solo nutrimento per la vita, ma può anche essere strumento di riscatto e crescita sociale. È questo che ci racconta la storia di cui vi parliamo in questo articolo, una storia dove persone di grande altruismo e buona volontà, attraverso il cibo, la sua lavorazione, offrono una straordinaria opportunità a dei ragazzi speciali. È la storia de “La Conserveria” a Castiglion Fiorentino (Arezzo) un laboratorio di trasformazione alimentare che occupa in modo utile ragazzi con disabilità intellettiva, in prevalenza con autismo. Un laboratorio dove si producono conserve dolci e salate, piatti pronti legati al territorio sia per la provenienza sia per le ricette della tradizione, rispettando una corretta

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alimentazione il più possibile naturale e biologica. La fautrice di questa encomiabile iniziativa è Sara Rapini, fondatrice e presidente dell’associazione Ragazzi


story

Speciali Onlus che si occupa appunto di inserire nel contesto sociale e lavorativo ragazzi speciali, favorendo la reciproca conoscenza con la comunità o società civile. Racconta Sara a Pizza&core collection: «la grande valenza del progetto infatti è proprio nel dare un senso alla giornata con la continuità di un impegno quotidiano ed essere in un contesto lavorativo dignitoso e al tempo stesso con il rispetto della diversabilità. “La Conserveria” infatti nasce per non lasciare ai margini ragazzi che usciti dalla scuola e compiuto il 18esimo anno di età possano avere una occupazione dignitosa e non restino né a casa né in parcheggi qualsiasi. Sono consapevole - conclude con orgoglio Sara - che è una grande scommessa aver trasformato un’associazione di volontariato in un’impresa con ragazzi in prevalenza con autismo». Il prodotto che esce da “La Conserveria” si distingue in prima battuta per la qualità delle materie prime e delle lavorazioni, per i prodotti naturali attenti alla salute e l’ambiente, “La Conserveria” sensibilizza gli agricoltori a trasformare i prodotti in eccedenza, andando direttamente a raccogliere le eccedenze dei prodotti, questo per il rispetto alimentare e contro lo spreco. Senza dimenticare le finalità dell’associazione, che sin dall’inizio della sua storia ha abbinato al percorso di socializzazione una serie di progetti di inclusione professionale, molti dei quali legati al mondo del cibo e della ristorazione. Per prima è venuta la pizza. E si, alle origini questa associazione, ha messo come si dice le

mani in pasta, i ragazzi speciali infatti si impegnavano sul campo al fianco di cuochi, pizzaioli e pasticceri dell’Aretino con il progetto “Mani in Pasta”. Poi è arrivato l’orto biologico e alla fine il laboratorio. Oggi ci lavorano in quindici, ragazzi ormai indipendenti, ma seguiti costantemente da tre volontari. Sul campo con loro e con Sara, ovviamente anche le famiglie, supporto fondamentale per fare grandi imprese. Le famiglie dei ragazzi infatti forniscono il loro prezioso aiuto e dall’inizio hanno scelto di rinunciare alla retribuzione dei singoli per reinvestire ogni guadagno nella crescita dell’impresa e far si che potesse mantenersi sul mercato. I risultati sono arrivati uno dopo l’altro: dopo la linea di marmellate, succhi di frutta e conserve, si è passati alla vasocottura, con vuoto a rendere per il riciclo dei barattoli e ottimizzazione delle risorse, e presto ci sarà una linea di prodotti per le pizzerie, prodotti di qualità naturali e con il valore sociale… Prodotti speciali fatti da ragazzi speciali, unici.

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Pizza Scarpetta

Mozzarella di bufala campana DOP, fonduta di Grana Padano DOP 12 mesi, composta di pomodoro, basilico liofilizzato, scaglie di Grana Padano DOP 24 mesi. L’impasto della pizza accompagna alla perfezione un condimento che vuole essere un ricordo a uno dei gesti più tradizionali e iconici della tavola: la scarpetta. A chiudere questa preparazione, una spruzzata di Prime Uve Bianche in cui le note di frutta bianca come mela e pera si fondono con quelle più floreali del riesling. Nasce dalla distillazione di pregiate uve bianche, mature e profumate, che ne caratterizzano l’originalità. La sua freschezza aromatica deriva dalla purezza della materia prima, solo acini della migliore uva a perfetta maturazione, e dal metodo di lavoro esclusivo e rigoroso in ogni fase produttiva: dalla vendemmia alla fermentazione, fino alla distillazione. Prime Uve è un distillato prezioso, profumato e morbido, che si consiglia di servire a fresca temperatura. Caratteristiche organolettiche Profumo: fine, fruttato e floreale, misuratamente aromatico. Gusto: pulito, leggero, armonico. Gradazione alcolica: 39% Vol.

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Franco Pepe è il Maestro pizzaiolo che, dalla sua pizzeria Pepe in Grani di Caiazzo, è diventato negli anni una vera e propria icona della pizza italiana fino ad ottenere per il terzo anno consecutivo il titolo di migliore pizza d’Italia e del mondo. Il campione è legato da sempre alla tradizione campana, ma è altresì dedito al continuo studio e alle sperimentazioni degli impasti e delle cotture con un approccio innovativo.


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gliINGREDIENTIdi

Il partner ideale per la ristorazione Ricercare le migliori materie prime per sviluppare, produrre e commercializzare ingredienti di qualità: da sempre l’innovazione la ricerca dell’eccellenza è uno dei must che guida DEMETRA, un miglioramento continuo per essere in ogni occasione e per qualsiasi tipologia di pizza e pietanza il partner ideale per i professionisti della ristorazione moderna. Un gamma ampia e variegata, centinaia di prodotti di assoluta qualità, confezioni pratiche con i massimi standard di sicurezza: eccellenza chiama eccellenza, i migliori pizzaioli scelgono DEMETRA. E allora punta al TOP con la qualità DEMETRA, conquista i tuoi clienti con farciture uniche ed esclusive, come quelle che proponiamo in questa rubrica.

GAZPACHO Tipica zuppa di origine spagnola, a base di pomodori, peperoni, cetrioli. Da gustare fredda come antipasto, accompagnata da piccoli crostini di pane. Può essere gustata anche come aperitivo servita in bicchiere.

