INSEGNAREDUCANDO. N ° 34 - 2014

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Per educare un bambino

ci vuole un villaggio

n° 34 2014

La saggezza interiore Cari colleghi, eccoci qui, per tessere fili, ancora una volta, e fare qualche passo di strada insieme. Quest’anno abbiamo incontrato tanti di voi condividendo momenti intensi di riflessione sulla bellezza dell’educare. Ogni volta che siamo stati chiamati a lavorare con un gruppo di insegnanti, abbiamo iniziato con una premessa: la formazione che proponiamo non è frontale, noi parliamo poco, ma cerchiamo di creare uno spazio lento nel quale le “saggezze” di ciascuno possano emergere. La nostra proposta si basa su una precisa visione dell’essere umano che costituisce il nostro credo. Siamo convinti che ogni persona, nel profondo di sé, possegga il dono della “saggezza”. Questa condizione permette all’uomo, se inserito un ambiente positivo e sereno, di aprirsi alla conoscenza di sé e del mondo ed essere in grado di riconoscere errori e strade per migliorarsi. Questa “ saggezza interiore”, purtroppo, è quasi sempre seppellita sotto montagne di pensieri, giudizi, abitudini, modi di fare, elucubrazioni, maschere, condizionamenti, paure … un vociare continuo della nostra mente che mai si zittisce. I tibetani paragonano questa mente assillante e assillata ad una scimmietta impazzita che salta continuamente da un pensiero all’altro, senza pace. A tutti è accaduto, però, di trovare, anche solo per un attimo, una pausa nel frenetico andare, un’oasi, quel luogo magico dal tempo sospeso che ha permesso di ritrovar-si, intendendo il suffisso “SI” come “RITROVARE LA PROPRIA ESSENZA PIU’ PROFONDA”. Ebbene, provate a ricordare … Forse è durato qualche

istante, ma avete di certo percepito una profonda pace. Quanta bellezza, meraviglia, pienezza in quell’attimo! Ad un tratto probabilmente vi è venuta in mente un’ intuizione, come un fulmine veloce e breve che apre uno squarcio di luce nel buio del temporale. Se vi è accaduto, è probabile che quell’intuizione abbia costituito un suggerimento perfetto, quell’idea geniale che vi ha permesso di individuare la via d’uscita a una questione delicata. Essa è stata LA LEZIONE PIÙ GRANDE. Chi fa esperienza di questa “intuizione” sa che essa viene dall’interno e accade solo in una condizione di particolare serenità e positività. Può capitare a tutti perché è caratteristica umana, non appannaggio di pochi. Anche la persona meno acculturata della terra può esperirla. Questa “consapevolezza” cambia i paradigmi del nostro lavoro, li stravolge completamente. Non occorre più far piovere saperi e dottrine incalzando i discenti poco preparati ad apprendere alla svelta. La saggezza di ciascuno, per poter emergere, deve trovare il tempo e lo spazio. Lo sforzo del formatore (e dell’insegnante) allora dovrà essere quello dell’animatore. Egli investirà nel creare “un’ oasi del pensiero” per un gruppo di lavoro, e il risultato sarà un apprendimento collettivo. Funziona con i bambini, con gli adolescenti e con gli adulti, sempre! Avremmo molti esempi da raccontarvi. La comprensione accade, si toccano corde profonde, si mettono in luce orizzonti non immaginati, si individuano nuove conoscenze. La saggezza interiore è un dono grandissimo. Il più bel regalo di Natale che possiamo far emergere in noi e in chi ci sta a cuore! G.L.

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Barbiana:

Spazi x Pensare

un’altra formazione è possibile

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I segreti di un laboratorio formativo efficace Chi lo ha vissuto lo sa. Barbiana 2014 è stato un momento SPECIALE! E’ sempre un po’ magico, ma quest’anno, il nostro incontro annuale di formazione insegnanti giunto al 4° appuntamento, ha toccato l’apice Alcune persone ci hanno chiesto quali siano gli ingredienti che lo caratterizzano e fanno sì che FUNZIONI ALLA GRANDE e anche noi abbiamo voluto rifletterci. Ecco i punti cardine: Incontrarsi, accogliersi, conoscersi, danzare, giocare, ascoltare, narrarsi, provare, spiazzare, lasciare segni, usare pluri-linguaggi, imparare insieme dalle nostre diversità, in circle time...e condividere esperienze e cibo... La formazione è efficace se permette uno spazio di pensiero e di relazione significativa dove poter tentare un feed-back collettivo dell’esperienza. L’incontro tra le diversità di ciascuno, in un clima aperto e paritario, di profonda fiducia nei compagni di viaggio che condividono quel luogo, permette una riflessione che tocca momenti di profondità altissimi e restituisce a ciascuno la grandezza e la bellezza del proprio compito sociale in questo mondo. In altre parole, della propria responsabilità.

Essere adulti capaci di RESPONSABILITÀ significa infatti essere CAPACI di DARE RISPOSTE. In un tempo difficile e pessimista com’è il nostro, dare risposte è veramente un arduo compito. Oggi molti insegnano e danno lezioni, sono tanti i professori che parlano e ci erudiscono dei loro saperi, ma dopo meravigliose conferenze e lectio magistralis, non cambia quasi nulla. Perchè? La parola sfiora la mente, la stimola e scivola via. Ci vuole altro per farle raggiungere lo scopo per cui è stata pronunciata. La parola deve incontrare un’altra parola profonda, quella che è chiusa nella nostra saggezza, quella che ci appare sono quando c’è silenzio e serenità. E dal confronto qualcosa accade. Allora, sia come fruitori di formazione, sia come insegnanti, il segreto per rispondere adeguatamente al nostro compito sociale è riuscire a stare in ascolto della propria saggezza interiore . Diversamente, continueremo a far piovere il nostro sapere sulle generazioni che ci sono affidate, senza riuscire ad accompagnarle davvero nella gioiosa scoperta di apprendere dall’esperienza umana propria e altrui, trovandone elementi per risignificare la propria vita.


L’ ETICA della LENTEZZA a scuola

Cari colleghi, questo numero vi presenta un inserto speciale che dedichiamo a Carmela Oliviero, dolcissima insegnante della scuola don Milani di Genova, con la quale abbiamo lavorato nel 2014 nell’ambito del progetto METIS. Carmela ha sempre avuto uno sguardo particolarmente acuto nel cogliere l’essenziale e l’irrinunciabile a livello educativo “per il bene dei bambini” e i suo contributi hanno arricchito tanti di noi. Purtroppo ci ha lasciati improvvisamente a fine ottobre. Un mese prima, il portale della sua scuola pubblicava un video interessantissimo di una formazione tenuta proprio da lei ai suoi colleghi. Il tema: L’ETICA DELLA LENTEZZA A SCUOLA. Lo abbiamo scoperto per caso, navigando su internet e lo abbiamo ritenuto magnifico. Così abbiamo pensato di sbobinarlo e regalarlo a tutti voi. Dicono che “chi ha il cuore aperto, riceve i giusti suggerimenti per camminare in questo mondo”. E se ce lo avesse proprio fatto trovare lei questo video, per invitarci ad andare all’essenziale dell’educazione e ricominciare a riflettere sul serio? Che ne sappiamo noi dei modi di comunicazione extracorporei tra gli esseri? È per voi, con i suoi e nostri auguri di buon Natale.

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Pedagogia SLOW

Perchè oggi ...

