Per educare un bambino
ci vuole un villaggio
n° 33 marzo/aprile 2014
Pensare Insieme e spiccare il volo! Cari colleghi, Vi annunciamo con tanta felicità che questa news si trasforma e spicca il volo! Abbiamo accolto la sollecitazione di diversi lettori e abbiamo deciso: questo PENSATOIO online, erroneamente chiamato giornalino, news e via dicendo, non può restare chiuso in un piccolo gruppo! Nasce così, tra altri luoghi di pensiero, uno spazio virtuale dedicato, un SITO che raccoglierà le riflessioni e permetterà lo scambio, il confronto e l’incontro. Perchè questa è stata la mission di INSEGNAREDUCANDO, dalla sua comparsa. Ripercorriamo all’indietro i suoi passi. E’ nato in sordina, tre anni e mezzo fa da un gruppo di insegnanti che provenivano da tutt'Italia e che accompagnavano le classi ad un Campus sulla cittadinanza responsabile. Da quel confronto è nato il primo germoglio: il desiderio di tenersi in contatto, di scambiarsi buone prassi, di sostenere insieme un pensiero “alto” sull’educare-insegnando a scuola. Fin dal primo numero, INSEGNAREDUCANDO ha dato voce a una riflessione attenta a tenere collegati cuore e intelligenza, due elementi imprescindibili che il gruppo degli insegnanti riconosceva come motore e bussola della propria mission. Il cuore al centro. L'intelligenza al suo servizio. Con questi due fari potevamo provare ad addentrarci nelle stanze buie delle nostre istituzioni scolastiche, quelle dell'abbandono e della dispersione, e attraversare il dubbio, la fatica e gli inciampi. E potevamo narrare e disseminare le meraviglie di tante esperienze silenziose di vero apprendimento che spesso, per troppa umiltà, o perché ai potenti di turno non interessa, restano chiuse in angoli dimenticati.
Da subito è nata la voglia di organizzare degli appuntamenti annuali a Barbiana, luogo simbolo del pensiero condiviso che diventa scrittura collettiva. Ogni seminario è stato una festa. Il gruppo iniziale che aveva avuto questo sogno, era eterogeneo: ogni persona apparteneva a gruppi diversi, con altrettante etichette, loghi o chiusure. Ma questo spazio è sempre andato oltre a queste piccolezze ed è diventato un filo rosso che univa. Se si é capaci di non restare intrappolati nei propri confini, se si desidera veramente mettersi in ricerca, si inizia in pochi ... e poi ci si moltiplica. Oggi INSEGNAREDUCANDO è diventata una rete di collegamento, un pensiero in multivisione, dove ognuno può essere maestro e allievo nello stesso istante. I numeri raccontano la storia: si è partiti in 60 circa e oggi, a sfogliare uno degli ultimi numeri online(su issuu.com), eravamo più di 2.000 persone. Ma questa è soprattutto una bella storia di cuore, che racconta come il pensiero libero attraversi mille ostacoli senza perdere la sua freschezza, perchè è capace di arricchirsi, aprendosi senza paura a mille occasioni di apprendimento. Un messaggio di speranza per chi opera nella rigidità buia e miope di molte istituzioni che hanno perso la bussola del loro viaggio. Il sito, che sta prendendo forma, si chiama, naturalmente, www.insegnareducando.it e sarà pubblico da maggio. Nasce con un’unico obiettivo: essere luogo di pensiero “a piedi scalzi”, in peer, imparando gli uni dagli altri. Nessuno arrivato, nessuno saccente. Tutti in cammino. Grazie a tutti voi che in questi anni ci avete incoraggiato ad andare avanti e continuate a farlo. G.L.
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S.O.S. dispersione
METIS: un laboratorio a piedi scalzi
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Dallo smarrimento della dispersione ... al ritrovarci. PER EDUCARE UN BAMBINO CI VUOLE UN VILLAGGIO. Ecco cos’è successo a METIS, in otto città italiane. Semplicemente questo. Si è riunito un villaggio per PENSARE a come educare un bambino. Il villaggio era composto da vari professionisti provenienti da zone geografiche diverse d’Italia. Il bambino erano i nostri bambini, adolescenti e giovani, quegli allievi che tentiamo di accompagnare in un cammino di crescita a scuola. METIS è stato un laboratorio a piedi scalzi, senza lectio magistralis o pulpiti. In cerchio, in multivisione, ascoltando reciproche fragilità, ritrovando fili e orme nell’esperienza di ciascuno e confrontandole con quelle dei Maestri di Strada che hanno accompagnato tanti ragazzi ad attraversare l’assurdo del mondo, grazie ad un’autentica relazione educativa, l’unico modo per “uscirne vivi”. Questo inserto vi racconta pasaggi importanti della riflessione sulla DISPERSIONE SCOLASTICA avvenuta durante due sessioni di lavoro di tre giorni ciascuna. Insegnanti ed educatori insieme sono stati i veri protagonisti di una riflessione condivisa in gruppi di narrazione, dove ognuno ha potuto raccontarsi, rileggersi e risignificarsi attraverso il gruppo stesso che è stato il luogo dell’elaborazione di un pensiero “nuovo”. La nota più interessante è che in tutti i gruppi si è parlato del DOLORE.
