Manuale per i volontari-Terremoto/Maremoto

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Manuale per i volontari

La campagna Io non rischio è promossa e realizzata da

in collaborazione con

I

PARTE PRIMA



INDICE Parte Prima

Introduzione ............................................................................................................................ 4 Servizio Nazionale della Protezione Civile ................................................................................. 6 Volontariato di protezione civile ............................................................................................... 11 Piani di emergenza .................................................................................................................. 17

Parte Seconda

Comunicare in piazza .............................................................................................................. Comunicare sulla stampa e online .......................................................................................... Storytelling: una narrazione per entrare in azione ................................................................... Comunicare con un gioco: totem Io non rischio ....................................................................... Fare formazione: 10 passi per aiutare ad apprendere .............................................................

20 28 35 42 45

Parte Terza Terremoto

Introduzione ............................................................................................................................ 56 Memoria storica ....................................................................................................................... 58 Pericolosità sismica ................................................................................................................ 66 Vulnerabilità sismica .............................................................................................................. 71 Rischio sismico ....................................................................................................................... 77 Prevenzione .............................................................................................................................. 81 Gli aspetti psicosociali: l’altra faccia del terremoto ................................................................ 95

Maremoto

Il maremoto ............................................................................................................................. Cause di un maremoto ............................................................................................................ Cosa succede sulle coste quando c’è un maremoto ................................................................ Rischio maremoto in Italia ...................................................................................................... I grandi terremoti e maremoti nel mondo ................................................................................ Quando avverrà il prossimo maremoto .................................................................................... Cosa fare per ridurre il rischio maremoto ................................................................................ L’Italia nel sistema di allertamento per il Mediterraneo .......................................................... Maremoti tra memoria e oblio ..................................................................................................

106 108 110 117 121 127 128 144 144

Glossario ....................................................................................................................................... 153 Appendice .................................................................................................................................... 159



PARTE PRIMA

3

PARTE PRIMA


INTRODUZIONE Questo manuale è uno strumento di lavoro per

vi consentirà di acquisire maggiore sicurezza

voi, volontari impegnati nella campagna di co-

nell’argomentare i contenuti dei materiali infor-

municazione Io non rischio. Qui potete trovare

mativi e acquisire, di massima, anche un modo

tutte le informazioni di cui avete bisogno per

più appropriato di raccontare concetti tutto

ripassare e approfondire gli argomenti affron-

sommato semplici, ma spesso delicati.

tati durante le giornate di formazione in aula.

Il manuale è suddiviso in tre sezioni. Nella pri-

Come vedremo, la campagna Io non rischio mira

ma parte trovate le informazioni riguardanti

a promuovere e diffondere le buone pratiche di

il Servizio Nazionale della Protezione Civile e

protezione civile a partire da specifici rischi na-

il Volontariato di protezione civile, oltre che la

turali che riguardano un territorio. E i protago-

spiegazione di che cos’è e a cosa serve un Pia-

nisti di questa campagna siete voi: i volontari di

no comunale di protezione civile. Nella secon-

protezione civile. Sarete voi ad avere il compito

da parte si parla degli strumenti, delle tecniche

di incontrare i cittadini nelle piazze delle nostre

e delle modalità che ci permettono di organiz-

città per raccontare loro quel che si deve sape-

zare, allestire e attuare una campagna ben riu-

re e ciò che si può fare per ridurre l’esposizione

scita. Nella terza e ultima parte, invece, trovate

al rischio di ciascuno e della comunità in cui si

tutte le informazioni tecniche e specifiche di

vive. Per farlo avrete a disposizione del materiale

ogni rischio, illustrate e approfondite a partire

informativo: un pieghevole in cui vengono illu-

dai singoli elementi del materiale informativo.

strate le cose essenziali da sapere su uno spe-

Per aiutarvi nella lettura, ci siamo serviti di al-

cifico rischio, e una scheda in cui vengono illu-

cuni simboli ed espedienti grafici.

strati i comportamenti giusti da adottare nel caso in cui si verifichi una effettiva emergenza.

LEGENDA

Qualcuno potrebbe chiedersi perché per raccontare ai cittadini le informazioni contenute

testo

in un pieghevole e una scheda siano neces-

Cose essenziali da ricordare

sarie 160 pagine di manuale: ci serve davveConsigli su cosa fare

ro sapere tutta questa roba se poi dobbiamo raccontarne solo una piccola parte? La risposta

Schede di approfondimento

a questa domanda è sì. Possiamo pensare al pieghevole e alla scheda come alla punta di un

Testi contenuti nel pieghevole

iceberg, che per sostenersi ha bisogno di una parte sommersa molto ma molto più grande:

Link per saperne di più

questo manuale. Proprio come un iceberg, la conoscenza, per emergere, ha bisogno di una

Glossario

parte sommersa assai maggiore. Conoscere bene gli argomenti illustrati in queste pagine

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PARTE PRIMA


CONTATTI

MATERIALI E APPROFONDIMENTI: DOVE TROVARLI

Sono state attivate diverse email relative alla

Dal sito www.iononrischio.it si accede a un’a-

campagna:

rea riservata. Per ognuna delle piazze che

iononrischio@protezionecivile.it: per comuni-

partecipano alla campagna sono state create

cazioni relative alla campagna.

delle credenziali di accesso, che saranno co-

multimedia@iononrischio.it: per inviare foto e

municate al responsabile di piazza.

video sulla campagna.

Nell’area riservata sono disponibili:

Le foto devono essere in formato .jpg, 1.000 ×

• i materiali formativi (manuale, video e pre-

600 px, risoluzione a 72 DPI.

sentazioni delle lezioni, approfondimenti

I video devono essere della durata massima di

sulla costruzione del totem per la campa-

5 minuti, con un peso massimo di 200 MB.

gna Io non rischio – terremoto)

Per inviare i video il responsabile di piazza do-

• il pieghevole, la scheda e la locandina (que-

vrà utilizzare questa piattaforma di condivisio-

sti materiali sono scaricabili anche nell’area

ne: www.wetransfer.com. Indicate come indiriz-

pubblica dello stesso sito)

zo di destinazione multimedia@iononrischio.it.

• alcuni esempi di domande frequenti

Per ogni piazza saranno creati indirizzi mail

• un form di contatto per richieste di chiari-

specifici che ogni referente di piazza dovrà

menti ai docenti.

utilizzare e monitorare. L’indirizzo sarà costituito dal nome della piazza e da @iononrischio. it. Per accedere alla propria casella di posta basta inserire le proprie credenziali nel form di accesso http://webmail.aruba.it//index.html?_v _=v4r1b17.20120629_1045. Le credenziali sono costituite dall’indirizzo completo e dalla password che per tutti è: password. Vi consigliamo di modificare la password al primo accesso dalla sezione Opzioni>Password nella colonna di sinistra. Vi ricordiamo che i contatti email saranno pubblicati sul sito www.iononrischio. it e che i cittadini potranno utilizzare questi contatti di posta elettronica per avere informazioni sulle iniziative che si svolgono nelle singole piazze. Invitiamo, quindi, i referenti di piazza a monitorare costantemente le caselle di posta.

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PARTE PRIMA


SERVIZIO NAZIONALE DELLA PROTEZIONE CIVILE La protezione civile è l’insieme delle at-

ATTIVITÀ DEL SERVIZIO NAZIONALE

tività messe in campo per tutelare l’inte-

Il soccorso alla popolazione in emergenza è

grità della vita, i beni, gli insediamenti

l’attività che identifica la funzione principale

e l’ambiente dai danni o dal pericolo di

della protezione civile, anche se negli anni le

danni che derivano dalle calamità: previ-

competenze del Sistema si sono estese allo

sione e prevenzione dei rischi, soccorso

sviluppo della conoscenza dei rischi e alle

delle popolazioni colpite, contrasto e su-

azioni per evitare o ridurre al minimo i danni

peramento dell’emergenza e mitigazione

delle calamità.

del rischio. La legge n. 225 del 1992 – che istituisce La protezione civile non è un compito as-

il Servizio Nazionale – definisce le attività

segnato a una singola amministrazione,

di protezione civile: previsione e preven-

ma è una funzione attribuita a un sistema

zione dei rischi, soccorso alle popolazioni

complesso: il Servizio Nazionale della Pro-

colpite, contrasto e superamento dell’e-

tezione Civile.

mergenza, e mitigazione del rischio.

COMPONENTI E STRUTTURE OPERATIVE

IN ORDINARIO

Istituito con la legge n. 225 del 1992, il Servi-

Le componenti e strutture operative del Ser-

zio Nazionale ha come sue componenti le am-

vizio Nazionale sono impegnate, per i diversi

ministrazioni centrali dello Stato, le Regioni e

ambiti di competenza e responsabilità, in at-

le Province Autonome, le Province, i Comuni

tività di previsione e nella programmazione di

e le Comunità montane. Sono componenti an-

azioni di prevenzione e mitigazione del rischio.

che tutti i soggetti coinvolti, a vario titolo, in at-

In questo processo è centrale il coinvolgimen-

tività di protezione civile: enti pubblici, istituti

to della comunità tecnico-scientifica, attraver-

e gruppi di ricerca scientifica, istituzioni e or-

so la rete dei Centri funzionali – che realizzano

ganizzazioni anche private, cittadini e gruppi

quotidianamente, a livello centrale e regionale,

associati di volontariato civile, ordini e collegi

attività di previsione, monitoraggio, sorveglian-

professionali.

za e allertamento – e dei Centri di competen-

Il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, le For-

za, strutture che svolgono ricerca o forniscono

ze Armate, le Forze di Polizia, il Corpo Fore-

servizi di natura tecnico-scientifica per finalità

stale dello Stato, la Comunità scientifica, la

di protezione civile. Comuni, Province e Pre-

Croce Rossa Italiana, le strutture del Servizio

fetture si dedicano inoltre all’aggiornamento

Sanitario Nazionale, le organizzazioni di vo-

dei piani di emergenza, strumenti indispensa-

lontariato, il Corpo Nazionale del Soccorso Al-

bili di prevenzione, sulla base delle linee gui-

pino e Speleologico costituiscono le strutture

da e agli indirizzi regionali e nazionali. Anche

operative.

il singolo cittadino, in quanto componente del

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PARTE PRIMA


Servizio Nazionale, ha un ruolo di primo piano

vizio Nazionale affida al Dipartimento della

nelle attività di prevenzione dei rischi. Obietti-

Protezione Civile della Presidenza del Consi-

vo delle attività ordinarie di diffusione della co-

glio dei Ministri un ruolo di indirizzo e coor-

noscenza di protezione civile e di sensibilizza-

dinamento. Dal 1998 inizia un percorso verso

zione della popolazione è proprio formare un

il decentramento dallo Stato ai Governi regio-

cittadino più consapevole e preparato.

nali e alle Autonomie locali, che coinvolge anche l’organizzazione del Servizio Nazionale. Il

IN EMERGENZA

decreto legislativo n. 112, meglio conosciuto

Quando un evento colpisce un territorio, il

come “Decreto Bassanini”, trasferisce alcu-

Sindaco – unica Autorità di protezione civile

ne competenze in materia di protezione civile

nell’ambito del Servizio Nazionale – ha il com-

dallo Stato centrale al territorio. Il Dipartimento

pito di assicurare i primi soccorsi alla popola-

mantiene funzioni di indirizzo e coordinamen-

zione, coordinando le strutture operative locali

to, ma il coordinamento operativo in emergen-

sulla base del piani comunali di emergenza

za è riservato agli eventi di tipo c, per i quali

(evento di tipo “a”). Se i mezzi e le risorse a

viene dichiarato lo stato di emergenza sentito

disposizione del Comune non sono sufficien-

il Presidente della Regione interessata.

ti a fronteggiare l’emergenza, intervengono la

Nel 2001, con la Legge Costituzionale n. 3

Provincia, la Prefettura - Ufficio territoriale del

che modifica il titolo V della Costituzione si

Governo, e la Regione, che attivano le risorse

rafforza e si impone definitivamente nel nostro

disponibili sui territori di propria competenza

ordinamento il principio di sussidiarietà, già

(evento di tipo “b”).

affermato con la legge Bassanini.

Nelle situazioni più gravi, su richiesta del

Il decentramento amministrativo trova la

Governo regionale, subentra il livello na-

sua completa realizzazione: la protezione

zionale, con la dichiarazione dello stato

civile diventa materia di legislazione con-

di emergenza (evento di tipo “c”): il co-

corrente e quindi, nell’ambito di principi

ordinamento degli interventi viene assun-

generali stabiliti da leggi dello Stato, di

to direttamente dal Presidente del Con-

competenza regionale.

siglio dei Ministri, che opera attraverso il questi casi che il Servizio Nazionale vie-

LA RIFORMA DEL SERVIZIO NAZIONALE DELLA PROTEZIONE CIVILE

ne impegnato in tutte le sue componenti e

A vent’anni dalla sua nascita, il Servizio Nazio-

strutture operative.

nale della Protezione Civile viene riformato. Il de-

Dipartimento della Protezione Civile. È in

creto legge n. 59 del 15 maggio 2012 convertito

LEGISLAZIONE E DECENTRAMENTO

nella legge n. 100 del 12 luglio 2012 modifica

Nel 1992 la legge n. 225 che istituisce il Ser-

e integra la legge n. 225 del 1992, istitutiva del

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PARTE PRIMA


Servizio. Le attività della Protezione Civile vengo-

Presidente del Consiglio dei Ministri o, per

no ricondotte al nucleo originario di competenze

sua delega, di un Ministro con portafoglio o

definito dalla legge n. 225/1992, dirette princi-

del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del

palmente a fronteggiare le calamità e a rende-

Consiglio dei Ministri Segretario del Consiglio.

re più incisivi gli interventi nella gestione delle

La richiesta può giungere anche dal Presiden-

emergenze. Viene ribadito il ruolo di indirizzo e

te della Regione interessata, di cui comunque

coordinamento del Dipartimento della Protezio-

va acquisita l’intesa.

ne Civile delle attività delle diverse componenti e Lo stato di emergenza può essere dichia-

strutture operative del Servizio Nazionale.

rato anche “nell’imminenza” e non solo La legge 100/2012 va a toccare – tra gli altri

“al verificarsi” dell’evento calamitoso.

– alcuni temi chiave per tutto il sistema: la

La durata può estendersi fino a 180 gior-

classificazione degli eventi calamitosi, le atti-

ni ed essere prorogato fino a ulteriori 180

vità di protezione civile, la dichiarazione dello

giorni.

stato di emergenza e il potere d’ordinanza. L’amministrazione competente in via ordinaria In questo senso, la legge ridefinisce la prima

allo scadere dello stato dell’emergenza viene

fase dell’emergenza, ponendo l’accento sul

individuata non più nella deliberazione dello

“fattore tempo”. Viene specificato che i mezzi

stato di emergenza del Consiglio dei Ministri,

e i poteri straordinari per fronteggiare le cala-

ma nell’ordinanza di subentro che viene ema-

mità (eventi di tipo “c”) vanno utilizzati per in-

nata allo scadere dello stato di emergenza.

terventi temporali limitati e predefiniti. Risorse per i primi interventi: la delibera Un anno dopo, la legge n. 119 del 15 ot-

con cui è dichiarato lo stato di emergenza

tobre 2013 modifica nuovamente la legge

individua le risorse finanziarie da destinare

225/1992 intervenendo sulla durata dello

agli interventi per l’emergenza – in partico-

stato di emergenza, sugli ambiti di inter-

lare quelle destinate alle attività di soccorso

vento delle ordinanze di protezione civile

e di assistenza alla popolazione – nell’atte-

e sulla definizione delle risorse necessarie

sa della ricognizione dei fabbisogni effetti-

a far fronte alle emergenze.

vi e indispensabili che farà il Commissario delegato. La delibera autorizza la spesa

COS’È CAMBIATO?

nell’ambito dello specifico stanziamento del “Fondo per le emergenze nazionali”. Se le

Dichiarazione e durata dello stato di emer-

risorse non sono sufficienti possono essere

genza: lo stato di emergenza viene delibera-

integrate con un’ulteriore delibera del Con-

to dal Consiglio dei Ministri, su proposta del

siglio dei Ministri.

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PARTE PRIMA


Attività di protezione civile: accanto alle at-

Ordinanze di protezione civile

tività di “previsione e prevenzione dei rischi” Sono di norma emanate dal Capo Dipar-

e di “soccorso delle popolazioni” viene me-

timento della Protezione Civile e non più

glio specificato il concetto di “superamento

dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

dell’emergenza”, cui si associa ogni altra attività necessaria e indifferibile diretta al “con-

Le ordinanze emanate entro trenta giorni dal-

trasto dell’emergenza” e alla “mitigazione del

la dichiarazione dello stato di emergenza sono

rischio” connessa con gli eventi calamitosi.

immediatamente efficaci, mentre quelle suc-

Le attività di prevenzione vengono esplicita-

cessive richiedono il concerto del Ministero

te e per la prima volta si parla chiaramente

dell’Economia e delle Finanze. Le attività che

di allertamento, pianificazione d’emergen-

possono essere disposte tramite ordinanze,

za, formazione, diffusione della conoscen-

entro i limiti delle risorse disponibili, sono:

za di protezione civile, informazione alla

a) servizi di soccorso e di assistenza alla po-

popolazione, applicazione della normati-

polazione interessata dall’evento;

va tecnica e di esercitazioni. Il sistema di

b) ripristino della funzionalità dei servizi pub-

allerta nazionale per il rischio meteo-idro-

blici e delle infrastrutture di reti strategiche;

geologico e idraulico viene inquadrato in

c) interventi, anche strutturali, per la riduzio-

maniera organica, riprendendo così i vari

ne del rischio residuo strettamente connesso

provvedimenti che negli anni hanno disci-

all’evento, con priorità a quelli finalizzati alla

plinato le attività di allertamento ai fini di

tutela della pubblica e privata incolumità;

protezione civile.

d) ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture pubbliche e pri-

Piani di emergenza: la legge 100/2012 riba-

vate danneggiate, e dei danni subiti dalle attività

disce poi il ruolo del Sindaco come autorità

economiche e produttive, dai beni culturali e dal

comunale di protezione civile, precisandone

patrimonio edilizio, da realizzare sulla base di pro-

i compiti nelle attività di soccorso e assisten-

cedure definite con la stessa o un’altra ordinanza;

za alla popolazione. Una novità importante

e) attuazione delle prime misure per far fronte

riguarda i piani comunali di emergenza, che

alle esigenze urgenti definite dalla lettera d), se-

devono essere redatti entro 90 giorni dall’en-

condo le direttive dettate con delibera del Con-

trata in vigore della legge, e periodicamente

siglio dei Ministri, sentita la Regione interessata.

aggiornati.