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Nella scuola Don Milani di Genova, all’inizio di questo anno scolastico si decide di adottare una parola chiave: LENTEZZA. Ma non è chiaro agli insegnanti che cosa significhi concretamente quel termine. Carmela con alcuni colleghi inizia a documentarsi, ricercare e leggere; così incontra un testo che si adatta molto bene alla realtà in cui lei lavora. Lo ha scritto Joan Domènech Francesch, un insegnante catalano che da alcuni anni dirige la scuola pubblica Fructùos Gelabert di Barcellona (www.fructuosgelabert.cat) e fa parte di un movimento di rinnovamento pedagogico della Catalunya che si inserisce nel “Movimento della lentezza”, movimento SLOW nato proprio in Italia. Questa corrente di pensiero si pone come un’alternativa al sistema attuale che incoraggia la velocità in tutti gli ambiti, anche quello scolastico educativo. Joan Domènech Francesch è convinto che se vogliamo cambiare la scuola dobbiamo rimettere al centro di tutto la pedagogia. E lo fa a partire da una riflessione: “Bisogna correre, scattare ma nessuno ha detto mai verso quali direzioni e soprattutto perché correre. Accelerazione e velocità molto spesso non sono sinonimi di progresso. Ci sono degli ambiti, quali appunto quello educativo, in cui, a causa della velocità vengono spesso causati dei danni irreversibili”.


... non funziona?

Il libro "Elogio dell'educazione lenta" di Domenéch Francesch Joan propone una riflessione sulla didattica da un punto di vista inusuale che si ispira al movimento Slow. Parte da due considerazioni: 1) Le principali riforme scolastiche che sono state emanate nei vari paesi europei, a partire dalla seconda metà del ‘900, hanno delle costanti, degli elementi in comune: • Una forte accelerazione dei tempi di ogni evento che deve essere attuato a scuola • Un sovraccarico di lavoro per gli alunni ma anche per gli insegnanti e quindi una forte pressione dall’esterno alla quale deve sottostare ogni scuola. 2) Negli anni 60/70 si è lottato per l’educazione/istruzione ed essa ha rappresentato una conquista sociale, come un’opportunità data a tutti di accedere all’istruzione indipendentemente dalla classe sociale alla quale si apparteneva; col passare degli anni e con i cambiamenti della società che è diventata sempre più competitiva, è cambiato anche il concetto di educazione che, da simbolo di equità, si è trasformato in un valore di scambio, disumanizzato. Proprio questo cambiamento del valore dell’educazione ha fatto sì che oggi abbiamo una scuola in cui vi è una forbice sempre più larga tra un gruppo, molto striminzito, di ragazzi che riescono a raggiungere il successo scolastico, ovvero tutti quegli obiettivi che vengono prefissati dalla scuola, e un gruppo, purtroppo sempre più ampio di allievi che invece non riescono, non perché non hanno le capacità, ma perché hanno ritmi di apprendimento, stili e intelligenze diversi.

La scuola in cui questa forbice resta ampia, è una scuola che non funziona. Che fare? Ogni volta che i vari Governi e le Istituzioni si accorgono che la scuola non funziona, emanano nuove leggi e riforme che, anziché semplificare i contenuti e la programmazioni, non fanno altro che complicarle ulteriormente: sottolineano la necessità di aggiungere nuovi contenuti, di aumentare l’orario scolastico, o dove non è possibile quello extra scolastico, di avere un’organizzazione sempre più tecnicizzata, ne consegue la frammentazione dell’orario e altre proposte che non tengono conto dei bisogni degli alunni e degli approcci interdisciplinari dei saperi e allontanano sempio più la scuola dal suo obiettivo. In questo modo gli alunni si ritrovano a star seduti in classe quattro, cinque, sei ore di seguito e davanti a loro scorrono tante materie apparentemente separate una dall’altra e scorrono i molti docenti che hanno esigenze diverse e applicano metodologie diverse.

Pedagogia SLOW

Abbiamo creato UNA SCUOLA SEMPRE PIÙ UGUALE E SEMPRE MENO EQUA.

re, Attenzione, afferma l’auto perché gli avverbi AMENTE” “PIÙ, PRIMA E PIÙ RAPID glio. Anzi! me di i non sono sinonim o tic las sco In ambito ENTE” AM PID “PIÙ, PRIMA E PIÙ RA : nto co non tengono gli alunni, mentre clu • dell’in sione di tutti ogni alunno ha il nella scuola dell’obbligo ogni insegnante diritto di essere incluso e tutti. ha il dovere di includere ento • dei ritmi di apprendim nto. • dei ritmi di insegname di un tempo per Ogni attività ha bisogno appresa appieno. essere svolta ed essere

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Che fare ???

Pedagogia SLOW

Non abbiamo tempo!!!

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“NON ABBIAMO TEMPO”. Ecco la frase che più si sente dire a scuola! Tempo ed educazione sono strettamente correlati, uniti in maniera indissolubile, ed è assurdo pensare ad una riflessione dell’ educazione senza considerare il TEMPO. Joan Domènech Francesch fa agli insegnanti una proposta chiara, banale o forse coraggiosa, semplice oppure difficile. Semplicemente DECELERARE e PRIORIZZARE. Decelerare non è fare un passo indietro (è stupido voler tornare al passato ed è assurdo essere nostalgici) ma pensare con gli strumenti che abbiamo oggi e che ieri non avevamo. E’ possibile senza dover continuare a chiedere supporto all’esterno. Decelerare vuol dire FERMARSI o RALLENTARE e RIFLETTERE: riflettere sugli spazi che abbiamo, sugli alunni che abbiamo, sui tempi che ci vengono dati, su quello che per noi è educazione, facendo leva sulla qualità e non sulla quantità

e su tutti quei valori come la lentezza, la pazienza e la riflessione che la nostra società non apprezza perché ci chiede ogni giorno di essere veloci, rapidi, scattanti. Joan Domènech Francesch ci ricorda che “è l’uomo a controllare il tempo, non il tempo a controllare l’uomo!”.

ento, ra il mom o ll a to n È giu segnanti, per noi in o, i del temp rc e d n re di p ura senza pa tempo, di perdere il tempo altrimenti . o davvero m m re e lo perd


L’alternativa SLOW... Sulla ba s dei prin e cipi che co stituisco no tutti i MOVIM ENTI SLO W Joan D omène ch , autore del libro “Elogio dell’ed ucazion e lenta ” elabora 15 tesi da a p p lic in amb ito scola are stico.

1° PRINCIPIO:

per ogni cosa trovare il TEMPO ADEGUATO. Quando noi insegnanti elaboriamo un curriculum e progettiamo le attività, decidiamo il tempo necessario. Ma in verità noi non sappiamo di quanto tempo abbia bisogno un alunno per far propria un’esperienza o un contenuto. Noi dovremmo allora iniziare a considerare il TEMPO DELIBERATIVO. Molte delle proposte che facciamo, non sappiamo quanto tempo richiedano davvero e dobbiamo avere il coraggio di dirlo. Un esempio: quest’anno, nelle classi terze della scuola secondaria don Milani di Genova, si organizza, col consenso di tutto il consiglio di classe, un cineforum che ha un’ora di inizio (il mercoledì alle 10) e non ha l’ora di fine, perché la fine dell’attività dipenderà dal tempo che quel gruppo utilizzerà per conversare sul film. Non lo si può sapere prima a priori. Questo è un modo intelligente di usare il tempo deliberativo. Sulla base di questo principio nascono tutta una serie di tesi: 1) L’educazione è un’attività lenta. Noi dobbiamo dare agli studenti il tempo perché gli apprendimenti si consolidino, diventino conoscenza e si trasformino in conoscenza applicabile alla realtà. Per fare questo lavorio c’è bisogno di tempo. Se noi insegniamo dei contenuti e questi contenuti

vengono dimenticati in un giorno o in una settimana o anche in un anno, noi insegnanti abbiamo perso del tempo. 2) Le attività educative devono definire il tempo e non viceversa. Ecco perché le scuole devono essere autonome e non sottostare a leggi esterne che impongono tempi definiti: “al primo anno l’alunno deve sapere …, al secondo anno …” Ma siamo sicuri che questa sia la strada giusta per insegnare? 3) Il tempo educativo è globale e interrelazionato. L’educazione è un processo unico, di conseguenza i tempi a scuola non possono essere frammentati. È tempo che gli insegnanti pensino a curricoli integrati dove venga superata la distinzione tra tempo formale e tempo informale. Eccovi un esempio: nella scuola pubblica di Barcellona la mensa entra nella didattica, fa parte del curriculum: essa dura più di un’ora, si consumano le verdure prodotte nell’orto dagli allievi e cibi a km 0.. Noi abbiamo sempre affermato che la mensa permette di fare educazione e fa crescere. Poi, in realtà, a causa di tempi e spazi ristretti, diamo ai ragazzi pochi minuti per mangiare e scappare in fretta per lasciare spazio ad altre classi. La teoria e la pratica non sono collimano. Me è fondamentale che le scuole siano capaci di coerenza educativa!!! Continua a pag. 8

UN CONSIGLIO. Ascoltate direttamente la relazione di Carmela Oliviero su youtube, al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=d7G1422Zu8E

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Pedagogia SLOW

Il tempo deliberativo

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4) Ognuno ha bisogno del proprio tempo di apprendimento. Ce lo diciamo di continuo, ma non abbiamo il tempo per dedicarci a tutti come vorremmo. Secondo l’autore è addirittura impossibile farlo con le programmazioni che noi abbiamo. Si tratta allora di elaborare dei percorsi che siano adattabili e pensare a PROGRAMMAZIONI SOSTENIBILI. Proprio perché ognuno ha bisogno del proprio tempo di apprendimento, l’autore consiglia di “prendere i libri di testo e bruciarli” perché essi propongono attività e contenuti uguali per tutti e non tengono conto delle diversità. 5) Ogni apprendimento deve attuarsi al momento giusto. È inutile anticipare le tappe e i contenuti. Non ha senso e non porta a nulla. Lo ha capito la Finlandia dove per 4 o 5 anni di seguito vengono studiate solo le 4 operazioni semplici, mentre nel resto degli Stati si propongono già potenze ed equazioni … Dopo questo periodo di interiorizzazione delle operazioni di base “in tutte le salse”, vengono affrontate quelle più complesse e i ragazzi le apprendono in maniera molto rapida. Il risultato è che gli allievi della Finlandia superano i compagni degli altri stati europei. 6) L’educazione richiede tempo senza tempo. Per far sì che le informazioni si consolidino e si fissino, c’è bisogno di tempo e di spazi “morti”

ovvero di spazi e tempi in cui l’alunno si organizzi e si disorganizzi a seconda di quelle che sono le sue personali necessità. Quel tempo deliberativo che si suggeriva per gli insegnanti viene ora applicato agli alunni. Sfruttare il tempo a scuola non vuol dire occuparlo interamente, ma prevedere tempi non strutturati nei quali gli alunni possono fare quello che vogliono: possono giocare, relazionarsi, isolarsi, astrarsi … nella scuola di Barcellona la ricreazione è un momento fondamentale ed è ben diversa da quella delle nostre scuole: ogni due o tre giorni dura tantissimo, un’ora o anche due ore. Anziché sovra stimolare i ragazzi come facciamo noi, li si lascia in ambienti stimolanti senza attività precostituite. Ad esempio, gli alunni vanno in biblioteca, senza un compito preciso: sono lasciati liberi di fare quello che vogliono. Prima o poi qualcuno aprirà un libro. Quel libro non verrà poi affrontato in classe dall’insegnante, quindi non viene studiato, analizzato, affrontato. No, lo si legge per il piacere di leggere. Un altro esempio: viene affrontata un’unità di apprendimento in scienze? Ebbene, la ricreazione viene fatta in un ambiente dove sono collocati giochi educativi o strumenti attraverso i quali gli alunni se vogliono, possono fissare gli quello che hanno appreso nella lezione di scienze. Secondo l’autore, prima o poi i bambini proveranno a utilizzare quegli strumenti e smetteranno di giocare.


Se “meno” significa “più”

2° PRINCIPIO:

Insistere sulla qualità e non sulla quantità. 7) IN EDUCAZIONE MENO SIGNIFICA PIU’. È inutile sovraccaricare gli alunni di contenuti e di attività. Citando sempre la Finlandia, la scuola propone meno contenuti, meno ore e giorni di lezioni di tanti Paesi europei e i risultati sono migliori. L’autore si pone un interrogativo: siamo sicuri che chi elabora riforme secondo le quali bisogna aumentare le ore di lezioni, puntare alla tecnologie, somministrare prove comuni in scuole diverse all’interno delle quali ci sono ragazzi diversi … abbia finalità pedagogiche e non politicoeconomiche? Siamo sicuri che i ragazzi di oggi sanno davvero meno preparati? Anche ai tempi di Platone ci si lamentava che i ragazzi sapessero poco in confronto delle generazioni precedenti. Forse più che concentrarci su quanto sanno, dobbiamo concentrarci su cosa sanno e cosa devono sapere, su quelli che sono gli strumenti attraverso i quali loro devono applicare le conoscenze o attraverso i quali devono tradurre le informazioni in conoscenze. E allora è fondamentale pensare ad una didattica per competenze. E’ sempre valida la frase: “Vale più una testa ben fatta che una testa ben piena”. 8) L’educazione è un processo qualitativo, non un processo quantitativo. Non è un accumulo di informazioni più o meno strutturate che vengono incollate

a caso, anche perché, come afferma l’autore, “MEMORIZZARE NON VUOL DIRE APPRENDERE, APPRENDERE NON VUOL DIRE SAPERE, SAPERE NON VUOL DIRE CONOSCERE”. Bisogna tener conto non solo del prodotto finale ma, quando siamo in classe, del percorso di ogni alunno, attenti anche alla valutazione: essa non deve essere quantitativa, ma qualitativa che tenga conto del processo attraverso il quale l’alunno ha fatto proprie alcune informazioni. 9) Per riuscire a sfruttare meglio il tempo, è necessario PRIORIZZARE e definire le finalità dell’educazione. Fino a quando a scuola si dirà “Non abbiamo tempo”, qualcosa non funziona. Il tempo è uno e dobbiamo farcelo bastare. Il tempo è quello della scuola e non possiamo e non dobbiamo portarci il lavoro a casa, il tempo è quindi un punto fondamentale sul quale la scuola oggi deve riflettere.

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Pedagogia SLOW

Restituire il tempo

3° PRINCIPIO:

Restituire tempo alle persone. 10) Decolonizziamo il tempo degli alunni. Bisogna ripensare al tempo delle relazioni tra adulti e bambini. Bisogna restituire il tempo. 11) Bisogna restituire tempo all’infanzia. Citando Rousseau, l’autore ricorda che l’infanzia ha un suo modo di vedere, di pensare, di sentire e sarebbe davvero sciocco sostituire quel loro modo con il nostro. I bambini sono bambini, gli adolescenti sono adolescenti e non dobbiamo trasformarli in adulti. Per permettere loro di crescere bene e dar loro gli strumenti, dobbiamo responsabilizzarli. Per questo torna la necessità che la scuola offra spazi per autogestirsi e autoregolarsi. 4° PRINCIPIO:

Agire nel presente, basandosi sul passato e pensando al futuro. Se noi ogni due o tre anni costruiamo e poi distruggiamo i progetti, perdiamo del tempo. Se continuiamo a pensare a progetti rigidi e non adattabili, continuiamo a perdere tempo. 12) Il tempo degli educatori deve essere ridefinito.

