INSEGNAREDUCANDO. N°25 - febbraio/marzo 2013

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per educare un bambino

ci vuole un villaggio

N° 2 5 /Marzo Febbraio 2013

Sommario 1. 2. 3. 4. 5.

Lo sguardo che insegna Un viaggio nel paese delle emozioni ...per imparare a crescere insieme Il segreto dell’educare L’inserto da collezione: scuola-perla 6. Una scuola-città sulle rive dell’Arno 7. Qui si sperimenta e si cresce 8. 10 scatti per raccontare... 10. Brain Gym alla Pestalozzi 11. Oltre l’Italia: cooperare per educare. 12.This is my letter to the world 14. Stop al bullismo omofobico 15. 16 marzo: LIBERI dalle MAFIE 16. Mettersi in gioco per educare davvero. 17. Una buona idea! Niccolò Fabi

Lo sguardo che insegna. da Un collegio docenti icare dif mo ò pu ” stri ae “M ria se l’organizzazione ora “straò pu , na non funzio rivesi e ch ssi pra re” volge e la tar os lano limitanti, sp ito sol il se , sse mensa in cla os ca di go luo è ne stanzo ò pu a; totale e non-crescit rrico e le au ritinteggiare ccodoi per insegnare l’a teatri, e tar en inv , za en gli r le palestre, angoli pe mco i irsi ibu istr pause, rid elli ort sp or, tut re iva att piti, i, ion raz bo d’ascolto, colla ore cu a ha i Ch aperture... l’educare, osa farlo.

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“Nel processo educativo, il maestro si fa parola capace di costruire legami”. Partiamo di qui, da questo post linkato su una pagina facebook trovata per caso. Cercavamo una prospettiva internazionale, qualcosa che andasse al di là della situazione italiana di questo periodo così confuso, relativo ed instabile. Come ogni volta che si decide di lasciare la routine per aprire la finestra ed affacciarsi fuori, abbiamo trovato esperienze interessantissime che ci incoraggiano nel tenace sforzo di tenere una rotta “educativa” nella tempesta di richieste e aggiornamenti sconnessi della scuola. A noi, come alla maggior parte di voi, interessa una cosa soltanto: accompagnare tutti i ragazzini che ci sono affidati perché possano imparare. Questo ci è chiaro. La confusione sta nel complemento oggetto: imparare cosa? La sicurezza? La prestazione? Quello che noi ci siamo messi in testa, quello che è determinato come livello massimo di competenza da raggiungere? Ma…se lui, l’allievo, volesse imparare tutto? Tutto?!? Sì, tutto. Tutto quello che la vita gli offrirà per conoscere e crescere… Allora qual’è la specificità della professione docente? L’insegnante è alla stregua di un genitore, di un educatore, un allenatore o un adulto che il ragazzino incontra per strada? Ecco il punto. Che ruolo specifico siamo chiamati ad avere? A che serve un Maestro? Nella news, Alessandro, giovane laureando, suggerisce una risposta interessante nella lettera che scrive alla sua prof (pag.12/13). Il suo parere collima con quello di alcuni professionisti che

attuano buone prassi educative e che sembrano concordare su un’unica risposta corale: un maestro serve per il suo sguardo! Lo sguardo del Maestro. È quella capacità di vedere l’allievo nel cuore, nonostante tutto, accorgendosi delle sue pause, delle sue scoperte e delle sue cadute. È quel campo visivo che sostiene l’orizzonte quando i ragazzini sono persi nella nebbia delle loro emozioni. È quella serenità degli occhi di chi ha compreso che, con o senza la scuola, s’impara lo stesso, ma un maestro che ti accompagna è tutto più facile. Ci vogliono mille competenze per imparare ad avere lo sguardo giusto, ma sopra ogni cosa ci vuole equilibrio interiore e saggezza, quella capacità di non farsi travolgere dall’ultimo carro allegorico della sfilata che passa. Un maestro non dimentica il senso profondo dell’apprendere: il suo sguardo è capace di far emergere il potenziale nascosto nei ragazzi. Per questo scopo, un gruppo di “maestri” è capace di fare tutto il possibile per organizzare un luogo educativo per eccellenza, anche a costo di cambiare molte cose pur d’insegnare davvero. Perché gli interessa accompagnare l’apprendimento. Punto. Prestare attenzione al soggetto e al verbo dell’apprendere, senza tante perifrasi. I complementi e le subordinate si possono anche modificare se non funzionano! G.L.

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Lo stuzzicadenti La bussola

Un viaggio nel paese delle emozioni ...

Viaggio. Emozioni. Due ingredienti per una scelta di campo che trasforma una scuola come tante in un luogo dove star bene, crescere in consapevolezza e attenzione, imparare ad apprendere cooperando. E il bullismo non esiste. “Tutto è nato da un libro letto e analizzato dall’equipe docenti: “Star bene a scuola” della Francescato. Chissà quanti l’hanno letto. A noi ha toccato profondamente. Così abbiamo deciso di dedicare tempo al ‘cerchio’ settimanale”. Chi racconta é Cristina Lorimer, docente e psicologa alla Scuola Città Pestalozzi di Firenze. Quando ci si ferma e ci si siede in cerchio, qualcosa cambia. Quella circolarità e quella parità nella posizione, permette di “sentirsi parte” e permette di provare ad esprimere quello che si ha dentro. Nel cerchio sono emerse problematiche così che abbiamo deciso di far di più, quindi abbiamo messo a punto un viaggio nel paese delle emozioni inventato da noi. Il viaggio è fatto di tante tappe, dalla prima elementare alle superiori. Con i piccoli, una favola di inizio, una canzone che crea l'emozione. I bambini dicono dove sentono