9

PARTE PRIMA


PER SAPERNE DI PIÙ • La protezione civile nella storia http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/storia.wp

• Le componenti http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/componenti.wp

• Le strutture operative http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/strutture_operative.wp

• Gli organi centrali http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/organi_centrali.wp

• Le attività http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/attivita.wp

• La legge 225/1992 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG1602

• La legge 100/2012 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG34883

10

PARTE PRIMA


VOLONTARIATO DI PROTEZIONE CIVILE Il volontariato rappresenta una delle compo-

za sanitaria, l’antincendio boschivo, le teleco-

nenti più vitali del Sistema italiano di protezio-

municazioni, l’allestimento dei campi d’acco-

ne civile. Una risorsa straordinaria in termini

glienza, la tutela dei beni culturali.

di competenze e capacità operativa che conta

Essere preparati a svolgere i diversi compiti in

oltre 4mila organizzazioni in tutto il Paese.

situazioni di rischio è importante. Per questo

Il volontariato di protezione civile è costituito

motivo, per diventare volontario di protezione

da uomini e donne che hanno deciso di met-

civile, è necessario rivolgersi a una organiz-

tere a disposizione gratuitamente tempo ed

zazione riconosciuta e seguire un percorso di

energie per proteggere la vita e l’ambiente.

formazione. Il Dipartimento della Protezione

Per rendere più efficace la loro azione, i vo-

Civile e le Regioni promuovono esercitazioni

lontari di protezione civile sono associati in

periodiche per migliorare la capacità di colla-

organizzazioni, grazie alle quali condividono

borazione tra il volontariato e le altre strutture

risorse, conoscenze ed esperienze.

operative del Sistema.

Le organizzazioni di volontariato di protezione civile sono diverse per dimensioni, storia, approcci

UNA REALTÀ MULTIFORME

e specializzazioni. Affiancano le autorità di pro-

Organizzazioni nazionali, associazioni locali,

tezione civile in un’ampia gamma di attività, in-

gruppi comunali. Il volontariato di protezio-

tegrandosi con le altre componenti del sistema

ne civile è un mondo caratterizzato da una

di protezione civile. Le organizzazioni che fanno

molteplicità di forme associative ben radicate

parte del sistema sono iscritte in appositi registri.

sul territorio. Le grandi organizzazioni nazionali si caratterizzano per la presenza di una

COSA FA

struttura di coordinamento centrale e una

Il volontariato di protezione civile opera quoti-

rete di sezioni distribuite su tutto il territorio

dianamente nell’ambito della previsione e del-

nazionale. Il loro interlocutore principale è

la prevenzione dei rischi. In caso di calamità,

rappresentato dal Dipartimento della Prote-

interviene per prestare soccorso e assistenza

zione Civile.

alle popolazioni.

Le associazioni locali e i gruppi comunali, di piccole e medie dimensioni, sono espres-

Il contributo di professionalità e competen-

sione di uno specifico ambito territoriale. I

ze diverse è indispensabile soprattutto nel-

gruppi comunali, in particolare, nascono con

le grandi emergenze. Il mondo del volonta-

la partecipazione o sotto la spinta dell’ammi-

riato di protezione civile presenta una vasta

nistrazione comunale, che ne disciplina con

tipologia di specializzazioni e abbraccia

propria delibera la costituzione, l’organizza-

molti campi.

zione e la regolamentazione. Gli interlocutori principali di queste realtà associative sono i

Per citarne solo alcuni: il soccorso e l’assisten-

sistemi regionali di protezione civile.

11

PARTE PRIMA


IL SOSTEGNO DELLE ISTITUZIONI espressione della cittadinanza attiva. Garan-

DI VOLONTARIATO ALL’ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE (DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DEL 9 NOVEMBRE 2012)

tendone l’autonomia e promuovendone lo

La Direttiva porta a compimento un percorso

sviluppo.

di approfondimento e aggiornamento delle

Le organizzazioni di volontariato iscritte nei re-

disposizioni del Decreto n.194/2001 del Pre-

gistri possono beneficiare di agevolazioni ed

sidente della Repubblica: il regolamento che

esenzioni fiscali, accedere a contributi e stipu-

tutela la partecipazione delle organizzazioni di

lare convenzioni con enti pubblici.

volontariato a tutte le attività di protezione civi-

In particolare, il Dipartimento della Protezio-

le e ne disciplina ogni aspetto.

Le istituzioni valorizzano il volontariato come

ne Civile e le Regioni promuovono il volontariato organizzato di protezione civile so-

A oltre dieci anni dal regolamento e a

stenendo progetti finalizzati a migliorare le

conclusione degli Stati Generali dell’apri-

capacità operative dei volontari, accrescere

le del 2012, gli Indirizzi operativi mirano

la sinergia tra il volontariato e le altre com-

a consolidare i risultati già raggiunti e a

ponenti del sistema e formare i cittadini alla

sostenere ulteriormente l’azione del volon-

cultura di protezione civile.

tariato di protezione civile nell’ambito del Servizio Nazionale, adeguando procedure

IL VOLONTARIATO NEL SISTEMA DI PROTEZIONE CIVILE

e strumenti al mutato quadro organizzati-

In Italia la protezione civile è una funzione

principi del Dpr 194/2001.

vo della Protezione Civile, nel rispetto dei

attribuita a un sistema complesso, il Servizio Nazionale, che opera nel rispetto del principio

Ecco le principali novità introdotte.

di sussidiarietà. Questo sistema è coordinato dal Dipartimento della Protezione Civile, dalle

1. L’elenco nazionale: le organizzazioni che

Regioni e dagli Enti locali.

intendono partecipare alle attività di previsio-

Al volontariato la legge attribuisce il ruolo di

ne, prevenzione e intervento in vista o in caso

“struttura operativa”, insieme ai Vigili del Fuo-

di eventi calamitosi e svolgere attività formati-

co, le Forze Armate e di Polizia, il Corpo Fo-

ve e addestrative nello stesso ambito devono

restale dello Stato, la comunità scientifica, la

essere iscritte nell’elenco nazionale delle orga-

Croce Rossa Italiana, il Servizio Sanitario Na-

nizzazioni di volontariato di protezione civile.

zionale e il Corpo Nazionale del Soccorso AlpiTra le principali novità, il fatto che i requi-

no e Speleologico.

siti di idoneità tecnico-operativa necessari

INDIRIZZI OPERATIVI PER ASSICURARE L’UNITARIA PARTECIPAZIONE DELLE ORGANIZZAZIONI

per far parte dell’elenco dovranno essere periodicamente verificati.

12

PARTE PRIMA


L’elenco nazionale è costituito dalla somma di:

Tra le più rilevanti novità, per le articolazioni

• Elenchi/albi/registri regionali, denominati

locali delle organizzazioni di rilievo nazionale è prevista l’esigenza di individuare, al proprio

“elenchi territoriali”

interno, “aliquote” che le sezioni locali devono

• “Elenco centrale” istituito presso il Diparti-

indicare al momento dell’iscrizione all’elenco

mento della Protezione Civile Tutte le organizzazioni iscritte negli elenchi

territoriale, specificando volontari, risorse e

territoriali e nell’elenco centrale possono es-

attrezzature che restano dedicate all’organiz-

sere attivate e chiamate a operare in caso di

zazione nazionale di appartenenza, nell’ambi-

eventi di rilievo nazionale.

to della rispettiva colonna mobile nazionale, e quelle che, invece, sono riservate all’operati-

2. Gli elenchi territoriali:

vità sul territorio, per esigenze di natura locale. Le modalità per richiedere l’iscrizione negli

per intervenire e operare per attività ed

elenchi territoriali sono disciplinate dalle legi-

eventi di rilievo regionale/locale le orga-

slazioni regionali che determinano i requisiti di

nizzazioni devono essere iscritte nell’elen-

idoneità tecnico-operativa. I requisiti devono

co territoriale del volontariato della propria

però soddisfare i quattro criteri generali indivi-

Regione o Provincia autonoma.

duati dalla direttiva. 3. L’elenco centrale:

L’elenco territoriale è istituito separatamente dal registro previsto dalla legge 266/1991 (legge-quadro sul volontariato) e le organizza-

questa sezione dell’elenco nazionale ac-

zioni che ne hanno i requisiti possono iscriver-

coglie le organizzazioni che per caratte-

si a entrambi. Negli elenchi territoriali possono

ristiche operative e diffusione, assumono

iscriversi:

particolare rilevanza mediante un diretto

• organizzazioni di volontariato costituite ai

raccordo con il Dipartimento della Prote-

sensi della legge 266/1991 con carattere

zione Civile che assume rilevanza in caso

locale

di eventi di rilievo nazionale.

• organizzazioni di altra natura, ma con caratPossono richiedere l’iscrizione nell’elenco

tere prevalentemente volontario

centrale:

• articolazioni locali delle organizzazioni ri-

• le strutture nazionali di coordinamento di

chiamate nei punti precedenti, con diffusio-

organizzazioni costituite ai sensi della legge

ne nazionale

n.266/1991 diffuse in più Regioni

• gruppi comunali e intercomunali • coordinamenti territoriali che raccolgono

• le strutture nazionali di coordinamento delle

più gruppi od organizzazioni delle tipologie

organizzazioni di altra natura a componente

precedentemente indicate.

prevalentemente volontaria

13

PARTE PRIMA


mento e le Regioni metteranno a punto mo-

• organizzazioni prive di articolazione re-

dalità di gestione informatizzata degli elenchi.

gionale, ma in grado di svolgere funzioni specifiche ritenute dal Dipartimento della Protezione Civile di particolare rilevanza e

5. Benefici normativi per i volontari di prote-

interesse a livello nazionale

zione civile:

• le strutture nazionali di coordinamento dei per l’applicazione dei benefici previsti da-

gruppi comunali e intercomunali La direttiva precisa i requisiti strutturali e le

gli articoli 9 (rimborsi ai datori di lavoro

caratteristiche di capacità tecnico-operativa di

dei volontari) e 10 (rimborsi delle spese

rilievo nazionale che le organizzazioni devono

vive sostenute in attività operative dal-

possedere per richiedere l’iscrizione nell’elen-

le organizzazioni di volontariato) del Dpr

co centrale. Tra questi è indicata espressa-

194/2001 è necessario che l’intervento

mente la rilevanza operativa nazionale, che va

delle organizzazioni di volontariato sia for-

argomentata con riferimento a specifici para-

malmente “attivato”.

metri, non necessariamente connessi alle attività finalizzate agli interventi di emergenza.

L’attivazione delle organizzazioni deve con-

L’iscrizione nell’elenco centrale di un’organiz-

tenere alcuni elementi di base che vengono

zazione diffusa in più Regioni può comportare

elencati: evento di riferimento, decorrenza, ter-

il riconoscimento anche delle sezioni locali e

mine delle attività/cessata emergenza, modo di

articolazioni territoriali operative per attività di

accreditamento dei volontari e rilascio attestati

rilievo nazionale.

e l’eventuale autorizzazione all’applicazione

Il Dipartimento della Protezione Civile e le Re-

dei benefici normativi utilizzando la modulisti-

gioni definiscono con le organizzazioni, per

ca ufficiale disponibile sui siti web di Diparti-

quanto di rispettiva competenza, accordi e

mento e Regioni.

protocolli operativi per assicurare la possibile contestuale operatività, in contesi di emergen-

6. Attività formative e addestrative: per l’appli-

ze nazionali, di sezioni o articolazioni locali sia

cazione dei benefici di legge, le attività formative

nell’ambito della rispettiva colonna mobile re-

e addestrative devono essere autorizzate dal Di-

gionale o provinciale, sia nell’ambito della co-

partimento, anche se organizzate su scala locale.

lonna mobile nazionale dell’organizzazione di

Le organizzazioni iscritte nell’elenco centrale

appartenenza.

presentano direttamente istanza al Dipartimento. Le sezioni territoriali/locali di organizzazioni iscrit-

4. Gestione informatizzata dell’elenco nazio-

te nell’elenco centrale presentano la richiesta di

nale: per consentire l’aggiornamento in tempo

autorizzazione al Dipartimento attraverso le strut-

reale dell’elenco nazionale delle organizzazio-

ture nazionali (informando anche le strutture di

ni e la sua pubblica consultazione il Diparti-

protezione civile della Regione di appartenenza).

14

PARTE PRIMA


Le organizzazioni iscritte negli elenchi territoria-

8. Casi particolari. Specifiche tipologie di

li devono presentare domanda esclusivamente

eventi di rilievo regionale o locale.

per il tramite della Regione di appartenenza.

I casi analizzati riguardano: • eventi diversi dalle emergenze, che per il

7. Attività e interventi in vista/in caso di emer-

loro impatto possono mettere a rischio l’in-

genze/altri eventi: per eventi di tipo “c”, ossia

columità della popolazione, seppure in am-

di carattere nazionale, o per attività e interven-

bito territoriale limitato. In casi di questo

ti di rilievo internazionale l’attivazione delle or-

tipo l’applicazione di benefici normativi è

ganizzazioni e l’autorizzazione all’applicazione

subordinata all’attivazione del piano comu-

dei benefici è disposta dal Dipartimento della

nale e all’istituzione temporanea del Coc

Protezione Civile (con oneri a suo carico). Per

• ricerca di persone disperse al di fuori del

eventi di tipo “a” e “b”, l’attivazione delle orga-

contesto previsto dalla legge 225/1992 e

nizzazioni e l’autorizzazione all’applicazione dei

in ambiente diverso da quello montano o

benefici è a cura delle strutture di protezione

impervio.

civile delle Regioni (con oneri a loro carico).

Per le ricerche in ambiente urbano la richiesta

Secondo il Dpr 194/2001 l’autorizzazione

di concorso dei sistemi locali di protezione ci-

all’applicazione dei benefici normativi è com-

vile può riguardare il volontariato:

petenza dello Stato o della Regione, non dei

• se la richiesta è avanzata dall’autorità com-

Comuni o di altre istituzioni territoriali. In base

petente che ha anche il coordinamento del-

alla legge 225/1992, però, i Comuni hanno

le attività

titolo ad attivare le organizzazioni (ma non a

• se la richiesta è rivolta alla struttura di pro-

disporre dei benefici normativi). Per chiarire

tezione civile territorialmente competente

questo punto la direttiva precisa che la richie-

• se la struttura locale o regionale si assume

sta dei benefici normativi deve essere rivolta in

l’onere di individuare e attivare le organiz-

via preventiva alla Regione competente, così

zazioni utili per l’intervento richiesto, in rac-

da consentire la quantificazione degli oneri.

cordo con l’autorità richiedente.

15

PARTE PRIMA


PER SAPERNE DI PIÙ Servizio Nazionale • L 225/1992 - Istituisce il Servizio Nazionale della Protezione Civile e individua il volontariato come struttura operativa del Servizio, indicandone gli ambiti di attività. http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG1602 • DPR 194/2001 - Disciplina la partecipazione delle organizzazioni di volontariato alle attività di protezione civile, dall’iscrizione ai registri ai benefici previsti per i volontari iscritti. http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG20554 • D 13/04/2011 - Contiene disposizioni in attuazione del Dlgs 81/2011 a tutela della salute e della sicurezza dei volontari di protezione civile. http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG26529 • Direttiva del 9 novembre 2012 – Punta ad assicurare unitaria partecipazione delle organizzazioni di volontariato all’attività di protezione civile e porta a compimento il percorso di approfondimento e aggiornamento delle disposizioni del Dpr n.194/2001 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG37466 Volontariato • L 266/1991 - Definisce il volontariato come attività personale, spontanea e gratuita e ne disciplina le forme associative http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?facetNode_1=f1_5&prevPage=provve dimenti&catcode=&contentId=LEG21151 • Il ruolo del volontariato nel Servizio nazionale http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/il_ruolo_del_volontariato.wp • Il percorso della sicurezza per i volontari di protezione civile http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp?contentId=DOS30059 • La Consulta nazionale del volontariato http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp?contentId=DOS22573 • Stati generali del volontariato http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/stati_generali.wp

16

PARTE PRIMA


PIANI DI EMERGENZA DI PROTEZIONE CIVILE La pianificazione di emergenza consiste

• quali sono le responsabilità ai diversi li-

nell’insieme delle procedure operative di inter-

velli di coordinamento per la gestione

vento per fronteggiare una qualsiasi calamità

dell’emergenza?

attesa in un determinato territorio.

• come avviene lo scambio di informazioni

Pianificare significa prepararsi durante il pe-

tra i vari soggetti coinvolti nella gestione

riodo ordinario a fronteggiare l’emergenza sin

dell’emergenza?

dalle prime fasi, in modo da ottimizzare la

• come viene garantita l’informazione alla

gestione delle risorse disponibili e garantire

popolazione?

una prima risposta operativa, soprattutto per il

Il Piano di emergenza è dunque uno stru-

soccorso e l’assistenza alla popolazione.

mento di lavoro basato su una situazione

I Piani richiedono un continuo aggiornamento

verosimile, ipotizzata sulla base delle cono-

e devono tener conto dell’evoluzione dell’as-

scenze dello stato di rischio del territorio.

setto territoriale e dell’eventuale incremento

Il Piano è quindi utile a dimensionare pre-

della conoscenza scientifica dei relativi rischi.

ventivamente la risposta operativa neces-

Il Piano di emergenza deve rispondere alle

saria al superamento della calamità, con

domande:

particolare attenzione alla salvaguardia del-

• quali eventi calamitosi possono interessare

la vita umana.

il territorio?

Ogni Comune deve dotarsi di un proprio pia-

• qual è il danno presunto causato dall’even-

no di emergenza che consenta al Sindaco,

to calamitoso?

quale autorità di protezione civile, di garan-

• quale organizzazione operativa è necessa-

tire una prima risposta operativa e favorire,

ria per ridurre al minimo gli effetti dell’e-

al contempo qualora necessario, l’intervento

vento con particolare attenzione alla salva-

delle altre risorse provenienti dall’intero Si-

guardia della vita umana?

stema di protezione civile.

17

PARTE PRIMA


PER SAPERNE DI PIÙ • Piano di emergenza http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/piano_emergenza.wp • Mappa dei piani di emergenza comunali http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/piani_di_emergenza_comuna.wp • Esercitazioni di protezione civile http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/esercitazioni.wp

18

PARTE PRIMA


PARTE SECONDA


COMUNICARE IN PIAZZA a cura di Valeria Bernabei, Francesca Dottarelli, Mariacristina Giovannini, Elena Lombardo, Marianna Schiavon, Veronica Tretter COME NASCE

scono e a loro volta sono conosciuti dalle istituzioni locali e dai cittadini. Chi meglio di loro

Io non rischio è una campagna di comuni-

per fare informazione sui rischi che su quel

cazione nazionale sulle buone pratiche di

territorio insistono?

protezione civile. Ma ancora prima di que-

Da questi presupposti è nata l’idea originaria

sto, Io non rischio è un proposito, un’esor-

di Io non rischio.

tazione che va presa alla lettera. L’Italia è un paese esposto a molti rischi

Formare i volontari di protezione civi-

naturali, e questo è un fatto. Ma è altret-

le sulla conoscenza e la comunicazione

tanto vero che l’esposizione individuale

del rischio per poi farli andare in piazza,

a questi rischi può essere sensibilmente

nella loro città, a incontrare i cittadini e

ridotta attraverso la conoscenza del pro-

informarli.

blema, la consapevolezza delle possibili conseguenze e l’adozione di alcuni sem-

Un’idea concepita e proposta dall’Associazio-

plici accorgimenti. E attraverso conoscen-

ne nazionale pubbliche assistenze e subito

za, consapevolezza e buone pratiche poter

sposata dal Dipartimento della Protezione Ci-

dire, appunto: “Io non rischio”.

vile, dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e dalla Rete dei laboratori universitari

Il sistema più efficace per difendersi da un

di ingegneria sismica, e poi progressivamente

rischio è conoscerlo. Questo tipo di cono-

allargata ad altre associazioni di protezione ci-

scenza, per essere realmente utile, di solito

vile. Perché se è vero che le idee camminano

comporta un livello di approfondimento che

con le gambe delle persone, per un’idea come

difficilmente può essere comunicato con un

questa di gambe ce ne vogliono davvero tante.

semplice spot radiofonico o televisivo. L’ideale, per un cittadino, sarebbe poter par-

COME SI SVOLGE

lare con qualcuno capace di raccontargli tutto

Ogni processo di comunicazione, informazio-

quello che occorre sapere sul terremoto, sul

ne o educazione è necessariamente un pro-

maremoto o su qualsiasi altro rischio, magari

cesso a cascata.

incontrandolo direttamente nella sua città, in

Tutti noi, a scuola come sul lavoro, siamo sta-

piazza, un sabato o una domenica mattina. Ed

ti formati da persone che, a loro volta, sono

è qui che si è accesa la lampadina: i volontari

state formate da altre persone. Quindi ci è

di protezione civile!

sembrato del tutto naturale utilizzare questo

Le associazioni di volontariato di protezione

processo anche nella formazione dei volon-

civile sono presenti in tutta Italia. I volontari vi-

tari e, di conseguenza, nella comunicazione

vono e operano sul proprio territorio, lo cono-

finale con i cittadini.

20

PARTE SECONDA


Ogni associazione locale individua i quin-

L’EDIZIONE 2014

dici volontari che incontreranno i cittadini

L’edizione 2014 di Io non rischio riguarda

in piazza nei giorni della campagna. Tra

tre rischi: terremoto, maremoto e alluvione.

questi, l’associazione ne sceglie tre che

Io non rischio Terremoto, giunta al quarto

parteciperanno alle giornate di formazio-

anno, si svolge il 14 e 15 giugno 2014 nelle

ne organizzate dai promotori dell’iniziativa

piazze di circa 230 comuni italiani a rischio

sui temi del rischio e della comunicazio-

sismico in tutta Italia.

ne. A quel punto i tre volontari, formati di-

La campagna è promossa e realizzata da:

rettamente da tecnici, scienziati e profes-

Dipartimento della Protezione Civile, Anpas

sionisti della comunicazione del rischio,

- Associazione Nazionale delle Pubbliche As-

hanno il compito di trasmettere le cono-

sistenze, Ingv - Istituto Nazionale di Geofisica

scenze acquisite agli altri dodici colleghi,

e Vulcanologia e ReLUIS - Consorzio della

diventando a tutti gli effetti dei volontari

Rete dei Laboratori Universitari di Ingegne-

formatori.

ria Sismica. Oltre all’Anpas, sono coinvolte nell’iniziativa sezioni locali di organizzazioni

Alla fine del processo, per essere sicuri che tra

di volontariato di protezione civile e associa-

tutti ci sia omogeneità nel livello di conoscenze,

zioni regionali.

vengono organizzate delle giornate di refresh:

Nello stesso weekend si svolge la campa-

una specie di ripasso in cui ogni partecipante

gna Io non rischio Maremoto, in più di ven-

è chiamato a esercitarsi anche attraverso delle

ti comuni italiani a rischio tsunami.

simulazioni pratiche. Dopodiché, tutti i volontari

L’iniziativa, giunta al secondo anno, è pro-

sono formati e pronti a incontrare i cittadini.

mossa dagli stessi partner della campagna

Diciamo incontrare, e non informare, per por-

sul rischio simico, in collaborazione con

re l’accento sulla filosofia su cui si fonda la

Ispra - Istituto superiore per la Protezio-

campagna.

ne e la Ricerca Ambientale e Ogs - Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica

I volontari non fanno volantinaggio. Non

Sperimentale.

si limitano a lasciare il materiale informa-

Nel mese di ottobre, invece, si svolge in via

tivo alle persone, ma si fermano a parlare

sperimentale la campagna Io non rischio

con loro, illustrano il problema, in qualche

Alluvione.

modo lo raccontano e rimangono a disposi-

COSA COMUNICARE IN PIAZZA

zione per eventuali domande e chiarimenti.

Nei weekend dedicati alle campagne vengono Anche dopo le giornate della campagna, visto

allestiti degli stand informativi nelle piazze dei

che, come abbiamo detto, i volontari operano

comuni interessati. I volontari distribuiscono i

e vivono sul territorio in cui comunicano.

materiali informativi e rispondono alle doman-

21

PARTE SECONDA


de dei cittadini sulle possibili azioni da fare per

• Pieghevole: cosa sapere e cosa fare

ridurre il rischio. Solo per la campagna Io non

prima, prevenzione. Spiega in termini

rischio – Terremoto, al centro dell’allestimen-

semplici cosa deve sapere il cittadino

to della piazza c’è un totem: un’installazione

per imparare a prevenire e ridurre i dan-

composta da scatoloni sovrapposti, colorati e

ni dei terremoti e cosa può fare nella

illustrati, che contiene giochi e interazioni sul

propria casa, con il consiglio di un tec-

rischio sismico, per facilitare la comunicazio-

nico, oppure da solo, fin da subito.

ne tra volontari e cittadini. I contenuti di questo manuale servono per ca-

• Scheda: cosa fare durante e dopo, norme

pire meglio e approfondire i concetti chiave

di comportamento. Contiene informazio-

contenuti nei materiali informativi della cam-

ni utili a tutta la famiglia sui comporta-

pagna. Tutte le informazioni da comunicare in

menti da adottare durante il terremoto e

piazza, infatti, sono presenti nel pieghevole e

subito dopo. La scheda può essere con-

nella scheda.

servata e anche appesa.

22

PARTE SECONDA


IL LINGUAGGIO DI SCHEDA E PIEGHEVOLE. OBIETTIVO: FARSI CAPIRE! I testi dei materiali informativi della campagna

evitato il burocratese “norme” (vigenti)

di informazione Io non rischio sono stati scritti

• Abbiamo usato parole comuni ed evitato le

rispettando alcune regole della semplificazione

espressioni di tono inutilmente elevato

del linguaggio. Scrivere con chiarezza, semplicità

“evento sismico”: “terremoto”

e precisione, con parole concrete e di uso comune

• Abbiamo usato parole concrete e dirette per aiutare

favorisce la comprensione del messaggio da parte

il lettore a visualizzare il concetto

di chi leggerà. Di seguito, trovi le regole principali

“la pianificazione comunale”: “il piano comunale”

che abbiamo seguito nella redazione della scheda

• Abbiamo usato preposizioni semplici, invece di

e del pieghevole. Pensiamo infatti possano esserti

quelle complesse

d’aiuto in futuro se ti troverai a scrivere materiali

“al fine di, a scopo di, con l’obiettivo di”: “per”

informativi rivolti a cittadini! L’organizzazione delle informazioni La costruzione delle frasi

I testi dei materiali della campagna sono lunghi e

• Abbiamo utilizzato frasi semplici, lineari e brevi

per questo li abbiamo suddivisi in piccoli paragrafi,

“È il crollo delle case che uccide, non il terremoto”

preceduti da un titoletto che ne riassume il

• Abbiamo preferito i verbi ai nomi, cioè evitato le

contenuto. Con questa operazione volevamo essere

nominalizzazioni

più precisi, chiari e sintetici possibili. Un titolo

“applicare modifiche”: “modificare”

come «Informazioni importanti» non serve a nulla,

• Abbiamo esplicitato il soggetto ed evitato le forme

perché non dà nessuna informazione sul contenuto

impersonali

e obbliga il cittadino a iniziare la lettura del testo.

“in caso di dubbi”: “se hai qualche dubbio”

Sono invece più efficaci titoli come: «Cosa fa lo

• Abbiamo preferito le frasi di forma affermativa

Stato per aiutarti?», «Gli effetti di un terremoto

“non ignorare”: “conosci, informati”

sono gli stessi ovunque?». Questi titoli individuano immediatamente l’argomento del testo e possono

La scelta delle parole

essere letti dando un’occhiata veloce al pieghevole.

• Abbiamo preferito le parole italiane a quelle La grafica

straniere, se ugualmente sostituibili “tsunami”: “maremoto”

Nello scrivere i materiali informativi, abbiamo

• Abbiamo limitato i termini tecnico-specialistici,

fatto attenzione anche ad alcuni aspetti grafici per

definendoli la prima volta che li usavamo

facilitare la lettura ad esempio: lo spazio tra una riga

“classificazione sismica”: “il territorio italiano è

e un’altra, la scelta del carattere (leggibile e grande),

classificato in zone a diversa pericolosità”

i margini e la lunghezza delle righe. Abbiamo usato il

• Abbiamo usato espressioni della lingua comune ed

grassetto solo per evidenziare i concetti importanti.

23

PARTE SECONDA


COME STARE IN PIAZZA

• la prevenzione non riguarda solo le istitu-

Come volontari siete già abituati a parlare

zioni, ma ciascuno di noi.

con i vostri concittadini. Sicuramente il fatto

Da qui, illustrate ai cittadini il loro ruolo:

di organizzare la piazza nel vostro territorio vi

mostrate ai cittadini il pieghevole e la sche-

aiuterà a rompere il ghiaccio: la divisa che in-

da cercando di sintetizzarne il contenuto.

dossate è il vostro biglietto da visita e vi rende

Non tentate di fornire spiegazioni scientifi-

riconoscibili come interlocutori affidabili. Na-

che o tecniche ma attenetevi a quanto spie-

turalmente ci sono alcune regole che possono

gato nei materiali informativi. Per ulteriori

aiutarvi a rendere più efficaci le vostre giorna-

informazioni rimandate ai siti istituzionali o

te in piazza.

alle istituzioni competenti. Sottolineate che: • è importante informarsi al proprio Comune

COSA DIRE

per sapere se esiste un piano d’emergenza

Seguite le cinque “W” della

comunale e cosa prevede

buona comunicazione.

• bisogna sempre rivolgersi a veri esperti e

Who – Chi siamo: ogni approccio dovrebbe

non a tecnici improvvisati

iniziare con una presentazione di se stessi,

• la vostra associazione di appartenenza ope-

della propria associazione, della Protezione

ra sul territorio e rimane a disposizione per

Civile, dei promotori dell’iniziativa. Ricorda-

chiarimenti, approfondimenti ecc.

te che il volontariato è una componente del

Se si presentano in piazza rappresentanti di

Servizio Nazionale della Protezione Civile.

altre associazioni interessate, mostrate un at-

What/Where/When – Di cosa si tratta, dove

teggiamento inclusivo, create contatti. Ricor-

si svolge e quando: presentate brevemente

date che la campagna Io non rischio mira a

l’iniziativa Io non rischio e ricordate che non

coinvolgere un numero sempre maggiore di

si svolge solo nella vostra, ma in altre piazze

associazioni, anche territoriali.

in tutto il territorio nazionale.

Se si presentano le istituzioni (che vanno as-

Why – Perché: presentate le finalità di Io

solutamente invitate) come Sindaco, Prefetto,

non rischio:

ecc. accoglietele con attenzione e premura,

• è un’iniziativa di comunicazione che, sen-

sempre con un atteggiamento di inclusione e

za allarmismo, mira ad accrescere la cono-

coinvolgimento.

scenza e la consapevolezza rispetto ai di-

Apertura e chiusura del discorso: in media, la

versi rischi

conversazione in piazza con i cittadini durerà

• conoscenza e consapevolezza aumentano

cinque/dieci minuti. Tenete a mente che l’a-

la capacità individuale di autodifesa, contri-

pertura e la chiusura del discorso sono molto

buendo alla prevenzione generale

importanti:

24

PARTE SECONDA


Oltre che con le parole, la comunicazione av-

• l’apertura (cioè le frasi iniziali per “agganciare” i cittadini nelle piazze, il totem nel

viene anche attraverso:

caso della campagna sul terremoto), per-

• il modo di vestire

ché è il momento in cui si stabilisce un pat-

• la postura

to di fiducia tra le persone coinvolte e si di-

• l’espressione del volto

chiara la propria disponibilità a parlare e ad

• il contatto oculare

ascoltare;

• movimenti delle mani, delle braccia e delle gambe

• la chiusura, perché ci si deve accertare che l’altra persona sia soddisfatta. Accertatevi

• la tensione del corpo

che il cittadino non abbia dubbi, indicate

• la distanza spaziale

dove approfondire gli argomenti di mag-

• il contatto diretto

giore interesse e ribadite il messaggio della

• la voce (tono, ritmo, inflessione)

campagna.

La gestualità: è un mezzo di comunicazio-

Meccanismi di ripetizione: ripetere più volte i

ne visiva capace di trasmettere ciò che il

concetti chiave può risultare utile per chiarire

linguaggio verbale non sa comunicare. Ne

i temi che stiamo trattando o le finalità della

consegue che la forma di comunicazione più

campagna. Nell’interazione faccia a faccia è

efficace è quella in cui alle parole si accom-

meglio non dare per scontato nulla, per evita-

pagnano i gesti.

re fraintendimenti.

Per interpretare il messaggio non verbale dobbiamo sempre considerare tutti i gesti nel loro

COME DIRLO

insieme: i gesti presi singolarmente non signi-

Le parole che pronunciamo sono importanti,

ficano niente, ma se si presentano tutti insie-

ma il comportamento non verbale condiziona

me nel corso di una interazione, allora ci sono

in modo molto forte l’impressione che ricevia-

buone probabilità che la nostra interpretazio-

mo dagli altri e quella che gli altri ricevono da

ne sia corretta.

noi. Gran parte di ciò che comunichiamo agli

Nel comunicare con gli altri, dobbiamo

altri si esprime, infatti, attraverso il linguaggio

capire se le persone a cui ci rivolgiamo

non verbale, cioè mediante i segnali visivi e

manifestano:

vocali emessi dal corpo. Dobbiamo quindi ve-

• segnali di serenità/disagio e ansia

rificare che il messaggio verbale, cioè quello

• segnali di apertura/chiusura.

comunicato dalle parole effettivamente pro-

Il linguaggio non verbale che indica apertura

nunciate, sia coerente con il messaggio del

e uno stato interiore positivo è composto da

corpo. Se vogliamo comunicare un messag-

una serie di gesti: il corpo si espone al mon-

gio in modo credibile, è importante che ci sia

do senza barriere e, così facendo, è vulnera-

coerenza fra ciò che diciamo a parole e ciò

bile agli altri, ma ciò non provoca alcun disa-

che esprimiamo attraverso il corpo.

gio alla persona.

25

PARTE SECONDA


La postura: la postura che esprime vicinanza

Assumete una postura sciolta,

e calore si traduce in genere in un’impressio-

guardate negli occhi la perso-

ne migliore (e dunque simpatia) dell’altro su

na con cui parlate, cercate di

di noi. È composta da questi tratti:

non incrociare le braccia e parlate senza

• inclinazione in avanti del busto, che dimo-

mettere le mani in tasca. Per una comunicazione efficace, mettetevi

stra interesse per l’altro

di fronte all’interlocutore per poterlo guar-

• tendenza ad avvicinarsi col corpo e orien-

dare direttamente e non al suo fianco o in

tarlo direttamente verso l’altro • rilassatezza delle braccia e mani

posizione laterale.

• sguardo che mantiene il contatto con gli

Non dimenticate che in piazza anche un

occhi dell’altro/a senza però fissarlo/a in

sorriso può aiutare a stabilire un contatto

modo eccessivo, cosa che può esprimere

con il vostro interlocutore: accogliete i citta-

aggressività.

dini con un sorriso!

Il linguaggio non verbale che indica chiusu-

Non assumete un atteggiamento di chiusu-

ra si fonda, invece, su un complesso di gesti,

ra con il corpo, ma, al contrario, adottate

movimenti e posture con cui il corpo si richiu-

uno stile aperto, perché così è più probabi-

de in se stesso. Chi si sente minacciato, ten-

le che l’interazione abbia esito favorevole e

de a far apparire il corpo più piccolo di quan-

l’interlocutore eviti di chiudersi in sé stessa.

to lo sia realmente e a proteggersi erigendo

Durante la conversazione, variate e modu-

barriere difensive.

late il ritmo, il timbro, il tono e l’inflessione

La postura che trasmette lontananza (e dunque

della voce.

distacco) è composta in genere da questi tratti: • posizione rigida delle braccia e gambe

Nel paragrafo dedicato allo storytelling (pagina

• inclinazione del busto laterale e tesa all’in-

35), trovate la lezione dedicata ai consigli utili su come raccontare la campagna in piazza.

dietro (in piedi) • sguardo che mantiene poco il contatto con gli occhi dell’altro/a. In questo caso può essere utile cambiare strategia e/o cercare di scoprire il motivo della sua insoddisfazione. Se la persona che avete davanti persiste nell’atteggiamento di chiusura, porgetele qualcosa da guardare (il pieghevole, la scheda), per costringerla ad aprirsi e a sciogliere le braccia conserte.

26

PARTE SECONDA


PER SAPERNE DI PIÙ • Il sito dedicato alla campagna www.iononrischio.it • La campagna “Io non rischio” http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/io_non_rischio.wp • Dis.amb.ig.uando, blog di Giovanna Cosenza, professore associato di semiotica presso il Dipartimento di Discipline della Comunicazione dell’Università di Bologna http://www.giovannacosenza.it/ • Pensieri sulla rete e sulla comunicazione, blog http://gandalf.it/ • Teorie e pratiche della creatività, blog coordinato da Annamaria Testa, pubblicitaria e docente di teoria della comunicazione all’Università Bocconi di Milano http://www.nuovoeutile.it • James Borg, Il linguaggio del corpo, Ed. Tecniche nuove, 2009 • David Cohen, Capire il linguaggio del corpo, Editori Riuniti, 2002 • Scrivere chiaro: una guida per il personale della Commissione europea http://ec.europa.eu/translation/writing/clear_writing/how_to_write_clearly_it.pdf • Linguaggio amministrativo chiaro e semplice, Università di Padova

30 regole per scrivere testi amministrativi chiari

http://www.maldura.unipd.it/buro/ • Direttiva dell’8 maggio 2002 sulla semplificazione del linguaggio delle pubbliche amministrazioni http://www.funzionepubblica.gov.it/TestoPDF.aspx?d=16872

27

PARTE SECONDA


COMUNICARE SULLA STAMPA E ONLINE a cura di Ilaria Salvi e Andrea Cardoni RADIO, TV E GIORNALI LOCALI SONO ALLEATI PREZIOSI

formiamo e sensibilizziamo sul tema del rischio

Attraverso radio, tv e giornali abbiamo l’oppor-

tribuendo a far arrivare in piazza più gente e 3)

tunità di far circolare un messaggio su una

costruiamo rapporti che potranno essere utili

platea di destinatari molto più ampia rispetto a

anche dopo la campagna, per promuovere le

quella del “passaparola” (che pure resta uno

attività quotidiane delle singole associazioni.

sismico, 2) diamo visibilità alla campagna con-

strumento potente). Per riuscirci, però, dobbiamo tenere presente che così come noi abbia-

IL COMUNICATO STAMPA

mo l’esigenza di far passare i messaggi della

Qualche settimana prima del weekend della

campagna, i giornalisti hanno a loro volta delle

campagna Io non rischio, riceverete un model-

esigenze (di tempo, di spazio, di tipologia di no-

lo di comunicato stampa, preparato dai refe-

tizia ecc.) e che solo rispettando il loro modo di

renti della comunicazione della campagna del

lavorare possiamo ottenere un risultato positivo.

Dipartimento della Protezione Civile e di An-

A questo proposito è bene ricordare che, in

pas per garantire un’informazione coordinata

Italia, la stampa locale ha una tradizione for-

fra tutti i soggetti della campagna. La traccia

te e molto radicata nel territorio: se andiamo

comune serve a rendere evidente la valen-

a guardare l’elenco dei 62 maggiori quotidiani

za nazionale dell’iniziativa, e ne trovate qui di

(esclusi quelli sportivi) sono solo 14 quelli a dif-

seguito un modello basato sulla campagna

fusione nazionale. Per le radio, poi, parliamo di

dell’anno scorso (si tratta quindi, lo ribadiamo,

appena una ventina di testate su oltre 300, e

solo di un esempio: il comunicato corretto vi

troveremmo percentuali ancora più alte se an-

arriverà qualche settimana prima dell’avvio

dassimo a guardare le testate online.

della campagna).

Se quindi per una testata nazionale può esse-

Si tratta di uno strumento di lavoro molto sem-

re difficile dare spazio a una campagna che

plice, con una parte (in nero) uguale per tut-

tocca circa 230 piazze (perché moltissimi dei

ti e una (in arancio nel testo) che va invece

suoi lettori/ascoltatori/spettatori, anche se po-

modificata secondo le informazioni relative ai

tenzialmente interessati, non hanno un gaze-

gazebo gestiti nelle diverse località da ciascu-

bo nella propria città in cui recarsi), per una

na associazione e, naturalmente, ai riferimenti

testata locale la presenza della campagna sul

di chi si occuperà dei contatti con la stampa.

proprio territorio è senza dubbio una notizia.

Questo per consentire a ciascuno di definire

Dobbiamo quindi considerare i mezzi di infor-

in autonomia la propria strategia di comuni-

mazione locali alleati preziosi per far sì che i

cazione (per alcune organizzazioni le notizie

cittadini sappiano che nel loro Comune c’è una

potranno essere diffuse dagli uffici stampa na-

piazza Io non rischio e ci vadano. I giornalisti

zionali o regionali, per altri dai singoli gruppi

locali, inoltre, sono prima di tutto cittadini della

sul territorio o magari dall’ufficio stampa del

zona. Otteniamo quindi un triplo risultato: 1) in-

Comune che vi ospita, ecc.).

28

PARTE SECONDA


29

PARTE SECONDA


COME UTILIZZARE IL COMUNICATO STAMPA

ferma della ricezione. La maggior parte dei

Di seguito alcuni consigli, basilari, su come

giornalisti preferisce ricevere tutto il materia-

utilizzare il comunicato stampa. Per molti di

le (comunicato stampa + il pieghevole della

voi si tratterà probabilmente di cose già note,

campagna + magari un paio di foto) via email,

ma che ci sembra utile condividere con tutti:

ma ci sono redazioni che ancora prediligono

se siete già esperti addetti stampa saltate pure

il fax (in questo caso, ovviamente, è del tutto

questo paragrafo!

inutile mandare il pieghevole o le foto, che si

1) Scegliete una persona che si occuperà dei

possono eventualmente consegnare a mano,

rapporti con la stampa (è preferibile, anche

se la redazione è nella vostra zona).

se non necessario, che abbia già una qualche

Naturalmente queste tempistiche valgono in

esperienza al riguardo). Il responsabile di ogni

generale, ma possono cambiare a seconda

piazza fornirà il nome e i contatti (email e cel-

della disponibilità delle diverse redazioni: se

lulare) della persona scelta ai referenti della

possono dare spazio alla campagna già nella

comunicazione della campagna presso il Di-

settimana precedente tanto meglio, ma l’im-

partimento della Protezione Civile e Anpas.

portante è che lo facciano nei giorni a ridosso.

2) Mappate le testate e le redazioni locali e quelle di settore: può essere utile creare per

Il nostro obiettivo, infatti, è far sì che le

ciascun comune un elenco di tv, radio, quo-

persone sappiano della campagna e ven-

tidiani e siti web, completo di nomi, telefoni

gano al gazebo: quello che ci interessa,

(quando è possibile) ed email di giornalisti e

quindi, è che la notizia passi soprattutto

redazioni. A questo scopo, occorre procurar-

da venerdì fino a domenica a ora di pranzo

si sempre almeno un numero della testata e

(se poi esce una notizia domenica sera o

leggere/ascoltare qualche servizio sul web,

lunedì ovviamente ci fa piacere, ma non

per individuare quali giornalisti si occupano

porta persone in più al gazebo).

di protezione civile, di volontariato o di rischio

Tenete conto dei tempi: il comunicato

PROMUOVERE UNA CAMPAGNA NAZIONALE A PARTIRE DAL PROPRIO TERRITORIO: CONSIGLI PRATICI ED ERRORI DA EVITARE

stampa andrebbe inviato circa un mese

La forza della campagna Io non rischio sta

prima alle testate mensili, 15 giorni prima

nella capacità di lavorare assieme (tra volon-

ai settimanali, un paio di giorni prima a tv,

tari e volontarie provenienti da diverse orga-

radio, quotidiani e siti web

nizzazioni, tra ricercatori provenienti da diversi

sismico.

centri di competenza tecnica e scientifica e, È sempre bene fare una telefonata prima, per

soprattutto, tra volontariato, comunità tecni-

avvisare e verificare di avere i contatti giusti, e

co-scientifica e Dipartimento della Protezione

magari una successivamente, per avere con-

Civile), con l’obiettivo di costruire un linguag-

30

PARTE SECONDA


gio comune per la diffusione della cultura di

• mappare blogger, profili Facebook, Twitter,

protezione civile. Per ottenere il risultato finale,

Flickr ecc. di singole persone o altre orga-

cioè una cittadinanza più sensibile e più infor-

nizzazioni, comitati o movimenti che po-

mata sui rischi con cui convive, pur rispettando

trebbero veicolare i contenuti e gli eventi

le specificità dei singoli territori, è necessario

legati alla campagna Io non rischio • stringere rapporti amichevoli con gli uffi-

che la catena di informazioni sia ben coordina-

ci stampa di altre associazioni e istituzioni

ta e coerente con i messaggi della campagna.

locali che sono in contatto con la nostra Quando sono previsti più gazebo, soprat-

associazione (anche in questo caso crea-

tutto se gestiti da organizzazioni diverse,

re un elenco è la soluzione più pratica per

è fondamentale raccordarsi nella comuni-

non dimenticarsi di nessuno)

cazione, per consentire alla stampa loca-

• aggiornare periodicamente ogni elenco e

le di dare notizia delle piazze della cam-

ogni contatto: i siti e i giornali chiudono ma

pagna Io non rischio in modo corretto (un

soprattutto ne nascono di nuovi ogni giorno

conto è ricevere tre comunicati diversi,

• realizzare un file standard per l’impagi-

ciascuno per un singolo gazebo, un altro

nazione della rassegna stampa: basta un

un comunicato stampa condiviso che in-

file Word o PowerPoint in cui inserire una

dica la presenza di più gazebo nello stes-

casella di testo con: data, titolo testata e

so posto).

numero di pagina (o link, se si tratta di una testata online). Così ogni volta che

Di seguito vengono illustrati alcuni consigli

viene pubblicato qualcosa di nuovo ba-

pratici (e qualche cosa da evitare) per lavo-

sterà un semplice copia incolla per tene-

rare assieme in modo strutturato e creare un

re tutto in ordine.

piccolo ufficio stampa comune a tutte le associazioni, che dovrà lavorare in rete al fine di

5 cose da non fare, per evitare

rendere più efficace la campagna:

di creare confusione in chi rice-

• creare un archivio di immagini adatte a es-

ve le nostre informazioni:

sere inviate insieme ad articoli e comunicati,

• non modificare il logo della campagna

con fotografie dei volontari che distribuisco-

• non modificare l’immagine e i colori della campagna

no materiale e immagini della campagna

• non modificare i loghi di nessuno degli

• fissare un calendario (con le scadenze per

enti che partecipano alla campagna

gli invii) delle attività che la persona incaricata di avere i rapporti con la stampa deve

• non modificare i contenuti della campagna

fare in parallelo con la comunicazione che,

• non utilizzare per i gazebo materiali

il Dipartimento della Protezione Civile e An-

vecchi o relativi a iniziative diverse da Io

pas metteranno in atto a livello nazionale

non rischio

31

PARTE SECONDA


E poi… Per ogni dubbio, idea, proposte ri-

chiedere sempre maggiori informazioni ai re-

guardanti la comunicazione della campagna,

ferenti, a livello nazionale, della campagna.

L’IMPORTANZA DELLE FONTI DI INFORMAZIONE Dare informazioni corrette, ossia dire cose vere:

Quattro consigli:

è questo l’obiettivo principale della campagna

• siate pertinenti in base all’obiettivo del discorso

Io non rischio. La qualità delle informazioni che

• chiarezza: evitate espressioni oscure, ambigue o

questa campagna esprime passa direttamente dai

troppo complicate

ricercatori scientifici, che mettono a disposizione le

• veridicità: fornite solo informazioni validate

informazioni più corrette attualmente disponibili.

• quantità: fornite tanta informazione quanto

L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, la

richiesta in relazione all’obiettivo del discorso, né

rete degli ingegneri sismici ReLUIS e il Dipartimento

più né meno.

della Protezione civile sono fonti autorevoli che

Anche in momenti diversi, che non riguardano

forniscono informazioni elaborate e verificate

direttamente la campagna Io non rischio, per

con metodo scientifico, riconosciute a livello

avere informazioni corrette sui rischi naturali,

internazionale. La veridicità delle informazioni che

su cui spesso circolano notizie superficiali o

verranno condivise in piazza, su internet, sui social

sensazionalistiche, vi consigliamo di fare sempre

network riguardanti la campagna proviene, quindi,

riferimento direttamente agli enti ufficiali e

direttamente dagli enti che hanno elaborato la

scientifici, seguendo e consultando i relativi siti

campagna.

web, canali Twitter ecc.

SOCIAL NETWORK

• Facebook

Se i media locali ci consentono di far circola-

re la notizia tra i nostri concittadini, un altro

• Twitter

canale importante per attivare il passaparola

è rappresentato dai social network: è probabi-

(https://www.facebook.com/iononrischio) (rispettivamente con il profilo @iononrischio e l’hashtag, ossia l’etichetta #iononrischio)

le che nella vostra associazione o nel gruppo

• Instagram

abbiate già esperienza nell’uso di questi stru-

menti, quindi ci limitiamo a poche e semplici

Tre social network per condividere, parteci-

indicazioni per ottimizzare i risultati. Sono tre

pare e raccontare i contenuti, le fasi di pre-

i social network scelti per la diffusione della

parazione alla campagna, l’allestimento delle

campagna di comunicazione Io non rischio:

piazze, le giornate della campagna. Ma anche

(#iononrischio).

32

PARTE SECONDA


per dare un seguito alla campagna su internet

In generale, non collegare Fa-

con la diffusione delle buone pratiche e i com-

cebook, Instagram e Twitter

portamenti da adottare riportati nei materiali

per gli aggiornamenti di stato:

Io non rischio.

ogni strumento ha il suo linguaggio ed è

Una prospettiva, anche al di là della campa-

bene aggiornarli in parallelo.

gna iononrischio è quella rappresentata dallo

Per consentire di aggregare tutti i vostri

storytelling partecipativo, ovvero la pubblica-

contributi, è fondamentale la parola chia-

zione di contenuti sotto forma di storia: rac-

ve con cui etichettare ogni post, ogni foto e

contate le storie delle persone, dei volontari, le

ogni video: #iononrischio.

vostre storie in modo spontaneo, senza bisoFacebook

gno di mantenere un linguaggio istituzionale. Quando lo storytelling è efficace produce due risultati immediati: coinvolge, creando engagement (impegno, coinvolgimento), e produce cambiamento.

CURA, QUALITÀ, PIANIFICAZIONE Fondamentale importanza, nella condivisione di informazioni, è la cura di ciò che viene raccontato: fondamentale è quindi personalizzare e contestualizzare la comunicazione per il pubblico di riferimento che aiuti a capire il valore e l’utilità di quella informazione.

Cosa fare:

La gestione dei social network da parte di

• cosa postare: frasi brevi, belle foto e im-

un’organizzazione non profit non dovrebbe es-

magini o disegni, ma anche brevi video

sere casuale, ma regolarmente programmata

(promo della campagna). Differenzia il

e calendarizzata.

contenuto (foto, testo, video)

Con la pagina di Facebook, per esempio, pos-

• descrivi sempre foto, video o link che

siamo attivare la pubblicazione programmata

posti: scrivi dove, quando, le emozioni

dei post e la pubblicazione delle fotografie in

che ti hanno spinto a condividere proprio

orari precisi della giornata. È la qualità e la

quel contenuto

pianificazione delle informazioni e del raccon-

• interagisci con altre pagine e coinvolgi

to che fate che ne determina il successo e la

tutta l’associazione. Non cancellare «er-

condivisione.

rori» segnalati, ma correggi e ringrazia

33

PARTE SECONDA


• non usare impropriamente gli «eventi»

mentre è consigliabile evitare le cosiddette

• non inserire la campagna in gruppi di di-

“foto di famiglia”: gli scatti di gruppo pos-

scussione che non sono interessati alla

sono certamente essere un bel ricordo, ma

campagna

non raccontano nulla ai cittadini. Quando si scatta una foto si deve pensare che fa par-

• non taggare amici in foto o immagini in

te di una storia. L’ideale è realizzare un pic-

cui non compaiono.

colo reportage: dall’allestimento dello stand Twitter

all’incontro con i cittadini, la consegna dei materiali, l’illustrazione del Totem e così via. Insomma, un percorso con immagini che racconti e valorizzi il lavoro svolto insieme da volontari e cittadini • georeferenzia la foto con il tasto “Aggiungi alla mappa foto”. Descrivila con un piccolo testo comprensibile a chi non conosce le realtà dove opera la tua associazione e poi aggiungi il tag #iononrischio per indicizzare il tuo contenuto • condividi e commenta le foto scattate da altri con il tag #iononrischio.

Hai 140 caratteri, più la georeferenziazione, per raccontare ciò che stai facendo. Ricorda sempre di inserire il tag #iononrischio. Puoi inserire anche immagini e video. Instagram Puoi condividere fotografie della vostra attività georeferenziandole (ricorda sempre di inserire #iononrischio). Cosa fare: • scatta la foto (evitando di inquadrare volti di bambini, volontari che fumano o che mangiano o bevono). In generale, è meglio privilegiare le foto d’insieme di carattere operativo, ovvero che raccontino l’attività svolta,

34

PARTE SECONDA


STORYTELLING: UNA NARRAZIONE PER ENTRARE IN AZIONE a cura di Riccardo Rita Qualche tempo fa mi trovavo a un convegno

rava ogni giorno da vent’anni. È inutile che vi

organizzato dal Ministero dei Beni Culturali.

dica che, come si scoprì solo in seguito, men-

Si discuteva delle strategie di comunicazione

tre noi discutevamo, l’entrata del museo si tro-

da adottare per far conoscere meglio ai citta-

vava esattamente dove si era sempre trovata,

dini la ricchezza del nostro patrimonio storico

anche negli ultimi vent’anni: ovvero alle spalle

e culturale. Dopo una serie di interventi molto

del parcheggiatore”.

tecnici (e altrettanto noiosi) basati su statistiche, percentuali e presentazioni in Power-

Questa storia non solo aveva catturato l’at-

Point che riportavano una serie di dati e nu-

tenzione di noi tutti, facendoci fare anche

meri impilati gli uni sugli altri, prese la parola

qualche sorriso, ma conteneva più sostan-

un dirigente di un certo progetto per la valoriz-

za di tutti quegli interminabili grafici stra-

zazione dei poli museali d’eccellenza.

colmi di dati e numeri.

“Eravamo andati in missione a Palermo per

Con una narrazione basata sulla propria

un sopralluogo al Museo Antonio Salinas”,

esperienza personale, quel dirigente ave-

attaccò il dirigente. “Il Salinas – continuò – è

va messo a nudo il problema: buona par-

tra i più importanti poli archeologici del no-

te del patrimonio culturale e artistico del

stro Paese e possiede, oltre a numerose testi-

nostro paese è pressoché sconosciuto alle

monianze della storia siciliana, una delle più

persone, perfino a quelle che ci lavorano

ricche collezioni d’arte punica e greca d’Ita-

davanti da vent’anni. E questa informazio-

lia. Viaggiando in automobile, cercavamo di

ne, a differenza dei precedenti interventi,

destreggiarci tra le vie del centro cercando di

c’era giunta attraverso un’emozione, non

intuire le indicazioni di un navigatore satelli-

attraverso un’analisi. Avevamo appena as-

tare che perdeva continuamente la connes-

sistito a un esempio di storytelling. La cui

sione. Arrivati a uno spiazzo, dopo aver fatto

peculiarità è proprio quella di far passa-

tre o quattro giri dello stesso isolato senza ri-

re le informazioni attraverso un processo

uscire a raccapezzarci, ci siamo accostati per

emozionale.

chiedere informazioni a un parcheggiatore abusivo che si riparava dal sole in un ango-

DA DOVE VIENE

lo ombreggiato della via. Gli chiedemmo se

Il termine storytelling si può tradurre con “l’ar-

cortesemente poteva indicarci la strada per il

te di raccontare una storia” e individua una

Museo Salinas. L’uomo alzò le spalle e ci ri-

disciplina che, applicata al mondo della co-

spose che non l’aveva mai sentito nemmeno

municazione, è stata sviluppata soprattutto

nominare. Alla nostra insistenza cominciò a

negli Stati Uniti ed è arrivata in Europa princi-

scuotere la testa. Disse che sicuramente da

palmente attraverso le tecniche adoperate nel

quelle parti non c’era nessun museo, perché

marketing, nella politica e nel mondo del bu-

lui a Palermo c’era nato e in quella via ci lavo-

siness. Il motivo è semplice: ci si è accorti che

35

PARTE SECONDA


le storie sono un potente mezzo per influenza-

Perciò, a livello evolutivo, gli individui più ca-

re le persone. Nella nostra lingua, influenzare

paci di raccontare e ascoltare hanno avuto un

qualcuno di solito significa condizionarlo, per-

“aiuto” e, tendenzialmente, si sono riprodotti

tanto tendiamo ad assegnare a questo termi-

di più. Ecco perché noi siamo tanto sensibi-

ne un’accezione negativa. In inglese invece il

li alle narrazioni: ce l’abbiamo nel sangue.

verbo to influence significa soprattutto influire,

Raccontare storie serve a condividere espe-

affascinare, lasciare il segno. E in un mondo

rienze, in modo che non sia necessario vivere

in cui è sempre più difficile catturare l’atten-

in prima persona una situazione pericolosa

zione delle persone e coinvolgerle in un reale

per conoscere il modo corretto di agire per

processo di condivisione, riuscire a lasciare il

cavarsela. In questo senso, la narrazione ha

segno diventa sempre più essenziale.

rappresentato – e continua a rappresentare – un potente vantaggio evolutivo.

CHE COS’È Lo storytelling definisce alcune regole base per

LA DIFFERENZA TRA STORYTELLING E INFORMAZIONE

comunicare in un modo che, oltre a essere

Se raccontare storie serve a condividere espe-

chiaro, sia anche coinvolgente, e queste rego-

rienze e avvenimenti utili, che differenza pas-

le non le inventa, ma le va a pescare pari pari

sa tra fare informazione e fare storytelling? Ri-

dall’antica arte di raccontare storie. La narra-

sposta: la stessa differenza che passava tra le

zione ha origini ancestrali: ci ha accompagnato

presentazioni di interminabili elenchi numerici

per decine di millenni nel corso di tutta la no-

e la storia raccontata dal dirigente al conve-

stra evoluzione. Immaginate i nostri progenitori

gno sui Beni Culturali. Ed è una differenza di

preistorici al ritorno da una battuta di caccia,

modalità. Tra le due modalità esiste una con-

mentre, radunata la tribù attorno al fuoco in cui

nessione: sia i dati (informazione) sia la sto-

arrostiscono succose bisteccone di mammuth,

ria (narrazione) raccontano la stessa cosa e,

raccontano a tutti i momenti cruciali dello scon-

stranamente, ciascuna può essere vista come

tro con la gigantesca creatura e di come un

approfondimento e complemento dell’altra.

loro compagno, a causa di un comportamento avventato, sia finito schiacciato sotto le zampe

Ma attraverso una storia possiamo far pas-

di quel primordiale pachiderma. Ebbene, tra i

sare l’essenza dell’informazione, facendo

giovani della tribù ci sarà stato chi ascoltava il

in modo che attraverso l’impatto emozio-

loro racconto con estrema attenzione e chi in-

nale proprio dello storytelling questa in-

vece si distraeva occupandosi d’altro. Ma solo

formazione essenziale possa fissarsi nella

chi era capace di ascoltare, una volta adulto,

mente e nell’animo dei nostri interlocuto-

trovandosi nella stessa situazione, avrebbe

ri. Gli studiosi delle tecniche narrative de-

avuto le informazioni necessarie per evitare di

finiscono questa essenza dell’informazio-

commettere le stesse avventatezze.

ne come concept, ovvero concetto.

36

PARTE SECONDA


Vale la pena di fare un esempio per chiarire la

ascoltare fa parte di noi, e quando qualcuno

cosa. Immaginiamo di avere il compito di tra-

si pone nei nostri confronti in modalità nar-

smettere una determinata informazione a dei

rativa ci predisponiamo quasi sempre con

bambini a scopo educativo.

un grande e istintivo interesse. E dopo che la

L’informazione consiste in una regola com-

persona in questione ci ha raccontato la sua

portamentale molto semplice: “Non bisogna

storia, avvertiamo con lei un legame, come

scherzare troppo”. Se ci limitassimo alla cru-

se averla ascoltata, in qualche modo, ci ren-

da informazione, non tutti i bambini potrebbe-

desse co-protagonisti di quella particolare vi-

ro comprenderne le implicazioni e le ricadute

cenda (fenomeno spiegato scientificamente

che un comportamento contrario a quell’indi-

con la scoperta dei neuroni-specchio). Avere

cazione potrebbe avere su di loro. Possiamo

una modalità narrativa consente di utilizzare

in questo caso servirci di una storia. Lo scher-

questa naturale predisposizione delle persone

zo del pastore di Esopo, per esempio, in cui si

(predisposizione non altrettanto diffusa se la

mostra come un pastorello che per due volte

modalità è semplicemente informativa).

grida “Al lupo! Al lupo!” solo per scherzo, alla davvero, non viene creduto. Con questa storia

COME UTILIZZARE LA MODALITÀ NARRATIVA DELLE TECNICHE DI STORYTELLING

i bambini afferrano al volo il concetto, con tut-

Come abbiamo visto, tutti raccontiamo co-

te le sue implicazioni.

stantemente episodi, aneddoti, storie, espe-

terza, quando sfortunatamente il lupo arriva

rienze. Quindi ciascuno di noi possiede, sen-

QUANDO USARLO

za magari esserne consapevole, delle doti da

Ogni volta che desideriamo stabilire un canale

storyteller. Un po’ come succede con la mu-

di comunicazione con una o più persone. Lo

sica: non serve conoscere l’armonia musicale

storytelling, più che essere un insieme di tec-

per fischiettare sotto la doccia, come non ci

niche, è una modalità attraverso cui stabilire

occorre conoscere il nome di una nota o la to-

una relazione con gli individui cui ci rivolgia-

nalità di una composizione per accorgerci di

mo. Questa relazione si crea grazie a una spe-

una stonatura. Allo stesso modo ciascuno di

cifica comunanza: come abbiamo visto, ogni

noi sa riconoscere una storia raccontata bene

essere umano possiede nel proprio bagaglio

o un messaggio comunicato efficacemente

culturale (e probabilmente anche genetico) il

senza dover essere per forza un narratologo

retaggio dei millenni passati ad ascoltare sto-

o un copywriter pubblicitario. In modo anco-

rie attorno al fuoco.

ra più preciso riusciamo a capire quando il

Ognuno di noi racconta storie, costantemen-

nostro interlocutore non è sincero, non è egli

te, da quando è nato. Il giorno ai colleghi, la

stesso interessato o non crede nel messaggio

sera agli amici o alla famiglia, raccontan-

che vuole trasmetterci. Questa informazione

do com’è andata la giornata. Raccontare e

passa attraverso una serie di indicatori che,

37

PARTE SECONDA


presi a uno a uno, hanno a che fare con la

coinvolgere e ingaggiare nel processo, mas-

postura, col tono di voce, con lo sguardo, con

simizzando la possibilità che diventi in segui-

i gesti e i micromovimenti dei muscoli faccia-

to egli stesso parte attiva nella diffusione del

li; ma se li prendiamo nel loro insieme, qui ci

messaggio.

basta sottolineare che hanno a che fare con la

MAI SPINGERE, MA SEMPRE ATTIRARE

mancanza di autenticità.

AUTENTICITÀ

Tutte le modalità che tendono a esercitare

La prima regola da rispettare è essere sempre

una forma di pressione sulle persone ven-

autentici. Questo accade quando siamo con-

gono percepite come sgradevoli.

vinti e sicuri di quello che stiamo comunicando e quando le motivazioni che ci spingono a

Al contrario, le modalità che tendono ad atti-

farlo risiedono nel desiderio sincero di essere

rare gradualmente l’attenzione delle persone

utili, nel rispetto della libertà dell’interlocuto-

sono percepite come piacevoli. Le scuole di

re (che ha sempre il diritto di non ascoltarci).

business management e comunicazione d’im-

Ciò si traduce in un desiderio di stabilire un

presa distinguono tra push-strategies e pull-

canale comunicativo biunivoco che consenta,

strategies. Le prime tendono a obbligare le

all’interlocutore, di interagire con chi comuni-

persone all’interno di un processo prestabilito;

ca. Inoltre, non si deve mai tentare di nascon-

le seconde mirano a farle aderire spontanea-

dere eventuali zone d’ombra dell’informazio-

mente a un processo che sia il più possibile

ne: sarebbe percepito come manipolatorio.

condiviso. In un processo comunicativo queste strategie si incarnano in un mero trasfe-

RECIPROCITÀ

rimento delle informazioni (push-strategy) o

Come abbiamo visto, l’approccio narrativo alla

vivecersa nell’instaurazione di una relazione,

comunicazione mira a stabilire una relazione

anche umana, capace di invogliare l’interlocu-

tra chi parla e chi ascolta. Questa relazione

tore a saperne di più o perfino a impegnarsi in

deve essere basata sull’etica della reciproci-

prima persona (pull-strategy).

tà: se il nostro interlocutore decide di donarci

FIDUCIA

parte del suo tempo, noi dobbiamo fare altrettanto, restando pienamente concentrati su di lui per il tempo necessario. Basta distogliere

Quando ci si pone nei confronti di qual-

l’attenzione un attimo dal nostro interlocutore

cuno in modo autentico, dedicandogli la

per spezzare questo implicito patto di reci-

nostra più attiva e presente attenzione at-

procità. Se il comunicatore si appassiona alla

traverso un processo basato su una pull-

costruzione della relazione comunicativa con

strategy, di fatto si crea con lui un rap-

l’interlocutore, quest’ultimo tenderà a lasciarsi

porto di fiducia. Ciò che va assolutamente

38

PARTE SECONDA


notato è che la fiducia non viene emanata

campagnolo, dal professore universitario al

dal comunicatore, ma dal che cosa e (so-

manovale con appena la licenza elementa-

prattutto) dal come egli lo comunica.

re. Accanto a me sedeva un agricoltore dalla lunga barba grigia che ostentava una spilletta

La modalità narrativa consente di illuminare

della NRA (National Rifle Association, L’asso-

le persone che ci ascoltano con la luce del-

ciazione dell’ultradestra americana pro armi

la fiducia. I più influenti esperti statunitensi di

da fuoco) infilata sul cappello. Quando sul

storytelling si spingono addirittura a definirla

palco un uomo afroamericano prese la parola,

faith, fede. È la luce emanata dalla storia (o

l’agricoltore si voltò verso la moglie sussurran-

più generalmente dal processo di comunica-

dole qualcosa con un tono irritato, qualcosa

zione narrativo) che si riverbera sull’oratore

che includeva la parola negro. Nella mia testa,

conferendogli un’aura di affidabilità. (Di nuo-

lo sfidai immediatamente a ripeterlo. Ma lui

vo, gli americani usano un termine più forte:

si limitò a incrociare le braccia cominciando

dicono che la modalità narrativa è capace di

a esaminare la struttura del tetto del tendone.

rendere trustworthy l’oratore agli occhi dell’a-

Lo storyteller afroamericano iniziò a raccon-

scoltatore. Trustworthy significa, sì, affidabile,

tare la storia di una notte trascorsa nel cuore

ma anche leale, attendibile, degno di fiducia).

più profondo dello stato del Mississippi. Erano

È importante comprendere questo punto. Si

gli anni sessanta. Lui e altri sei attivisti per i

potrebbe obiettare che, indipendentemente

diritti civili si erano accampati nel buio della

da quello che dicono, alcune persone vengo-

campagna e non riuscivano a non pensare ai

no istintivamente percepite come più o meno

rischi che avrebbero corso l’indomani, duran-

affidabili delle altre. Non mi soffermerò a ca-

te una dimostrazione contro la segregazione

villare sul fatto che qualsiasi percezione, an-

razziale. Raccontò di come fissavano il fuoco

che quella che talvolta definiamo “a pelle”, si

in silenzio e di come uno di loro a un tratto

fonda su dei precisi, per quanto sottili, proces-

incominciò a cantare e, con quel canto, ad

si comunicativi. Mi limiterò a sottolineare che

alleggerire il cuore di tutti. La sua storia era

la comune disposizione ad accordare fiducia

talmente reale che riuscivamo a percepire la

può dipendere da molti differenti fattori, al-

stessa paura e vedere la stessa luce scoppiet-

cuni dei quali attinenti a eventuali pregiudizi.

tante di quel fuoco da campo. D’un tratto ci

Ascoltate questa:

chiese di cantare insieme a lui. Lo facemmo.

“Nell’ottobre del 1992, circondata da altre

Quattrocento gole umane che vibravano all’u-

quattrocento persone, sedevo in un freddo

nisono sulle note di Swing Low, Sweet Chariot

tendone nei pressi di Jonesborough, nel Ten-

come un immenso organo a canne. Accanto a

nessee, aspettando di ascoltare il prossimo

me, anche l’agricoltore cantava. E vidi una la-

storyteller. Sotto quel tendone c’era una varia

crima che gli scendeva giù, lungo la guancia.

umanità: dal ricco al povero, dal cittadino al

Ero appena stata testimone della potenza di

39

PARTE SECONDA


una storia. Se un attivista afroamericano pote-

narrazione. Eppure, a ben vedere, è proprio

va riuscire a toccare il cuore di un agricoltore

quello che è. Già Sant’Agostino aveva intuito

ultraconservatore e razzista, bÈ, volevo impa-

che è solo nella memoria che un essere uma-

rare a riuscirci anch’io”.

no può trovare se stesso: quando ci riferiamo

A raccontare questa sua esperienza è stata

a noi stessi, in realtà ci riferiamo a ciò che di

Annette Simmons, che da quel giorno comin-

noi ricordiamo, e da quei ricordi stratificati

ciò a studiare assiduamente lo storytelling fino

nel tempo ricaviamo una narrazione coerente

a diventare uno dei massimi esperti mondiali

della nostra identità. Lo stesso, naturalmente,

della materia. Qualsiasi altra modalità comu-

facciamo con gli altri.

nicativa molto probabilmente non sarebbe ri-

Perciò:

uscita ad attirare dapprima l’attenzione e infine stabilire un reale contatto tra due realtà

• ogni nostra azione, l’azione di

umane tanto diverse. L’agricoltore, a causa

chiunque altro e qualsiasi avve-

del suo retaggio culturale e sociale, sulle pri-

nimento, si manifestano all’in-

me non ha ritenuto degno di fiducia l’oratore

terno di un processo narrativo • non esiste la non-comunicazione. Non

afroamericano.

comunicare è un modo di comunicare Ma la modalità narrativa è uno strumen-

(pensate a quando evitiamo qualcuno

to potente: riesce a compiere il miracolo

dopo un litigio). Ugualmente, non esiste

dell’immedesimazione.

la non-narrazione: se non raccontiamo una storia, il nostro interlocutore se ne racconterà una autonomamente

Nessuno di solito si immedesima in un grafico, in una tabella o in una bella frase. Ma tut-

• quando interagiamo con il prossimo as-

ti possiamo identificarci con i protagonisti di

sumiamo istintivamente una differente

una storia.

modalità espressiva: lo storytelling è l’arte di rendere consapevole questo pro-

QUALCHE RIFLESSIONE E UN PAIO DI SUGGERIMENTI

cesso e di affinarlo, massimizzandone

L’uso dello storytelling, alla fine di questa

l’efficacia

breve presentazione, dovrebbe risultare ab-

• prepariamoci al gesto di comunicare,

bastanza chiaro in tutte quelle occasioni in

riflettiamoci sopra. Se dobbiamo comu-

cui ci capiterà di salire su un palco, ma pro-

nicare qualcosa inerente a un argomen-

babilmente assai più fumoso in tutte le altre

to specifico, non basta documentarsi e

situazioni. Questo accade perché non siamo

imparare a memoria la lezione. Soffer-

abituati a pensare a noi stessi come anima-

miamoci a ragionare sul cuore dell’argo-

li narranti. Ma soprattutto non siamo abituati

mento. Cerchiamo di ricordare se abbia-

a pensare alla nostra stessa vita come a una

mo mai avuto, nel corso della vita, una

40

PARTE SECONDA


qualche esperienza diretta al riguardo,

E se non lo sappiamo spiegare, facciamoci

qualcosa che possa essere trasmesso,

aiutare da chi sa farlo. Le persone si senti-

all’occorrenza

ranno rispettate nella propria autonoma capacità di giudizio.

• se abbiamo il compito di fornire informazioni utili su un determinato argomento, confrontiamoci dapprima, in modo di-

CONCLUSIONI

retto, con il maggior numero di persone

Se non esistesse un sostanziale equivoco alla

possibili. Discutiamone con calma e at-

base di ciò che di solito consideriamo co-

tenzione, cercando di individuare i punti

municazione, forse non avremmo nemmeno

di forza e di debolezza di quello stesso

bisogno della parola storytelling. Gli uffici di

confronto. Ci torneranno utili sul campo

comunicazione di imprese e istituzioni trop-

• interroghiamoci sempre così: “Riguardo

po spesso si limitano a emettere comunicati

a questo, io cosa vorrei sapere?”. Di solito

stampa, manifesti o pagine web informative,

alle persone serve sapere quello che oc-

come se la comunicazione fosse un processo

corre anche a noi. Oppure: “Detta così, se

unidirezionale che va dall’alto verso il basso

non ne sapessi nulla, io la capirei?”

invece di un gesto di comunione bidireziona-

• quando l’interlocutore ci interrompe, non

le. Siamo abituati a dire, piuttosto che a co-

interrompiamolo a nostra volta. Ascoltia-

municare. Non è un caso che il motto di un

mo a cosa vuole arrivare anche quando

grande narratore come Ernest Hemingway

dovesse sembrarci inutile o prevedibile.

fosse: “Show, don’t tell”, Mostralo, non dirlo.

Se vogliamo avere tempo, dobbiamo dare

La modalità narrativa serve appunto a mostra-

tempo

re, e contribuisce a instaurare un vero canale

• mai nascondere i propri punti deboli,

di comunicazione. Comunicare significa lette-

come la timidezza o l’insicurezza su alcu-

ralmente mettere in comune, rendere parte-

ni argomenti (nessuno può sapere tutto):

cipi, e nessuno (ovviamente) è partecipe se

sono un potente strumento d’immedesi-

non partecipa, né può essere obbligato a sen-

mazione per chi ascolta

tirsi tale quando non lo è (come accade nelle

• non proviamo mai a nascondere parte

push-strategies). L’uso delle modalità narrative

dell’informazione. La gente capisce al

dello storytelling (pull-strategies) mettono in

volo quando qualcuno tenta di manipo-

moto un meccanismo naturale di condivisione

larla. Se ci sono zone d’ombra, insicurez-

e partecipazione. Siamo stati geneticamente e

ze implicite nel messaggio o episodi del

culturalmente selezionati per fornire e acqui-

passato che contraddicono il messaggio

sire informazioni attraverso racconti e narra-

stesso, affrontiamoli. Spieghiamo perché,

zioni. E scegliere di non tenerne conto signi-

nonostante quelle zone d’ombra, noi pro-

ficherebbe, semplicemente, scegliere di non

poniamo quel messaggio.

comunicare.

41

PARTE SECONDA


COMUNICARE CON UN GIOCO. TOTEM IO NON RISCHIO a cura di Delia Modonesi e Flaminia Brasini Il totem è una installazione che fa parte

locandolo insieme agli altri sulla linea del tempo.

solo dell’allestimento della campagna Io

Il volontario, mostrando al visitatore la mappa

non rischio-Terremoto.

delle massime intensità osservate in Italia, fa quindi la domanda: vivendo in questa zona che

Il totem è composto da scatoloni sovrapposti,

tipo di evento sismico possiamo aspettarci? Ora

colorati e illustrati, e contiene piccole proposte

che hai visto la storia sismica del tuo territorio,

di interazione per facilitare la comunicazione

e gli effetti che ha avuto in passato, pensi che

tra volontari e cittadini.

abbia un qualche significato per il futuro?

Si compone di quattro facce, ognuna dedicata

Come si presenta: la prima interazione con-

a un’interazione su un aspetto del rischio.

siste in una linea temporale: un filo teso che parte da uno spigolo del gazebo lo segue per

INTERAZIONE 1: LA LINEA DEL TEMPO

due lati e infine si aggancia al totem. Come si

Come si presenta: la prima interazione con-

usa: il volontario invita il visitatore a percorre-

siste in una linea temporale: un filo teso che

re la linea del tempo dal passato ad oggi e a

parte da uno spigolo del gazebo lo segue per

guardare le tracce che il terremoto ha lasciato

due lati e infine si aggancia al totem.

sul territorio. Il volontario, mostrando al visita-

Lungo il filo, appesi con mollette, ci sono im-

tore la mappa delle massime intensità osser-

magini e documenti riferibili a eventi sismici

vate in Italia, fa quindi la domanda: vivendo

locali, collocati in ordine cronologico dal più

in questa zona che tipo di evento sismico pos-

lontano al più vicino. Si tratta di segnali della

siamo aspettarci? Ora che hai visto la storia

presenza del terremoto nella storia del luogo.

sismica del tuo territorio, e gli effetti che ha

Come si usa: il volontario invita il visitatore a

avuto in passato, pensi che abbia un qualche

percorrere la linea del tempo dal passato ad

significato per il futuro?

oggi e a guardare le tracce che il terremoto ha lasciato sul territorio.

INTERAZIONE 2: RISCHIO E RESPONSABILITÀ

Finito il percorso il volontario può porre alcune

Tema/contenuto: scoperta la storia e la si-

domande per discutere: cosa si capisce dai

smicità del territorio, indaghiamo i diversi at-

documenti? Cos’è successo in questo territo-

teggiamenti che le persone possono avere di

rio? Che conseguenze ci sono state nella città,

fronte al rischio sismico: dal fatalismo alle più

sugli edifici, alle persone?

estreme ipotesi di controllo. La domanda di

Le cose viste potrebbero suscitare ricordi, sti-

fondo è: “Cosa ci posso fare io?”.

molare le conoscenze dei visitatori e provocare

Come si presenta: al centro della facciata è

emozioni (di stupore, preoccupazione, ecc): in

presente una illustrazione con una coppia di

questo caso il volontario li inviterà a lasciare le

persone e dei palazzi in una zona sismica. Le

loro tracce, appuntandole su un foglietto e col-

figure “pensano”: cosa posso fare io? Intorno

42

PARTE SECONDA


ci sono alcune piccole scene che rappresenta-

Come si presenta: come un quadernone ad

no diversi atteggiamenti che si possono avere

anelli agganciato ad una faccia del totem. Sol-

di fronte alla situazione di rischio. Ogni scena

levando la copertina il visitatore trova un gio-

è incollata su una “finestrella” che si può solle-

co illustrato, una immagine in cui individuare

vare: al di sotto c’è una immagine che rappre-

elementi di arredamento su cui è possibile

senta la conseguenza dell’atteggiamento scelto

intervenire per aumentare la sicurezza della

sulla incolumità delle persone e delle strutture.

propria casa.

Come si usa: il volontario chiede ai visitatori di

Come si usa: il visitatore può tranquillamente

leggere l’immagine: cosa rappresenta? Si par-

giocare da solo e rendersi conto, aguzzando

la e si condivide la comprensione della situa-

vista e ingegno, di quali sono le modifiche

zione di partenza.

possibili per rendere sicuro l’arredamento del-

Il volontario mostra quindi le immagini che

la propria casa. La presenza del volontario è di

rappresentano le diverse possibilità di scelta.

verifica e stimolo delle scoperte. Analizzando i

Ogni visitatore indicherà la scena che meglio

diversi elementi il volontario spingerà i visita-

rappresenta il suo atteggiamento. Potrà deci-

tori a riflettere sulla situazione reale delle loro

dere di informarsi, di riparare la sua casa, di

diverse case.

fidarsi delle previsioni, di affidarsi alla fortuna,

Questa facciata del totem è la resa ludica e tri-

di non fare nulla, di scappare…

dimensionale delle indicazioni del pieghevole.

Sollevando la finestrella della soluzione scelta si troverà un’immagine che faccia riflettere

INTERAZIONE 4: SE ARRIVA UN TERREMOTO...

sulle conseguenze della scelta fatta.

Tema/contenuto: la quarta faccia del totem

Il gioco è uno stimolo alla riflessione e non un giu-

riguarda i comportamenti corretti durante e

dizio sui modi di sentire e comportarsi. Il visitatore

dopo un terremoto.

si confronterà quindi da solo con le conseguenze

Come si presenta: sulla faccia del totem sono

delle sue scelte. Il volontario, se richiesto, potrà

rappresentati un ambiente casalingo e un am-

esplicitare meglio il significato di ogni figura.

biente esterno. Sulle figure sono poste diverse

L’idea su cui si basa questa proposta è che al-

finestrelle da sollevare per trovare indicazioni di

cune scelte ci mettono in sicurezza (informarsi,

luoghi e azioni corrette e segnali di pericolo. Si

ristrutturare casa ecc.), altre non ci danno ga-

tratta di un gioco per indovinare quali sono i po-

ranzie. Obiettivo dell’interazione non è dare un

sti sicuri e quelli pericolosi durante un terremo-

giudizio alle persone, ma renderle consapevoli

to. A seconda della scelta fatta c’è una risposta.

del loro spontaneo atteggiamento verso il rischio.

Come si usa: viene chiesto al visitatore di scegliere in caso di terremoto dove andrebbe a

INTERAZIONE 3: DA SOLO, FIN DA SUBITO

ripararsi e cosa crede che possa succedere

Tema/contenuto: la terza faccia del totem par-

nell’ambiente in cui si trova.

la di cosa ognuno può fare fin da subito.

Il gioco si spiega da solo e non ha bisogno

43

PARTE SECONDA


di grosso intervento da parte del volontario.

Come si presenta: la quarta faccia del cubo

Questo deve essere presente a commentare

presenta una frattura che la attraversa da

eventualmente le varie scelte fatte, ma il vi-

cima a fondo.

sitatore deve essere lasciato libero di esplo-

Come si usa: il volontario chiede ad ogni visi-

rare il più possibile gli amibenti e scoprire

tatore di disegnare il profilo di una sua mano

cosa ci può far stare sicuri e cosa ci mette

su un foglietto colorato e di lasciare una sua

in pericolo.

traccia: un messaggio, un consiglio, un desiderio… Ognuno può poi incollare la sua mano

INTERAZIONE 5: FUTURO E COMUNITÀ

lungo la frattura, come a chiuderla: alla fine

Tema/contenuto: il quarto lato del totem par-

della manifestazione al posto di un territorio

la di cura del proprio territorio, collaborazio-

“spaccato” avremo un territorio tenuto insie-

ne e futuro.

me dal contributo di tutti.

44

PARTE SECONDA


FARE FORMAZIONE: 10 PASSI PER AIUTARE AD APPRENDERE a cura di Angela Spinelli Questo capitolo è rivolto solo

perché è solo attraverso l’uso delle parole che

ai volontari formatori

riusciamo ad esprimere concetti e pensieri; senza la parola, quasi, è assente il pensiero. Il primo oggetto di condivisione della comuni-

PASSO NUMERO 1: CONDIVIDERE IL CODICE

cazione formativa è perciò il codice (le parole): l’effettiva comprensione di un messaggio dipende strettamente dalla condivisione dei significati, chi parla e chi ascolta deve condividere almeno in parte il significato delle parole che usa (dunque, per il linguaggio specialistico è bene fornire spiegazioni e definizioni). La costruzione di un codice condiviso è perciò un obiettivo formativo esso stesso e, come detto, deve tendere al rialzo: cioè ad innalzare le conoscenze e le competenze dei partecipanti (quando escono dalla nostra

Comunicare per formare: non siamo in televi-

aula, devono “saperne di più”).

sione! La comunicazione è il fondamento del-

Ogni comunicazione, però, è costituita da di-

la didattica: non è possibile svolgere attività

versi codici oltre a quello linguistico: prossemi-

di formazione senza comunicazione.

co (gesti, occupazione dello spazio, gestione

Affinché la comunicazione sia formativa,

della distanza reciproca), gestuale, mimico,

però, è necessario che abbia alcune caratte-

tono, timbro e ritmo della voce. Pensate che, di

ristiche. Infatti, anche la televisione, la radio,

norma, un messaggio è percepito come segue

una chiacchiera al bar, la pubblicità sono

(Mehrabian, 1972):

comunicazione, eppure non sono (almeno

• movimenti del corpo e espressioni facciali

intenzionalmente) formative. Ecco dunque la

55%

prima caratteristica della comunicazione for-

• aspetto vocale (volume, tono, ritmo) 38%

mativa: è intenzionale e progettata.

• aspetti verbali (le parole)7%.

Inoltre, necessita di un “ritorno di informa-

PASSO NUMERO 2: PRESTARE ATTENZIONE A CIÒ CHE COMUNICHIAMO SENZA DIRLO

zione” (il feedback) che apra al dialogo: una comunicazione unidirezionale non è formativa perché per raggiungere tutti gli interlocutori senza necessità di interazione e domande, ha

Non solo codice (contenuto)

bisogno di utilizzare un linguaggio semplice e

Il passaggio dal linguaggio verbale a quello

spesso povero, mentre la formazione aspira

non verbale introduce due assunti (assiomi)

ad innalzare anche le competenze linguistiche

fondamentali della comunicazione:

45

PARTE SECONDA


trati sui contenuti che spesso tralasciamo gli elementi di relazione che, invece, sono la base che permette ai contenuti di essere compresi, condivisi, accettati e anche rinnovati! Dunque: la comunicazione è fatta di contenuto e relazione. Tra contenuto e stile di relazione deve esserci coerenza, diversamente si instaurano condizioni comunicative conflittuali o totalmente incomprensibili all’interlocutore.

PASSO NUMERO 3: COSTRUIRE LA RELAZIONE CON I PARTECIPANTI

• non si può non comunicare • la comunicazione è costituita da un elemento di contenuto e da uno di relazione

Dalla comunicazione come trasmissione alla

(Watzlawick, 1971). Il primo assioma ci dice che qualsiasi com-

comunicazione come relazione

portamento umano è comunicazione, anche

Non esiste alcun messaggio che passi dall’e-

il silenzio, il non voler comunicare o – para-

mittente al ricevente in una versione “ogget-

dossalmente – il sonno, purché ciò avvenga

tiva” perché le interpretazioni della comuni-

in interazione con un’altra persona.

cazione sono soggettive e legate alla persona

Il secondo assioma, invece, ci aiuta a fo-

e al suo contesto culturale, ai suoi valori, alle

calizzare l’attenzione sull’importanza del

esperienze e conoscenze pregresse. L’interpre-

“come” si dice, più che sul “cosa”, elemen-

tazione dipende da come la nuova conoscenza

to che – in genere – è principale nelle pre-

è elaborata all’interno della precedente. Sof-

occupazioni dei formatori e che è oggetto di

fermarsi sul livello di contenuto perciò è fon-

preparazione: siamo sempre molto concen-

damentale, ma non sufficiente perché è solo

Quando non spieghiamo il codice (nella vignetta: “tutti quei numeri”) non siamo chiari in merito ai contenuti e chi ci ascolta non capisce

46

PARTE SECONDA


la base di partenza per trasformare la comu-

Solo se l’interazione si trasforma in terreno di

nicazione come trasmissione di contenuti in

co-costruzione (costruire insieme) di signifi-

una comunicazione che sia anche relazionale

cati, senso e prospettive la comunicazione si

e formativa. Ciò appare evidente se si conside-

trasforma in relazione positiva. Un terreno im-

ra che la comunicazione si costruisce nell’in-

portante verso questo passo è la comprensio-

terazione, così come le identità individuali si

ne delle altrui motivazioni perché è in questo

costruiscono solo in relazione all’alterità.

spazio che risiedono le potenziali disponibilità

La comunicazione come relazione, perciò, si

al cambiamento. Non si tratta di esser “buoni”

sofferma sulla reciproca comprensione dei

o “comprensivi” nel senso deteriore del ter-

messaggi “profondi”: il non detto, il vissuto

mine, piuttosto di capire la storia e l’universo

personale, le reciproche percezioni, le aspet-

dell’altro per condividere un progetto che sia

tative, le motivazioni, i progetti personali.

di crescita.

Quando non capiamo il significato del non-detto dei messaggi verbali non riusciamo a costruire relazioni efficaci e chi comunica con noi si sente frustrato, incompreso, mal disposto a fare uno sforzo per apprendere qualcosa (ricorda che: apprendere vuol dire cambiare!).

PASSO NUMERO 4: SPOSTARE L’ATTENZIONE DA “ME CHE INSEGNO” A “TE CHE APPRENDI”

• abbiano un margine di autodeterminazione (possibilità di scelta); • tutto il loro essere sia coinvolto in situazio-

Le condizioni dell’apprendimento

ne (mente, corpo, sentimenti);

Affinché le persone apprendano (quando sono

• possano “incastrare” le nuove conoscenze

in un’aula) bisogna che:

e competenze su quelle pregresse;

• siano a loro agio anche dal punto di vista

Tutti aspetti, questi, su cui il formatore può

emotivo;

(deve) influire con determinazione creando si-

• si sentano immerse in un setting (vedi più

tuazioni formative corrispondenti alle esigenze

avanti) stimolante, in cui possano prendere

descritte. Come? Cercando di concentrarsi sulle

serenamente la parola, possano imparare

esigenze dei corsisti (che nel nostro caso sono

anche dagli altri oltre che dal formatore;

degli adulti) e organizzando, appunto, il setting.

47

PARTE SECONDA


PASSO NUMERO 5: LASCIARE FUORI DALL’AULA I VECCHI MODELLI DI FORMAZIONE SCOLASTICA

• la disponibilità ad apprendere è rivolta alla soluzione di problemi (il formatore può portare esempi di situazione problematiche

Perché e come l’adulto impara?

già accadute per evidenziare l’importanza

Quando l’adulto impara? Si chiedeva un noto

di prepararsi prima di andare in piazza: “se

studioso un po’ di anni fa (Knowles, 2002).

ti accade questo puoi risolverlo così…”);

Ebbene, ora sappiamo che gli adulti hanno

• l’orientamento verso l’apprendimento è

esigenze e caratteristiche piuttosto diverse

centrato sulla vita reale (teoria sì, ma che

da quelle dei bambini, dunque, per aiutare e

giustifichi la pratica, non per far vedere

facilitare il loro apprendimento ricorriamo ad

quanto sono preparato);

una disciplina che si chiama “andragogia” (da

• la motivazione è più interna che esterna

andragos, uomo in greco. Termine moderno

(gli adulti imparano non perché sono pre-

coniato sulla falsariga di “pedagogia”) che of-

miati ma perché hanno deciso di farlo per

fre indicazioni utilissime per l’allestimento e la

rispondere ad un proprio bisogno).

conduzione di ambienti di apprendimento de-

PASSO NUMERO 6: SVEGLIARE I PARTECIPANTI, APPRENDERANNO MEGLIO!

dicati agli adulti, che possono essere riassunte come segue: • l’adulto impara ciò di cui sente il bisogno (il formatore deve sottolineare l’importanza

Non si apprende solo con la testa

del corso sulla prevenzione per affrontare

Comodi e rilassati o sotto pressione? Contra-

una situazione concreta: la piazza);

riamente a quanto sembra intuitivo per ap-

• l’adulto si percepisce come autonomo dal

prendere dobbiamo uscire dalla nostra zona

formatore, (il formatore non è colui che sa

di comfort per entrare in una situazione meno

tutto, se ci sono partecipanti all’altezza la-

nota, meno comoda, che sia stimolante e ri-

sciateli parlare e fate in modo che diventi-

chieda di risolvere problemi e di essere pre-

no un aiuto alla vostra “lezione”);

senti e attenti. È dunque bene che il formatore

• il nuovo apprendimento deve integrarsi con

si impegni nel creare situazioni in cui i par-

l’esperienza precedente (il formatore può

tecipanti siano “leggermente stressati”, cioè

far parlare i partecipanti per capire cosa

concentrati, attivi, interessati, diversamente

già sanno sulla prevenzione e aiutarli a inserire tutte le nuove conoscenze in quelle Comfort Zone Familiar - Relaxed

già esistenti. Questo è importantissimo anche per capire cosa credono di sapere: a

Learning Zone Challenged - Sensitive

volte ci sono conoscenze … sbagliate! Meglio cominciare ad eliminare quelle prima

Panic Zone Threatened - Fight, Flight or Freeze

di passare alle nuove);

48

PARTE SECONDA


PASSO NUMERO 8: COSTRUIRE IL SETTING

non avranno nessuno stimolo ad apprendere e, dunque, a cambiare. Contemporaneamente deve fare attenzione a non entrare in quella

Come organizzarsi per facilitare l’apprendimento

zona definita “panic zone” in cui una persona

Il setting è un elemento fondamentale della

non può più apprendere perché impegnata a

progettazione formativa perché influisce positi-

difendersi da una situazione troppo pesante o

vamente o negativamente sull’esito dell’evento.

frustrante da sopportare.

È definibile come il contesto (spazio e tem-

Fate attenzione: ogni persona reagisce in

po) all’interno del quale si svolge un qualsiasi

modo diverso alle situazioni, perciò Caio e

evento sociale.

Sempronio hanno diverse zone di comfort,

Lo spazio e il tempo hanno un valore comu-

stress e panico, dunque è bene essere ricet-

nicativo molto potente perché implicito. Per

tivi rispetto alle reazioni individuali dei parte-

esempio un’aula universitaria, pensata per

cipanti per calibrare individualmente l’uscita

una lezione cattedratica in cui il docente parla

dalla loro zona di comfort.

e molti studenti ascoltano, determina uno stile di relazione e un rapporto di potere abbastan-

PASSO NUMERO 7: STIMOLARE L’ATTENZIONE E LA DISCUSSIONE

za esplicita e forte. La cattedra, la sua peda-

Teaching by prompting significa “insegnare

che si danno le spalle: lo spazio è pensato per

stimolando”, “insegnare stimolando, sugge-

una interazione che non sia fra pari, ma con il

rendo”, in altri termini “stare alle calcagne!”.

solo docente che va ascoltato, e guai a distrar-

Nella gestione dell’attività d’aula il formato-

si o a copiare!

re, per sollecitare il feedback e l’interazione,

Attivare i partecipanti affinché imparino me-

pone domande all’aula, spiega, illustra, forni-

glio, invece, richiede un’organizzazione del

sce esempi e... non aspetta (semplicemente)

tempo e dello spazio diversa, se possibile, de-

che i partecipanti reagiscano ma li sollecita

vono: potersi guardare tra loro (per conoscer-

direttamente a farlo (per esempio: avete do-

si, farsi domande reciproche, lavorare in grup-

mande?... nessuna?... allora ve ne faccio una

pi); sentirsi a loro agio, accolti; interagire con

io. E ancora: vado avanti, ci siete tutti? Molto

tempi che prevedano discussioni “ariose”:

bene, prima qualcuno ricapitoli quanto detto

diversamente possiamo fare un convegno (in-

fino ad ora...).

terventi brevi e domande concise; comunica-

Significa assumersi la responsabilità del con-

zione uno a molti) ma certo non formeremo le

tatto, dell’interazione e della relazione e non

persone! Il setting è determinato da elementi

lasciarla nelle mani dei partecipanti che, in al-

fisici e psicologici. Per il setting fisico, ad ec-

cuni casi, hanno come obiettivo ritrarsi dalla

cezione delle condizioni su cui non possiamo

zona di stress per tornare nel comfort del loro

apportare cambiamenti (i vincoli di un’aula),

silenzio. (Muzzarelli, 2007)

ricordiamo che:

na, i banchi posizionati di fronte, i compagni

49

PARTE SECONDA


Se, invece, come può accadere, le doman-

• i membri del gruppo dovrebbero sedere

de non arrivano la discussione va comunque

faccia a faccia • i diversi gruppi dovrebbero essere suffi-

stimolata, pena l’assenza di un feedback che

cientemente distanziati così da non distur-

dà un riscontro immediato sull’andamento

barsi reciprocamente

della formazione; è allora possibile che sia il

• le aree destinate ad attività diverse dovreb-

formatore a farne e attenda le risposte anche

bero essere definite e i materiali comuni

se comportano l’attesa di un lungo (apparen-

accessibili

temente troppo) e imbarazzante silenzio.

• accertarsi che le persone siano a proprio

Infine, anche le domande aggressive, opposi-

agio, che ci siano gli spazi adeguati per

tive o fuori luogo vanno eluse, ma in modo più

poter svolgere le attività comodamente e in

fermo e veloce, così da non compromettere

sicurezza.

l’andamento della parte proficua e costruttiva della discussione.

Il setting psicologico (metaforicamente lo spa-

Ricorda che un intervento polemico o una do-

zio della relazione) fate attenzione a: • il gruppo è un luogo di emozioni forti, in cui

manda imbarazzante può far mutare radical-

ciascuno mette in gioco la propria indivi-

mente il clima d’aula, aprendo a dinamiche

dualità e identità attraverso meccanismi di

latenti. È dunque importante tenere a mente

affermazione e omologazione, rifiuto e ac-

alcune considerazioni di base se la domanda:

cettazione di sé e dell’altro

• non è pertinente all’argomento trattato:

• per questo i ruoli formalizzati possono es-

rispondere comunque nel modo più sin-

sere di grande aiuto: il setting diventa uno

tetico possibile e chiudere chiedendo un

spazio simbolico di comportamenti attesi.

feedback (“ho risposto alla domanda?”) • riguarda un argomento già trattato o una

PASSO NUMERO 9: RISPONDERE SEMPRE, RISPONDERE COMUNQUE

risposta già data: ripetere la risposta (non sottolineare il “già detto”). Assicurarsi di utilizzare una modalità di rappresentazione

La gestione le domande

della risposta diversa rispetto alla prece-

Le domande sono fondamentali: danno la

dente (per es.: se si è risposto solo verbal-

possibilità al formatore di approfondire le di-

mente in seconda battuta tentare una rap-

namiche cognitive e relazionali con l’aula ma,

presentazione alla lavagna). Accertarsi che

come tutti gli elementi legati alla formazione,

non ci siano altri che hanno simili dubbi:

sono determinate anche da fattori emozionali.

il problema, in questo caso, potrebbe es-

Vanno perciò affrontate con serenità e, se ne-

sere del formatore (“altri hanno un dubbio

cessario, valgono il sacrificio della spiegazione

simile?”)

che non si riesce a concludere per via delle

• riguarda un argomento che non è stato

tante domande in arrivo.

ancora trattato: rispondere in modo conci-

50

PARTE SECONDA


so (se possibile con un “sì” o un “no”) e

te entrando in una situazione “patologica”

rassicurare sul fatto che l’argomento verrà

che rischia di trasformarsi in polemica o

trattato successivamente

in un attacco/diverbio sulla incapacità del

• abbonda di particolari aggiuntivi all’argo-

formatore di comprendere. Bloccatela nel

mento, lo approfondisce rispetto alla vostra

modo più cortese, ma fermo possibile. In

spiegazione: in genere proviene da perso-

ogni caso non entrate in una spirale a due

ne che si sentono preparate sull’argomento

che vi farebbe perdere il senso del vostro

affrontato e vogliono dimostrarlo. Valutate

intervento e il resto dell’aula. Se vi pare ne-

se c’è stata una domanda: se sì rispon-

cessario, anche a vostro beneficio, chiama-

dete brevemente, diversamente “grazie

te una pausa e chiudere la discussione al

dell’approfondimento!”

rientro, ad animi più tranquilli

• è polemica: fate attenzione a non alzare

• In ogni caso non utilizzare mai frasi che

tono e volume della voce, a non entrare

possano classificare le persone, quali “tu

in simmetria con il partecipante, a man-

non capisci; tu non sai parlare insieme

tenere la voce ferma, così come il vostro

agli altri…” ma se è necessario sottoli-

punto di vista. Se la polemica persiste e

neare quel dato comportamento, allora

non si giunge a una sintesi o a una media-

contestualizzarlo: “in questa situazione tu

zione sottolineate che le opinioni diverse

non hai capito; questa volta non hai sapu-

sono comunque rispettabili, anche se non

to discutere correttamente”. Questo è un

si condividono. Fate attenzione alla comu-

elemento molto importante per non demo-

nicazione non verbale: non indietreggiate

tivare e, specialmente, per evitare che la

e non distogliete lo sguardo, la condu-

persona si attesti su comportamenti nega-

zione e la responsabilità dell’andamento

tivi che percepisce come attesi dagli altri.

della discussione rimane comunque del

(Guarguaglini, Cini, Corti, Lambruschini, 2007: 148 - 149).

formatore • è incomprensibile: fate domande per capire meglio, quando pensate di aver colto

PASSO NUMERO 10: IL TUO!

il senso riformulate la domanda per accet-

Infine, il tuo passo, le tue specificità, ciò che ti

tarvi che sia la giusta interpretazione (“vuoi

piace e che sai fare meglio e con maggiore si-

dire …?”). Spesso le domande di difficile

curezza. Valuta le tue possibilità e i tuoi limiti,

comprensione sono anche quelle che ten-

prova a sentirti sicuro e a tuo agio, sii te stes-

dono ad essere commenti, più che doman-

so e preparati nei minimi dettagli, controlla il

de, perciò decidete se è il caso di rispon-

tuo passo (tono della voce, gesti, occupazione

dere o di ringraziare e andare avanti.

dello spazio, interazione con i partecipanti),

• si trasforma in un dibattito (“sì, ma … Se è

adegualo a quello dell’aula e del progetto e sii

così allora…”): fate attenzione perché sta-

convinto che anche la formazione è un cam-

51

PARTE SECONDA


• spostare l’attenzione da “me che inse-

mino di miglioramento per le persone e per la società in cui vivono.

gno” a “te che apprendi”. Le condizioni

Sei pronto per entrare in aula: guarda dove

dell’apprendimento • lasciare fuori dall’aula i vecchi modelli di

sei, sorridi, e fai un passo avanti!

formazione scolastica Perché e come l’aI dieci passi per aiutare ad

dulto impara?

apprendere:

• svegliare i partecipanti, apprenderanno meglio! Non si apprende solo con la testa

• condividere il codice. Comuni-

• stimolare l’attenzione e la discussione

care per formare: non siamo in televisione.

• costruire il setting. Come organizzarsi per

• prestare attenzione a ciò che comuni-

facilitare l’apprendimento

chiamo senza dirlo. Non solo codice

• rispondere sempre, rispondere comun-

(contenuto)

que. La gestione le domande

• costruire la relazione con i partecipanti.

• sei pronto per entrare in aula: guarda

Dalla comunicazione come trasmissione

dove sei, sorridi, e fai un passo avanti!

alla comunicazione come relazione

52

PARTE SECONDA


PER SAPERNE DI PIÙ • Knowles M., Quando l’adulto impara. Pedagogia e andragogia, Franco Angeli, Milano 2002 Guarguaglini, A., Cini, S., Corti, F. P., Lambruschini, L., Gestire gruppi in formazione. Teorie e strumenti, Erickson, Trento 2007 • Mehrabian A., Non Verbal Communication, Aldine-Atherton, Chicago, Illinois, 1972 Watzlawick P., Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi, Astrolabio, Roma 1971 • Muzzarelli F., Guidare l’apprendimento, Franco Angeli, Milano 2007 • Spinelli A. (a c. di), Io insegno, io apprendo. Manuale teorico-pratico del formatore nazionale

http://www.anpasnazionale.org/Allegati/Formazione/Manuale_per_la_formazione.pdf

53

PARTE SECONDA


54

PARTE SECONDA


PARTE TERZA


INTRODUZIONE I terremoti costituiscono una delle ipotesi di

possibile e necessario incidere per giungere a

rischio più reale per l’Italia. Oltre ai terremo-

una sua riduzione. Per rischio sismico si in-

ti del 1997 in Umbria-Marche, del 2002 in

tende la valutazione probabilistica dei danni

Molise-Puglia, e a quelli recenti del 2009 in

materiali, economici e funzionali che ci si at-

Abruzzo e del 2012 in Emilia Romagna, resta-

tende in un dato luogo (in cui sono presenti

no ancora vivi nella mente degli italiani i ricor-

edificazioni e attività umane) e in un prefissato

di dei devastanti terremoti del 1976 in Friuli e

intervallo di tempo, a seguito del verificarsi di

del 1980 in Campania-Basilicata. È opinione

un terremoto di una data energia. Esso è il ri-

diffusa che l’Italia sia un paese ad alto rischio

sultato del prodotto di tre fattori: pericolosità

sismico. È opportuno chiarire quale significa-

sismica, vulnerabilità sismica ed esposizione.

to vada attribuito al termine rischio sismico, in

La pericolosità sismica (spesso definita anche

modo da poter identificare i fattori sui quali è

sismicità) è costituita dalla probabilità che si

56

PARTE TERZA / TERREMOTO


verifichino terremoti di una data entità, in un

zona. Tale risultato, affiancato da considera-

data zona ed in un prefissato intervallo di tem-

zioni di carattere socio-politico effettuate su

po; essa dipende dalla intensità, frequenza e

scala nazionale e basate sulle risorse dispo-

caratteristiche dei terremoti che possono inte-

nibili per fronteggiare tutti i diversi scenari di

ressare quella zona.

rischio (analisi costi-benefici), porta alla de-

La vulnerabilità sismica misura la predisposi-

finizione del livello di protezione da garantire

zione di una costruzione, di una infrastruttura

alle diverse aree (rischio sismico accettabile).

o di una parte antropizzata del territorio a su-

Si perviene, in definitiva, alla divisione del ter-

bire danni per effetto di un sisma di prefissata

ritorio nazionale in zone a uguale pericolosità

entità; essa è, in sostanza, una misura della

sismica, realizzando la cosiddetta zonazione

incapacità, congenita e/o dovuta a obsole-

sismica. Va però rilevato come in Italia si sia-

scenza, di resistere ad azioni simiche.

no avuti danni significativi anche a seguito di

L’esposizione è costituita dal complesso delle

eventi sismici più deboli rispetto a quelli ve-

persone, dei beni e delle attività che possono

rificatisi in altre parti del mondo. La causa di

subire perdite per effetto del sisma1.

ciò va attribuita alla vulnerabilità del patrimo-

Anche al significato da attribuire al termine

nio edilizio esistente, edificato per la maggior

previsione è bene dedicare alcune conside-

parte prima che venisse reso obbligatorio il

razioni. Se si pensa che essa possa condurre

rispetto di criteri antisismici per le costruzioni.

alla individuazione del momento e del luogo

Avendo messo in relazione il livello di rischio

precisi in cui si verificherà un terremoto di for-

con i danni, appare a questo punto chiara-

za ben definita, è bene chiarire che tale atteg-

mente come la concomitanza di una perico-

giamento, oltre che inutilmente dispendioso, è

losità medio-alta e di una elevata vulnerabilità

anche dannoso in quanto, alimentando spe-

producano livelli di rischio significativi.

ranze infondate, devia l’attenzione da quella

Nei capitoli che seguono, i diversi temi, dal-

che può e deve essere una responsabile stra-

la sismicità storica, alle componenti del ri-

tegia di difesa dai terremoti.

schio sismico, ai possibili interventi per la

L’analisi statistica della sismicità storica con-

riduzione del rischio, saranno approfonditi

sente di risalire alla frequenza (periodo di ri-

con riferimento ai contenuti del pieghevole in-

torno) con la quale un terremoto di una deter-

formativo utilizzato per la campagna “Io non

minata intensità può presentarsi in una data

rischio-Terremoto”.

(1) A titolo di semplice esempio, si consideri una zona desertica caratterizzata da una forte sismicità; essa non può essere definita ad alto rischio sismico, in quanto nessun danno a persone o cose può verificarsi anche a seguito di un forte terremoto (vulnerabilità ed esposizione nulle).

57

PARTE TERZA / TERREMOTO


MEMORIA STORICA a cura di Romano Camassi L’ITALIA È UN PAESE SISMICO Negli ultimi mille anni, circa 3000 terremoti hanno provocato danni più o meno gravi. Quasi 300 di questi hanno avuto effetti distruttivi (cioè con una magnitudo superiore a 5.5) e addirittura uno ogni dieci anni ha avuto effetti catastrofici, con un’energia paragonabile al terremoto dell’Aquila del 2009. Tutti i Comuni italiani possono subire danni da terremoti, ma i terremoti più forti si concentrano in alcune aree ben precise: nell’Italia Nord-Orientale (Friuli Venezia Giulia e Veneto), nella Liguria Occidentale, nell’Appennino Settentrionale (dalla Garfagnana al Riminese), e soprattutto lungo l’Appennino Centrale e Meridionale, in Calabria e in Sicilia Orientale. Anche tu vivi in una zona pericolosa, dove in passato già si sono verificati terremoti o se ne sono avvertiti gli effetti. E ciò potrà accadere ancora in futuro.

QUELLO CHE SAPPIAMO SUI TERREMOTI

condi si propaga velocemente e può scuotere,

Sui terremoti, oggi, sappiamo molte cose,

deformare e danneggiare tutti gli edifici costruiti.

e quello che sappiamo deriva in gran parte

Queste mappe ci dicono “dove” avvengono i

semplicemente dall’osservazione, conforta-

terremoti, soprattutto quelli più forti; in qualche

ta da qualche modello scientifico. I terremoti

caso rendono evidente “quanto spesso” acca-

hanno origine dove la crosta è più fragile: le

dono questi terremoti; non ci dicono il “quan-

rocce si fratturano esattamente come farebbe

do”, se non per il passato (bella forza, direte voi:

un mattone schiacciato da una morsa o sotto-

ma vedremo quanto questo sia importante).

posto a trazione (cioè tirato da due lati oppo-

“Dove” avvengono, “quanto forti” e, forse,

sti); soggette a questi sforzi le rocce tendono a

“quanto spesso” sono interrogativi importanti,

rompersi sempre lungo le stesse fratture.

molto importanti. Ma conosciamo le risposte?

SEMPRE PIÙ INDIETRO, NEL TEMPO

Già da molto tempo siamo in grado di disegnare mappe della sismicità mondiale che mostrano chiaramente che i terremoti

I terremoti non capitano a caso: tendono a

più forti si concentrano prevalentemente

ricorrere sempre nelle stesse zone.

in fasce limitate del globo, dove le tensioni sono più forti a causa delle collisioni fra

È quindi importante studiare quelli già avve-

i margini delle placche; con energia mino-

nuti, tramite le informazioni registrate dagli

re, tuttavia, possono avvenire praticamen-

strumenti, gli effetti prodotti sugli edifici e le

te dappertutto.

tracce che hanno lasciato nell’ambiente: in questo modo possiamo definire la “sismicità”

L’energia accumulata per decine, centinaia o

del nostro territorio. Per i terremoti più recenti

migliaia di anni e rilasciata nel giro di pochi se-

abbiamo i dati dei sismometri, ma solo da po-

58

PARTE TERZA / TERREMOTO


chi decenni esiste una moderna ed efficiente

Le mappe che rappresentano la sismicità

rete di osservazione. Per gli eventi più antichi

strumentale del territorio italiano (in rete se

non resta che studiare i documenti storici o

ne trovano facilmente dal 1981 ad oggi) sono

le tracce lasciate nelle opere dell’uomo e nel

interessanti, perché rendono evidente quanto

paesaggio.

sia frequente e diffusa la sismicità. Tuttavia i

Dalle informazioni storiche e strumentali si ot-

processi geologici che producono un terre-

tengono i parametri essenziali (una sorta di car-

moto hanno tempi molto lunghi: decenni,

ta di identità) dei terremoti: data e ora, localiz-

centinaia (per i terremoti più forti), in qualche

zazione dell’epicentro, intensità e (direttamente

caso migliaia di anni. Per questo, per sapere

o indirettamente) magnitudo e profondità.

dove, quanto forti ed eventualmente quanto

Di strumenti di misura del terremoto ne esi-

spesso occorre una finestra di osservazione

stono fin dall’antichità, ma possiamo parlare

molto più grande.

di osservazione strumentale dei terremoti solo

Per fare questo, occorrono reti di osserva-

da quando esistono le moderne reti sismiche;

zione molto diverse da quelle strumentali: le

a livello mondiale una data spartiacque è il

principali (non uniche) sono quelle che rico-

1964, mentre per l’Italia solo dopo il terremoto

struiscono la sismicità di un territorio attra-

dell’Irpinia del 1980 si sviluppa una vera rete

verso lo studio degli effetti che i terremoti del

sismica: disponiamo quindi di dati strumentali

passato hanno prodotto; è il lavoro che fanno

di buona qualità e con una buona copertura

la macrosismologia e la sismologia storica,

territoriale solo per gli ultimi 25-30 anni.

soprattutto.

- 40-50 anni sismologia strumentale - 1.000 anni sismologia storica - 10.000 anni archeologia sismica - 100.000 anni paleo-sismologia Figura 1. Schema semplificato dell’arco cronologico studiato dalle diverse discipline

LA MACROSISMOLOGIA

terremoto sul maggior numero possibile di lo-

È la disciplina (la tecnica) che studia un ter-

calità potenzialmente interessate; tali informa-

remoto (anche quelli recenti, inclusi quello

zioni sono interpretate, classificate in una gra-

dell’Aquila del 6 aprile 2009 o quelli dell’Emi-

duatoria crescente di intensità previste da una

lia del 2012) attraverso la raccolta e interpre-

scala macrosismica. Come la Scala Mercalli,

tazione di informazioni sugli effetti prodotti dal

ad esempio (ma la versione corrente, in Italia,

59

PARTE TERZA / TERREMOTO


si chiama Mercalli-Cancani-Sieberg MCS, e ne

singolo terremoto, vengono poi elaborate in

esiste una versione europea più raffinata, la

modo formalizzato, in modo da calcolare un

European Macroseismic Scale, appunto EMS).

epicentro del terremoto stesso e un valore di

Il singolo grado di intensità (dal II all’XI, per

magnitudo, che viene calibrato nel tempo con

semplificare, anche se i gradi sono 12) classi-

tutti i dati strumentali disponibili.

fica, ordina l’insieme degli effetti (su persone,

Questa stessa procedura viene utilizzata per

cose, edifici) osservati in una località, cioè su

studiare terremoti di dieci, 50 o 500 anni fa.

un insieme rappresentativo di persone e edifi-

L’unica differenza è che, in luogo dell’osser-

ci. L’effetto su un singolo bene esposto o su di

vazione diretta degli effetti, si utilizzano testi-

un piccolo numero di persone o edifici potreb-

monianze storiche: descrizioni, diari, crona-

be essere influenzato in modo determinante

che, materiali giornalistici, documenti tecnici

da condizioni particolari.

o amministrativi; tutti materiali raccolti e in-

In qualche modo ogni singola località funzio-

terpretati con le tecniche proprie della ricer-

na, con questa tecnica, come una sorta di

ca storica quantitativa, la stessa che studia la

sismometro, di stazione sismica. La singola

storia economica, per esempio.

osservazione ci dice ben poco sul terremoto;

Per questo la memoria storica, intesa nel

la distribuzione degli effetti osservati su qual-

senso più estensivo, è davvero importante. Il

che decina o centinaia di località (più sono

nostro paese ha una tradizione gigantesca di

meglio è) ci consente di ricavare i parametri

produzione, conservazione e studio di docu-

del terremoto (soprattutto localizzazione e sti-

mentazione storica.

ma dell’energia), che a volte possono essere

Paradossalmente è spesso più difficile studia-

estremamente accurati, e comunque del tut-

re un evento di 50 anni fa, piuttosto che quel-

to confrontabili con quelli strumentali. Oltre a

lo di 300 anni fa. Ci sono terremoti di trecento

fornire informazioni ulteriori, quali ad esem-

anni fa per i quali disponiamo di documenta-

pio le caratteristiche di propagazione dell’e-

zione ricchissima, incluse perizie tecniche (di

nergia, eventuali effetti di amplificazione e

muratori o architetti) casa per casa; per uno

molto altro ancora.

dei terremoti più importanti della storia sismi-

Ogni grado di intensità definisce un partico-

ca italiana, quello che nel 1456 danneggia

lare scenario di effetti dello scuotimento; la

gravemente una vasta area appenninica fra

descrizione di ogni singolo grado della scala

l’Abruzzo meridionale e la Basilicata, abbia-

macrosismica è molto estesa e ben più com-

mo informazioni su circa 200 località; e così

plessa delle sintesi super-semplificate comu-

per i terremoti calabri del 1638, quello mo-

nemente note e la sua applicazione obbedisce

lisano-campano del 1688, quello irpino del

a regole molto rigorose.

1694 ecc.

L’insieme di tutte le osservazioni macrosismi-

Quando la documentazione sugli effetti di un

che, di tutte le stime di intensità riferite a un

terremoto è molto ricca, sia come dettaglio

60

PARTE TERZA / TERREMOTO


che per numero di località descritte, i para-

le dislocazioni di grandi terremoti di migliaia

metri che ne ricaviamo sono molto accurati,

o decine di migliaia di anni fa direttamente

al livello dei migliori dati strumentali.

sulle faglie. A tutt’oggi la sismologia storica italiana cono-

LA STORIA SISMICA

sce circa 3mila terremoti (costituiti normal-

La disciplina che più di tutte contribuisce

mente da sequenze, a volte molto complesse)

a definire le caratteristiche della sismicità

che negli ultimi mille anni circa hanno prodot-

estendendo all’indietro la finestra di osser-

to danni; non sono tutti i terremoti forti che si

vazione è, come detto, la sismologia storica.

sono verificati in Italia in questo millennio, ma

Indicativamente tale finestra oggi si estende,

ci danno un’idea abbastanza rappresentativa

in Italia, a circa 1.000 anni fa (e anche qual-

di quella che è la sismicità reale.

cosa di più), anche se per i secoli più anti-

L’immagine complessiva, che abbiamo visto

chi è lontana dall’intercettare tutti i terremoti

tutti quanti molte volte e facilmente rintraccia-

importanti. Altre discipline aggiungono infor-

bile in rete, è un territorio che ha una sismici-

mazioni su alcuni grandi terremoti, ancora

tà molto diffusa, ma dove i terremoti più forti

più antichi: come l’archeologia sismica o la

avvengono solo in alcune zone.

paleosismologia, che cercano di riconoscere

Quasi 300 terremoti hanno avuto una magnitudo superiore a 5.5 (in grado cioè di produrre danni gravi), uno ogni 12 anni, di media (negli ultimi 600 anni), ha avuto un’energia superiore (Mw≥6.5) al terremoto dell’Aquila del 2009, uno ogni 24 anni (negli ultimi 400) di energia paragonabile o superiore al terremoto dell’Irpinia del 1980 (Mw≥ 7). Quasi tutte le località italiane possono subire danni da terremoti, ma i terremoti più forti si concentrano in alcune aree ben precise: nell’Italia Nord-Orientale (Friuli Venezia Giulia e Veneto), nella Liguria Occidentale, nell’Appennino Settentrionale (dalla Garfagnana al Riminese), e soprattutto lungo l’Appennino Centrale e Meridionale, in Calabria e Sicilia Orientale.

Figura 2. Mille anni di forti terremoti in Italia [Mw 5.5] www.emidius.mi.Ingv.it/CPTI11

61

PARTE TERZA / TERREMOTO


UN VIAGGIO NEL TEMPO, DAL SUD AL NORD

Alcune delle sequenze più drammatiche della

Uno dei terremoti più forti della storia sismi-

storia sismica italiana colpiscono la Calabria

ca italiana, se non il più forte in assoluto (Mw

centro-meridionale (e la Sicilia nord-orienta-

intorno a 7.4) è quello della Sicilia sud-orien-

le): a partire da quella che nei primi mesi del

tale del gennaio 1693. Le due scosse princi-

1783 (fra il 5 febbraio e il 28 marzo in par-

pali si ebbero il 9 e 11 gennaio e produssero

ticolare, due eventi di Mw 7) ne sconvolge il

devastazioni in circa 70 località della Sicilia

paesaggio naturale e costruito; su una scala

sud-orientale. Catania, Augusta e molti paesi

temporale diversa, una sequenza altrettan-

del Val di Noto furono totalmente distrutti; pa-

to catastrofica si verifica all’inizio del secolo

recchie località furono successivamente rico-

scorso, con i grandi terremoti dell’8 settembre

struite in un luogo diverso. Le vittime furono

1905 e del 28 dicembre 1908 (entrambi di

circa 60mila. Ci furono vistosi sconvolgimen-

Mw intorno a 7), intercalati da un evento mi-

ti del suolo in un’area molto vasta. I danni si

nore (23 ottobre 1907, Mw 5.9). Anche la Ca-

estesero dalla Calabria meridionale a Malta e

labria centrale ha una storia sismica significa-

da Palermo ad Agrigento. Il terremoto fu for-

tiva: la sequenza più importante è quella che

temente avvertito in tutta la Sicilia, in Calabria

la devasta nel 1638. Il 27 marzo (Mw 7) molti

settentrionale e in Tunisia. Effetti di maremoto

centri lungo la fascia tirrenica tra Nicotera e

si ebbero lungo la costa orientale della Sicilia

Cosenza subirono distruzioni e crolli diffusi,

da Messina a Siracusa. Le repliche continua-

una ventina furono totalmente distrutti. Furo-

rono per circa due anni.

no gravemente danneggiate anche le città di

Proprio Siracusa è uno dei punti di osserva-

Catanzaro e, soprattutto, Cosenza, dove cen-

zione più importanti dell’area e la sua storia

tinaia di case crollarono o divennero inagibili.

simica è segnata dagli effetti distruttivi di ter-

Le vittime furono diverse migliaia. L’8 giugno

remoti: da quelli del 1125 e del 1169, su cui

dello stesso anno un nuovo fortissimo terre-

poco sappiamo, a quello del 1542 (Mw 6.7),

moto (Mw 6.9) colpì il versante ionico della

che produsse danni gravi anche a Catania e

regione, in particolare il crotonese. Diverse lo-

Augusta, a quello recentissimo del 13 dicem-

calità nell’area del Marchesato e sul versante

bre 1990 (Mw 5.7).

orientale della Sila subirono crolli e gravi di-

La sismicità dell’area Etnea è molto intensa,

struzioni. Catanzaro, già fortemente danneg-

seppure di energia non elevata, ed è spesso

giata dal terremoto di marzo, fu semidistrutta

collegata a fasi eruttive del vulcano; significa-

e interi palazzi crollarono completamente.

tiva anche la sismicità dell’area montuosa dei

Danni molto gravi anche a Crotone. Il cosen-

Peloritani-Nebrodi-Madonie, mentre è stata

tino è colpito negli ultimi secoli da diversi ter-

molto importante la sequenza sismica che nel

remoti di energia elevata (prossimi a Mw 6),

1968 ha colpito la Valle del Belice, con effetti

seppure non distruttivi, quali quelli del 1767,

distruttivi.

del 1835, del 1854 e del 1870.

62

PARTE TERZA / TERREMOTO


Figura 3. L’Aquila, chiesa delle Anime Sante, 7 aprile 2009.

il 5 giugno 1688 nel Sannio. La storia sismica di Avellino è segnata da effetti molto gravi; quelli più drammatici sono per il terremoto del 29 novembre 1732 e quello del 5 giugno 1688; ma nel 1456 e in altri tre casi almeno (1805, 1930 e 1980) la città è danneggiata seriamente. Più a Est, in Puglia, la sismicità più importante interessa La sismicità maggiore della Basilicata si con-

la Capitanata (20 marzo 1731, Mw 6.5) e il

centra lungo la catena appenninica al confi-

Gargano (30 luglio 1627, Mw 6.7; 31 maggio

ne con la Campania; i terremoti storici più

1646, Mw 6.6).

distruttivi (Mw > 6.3) sono localizzati in Irpi-

Il terremoto che segna la storia di Foggia è

nia (8 settembre 1694 e 23 novembre 1980);

quello del 1731: verso le 4 del mattino del 20

l’importante sequenza del luglio-agosto 1561

marzo una fortissima scossa causò il crollo di

è localizzata proprio al confine fra Campania

circa un terzo degli edifici e danni gravi agli

e Basilicata, mentre il terremoto del 14 agosto

altri; subirono danni gravi vari centri della pia-

1851 è localizzato nel settore settentrionale, al

nura foggiana e delle colline circostanti (Ceri-

confine con la Puglia. Il terremoto del 16 di-

gnola, Ortanova, Ascoli Satriano, ecc.). A Fog-

cembre 1857, di gran lunga il più importante

gia si contarono circa 500 vittime.

per la Basilicata, è localizzato in territorio re-

Il Molise condivide con le regioni vicine gli ef-

gionale; insieme a quello del 1694 e a quel-

fetti dannosi dei forti terremoti appenninici, in

lo, poco noto, del 1273, produce danni molto

particolare quelli del 5 dicembre 1456 (uno

gravi a Potenza.

dei più forti della storia sismica italiana, Mw

La Campania è caratterizzata da una notevo-

7.2) e del 5 giugno 1688 nel Sannio; il terre-

le attività sismica nelle aree appenniniche e

moto di San Giuliano di Puglia del 2002, può

da sismicità moderata lungo la fascia costie-

essere considerato un evento di energia mo-

ra; i terremoti storici più distruttivi (Mw > 6.5)

derata (Mw 5.9), mentre ben più significativo,

interessano le due principali aree attive del

in regione, è il terremoto del 26 luglio 1805

territorio regionale: l’8 settembre 1694, il 29

(Mw 6.6).

novembre 1732, il 23 luglio 1930 e il 23 no-

Anche nel Lazio la sismicità maggiore è loca-

vembre 1980 in Irpinia, il 5 dicembre 1456 e

lizzata nelle aree appenniniche, in particolare

63

PARTE TERZA / TERREMOTO


Mw 6.7), nella Conca del Fucino (13 gennaio 1915, Mw 7.0) e nei Monti della Maiella (3 novembre 1706, Mw 6.8); altri terremoti importanti sono quelli localizzati a Sud Est della città de L’Aquila (27 novembre 1461, Mw 6.4, e 6 ottobre 1762, Mw 6.0) e quello della Maiella del 26 settembre 1933 (Mw 5.9). Umbria e Marche condividono pienamente tutta la sismicità appenninica maggiore, molto frequente e particolarmente ben documentata. Uno dei terremoti più forti è quello “di Colfiorito” del 30 aprile 1279 (Mw 6.3), che colpisce le stesse aree del terremoto del 26 settembre 1997 (Mw 6.0). Il terremoto più violento di tutto l’Appennino centro-settentrionale è quello del 14 gennaio 1703 (Mw 6.7), che precede di un paio di settimane l’evento aquilano, e “inaugura” un secolo scandito da forti Figura 4. Ingv - Database macrosismico italiano 2011. Questo database consente di visualizzare i dati di intensità di tutti i terremoti più importanti e le storie sismiche di migliaia di località.

terremoti (fra i più importanti quelli del 1741 nel Fabrianese, 1781 nel Cagliese e 1799 nel Camerinese). Un terremoto importante per

nelle province di Frosinone e Rieti; nel Frusi-

l’Umbria è quello della Valle del Topino del 13

nate l’evento più importante è quello del 24

gennaio 1832 (Mw 6.3), mentre nella zona

luglio 1654 (Mw 6.3), nel Reatino il terremoto

costiera marchigiana e romagnola diversi ter-

di Amatrice del 10 ottobre 1639, di magnitudo

remoti, generalmente di magnitudo di poco

poco inferiore a 6. Terremoti forti interessano

inferiore a 6, producono danni nelle provincie

anche il Viterbese, mentre decisamente più

di Ancona, Pesaro e Urbino e Rimini.

moderati, ma frequenti, sono i terremoti che

L’Appennino settentrionale, fra Toscana ed

si verificano nell’area dei Colli Albani. La città

Emilia Romagna, manifesta una sismicità de-

di Roma avverte sensibilmente i terremoti di

cisamente contenuta, seppur molto variabile:

quest’ultima area, mentre gli effetti di danno

dalla costa riminese, all’Appennino Forlivese

sono storicamente prodotti da terremoti “lon-

(22 marzo 1661, Mw 6.1), al Mugello (29 giu-

tani”, dell’Aquilano in particolare.

gno 1919, Mw 6.3) e alla Garfagnana diversi

Una notevole attività sismica appenninica

settori manifestano una sismicità importante

caratterizza l’Abruzzo, in particolare nei set-

che qualche volta supera Mw 6. Il terremoto

tori della Valle dell’Aterno (2 febbraio 1703,

più forte è certamente quello che colpisce la

64

PARTE TERZA / TERREMOTO


Garfagnana il 7 settembre 1920 (Mw 6.5). Al-

del Bellunese del 29 giugno 1873 (Mw 6.3).

cuni villaggi dell’Alta Garfagnana furono qua-

Decisamente più moderata, ma da non tra-

si completamente distrutti e una settantina di

scurare, la sismicità delle Provincie Autonome

altre paesi, fra Fivizzano e Piazza al Serchio,

di Trento e Bolzano. I terremoti più forti dell’I-

subirono danni gravissimi e crolli estesi. Danni

talia settentrionale si verificano però in Friuli

minori si ebbero in un’area molto ampia com-

Venezia Giulia. Insieme alla forte sequenza del

prendente la Toscana nord-occidentale dalla

1976 (6 maggio, Mw 6.4; 15 settembre Mw

Versilia alle province di Pisa e di Pistoia, la Ri-

6.0) sono da ricordare il grande terremoto del

viera ligure di levante e parte dell’Emilia.

26 marzo 1511 (Mw 7.0), che interessa un’a-

I terremoti più importanti che interessano la

rea molto simile e produce danni seri in Slo-

Liguria (e il basso Piemonte) sono quelli che

venia e Austria, e il terremoto del 25 gennaio

si verificano nel settore occidentale, fra i qua-

1348 (Mw 7.0), localizzabile nell’area di confi-

li spicca il grande terremoto del 23 febbraio

ne fra il Friuli e la Carinzia.

1887 (Mw 6.9), probabilmente localizzabile a mare. Forti terremoti, ma di magnitudo infe-

Per concludere occorre ricordare due cose

riore a 6, sono localizzati sul versante francese

importanti. La prima è che pressoché nes-

(1564, 1618, 1644). