Anno XIII - n° 76
Euro 2,50 • Poste Italiane • Sped. in a. p. 45% • art. 2 comma 20/b legge 662/96 • Aut. DCO/DCBA 23/2003 del 23/01/2003 • Tassa riscossa • ANNO X • Edizione bimestrale • Contiene I.P.
Il magazine dedicato al mondo della pizza e della ristorazione
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n.76 2015
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è sem sempre un grande fermento nel mondo ferm ddella ll pizza: e questa è sicuramente una bella notizia e attesta, ove ce ne fosse bisogno che, nonostante le criticità e l’annosa congiuntura è un mondo più vivo che mai. È un fermento che ribolle. È un po’ come il lievito che con i suoi miliardi di microrganismi modifica e fa crescere l’impasto. Alla stessa stregua il fermento che si respira nel mondo pizza sembra inarrestabile. Lo registriamo noi di Pizza&core, nei nostri giornalieri contatti con gli operatori e con le aziende di produzione di beni e prodotti per le
pizzerie. rie. Lo riscontriamo anche dall’interesse resse dei d consumatori che “amano” e “consumano” la pizza “con “c onsum sempre molto attenti atten entitii alle alle proposte e sempre più prontii a valutare valuutaare va re la la qualità dei prodotti. Ebbene, proprio questa crescita “culturale” stimola oltremodo la voglia di fare e la creatività degli addetti ai lavori. I quali, ad esempio sperimentano e propongono nuovi impasti utilizzando cereali alternativi, applicando metodi e procedure di lavoro, stuzzicando in questo modo l’interesse e la curiosità dei consumatori che ricercano e sanno apprezzare i prodotti esclusivi. Ma oltre agli impasti sempre più sofisticati, il “fermento” riguarda anche le farciture. Qui la novità riguarda la scoperta, o meglio la riscoperta del patrimonio gastronomico regionale. A riguardo delle cose buone da mangiare, in Italia dalla Valle D’Aosta alla Valle dei Templi abbiamo una diversità unica al mondo. Potremmo riempire un’intera enciclopedia culinaria. Ebbene il Fermento
ha preso questa grande storia e laa sta portando intatta, su una schiachia iacia cciata di pasta. In questo modo si odo do si sta aprendo un universo ers rsoo di di ricette ricce senza fine che h non he non potrà potrà ottrà r che c far bene bene alla alll a pizza pizza pi zzza e a tutto il suo indotto. Sui menù di alcune pizi d tt zerie si leggono, infatti, di ricette che valorizzano i prodotti autoctoni, offrendo così conoscenze e gusto del territorio. In altri termini offrendo unicità. Ma il Fermento non riguarda solo il prodotto e l’offerta gastronomica, sempre più si manifesta da parte degli addetti ai lavori in un nuovo e più diretto approccio verso i propri clienti. Con l’avvento di internet e con il boom del social network sempre più il mondo della ristorazione si propone, conquista e fidelizza i clienti in modo nuovo e diretto. I blog sulla pizza sono sempre molto affollati, il popolo della rete ama questo prodotto. É questo non può essere che positivo. É un segnale forte che sta dando i suoi buoni frutti, sta cambiando questo mondo, com’è nella natura delle cose. Il Fermento è come il lievito: è vita. Giuseppe ROTOLO 3
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Questo Numero 03 07
Editoriale
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PRIMO PIANO: CELIACHIA. Quanto ne sanno i ristoratori oggi?
IN AGENDA
Il volto delle aziende: Dr Schär Il volto delle aziende: Stefano Ferrara Forni dalMondo: La pizza etica di Grégory Brotcorne
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Pizza Talent Show: La coppia vincitrice del premio web
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Ad ogni locale il suo... tovagliato
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Pubbliredazionale: Molino Rossi il molino che guarda avanti
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Hasen-Bräu. Piacere autentico e genuino
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Locali: Basilico Bianco. Profumo di esclusività.
imPastiAmo: Impasto Black by Luca Antonucci nonSoloTonda: Forme di pizza: Pizza Frezzella Lady birra SaporediVino: Chardonnay QB
PIZZA CHEF: Raffaele Borrelli
RistoMarketing: I tanti usi del QRcode Una Ristoidea per te: Primo e dessert da RISTONEWS.com
Eventi Sei mesi di innovazione con A.P.P. Una pizza al farro da 110 e lode Essere differenti per... emozionare il cliente La Provocazione: Siamo alle pezze e puntiamo al baratto. In agenda I nostri partner Abbonamento e gerenza
primo piano a cura di Marianna IODICE
CELIACHIA Quanto ne sanno i ristoratori oggi? Moda per molti, necessitĂ per pochi: il gluten free, terapia salvavita per i celiaci, non deve essere una moda alimentare 9
“Of frire un’alternativa senza glutine migliora l’immagine del locale e amplia il numero dei clienti, perché non c’è solo il celiaco, ma tutto l’indotto di familiari, amici o colleghi che mangiano insieme”
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l mondo dell’alimentazione, anche nel fuori casa, si sta evolvendo sempre più in un’ottica “salutista” e “funzionale”. Unendo il crescente bisogno di novità a specifiche esigenze di dieta dei consumatori, i pizzaioli adottano sempre più impasti particolari in cui il “nuovo” e la “funzionalità” del prodotto appagano il cliente moderno. Così vediamo ogni giorno sempre più pizze “attuali”, lontane dalla classica Margherita. Partiamo dalla base: acqua, lievito e farina. Si può innovare sull’acqua, usando quella di mare trattata per uso alimentare, con contenuti di sodio costante e altri sali minerali utili; si può migliorare l’impasto attraverso il lievito, tornando alla tradizione con il lievito madre. C’è poi il vasto mondo della farina con i mix di grano e altri cereali (segale, farro, kamut, tutti cereali con caratteristiche peculiari, alto contenuto di fibre, vitamine, proteine vegetali, ecc.); mix con principi che aggiungono funzionalità agli impasti (aloe vera, pandivigna, spezie particolari, canapa sativa, che danno quel tocco in più con le proprie peculiari proprietà). In pizzeria il mondo dell’impasto diventa un terreno di esplorazione, di conquista per nuovi esperimenti che devono aggradare il palato, la curiosità, l’estetica, ma anche il crescente fabbisogno nutritivo, le esigenze di dieta, la digeribilità del prodotto. Un discorso a parte, però, merita il senza glutine, terreno in cui l’informazione non è mai troppa, né scontata. Da anni ormai i pizzaioli si interessano all’offerta per i celiaci, ma ci sembra interessante approfondire questo tema dando il giusto spazio, perché l’offerta gluten free entra al 100% nel campo della “terapia
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medica”, in quanto la dieta senza glutine è l’unica terapia per chi ha questa intolleranza permanente al glutine, senza di essa i rischi per la salute sono altissimi. Per approfondire il tema della celiachia e della dieta gluten free in rapporto al mondo della ristorazione abbiamo chiesto l’intervento sulle nostre pagine del Presidente dell’AIC Giuseppe Di Fabio. Oggi essere celiaci è una situazione più gestibile rispetto ad anni fa? «Per tastare la percezione del celiaco verso la sua malattia, il nostro Osservatorio Celiachia ha svolto una specifica indagine dalla quale è emerso, rispetto alle difficoltà incontrate nella vita quotidiana, che per il 38% di chi soffre di celiachia i problemi si presentano quando si è “fuori casa”, ma per il 24% non ce ne sono affatto, grazie ad una buona “organizzazione personale”, mentre il 21% incontra particolare disagio nella scelta del menù». Reputa, comunque, che l’approccio della ristorazione sia mutato verso il mondo della celiachia? «La sensibilizzazione al problema ha portato negli ultimi anni alla comparsa di sempre più numerosi ristoranti che propongono ai propri clienti menù dedicati a chi soffre di celiachia. Molti di questi aderiscono al nostro “Progetto Alimentazione Fuori Casa”, avviato ormai più di 15 anni fa, che offre formazione e moni-
Dai dati AIC sappiamo che l’incidenza della celiachia sulla popolazione europea è dell’1% circa, con un rapporto femmine-maschi pari a 2:1. Si calcola, però, che più di 2 celiaci su 3 rimangano non riconosciuti, per cui le stime confermano che in Italia ci sarebbero 600.000 celiaci, a fronte di circa 165.000 mila diagnosi. Studi recenti hanno evidenziato come la celiachia non interessi solo i paesi occidentali e la razza caucasica, ma sia un problema di salute a livello globale. I sintomi sono molto vari e spesso non immediatamente riconducibili a problematiche di origine gastrointestinale, per questo molte diagnosi avvengono tardi nella vita di una persona. In Italia e nel mondo, il fenomeno della celiachia non è in crescita, piuttosto è corretto dire che sono in aumento le diagnosi.
toraggio oraggio a chi vuole offrire questo importante servizio, serviizio io, svolto grazie al lavoro di professionisti e volontari della nostra associazione. In alcune regioni d’Italia importanti delibere sul tema disciplinano questo genere di offerta, a tutela del celiaco. Offrire un’alternativa senza glutine migliora l’immagine del locale e amplia il numero dei clienti, perché non c’è solo il celiaco, ma tutto l’indotto di familiari, amici o colleghi che mangiano insieme. D’altro canto oggi chi soffre di celiachia si attende un servizio di qualità, con pietanze del territorio e un menù ampio, che offra piatti gustosi e vari. La gastronomia senza glutine ormai non è più sinonimo di bistecca e insalata o il classico risotto, bensì pasta fatta in casa con farine senza glutine, pane fresco, pasticceria fresca. Insomma una vera e propria sfida per il ri1 1
storatore che intenda dare modernità al suo servizio». Esiste una stima dei locali che offrono il gluten free in Italia? «Posso indicare i numeri dei locali aderenti al nostro Progetto Alimentazione Fuori Casa: quasi 4000 strutture in tutta Italia offrono il senza glutine, fra ristoranti, pizzerie, trattorie, osterie, bar, caffetterie, bar tavola calda/tavola fredda, paninoteche, pub, creperie, enoteche, gelaterie. Ovviamente, ce ne sono anche molte altre in tutta Italia, ma quelle aderenti al nostro progetto hanno firmato un accordo con AIC in cui il titolare si impegna alla formazione continua e al controllo del suo locale».
tanto” (NO! Anche una briciola di pane fa male a chi soffre di celiachia!)».
Ci sono dei falsi miti sul gluten free? «Si: troppe persone pensano di conoscere la celiachia e la dieta senza glutine e invece, per le errate informazioni che girano, sulla Rete ad esempio, compiono errori madornali. Alcuni esempi? “Il farro o il kamut® sono adatti ai celiaci” (NO! Non lo sono!), “ci sono diversi livelli di celiachia (NO! Non si è “poco o tanto celiaci”!) e “cosa vuoi che ti faccia uno sgarro ogni 1 2
Un’ultima domanda: è possibile ravvisare un “effetto moda” da parte di chi non ha intolleranze, ma mangia gluten free? «Oggi molti scelgono di eliminare il glutine dalla propria dieta per seguire la moda del momento, un’idea talvolta rafforzata dai sempre più numerosi personaggi noti, non celiaci, che seguono la dieta gluten free e lo dichiarano pubblicamente. Ricordiamo che la dieta senza glutine è l’unica terapia ad oggi nota, vero e proprio “salvavita” per curare la celiachia. Chi non soffre di celiachia non ha vantaggi o benefici dall’esclusione del glutine. Anzi, adottare autonomamente la dieta senza glutine potrebbe rendere impossibile la diagnosi corretta di celiachia, qualora il paziente non sapesse ancora di esserne affetto, esponendosi così, in futuro, a delle complicanze, anche gravi. Alcuni aderiscono a questa dieta nell’errata convinzione che faccia dimagrire, ma la dieta senza glutine non ha alcuno specifico effetto sulla diminuzione del peso».
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a cura di M. Iodice
La celiachia oggi non è più un disagio
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l volto di questo numero è quello di Lex Barreveld, Sales Manager Foodservice dell’azienda Dr. Schär. Lex Barreveld è nato nel 1961 a Tripoli (Libia) e si è laureato in Scienze Alimentari in Olanda. In Dr. Schär dal 1996, si è occupato prima di vendite all’estero e, dal 2010, della gestione delle vendite della sezione Dr. Schär Foodservice Internazionale.
listi. All’epoca l’intolleranza al glutine era un tema poco conosciuto e quando ha visto i prodotti “naturalmente senza glutine” disponibili, è nata in lui l’idea che sarebbe diventata la missione dell’azienda: offrire al celiaco prodotti appositamente ideati e sviluppati per lui. Prodotti sicuri e gustosi, anche prodotti e ricette tradizionali, reinventate con materie prime senza glutine».