La DISPERSIONE SCOLASTICA, secondo i tanti professionisti presenti a questi laboratori, è intimamente legata al vissuto del dolore, non solo a quello dei ragazzi che a poco a poco spariscono e la scuola perde, ma anche a quello di tanti insegnanti ed educatori che provano a stare loro accanto in modo significativo, inventandosi di tutto per agganciarli, ma si sentono “soli” in questa battaglia. Come riportato da Cesare Moreno in apertura della seconda sessione di METIS a Genova, riprendendo le narrazioni dei gruppi del precedente incontro: “Gli insegnanti e gli allievi vivono spesso disagi gravi subiti sia per eventi esterni alla scuola, sia per modalità istituzionali sbagliate o scorrette. In uno dei METIS ci siamo trovati diverse scuole coinvolte in gravissimi fatti di sangue. Noi non abbiamo fatto o detto nulla di speciale, abbiamo semplicemente accolto questi racconti e ci siamo detti a vicenda che tutto questo fa parte de “l’assurdo che è nel mondo”. Il nostro primo compito è imparare a sopravvivere a questi ‘attacchi’. Solo in questo modo, possiamo sviluppare un pensiero e trovare il modo di realizzare azioni adeguate non tanto a ridurre l’assurdo quanto a ridurre il suo impatto sulle comunità educative in cui operiamo”. Essere consapevoli del valore di un pensiero condiviso, non è cosa comune. Oggi va di moda ben altro. Accompagnando i gruppi di METIS abbiamo visto emergere un’idea nuova: è solo condividendo le nostre fragilità che possiamo permetterci di trovare strade di senso da percorrere, insieme, in gruppo, per contrastare davvero la dispersione scolastica.
Apprendere negli anni della burrasca e malato per non “Giorgio ogni mattina si fing mincia a dire bugie; andare a scuola; Beatrice inco prende brutti voti; Rino Alina sostiene di studiare ma poi prono che è vittima diventa scontroso e i genitori sco te orribile ed è di bullismo; Marica si sen del proprio corpo. spaventata dalle trasformazioni momento emozioL'arrivo della prima media è un uto, che segna la fine nante, desiderato e insieme tem a nuova scuola non dell'infanzia: chi varca la soglia dell rrà a lungo. Sono tanè più un bambino o non lo rima o la crescita: nuovi tissime le novità che testimonian materie mai studiate professori e nuovi compagni, ulare e le chiavi di prima, per molti l'agognato cell un misto di ansiosa casa. A tutto ciò si accompagna ra; in particolare pau trepidazione, di eccitazione e giunto il momento di paura di non farcela, perché è rassicuranti dell'infazia, lasciarsi alle spalle alcuni aspetti adolescenti e poi in e si sa che trasformarsi prima in coraggio e una certa adulti sereni richiederà impegno, dose di fortuna. corpo: finora non ha A suscitare ansia è innanzitutto il ci si è dovuti preocrappresentato un problema, non per atterizzarlo car o abbellirlo di cupare vpro all'im si ora, qua entrare in relazione con gli altri; po trop po grasso, viso, si trasforma e sembra trop brutto. I genitori po trop magro, troppo infantile, oriti dalla nuova fase in genere spiazzati e quasi intim o sempre pronti a sodi crescita dei loro figli - non son emancipazione. Così stenere queste inedite spinte di le «sperimentazioni» aumentano i controlli e limitano cui per i ragazzi proprio nel momento in di non essere più diviene fondamentale dimostrare da mamma e papà. troppo attaccati e dipendenti questione «corpo Non meno complicata è la le elementari con sementale». Molti bambini vivono genitori, e perciò sono renità, gratificati da insegnanti e ati; alle medie capita convinti di essere intelligenti e dot diocri e precari. Così invece che si sentano studenti me o incubo famigliare: i compiti si trasformano in un lung a turni di studio estealcuni genitori si sottopongono etenza gli insegnanti nuanti, altri accusano di incomp nta una chimera), (e l'alleanza scuola-famiglia dive difetti irrimediabili... altri segretamente temono nei figli
Come nasce la dispersione scolastica? Quali i segnali? Noi insegnanti possiamo prevenire il fenomeno o ariginarlo? Come? Gli adolescenti che vanno male a scuola non per forza appartengono a contesti sociali poveri e la dispersione non ha a che fare con deficit intellettivi o deprivazioni culturali. Chi non va a scuola si chiude in casa e si chiude al mondo. L'allarme degli adolescenti dal 2000 in poi è quindi la chiusura e la scelta di non accedere alla conoscenza e al sapere. Ma che significa apprendere? L’apprendimento è un'esperienza umana complicata che mette in discussione gli equilibri. Katia Provantini, psicologa, presidente della cooperativa Minotauro di Milano, ha fatto parte del pensatoio di METIS, portando la sua riflessione nata in anni di esperienza a sostegno di ragazzi preadolescenti e adolescenti. Il suo libro, “SCUOLA MEDIA: Manuale di sopravvivenza. Cosa occorre sapere per non farsi travolgere” ci racconta cosa accade a chi compie un cammino di apprendimento e come è importante l’alleanza educativa tra gli adulti nei processi di apprendimento.