Demetra è importatore esclusivo per l’Italia e la Francia di Wiberg DEMETRA SRL - Via Roma, 751 - 23018 TALAMONA (Sondrio) ITALY Ph. +39 0342 674011 - Fax +39 0342 674030

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demetrafood.it

wiberg.demetrafood.it


la ricetta

PIOVRA ARROSTITA, QUENELLE DI RICOTTA AL BASILICO E GATZPACHO INGREDIENTI 400 g di gatzpacho Demetra N. 4 tentacoli di polpo cotti 200 g di ricotta di pecora q.b. pepe al limone Wiberg q.b. olio al limone Wiberg q.b. basilico ed erba cipollina Wiberg q.b. crostini q.b. sesamo bianco Wiberg

PREPARAZIONE Preparare la ricotta lavorandola con olio al limone, basilico, erba cipollina e pepe al limone. In una fondina ben fredda, sistemare la quenelle ottenuta, la zuppa di gatzpacho, e il tentacolo di polpo precedentemente cotto e ben grigliato. Guarnire con crostini, germogli e sesamo bianco.

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Bakery chef by a cura di Nico Carlucci

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Bakery chef

Grissini ai cereali by Nico Carlucci

Ingredienti - Kg. 1,2 Farina Molidoro - 120 gr. di semi vari (chinoa, lino, papavero e sesamo) - 24 gr di lievito di birra fresco compresso (2% sul peso della farina) - 20 gr di miele (1,67% sul peso della farina) - 0,600 gr di Vino Bianco (50% sul peso della farina) - 36 gr di olio extra vergine di oliva (3% sul peso della farina) - 30 gr. di sale marino fino

Procedimento Professionalità, passione per l’arte bianca e amore per il lavoro: è Nico Carlucci che cura questa nuova rubrica di Pizza&core collection. Una professionalità alla quale si aggiunge una grande capacita comunicativa, non per nulla Nico Carlucci è un apprezzato maestro, nonché collaboratore di importanti aziende molitorie e docente corso di panificazione e arti bianche presso importanti Istituti ed è membro del Richemont Club Italia sez. Sud da più di 10 anni. Nonostante venticinque anni di lavoro, la filosofia di Nico non cambia, crescere ancora professionalmente con la consapevolezza di avere ancora molto da imparare, nel frattempo con questa rubrica qualche piccolo prezioso suggerimento sui segreti dell’arte bianca lo svela.

L’impasto in planetaria con il gancio inserire la farina, il lievito e far ossigenare, miscelare per 1 minuto in planetaria. Inserire il miele e il vino bianco a piccole dosi e far “incordare” il nostro impasto. Questa procedura dovrebbe durare circa 10 minuti in 1a velocità o a velocità moderata. Subito dopo inserire l’olio extra vergine di oliva e lasciare assorbire dall’impasto, inserire il sale e innescare la 2° velocità per 4 minuti o a velocità elevata fino a che lo stesso non sia ben sciolto dall’impasto. In ultimo inserire i semi. Tirare fuori l’impasto dalla planetaria e stenderlo con l’aiuto di un mattarello o di una sfogliatrice allo spessore di 2 cm. circa e lasciare puntare per 30 minuti a temperatura ambiente (29,3°C con il 28% u.r.), coperto con telo in plastica e unto di olio (il pastone dovrebbe pesare circa 2,132 kg a 25,8°C). Tagliare i nostri grissini con l’ausilio di una rotella tagliapasta o della spatola, stirare e riporre in teglia lasciandoli lievitare per altri 30 minuti circa coperto con teli in stoffa e teli in plastica a temperatura ambiente. Cuocere in forno a 235° per 20 minuti con vapore iniziale. Il peso totale finale dei nostri grissini si dovrebbe aggirare su 1596 kg. 39


ristochef

a cura di Marianna Calderaro

Fagottini di grano arso

ripieni di melanzana, ricotta e basilico su fonduta di cacioricotta con pomodorino candito

La pasta fresca rappresenta uno dei pilastri della gastronomia Italiana, è la perfetta sintesi di ingredienti semplici e genuini, abilità manuale, creatività e varietà

Docente, chef, tutorial di cucina e consulente gastronomica, Marianna Calderaro, tesserata FIC, appassionata professionista che cura questa nuova rubrica su Pizza&core collection. Un’esperienza e una preparazione la sua formatasi con il Corso Professionale presso l’Istituto Eccelsa; ha partecipato a corsi professionali e vinto concorsi; ha collaborato con ALICE TV dove ha svolto attività di tutorial di cucina all’interno del programma televisivo “Casa Alice”, ha partecipato alla 7a Edizione di Masterchef classificandosi in sesta posizione, lavorando sotto la guida degli chef Barbieri Bruno, Cannavacciulo Antonino, Klugman Antonia. Selezionata come docente Puglia dal CEF (Centro Europeo di Formazione), attualmente lavora presso Masseria Montalbano Masseria Villaggio del XVI secolo.

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La ricetta che ho scelto di proporvi ha come protagonista il GRANO ARSO una Farina integrale derivata dai chicchi di grano bruciati rimasti a terra, nasce decenni fà in Puglia nella zona Daunia in pieno Tavoliere delle Puglie, facente parte di un’antica tradizione contadina ossia bruciare le stoppie per poter raccogliere con più facilità le spighe di grano cadute a terra coperte dalla vegetazione; oggi i semi sono sgranati e tostati, un po’ come avviene per i chicchi di caffè. Il risultato è una farina integrale, con più proteine e sali minerali, dal sapore intenso, affumicato, con sfumature di mandorla, nocciola e caffè tostato. La farina di grano Arso non va mai utilizzata in purezza ma miscelata ad altre farine in misura che può variare in funzione al prodotto che si decide di realizzare.


Ingredienti per 4 persone

Fagottini • Semola 210 g • Grano Arso 90 g • Uova 3 • Olio Evo 1 cucchiaino Pomodorini canditi • Pomodorino ciliegino o datterino 300 g • Zucchero a velo q.b. • Sale e origano q.b. • Olio evo q.b • aglio 1 spicchio • basilico 2 foglie

Ripieno alla melanzana • Melanzana 500 g • Ricotta 100 g • Basilico q.b. • sale q.b. • olio evo q.b Fonduta • Panna fresca 200 ml • Cacioricotta grattugiato 100 g