Dr Schär nasce oltre trent’anni fa. Come nacque l’idea di occuparsi di gluten free? «La Dr. Schär è nata quando il nostro presidente Ulrich Ladurner acquisí una piccola azienda che produceva alimenti per bambini. Avendo l’idea di commercializzare una linea di prodotti dietetici si era informato di alimentazione presso medici e specia-
Ci dica tre aggettivi per descrivere Dr Schär «Innovazione, Qualità e Ricerca». Invece, come descriverebbe in tre parole il suo lavoro? «Varietà, Multidisciplinarità e Gratificazione personale».
Com’ è nata l’idea dei punti di ristoro del network Dr. Schär Foodservice? «È nata circa dodici anni fa quando un nostro cliente farmacista ci ha chiesto se avevamo pensato all’idea di proporre un servizio/prodotto per le pizzerie. Da lì abbiamo fatto delle prove con una pizzeria per verificare la fattibilità del progetto e nel 2004 abbiamo cominciato con la prima pizzeria, a Bologna». Come sta rispondendo il mercato della ristorazione al problema celiachia? «Sta rispondendo molto bene, perché la richiesta è in forte aumento. I ristoratori hanno capito che inserire un’offerta senza glutine è un’opportunità di mercato molto interessante». Nello specifico come sta rispondendo alla proposta del network Dr. Schär Foodservice? «Nello stesso modo, ormai il ristoratore ha preso più fiducia e si informa bene sulla gestione del prodotto senza glutine per poter offrire il gusto della classica pizza italiana in tutta sicurezza e senza pensieri, né per lui né per il suo cliente».
più fare, quindi, era un grosso disagio. In una scala da uno a dieci direi un disagio pari a “dieci”. Oggi questo valore si è ridotto drasticamente e ritengo si trovi sul “tre” perché l’offerta di prodotti e pasti senza glutine nell’ambito del fuori casa è migliorato molto e quindi lo stesso consumatore ora ha la possibilità, per esempio, di richiedere una pizza senza glutine anche nel suo locale preferito». www.drschaer-foodservice.com/it/
Ecco, parliamo proprio del cliente adesso: secondo lei, rispetto a dieci anni fa, quanto oggi la celiachia è avvertita, da chi ne è affetto, come una situazione di disagio? «Non poter mangiare prodotti da forno come pasta e pizza sicuramente all’inizio creava disagio specialmente all’adulto neo diagnosticato, che fino al giorno prima mangiava ancora la sua pizza nel suo locale preferito, in un contesto di convivialità; non poterlo
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a cura di M. Iodice
Faccio business in tutto il mondo, ma... rimango un artigiano
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ietro una buona Pizza c’è anche un buon forno, come quelli costruiti da Stefano Ferrara, titolare dell’azienda Stefano Ferrara Forni. Ha iniziato la sua attività nel 2001 sulla base dell’acquisita esperienza artigianale tramandata da padre in figlio nella costruzione di autentici forni napoletani per pizza, costruiti come da antica concezione con tecniche e materiali tradizionali. La prima domanda che le vogliamo fare è personale. Ci racconti come inizia la sua giornata appena entra in azienda, le prime cose che fa. «La mia giornata inizia alle 7 del mattino. Dopo una colazione con caffè e cornetto, il buongiorno al personale in arrivo ed organizzazione della giornata produt-
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tiva. Successivamente salgo in ufficio, dove leggo email e con mia moglie e mio figlio discuto le questioni quotidiane, tra cui anche vendite e contatti con i clienti. Ma appena posso torno in produzione a seguire tutto passo passo. Sebbene molta parte del mio lavoro s’è spostata nella parte della gestione, dove sono affiancato da moglie e figlio oltre che da due collaboratrici, io ogni giorno mi “sporco le mani” con il materiale dei forni e aiuto gli operai. Sono nato artigiano e continuo ad esserlo. Dopo 12 ore di lavoro alle otto di sera a casa per la meritata cena!» Lei rappresenta, se non erro, la terza generazione di professionisti nell’arte della costruzioni di forni. Quando ha iniziato a lavorare in azienda? «Ho iniziato a lavorare con mio padre; avevo tredici
anni quando ho fatto con lui il mio primo forno, e non era per una pizzeria qualsiasi, ma per la Pizzeria Brandi. Da quel giorno scuola e lavoro, scuola e lavoro…e adesso sono qui». Perché ha deciso di seguire le orme della sua famiglia? «Certamente ho respirato l’aria dell’artigianato in casa, ma non ho seguito il lavoro solo perché ho ereditato un’attività, questo lavoro io lo amo proprio. Certamente c’è il business, perché se fai una cosa bene il ritorno economico c’è, ma non è solo questo che mi manda avanti, c’è la gioia di vedere il cliente soddisfatto di un prodotto che tu vedi nascere dalla tue mani. Vedi crescere una “creatura” da zero, sei padrone di tutte le fasi del lavoro dalla A alla Zeta. È una sensazione molto bella. Anche se sono in giro per il mondo rimango, orgogliosamente, un artigiano».
asi spazio. Il piano di cottura, quello che chiamiamo “suolo”, ha un giusto spessore ed è costituito da materiali refrattari del salernitano con elevata resistenza termica ed all’abrasione e particolari materiali isolanti naturali. Questi materiali trattengono il calore ed hanno un ottimo riverbero per la graduale ed omogenea cottura della pizza con un notevole risparmio di legna e tempi di cottura. Con i nostri forni garantiamo il raggiungimento veloce di temperature fra i 400°C – 500 °C. e naturalmente la costanza del calore. Vorrei anche aggiungere che i nostri forni a legna sono certificati UL per gli USA. UL è il simbolo di fiducia per Autorità ed utenti Americani e Canadesi, conferito da un’azienda indipendente specializzata nella scienza della sicurezza che sostiene la creazione e l’utilizzo di prodotti sicuri da un punto di vista fisico e ambientale».
A proposito di mondo: ci parli di Stefano Ferrara Forni all’estero. «Ormai lavoro tantissimo per l’estero, operiamo in tutti i continenti. Siamo sempre in viaggio! Il mercato estero oggi è puntuale e serio e richiede il made in Italy. L’export è iniziato con il sito internet, sono arrivati i primi clienti e poi c’è stato un grande passaparola. Aggiungo l’aiuto del flusso dei pizzaioli che viene in Italia per far corsi e per il proprio locale acquista un forno napoletano.
Ci dica qualche locale in cui troviamo i suoi forni. «Rossopomodoro per vari ristoranti europei e resto del mondo, 400 Gradi a Melbourne, Tarantella da Luigi a Tokyo e Paulie Gee’s in Brooklyn nonché vari suoi franchisee in vari stati Americani. Ce ne sono tantissimi chi non compare in elenco non è certamente perché di minore importanza ma giusto perché impossibili elencarli tutti. Naturalmente anche tante pizzerie Campane. Ci sono i nostri forni nella Pizzeria La Notizia, La Figlia del Presidente e Brandi a Napoli, F.lli Salvo a San Giorgio in Cremano, Pepe in Grani di Caiazzo ed Acqu’e Sale a Sorrento».
Qual è il segreto delle sue “creature”? «I nostri forni sono costruiti artigianalmente mattone su mattone, senza l’impiego di alcun prefabbricato, come da antica tradizione napoletana. Si adattano a qualsi-
Il forno che l’è rimasto proprio nel cuore? «Naturalmente, il primo forno fatto con papà! È stato quello che ha fatto nascere in me l’amore per questo lavoro». 1 7
a cura di Marianna IIodice di
La pizza etica di
Grégory Brotcorne
L’etica in cucina è come un corpo composto da una testa, che è la morale, e da due braccia, che sono la salute e l’ecologia 1 8
Agli inizi del mese di giugno, a Bruxelles, s’è tenuta la fiera Pizza Benelux in cui s’è svolto un particolarissimo campionato, quello dedicato alla pizza “etica”. Di che si tratta? Lo chiediamo all’organizzatore, Grégory Brotcorne, titolare della pizzeria Célébrazioni di Lomme (in Francia). Grégory è nato a Lille nel Nord della Francia, e qui vive ancora dopo 44 anni. Come ci dice è “molto affezionato alla sua terra”. Grégory parliamo prima di te: come hai iniziato a fare il pizzaiolo? «Ho iniziato a far pizze all’età di 24 anni, come a fare il cuoco del resto; ho appreso questo mestiere da cuochi che ho successivamente ingaggiato. Sono sempre stato attirato dall’arte bianca, probabilmente è una forma di energia ancestrale dato che il mio nome si traduce in “pane ai cereali” nella lingua celtica! Mi è molto facile lavorare con gli impasti, è l’impegno che mi anima. Non ho mai sopportato le oppressioni e oggi posso contare sul mio mestiere per cambiare il mondo. Sono un esperto in pizza e ristorazione e posso trasmettere le regole della professionalità e della responsabilità ai futuri artigiani del cibo. Con il marchio Compagnon Pizzaiolo siamo in parecchi a diffondere il messaggio della pizza etica». Definisci per i nostri lettori la pizza etica. «L’etica è per me, in termini assoluti, il veganesimo. Propongo una carta 100% vegana alla mia clientela. L’etica in cucina è come un corpo composto da una testa, che è la morale, e da due braccia, che sono la salute e l’ecologia. Il dovere del professionista è prima di tutto quello di vi-
gilare, per dare un’offerta di cibo in modo responsabile. Il gusto, la consistenza, gli aromi sono molto importanti, ma non sono sufficienti. Un buon professionista deve essere sì capace di spingere i suoi clienti a consumare, ma la cosa più importante è che lavori nel rispetto dell’uomo e della natura, senza sfruttamento alcuno. Il cibo deve essere sano e nutriente, occorre vigilare su intolleranze e allergie (al lattosio per esempio) o ancora non usare additivi non buoni, come additivi chimici o grassi insaturi. Infine, occorre rispettare l’ambiente e scegliere bene le materie prime (prodotti biologici, a km0, di stagione)». Quanti pizzaioli e consumatori seguono la tua visione di etica? «Siamo una ventina di pizzaioli (della Compagnons Pizzaiolo) e il nostro gruppo si ingrandisce ogni mese. Attualmente più di mille professionisti ci osservano e ci seguono sul web, nelle nostre scuole di cucina, negli eventi che organizziamo (gare, fiere). È con il cibo che cambia il mondo!» Raccontaci della gara tenuta durante la fiera Pizza Benelux «Ludovic Bicchierai ha vinto il primo Campionato del mondo della pizza etica con allegria, contro due campioni del mondo e tre campioni nazionali; la sua pizza non contiene alcun prodotto di origine animale o derivato dallo sfruttamento degli animali. Niente carne, niente formaggio, nessuna crema, nessun pesce, nessun uovo. Una pizza vegan al 100%. Pensate che è arrivato da noi dal sud della Francia, da Marsiglia, una regione vicina d’Italia... è un segno!» 1 9
Ecco la coppia vincitrice del Premio Web Domenico Cascella e Francesco Barbaro sono la coppia che, con il video più votato su Facebook, ha vinto il Premio Web del contest Pizza Talent Show 2015. I due hanno gareggiato insieme a Bari (durante il Levante Prof a marzo) con la pizza “Barletta e Avast!”, frase che significa “Barletta e basta”, come a dire, ironicamente, che oltre Barletta non c’è di meglio. La loro pizza è stata preparata
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con un impasto fatto con farina Senatore Cappelli e farcita con passata di cicerchia bollita con cipolla rossa, peperoncino e sale, fiordilatte, salsiccia di maiale a punta di coltello con finocchietto selvatico, funghi Cardoncelli saltati in padella con vino bianco. Entrambi fanno parte dell’Associazione Pizzaioli Pugliesi e Lucani nel mondo, presieduta da Fedele Guida. Conosciamoli meglio.