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l'emozione nel corpo. “Cosa ti fa arrabbiare?” “Come si arrabbia un animale?” “Cosa faccio quando sono arrabbiato?”… In 2° elementare, una volta a settimana si esplorano i paesi delle emozioni: rabbia, paura imbarazzo... Poi i bambini chiedono di esplorare la felicità: la felicità e' un campo che si deve annaffiare. Tu sei artefice della tua felicità. Un esempio: “Cosa puoi fare per essere felice?” “Vorrei avere un cane. Come posso fare?”. Insieme si discute:”Bisogna convincere la mamma, ma poi bisogna essere a casa per dargli da mangiare e accudirlo e pulirlo...” Si valuta se è fattibile o no e cosa fare in questo secondo caso. Esplorare le emozioni vuol dire imparare a guardarsi dentro, lasciare che emerga ciò che preme nel cuore per essere compreso e condividere con gli altri timori, sogni, idee e possibilità. Significa non sentirsi soli, ma compresi e accolti. Questo, già da solo, è l’antidoto all’aggressività. (continua a pag. 3)


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Lo stuzzicadenti

... per imparare a crescere insieme.

(continua da pag. 2)

Un altro esempio? In tutte le classi di 1° elementare si impara il cooperative learning con il gioco della strega che dà dei compiti di gruppo ed e' cattiva solo se trova qualcuno isolato (ma col gruppo non può far nulla). All'inizio bisogna fare un disegno di gruppo, ma ognuno ha solo un colore che non può essere cambiato. Poi si passa al lavoro tridimensionale: tenere, incollare, costruire un oggetto. Nel gruppo ognuno ha ruoli diversi: il messaggero, il tagliatore ( l'unico con le forbici), l'incollatore, il disegnatore. Quando il compito è concluso, il messaggero può andare dalla strega che lo interroga: avete litigato? Come avete fatto a risolvere il vostro disaccordo? La verifica che il gruppo fa con la strega è maieutico: 1)si valutano le strategie migliori per cooperare 2) si dedica spazio e tempo per comprendere il conflitti e costruire l’accordo. Alla psicopedagogista chiediamo cosa accade se il compito non viene svolto. “Semplice: la strega mangia i bambini isolati! Ma i bambini sono in gamba e mi avvertono: -Cara strega, noi c'è la facciamo!!!” Cos'è che fa funzionare il gioco? Le formule magiche. E poi la varietà di esercizi che vengono proposti per imparare a mettersi nei panni degli altri. In 4°elementare i bambini hanno fatto già molti esercizi di consapevolezza e sono in grado di fare un corso di peer-mediator. Quando hanno superato tutte le lezioni del corso, possono provare a intervenire; di fronte a un litigio il peermediator chiede ai compagni coinvolti nella disputa: “Vuoi che medi il tuo conflitto?” A volte la risposta è NO. Il peer sa che deve aspettare il momento giusto. “ Io ci sono. Quando volete vi do una mano”. Così accade che bambini di 9/10 anni si aiutino a comprendere e risolvere la tensione senza l’intervento di un adulto. Quando è il momento giusto, il peer chiede ad entrambi i contendenti: “Cos'è successo? Come ti sei sentito?” E poi: “Cosa ha detto il tuo "nemico"? Come si e' sen-

Quasi sempre nessuno ha ascoltato l'altro e bisogna ripetere l'esercizio. Poi si cerca la migliore soluzione con brainstorming o ripetendo la scena al rallentatore con altri compagniattori, proprio come suggerito dal TdO. Quando si è trovata l'alternativa migliore, si firma un foglio convalidato dal mediatore. Anche le regole della classe sono costruite insieme e si inventa una storia che spieghi perché si è' inventata quella regola. Questo aiuta a focalizzarla, comprenderla e interiorizzarla. In 5° elementare ci si concentra nell’analisi delle conseguenze delle diverse azioni. Nella 1° e 2° media si lavora sul l'identità di genere. Un esempio: foglietti a maschi e femmine. “Cosa cambia dagli 11 ai 13 anni?” “Come ti vogliono i maschi/ le femmine”. Rileggere in classe e dialogare su aspettative immaginarie e reali è fondamentale. In 3° media si lavora sull’orientamento: chi sono, come mi vedono gli altri, quali i miei punti di forza, i miei punti deboli. Imparare a contattare il proprio cuore, i propri sentimenti, i sogni, i desideri …ecco l’obiettivo del “viaggio”. Oltre al lavoro in classe, si è avviato lo sportello per i ragazzi nell'intervallo del pranzo e per gli adulti, nel pomeriggio. Anche se in classe ci sono difficoltà, lavorare sugli interessi personali è l'unica possibilità di poter riuscire a lavorare insieme. E poi ci sono film fantastici da vedere insieme, che offrono mille spunti: “Caterina va in città”, “Stand by Me” e “Freedom writers” ( in terza media) e per le superiori: “Vai e vivrai” che introduce il tema del recupero della propria identità. La più grande difficoltà? È stato molto difficile introdurre l'educazione affettiva nelle medie. La preoccupazione era di trasformare il viaggio in un programma da svolgere nelle ore stabilite. Ma l'educazione affettiva non è un altro programma! È avere altri occhi ovvero fare le cose che si devono fare con un’attenzione in più: scegliendo di dare attenzione alle emozioni, perchè gli allievi possano comprenderle. In ottica di prevenzione.