PROCEDIMENTO Miscelate le 2 farine e disponetele a fontana sul piano da lavoro, rompete al centro le uova a temperatura ambiente e aggiungete un pizzico di sale. Mescolate le uova con una forchetta, prendendo a mano a mano la farina dai bordi e aggiungere l’olio, lavorate l’impasto, quando inizierà a prendere consistenza lavoratelo per circa 10-15 minuti. Quando l’impasto sarà sodo ed elastico, formate una palla e lasciatela riposare almeno 30 minuti coperta con un foglio di pellicola o un canovaccio. Lavate e tagliate i pomodorini a metà disponeteli in una teglia con l’aglio e le foglie di basilico, condite con zucchero a velo, sale, origano e olio evo, infornate a 90° per 90 minuti. Passate il tutto al mixer e setacciate per ottenere una salsa liscia. Lavate e tagliate a metà le melanzane, incidete la superficie con piccoli tagli obliqui e posizionate all’interno le foglie di basilico, condite con sale e olio evo, infornate a 150° C per 45 minuti circa, a cottura ultimata prelevate la polpa della melanzana con un cucchiaio, amalgamate la ricotta setacciata e lasciate riposare in frigorifero. Stendete la pasta formando lunghe strisce sottili, coppare con forma quadrata, disporre il ripieno al centro con l’ausilio di una sac à poche richiudete il fagottino formando una x con i lembi. Riscaldare in un pentolino la panna versare a pioggia il cacioricotta grattugiato e sfiorare il bollore, emulsionare e passare al setaccio. In una pentola con acqua bollente salata, fate cuocere i fagottini per pochi minuti. Scolateli con una schiumarola, trasferiteli delicatamente in una casseruola con qualche mestolo di salsa al pomodorino candito, fateli insaporire. Disponete i fagottini nelle fondine sulla fonduta di cacio ricotta.

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COVID-19

Fondazione Vincenzo Casillo e Casillo Group donano 250.000 euro alla Sanità Pugliese

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’Italia non è divisa fra una parte rossa, in crisi, e un’altra che se la sta cavando. Come non lo sono l’Europa e il resto del mondo. Ci troviamo tutti in stadi diversi della stessa evoluzione. È un pensiero che deve generare prevenzione, la sola di cui dovremmo preoccuparci da giorni, ognuno per sé e insieme come comunità”. Abbiamo preso in prestito le parole di Paolo Giordano, noto scrittore e fisico italiano, perché interpretano al meglio il pensiero della Fondazione Vincenzo Casillo, che si occupa e si preoccupa della crescita della persona, del benessere delle comunità territoriali e del miglioramento delle condizioni di vita. Come sapete, la Fondazione si impegna quotidianamente a raccogliere l’eredità morale di Vincenzo Casillo e fare tesoro della sua visione, dei suoi valori. Vincenzo è stato un uomo generoso, sensibile alle

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esigenze di tutti, dedito al suo territorio e alle nuove generazioni. Ha mostrato un raro talento, quello di unire gli uomini, e non si è mai demoralizzato nei momenti di difficoltà. In virtù di questo e della più sincera vicinanza e solidarietà, la Fondazione Casillo grazie al sostegno della Casillo Group ha deciso di erogare un contributo di 250.000 euro al Sistema Sanitario Pugliese, il quale si sta predisponendo a fronteggiare l’emergenza COVID-19 in Puglia con solerzia e professionalità, coadiuvato anche dalle autorità politiche e amministrative della Regione che stanno garantendo con impegno e tenacia la massima osservanza delle disposizioni del Governo. “Stiamo vivendo un momento delicato, - afferma Vanda Casillo, Presidente della Fondazione e moglie di Vincenzo, - ma non dobbiamo perdere la gioia di vivere. Passerà e potremo considerare questa esperienza solo come un ricordo. Facciamoci


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coraggio e non perdiamo la speranza”. Questa è una prima azione che la Fondazione e il Gruppo Casillo compiono a beneficio di questa emergenza; qualora dovessero presentarsi nuove necessità, saranno attenti osservatori dell’evoluzione del fenomeno. Nel rispetto dell’ultima normativa del Governo, la Fondazione Casillo sospende ogni attività a contatto con il pubblico fino a data da destinarsi, ma rimane in ascolto delle esigenze, contingenti e non, di tutte le Associazioni del territorio che possono comunicare attraverso email o pagine social. Facendo inoltre parte del comitato editoriale di Vita, la Fondazione vi invita a seguire tutti gli ag-

giornamenti del portale che, in questo momento più che in ogni altro, si sta facendo portavoce delle emergenze umane, civili e sociali legate all’espansione del virus. Per chiunque desideri fare una donazione, la Regione Puglia ha istituito a cura della Sezione Protezione Civile che lo gestirà, un conto corrente sul quale convogliare le raccolte di fondi già avviate, che resterà aperto per tutti coloro che dall’Italia o dall’estero desiderino dare il loro contributo: IBAN IT51 C030 6904 0131 0000 0046 029 Intestato a Regione Puglia Causale: Donazioni coronavirus Regione Puglia

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pubbliredazionale

Pizza senza

buona e sicura con glutine

E intanto crescono le diagnosi di celiachia e il relativo business alimentare

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n Italia si stima che 1 persona su 100 sia affetta da celiachia e che il trend sia in crescita. Infatti, gli ultimi dati ufficiali del Ministero della Salute (Relazione parlamentare celiachia 2018) indicano un numero di celiaci pari a 214.239, ma riportano anche 7.500 nuove diagnosi annuali: nel documento si afferma quindi che di fatto venga colpito l’1% della popolazione. A questo si aggiungono altre patologie, per le quali è necessaria un’alimentazione a fini terapeutici, come l’allergia al grano e la sensibilità al glutine non celiaca. L’Horeca non può quindi prescindere dal mettere a disposizione un’offerta gluten free di alta qualità, sicura e varia. Dal 2009, anno della sua istituzione, Dr. Schär Foodservice si dedica ad offrire soluzioni senza glutine per la ristorazione professionale: tra gli altri, ha sviluppato un assortimenwww.drschaer-foodservice.com/it

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pubbliredazionale

to di prodotti dedicati al Canale Pizzeria, in grado di rispondere ad ogni tipo di esigenza. Pizza Mix Schär La novità del 2020, una nuova miscela senza glutine formulata appositamente per la preparazione di fragranti pizze e focacce. È un prodotto dalla resa elevata, perfetto per creare qualsiasi tipo di pizza, garantendo una facile lavorazione, un’ottima elasticità dell’impasto e un’eccellente lievitazione. Senza glutine, senza frumento, senza lattosio e senza conservanti, Pizza Mix Schär contiene inoltre una buona quantità di fibre vegetali. E la qualità e sicurezza sono garantite dal marchio Schär. Lo testimonia Antonio Sorrentino, executive chef di Rossopomodoro, che ha testato il prodotto in anteprima: «Pizza Mix Schär è una soluzione ottima per realizzare una buona pizza senza glutine. Per rendere l’impasto ancora più profumato e saporito, consiglio di fare un pre-impasto il giorno prima. La cottura è molto importante e deve essere eseguita con un forno dolce moderato, non aggressiva, chiaramente meglio se in forno a legna, che renderà la pizza fragrante e morbida». Impasto Pizza Schär Ormai una garanzia per il professionista che desidera coniugare la massima creatività con la comodità di una soluzione frozen: un impasto rivoluzionario senza glutine, monoporzione e molto versatile, perché consente di preparare

sia la pizza che altri lievitati salati e dolci. Impasto Pizza Schär si presenta come una pallina surgelata: una volta scongelata, è pronta per essere lavorata secondo la fantasia del pizzaiolo. «Per noi Impasto Pizza Schär è la soluzione ideale - afferma Anna Dalprà di Bepop Milano - perché consente di garantire una qualità costante della pizza, senza compromessi. E i nostri clienti l’apprezzano sempre».