Katia Provantini
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Affrontare l’incerto... Non c’è verso! Non si impegna! Non vuole proprio provarci! Non studia, non sta neanche attento alle spiegazioni! Se ne frega, ecco, mi spiace dirlo, ma è così! Se non si impegna, non posso di certo aiutarlo. Ma ... cosa accade in quella “testa vuota”? Chi lavora accanto ai ragazzi in dispersione scolastica cerca a tutti i costi la strada per aprire una breccia e far scoprire la bellezza dell’apprendimento. E così facendo, impara ad andare oltre alla relazione asimmetrica del docente-discente e... scopre un dato importantissimo: chi non vuole apprendere ha PAURA DI APPRENDERE. Una paura fottuta! Katia Provantini ci aiuta ad entrare nelle dinamiche dell’apprendere per capire i meccanismi che innescano la rinuncia e l’abbandono. “L'esperienza di apprendimento comporta un aumento di sentimenti di precarietà e di instabilità. La conoscenza di nuovi concetti può determinare dei cambiamenti nel nostro modo di pensare di guardare il mondo, difficilmente prevedibili. Possiamo avere la percezione di conoscerci, prima di nuovi apprendimenti, ma non siamo in grado di valutare completamente come diventeremo poi. Apprendere implica infatti il rischio di vedersi trasformati, di divenire qualcosa di diverso da quello che si è nel presente. Può accadere di scoprirsi competenti e capaci oppure a disagio o in difficoltà. Comporta infine l'accettazione di limiti che si sperimentano inesorabilmente e che possono riguardare le caratteristiche oggettive della realtà che stiamo indagando piuttosto che le
nostre conoscenze, abilità…” Apprendere significa, allora, scommettere sul fatto che, ampliando le tue conoscenze, puoi diventare una persona serena . Per l'adulto, il moto dell’apprendere può essere accettato perché, se anche crea dolore, è una piccola parte della propria esperienza. Nell'adolescente invece, l'incertezza che si attraversa nella fase dell'apprendimento diventa angosciante o troppo preoccupante da poter essere affrontata. Essere messo di fronte i propri limiti, attiva sentimenti di inadeguatezza e solitudine, mette di fronte al rischio di non essere adeguati a quello che gli altri (adulti e anche i pari) si aspettano. Quali sono le aree in cui l'adolescente porta le sue incertezze? (Continua a pag.5)
Appunti dalla relazione di KATIA PROVANTINI a METIS GENOVA marzo 2014 Fotografia da http://www.amando.it/mamma/adolescenza/figli-adolescenti.html
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A scuola si va col corpo (Continua da pag. 4)
grande forza e piace. Per altri questo aspetto è mal tollerato perché dà l'impressione di un'imposizione infantile, di sottostare ad una regola (oppure di dover mettere ordine…e non sempre si può riordinare un passato tumultuoso che fa male). Un altro esempio: la lezione ripetuta pedissequamente viene vissuta malissimo dal maschio adolescente che non può tollerare di fare la figura del passivo, del sottomesso. L'italiano è visto molto bene da alcuni ragazzi creativi e aperti; non viene tollerato da chi non vuole far emergere una dimensione personale, non vuole svelarsi. Allora si ripete a memoria, pedissequamente. Perché “io non ho parole abbastanza belle e posso solo aderire alle parole di un altro”, del libro. Di fronte ad una domanda che esula, l'adolescente che si sente messo a nudo, non riesce ad appellarsi a nessuna immagine, con la certezza che chi sta di fronte e lo guarda abbia capito tutto: “che non valgo nulla, che sono fragile e incompleto”. (Continua a pag. 6)
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A scuola si va col corpo e questo è il primo problema. In adolescenza il corpo comunica. Avere uno stile infantile blocca la relazione sociale perché viene letto dagli altri come uno che non è ancora pronto. L'abbigliamento e il corpo in quest'età dicono agli altri che si sta passando una fase di crescita e si è “all’altezza della situazione”. Un tempo il crescere era rappresentato dal FARE. Oggi si chiede all'adolescente di compiere un'operazione puramente mentale. Ma il compito evolutivo che un adolescente mette al primo posto è altro (come faccio a far vedere a mio padre che... come posso far capire ai miei amici che sono … quindi... ). Intorno alla relazione dell'apprendimento si giocano le relazioni. A volte l'apprendimento pone in dissociazione il ragazzo rispetto ai suoi obiettivi di crescita. E accade che le caratteristiche delle materie scolastiche si incastrano malissimo nel compito evolutivo del l'adolescente. Osserviamo ad esempio la matematica: è rassicurante, è ordine. Per alcuni ragazzi questo è un elemento di
Appunti dalla relazione di KATIA PROVANTINI a METIS GENOVA marzo 2014 Fotografia da http://iltraguardo.wordpress.complessa/
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(Continua da pag. 5)
Rendere accogliente il sapere
enza si può “La progressione nella conosc osta o un risp una immaginare così, come rociamo e ci adattamento a tutto ciò che inc viene presentato”. importante “In tutto questo giocano un ruolo tende ad no le modalità di base che ciascu gli atteggiaattivare di fronte a una difficoltà, o condivimenti di coloro che ci osservano le nostre , icile dono lo stesso momento diff iamo, sed pos opinioni circa le capacità che i e dalla vita ciò che ci attendiamo dagli altr in generale”.