è titolare della Pizzeria Mattone in Via Carli, 9 a Barletta. Francesco e Domenico sono amici stretti, oltre che colleghi. Hanno tanto in comune: il mestiere, la città in cui vivono, l’appartenenza alla medesima associazione, l’essere figli d’arte, ma dal punto di vista caratteriale sono l’uno l’opposto dell’altro. Francesco più timido, Domenico più istrionico. Sulla bravura, però, sono alla pari, entrambi provetti pizzaioli appassionati del proprio mestiere. Domenico ci accoglie festante nella sua pizzeria da asporto dove troneggiano tantissimi ricordi, un mosaico di colori sulle pareti e sulla volta a botte. Dietro al lungo bancone un assortito staff a lavoro. Con lui il papà, Carlo Cascella. «Ho l’arte della pizza nel sangue - racconta Domenico - l’ho ereditata da mio padre. Questo locale è il mio mondo, come gli impasti, in cui mi cimento, e come l’insegnamento nei corsi di formazione per pizzaiolo. Ogni giorno qui spingiamo il Km0. Infatti, la pizza proposta al Pizza Talent Show è farcita con tipici prodotti delle nostre zone, e anche la farina usata deriva dalla Puglia. La tutela dei nostri prodotti è un obbiettivo primario per me e per la nostra associazione». In chiusura gli domandiamo: qual è il pregio migliore di Francesco? Ci risponde ridendo: «Il miglior pregio del mio collega Francesco? Essere mio amico!»
titolare della Pizzeria al Mulinello, in via Canosa, 92/a a Barletta, nasce nel 1971, quando papà Nicola inaugurò il locale insieme alla moglie. La pizzeria è un locale storico (viene persino citato nell’incipit del Romanzo La Cambusa, edito da Rizzoli) dove, però, l’arte della pizza s’è sempre evoluta. Oggi Francesco, ereditato ill mestiere del le d d l padre, d sforna f l sue pizze usando d non solo farina doppio 00, ma anche farine alternative. Ci mostra, fiero, i semi di grano arso e grano duro Saragolla e di grano duro Senatore Cappelli. «Sono pizzaiolo da una vita – ci racconta – e amo sempre migliorarmi. Oggigiorno, dopo tanta esperienza, farei solo impasti alternativi. La mia clientela si sta sempre più affezionando a questi grani e agli impasti alternativi come l’impasto Moringa (realizzato con farina di moringa, una pianta tropicale dai molti effetti benefici) ma continuo a far pizze con la farina 00, come da tradizione, per accontentare anche chi è abituato alla pizza classica. Sentire dire che la mia pizza è subito digeribile è per me il miglior complimento!» 2 1
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Pizza alla Romana con carbone vegetale In questo numero vi presentiamo la versione “black” della Pizza alla romana ottenuta con Pizza Special Romana Molini Spigadoro (per una pizza altamente digeribile, molto idratata, croccante fuori e morbida all’interno) e l’esclusivo Carbone Vegetale Molini Spigadoro, la cui lavorazione extra fine permette di ottenere una polvere finissima, inodore e insapore, che trasferisce ai prodotti da forno un caratteristico colore “nero assoluto”. Il nero della base, associato ad una farcitura dai nte colori vivaci, crea un colpo d’occhio spettacolare, creando attenzione nel cliente e invogliandolo a gustare l’impasto nero. Ingredienti
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c c u n o t n A Luca
• 1 kg Farina Pizza Special Romana Molini Spigadoro • 750 ml Acqua • 50 ml Olio Extra Vergine di Oliva • 25 g Sale • 3 g Lievito di birra fresco • 15 g Carbone Vegetale
Photo: gianfrancotortoioli.com
Procedimento Fate ossigenare la farina con il carbone vegetale per circa 4’, aggiungete parte dell’acqua (circa il 55%) e fate girare lentamente in prima marcia per 5’, lasciate riposare per 30’ circa. Aggiungete il lievito e l’acqua rimasta, gradualmente. Quando l’impasto acquista consistenza inserite il sale e di seguito l’olio. Il risultato sarà un impasto molto morbido e malleabile. Lasciatelo riposare per almeno 20 minuti, sistematelo poi in una cassetta da pizza e ponete in frigo a 4°C. Il giorno dopo togliete dal frigo e a impasto freddo preparate le palline della pezzatura scelta. Farcitura Ricotta di Pecora, Cipolla Rossa di Cannara, Olio EVO aromatizzato alla Salvia. 2 3
Vi presentiamo la “Pizza Frezzella” (a doppia cottura) di Ciro Oliva della pizzeria “Concettina ai Tre Santi” di Napoli. Ingredienti impasto: 1,700 kg di Farina Caputo 0 + 00 Sacco Azzurro, 50 g di sale per 1 lt d’acqua, lievito q.b. Procedimento: L’impasto viene lavorato nell’impastatrice per 20 min e fatto riposare. Si procede poi alla lievitazione (24 ore) a temperatura ambiente. La stagliatura avviene dopo 12 ore della lievitazione. Si stende il panetto di pizza con un “toppa pasta” e si crea un buco centrale per dare la tipica forma “a frezzella”. La cottura è doppia: la prima si effettua a circa 350 gradi. Successivamente, dopo aver tagliato il disco nella sua sezione orizzontale, si effettua la seconda cottura, che conferisce ulteriore croccantezza. Ingredienti farcitura “Pizza Frezzella di Rinforzo” Scarola riccia, papaccella di Brusciano, limoni bio IGP di Sorrento, alici di Cetara, pomodorini Datterino, olive Salella (presidio Slowfood).
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Lady birra
In Italia il più alto numero di donne che bevono birra
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re giovani entrano nella vostra pizzeria, sorridenti, sicuramente amici che si riuniscono per una serata spensierata. Avranno dai venticinque ai trent’anni. Con loro una donna: dalla vostra esperienza sapete già più o meno che tipo di pizza sceglierà, ma se siete ferratissimi nel predire quale farcia preferisce una ragazza, probabilmente avete ancora qualche pregiudizio su cosa prenderà da bere: pensate all’acqua, liscia magari. No, invece no. Il cameriere si avvicina e la lady ordina una bionda. Lady Birra La Birra è sempre più una bevanda in “rosa”, almeno in Italia, il Paese con il più alto numero di consumatrici in Europa: il consumo procapite è di 14 litri, un consumo moderato e responsabile, viste anche le occasioni di consumo che corrispondono 6 volte su 10 ai pasti, pranzo o cena. Lo rivela l’indagine Doxa-AssoBirra che indaga i consumi sui 7 milioni di giovani donne tra i 18 e i 35 anni, le cosiddette donne Millennials. L’indagine delinea il quadro generale di questo target: 4 su 10 sono donne che lavorano (circa il 20% in più rispetto a venti anni fa), il 16% lavora in casa, alcune per costrizione (difficoltà a
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trovare un lavoro), altre per scelta. Sono donne istruite: 7 su 10 hanno una o più lauree o sono diplomate. Nel rapporto con la birra, 6 Millennials su 10 la bevono regolarmente, mentre appena 30 anni fa le donne che consumavano birra era pari solo al 25%. Il 46% di loro afferma che “non ha più paura di dire che apprezza la birra”, vista prima come bevanda maschile; il 39% afferma che “il gusto sta cambiando”; per il 27% “alcuni pregiudizi (per esempio che la birra gonfia o ingrassa) sono stati ridimensionati”. Il 20% delle intervistate beve birra una volta a settimana; il 43% sceglie la classica 0,20 l. (o anche meno), il 38% indica la 0,33 l. e solo il 19% la media da 0,40 l. Le donne apprezzano la schiuma (benaccetta dal 46%), ma badano poco al bicchiere usato. Adua Villa, sommelier masterclass, docente nei corsi di formazione dell’AIS, commenta il dato in questi termini: «I risultati di questo studio confermano un’innegabile, crescente interesse delle donne verso la birra. Tanto che più della metà dei partecipanti ai corsi AIS sulla birra sono donne, soprattutto 25-35enni che, come per il vino, vogliono conoscere la birra per essere in grado di scegliere da sole».
saporediVino Estate è voglia di stupire! Provate le bollicine con la pizza al branzino Per i mesi caldi i menu pizza si arricchiscono di ricette che richiamano la leggerezza e la freschezza dei piatti estivi: trionfa sul disco di pasta tanto pesce e tanta verdura. Con una pizza “estiva” vi suggeriamo le bollicine dello Chardonnay, piacevolissima sorpresa per il palato dei clienti. Ha spuma vivace; colore paglierino chiaro, profumo delicato, sapore appena secco, lievemente fruttato. Si serve fra gli 8 e i 10 gradi. Lo Chardonnay è un vino frizzante versatile, informale, capace di esaltare anche gusti complessi: vi invitiamo a provare questo bianco, amato soprattutto dai più giovani, con una pizza che esalta le papille gustative dei buongustai, proprio come quella che vi presentiamo.
Pizza Rimini Ingredienti Mozzarella, Carpaccio di branzino, Scorza di limone, Timo, Pepe, Olio extravergine di oliva, Pomodorini Procedimento Stendere il disco di pasta e irrorare con un filo di olio extravergine di oliva aromatizzato con limone, pepe e timo. Infornare. In uscita, a crudo, farcire con mozzarella a julienne, il carpaccio di branzino, i pomodorini tagliati a cubetti e la scorzetta di limone.
Ad ogni locale il suo...
tovagliato Molti di voi avranno voglia di rinnovare il proprio locale per l’estate, o magari hanno bisogno di un restyling dell’immagine della pizzeria o, ancora, in vista della bella stagione stanno aprendo un nuovo punto vendita. Tre casi simili a quelli di Marco, Stefania e Massimo ai quali prontamente ha risposto Mauro Littamè, direttore commerciale della Ventidue, con i suoi consigli frutto di esperienza, creatività e professionalità nel campo del monouso per l’Horeca.
Sono Stefania, sto per inaugurare un pub pizzeria dal look moderno e giovanile in provincia di Milano, sara’ sobrio, ma elegante. Il mio target e’ una fascia di clientela fra i 18 e i 40 anni; prettamente single o coppie. Il locale vertera’ su arredi total white, e vorrei un consiglio su come dare un tono di colore che “accenda” il mio locale, mantenendolo glamour. Inoltre, che mi consiglia: runner o tovaglia classica? Carissima Stefania, vista la tipologia di locale e arredamento ritengo di consigliarle sicuramente dei tetè a tetè (runner) con larghezza da definire (cm. 40 o cm. 48) in funzione delle dimensione dei tavoli acquistati. Suggerisco Tinta Unita antracite o grigio da vivacizzare magari con dei Tovaglioli Vela con colori di tendenza fluo oppure con altri modelli quali il “grafico” Spirit o l’“elegante” Adam antracite. Potrebbe essere una soluzione anche il “sontuoso” tetè a tetè Kleo, da abbinare con dei Tovaglioli Vela antracite o senape. In alternativa, potrebbe pensare di arredare il locale con i prodotti della nuova linea MiA che propone un’ampia gamma di colori e si distingue per il materiale morbido e resistente. 2 8
MIA
Sono Massimo e prendero’ in gestione una pizzeria storica nella provincia fiorentina. Oltre alla pizza in forno a legna facciamo ottimi piatti di carne. La pizzeria e’ rustica, ma vorrei in qualche modo svecchiarla abbandonando le tovaglie bianche in stof fa. Gentile Massimo, con piacere rispondiamo alla richiesta che ha inoltrato. La tipologia del locale che desidera ringiovanire lascia spazio a diverse soluzioni. Il locale, pur essendo in un contesto storico cittadino, permette di usare e osare disegni e colori di tendenza, quali ad esempio il Victoria oppure il City nella versione Terracotta, oppure nel più tradizionale ma sempre elegante Praga. Molteplici sono poi i vantaggi che avrebbe nell’utilizzare i nostri prodotti: infatti, basta poco per dare al locale un nuovo volto conferendogli un’atmosfera accogliente in linea con le stagioni. Basta cambiare disegno e colore del tovagliato. La gamma e le collezioni che abbiamo studiato per i professionisti della ristoraPRAGA zione come lei permettono di rinnovare il locale senza cambiare nulla di accessorio, ma solo rinnovando lo stile di un prodotto di cui si ha bisogno (tovaglia e tovaglioli) e che presenta elevati standard di qualità. Il materiale utilizzato per realizzare i nostri prodotti è un nontessuto dotato di particolare morbidezza, resistenza e capacità di assorbimento in grado di eguagliare la qualità tessile senza alleggerire il portafoglio.