Base Pizza Schär Per chi ha l’esigenza di ottimizzare gli spazi, ecco la risposta pratica e veloce per preparare una deliziosa pizza gluten free senza rischi. Antonino Corigliano, proprietario della pizzeria La Grotta di Ventimiglia (IM): «Base Pizza Schär è la soluzione che ogni pizzeria con esigenze di spazio dovrebbe avere in cucina. Noi assistiamo ad un aumento continuo delle richieste di pizza senza glutine, arrivando fino a 40 ordini al giorno. Base Pizza Schär consente di rispondere a questa domanda crescente con qualità e sicurezza». Si tratta infatti di un impasto pizza già steso, precotto e surgelato. Pronto per essere farcito, viene fornito con una teglia anticontaminazione: questo permette di utilizzare in totale sicurezza lo stesso forno e la stessa pala delle pizze contenenti glutine. Oltre ad un assortimento completo di prodotti, Dr. Schär Foodservice offre un costante supporto informativo sull’organizzazione, preparazione ed erogazione del senza glutine nel canale del fuoricasa.

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L’intramontabile fascino del

forno a legna

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ome in una sorta di cerchio magico la pizza racchiude i quattro elementi fondamentali della vita: la TERRA che dona il grano per l’impasto per il quale poi occorre inevitabilmente l’ACQUA, e poi l’ARIA che provoca quella speciale reazione che si chiama lievitazione, e infine il FUOCO, elemento sacro che lo rende cibo. Ebbene nel ripercorre il mito degli elementi FONDANTI, ci piace pensare che il FUOCO è, e resta, per la pizza, l’elemento più affascinante, ed è probabilmente per questo “ancestrale” motivo che in pizzeria, un forno a legna in bella vista, con quella fiamma che brilla vivida, è il centro assoluto dell’attenzione, il cuore caldo del locale, dispensatore di calore e di bontà, di quella pizza che dopo appena 90 secondi esce sfrigolante e profumata, delizia di tutti gli umani sensi.

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Da sempre il forno a legna è un must per tutti coloro che amano la pizza verace, con quel profumo particolare che nessun altro tipo di cottura può garantire grazie alle componenti aromatiche sviluppate dai vari tipi di legno utilizzati in cottura. Un forno a legna classico è costruito interamente in materiale refrattario; la camera di cottura ha una base in pietra sormontata da una volta sempre in refrattario alla quale è collegato uno scarico per i fumi. Il fuoco è quasi sempre posizionato al centro nelle prime accensioni per poi essere spostato su un lato durante tutta la cottura degli impasti. La pietra refrattaria sulla base, così come tutta la volta, sono riscaldate dal fuoco mantenendo una temperatura costante grazie all’accumulo termico garantito dai materiali di costruzione. Le pizze cuociono a diretto


forno fisso

contatto con la pietra ricevendo calore dalla stessa e cuocendo anche per irraggiamento e convenzione grazie al calore delle fiamme presenti nella camera di cottura. Per questo è fondamentale prestare grande attenzione alla legna da ardere, faggio e quercia vanno benissimo, offrono un’ottima resa, ma soprattutto è importante verificare che le forniture siano certificate per garantire che nella legna non ci siano sostanze nocive come l’arsenico, il cadmio, il cobalto, ecc. Costruire forni a legna per la pizza richiede antica sapienza, tecnica, grande professionalità e tanto passione per il proprio lavoro, un lavoro certosino, di valenza artigianale che in pochi in Italia sanno eseguire con quella perfezione che si definisce a regola d’arte, fra queste c’è certamente la rinomata e storica azienda napoletana, Stefano Ferrara. Eccellenza napoletana Stefano Ferrara artigiano di terza generazione ha iniziato il suo lavoro già da adolescente al fianco del padre conosciuto ed apprezzato artigiano del settore noto come Mastu Natale, dal quale ha potuto apprendere tecniche e segreti tramandati da precedenti generazioni per la costruzione di autentici forni napoletani per pizza, ancora oggi costruiti artigianalmente mattone su mattone, senza l’impiego di alcun prefabbricato, come da antica tradizione. Negli anni le varie competenze dell’azienda napoletana hanno raggiunto un grado di specializzazione di

forno mobile

Gennarino

notevole rilievo, oggi i Forni Ferrara, oltre che garantire ottime performance in termini di cottura e ritenzione calore, sono pezzi unici di artigianato napoletano apprezzati e richiesti in tutto il mondo. Ben tre le tipologie di forni disponibili, pezzi unici i cui rivestimenti possono essere personalizzati per ogni pizzeria. In primis ovviamente il forno fisso tradizionale napoletano con legnaia sottostante che viene appositamente costruito nel luogo dove potrà sfornare pizze per tantissimi anni. Tutti i materiali occorrenti alla costruzione sono inviati da Napoli a destinazione dove dopo giungono gli esperti artigiani a realizzare il “capolavoro”. Poi vi è il forno mobile, poggia su uno stand metallico di supporto ed è trasportato finito e pronto all’uso presso la destinazione prescelta. È facilmente movimentabile con un transpallet manuale e ciò favorisce eventuali cambi di collocazione se dovessero rendersi necessari. Per ambienti più piccoli Ferrara ha realizzato Gennarino, un prodotto da alte prestazioni in piccole dimensioni e peso contenuto. Disponibile in sole due dimensioni del piano cottura, diametro 80 cm e diametro 100 cm. Camera di cottura in mattoni refrattari, come tutti i forni Ferrara, e la struttura di sostegno e parte esterna frontale in acciaio inox. Tutti i forni Ferrara sono forniti completi di rivestimento esterno decorativo personalizzato a scelta del cliente tra i modelli a mosaico e scaglie di marmo palladiana. Tutti i nostri prodotti sono costruiti con materiali certificati e garantiti a norme CE.