e, anche se Quando il contenuto è distant estraneità. prezioso, nasce un sentimento di più metpuò Allora l’adulto competente non conoscitore tersi di fronte ai ragazzi come il il modo di della materia, ma deve trovare a. teri ma rendere accogliente quella nti di per sé, Se i contenuti non sono importa condividere diventa importante il processo, resinificare il gli obiettivi con gli studenti, glienza e percorso grazie all'ascolto, all'acco ntali che acalla decodifica dei processi me cadono in chi apprende. (la modalità “Gli studi sugli stili di attribuzione se dei sucdi ciascuno di individuare le cau che i ragazzi cessi o degli insuccessi) mostrano considerare con difficoltà di studio tendono a bili o che perlopiù spiegazioni immodifica ibuzioni di coinvolgono le scelte o le attr dalla loro vo“terzi”; sono fattori indipendenti pito era lontà (Non sono portato, il com tato, non ho troppo difficile, non sono stato aiu dono di non avuto fortuna) e per questo cre di fronte agli ne poterci far nulla. La loro posizio siderano di eventi è passiva, raramente con nto e copoter determinare un cambiame circi”. rius e munque non saprebbero com distinbra “Un altro aspetto interessante sem vinti di non guere i ragazzi che si sono con i (…) Si tratta poter divenire dei buoni student mente… pria di ciò che pensano della pro entità staPensano che l’intelligenza sia un’ volta per tica e immodificabile, data una ici, sono last sempre. Visti i trascorsi sco rne ricevuta propensi a pensare di non ave in quantità sufficiente”.
Ecco allora il segreto che facilita l’apprendere: l’essere accompagnati da ADULTI che fanno esperire la BELLEZZA del conoscere e non sottolineano il deficit e l’errore, ma insegnano la METACOGNIZIONE. In che modo? Quando l’adulto racconta cosa gli succede nella testa mentre impara, il ragazzo inizia a capire i processi mentali che sottendono all’apprendimento e si impratichisce a poco a poco di tecniche più semplici che gli permettono di avvicinarsi all’ apprendimento senza paura. Quando l’esperienza scolastica non è giudicante, non presenta muri, cattedre, distanze, ma dà un senso di pace, fa sentire di essere accompagnati nella conoscenza, e aiuta a capire i collegamenti tra i saperi delle discipline e la propria vita, allora la SCUOLA assume un INTERESSE vero e il ragazzo apprende attraverso la RELAZIONE che “SIGNIFICA” ovvero “dà significato” a ciò che egli vive.
KATIA PROVANTINI - SCUOLA MEDIA: MANUALE DI SOPRAVVIVENZA - MONDADORI 2014
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Il messaggio di Danilo Dolci Questa è una foto scattata nel 1959 sul fiume Panaro. I bambini sono accompagnati dalle Maestre nell’attraversamento dell’inondazione, verso la scuola. Un’immagine che parla da sè. Non c’è nascondimento, non c’è distanza, c’è ACCOMPAGNAMENTO. Insieme si attraversa il disagio, insieme lo si risignifica, insieme ne si esce. Ecco il significato profondo del testo di Danilo Dolci che diventa il manifesto di METIS, un pensatoio diffuso a livello nazionale sulle Metodologie Educative Territoriali per l’Inclusione Sociale.
forse c'è chi si sente soddisfatto così guidato. C'è chi insegna lodando quanto trova di buono e divertendo: c'è pure chi si sente soddisfatto essendo incoraggiato. C'è pure chi educa, senza nascondere l'assurdo ch'è nel mondo, aperto ad ogni sviluppo ma cercando d'essere franco all'altro come a sé, sognando gli altri come ora non sono: ciascuno cresce solo se sognato. Danilo Dolci
Immedesimarsi in uno di questi bambini... Sapere che la Maestra c’è. Anche lei è appesa allo stesso filo, è lì con te. Osserva tutti, incoraggia, sorride, tiene il filo con due mani come un abbraccio... Se non ci fosse??? Che differenza! Quante “inondazioni” attraversiamo noi e i nostri allievi? Avere accanto qualcuno o essere noi “accanto”, fa un enorme differenza.