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Lo stuzzicadenti La bussola

Il segreto dell’educare. Di M.Teresa Casavecchia

Dare attenzione al bambino e guidarlo con amorevole determinazione: se il ragazzino riceverà attenzione, imparerà a prendersi cura di sé, degli altri e dell’ambiente. ICITA’ ’INFEL

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L’autrice è un’insegnante della scuola dell’infanzia e da anni accompagna tanti piccoli allievi verso l’autonomia e la responsabilità, con risultati sorprendenti. Le abbiamo chiesto di illuminarci sui segreti dell’educare. Il suo articolo ci riporta all’essenziale: poche regole, chiare e irrinunciabili, fermezza, attenzione, pazienza infinita, ma soprattutto la capacità dell’educatore di stare in equilibrio coltivando per sè saggezza e serenità. Così come una “sana alimentazione” permette di crescere in salute fisicamente, solo una “sana attenzione” permette al bambino di accrescere la consapevolezza di sé e del proprio valore. In che modo essere attenti? Ogni genitore desidera che il proprio bambino venga guidato a vivere correttamente: riferendosi alla cultura della comunità in cui vive, il genitore pone le linee guida su ciò che è bene fare e cosa non si fa. Si distingue quindi tra ciò che è determinante e viene scelto dall’adulto e cosa è secondario e può far parte della libera scelta del bambino. Per ottenere buoni risultati è importante che i genitori accompagnino indicazioni e limiti con frasi del tipo: “mamma e papà credono che per il tuo bene, sia meglio così” ed è ancora più importante che quanto detto sia veramente frutto di un accordo e che rispetti i seguenti principi di base: •Che le indicazioni di vita e i limiti posti siano chiari, adatti all’età e a quel bambino •Che siano comunicati in modo pulito e comprensibile •Che siano spiegati e mostrati al bambino •Che siano fatti rispettare senza usare stimoli dolorosi •Che si tenti coerentemente di portarli nella vita •Che siano comunicati alle persone che si occupano del bambino Sarà necessario perseverare e ripetere finché il bambino imparerà. Educare in questo modo richiede tempo, attenzione ed energia. Abitualmente dopo un certo impegno da parte nostra per mantenere la calma, scatta automaticamente l’im-

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pulso a reagire con rabbia, perché questo, prevalentemente, abbiamo ricevuto da bambini e questo più o meno consapevolmente ci troviamo a ripetere, soprattutto nei momenti di tensione. Non riusciamo a perseverare in modo amorevole dosando l’energia necessaria per raggiungere lo scopo. Così, dopo aver dato un’indicazione al bambino, se questa non viene rispettata, perdiamo la pazienza e interveniamo con uno stimolo esagerato, o lasciamo correre (così le parole cominciano a perdere valore) o perseguiamo il fine usando sistemi non corretti (es. il ricatto: “ se fai o non fai così, ….ti do….”). Ciò indurrà nel bambino rabbia nei nostri confronti, abitudine a non seguire le indicazioni, sensi di colpa e acquisizione dei nostri stessi sistemi (manipolatori) per ottenere qualcosa dagli altri, creando così circoli viziosi di relazioni non corrette. Per aiutare il bambino a crescere e a superare i suoi limiti, non abbiamo altra scelta che mettere in discussione (possibilmente come coppia di genitori) il nostro modo di porci in relazione con lui e tentare di fare meglio, riflettendo sui nostri passi, cercando con perseveranza di superare i nostri limiti, condividendo con altri le difficoltà e i successi, stimandoci per il cammino intrapreso, nella consapevolezza che questo è ciò che è necessario per il bene dei figli e per il nostro. Superate le difficoltà dell’inizio, la relazione con i figli assumerà un sapore diverso. Nostro figlio è la nostra opera d’arte: a noi il compito e la responsabilità di creare le condizioni perché si realizzi. Quando sentiamo di aver sbagliato, o qualcuno ce lo fa notare, scusiamoci col bambino. In questo modo lui imparerà il valore della coerenza e della responsabilità.


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La perla

L’inserto da collezione

Prosegue il viaggio alla ricerca dell’ISOLA CHE C’E’.

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Vi presentiamo un’altra SCUOLA - PERLA che rappresenta un esempio di pedagogia applicata da conoscere, osservare, imitare. Questa volta vi parlaimo di una scuola sperimentale. La scuola-città Pestalozzi Sulla news insegnareducando vogliamo dare spazio a quelle esperienze che riescono a mettere in pratica 10 obiettivi essenziali: 1. sono vere comunità educanti, dove tutti i componenti (insegnanti, genitori, operatori, dirigente, ...) operano in sinergia e benessere; 2. gli spazi, le persone, gli atteggiamenti, i percorsi sono veramente accoglienti; 3. i ragazzi ci stanno volentieri, ma anche gli insegnanti, i genitori ... 4. si impara molto perchè i saperi si “costruiscono” insieme; 5. gli allievi non sono “imbottiti” di verifiche, ma si insegna loro a valutare i percorsi fatti per programmare insieme il “da fare”; 6. si apprende dalla diversità, dalla cooperazione, dalla ricerca, dall’approfondimento; 7. l’esperienza è un valore importante per apprendere; 8. l’orario non detta legge, ma il tempo per maturare un apprendimento, sì. 9. la continuità è reale perchè i docenti “crescono” insieme e condividono davvero; 10. l’esperienza è replicabile in altri contesti.

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Lo stuzzicadenti La perla

Una Scuola - Città sulle rive dell’Arno. Firenze, quartiere Santa Croce. Qui, nel medioevo, i frati avevano voluto stabilire il loro convento per essere vicini ai più poveri della città e offrire opportunità di scuola-lavoro ai ragazzi affinché apprendessero un mestiere. Oggi, a distanza di secoli, nel giardino del convento, gli allievi della Pestalozzi coltivano, giocano, si incontrano e svolgono le loro attività di apprendimento all’aperto, proprio dietro la chiesa e un’antica scuola del cuoio, ancora attiva, frequentata perlopiù da giovani asiatici.