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gliATTREZZIdelmestiere

Pale e Assi per pizza in pala o al metro, e pinsa romana

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a linea Azzurra di Gi.Metal offre ai pizzaioli una grande varietà di strumenti professionali. Si tratta di una linea che si caratterizza per un assortimento ampio e in grado di soddisfare qualsiasi bisogno del pizzaiolo: dalle pale tonde a quelle rettangolari, dalle superfici lisce alle forate ed in rilievo, teste in diversi materiali e molto altro ancora. L’Ufficio Ricerca&Sviluppo di Gi.Metal lavora costantemente per sviluppare prodotti che colmino bisogni al momento non ancora soddisfatti; del resto, se Gi.Metal è considerato il miglior alleato dei pizzaioli, un motivo ci sarà! La linea Azzurra infatti, ha da poco ampliato grandemente l’offerta, offrendo prodotti specializzati anche per i nuovi formati di pizza che negli ultimi tempi

stanno diventando un vero e proprio trend; stiamo parlando della pizza in pala o al metro, e della pinsa romana. Per rispondere alle esigenze di tutti i pizzaioli professionisti e consentir loro di raggiungere il migliore risultato, Gi.Metal propone differenti strumenti, che ottimizzino il loro lavoro a seconda della preparazione e del tipo di pizza proposto. Asse in alluminio Asse in alluminio anodizzato, con fresatura frontale, disponibile sia nella versione piena che forata, ed in ben 6 misure diverse. La varietà delle dimensioni consente di utilizzare l’asse per svariate preparazioni; la misura più piccola è indicata anche per prodotti del mondo panificazione. gimetal.it

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gliATTREZZIdelmestiere ASSE IN ALLUMINIO

L’alluminio anodizzato al posto del legno La proposta di Gi.Metal è quella di sostituire il legno, comunemente usato per le pale per pizza in pala/al metro e per la pinsa romana, a favore di un materiale leggero, solido, duraturo e indubbiamente più igienico come l’alluminio anodizzato. L’anodizzazione

neutra rende la superficie dello strumento uniforme, proteggendola dall’ossidazione, oltre a garantirne una leggerezza incomparabile. Queste tipologie di pizze prevedono generalmente di porre l’impasto per la cottura direttamente sulla pietra refrattaria, come per la pizza classica. Per questo motivo, diventa di fondamentale importanza anche la fase della pulizia del forno per garantire ogni volta un sapore unico ed autentico. A questo proposito Gi.Metal, ha lanciato sul mercato l’innovativa spazzola per la pulizia del forno elettrico, che a differenza di quello a legna, ha camere di cottura basse. La spazzola infatti presenta un bordo ribassato, ed un’altezza complessiva di soli 6 cm (le spazzole con il raschietto misurano quasi il doppio, 11cm); grazie alle setole in ottone di alta qualità, lo strumento garantisce una pulizia efficace e profonda, in sicurezza e tranquillità.

PALA AL METRO

PALA PER PINSA ALLA ROMANA

Pala al metro Lo strumento è stato ottimizzato rispetto alla versione precedente: più stabile grazie ai rinforzi laterali e con prestazioni avanzate per merito della nuova foratura. Pala in alluminio anodizzato, particolarmente indicata per le pizze dal formato maxi; per questo motivo è necessario che lo strumento sia robusto e affidabile ed allo stesso tempo maneggevole e leggero. Disponibile in 4 dimensioni diverse di testa e 3 di manico e nella versione piena e forata. Pala per pinsa romana Pala in alluminio anodizzato con testa 23x40 cm ideale per la gestione della pinsa romana. La misura dello strumento, che si propone in ben 5 diverse dimensioni di manico, lo rende perfetto anche per il mondo panificazione.

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ilVoltodelleAZIENDE

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ilVoltodelleAZIENDE

Il futuro della panificazione: nuove esigenze e nuove tecnologie a supporto dei professionisti

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a sempre, soprattutto in Italia, chi si occupa di pane è alla base della nostra società e, così come la pizza e tanti dolci lievitati della nostra tradizione, è quello che tiene insieme l’alimentazione di tante famiglie e di tante persone. Non si può negare che questo periodo abbia complicato un po’ la gestione di laboratori e punti vendita. Volendo però guardare il lato positivo, possiamo sicuramente prepararci alla ripresa focalizzandoci sulle nuove esigenze, sui nostri processi produttivi e sulle attrezzature a nostra disposizione. Ecco le riflessioni di ESMACH, azienda al servizio della panificazione con soluzioni per la gestione del lievito madre. Una situazione particolare quella che ci siamo trovati a vivere in queste settimane. Molte sono le domande e i dubbi che i professionisti del settore panificazione e pizzeria hanno condiviso tra loro e con i loro fornitori. «Le richieste

che ci sono arrivate riguardano questioni basilari, molto concrete. Si tratta di come produrre, approvvigionarsi, gestire scorte e prodotti, di come soddisfare i propri clienti, mantenendo un profilo rispettoso e allo stesso tempo infondendo sicurezza e positività» racconta Paolo Zunino, Amministratore Delegato e General Manager di Esmach. «Il panettiere, il ristoratore e il pizzaiolo, oggi, hanno bisogno di sfruttare al meglio le proprie attrezzature e i propri locali, con 3 semplici obiettivi: dare ai propri clienti un prodotto di qualità, differente e spesso “espresso”; far girare al meglio le scorte, avendone quantità limitate da valorizzare, prima che deperiscano; gestire orari di punta, ancora più stringenti, essendo improvvisamente calato il lavoro ma aumentata la domanda di consegna di prodotti di qualità». Senza dubbio, questa situazione influenzerà il prossimo futuro, a livello organizzativo e produttivo, ma

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ilVoltodelleAZIENDE

anche come modo di pensare o affrontare questa professione. «Per questo i nostri panettieri, ristoratori e pizzaioli hanno già bisogno di un sistema che permetta loro di mettere tutta la qualità possibile nella materia prima, per ridurre al minimo le operazioni, gli orari, le scorte» prosegue il sig. Zunino. «Sarà necessario per tutti noi preparare una vera e propria “catena”, dal magazzino del fornitore di materie prime, alla tavola (o al divano del cliente). Oggi contano velocità, qualità, minimizzare le operazioni e gestire le scorte, con un costante e continuo miglioramento per lavorare in modo snello, veloce, focalizzandosi su qualità e servizio». Nel periodo di ripresa e nel futuro di panifici, pizzerie e ristoranti, la tecnologia avrà un ruolo determinante. «Al giorno d’oggi lavorare con prodotti da forno è così diverso, perché il forno ha perso la sua importanza, per lasciare spazio ad impasti eccellenti, a una gestione dei lieviti madre impeccabile, alla conservazione del prodotto fresco fino ad un istante prima della cottura, che precede di poco la consegna. Per questo, oggi, l’unica tecnologia che può davvero risolvere le giornate e i mesi dei professionisti del settore è un sistema che onori materie prime e conservazione naturale, e riduca il più possibile le superfici di cottura tradizionali, ormai troppo grandi e troppo care nei consumi». Questa situazione di difficoltà ha messo in luce la necessità di avere attrezzature flessibili e sostenibili. «Oggi più che mai le attrezzature devono adattarsi al