Sono Marco, gestore di una pizzeria aperta da 5 anni in una citta’ di mare in Puglia. La pizzeria ha 40 coperti, ma da quest’anno abbiamo creato un gazebo per la bella stagione. Vorrei “creare” un bel look per l’esterno, ispirandomi all’estate.
Salve Marco, in merito alla sua richiesta, vista l’ubicazione del locale in prossimità del mare suggerisco alcune opzioni quali il Portofino oppure in alternativa il Primavera Avio oppure il tradizionale, ma sempre rappresentativo Marino.
PRIMAVERA AVIO Suggeriamo ai lettori di visitare il sito www.ventiduegroup.com per consultare il Catalogo 2015 e selezionare la campionatura che Ventidue potrà inviare gratuitamente, oppure fissare un appuntamento con un commerciale per effettuare tutte le prove e scegliere la linea che meglio si adatta all’ambiente. 2 9
pubbliredazionale
Il molino che guarda avanti La Roberto Rossi spa si è affacciata al nuovo millennio con la determinazione d’imporsi tra le maggiori aziende nazionali del settore.
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nvestimenti, modernità, servizio, qualità del prodotto sono i punti cardine dell’azienda. «Molino Rossi - ci spiega il Dott. Francesco Rossi, uno dei responsabili dell’azienda - ha attuato un programma di totale controllo della filiera e della rintracciabilità, dall’acquisto del grano al prodotto finito; in più, l’azienda si avvale di un personale in continua formazione, altamente qualificato. Ultimo ingrediente, che amalgama il tutto, è la serietà, la cura e l’impegno, che sono per tradizione il punto di forza della società». La selezione dei grani «Maciniamo il grano raccolto solo da zone severamente selezionate per ottenere il massimo della qualità. Selezionare già al momento dell’acquisto i vari tipi di gra-
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no offerti dal mercato è senza dubbio il primo fondamentale passo che compiamo per avere standard superiori. Lo facciamo da sempre, con cura ed attenzione, per utilizzare il meglio delle varietà esistenti, - continua Rossi. - Ed è proprio dalla sapiente miscelazione dei grani, in funzione delle percentuali e delle
qualità utilizzate, che nascono i diversi tipi di farina, alcune delle quali addirittura personalizzati su richiesta specifica anche di un solo cliente, confermando che l’obiettivo primario del Molino Rossi è quello della piena soddisfazione dell’acquirente. Per il canale pizzeria, l’azienda propone la PIZZA SPECIAL BLU, ideale per pizze al piatto, al taglio, schiacciatine, focacce; PIZZA SPECIAL ORO ideale per lavorazioni che necessitano di 4-6 ore di impasto; la PIZZA SPECIAL ROSSA, pensata per lavorazioni che necessitano di periodi di lievitazione fino a 16 ore e diversi cicli di impasto. Ideale anche in miscela con altre farine per ottenere prodotti particolari. Il Molino, inoltre, propone tantissime altre farine e altri prodotti per tutte le esigenze, fra cui le FARINE BIOLOGICHE, FARINE MACINATE A PIETRA, CELIFLOUR (per preparare prodotti senza glutine) e il CARBONE VEGETALE in polvere, in confezioni da 1 Kg e scatole da 100 grammi, per ottenere una pizza “nera”, che molto sta attraendo il consumatore che ama “gustare” prima con gli occhi». La produzione Tutte le farine prodotte garantiscono una qualità superiore. «La nostra tradizione, la passione e la ricerca sono i “nostri” elementi chiave per ottenere i “vostri” prodotti di qualità, certificati dalla sapienza di cinque generazioni di esperti di frumento - ci racconta Rossi. - La dedizione e l’impegno della famiglia Rossi, profusi da decenni nella guida dell’azienda, hanno trasmesso lo stesso entusiasmo ai propri collaboratori, che con fedeltà e soddisfazione, hanno visto crescere negli anni la società ed ad affermarsi sui mercati di tutta Italia e non solo.
La secolare storia del Molino Rossi Il Molino Rossi nasce sul canale di Ripafratta tra il fiume Serchio (Monte Sillano - Lucca) e il fiume Arno (Firenze - Pisa), la cui costruzione fu realizzata nel 1566 dal granduca di Toscana Cosimo De’ Medici. Le medaglie d’oro, dell’ Unione Industriale Pisana riservata ai veterani dell’industria e della Camera di Commercio di Pisa al merito del lavoro, hanno attestato nel 1998 il primo secolo di attività del Molino Roberto Rossi spa. Cinque generazioni di imprenditori della famiglia hanno guidato, e stanno guidando, ininterrottamente il molino da quando Giovanni Rossi, nel lontano 1898, acquistò il Molino di Ripafratta, proseguendo e incrementando l’attività iniziata nel molino di famiglia situato nella vicina Quosa. Con l’avvento e la diffusione dell’energia elettrica, nei primi decenni del Novecento, le vecchie macine di pietra furono sostituite con più efficienti laminatoi a cilindri e buratti meccanici, che consentirono un significativo incremento della produzione ed un notevole miglioramento qualitativo perdurato fino ai giorni nostri. www.molinorossi.it
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Raffaele Borrelli È titolare e pizzaiolo presso L’Arte Bianca a Palerm,o sua città natale. Ha 36 anni ed ha iniziato ad approcciarsi alla pizza da bambino, dall’età di otto anni, osservando suo nonno, pizzaiolo napoletano, che ha trasmesso a figlio e nipote, di generazione in generazione, la sua passione e le sue conoscenze. Attualmente oltre a lavorare nel suo locale, aperto da un paio di anni, Raffaele tiene corsi come istruttore pizzaiolo per l’Accademia Pizzaioli Italiani. È anche cuoco e ama profondamente il settore della ristorazione, non solo perché questo mondo gli ha dato la gioia di lavorare in un contesto stimolante, ma anche perché qui ha conosciuto sua moglie Silvana, oggi direttrice di sala della pizzeria. L’Arte Bianca Qui Raffaele prepara pizze lavorando con sedici tipi di impasto diversi, tutti lievitati con lievito madre. Gli impasti fra lievitazione e maturazione possono “aspettare” fino a 72 ore prima di diventare pizze. La pizzeria ha due sale, una interna e una esterna, con quarantacinque coperti ciascuna. Due i forni a legna di nuova generazione: uno è gestito da suo figlio Giorgio e da suo fratello Antonino, l’altro è gestito da lui stesso e dal cugino Antonino Landolina. La pizza più richiesta è quella della casa, portata al Pizza Talent l Show h 2015, con mozzarella, ll stracciatella di bufala, crudo di parma, pomodorini, pesto genovese, granella pistacchi di Bronte. Per questa rubrica, però, Raffaele ci presenta altre due ricette, squisite. Pizzeria L’Arte Bianca - Viale Piemonte, 58/a - 90144 Palermo - www.pizzerialartebianca.it
Pizza Porcina Ingredienti
Mozzarella, Guanciale, Funghi porcini, Crema di tartufo
Procedimento Stendere la base di pizza e farcirla con tutti gli ingredienti, compreso il guanciale tagliato sottilmente che diventerà croccante e infornare. 3 2
Pizza Stracchino Ingredienti • Stracchino • Mozzarella di Bufala Campana • Funghi freschi a fette, • Pomodorini pachino • Rucola • Scaglie di Parmigiano
la ricetta
Procedimento Stendere la base pizza. Guarnire con mozzarella, funghi e pomodorini. Infornare. In uscita completare con stracchino, rucola e scaglie di grana. L’impasto per entrambe le ricette è di tipo indiretto con biga al 30%, preparata con farina di forza 320w lasciata fermentare per 36/48 ore con un innesto di lievito madre del 20% senza alcuna aggiunta di lievito di birra. Impasto preparato con percentuali diversi di farina tipo 1 semi integrale e di grano duro antico siciliano macinato a pietra.
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É
naturale, ricca di sali minerali, ha un basso apporto calorico, ma sa anche emozionare con gli aromi, i profumi, i gusti che la professionalità e la passione dei sapienti mastri birrai ottengono solo da acqua, malto, luppolo per tutte le birre tedesche prodotte secondo l’Editto della Purezza del 1516 emanato da Guglielmo IV in Baviera e che è la più antica legge alimentare tuttora in vigore in Germania. Dal 1464 la tradizione della città di Augusta Fin dal 1143, il Consiglio di Augusta aveva emanato una legge per la produzione della birra e gli unici ingredienti ammessi erano acqua, malto, luppolo e frumento. Era, dunque, birra di qualità quella che, nel 1464, il Mastro birraio Ulrich Alpersofer faceva bollire, in grandi botti “Ai tre Bicchieri” che divenne ben presto il birrificio più famoso della città. Nel Settecento Martin Eberle era il Mastro birraio del locale, quando un giorno una lepre proveniente dall’orto del vicino si infilò nel locale. Martin, il birraio, fiutando un buon arrosto, si mise alla caccia dell’animale spaventato. Il “cacciatore” Eberle cadde però a terra e la sua vittima riuscì a fuggire sana e salva. Quel che rimase al locale fu il soprannome di “Hasen-Brau” cioè birreria della lepre. Oggi la birra Hasen si può gustare ad Augsburg direttamente nella Kälberhalle, locale annesso al microbirrificio che porta il suo nome.
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La tradizione dei microbirrifici Hasen-Bräu è sinonimo di tradizione birraria augustana dal 1464. Come una volta, le birre sono prodotte secondo la tradizione dei microbirrifici, con le ricette tramandate di generazione in generazione, in modo artigianale, e soprattutto, con molto tempo, dedizione e cura. Ovviamente, si utilizzano solo materie prime rigorosamente controllate e selezionate: acqua cristallina e particolarmente dolce, malto ottenuto dall’orzo estivo della regione, lievito puro da coltivazioni proprie e il luppolo aromatico più delicato, proveniente dalla Hallertau. Le birre Hasen, di frumento, di orzo, naturalmente torbide oppure filtrate, nascono sempre da procedimenti attenti e sono garanzia di un piacere autentico e genuino. Le birre Hasen hanno ottenuto la certificazione di Indicazione Geografica Protetta.
AUGSBURGER ORIGINAL Stile: KELLER Fermentazione: BASSA Grado alcolico: 5,4% vol. Punto d’amaro: 18 IBU Temp. di servizio: 8/10° Birra bionda di cantina, naturalmente torbida per la delicata presenza di lieviti. Dall’aroma intenso con note lievemente citriche dei lieviti risulta estremamente piacevole e completa al palato.
WEISSER HASE Stile: WEIZEN Fermentazione: ALTA Grado alcolico: 5,2% vol. Punto d’amaro: 12 IBU Temp. di servizio: 7/9° Bionda dorata con lieviti, naturalmente torbida, fresca dagli aromi erbacei, fruttati e floreali, dal gusto dolce piacevolmente acidulo. La persistenza è prolungata e molto piacevole.
HASEN EXTRA 5.3° Stile: EXPORT Fermentazione: BASSA Grado alcolico: 5,3% vol. Punto d’amaro: 18 IBU Temp. di servizio: 7/10° Bionda giallo brillante dalla schiuma persistente. Aroma ricco con note di erbe aromatiche. Gusto raffinato con note di malto e luppolo al palato risulta morbida, rotonda, ma comunque importante.
DUNKLER HASE Stile: WEIZEN Fermentazione: ALTA Grado alcolico: 5,2% vol. Punto d’amaro: 12 IBU Temp. di servizio: 7/9° Scura, dalla piacevole tonalità marrone, naturalmente torbida per la presenza di lieviti. Sentori speziati e di frutta candita. Al gusto presenta intense note fruttate, di liquirizia e caffè.