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C'è chi insegna guidando gli altri come cavalli passo per passo:
“Se fossero cancellati tutti i tratta di sociolog ti di pedag ia dell’edu ogia, cazione, tu ministeriali tte le circo e n on avessim appellarci, lari o alcun prin basterebb cipio a cu ero i conc i etti di cura guidarci n ed incuria el lavoro e “E’ il temp a ducativo”. o che tu h ai perduto fatto la tua per la tua rosa così im rosa che h La cura re a nde la cosa portante”. (Il Piccolo Principe) , la person l’educazio a ne punta o curata, un ica per sé; dovrebbe l’unicità d puntare a i una perso fa r n emergere a . L’ UNICO no che si app n emerge rende, ma accade: d da ciò d a l modo in c ipende da ui questo l modo in cui ti guard o e ti curo Cesare Mo ”. reno h ttp://www .maestridist ra
da.net
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Attraversare l’assurdo Carla Melazzini, Maestra di Strada, ha preso appunti su ciò che accadeva a scuola, con gli allievi più difficili, ogni giorno, per anni. Condivideva quelle riflessioni con gli altri Maestri, per trovare il modo di riportare i ragazzi dispersi al di là della loro stessa prigione mentale: quella che li convinceva a dire: “IO NON SONO FATTO PER LA SCUOLA”. La sua riflessione ci insegna una cosa fondamentale: ciò che permette di ARGINARE la dispersione scolastica è LA CURA. Essa avviene prima di tutto nella Comunità Educante degli adulti che si interessano di ciò che accade, che non chiudono gli occhi, ma PROVANO A CONFRONTARSI e capire. Il feed back narrativo degli adulti che riflettono insieme sulla realtà, diventa lo strumento necessario per in-segnare ovvero lasciare un segno, trasformare la fatica in un’occasione di apprendimento per tutti. “La difficoltà dell’educazione è emotiva e non deriva dalla desiderabilità delle mete che proponiamo, ma dal fatto che nella psiche di molti giovani uscire dalla propria situazione viene percepito come pericoloso”. “Spesso la
nostra scuola si presenta come un ponte di corde, precario e sconnesso, su un fiume in piena, mentre nella mente dei giovani forse appare uno scenario apocalittico, come quello che si ritrova in certe fiabe, tra lingue di fuoco e draghi volanti. Di questo disagio dobbiamo fare tesoro per poter capire gli inciampi e le intemperanze dei nostri allievi. Questi giovani non si sentono suffi-
cientemente protetti per compiere dei passi in
avanti”. (Carla Melazzini) Allora possiamo comprendere come sia inutile la rigidità discente e sia ben più efficace una relazione educativa fondata sulla solidarietà umana. La paura è di ogni essere, insegnante o allievo. Se entrambi abbiamo paura, possiamo parlarne e trovare strade per uscirne insieme. Nella relazione educativa vera accade che: “...all’asimmetria si oppone il fondo comune di umanità: la condizione di accompagnamento, di “essere con”, è incontrare l’altro a partire da ciò che abbiamo in comune: la vulnerabilità... È a partire dal riconoscimento della mia vulnerabilità che io posso impegnarmi ad esistere”. (A. Zielinski, 2007).
«Solo lentamente ci siamo resi conto di quanto la nostra presenza e la nostra azione, proprio perché accogliente, potesse essere percepita come pericolosa, aprendo prospettive di relazioni e di vita sentite come inaccessibili (...) Noi ci stiamo rendendo conto solo oggi, dopo diversi anni, che a questi ragazzi spesso chiediamo di scavalcare un ponte su un abisso» Carla Melazzini “Insegnare al Principe di Danimarca” - 2011, pp. 152 e 210 -Selerio Ed.
Appunti dalla relazione finale di CESARE MORENO a METIS GENOVA marzo 2014
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Non chiudere il cuore.
Sofferenza e dispersione sono strettamente legate. ficilissimo. lore è dif o d l e n te sin e Stare rm Ecco il nodo centrale. la o nta partic ro di lib l Allora dive e d Se riusciamo a leggere con empatia ra la lettu fondo di l gnificativa a d cosa accade nella dispersione, e h c lheim vita se in Bruno Bette io in troviamo il dolore. rm e di st un campo re, a non e iv v v Esso può essere rosso, come l’aggressività ra p r so stesso, pe re né la o u c oppure bianco come il silenzio dell’hikikomoro, il né chiudere può essere maculato, ragione. i. come le alternanze di assenze e presenze per tutti no Un monito di chi non sa che fare, ano a che riusciv ri ie n può essere buio come il suicidio. io il rig ente “Quei p ermeticam re e d La dispersione è la voce del dolore i iu é h n ione, non c , né la rag re o u tc di chi si allontana e anche e rio rc prop à pe é le facolt n ti i n e e di chi lo lascia allontanare, d ti m ti n sen oscie anevano c ri di chi prova a cercare, tive, ma rim ti interio n e m tteggia a o n a ri v di chi non riesce, di chi non torna, p te ro o p p ando non , e n e b di chi vorrebbe capire, b e anche qu vi, i di influir e , ro se is di chi si interroga. v permetters v ra ionieri sop le re e d questi prig n La dispesione è il nostro dolore re p a com rrivaA . o arrivarono n profondo di adulti a v e in cui viv onto di c condizioni i rs che facciamo fatica e d n e a re vano inrono anch e v a ad accompagnare i ragazzi n o n rima vano anciò che p a rv se attraverso l’assurdo che c’è nel mondo, n o c essi massima, tuito: che la n o n insegnando loro che se a, lla di scecora l'ultim non c’è solo quello, mane: que u à rt e ulib delle nto da ass e m ia che insieme possiamo attraversarlo e g g e . gliere l'att ircostanza c si ia trovare strade per andare oltre. ls a u mere in q E ER SOPRAVVIV 8 00 2 lli e rin lt eim - Fe lh e tt e B o Brun
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Come mai è così difficile affrontare la dispersione scolastica o anche solo parlarne? Come mai è così raro incontrare gruppi di pensiero come quello di METIS? C’è un ingrediente nella dispersione, che tutti vorremmo evitare: IL DOLORE. Essere capaci di stare accanto a chi fa fatica richiede molto equilibrio. Siamo tentati di rinunciare... Ma il compito dell’insegnante è accompagnare chi apprende, non abbandonarlo!