lavoro del cliente e al flusso di domanda che il cliente ha dai suoi consumatori. Il resto è un sistema vecchio che questa ultima crisi ha definitivamente sotterrato» aggiunge Paolo Zunino. «Esmach, da sempre, lavora su questo sistema. EsmachLAB per i panettieri, EsmachLAB Smart per la ristorazione e la grande distribuzione, EsmachLAB Pizza Model per i pizzaioli, sono i sistemi di lavoro che esaltano la materia prima, riducono drasticamente i consumi energetici e gli scarti di produzione, abbassano fortemente le ore di lavoro e la necessità di personale “iperqualificato”, portando le spese operative a livelli mai visti in precedenza nel settore. Con Esmach il professionista può concentrarsi sul suo business, sui suoi clienti, sulla materia prima di eccellenza. Non serve più impazzire di notte, rincorrere pochi esperti sulla piazza, sprecando tempo e risorse: oggi possiamo lavorare in modo snello e con materie prime di qualità e personale volonteroso, anche di prima o poca esperienza». Conclude il sig. Zunino: «Se dovessimo descrivere il laboratorio di panificazione del futuro con 3 aggettivi, sarebbero senz’altro: facile, inteso come intuitivo e gestibile da personale volenteroso e serio; sostenibile, con costi operativi ridotti, controllo sui consumi, sulle produzioni e sui magazzini; ricco per il nostro consumatore, con un’offerta qualitativamente più alta, ad un costo minore per noi e quindi più remunerativa, in quantità prevedibili e gestibili». www.esmach.com

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dolciTentazioni

ussi

eR by Giusepp

Ricetta tratta dal libro “La Dolce Sfida Mondiale” Frolla alle mandorle - 350 gr di farina 160w - 200 gr di burro - 120 gr di zucchero a velo - 50 gr di polvere di mandorle - 60 gr di uova - 1 gr di sale Lavorare il burro con lo zucchero e il sale, poi unire le uova ed infine la farina e la polvere di mandorle, impastare il tutto. Cuocere a 150°C per 16 minuti. Crema pasticcera speciale - 300 gr di latte - 30 gr di panna - 70 gr di tuorli - 65 gr di zucchero

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Mono crostata ai lamponi, mandorle e prosecco - 15 gr di amido di mais - 15 gr di amido di riso - 1 bacca di vaniglia - 1 gr di sale - 30 gr di mascarpone Mescolare le polveri con i tuorli. Scaldare il latte e aggiungere il composto di farine e tuorli e cuocere la crema. A fine cottura unire il mascarpone. Cremoso alle mandorle - 500 gr di panna - 80 gr di zucchero - 120 gr di tuorli - 7 gr di gelatina - 35 gr di acqua per idratare la gelatina

- 100 gr di pasta aromatizzante alle mandorle Cuocere la crema inglese a 83°C, unire la gelatina e la pasta di mandorle. Gelatina al prosecco - 350 gr di prosecco - 150 gr di zucchero - 50 gr di acqua - 5 gr di gelatina Idratare la gelatina con l’acqua. Portare a bollore il prosecco con lo zucchero, unire la gelatina e mixare il tutto. Lamponi freschi


dolciTentazioni

asar by Enrico C

Ricetta tratta dal libro “La Dolce Sfida Mondiale”

ano

Brasil

Pâte de fruit - 30 gr di polpa frutto della passione - 40 gr di polpa mango - 10 gr di succo di lime - 40 gr di zucchero semolato - 5 gr di zucchero sorbitolo - 0,6 gr di agar agar - 10 gr di zucchero semolato

Ganache esotica - 200 gr di polpa di mango - 60 gr di polpa frutto della passione - 20 gr di zucchero sorbitolo - 30 gr di destrosio - 35 gr di glucosio 60 DE - 90 gr di burro anidro - 410 gr di copertura al latte 38%

Portare a cottura le polpe con gli zuccheri, raggiunti i 70°C aggiungere l’agar agar miscelata con i 10 gr di zucchero; continuare a mescolare con la frusta fino a raggiungere i 100°C. Lasciare raffreddare a temperatura ambiente.

Scaldare le polpe e gli zuccheri a 40°C. Fondere la copertura al latte con il burro di cacao a 35°C. Mettere tutti gli ingredienti nel mixer ed emulsionare.

Finitura Utilizzare uno stampo in policarbonato a una temperatura di 22°C. Con l’aiuto di un pennello a setole dure macchiettare lo stampo con burro di cacao rosso, giallo e arancione alla temperatura di 28°C. Completare aerografando tutto lo stampo con del burro di cacao bianco a 30°C. Stampare con copertura bianca 33%. Riempire gli stampi dosando una piccola parte di pâte de fruit sul fondo e lasciar cristallizzare a temperatura ambiente. Finire con ganache esotica. Sigillare dopo 12 ore (a cristallizzazione del prodotto avvenuta).

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ristorazione

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ristorazione

Super farine e menù gourmet per bimbi, i trend bio 2020 Non si arresta la crescita del bio in Italia (4%) e nel resto del mondo

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’onda di successo del mercato biologico non si arresta, anzi continua la sua crescita a livello globale. Lo confermano i dati presentati dall’autorevole Research Institute of Organic Agriculture (FiBL, Svizzera) e da IFOAM, la Federazione delle associazioni del biologico a livello mondiale. La superficie globale coltivata secondo i criteri della produzione biologica è salita di due milioni di ettari in un solo anno mentre il mercato dei prodotti bio ha superato per la prima volta i 100 miliardi di dollari, pari a quasi 97 miliardi di euro, secondo rilevazioni compiute in 186 nazioni. Il nostro Paese vanta ottimi risultati in tutti gli ambiti: dalla produzione alle superfici coltivate, fino ai consumi e all’export. L’Italia è il

quinto mercato mondiale per consumi per un valore di 3,5 miliardi di euro e l’ottavo Paese per superfici coltivate a bio con poco meno di 2 milioni di ettari. I margini di crescita sono ancora ampi: basti pensare che la quota di mercato del bio è al 4%. Ma cosa mangeremo quindi nel

2020? Quali saranno le tendenze a tavola e nei ristoranti? Dai prodotti ottenuti con agricoltura rigenerativa (che permette cioè di recuperare terreni esausti) alle super farine, dai sapori dell’Africa occidentale ai menu gourmet per bimbi: ecco cosa ci sarà sulle tavole degli italiani. Sicuramen-