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Gli insegnanti non sono più quei lavoratori che arrivano a scuola, entrano in classe, chiudono la porta e sono soli con gli alunni. Gli insegnanti fanno parte di un gruppo, devono lavorare in team, devono programmare insieme, devono condividere i saperi e le conoscenze, devono avere degli obiettivi comuni. Quindi è importante che gli educatori abbiano il tempo necessario per progettare con gli altri educatori ed è giusto che questo tempo che loro trascorrono a scuola per lavorare faccia parte del monte ore lavorativo e venga riconosciuto come lavoro. È importante che non si porti il lavoro a casa perché a casa c’è la vita privata che deve essere difesa e tutelata. Se una persona porta del lavoro a casa è perché vuole farlo, ma non vanno rimproverate e recriminate quelle persone che scelgono di fare altro. È importante tener presente che si è all’interno di una comunità. Le decisioni devono sempre essere prese dall’intero collegio con la partecipazione attiva delle famiglie. Nella scuola di Barcellona le famiglie hanno un comitato che decide tanto quanto gli insegnanti sulle proposte. Ed è ancora più importante che le decisioni vengano prese anche insieme agli alunni, ovvero ci deve essere una partecipazione attiva di tutti i protagonisti della scuola.


... per sognare.

Ed ecco le ultime 3 tesi: 13) La scuola deve educare il tempo. Così come è necessario avere per gli alunni dei tempi e degli spazi morti, così è importante per gli insegnanti. Quindi dare uno spazio nella scuola in cui semplicemente bere un caffè o conversare di altro. Oppure avere IL TEMPO DI SOGNARE UNA SCUOLA DIVERSA. Infatti, è soltanto sognando una scuola diversa che essa diventa possibile! La scuola deve educare al tempo. L’educazione lenta fa parte del rinnovamento pedagogico.

GRAZIE CARMELA OLIVIERO (nella foto a destra)

per questi tuoi importantissimi suggerimenti!!!

Le ultime due tesi sono aperte. 14) Noi siamo fortunati come lavoratori perché operiamo con persone che rappresentano il futuro e saranno la società di domani. Se davvero vogliamo cambiare le cose è giunto il momento di lavorare con questi ragazzi. 15) Se noi vogliamo avere in futuro un mondo che sia attento e capace di riflessione, dobbiamo inserire oggi la lentezza in tutti i settori della scuola. Carmela Oliviero ci ricorda nella sua relazione che l’autore chiede agli insegnanti di inviargli riflessioni e dubbi per discuterne insieme.

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Pedagogia SLOW

Avere il coraggio ...

E per finire, dall’incipit ...

Per sua natura, l’educazione è un’attività lenta. I processi educativi sono lenti, perché gli apprendimenti rientrano in un percorso che passa per una molteplicità di stadi e di momenti. Apprendimenti diversi, come apprendere a leggere e a scrivere, apprendere un lavoro e apprendere a relazionarsi con il resto dell’umanità…sono esempi delle diverse conoscenze che acquisiamo nel corso della nostra vita e che richiedono periodi lunghi per consolidarsi ed essere approfondite. Joan Domènech Francesch “Elogio dell’educazione lenta” Ed.La Scuola Brescia

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L’educazione richiede pazienza, tranquillità e lentezza. Possiamo escludere soltanto alcuni apprendimenti concreti, che realizziamo in modo puntuale e molto tecnico: il funzionamento di un apparecchio, l’applicazione di una formula, la memorizzazione di un dato concreto…Ma persino questi apprendimenti possono essere modificati, o migliorati, dall’azione del tempo. Apprendere è un processo, anche se spesso ne limitiamo la portata e il percorso naturale e vogliamo renderlo il più rapido possibile. La lentezza ha più senso nell’epoca in cui viviamo. Un’epoca in cui i concetti di educazione permanente, che dura tutta la vita, o di apprendere ad apprendere, sono parte indissolubile della nostra società. Se allunghiamo il tempo educativo, parallelamente alla speranza di vita, l’educazione lenta ha più che mai senso, perché sappiamo che possiamo destinarle tutto il tempo necessario. [...] Restituire agli apprendimenti il ritmo adeguato è una necessità, se vogliamo garantire un’educazione che davvero risponda alle esigenze che la società ci pone.

Testo tratto da: http://www.scuolaslow.it - Foto tratta da: http://www.mammarsupio.com/?p=3638


... della lentezza

14 comandamenti per vivere SLOW

o per farsi 1) Svegliarsi 5 minuti prima del solit e senza la barba, truccarsi o far colazion . fretta e con un pizzico di allegria alla cassa di o fico traf 2) Se siamo in coda nel bbiarci e arra un supermercato, evitiamo di mmare usiamo questo tempo per progra mbiare due mentalmente la serata o per sca . rello car di chiacchiere con il vicino ricordafè: caf 3) Se entrate in un bar per un il caffè e risatevi di salutare il barista, gustarvi nto lutare barista e cassiera al mome dell'uscita ozi, in ufficio (questa regola vale per tutti i neg e anche in ascensore) reviazioni, 4) Scrivere sms senza simboli o abb a... magari iniziando con caro o car di fare due o 5) Quando è possibile, evitiam e telefocose contemporaneamente com no si rischia nare e scrivere al computer... se di rossimativi. diventare scortesi, imprecisi e app tri figli ad una 6) Evitiamo di iscrivere noi o i nos te della scuola o una palestra dall'altra par città tra gior7) Non riempire l'agenda della nos piacevoli; nata di appuntamenti, anche se ad avere dei impariamo a dire qualche no e momenti di vuoto. spesa, 8) Non correte per forza a fare la sentirà di senz'altro la vostra dispensa vi con primo al cucinare una buona cenetta dal dolce. po' di più, 9) Anche se potrebbe costare un ina al ogni tanto concediamoci una visit in tempo e negozio sottocasa, risparmieremo saremo meno stressati. o 10) Facciamo una camminata, soli i in auto arc in compagnia, invece di incolonn fuori porta. per raggiungere la solita trattoria 11) La sera leggete i giornali e non i alla tv. continuate a fare zapping davant k-end o 12) Evitate qualche viaggio nei wee vi la vostra durante i lunghi ponti, ma gustate città, qualunque essa sia. icatene 10 13) Se avete 15 giorni di ferie, ded come deti alle vacanze e utilizzate i rimanen a. compressione pre o post vacanz tere: "non ripe a are tinu 14)Smettiamo di con ci farà non farlo ho tempo". Il continuare a certo sembrare più importanti.

Il libro di cui abbiamo parlato in questo numero non è l’unico a invitarci a rallentare. Esiste un grande Movimento del quale fa parte anche un’associazione che ha un sito: www.vivereconlentezza.it Il suo fondatore e presidente, Bruno Contigiani è stato allenatore di nuoto, professore di matematica applicata, giornalista scientifico, capo ufficio stampa Telecom Italia, e ora consulente di Brand Enrichment e Corporate Social Responsibility e Direttore di Numero Zero, giornale della Casa Circondariale di Torre del Gallo (Pavia). Ha scritto 3 libri: Vivere con Lentezza - piccole azioni per grandi cambiamenti (2008) ed. Orme; Chi va piano - piccole alchimie per grandi sentimenti (2009) ed. Rizzoli; Lavorare con Lentezza - per l'economia che verrà (2011) ed. Dalai. Il suo sito propone14 comandalenti, per trovare la velocità giusta nella vita.

Caro Babbo Natale, ora sappiamo cosa chiederti per Natale: Il dono di RALLENTARE e STUPIRCI per OGNI PASSO!


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