Le birre HASEN BRÄU sono distribuite da: Radeberger Gruppe Italia spa - Via Renata Bianchi 40 - 16152 Genova www.radeberger.it - info@radeberger.it
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RistoMarketing strumenti e consigli per la ristorazione a cura di Domenico Di Paola
I tanti usi del QRcode Uno strumento economico per “espandere” il menu
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l QRcode non è un’idea recente, ma è uno strumento nato un ventennio fa; tuttavia è in tempi relativamente recenti che il QRcode s’è diffuso e continua a diffondersi, grazie all’utilizzo massiccio di smartphone e tablet da parte di tutta la popolazione mondiale. Concretamente il QRcode è un codice a barre (evoluto) formato da diversi quadratini neri su sfondo bianco. Per leggerlo basta scaricare sul proprio smartphone/tablet un “Reader di QR”, una APP gratuita (ce ne sono diverse sui negozi di app). Di recente, attraverso specifiche piattaforme, è possibile realizzare il QRcode integrato su un logo o su un’immagine facendolo diventare anche un elemento colorato e decorativo, quindi più bello e più accattivante. Concretamente, il QRcode è usato per essere collegato ad un link (un indirizzo internet) specifico che porta il navigatore a visualizzare un sito web, un video su you-
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tube, una landing page (una pagina web ottimizzata per smartphone) ecc. Nel campo della ristorazione il QRcode può essere usato in diverse situazioni: per accedere alle schede di un prodotto, per ottenere un coupon, per accedere ad una promozione, per guardare un video di presentazione di una ricetta culinaria, giusto per fare degli esempi.
Il QRcode può diventare un mezzo semplice per dare un servizio in più nel tuo ristorante. A livello percettivo il QRcode ha una componente di coinvolgimento elevato, perché crea la curiosità, in chi lo vede, di conoscere il contenuto a cui riporta. Il QRcode per le offerte del giorno Un’idea molto semplice ed economica è l’uso di un QRcode colorato ed integrato con il logo del proprio locale, da esporre sulla vetrina della pizzeria o sul menu (o sulla carta dei vini). Questo QRcode può essere collegato a una “landing page” (pagina web ottimizzata per navigazione da smartphone) in cui si propongono le offerte della settimana o del giorno. Il QRcode può essere creato sottoforma di “adesivogadget” da regalare al cliente, il quale può (ad esempio) attaccare il proprio gadget sul frigo e ogni giorno collegarsi alla “landing page” aggiornata per conoscere le offerte o il menu del giorno. QRmenu: trasforma il tuo menu in multilingue Un’altra idea molto interessante è quella di utilizzare i QRcode sul proprio menu cartaceo per fornire la versione multilingue del menu o della carta di vini e birre via web, con sommo piacere dei clienti stranieri. È possibile chiedere ad un programmatore di app di creare una “landing page” specifica a cui il QRcode si collega. Si aggiunge poi il QR code al menu stampato e lo si dà normalmente ai clienti, i quali potranno scan-
sionare con il proprio smartphone/tablet il QRcode e arrivare alla pagina web in cui sono presenti le informazioni e le descrizioni del menu nelle diverse lingue. Il vantaggio è di fornire un servizio nuovo ed innovativo, ma ad un prezzo decisamente basso, integrando il proprio vecchio menu cartaceo con il web. QRcode per conoscere com’è preparato un piatto Un altro esempio di utilizzo del QRcode è quello relativo alla descrizione dei piatti (con video, testi e foto). La tecnica è sempre la stessa, solo che nella “landing page” si troveranno tutte quelle informazioni sugli ingredienti e sulla preparazione che concretamente non possono entrare nel menu cartaceo. In questo modo il cliente può sapere tutto sul piatto che sta mangiando, senza chiedere allo chef, e intrattenendosi nell’attesa di essere servito.
Domenico Di Paola - www.dipaola.eu È un ex-pizzaiolo e per tanti anni si è occupato di formazione. Negli ultimi anni si sta occupando anche di sviluppare progetti e soluzioni aziendali di mobile marketing e social media. Ha pubblicato con l’editore Franco Angeli il libro sul Mobile Marketing Immobiliare. Per la ristorazione, in generale, si occupa di consulenza e supporto attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, ad esempio con il progetto QRmenu (www.qrpass.it) ed ARwine (www.arwine.it). Più in generale sviluppa APPs con la propria società (www.nezwork.it). Il suo motto è: “Crediamo molto nelle nuove tecnologie… e ci riteniamo gli artigiani delle APPs”.
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una Ristoidea per te
Ingredienti Impasto lasagnette • Farina di mais gr 250 • Farina di riso 150 gr • Farina di ceci 100 gr • 15 tuorli • 3 albumi • Un pizzico sale Ingredienti condimento • Ceci 250 gr • Rosmarino • Cipolla di Tropea • Aceto rosso • Zucchero • Trito di carota, sedano e aglio • Olio e.v.o.
Si ringraziano: Per la ricetta: chef Mimmo Alba “Cantina San Teodoro Napoli” Credits foto: Monica Piscitelli
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Procedimento lasagnette Impastare le farine aggiungendo le uova in planetaria, un po’ alla volta, fino a ottenere un impasto liscio; passarlo nella trafila (aiutandosi con la farina di riso) per ottenere una lasagna molto sottile. Procedimento crema di ceci Mettere a bagno i ceci tutta la notte. In casseruola mettere l’olio e.v.o. con il trito fino di mezza carota, mezzo gambo di sedano e 1 spicchio di aglio. Appena il trito comincia a soffriggere aggiungere i ceci e un rametto di rosmarino. Cotti i ceci, frullare il tutto fino ad avere una crema liscia. Procedimento cipolla Avvolgere la cipolla con la carta d’alluminio e infornare a 200 gradi per 20 min. Appena cotta tagliarla a petali e metterla in una ciotola; aggiungere aceto rosso, 1 cucchiaio di zucchero e olio e.v.o. e fare insaporire per 10 min. Composizione e cottura Con un coppa pasta coppare la lasagnetta del diametro che si desidera. Comporre 4 strati alternati con la crema di ceci e la cipolla; una volta pronta infornare a vapore a 100 gradi per 10 min.
Ingredienti per 4 persone • 160 gr. di mandorle • 600 ml. latte di riso senza glutine • 1 cucchiaino di agar-agar • 4 cucchiai di zucchero Ingredienti per il latte di riso (dosi per 1 lt) • 50 gr di riso bianco del tipo Ribè • Zucchero di canna • 1 pizzico di sale • 1 litro d’acqua
Procedimento per il latte di riso Portare ad ebollizione l’acqua; versare il riso e lasciar cuocere fino a quando i chicchi non iniziano a ridursi in poltiglia. Zuccherare. Aggiungere il sale. A questo punto con un frullatore ad immersione frullare fino ad ottenere una bevanda liquida omogenea, lasciar raffreddare. Preparazione della bavarese Mettere a bagno in acqua tiepida per 30 minuti le mandorle, far ammorbidire l’esterno e pelarle. Una volta pelate frullarle insieme al latte di riso e lo zucchero, rimarrà una sottile granella in sospensione. Versare in un pentolino ed aggiungere l’agar-agar; mescolare bene con un cucchiaio di legno, evitando di fare grumi e portare a bollore continuando a mescolare. Spegnere dopo 2 minuti continuando a girare. Versare in stampo di metallo per budino, attendere che si raffreddi, mettere in frigo per almeno 3 ore. Sformare e decorare a piacere.
Si ringraziano: Per la ricetta: Giovanni Castellana Credits foto: Gianni Amodio
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da SicurezzAtavola per i più piccoli SicurezzAtavola è la campagna per prevenire il soffocamento nei bambini promossa da Salvamento Academy; si tratta del primo progetto europeo rivolto non solo ai genitori, ma anche ai ristoratori, per prevenire il soffocamento nei bambini durante i pasti. La campagna consta di alcuni video informativi in cui lo chef Dario Picchiotti e il dottor Squicciarini, medico esperto in tecniche di rianimazione cardiopolmonare, illustrano il modo in cui tagliare correttamente i cibi per farli consumare dai più piccoli, soprattutto i cibi ritenuti più pericolosi, quali wurstel, uva, olive, ciliegie, mozzarella, pomodorini pachino. Stefano Mazzei, CEO e founder di Salvamento Academy, spiega in questi termini l’iniziativa: «Il nostro obiettivo è la promozione della sicurezza a tavola. Non abbiamo la presunzione di insegnare come tagliare a piccoli pezzetti il cibo, operazione di per sé semplice, ma piuttosto evidenziare un problema. La divulgazione di semplici informazioni, può consentire lo sviluppo della cultura per la prevenzione e la diffusione delle manovre per la risoluzione dell’ostruzione delle vie aeree da alimenti». Il soffocamento derivato dall’inalazione di corpi estranei è una delle principali cause di morte nei bambini tra 0 e 3 anni. SicurezzAtavola è stata sostenuta anche dal Maestro Gualtiero Marchesi offrendo l’Accademia Gualtiero Marchesi come location per dare il via al progetto.
Ristorazione: lavoro per “passione” Quando scriviamo di ristorazione spesso diciamo che i pizzaioli, o gli chef, fanno il proprio mestiere motivati da un amore personale verso questo settore: contatto con la gente, nuove ricette, nuovi impasti, studio delle materie prime stimolano i professionisti della ristorazione i quali, nella quotidianità, si trovano ad affrontare situazioni e a raggiungere obbiettivi sempre nuovi, senza mai cadere nella routine. A ulteriore dimostrazione che la passione dei professionisti del mondo del fuori casa è una realtà c’è una recente indagine, “Talent Trends 2015”, promossa da LinkedIn, noto social network focalizzato sul lavoro. A livello internazionale, il principale motivo di ricerca e di accettazione di un nuovo incarico lavorativo, è la “retribuzione” (come dichiarato dal 54% dei professionisti presenti su LinkedIn che hanno partecipato alla ricerca); nel settore Food&Beverage italiano, invece, le cose stanno diversamente: il 71% dei lavoratori dichiara che il primo motivo per cui si cerca di cambiare lavoro è quello di avere “un lavoro più stimolante”, facendo così retrocedere il motivo “maggiore retribuzione” nella scala delle motivazioni.
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da Premiati a New York gli ambasciatori della Dieta Mediterranea Il Gruppo Casillo ha lanciato in America la prima edizione del “Premio Casillo per la Dieta Mediterranea”, le cui premiazioni si sono tenute a New York a fine giugno: il premio istituito è un riconoscimento alle eccellenze che promuovono i valori e le tradizioni dell’alimentazione del sud. A ricevere il premio sono stati Sara Baer Sinnott, presidente della nonprofit Oldways, l’organizzazione che da oltre 20 anni si occupa di promozione e divulgazione della Dieta Mediterranea negli U.S.; Pino Coladonato, affermassimo chef e ristoratore (La Masseria di New York); Dino Clemente, proprietario di un panificio industriale di rinomanza metropolitana (Clemente Bakery, in New Jersey); John Mustaro, amato presidente della United Pugliesi Federation; Rossella Rago, host del programma “Cooking with Nonna”; John Sciancalepore, imprenditore, distributore e appassionato organizzatore della Festa della Madonna dei Martiri ad Hoboken; Mauro Pansini, rinomato Chef de Cuisine dall’esperienza internazionale, che ha tra l’altro regalato agli ospiti le golose degustazioni della serata.
Undici maestri e tante ricette “Il Libro della Pizza. Come prepararla a casa con i segreti e le ricette di undici grandi pizzaioli napoletani”, edito da Mondadori, nasce dalla collaborazione fra Franco Manna, fondatore di Rossopomodoro ed Antimo Caputo di Molino Caputo. Ognuno dei pizzaioli che ha collaborato alla stesura del ricettario ha “portato” quattro ricette, una classica, una classica reinterpretata, una innovativa e una ricetta “in forma”, ossia raccontata dando libero sfogo alla creatività e alla fantasia. Presenti nel libro anche tutorial sull’impasto e sulla lievitazione. Tra le pagine del libro le storie e le ricette di Raimondo Cinque (pizzeria Gigino Pizza a Metro), Davide Civitiello (Rossopomodoro), Luigi Condurro (Antica Pizzeria Michele) Luciano e Salvatore De Angelis (Fratelli Zombino), Ferdinando De Giulio (Ermenegildo), Teresa Iorio (Le figlie di Iorio), Gino Sorbillo (Sorbillo), Gennaro Luciano (Antica Pizzeria Port’Alba), Ciro Oliva (Concettina ai 3 Santi), Salvatore e Francesco Salvo (Salvo) e Domenico De Luca (Pellone). Il Libro della Pizza sarà presente, anche in inglese, in tutte le librerie, nei punti vendita Mondadori e Feltrinelli, nei bookshop di Expo 2015, nei negozi di specialità gastronomiche italiane Eataly e nei principali musei italiani, tra cui quello di Pompei e del Colosseo. 4 2
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Locali
Profumo di esclusività a Basilico Bianco
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asilico Bianco nasce da un’idea di Gianfranco e Andrea Canziani che nel 2014 decisero di dare una svolta alle loro vite e di seguire le proprie ambizioni. Qui i titolari propongono un nuovo approccio all’offerta pizza, realizzando prodotti con la massima cura in ogni fase di creazione e reinterpretando, così, il piatto italiano per eccellenza. Offrono una qualità di prodotto che si livella in alto, come “piatto da ristorazione”. Il locale è stato aperto a Marzo 2014; si presenta con un design fre-
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sco e raffinato. È un ambiente accogliente dove, grazie agli arredi e ai toni soft, è possibile gustare la selezione di pizze proposte in un luogo piacevole e rilassato. La stessa insegna del locale (il basilico bianco è una varietà più ricercata della tradizionale pianta aromatica che siamo abituati a conoscere) riflette quest’idea di “esclusività”. Quando si arriva nei pressi di questa pizzeria si possono già scorgere, grazie alle ampie vetrate, che il bianco emerge, latteo: dall’arredamento ligneo, fino al tovagliato candido. Potremmo dire che questa è una pizzeria
di “ultima generazione” che come le altre “new generation” propone un menu fisso più una specialità che cambia periodicamente, nel caso specifico varia la Pizza Basilico Bianco, dagli accostamenti ricercati e particolari. Ad accompagnare le pizze una selezione di etichette e birre artigianali. Quando si assaggia la pizza di Basilico Bianco si capisce che studio e volontà può far arrivare ad eccellenti risultati (pensate che prima di questo lavoro Gianfranco Canziani faceva il meccanico in un’officina di Gallarate). Spiegano Gianfranco e Andrea: «Vogliamo trasmettere costantemente, in ogni dettaglio della nostra attività, passione per la buona cucina e per il mangiare sano. Importantissimo per noi, poi, l’utilizzo dei prodotti Made in Italy. Il cuore vero e proprio delle pizze è l’impasto, realizzato con la massima attenzione in ogni fase, dalla scelta della materia prima (usiamo solo farine macinate a pietra Molino Quaglia e Pizza Giovane, un tipo di farina dal basso indice glicemico,
digeribile e ricca di Polifenoli, Selenio e Omega 3) e dai tempi di preparazione (l’impasto viene realizzato con lieviti naturali che richiedono lunghi tempi di lievitazione e che permettono di ottenere una base gustosa, leggera e digeribile)». All’uso di farine macinate a pietra, anche integrali e semi integrali, si aggiungono i brillanti accostamenti di sapori delle farciture; anche in questo caso gli ingredienti per i topping vengono selezionati personalmente dai titolari rispettando la stagionalità dei prodotti. Ventididue le varietà di pizze offerte all’interno di un menù suddiviso in quattro categorie: semplicemente, integralmente, alternativamente e deliziosamente.
Pizzeria Basilico Bianco Via Novara 1, ang. Via Marino Croci 21013 Gallarate (VA) Tel. 0331-782956 www.basilicobianco.it
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eventi
15 candeline per il Campionato Italiano Assoluto di Pizza
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l 15° Campionato Italiano Assoluto di Pizza si è concluso con la soddisfazione del Presidente dell’A.P.I. Angelo Iezzi e di tutto lo staff dell’associazione e degli sponsor (tra i quali ricordiamo l’azienda Molino Iaquone). «Ringraziamo tutti i partecipanti per aver reso unica anche questa edizione del campionato. L’evento si è svolto, all’insegna del divertimento e della professionalità» commenta Iezzi, ripensando alle tre giornate della gara (tenutasi a fine maggio nell’elegante cornice di “Gusto e Magia” in Via Fratelli Maristi, 12 a Roma). Questa del 2015 è stata un’edizione tenuta in grande considerazione perché ha rappresentato un importante “compleanno” del campionato, il quindicesimo. La prima delle tre giornate di gara è stata dedicata alla Coppa Italia per squadre regionali (giunta alla quarta edizione) a cui è seguita la sfida di Pizza Acrobatica. Le altre sfide tenutesi nel secondo e terzo giorno sono state Tonda, Teglia, Pala, Cadetti Tonda, Cadetti Teglia,
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Cadetti Pala, Pizza più larga, Pizza più veloce, Delegazione Estero; il terzo (ed ultimo) giorno l’evento si è concluso con la consueta “festa della pizza” aperta al pubblico che, gratuitamente, ha potuto degustare magnifiche pizze e assistere alle premiazioni dei vincitori (felici e soddisfatti di portare a casa un premio prestigioso nel panorama delle gare italiane di pizza). Ecco i loro nomi: Raffaele Carlone con la sua pizza tonda ha vinto la sezione Delegazione Estero; Riccardo Micheli è primo in Pizza in Pala, Filomena Palmieri è la vincitrice della sezione Teglia; Salvatore Saracino è stato premiato per la Tonda; Lucio Franco è il pizzaiolo acrobatico più in gamba, mentre il pizzaiolo più veloce è Antonio Marios Del Arbol; la pizza più larga è stata quella di Daniele Ucciardo. Veniamo ai Cadetti: Riccardo Lovasto ha vinto la sezione Pizza Tonda, Emanuele Iezzi quella Pizza in Teglia, Federico Senesi quella Pizza in Pala. Infine, la squadra che è salita sul podio per la Coppa Italia è stata quella del Lazio.
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Ecco le stelle del Palacassa di Parma
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al 25 al 27 maggio Parma è stata un’altra volta sede del noto Campionato Mondiale della Pizza, giunto quest’anno alla sua 24esima edizione, in concomitanza con la terza edizione dell’Olim Pizza. Come sempre lo storico agone concentra nelle sue giornate numerosissimi pizzaioli, provenienti da tutta Italia e da molti paesi esteri, inondando il Palacassa di Parma di ricette, profumi, colori e tanta tanta voglia di vincere. Tante le sezioni di gara e tanti, quindi i premiati: il nuovo Campione del mondo di Pizza Classica è Angelo Cossu, da 13 anni pizzaiolo, della Pizzeria “El Tempio” di Cogoleto (Genova); ha vinto con una pizza preparata con impasto diretto (50% di farina tipo 1 e 50% di farina integrale) e farcita con stracchino, gamberi marinati di Santa Margherita, pesto, bufala e pomodorini, ricetta che fa parte del menu della pizzeria.
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Campione del Mondo di Pizza Napoletana Stg è Attilio Albachiara, della Pizzeria da Attilio, ad Acerra (Na). Giuseppe La Polla del Ristorante Pizzeria La Rocca di Guttuso (Olbia Tempio) è stato insignito del titolo di Campione del Mondo di Pizza Senza Glutine, mentre il Trofeo Heinz Beck è andato a Emanuele Castelnuovo del Ristorante La Baia di Cremia (Como). Battimani poi al vincitore di Velocità Giuseppe Amendola della Pizzeria Mediterranea di Reggio Emilia, e al vincitore di Larghezza Antonio Martos Del Arbol, di L’albero Pizzeria di Malaga, Spagna. Il premio per la categoria Pizza Thriatlon è andato ad uno statunitense, Jeff Simokevich, della Pizzeria Blue Panpizza di Denver. Le specialità Pala e Teglia sono state vinte, rispettivamente, da Samuel Sini della Pizzeria La Prima Scelta di Sassari, e Federico Visinoni della Pizzeria Strapizzami di Aprilia.
Ogni mese i corsi de La Scuola Bianca
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a Molini Pizzuti presta moltissima attenzione alla formazione professionale: La Scuola Bianca di Molini Pizzuti è coadiuvata dall’Università di Napoli - Dipartimento di Scienza degli Alimenti, dall’Università degli Studi del Molise, dal Parco Scientifico e Tecnologico Moliseinnovazione e dall’Istituto Tecnico I.P.I.A. di Napoli. L’azienda, quale Ente N° 314/01/05, ha ottenuto l’accreditamento dalla Regione Campania per la Formazione in campo agro-alimentare. All’interno della scuola sono presenti aule per la formazione teorica, dotate di strumentazione tecnologiche e un laboratorio specialistico.
La Scuola Bianca propone one mensilmente corsi di pizza zza per Pizza Senza Glutine, ne, Pizza S.T.G., Pizza Acrorobatica, Perfezionamento. to. Ogni corso è dedicato a 10 partecipanti. La durataa del corso è di 40 ore, dall lunedì al venerdì, dalle ore 8,30 alle 17,30 (con pausa pranzo di un’ora). Info: 389 .2551034 – 0828.35 info@mo 5150 linipizzu ti.it
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Un settembre grandioso per l’edizione 2015 Chef stellati da tutto il mondo accanto ai pizzaiuoli, 50 pizzerie a cielo aperto, musica, e naturalmente il Trofeo Caputo
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rande, non solo nei numeri, ma nella ricchezza del programma, la quinta edizione del Napoli Pizza Village, promosso dall’Associazione Pizzaiuoli Napoletani in programma sul Lungomare partenopeo da martedì 1 a domenica 6 settembre 2015. Iniziamo con i numeri: la manifestazione vedrà prop tagoniste 50 pizzerie storiche napoletane che
realizzeranno, all’aperto, di fronte al mare, il prodotto alimentare più noto del mondo. Si prevede di superare la performance dell’edizione 2014, edizione che ha registrato 100mila pizze sfornate e 500mila visitatori, con una forte crescita di turisti durante l’evento (+15% negli alberghi, +7% nei ristoranti pizzeria, +9% nei trasporti). Molte le partnership che accompagnano la realizzazione di quest’edizione 2015: per prima cosa l’evento gode dell’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica e del patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole, oltre al sostegno del Comune di Napoli, poi ci sono gli sponsor, anche questi di grande rilievo; Ferrarelle per l’acqua minerale, Molino Caputo per le farine, Airberlin e Frecciarossa per i trasporti.
XIV° Trofeo Caputo Oltre ad essere un’immensa piazza dove gustare fra mare, cielo e stelle la più buona pizza del mondo, il Napoli Pizza Village sarà, come di consueto, anche il contenitore di un grande campionato, il Campionato del Mondo del Pizzaiuolo – Trofeo Caputo. «Sostengo da sempre questa manifestazione – ha affermato Antimo Caputo, Ceo dell’azienda Molino Caputo – perché rappresenta la sintesi del successo napoletano nel mondo che si basa sulla semplicità ed il cuore; la pizza è tutto questo». Per la gara si attendono oltre 500 partecipanti, provenienti da ben 40 paesi, che si sfideranno per gli otto titoli in palio. Tornando al lungo percorso fatto di chioschi, forni, tavoli, gente, allegria e buonissima pizza fragrante, va ricordato che l’evento sarà anche un importantissimo punto di riferimento per la raccolta di firme lanciata al fine di chiedere all’Unesco l’inserimento dell’arte della pizza nell’elenco dei beni immateriali patrimonio dell’Umanità. Gli chef stellati Altra novità del 2015 è la partecipazione degli chef stellati; il primo a confermare l’adesione è stato il famoso chef giapponese Masaharu
Morimoto che da anni lavora negli States. Nel corso delle sei serate nomi prestigiosi del cooking internazionale affiancheranno, nella preparazione, i maestri pizzaiuoli per la realizzazione di vere e proprie pizze gourmet. Le realizzazioni gastronomiche non rappresenteranno un allontanamento dal disciplinare STG (Specialità Tradizionale Garantita) della vera pizza napoletana, ma solo una variazione tematica per incontrare i gusti delle varie tradizioni culinarie mondiali. Napoli volerà a New York Dopo la conclusione di questa quinta edizione, il prossimo obbiettivo dell’organizzazione del Napoli Pizza Village sarà quello di far “volare” l’evento oltre oceano, e non è escluso che lo si realizzi a New York già nel 2016. Proprio nella grande metropoli americana l’evento è stato presentato, lo scorso giugno, al sindaco Bill de Blasio che è stato entusiasta all’idea di portare un po’ di Napoli nella sua città.
eventi
Cibi di strada: la sana alternativa al fast food
Intervista a Massimo Ricciarini Presidente Streetfood
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o Streetfood Tour ha già riunito oltre 200mila “streetfoodies” in tutta Italia. Fra i cibi di strada proposti, leccornie dal Piemonte (Fritto piemontese, panino con cotoletta piemontese), dalla Sicilia (pane e panelle, pane ca’ meusa, arancine, cannoli e cassatine), dalla Romagna (Piada romagnola), dal Lazio (fritto di pesce fresco nel cono), dalle Marche (Olive ascolane), Toscana (Lampredotto), dalla Puglia (Bombette e zampina, panzerotti, puccia salentina focaccia barese) solo per citare alcuni esempi. Non manca, ovviante, in molte tappe, la pizza napoletana. Per capire meglio questo fenomeno abbiamo intervistato il Presidente dell’associazione organizzatrice dell’evento, Massimiliano Ricciarini.