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ristorazione

moringa te prodotti di agricoltura rigenerativa ovvero provenienti da coltivazioni e allevamenti che mirano a recuperare terreni degradati e impoveriti da un eccessivo sfruttamento. Migliorano la biodiversità con un impatto positivo sui cambiamenti climatici. Grande fermento anche nel mondo delle farine e dei prodotti da forno. Nell’anno in corso si prevede una crescita dell’uso di farina di teff (senza glutine, è ottenuta dai minuscoli semi di un cereale originario dell’Etiopia e dell’Eritrea) e di tigernut, derivata dalle omonime noccioline. Il 2020 sarà anche l’anno delle farine di frutta e verdura, come quella di banana e quella di cavolfiore. E per i patiti del settore healthy, ci sono le super farine che forniscono proteine e fibre. C’è poi una grande curiosità verso ingredienti e piatti tipici dell’Africa occidentale. Vanno forte la moringa, il tamarindo e i cereali della zona (sorgo, fonio, teff e miglio), ma anche i piatti a base della triade pomodori, cipolle e pe58

tamarindo peroncini, o di arachidi, zenzero e citronella. Dalle nazioni dell’Africa occidentale (Niger, Senegal, Sierra Leone, Costa d’Avorio, Mali, Nigeria…) arrivano anche piatti come il pollo yassa o il riso jollof. Gli snack invece invadono il banco frigo. Anche per lo spuntino la parola d’ordine è fresco: uova sode con condimenti salati, zuppe bevibili, barrette con frutta e verdura. Tra i benefici di questa tendenza, c’è il fatto che la lista degli ingredienti degli snack si accorcia (basti pensare all’uso dei conservanti) e diventa potenzialmente più salutare. Quanto ai prodotti vegetali, dopo anni di dominio incondizionato nei sostituti vegetali, per il 2020 la soia registrerà una battuta d’arresto in favore di nuove miscele adatte ai vegani. Tra gli ingredienti alternativi alla soia (e a loro volta fonte di proteine) ci sono fagioli verdi, semi di canapa, zucca, avocado, semi di anguria, alga clorella dorata. E se il burro di arachidi è un classico americano,

quello appena iniziato si prospetta come l’anno dei burri da ogni tipo di seme. Accanto alla già nota tahina (ottenuta dal sesamo) sono in arrivo cremose salse vegane a base di burro di semi di anguria o di zucca di noci, di mandorle, di ceci. Prenderanno piede nuovi ingredienti per dolcificare, a partire dalle riduzioni sciroppose di frutta ottenute con melograno, datteri, cocco, l’asiatico monk fruit. Bene anche gli sciroppi dolci fatti con amidi come sorgo e patate dolci o lo swerve, un dolcificante non glicemico a zero calorie. Per finire non mancheranno menu gourmet per bambini: le aziende del food puntano ai buongustai del futuro e propongono cibi gourmet anche per i più piccoli. Dai bocconcini di pollo biologici ai bastoncini di salmone non impanati, dagli alimenti fermentati o speziati alle paste colorate fatte con farine alternative. Anche l’alimentazione dei bimbi, dunque, nel 2020 va incontro alla sperimentazione e al fusion.


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rubrica a cura del Direttore Giuseppe Rotolo

“Dallo sputo alle foglioline d’oro”

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l mondo della pizza è vario e variegato, un settore dove non mancano peraltro personaggi fulminati che quando aprono bocca combinano un sacco di danni. Bene vediamo questi disastri da vicino. In tempi di Coronavirus ha fatto il giro del mondo il video prodotto e pubblicato dalla TV francese Canal+ che, per raccontare il disagio e forse anche per prendere le distanze dall’Italia e dagli italiani alle prese con l’epidemia di COVID 19, ha avuto la stupida, malsana idea di realizzare un video dove una specie di pizzaiolo, (sicuramente uno che recitava, peraltro brutto come il debito) dopo aver sfornato la pizza, facendo finta di tossire ci sputava dentro un qualcosa di inguardabile di colore verde virus. Cosa volevano comunicare questi geni della televisione d’oltralpe? Che gli italiani sono degli appestati? Che la pizza e i pizzaioli sono degli untori? Che è meglio lasciar stare la pizza italiana, visto che ci sputano dentro? Sappiamo che la mamma degli imbecilli è sempre incinta e supponendo che a Parigi si dia molto da fare, ma è davvero incredibile che in un paese civile, e la Francia lo è, ci possano essere dei comunicatori, dei giornalisti disposti per un po’ di misera

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notorietà a scendere così in basso. I Francesi hanno parlato di satira, di uno sketch tanto per ridere. E no!, non va bene, cosa direste se noi italiani (tanto per rendere pan per focaccia) ci scaccolassimo per poi inserire il delizioso frutto delle nostre narici in qualche bottiglia di campagne? Che poi a vedere la bottiglia in controluce potrebbero dire “ma che bontà, ma che bontà, ma che cos’è questa cosina qua? “ est bon, est bon, est le secret des Italiens. Ma gli italiani dovranno rinunciare loro malgrado a fornire le loro produzioni nasali, infatti i cari cugini francesi si sono scusati e l’infausto video è stato subito rimosso. Alla fine tutto è bene quello che finisce bene. La pace della pizza è stata poi definitivamente sancita con tanto di pizzata presso il locale di Gino Sorbillo a Roma, dove è intervenuto l’Ambasciatore Francese Christian Masset, insieme


al nostro ministro degli esteri Luigi Di Maio. Probabilmente non hanno neanche pagato il conto. Così come non pagheranno il conto del danno arrecato a livello mondiale sul nostro piatto tricolore. Comunque scuse accettate, anche se la porcata sulla nostra pizza ha fatto più male della testata di Zidane a Materazzi nella finale dei mondiali del 2006. Anzi quella non ha fatto male per nulla, visto che poi, noi italiani, abbiamo stragoduto come dei ricci. Pizza da pazzi Dallo sputo alle foglioline d’oro, parliamo di una pizza dal costo di 70mila dollari, che più o meno sono 62mila euro. Un’idea degna di menti al cui interno al massimo ci sta una lampadina fulminata. La speciale pizza, realizzata da uno chef privato, ha una base di foglia d’oro ed è condita con besciamella di parmigiano, carne di manzo giapponese, foie gras, tartufo bianco e caviale. “Davvero buona” è stato il commento dello youtuber americano Mr Beast, non sappiamo se il “mutuo” lo ha fatto prima o dopo averla mangiata. Sappiamo solo che