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Insegnanti soli
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... come Orlando a Roncisvalle?
Molti insegnanti che accompagnano i ragazzi attraverso la fatica, sentono una profonda solitudine, quasi un isolamento come se Collegio Docenti e Consigli di Classe fossero insiemi vuoti. Questi docenti lamentano che l’Istituzione scolastica esalta la produttività, la velocità, la formalità, ma non incoraggia il pensiero educativo... Così accade che chi lotta contro la dispersione, si senta disperso. “Quale immagine ti viene in mente se pensi agli adulti che lottano contro la dispersione scolastica? Un tecnico di laboratorio ha risposto all’istante: -Orlando a Roncisvalle, perché nessuno andò in suo soccorso. Verificando la citazione scopriamo un falso ricordo: nessuno andò in soccorso di Orlando perché lui non suonò l’Olifante per tempo. Perché non l’abbia fatto rimane inspiegato se non facendo l’ipotesi che avesse intuito la congiura in corso e che non chiedere soccorso sia stato il vero modo di difendere il suo re. A volte chi si impegna in situazioni difficili si trova proprio in questa situazione: nella necessità di non dover chiedere aiuto per evitare ulteriori smacchi. A volte non chiediamo aiuto perché non lo sappiamo fare e ci sembra una debolezza. Perchè certe situazioni ci toccano dentro. Non è facile prendere contatto con i propri inciampi interni: insicurezza, senso di inadeguatezza, senso di colpa, ansia, paura, senso di frustrazione… Nella scuola è assai poco diffusa la pratica del riflettere insieme: “E’ più facile e diffuso
erigere barriere difensive e gerarchiche per proteggersi dal coinvolgimento emotivo…inevitabile”. (Melazzini, 2006) “Si indossano così ‘armature’ simboliche, come la routinizzazione, la rimozione delle componenti emotive, l’attribuzione di responsabilità a agenti esterni, massima attenzione agli obiettivi formali…” (Parrello, 2013) Aggrapparsi ad una professionalità rigida ed arroccata nei propri linguaggi non aiuta. Prima o poi la persona si trova in una situazione difficile di inefficacia educativa e burn-out personale, ovvero la morte professionale... e non potrà svolgere il proprio ruolo. Perché Orla ndo non suo nò per temp A volte, qua o l’Olifante? ndo lavoriam o in contesti ci troviamo p difficili, roprio in que sta situazion e: non chiedia mo aiuto forse perché non lo sappia e “chiedere mo fare aiuto” ci app are una deb Dobbiamo a olezza... llora ricorda “Ho imparato re Don Milan che il proble i: ma degli altr al mio. Sortirn i è uguale e da soli è l’a varizia. Sortirne tutti insieme è la Scuola di Ba p o litica”. rbiana, Lette ra a una profes
Appunti dalla relazione finale di CESARE MORENO a METIS GENOVA marzo 2014
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soressa, pp. 9-20
La forza del GRUPPO
Reti solidali, reti mentali, reti istituzionali. “Nella pratica dei Maestri di strada viene messa in evidenza la particolare qualità delle reti che intendiamo costruire: in origine c’è e deve essere coltivata la solidarietà umana come fattore che spinge a costruire legami, Il legame deve essere tenuto in vita con una attività di pensiero e solo alla fine può esserci, o anche no, una struttura contrattuale ed istituzionale. Prima lavoriamo per far uscire ciascuno dall’”armatura difensiva della professione” e solo dopo un complesso processo, ricostruiamo una rete centrata sulla solidarietà piuttosto che sulle necessità ‘difensive’”. Gruppi di pensiero. “Il pensiero a cui facciamo riferimento è un pensiero complesso in cui si intrecciano in modo unico ed irripetibile, emozioni, conoscenze, relazioni. Un pensiero che viene espresso dal gruppo e non pre-esiste ad esso e che istituisce il gruppo stesso. I gruppi di lavoro pur producendo risultati non hanno obiettivi prefissati se non quello di sperimentare e collaudare la possibilità di interazione creativa tra le persone. E proprio per questo sono produttivi di apprendimento, nuove idee, proposte” Un’esperienza che deve sostenerci nella difficoltà. “Il gruppo è onnipotente? Ci interessa l’unione che fa la forza, o la
fragilità che ci spinge a riconoscerci l’un l’altro? Ci serve ricercare l’unità per vincere su un nemico o la solidarietà per tollerare sconfitte e frustrazioni? … e quando restiamo soli? La riflessività è una attività gruppale che non assorbe l’individuo, ma al contrario serve a sostenerlo anche quando resta solo”. Da dove cominciare? Se non sapete da dove cominciare chiedetevi quale cosa manchi alla vostra vita professionale e che sia indiscutibilmente utile e cominciate a praticare l’indispensabile... a casaccio! Per esempio praticate gentilezza a casaccio, oppure praticate atti di bellezza senza preoccuparvi che siano o no privi di senso. E osservate i cambiamenti imercettibili che accadono... Non preoccupatevi di spiegare a tutti perchè agite così, anzi, quando avete l’urgenza di raccontare la vostra esperienza, siate prudenti e ricordate che … Il cuore ha le sue prigioni che l’intelligenza non apre.”. “Nel seminario METIS siamo riusciti a concentrare, con risultati accettabili, un processo che nel nostro lavoro normale richiede diversi mesi. Questo è stato possibile perchè abbiamo messo in campo un’infrastruttura ‘esperta’ costituita dai conduttori di gruppo, che è riuscita a contenere la complessità. Guardatevi quindi dall’improvvisare gruppi di pensiero perchè non sareste in grado di controllare le complesse dinamiche che nel gruppo si sviluppano. In un gruppo di questo tipo i partecipanti devono essere pronti a lavorare partendo proprio dalle proprie fragilità”.