Alla Sc uola-C it Stefan o, Ma tà incontriam tteo, Sofia, Grazia o Pa no, gnant trizia, Feder i ic esperie “vissuti” co a, insen n che c za da rac tanta conta i re gramm spiegano l’orga a e le nitriamo attività ; incon anch mamm e, tra c e presid ui Fran alcune ente d cesca , la e GASP che ci ll’associazio n racco partec e nta la ip loro scuola azione a labora questa torio.

Una scuola sperimentale a Firenze? La Scuola Città di Firenze nasce nel 1946, in pieno dopoguerra, come scuola a tempo pieno voluta da Codignola. Oggi, a distanza di 67 anni, è ancora un progetto sperimentale privilegiato perché sole altre 2 scuole di questo genere esistono in Italia: la “Rinascita” di Milano e la “Don Milani”di Genova. Dove sta il privilegio? Innanzitutto qui vi è la possibilità di scegliere la propria candidatura come insegnanti, tramite un decreto ministeriale del 2006 che garantisce alle scuole-laboratorio la presenza di docenti motivati che credono nel progetto. Vi è un Comitato di valutazione per scegliere sia gli insegnanti sia il dirigente. Questo garantisce la partecipazione di persone motivate che non hanno interesse a comandare o guadagnare o fare il meno possibile. Gli insegnanti che fanno domanda per lavorare qui, si sottopongono a un colloquio motivazionale, due anni di messa in prova con un tutor e colloqui finali con tutti gli Insegnanti che lavorano con lui. Solo al termine di questo periodo è possibile il "Matrimonio" e finalmente il docente riceve l’incarico definitivo nella Scuola-Città. Quale struttura gestisce questo laboratorio permanente? Essendo sperimentale, la Scuola-Città di Firenze è soggetta all’aiuto e alla supervisione di un comitato scientifico esterno, al quale partecipano anche rappresentanti degli Insegnanti. Compito di questo organismo è il monitoraggio dei percorsi e il mantenimento dell’attenzione alla pedagogia attiva.

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All’interno della Scuola, la Regia è tenuta da un Ufficio Studi che si ritrova settimanalmente: 6 figure di sistema e il Preside ( che conta come un insegnante). Il Centro Studi detta le linee guida e di coordinamento. L’orario prevede ore di ricerca, rete o studio. Il mestiere dell’insegnante ha bisogno di tempo per la formazione permanente, la ricerca, il confronto in equipe, l’ideazione di percorsi adatti a dei ragazzi che crescono e cambiano, si modificano e portano all’interno della scuola nuove provocazioni e interrogativi. Qual è l’obiettivo di questa sperimentazione? La cosa fondamentale è che i bambini vengano volentieri a scuola. Spesso la scuola si adegua alla società e rincorre in ritardo le problematiche. Questo era un quartiere malfamato. La scuola e' stata fondata qui non a caso. Qui il disagio dei genitori, delle famiglie nuove allargate, monogenitoriali si sente come in ogni altro luogo. Oggi ci troviamo di fronte a bambini-panino, infarciti di informazioni, ragazzini col mito del calciatore e della velina. Queste realtà ci interpellano. Non possiamo fare scuola come se nulla fosse! Quali interrogativi vi ponete? Qui ci siamo interrogati su come essere ambiente di apprendimento, cosa vuol dire essere oggi comunità educante, quale tipo di aiuto portare ai ragazzi e cosa imparare oggi? Sapere tutto oppure proporre centri di apprendimento e poi dare ai ragazzi la possibilità di scegliere percorsi di interesse. (Continua a pag. 7)


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Lo stuzzicadenti La perla

Qui si sperimenta ... e si cresce.

tra ragazzi e di stringe un'alleanza se lo so re lva sa ò ria tra La scuola si pu nella storia la simmet lta vo a im pr la r pe ù dei insegnanti perché i digitali ne sanno pi tiv na zzi ga ra I . tta ro è ll'insegnante per docenti e discenti si sempre bisogno de o nn ra av a m i; nt le proprie loro insegna rare ad organizzare pa im e a itic cr a nz costruire coscie conoscenze.

(Continua da pag. 6) A 6 anni un bambino va guidato, ma piano piano e' lui che, adolescente, diventa protagonista del suo percorso di apprendimento e può proporre lui stesso alcune tematiche di interesse. Oltre all’insegnante, chi affianca i ragazzi? In tutte le scuole primarie l’insegnante è un’importante figura di riferimento, poi i ragazzini non hanno un riferimento preciso, bensì tante figure professionali per tante materie. Noi qui abbiamo introdotto la figura del tutor, il coach allenatore, un adulto che l’allievo incontra una volta alla settimana da solo e questo dalla quinta elementare alla terza media. Ogni Insegnante e' tutor di due o tre ragazzi. Abbiamo anche introdotto un curriculum di educazione affettiva e relazionale con una docente psicologa che attiva un laboratorio nelle classi e ha uno sportello. In sintesi, quali le proposte sperimentali che funzionano e potrebbero essere esportate? 1. La differenziazione del curriculum: materie fisse e altre a scelta del ragazzo. 2. Il Tutor con colloquio settimanale. 3. Gli “allena-menti” cioè spazi individuali di studio da solo. 4. Scuola 2.0 (e non solo qualche classe) grazie ad un bando europeo vinto da noi e altre 14 scuole in tutte Italia. 5. Non ci sono i libri personali ma biblioteche, i bambini “fanno” i libri apprendendo, ovvero man mano che si imapara e studia in classe.