per valorizzare l’investimento ha rinunciato alle sedute liberatorie per almeno un mesetto: “Me la tengo, me la tengo non si possono buttare nel water tutti questi soldi”. Se vogliamo anche questa esagerazione, che riteniamo una fake news bella e buona, ma che gira in modo straordinario sul web, sia stata costruita ad arte per far parlare e farsi pubblicità. Anche in questo casa la “Pizza” è usata, fatta serva di altrui esigenze, scippata alla sua originaria missione: essere cibo semplice e per tutti, economico, universale, diremmo ecumenico che va rispettato, tutelato, come patrimonio di tutti, come appunto patrimonio dell’umanità. Occhio comunque a questo youtuber americano Mr Beast, mangia più soldi lui che quando cala il Down Jones nel venerdì nero. Infatti fra le altre sue bravate costosissime il suo curriculum annovera alette di pollo d’oro da 64 dollari, un frappè da 100 dollari, un formaggio grigliato da 250 dollari, un gelato da 1000 dollari, una bistecca da 2000 dollari, un maiale con salsa allo Scotch invecchiato 26 anni da 3000 dollari, una bistecca tomahawk da 4000 dollari e un tacos con caviale e nero di seppia da 5000 dollari. Con la pizza infine ha fatto il botto. Speriamo sia esploso anche lui.

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La solidarietà ai tempi del Coronavirus La Famiglia Zoppas dona un milione di euro Fra le diverse iniziative di solidarietà che il mondo Horeca promuove contro il COVID-19 segnaliamo l’iniziativa della famiglia Zoppas e del Gruppo San Benedetto che ha donato un milione di euro alla Regione Veneto. Con la donazione, si legge nel comunicato, “un grazie infinito a tutti i medici e infermieri che, giorno e notte, danno un contributo concreto nella lotta contro il Covid-19 garantendo assistenza alle tante persone bisognose di cure”.

Galbani, Moka Sir’s e Riso Scotti insieme per medici e infermieri “Aiutiamoli ad aiutarci” è il nome che si è dato il gruppo di cittadini pavesi che in due giorni ha organizzato un’iniziativa di solidarietà dedicata a chi lavora nei reparti degli ospedali maggiormente sotto stress durante l’emergenza coronavirus. Tra questi, il San Matteo di Pavia. Moka Sir’s, ha messo a disposizione macchine per il caffè e capsule (15.000 capsule), Riso Scotti e Galbani merendine, muffin, plumcake, crackers, barrette (2800 monoporzioni a settimana fino a fine emergenza), formaggi, salumi e yogurt (650 porzioni a settimana fino a fine emergenza).

Orogel: 800mila euro per l’emergenza Gruppo Orogel ha deciso, tramite la sua Fondazione onlus Fruttadoro Orogel F.or., di donare per l’emergenza 800mila euro. La parte più considerevole dell’offerta è destinata all’ospedale Maurizio Bufalini di Cesena per l’acquisto di macchinari e attrezzature necessari a rendere maggiormente funzionale e operativo il reparto di terapia intensiva; la restante parte viene invece donata alla Caritas di Cesena per iniziative di aiuto e sostegno ai più bisognosi. Lavazza dona 10 milioni di euro Tra i primi a muoversi per donazioni in grado di fronteggiare l’emergenza c’è stato Gruppo Lavazza: 6 milioni saranno destinati alla Regione Piemonte per sostenere le strutture sanitarie, tre milioni andranno alla Fondazione La Stampa, specchio dei tempi che si occupa anche di supportare scuole e anziani, e un altro milione di euro ad associazioni ed enti impegnati per tutelare le fasce più deboli e disagiate della popolazione. Scrive l’azienda in una nota: “Il Gruppo Lavazza, insieme ai suoi collaboratori, desidera dare un segnale positivo e di impegno concreto, nella convinzione che con il contributo congiunto e immediato di tutti si possa uscire dall’emergenza e consentire all’Italia di ripartire”.

Molto bella anche l’iniziativa del Birrificio Artigianale Napoletano “Je Sto Vicin a te” Il nome è un chiaro riferimento alla canzone del grande artista napoletano Pino Daniele. Essendo una birra artigiana, N’artigiana è fatta a Napoli, tutte le iniziative sono di stampo territoriale, per la valorizzazione della cultura e delle tradizioni che contraddistinguono il popolo napoletano. Per lo staff del Birrificio Artigianale napoletano è uno stile di vita, un modo di aiutare il prossimo. Con l’iniziativa solidale si è voluto destinare, per ogni cartone di birra venduto, 5 euro all’Azienda Ospedaliera dei Colli di Napoli per l’acquisto di attrezzature e strumenti necessari a chi in prima linea è coinvolto nella lotta all’epidemia del Covid-19. 62


Pizza Girl Pizza Girl, la pizza secondo le donne, è la nuova trasmissione dedicata alla pizza e al mondo femminile, a partire dal 27 aprile su LA5. Il format, ideato dal regista Carlo Fumo, rappresenta una bella innovazione nel panorama della serialità televisiva dedicata al mondo del Food. Impegnate nell’iniziativa 4 maestre pizzaiole in 5 puntate a testa. Presenti come ospiti personaggi dello spettacolo e giornalisti che metteranno le mani in pasta per quello speciale coinvolgimento che solo la pizza, sa offrire. Le farine per gli impasti saranno fornite dal Molino Pizzuti, anche in questo caso una donna in evidenza, Mariella Pizzuti. Non c’è dubbio la pizza è sempre più donna.

La pizza Revolution di Le 5 Stagioni Sempre più social e sempre più leader, Le 5 Stagioni attiva un nuovo e coinvolgente canale social su Istagram, una nuova avventura chiamata #PizzaRevolution. Agugiaro&Figna Molini insieme a giornalisti, comunicatori, fotografi, video maker, antropologi, scrittori, foodblogger, pizzaioli e chef ripensa alla pizza nel suo valore simbolico e iconico. Un modo nuovo per parlare di pizza, ma con la stessa passione di sempre!

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Anno XVII - n° 104 / 2020 Iscritta al Tribunale di Bari al nr. 02/2003 Iscritta al R.O.C. al nr. 6648

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�, ?/iè SAN BENEDETTO

''Napule è mille culure ,, Mille colori e mille sapori legano la storia di Napoli a quella del nostro Mulino. Una storia fatta di passione, generosità e rispetto della tradizione.

Thè San Benedetto Zero

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Il mulino di Napoli

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Il magazine dedicato al mondo della pizza e della ristorazione

Anno XVII - n° 104

Euro 2,50 • Poste Italiane • Sped. in a. p. 45% • art. 2 comma 20/b legge 662/96 • Aut. DCO/DCBA 23/2003 del 23/01/2003 • Tassa riscossa • ANNO XVI • Edizione trimestrale • Contiene I.P.

n.104


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