S.O.S. dispersione
Un gruppo di pensiero è il segreto che rende possibile un vero processo educativo. Come costruirlo? Per poter apprendere insieme, gli uni dagli altri, è necessaria un’ impalcatura di sostegno senza la quale il processo non si sviluppa. Impariamo da chi utilizza proprio la narrazione in gruppo per combattere da anni la dispersione scolastica, con ottimi risultati. Ecco alcuni suggerimenti di Cesare Moreno.
Appunti dalla relazione finale di CESARE MORENO a METIS GENOVA marzo 2014
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DOVE EDUCARE È DAVVERO E-DUCERE non è Francesca Campagna te, un’insegnan o un’educatrice. Diciam e ch nean la n co che non centra niente mondo scuola. Lei lavora del 15 anni da della comunicazione Elba e d’ ola presso un Hotel dell’Is ha maturato rsonale visione del pe na “u g, social media marketin e ti nu incentrato sui conte sullo e i ion az sulle persone, sulle rel rta po la scambio” e che a comprendere re “l’importanza di regala nso percorsi di se l che vadano al di là de ” ire rm do “mangiare e del lei a a chi si rivolge ). per viaggiare (col cuore : ea ’id un Un giorno le viene le uo portare nelle sc e di fare comunicazion do “il mo r sui social pe rio far raccontare il territo . o” on viv dai bimbi che lo la e... Così entra in una scuo iglia! rav leggete la sua me
Che sorpresa trovare in rete un articolo controcorrente che parla in modo commovente dell’impegno degli insegnanti a scuola. Lo stupore è maggiore quando leggiamo che l’autrice è una Marketing Manager. Il suo occhio esterno coglie l’entusiasmo, la ricchezza della proposta fatta col cuore e la relazione, i veri segreti della scuola educativa.
“Quando una società scialacquatrice ha necessità estrema di denaro, lo sottrae alle scuole. Questo è uno dei più iniqui delitti dell’umanità e il più assurdo degli errori”. Maria Montessori “L’Amore è contagioso e terapeutico. Adesso ne ho le prove. Niente dettagli: nomi, cose, fatti, date o progetti, no. Non serve. Dirò solo che sono andata in una Scuola Elementare perché mi piacerebbe che il modo di fare comunicazione sui social aiutasse i bambini a trovare ulteriori forme espressive, orientate alla sintesi dei pensieri e alla vividezza dei contenuti. Ci sono andata anche perché vorrei che il territorio fosse sempre di più raccontato e scritto da chi lo ama e lo vive e chi, meglio dei bambini, può farlo. Mi sono presentata a quel cancello scolastico con la voglia di mettere in comunicazione il mondo della letteratura tradizionale con queste nuove opportunità di condivisione e reinterpretazione. L’ho fatto perché mi piacciono le novità perché credo nel valore concretamente rivoluzionario delle piccole cose. Lo spunto me lo ha dato il twifavola organizzato da twitteratura che prenderà in considerazione le favole di Gianni Rodari. Ho pensato: perché no? Perché non nelle educareScuole dell’Elba? Perché non insegnare ai bambini a riscrivere testi a loro molto cari attraverso lo sprone alla sintesi dei 140 caratteri di twitter? Adesso sono felice più che mai di esserci andata, perché ho scoperto un ambiente pieno di creatività e di coraggio,
abitato da Maestre che a dispetto dei tagli e delle difficoltà a noi note in tema di Istruzione, interpretano con grande entusiasmo e ricchezza di contenuti il proprio lavoro. Sono uscita frastornata. Ero contenta. Forse un filo commossa. Che ci posso fare se l’Amore mi commuove, in tutte le sue forme, perché è la capacita di dare, punto e basta, senza ma, senza se. E loro, le maestre, danno. A getto continuo. In una profusione di stimoli e progetti. Ho immaginato i bambini, mi sono sentita io una bambina che corre lungo la rampa di scale per arrivare presto, prestissimo a quell’abbraccio quotidiano con la Maestra. Una maestra che, guarda caso, inizia per M come Mamma, che mescola amore, attenzione, cura, senso di responsabilità e impegno. Mi sono stretta nella giacca e sono andata verso la macchina. Ho percorso le scale in discesa, di corsa. Correvo e lasciavo andare pensieri. Uno su tutti: la gratitudine, quella piena, rotonda. Si, perché l’ Amore è contagioso, l’Amore è terapeutico. PS l’Amore è anche poco avvezzo alla ribalta: alle chiacchiere preferisce il fare, se ne sta nell’ombra operoso e appassionato, impegnato, tenace, resistente agli strappi del quotidiano disincanto. C’è in questa riservatezza una rara umiltà che apprezzo e mi colpisce. Questo scritto è per Rita, Rossana, Ivana, Luisella e tutte le tante, tantissime persone, che all’ombra dei riflettori lavorano perché nel concreto, nel quotidiano, nel piccolo, un Paese migliore sia realtà”. Francesca Campagna