E questa scuola 2.0? Come procede? Al momento l'Ipad e' usato come strumento didattico. Ad esempio l’insegnante prepara una mappa concettuale sulla LIM e i ragazzi la vedono sull'ipad e possono interagire. Essendo una sperimentazione, stiamo ragionando su come usare questi strumenti in forma utile e nel frattempo osserviamo i cambiamenti nei processi di pensiero che avvengono grazie a questo nuovo modo di operare. Howard Gardner, autore delle intelligenze multiple, dice che la scuola si può salvare solo se si stringe un'alleanza tra ragazzi e insegnanti perché per la prima volta nella storia la simmetria tra docenti e discenti si è rotta. I ragazzi nativi digitali ne sanno più dei loro insegnanti dal punto di vista strumentale. Tocca alla scuola trovare il modo perché questo rapporto si riequilibri e i ragazzi avranno sempre bisogno del l'insegnante per costruire coscienza critica e imparare ad organizzare le proprie conoscenze. E i genitori? I genitori fanno parte dell’associazione GASP che opera in osmosi con la scuola. Cercano di aiutare, sostenere e ampliare l’offerta formativa. Gasp organizza conferenze come quella sulla "fisicità”, sull'adolescenza, sui disturbi alimentari, in appoggio al laboratorio tenuto dalla psicopedagogista. Gasp organizza cineforum su sia per genitori sia per ragazzi su temi che vengono discussi. Ha quindi funzione di sostegno educativo e anche economico per chi non può sostenere spese delle gite.

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La perla

10 scatti per raccontare ... Una comunitĂ educante per imparare davvero

Colo atten re, movim zione e , spa nto, zi ape d e n tro-fu adult rti, autog i attentiss ori, imi e estion viv e anch di spazi e aci, Qui s e t i imp ara a del pasto empi, . d ess ere re spon sabili

Apprendimento cooperativo... e LIM Ricreazione all’aperto

Spazi allegri momenti individuali

Brain gym in classe

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La mensa autogestita

La perla

... la Scuola-città

“Grazie! Sappiamo servirci da soli!”

Tempi distesi, organizzazione del lavoro a gruppi

Laboratori: il teatro... la falegnameria, l’orto, ...

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Lo stuzzicadenti La perla

Brian Gym alla Pestalozzi : Brain g ym . zzza e r a i h c , a u acq g ym. n i a r b o m a rni facci o i g i i t t u eppers T P i l u i G ’ e La musica ili peppers) h (Red hot c incroci, gli Facciamo ltori… u c s i l g , a l i l ’aqu si fa anche e uno fa lo scultore. atua t s a l ’ e o n u ofia S , a i L , e d l i Mat .it .indire itiweb p s o / http:/

Si chiama BRAIN GYM® o EDU-K® (KINESIOLOGIA EDUCATIVA) ed è uno dei rami della ormai vasta scienza che si chiama Kinesiologia. Migliora la motivazione, ma anche la scrittura, la lettura, la coordinazione oculomanuale e motoria in generale. Attiva i due emisferi cerebrali e li stimola a cooperare pienamente. A scuola può diventare un sistematico e piacevole aiuto quando cala l’attenzione. Patrizia Di Edoardo, insegnante elemenare a Firenze, da alcuni anni scandisce le sue lezioni con brevi esercizi di Brain Gym. Siamo stati nella sua classe: l’entusiasmo, l’autonomia e la concentrazione dei ragazzini è sorprendente. E' il metodo creato dal Dr.Paul Dennison , psicopedagogista e kinesiologo americano tuttora vivente, e da sua moglie Gail Dennison. Negli anni settanta il Dr. Dennison ha creato una serie di 26 esercizi o attività (in parte movimenti, in parte posizioni statiche e in parte pressioni su alcuni punti del corpo) che stimolano il funzionamento di specifiche aree e funzioni cerebrali. L'applicazione di questi esercizi in determinati frangenti a scuola, durante i compiti, prima di un concorso, di una gara o di una performance, nel mezzo di un vuoto di memoria, nella complessità di un' organizzazione, durante l'esposizione verbale in una conferenza, nella valutazione complessa di una scelta, nella creazione di un testo o di un disegno, ecc.) rende l'esperienza più facile, vantaggiosa e soddisfacente.

Per la durata di qualche secondo o di qualche minuto si eseguono uno o più esercizi o attività indicati dal Dr.Dennison allo scopo di riequilibrare il sistema neurocognitivo e di rendere soddisfacente e vantaggiosa un'attività che per la persona è generalmente disorientante o frustrante. Gli esercizi Brain Gym® aiutano la persona ad entrare in contatto con il proprio potenziale, facilitano l'integrazione cognitiva necessaria ad un apprendimento naturale cioè facile e senza sforzo. Grazie alle attività Brain Gym® si può attingere naturalmente alle risorse per l'apprendimento già presenti nell'organismo e si accede alle aree cognitive che di norma alla persona sono eventualmente precluse.

Per approfondire: http://www.braingym.it/che_cose_.html o scrivere a: pestalozzi@comune.fi.it all’attenzione di Patrizia Di Edoardo

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Lo stuzzicadenti

Oltre l’Italia: cooperare per educare. Si chiama “Comunitá Internazionale di Cooperazione in Educazione”. Ha una pagina FB piena di link interessantissimi. Promuovere scambi di esperienze e incontri con i leader internazionali che vedono nell’educazione la via per uno sviluppo sostenibile. La sua mission? Diffondere la cultura educativa dell'apprendimento e le modalitá di apprendimento significativo per gli studenti. Abbiamo scelto per voi qualche post che condividiamo

vuole r parte delle persone Quello che la maggio ltare è qualcuno da asco nzio nq o e tra uillo, in sile in un ambiente calm ssi in te". Senza dire: "Se io fo senza dare consigli. bene, la persona che parla La gente non ama . ma chi ascolta bene nasce do an La parola é bella qu colto. as o ios da un lungo e silenz mincia. co e or m É nell’ascolto che l'a isce. fin e ch lto Ed è con il non-asco ri. lib i ne to Non apprendi ques e. ion nz te at o Lo apprendi prestand

Nel processo educ ativo il maestro si fa “parola” capace di costruire un legame. Un legam e che ha bisogno di una rinno vata e inedita capa cità di connessione da pa rte degli adulti nei confronti degli studenti, ma an che degli studenti tra di loro. Parole che guardano e parole che conten gono, parole che regalano e parole che ringraz iano, che costringono a trasc endere l’esperienza stessa per il loro carattere irrevo cabile di novità. Più che trascenderla, molti raga zzi l’abbandonano. Serve la personalizz azione dell’apprend imento perché si fonda su ll’idea che l’appre ndimento mediato ha bisogno di un maestro che ti parla con calore, affetto, e ti aiuta ad entrare in contatto con i tuoi pensieri.