Com’è C ’è arrivato i t a fondare l’associazione che si occupa di StreetFood? «Nel 2003-2004 ho frequentato un Master per esperti 5 2
in turismo enogastronomico e comunicazione di massa. Mi sono specializzato in nuove forme di comunicazione attraverso il cibo e da lì al cibo di strada il passo è stato breve. Ho realizzato un sito web (www.streetfood.it): una mappatura sempre più allargata nello “Stivale” e nel 2008 assieme ad altri appassionati ho fondato l’associazione culturale no-profit “Streetfood”. Nel 2010 il primo evento di successo e negli anni le tappe sono aumentate in modo esponenziale fino alle 30 del 2014 e alle quasi 40 del 2015».
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Da dove nasce l’esigenza di riproporre, in una manifestazione, il cibo da strada? «Il primo evento nel 2010 a Marciano della Chiana (Ar) servì per far conoscere l’Associazione e il cibo di strada. Attraverso gli eventi la gente può rendersi conto di quanto è consistente il patrimonio dei cibi di strada in Italia e quanto sia importante promuoverlo come valida alternativa al cibo da fast food e a tutte le forme di produzione alimentare globalizzate».
Perché avete sentito l’esigenza di associare anche alcune specialità estere? «Il Patrimonio street food italiano va a braccetto con il cibo di strada del Centro e Sud America, Nord Africa, Medio Oriente, India, Cina, Thailandia e area indo-pacifica. Le specialità estere sono un 5% nel parterre dei cibi di strada in ogni evento e sono anch’esse un modello alimentare in antitesi ai cibi industriali o di catene fast food».
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eventi
La pizza PiQuDi arriva all’Expo di Milano
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nche l’azienda Molino Iaquone è stata presente all’Universale di Milano nelle giornate dall’8 al 20 giugno. Come ci racconta Dario Di Norscia, Export Marketing Manager dell’azienda, ad Expo Milano sono state preparate specialità che hanno tenuto conto non solo della tradizione, ma anche delle emergenti richieste alimentari dei consumatori: «Abbiamo preparato pizza Biologica e di Farro accanto al nostro cavallo di battaglia, la pizza alla Romana. Ma come sempre nei nostri appuntamenti in fiera sperimentiamo: abbiamo così potuto provare e far assaggiare basi pizza a lunga lievitazione, per mostrare un po’ di possibili varianti, sempre nell’ottica del metodo PiQuDi, pizza ad alta qualità e digeribilità». Durante le giornate milanesi si sono alternati vari esperti, quali Roberto Mannocchi e Ugo Veri, istruttori dell’API, associazione sempre al fianco del molino in fiere e manifestazioni; Paolo Nardone, già “Campione Assoluto” di Pizza tonda, ed Emanuele De Vittoris, dottore in Scienze Culinarie (che s’è soffermato in particolare sulla pizza bio di farro). Oltre mille pizze sono state sfornate e gustate dai visitatori.
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CittaSlow «Voglio anche segnalare - aggiunge Di Norscia - che il 19 giugno si è tenuto il Summit annuale dei sindaci delle città che aderiscono al circuito CittaSlow, network che sensibilizza ad uno stile di vita e culinario più naturale. Presenti 150 sindaci da tutto il mondo i quali hanno avuto modo di assaggiare la pizza di Farro Bio preparata dal Dr. Emanuele De Vittoris in collaborazione con Ugo Veri». Le farine usate nelle preparazioni sono state la Farina Biologica Iaquone e la farina Semi Integrale D’Altri Tempi Iaquone, ottima per ottenere pizze rustiche e gustose ricche di fibre, più vitamine e sali minerali. Il prossimo appuntamento ad Expo Iaquone continuerà la sua avventura all’interno dell’Expo da Luglio fino ad Ottobre con la produzione di pizza PIQuDi con la farina semi integrale D’altri Tempi, all’interno del Padiglione KIP International School, nell’area riservata alla ristorazione. Ricordiamo, inoltre, che Molino Iaquone sarà anche presente ad Host Milano 2015, presso Fiera Milano, a pochi metri da Expo, dal 23 al 27 ottobre 2015. www.molinoiaquone.com
L’Estate dei
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empo di record a giugno! Se ne sono raggiunti ben tre, due in Italia e uno in Svizzera. Partiamo del record sulla “Margherita più lunga del mondo”: s’è tenuto a metà giugno nella cittadina di Rende, in Calabria; dopo oltre 16 ore di lavoro i pizzaioli calabresi hanno strappato il primato agli spagnoli, realizzando una Margherita di 1299 metri, ma colpo di scena, la Calabria ha potuto godersi solo per pochi giorni il suo sudato record. Infatti, sabato 20 giugno, una squadra di agguerriti pizzaioli, capeggiata da Dovidio Nardi, ha battuto il record calabrese con una pizza lunga ben 1.595,45 metri. Era mezzogiorno circa quando il giudice Lorenzo Veltri ha misurato, metro a rotella alla mano, la pizza Margherita preparata lungo il Decumano di Expo 2015. Per farla sono occorsi: 14 le ore di lavoro, 5 forni speciali usati per la cottura (hanno cotto la pizza 3 metri per volta, in circa 3 minuti). Sono state utilizzate: 2 tonnellate di salsa di pomodoro, 1,5 tonnellate di mozzarella, 300 litri di olio extra vergine, 2 tonnellate di farina.
Da raccontare anche il guinness sul “maggior numero di pizze Margherita sfornate nell’arco di 12 ore”; s’è svolto in Svizzera, ma la squadra era tutta italiana: sabato 27 giugno, circa 30 pizzaioli (tra cui Marco Di Pasquale, Antonio Tammaro, Angioletto Tramontano, Salvatore Lioniello, Attilio Albachiara, Gigi Cacialli, Errico Porzio) si sono incontrati a Chiasso su invito dell’Istituto Nazionale della Pizza. I pizzaioli hanno iniziato la sfida alle 11 di mattina, sotto l’occhio vigile del giudice del Guinness World Record e, in 12 ore, hanno sfornato ben 5068 pizze Margherita, strappando il primato alla Corea. A supportare l’iniziativa come sponsor anche il marchio Le 5 Stagioni. Una curiosità: rimangono imbattuti diversi record sulla pizza: il maggior numero di pizze sfornate il 24 ore è della Australia (2012); mentre il numero più alto di pizze sfornate in una sola ora è stato fatto begli Usa (2010). La pizza commercializzata attualmente più costosa è londinese, del Maze Restaurant, e costa 1400 pounds. 5 5
eventi
Sei mesi di innovazione con Ce n’è per tutti i gusti: pizza all’acqua di mare, all’aloe vera e al vincotto
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valori dell’A.P.P. sono “ricerca” e “unione”. Ricerca nell’ambito delle materie prime che possano sposare gli impasti pizza; unione nell’essere una squadra unita capace di non perdere mai il gusto di stare insieme. I primi sei mesi dell’anno sono stati densi di appuntamenti in cui sono stati presentati molti impasti ispirati all’alimentazione “funzionale”. «Una novità assoluta da noi lanciata è l’uso dell’Aloe Vera Gel come ingrediente nell’impasto della pizza ci spiega il presidente Luigi Stamerra. - Si sa in erboristeria e in medicina che l’aloe vera allevia pruriti, infiammazioni, è un cicatrizzante, può essere utilizzata per chi ha un problema di colite ulcerosa, ha un
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effetto antibatterico e tanto tanto altro. Dopo aver effettuato studi sulle giuste quantità da utilizzare, nelle pizzerie associate all’A.P.P. è possibile gustare questa pizza innovativa». Le novità non finiscono qui: recente è anche la “Pizza Più Gusto”. È un’idea realizzata in collaborazione con le aziende appartenenti alla rete “Più Gusto -Vincotto Experience” e prevede la preparazione di una pizza con impasto al vincotto dolce d’uva. Nelle pizzerie associate è poi anche possibile gustare la pizza impastata con acqua di mare. L’acqua di mare a uso alimentare si sta diffondendo sempre più; gli impianti moderni consentono di proporre un prodotto salubre con qualità organolettiche ottime,
grazie al contenuto di minerali benefici e al tenore di cloruro di sodio costante e molto adatto all’uso in cucina. Dopo le presentazioni delle pizze “innovative” l’associazione ha “sfornato” anche una bella gara a fine maggio, il 2° Campionato Nazionale dii Pizza Italiana. Tenutosi nella Città del Cinema, a Foggia, e condotto da Francesca Iagul-li, il campionato ha visto la sfida di 80 pizze dagli impasti più svariati, dalla classica a base di farina 0 a quella alla canapa sativa, da quella a base di zucca fino a quella al carbone vegetale. A comporre la giuria ria giornalisti esperti di enogastronomia, tra cui Simona Giacobbi di Puglia uglia Mon Amour, Sandro Romano e Carlo Sacco, e food bloggers comee Nunzia Bellomo del sito Miele di Lavanda e Antonella Cascione del blog La Mia Cucina. Tra i giurati anche componenti di associazioni di categoria come l’AIC Puglia (Associazione Italiana Celiachia) con il referente regionale Michele Calabrese e Massimiliano Barnaba e Laurent Urbinati de “I Buoni senza Glutine”. Dopo l’assaggio e le valutazioni sono saliti sul podio: Luca di Battista per la categoria Pizza Classica; Giuseppe Nardone per la categoria della Pizza Alternativa; Lao Mezzina in cima sia per la caategoria Pizza Senza Glutine che per la categoria in Pala; Paolo Bruno vincitore per la categoria Pizza Dessert.
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Una pizza al farro da 110 e lode Emanuele De Vittoris, laureato in Scienze gastronomiche, ci racconta la sua attività
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icinisco, paesino nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, non è solo la patria del Pecorino di Picinisco Dop, è il luogo dove scoprire una pizza da gastronomi. Emanuele De Vittoris è un ragazzo di 26 anni.; dopo gli studi ha deciso di tornare nella sua terra e continuare con la sua famiglia l’attività che lo vedeva pizzaiolo sin dal 2004. L’interno del suo locale è caldo ed accogliente, l’esterno, con l’ampia terrazza, è il punto di osservazione della Valle di Comino con i suoi boschi lussureggianti e le sue montagne pacifiche. Ottanta i coperti nella sala, venti i posti a sedere sulla terrazza, dove si viene abbracciati da un grande noce, rifugio e dispensa di scoiattoli e piccoli uccelli. «Le pizze che proponiamo qui al locale, cotte rigorosamente nel forno a legna – ci racconta Emanuele – sono prodotte con due tipi di impasti. Uno di frumento, l’altro di farro al 100% entrambi biologici. Sono l’orgoglio del mio studio e frutto della collaborazione con l’azienda locale Molino Iaquone che provvede alla macinazione dei chicchi con il mulino a pietra. Il farro usato proviene dal Lazio, ed una parte proprio dalla Valle di Comino così facendo incentiviamo gli agricoltori a riscoprire
Pizza Carpaccio di Marchigiana
quest’antico cereale. Abbiamo ottenuto un impasto che riesce a riposare anche fino a 48 ore. Il farro è un cereale incredibile, perché può essere coltivato in montagna dove i climi sono rigidi ed i terreni difficili da coltivare; ne fuoriesce un chicco ricco di potassio, proteine idrosolubili e fibre. La pizza, dal colore ambrato, è gustosa, perché il farro è molto aromatico, inoltre è morbida con un’alveolatura ampia e consistente». L’attenzione di Emanuele per i cereali proviene dai suoi studi: laureato in Scienze gastronomiche presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (fondata da Carlo Petrini Presidente e fondatore di Slow Food Internazionale), attualmente Emanuele sta concludendo il percorso di studio in Produzioni agroalimentari e gestione degli agro-ecosistemi in agricoltura biologica: «In questo modo posso conoscere l’intera filiera, dalla terra, al chicco, fino al piatto finito e posso collaborare con le aziende agro-alimentari in maniera accurata e completa». Emanuele De Vittoris è uno degli esempi di giovani italiani che nonostante la laurea gestiscono un’attività ristorativa. Integrando studio e pratica, scienza e tradizione, passione e lavoro, rappresenta una classe emergente di imprenditori. Pizza al farro biologico macinato a pietra nella Valle di Comino dal Molino Iaquone. Farcitura: rucola, carpaccio di marchigiana allevata in Valle di Comino, tartufo estivo, olio extravergine in conversione biologica dell’Azienda Agricola Alta Terra di Lavoro di Picinisco.