Francesca Campagna - Sabato, 22 Febbraio 2014 - http://www.elbareport.it e http://fravolacolcuore.com
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Senza cattedra, zaino e voti derni per i compiti: “Solo la merenda e un paio di qua scuola primaria di lo zaino ha un peso piuma alla Classe dell’Emilia Romagna. siede nell’agorà e si La mattina, quando si arriva, ci si e la giornata. discute di quello che si farà durant E nemmeno i banchi. La cattedra, nelle aule, non c’è. alunni. Qui, infatti, la Ci sono i tavoli, isole per gruppi di gruppo è di casa. condivisione è tutto. E il lavoro di vativo attecchisce in Ma perché un progetto così inno ola Classe a pochi una scuola del forese, nella minusc chilometri da Ravenna? nte illuminata che Merito di Rita Gentili, un’insegna posto ed essere riudopo essersi innamorata, aver pro rete nazionale “Senza scita ad ottenere di aderire alla ente scolastico di Zaino” – partita da Marco Orsi, dirig etro: Lucca – non tornerebbe più indi più. i No, la scuola tradizionale ma conta a romagnaLa storia che l’insegnante rac in attesa della reamamma.it inizia sei anni fa, quando ico, Rita partecipa lizzazione del nuovo plesso scolast o all’organizzazione a un corso di formazione dedicat , che conosce Orsi, degli spazi. Ed è lì, a Bologna todo da lui lanciato venendo a conoscenza del me scolastiche in Nord sull’onda di alcune esperienze si catapulta dalle Europa. Quando torna a casa, disposte a cambiare colleghe: “Chiesi loro se fossero si in gioco. E loro non approccio, a studiare, a metter la nostra avventura”. esitarono a dirmi di sì. Così partì o dopo l’avvio del Complessa, visto che il primo ann ro alla formazione del progetto viene dedicato per inte sse si appassionano corpo insegnanti. Le maestre di Cla cise al Comune per a tal punto da dare indicazioni pre ento della aule. la costruzione e l’arredam anche arredi molto Sì, perché Senza Zaino significa normalmente in una diversi da quelli che vediamo sedute che carattescuola. Significa i tappeti con le ngiorno, significa parizzano l’agorà dove ci si dà il buo fossero camerette, reti colorate come se le classi ticolare per fissare gli significa una cartellonistica par laboratori: di italiano, apprendimenti. Significa, anche, di matematica. didattico alternativo, Il tutto per agevolare un metodo il bambino nella sua diverso: “Senza Zaino considera e le intelligenze possiglobalità e cerca di attivare tutt strada per crescere. bili affinché ognuno trovi la sua iente e condivisa: i Senza Zaino è una scuola accogl e lo spirito è quello di materiali sono tutti a disposizione non vengono decise una comunità”. Le regole, infatti, poi scritte insieme ai e imposte dall’alto ma discusse e vengono ritrattate bambini. Nel caso non funzionino, pedagogico montese cambiate. Dietro, c’è uno stile non c’è bisogno di soriano: “Per andare in bagno, urbare, si alzano e ci chiederlo. I bambini, senza dist vanno in tutta autonomia”. 12 aprile 2014
Tratto da: http://comune-info.net/2014/04/senza-cattedra Fotografia da: www.loschermo.it
Cari colleghi, eccoci in chiusura di questo numero. La nostra speranza è che le riflessioni di questo pensatoio, nate in gruppo, possano essere discusse, ragionate, confrontate nella vostra scuola, con colleghi incontrati nel vostro percorso. Visitate il sito www.insegnaredicando.it Iscrivetevi alla mailinglist per ricevere automaticamente i prossimi numeri e le iniziative che verranno promosse. A tutti buon lavoro per queste ultime settimane di scuola! La redazione
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