Per approfondire: http://www.facebook.com/Mind.Group.Italia www.ascuolaconamore.com

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stuzzicadenti... Lettera a unaLo professoressa

This is my letter to the world Alessandro sa cos’è la dispersione scolastica perchè l’ha vissuta sulla sua pelle. Ora però, a dispetto di ogni prospettiva, si sta laureando. Quando ha saputo di questo spazio sulla news, ha deciso di scrivere una lettera alla sua professoressa, anzi, a tutti i prof che nelle superiori gli hanno fatto scuola senza riuscire ad accompagnarlo devvero in un percorso di conoscenza. Ecco u n scatto bellissimo es empio scolas tic di riIl merit o va a o. i prof d partico elle se lare ad rali pace di and un docente , in a cadover e” pe r oltre “il pr oprio r rag cuore giunge dell’all re il ie quant o ci te vo e dimost rargli neva mino s al suo colast camico E il miraco . lo è Quand accad o u adulto un ragazzo incont to. che cr ra un ede in sempr lui, acc e a Perchè qualcosa d i g r a de i ragaz nde. di mae zi hann st o ciò ch ri che sappia bisogno e anc no ved ora è sappia ere c n l’alliev o scegliere onfuso e o e no n il pro di seguire gramm a. Cara prof “this is my letter to the world”. Così scriveva Emily Dickinson, ed io, con molta umiltà vorrei scrivere la mia lettera, ad un mio mondo, quello scolastico, ora che sono vicino alla laurea. Si professoressa, ha letto bene: la laurea! E’ stato un percorso molto difficile, lo ammetto, non c’erano i presupposti per creare ciò che con il tempo sto cercando di fare. Come ricorderà i miei trascorsi scolastici non sono stati eccellenti, eppure promettevo, avevo conseguito la licenza media con quasi il massimo dei voti , e lei, pretendeva che mantenessi i presupposti che proiettavo. Aveva ragione a pensarlo, e anche i miei genitori, come lei lo credevano e mi fecero iscrivere all’I.T.I.S. Avogadro, in un corso sperimentale: scientifico tecnologico. L’ impatto non fu facile, in piena adolescenza, un periodo critico per ogni ragazzo/a; i primi due anni riuscii a passarli, galleggiando sull’orlo della sufficienza, con l’ aiuto dei crediti formativi (ma sono poi così d’ aiuto?). I primi problemi si presentarono al terzo anno. Non mi impegnavo al massimo evidentemente, ma lei, professoressa, non credo che abbia svolto a pieno il suo compito.

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Tenterò di spiegarmi meglio: teneva le lezioni in classe sì, spiegava e non mancava mai, era sempre presente alle lezioni, ma il suo compito non si esaurisce qui. Seguire i ragazzi che studiano e che hanno meno problemi, sostenerli è semplice: si correggono i loro compiti, si interrogano e si elogiano i loro risultati quando si tirano le somme ad ogni quadrimestre, ma con gli altri? Credo che un insegnate sia davvero bravo, e si possa considerare tale, quando riesce ad aiutare e far ragionare i ragazzi che rendono meno. Nessuno è stupido, ovvero esistono differenze tra ognuno di noi, ma tutti sono in grado di dare qualcosa, bisogna solo trovare il modo giusto per farlo. Lei, ai colloqui non faceva altro che snocciolare i miei scarsi risultati ai miei genitori, che si arrabbiavano, e che effetto ha ottenuto? Che io, e come me molti altri, ho ceduto allo sconforto, credendo di non farcela, di non essere in grado, e lasciandomi trascinare nel limbo di chi crede che la scuola non faccia per lui. L’ insegnante e la scuola, devono avere un ruolo sociale, devono sostenere i ragazzi, TUTTI, per evitare che chi incappa in qualche difficoltà abbandoni il suo percorso di formazione. Ed io ne ho le prove, sono l’esempio vivente che questo che sto affermando è vero. (continua a pag. 13)


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Lettera a una professoressa ... Lo stuzzicadenti (Continua da pag. 12) Dopo svariate bocciature (tre) ho deciso che forse il mio futuro era nel mondo del lavoro, e che sarebbe stato meglio specializzarmi in qualche mestiere, ma al contempo, un qualcosa dentro mi spinse a iscrivermi al serale (sempre nel suo istituto), ma questa volta fu diverso. Incontrai altri suoi colleghi, molto umili, che hanno svolto il loro lavoro in modo più completo, avviandomi, dandomi una prima piccola spinta verso un titolo di studio di secondo livello. Il contesto, quello dei corsi serali, é molto diverso; ero il più giovane, e i miei professori ebbero un approccio quasi paterno verso di me. A proposito di questo vorrei citarle un episodio: ero all’ultimo anno, quello della maturità, ed ero fuori dall’ aula a fumarmi la mia sigaretta, a lezione iniziata, il mio professore che insegnava elettrotecnica, si accorse della mia mancanza in classe e venne fuori. Mi vide sulle scale antincendio e mi prese per “l’ orecchio” e mi tirò in classe. Io gli dissi che stavo fumando, e lui mi rispose che non gli importava, che potevo fumare alla finestra, l’unica cosa che gl’importava e che io fossi all’interno dell’aula per seguire la lezione, perché avrei dovuto sostenere l’esame di li a pochi mesi. Questo episodio è solo un esempio di come insegnanti quasi considerati di serie B perché ai corsi serali, abbiano assolto il loro compito in modo totale: non riempivano solo le lavagne, ma hanno impedito che io abbandonassi gli studi, e che conseguissi il diploma e, cosa più importante, mi hanno fatto crescere come persona, mi hanno aiutato a diventare grande. Ed ora eccomi qui, professoressa, a distanza di quasi 14 anni (era il 1999 quando mi iscrissi al primo anno) a pochi esami dalla laurea, a quel traguardo a cui lei non mi ha indirizzato, ma che qualcuno al posto suo ha fatto. Forse è andata meglio cosi, sono cresciuto, e porterò sempre il ricordo di quel professore che mi ha insegnato tanto e che stimo molto, e anche questo….grazie a lei. La saluto e le porgo i miei più cari saluti sperando che chi penderà il suo posto, lo faccia a pieno, per evitare che ragazzi meno fortunati di me possano perdere la strada per costruire se stessi, all’interno e insieme alla scuola pubblica. Alessandro R.