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PIZZERIA BELLA VISTA Via Santa Potenziana - Picinisco (Fr)
Essere differenti per...
emozionare il cliente Alla Lampara sui Colli si gusta sta il pesce fresco in collina
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bbiamo fatto una scelta forte quando ndo dodici anni fa abbiamo aperto il ristorante di pesce La Lampara sui Colli; tutto sembrava essere contro quest’idea, ed invece siamo diventati uno dei ristoranti più apprezzati in provincia di Bari». Bartolomeo Carone, titolare de La Lampara sui Colli, ristorante sito nelle campagne del sud est barese, ci racconta com’è nata l’idea di proporre pesce fresco in collina. «Abbiamo preso in gestione un locale che proveniva da gestioni fallimentari e lo abbiamo rivoluzionato, cambiando nome, offerta, servizio. Lo abbiamo fatto in un periodo in cui l’euro creava incertezza nei consumatori. Lo abbiamo fatto sfidando il luogo comune che il pesce si mangia solo sulla costa e soprattutto abbiamo rivalutato il pesce povero dell’Adriatico, facendo alta cucina. Andando controcorrente abbiamo creato qualcosa di diverso, così originale e buono che i clienti vengono a gustare i nostri piatti con le idee già chiare! Ci dicono: “Voglio il rombo al forno” oppure “Mi hanno detto di provare il risotto con gamberi, capesante, funghi porcini e buccia di limone a la julienne”. C’è un grande passaparola». «Il nome Lampara sui Colli deriva dalla tipica “pesca
con la lampara” – continua Bartolomeo - la lampada usata di notte dai pescatori che solcano l’acqua su piccole barche». Il ristorante unisce la frescura, la natura e il relax della collina, all’offerta di antipasti, primi e secondi di mare, proponendo un’esperienza ristorativa unica. Il ristorante è ubicato nella piena campagna che, per
conformazione del territorio, dista solo dieci minuti dalla costa e da paesi dalla grande tradizione marinara, per cui i prodotti sono sempre freschissimi. Bartolomeo, aiutato da sua moglie, mette molta passione nel proprio lavoro, una passione che ha coltivato con una lunga esperienza a Rimini, in ristoranti specializzati in ricette di mare. Una gavetta decennale che lo ha portato ad esser titolare di una vera perla nel panorama della ristorazione.
LA LAMPARA SUI COLLI - C.da Antonelli, 578 - Monopoli (BA) - www.lalamparasuicolli.it 5 9
rubrica a cura del Direttore Giuseppe Rotolo
“Siamo alle pezze e puntiamo sul baratto”
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he soldi in giro ce ne stanno sempre di meno è una realtà vissuta da gran parte degli italiani. La crisi, il carovita, una disoccupazione - mai così alta - non hanno potuto che condurre a conseguenze negative, tant’è vero che tutto ciò ha coinvolto e a volte stravolto vari settori della nostra economia. Tuttavia i geni della sopravvivenza in Italia non sono mai mancati; gli italiani da sempre amano sorprendere e sorprenderci, sicché non potremmo considerare tanto strampalata la notizia che ultimamente è tornata alla ribalta l’utilizzo del “Baratto”. Di che si tratta? Ecco spiegato subito: non ho soldi, ma posseggo un bene di cui posso disfarmi, pertanto entro in contatto con chi ha bisogno di quel bene e magari è disposto a cedermene uno suo, di eguale valore, di cui io ho bisogno. Il principio del baratto è antico e allo stesso tempo semplice e in qualche modo ha regolamentato i rapporti (economici) fra gli essere umani, almeno fino a quando qualcuno ha inventato il danaro. Ma se io di danaro non ne ho, che faccio? Se devo vivere, o sopravvivere, non ho altra scelta, mi rifugio nel baratto! Non c’è nulla di male, anzi a ben vedere offre un sacco di vantaggi. Mi disfo delle cose che non mi occorrono, non vengo adocchiato dal fisco che punta a monitorare le transazioni economiche di importi su-
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periori a tot euro. Così scopro che non sono poi tanto messo male e, andando a scavare nei miei ripostigli, posso trovare un sacco di opportunità. Specie se il baratto si evolve e da antico diventa moderno sfruttando le potenzialità che vengono garantite da internet, dove esistono dei circuiti ad hoc, come ad esempio iBarter, il primo circuito italiano per lo scambio multilaterale online. Quello che stupisce, ma fino a un certo punto, è che oggi nel baratto sono coinvolti anche gli operatori della ristorazione. Ad esempio lo chef stellato Nicola Batavia de “Il Birichin” di Torino ha aderito alla prima rete italiana per lo scambio multilaterale online. “Sono un innovatore e un pioniere che ama le sfide” dice. Batavia ha quindi di fatto aperto le porte del suo ristorante allo scambio aderendo al circuito iBarter. Così al Birichin è possibile pagare una cena semplicemente con un prodotto della propria azienda o una consulenza professionale. Da quanto leggiamo il circuito sta crescendo e pertanto sarà possibile magari anche andarsi a mangiare delle buone pizze semplicemente ottenendo
crediti per aver piazzato nel sistema i mutandoni della nonna buonanima. «Di fatto, non abbiamo inventato nulla, abbiamo solamente reinterpretato la formula del baratto in chiave moderna», precisa Marco Gschwentner responsabile strategie di sviluppo iBarter e tra i fondatori del circuito. E precisa che rimane fermo il principio per cui non sono effettuate transazioni in denaro, il rapporto di scambio non è né bilaterale né contemporaneo, ma intervengono più soggetti e in tempi differenti. «I vantaggi comportano un abbattimento dei costi e l’allargamento del network aziendale», aggiunge Gschwentner. Per regolamentare gli scambi, iBarter ha introdotto una moneta complementare: l’iBcredit il cui valore per comodità d’uso è stato equiparato all’euro. Bello, vero? Bello fino a un certo punto, però! Sotto sotto forse c’è solo aria fritta o al massimo una trovata pubblicitaria. Conoscendo il settore della ristorazione dubitiamo fortemente sull’utilità pratica del baratto. Anzi siamo certi che i ristoranti e le pizzerie italiane con il sistema del baratto non potrebbero che andarsene al fallimento completo. In altre parole: “Alle Pezze” Vorremmo proprio vedere infatti come i ristoratori possano pagare i sempre più esosi fitti dei propri locali. Forse cercando di piazzare il comò di casa? E i dipendenti come li paghiamo? È possibile proporre uno scambio del tipo: mi lavori tot ore e in cambio ti do una ventina di pizze? Cotte, però! Del resto nell’antico Egitto, se non ricordiamo male, i fornai venivano pagati con delle schiacciate di pane che ha detta di molti hanno rappresentato “le antenate della pizza”. Quindi se lo facevano i Faraoni, perché non farlo anche noi? C’è solo un piccolo problema. Ma piccolo. Sono passati circa 3000 anni e nel frattempo qualcosa è cambiato. Ma giusto qualcosa. E poi per pagare tasse e balzelli vari allo Stato onnivoro e gli Enti comunali parassiti, cosa dovremmo mettere nel circuito? Un rene?
Forse è opportuno sapere che gli oneri di gestione per un locale della ristorazione incidono in maniera preponderante sul conto economico, e sono i costi più complessi che bisogna tenere sotto stretto controllo e pagare puntualmente, altrimenti si entra in un circuito mortale di cui il carnefice si chiama Equitalia. Altro che baratto, il mercato italiano della ristorazione avrebbe bisogno di un rilancio (vero e serio), oltre che di un sostegno da parte delle Istituzioni. Stiamo, infatti, parlando di un settore che è uno dei pilastri dell’economia italiana (ogni anno in Italia nei 300mila locali vengono consumati cibi e bevande per più di 70 miliardi di euro). Un settore che è anche una delle eccellenze del made in Italy dove sapienza e cultura gastronomica sono le stelle più brillanti. E allora il baratto lasciamolo solo per i mutandoni della nonna buonanima. Sempre che la nonna sia d’accordo, però! 6 1
a cura di Marianna Iodice
14° Trofeo Caputo Nella ricca cornice del Napoli Pizza Village si terrà, anche quest’anno, l’atteso Campionato Mondiale del Pizzaiuolo - Trofeo Caputo, giunto alla quattordicesima edizione. Otto le sezioni di gara nelle giornate dell’1 e 2 settembre. L’anno scorso il Trofeo fu dato a Valentino Libro, 29 anni, incoronato, a notte inoltrata sul lungomare di Napoli, con tanta emozione: «Sognavo di vincere questo titolo da quando ho iniziato a fare il pizzaiolo» disse Valentino. Tutto il mondo pizza è in attesa di scoprire chi seguirà Valentino nel novero dei vincitori www.pizzavillage.it/it/campionato-mondiale-del-pizzaiuolo
Con 6.777 espositori provenienti da 98 paesi, ANUGA (dal 10 al 14 ottobre 2015 a Colonia, in Germania) è la piattaforma leader del business e la fiera più grande e importante per il settore Food & Beverage in tutto il mondo. ANUGA attrae circa 155.000 decisori dei settori del commercio e della ristorazione, garantisce il massimo livello di contatti e grandissime opportunità di business. Con dieci esposizioni sotto lo stesso tetto, ANUGA offre tutte le novità per tutte le aree della filiera legata al food; è la fiera ispiratrice dell’industria alimentare internazionale. www.anuga.com
a cura di Marianna Iodice
Giunta alla 38a edizione, Host, la fiera dedicata al settore Ho.Re.Ca., foodservice, retail, GDO e hotellerie, si conferma il marketplace del business internazionale e di qualità, un luogo di incontro esclusivo tra aziende produttrici leader di mercato e buyer top spender da tutto il mondo. Dal 23 al 27 ottobre 2015 Milano diventa la capitale dell’accoglienza professionale: 14 i padiglioni, oltre 20 milioni di visitatori attesi da tutto il mondo. L’edizione 2015 di Host può contare su un ulteriore elemento di visibilità, dato dalla concomitanza con l’esposizione universale Expo 2015 a pochi metri di distanza. host.fieramilano.it
L’unica manifestazione internazionale certificata interamente dedicata ai prodotti e all’alimentazione senza glutine. La manifestazione ha ottenuto la certificazione ISO 25639 dall’ente Accredia. Giunta alla quinta edizione, dal 14 al 16 novembre 2015, Gluten Free Expo (presso Rimini Fiera) metterà “in mostra” le aziende di settore che si occupano di prodotti adatti al consumo da parte dei celiaci. Visto l’andamento del 2014, che ha registrato un incremento di professionisti HO.RE.CA, gli organizzatori hanno stabilito le giornate di sabato e domenica per il pubblico, di lunedì e martedì per tutti i professionisti del settore. www.glutenfreeexpo.eu
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Nostri Partner i 6 4
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VENTIDUE Srl
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Anno XIII - n° 76 /2015 Iscritta al Tribunale di Bari al nr. 02/2003 Iscritta al R.O.C. al nr. 6648
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Marinella Vinciguerra (marinella@inputedizioni.it) Hanno collaborato:
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Ieri, Oggi e... Domani
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la Pizza tra passato e futuro
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Anno XIII - n° 76
Euro 2,50 • Poste Italiane • Sped. in a. p. 45% • art. 2 comma 20/b legge 662/96 • Aut. DCO/DCBA 23/2003 del 23/01/2003 • Tassa riscossa • ANNO X • Edizione bimestrale • Contiene I.P.
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