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Lo stuzzicadenti Il binocolo

STOP al bullismo omofobico! "Sei anni di umiliazioni perché gay". L'inferno a scuola di un ragazzo. “Se penso all'adolescente suicida di Roma, fa male vedere che nessuno si è accorto del suo disagio". Udine, il racconto di un giovane, i professori hanno fatto finta di niente. Così riportava un articolo di Repubblica il 5 dicembre 2012. L’omofobia, in aumento nelle scuole, è un drammatico fenomeno di cui si parla solamente a fronte di fatti tragici di cronaca. Ma Nichelino(TO) si attiva per contrastarlo. e da cui la scuola L'omofobia è un mal enne. non è ind Gay aggio realizzato dal Da un recente sond verde antiomofobia Help Line, la linea 800.713.713, i 14 e i 18 anni su 1.000 giovani tra to più nominato ntes risulta la scuola il co tati che dichiarano vis er int i gl de con il 49% e di di avere subito formiudizio. eg pr o ne discriminazio indi, o al primo posto, qu tic as ol sc to es nt co Il (42%), seguito dalla famiglia3%) (3 li ca dai bar e lo A NICH (30%). ELINO i media ed internet da e (TO Contro l’omofobia, che fare? Una città in provincia di Torino tenta una risposta: “Nella nostra società sono fortemente diffusi rigidi modelli di genere, maschili e femminili, che condizionano lo sviluppo psicologico e la formazione dell’identità. Ragazze e ragazzi sentono molto l’esigenza di doversi conformare a tali modelli pur di rivendicare la propria appartenenza al gruppo dei coetanei. Quando ciò non accade possono innescarsi fenomeni di discriminazione, di emarginazione e forme di bullismo legate all’omofobia, cioè alla paura e all’avversione nei confronti delle persone omosessuali o, più in generale, di coloro che semplicemente non si adeguano ai ruoli di genere. La scuola è uno spazio in cui gli/le adolescenti, oltre ad essere istruiti/e, dovrebbero essere educati/e alle relazioni, allo scambio, allo stare insieme in un clima di convivenza civile e rispettoso delle altrui differenze, e in un ambiente in cui possano spendere, valorizzandole, le proprie specificità, unicità e diversità. Il progetto “Contrastare il bullismo omo/trasfobico nelle scuole del territorio di Nichelino”, si rivolge alle scuole secondarie di primo grado e intende educare alle differenze attraverso un’ampia riflessione sui modelli di genere, per prevenire le forme di disagio e di violenza psicologica o fisica ad essi correlate, coinvolgendo gli allievi della scuola, formando gli insegnanti che lavoreranno nelle classi e valorizzando soprattutto il ruolo educativo dei genitori, integrandoli direttamente ed in modo attivo nel progetto. Una prima fase di formazione degli insegnanti, seguita dalla sensibilizzazione dei genitori per condividere insieme l’intervento educativo; parallelamente il lavoro in classe con ragazze e ragazzi della scuola secondaria di primo grado.

)

Venerd L’iden ì tità di genere 15 Marzo 20 13 - ore nell’infa Proiezio quan 20 n ne del film To do il genere zia e nell’ad .30-23.00 mboy olesce n o n co di Céli ne Scia rrisponde a nza: Nuove Merco l sesso mma, forme ledì 20 Proiezio Fran di fa Marzo ne del – ore 2 cia 2010 docum miglia: la g 0.30 en entario dell’As itorialità omo /23.00 s. Fam iglie A sessuale rcoba leno

“Chiedersi chi siano gli omosessuali, chi siano le lesbiche e i gay, nella loro storia privata e nella società, significa fare i conti con l’omofobia, un fenomeno sociale che riguarda ogni contesto culturale che alimenta il pregiudizio verso” il diverso”. L’omofobo infatti si muove infatti in un contesto che spesso lo legittima. L’omofobia, a differenza di altre forme di discriminazione come il sessismo o il razzismo rappresenta spesso uno “stigma invisibile”, per cui i sentimenti e i vissuti delle persone omosessuali non sono subito riconoscibili, e sono gay e lesbiche, spesso, a dover decidere se manifestare o meno la propria omosessualità. Lo svelamento del proprio orientamento sessuale rientra in un percorso difficile dell’identità e il coming out non è una decisione con la quale le persone omosessuali faranno i conti una volta soltanto, ma continuamente per tutta la vita perché in ogni momento e contesto dovranno decidere come muoversi, cosa dire o non dire”. Così afferma la dott.ssa Silvia Dradi - Specialista in pedagogia clinica, Bergamo, nel testo “Educare alle diversità: prevenire l’omofobia”

Sono previsti quattro incontri con proiezioni di documentari/film e un convegno il 19 maggio 2013 Centro Sociale Nicola Grosa via Galimberti, 3, Nichelino (TO)

http://www.smssangone.it/sms/index.php?option=com_content&view=article&id=174:progetto-stop-omofobia-2013&catid=32:progetti&Itemid=41

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Lo Agorà stuzzicadenti Libera

16 marzo: insieme LIBERI dalle MAFIE “Semi di giustizia. Fiori di corresponsabilità”

giornate Il programma delle Venerdì 15 marzo dei Familiari nella Ore 15:30, Riunione zo Vecchio laz Sala dei 500 a Pa ri) ilia fam (riservato ai i Familiari alla Ore 18:00, Veglia de Basilica di S. Croce tro Obihall Ore 21:00 presso il tea ggio NoCrime tra me rto co proiezione Film Festival tro Obihall Ore 21:30, presso il tea o domicilio: tim "Ul le pettacolo teatra Fiamma Negri e sconosciuto" regia di Bruno Cortini

Si svolg e diciott rà a Firenze esima il edizion prossimo 1 Memo 6m e della ria e de vittime "Giorn arzo la a delle m ll'Impegno in rico ta della zione L rdo d ibera e afie", promo elle ss Avviso Pubbli a dall'assoc c iaLa Gio o. rn ricorda ata della M em tutte le Oltre vittime oria e dell'I 900 n mpeg innoce om n mafie, sempli i di vittime nti delle ma o ci citta f ie appar in . nocen din te impren nenti alle for i, magistrati, ti delle ze giorna d lis ammin itori, sindaca dell' ordine, sacerd ti, istrato listi, es ri loca oti, p one n mafie li mort t so i per m i politici e hanno lo perchè, a c c no de o 'Ma da ompiuto il lo n rigore e lle coere ro dov questo n e z bera a r e t , e . rribile m possib ancano tan elenco - so ttoline ili da c a onosc tissime altre ere e d vittime Li, ima cont are'.

Sabato 16 Marzo mento dei Ore 8:00 concentra rtezza da Basso partecipanti alla Fo l Corteo Ore 9:00 partenza de rteo allo Stadio Co l de Ore 10:45 arrivo Pierluigi Nervi) Artemio Franchi (Via a dei nomi delle Ore 11:00 Inizio lettur lco e interventi pa vittime di mafia sul dal palco ione Ore 12:45 Inizio esibiz oia nn Ma la Fiorel inari Ore 14:30 Inizio sem inari sem ura Ore 17:30 chius Note: per partecipare necessario iscriversi

ai seminari è

Per informazioni: Segreteria di Firenze - segreteriafirenze@libera.it - cell. 3669217001

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Lo stuzzicadenti AgorĂ

Mettersi in gioco per educare davvero

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L’isola che c’è lo stuzzicadenti

Una buona idea! Niccolò Fabi ce la dà un’idea. Il testo della sua canzone suggerisce percorsi di approfondimento in classe, raffronti con testi di letteratura e la possibilità di argomentare su tanti concetti: nostalgia, storia, prospettive, migrazioni, democrazia, la cittadinanza...basta un pizzico di fantasia dell’insegnante. di cielo acqua e arda il i d o n a orf gu Sono un che da terra o tt u Un fr di storia ramo rigine e o i d o n ttoria Orfa iara traie occasioni h c a n u E di alide di ano di v 'idea con gran Sono orf n u i itare d Del palp ssioni ali ne discu cordoni a s e o n i, sa Di cibo li anzian rie, deg to s e ll De ali silenzio ombelic tempo e ua disillusione i d o n a Orf lla s lto ne e de verso l'a Dell'illusio cio che ci porti a m elan guire, un e s Di uno s a d ometa Di una c ltare assata co che è p ta stro d'as a rn mia gio stituita Di ogni e mai re della vita ta a tt u b indi Vissuta, rte, e qu dre di una o m a ll e Orfan d ssere pa rebbe e te s a b i M na ea dre di u buona id bbe essere pa re Mi baste a a e re di un id ere pad buona s s e e b reb Cari colleghi, Mi baste a na e dre di u id a p re questo numero intenso di proposte e di esperienze si ferma e buona s s rebbe e qui. Al prossimo rimandiamo una lettura dell’ultima novità Mi baste a , le e gi al so della scuola: le indicazioni per il curriculum verticale. buona id no di pomerig ne rfa tificazio s iu g Vi ricordiamo che il settore insegnanti del Gruppo Abele è a a Sono o z n n attine se inile, di le v i d e disposizione per un supporto a insegnanti e consigli di classe delle m e n di lavag che devono affrontare situazioni complesse. Dell'era i i balcon E’ sufficiente telefonare allo lo sportello d’ascolto attivato ad zuola su a e di un el cortile Di voci n partecipazione ll'uguahoc. A tutti voi buon lavoro! a di miglia Orfano e asso h c e legg ia un e non s h c ia glianza z emocra Di una d tà to e sobrie paraven dignità, misura ee nto calp Per Inform Di onore rra che è solta azioni e co te ntatti: Lu n E di una iedì ore 10 v s i o p e - 13 e 14 ata s u M , 17 a rt ta stata e a d ì e gioved ta, sfrutt ì ore 10 - 1 C o Compra 3 e rs o h Trapani 91 lia c /b Torino di un'Ita , a lita s a U c ff icio insegn di una anti Orfano na u 3 i 315753853 d re d ta a ri p a p ès ssere 011 384 rebbe e scuola@gru 1052 Mi baste a na u i d ppoabele e re d .org buona id bbe essere pa re te s a b Mi ea... buona id idea... a n 17 una buo . a idea.. n o u b a un


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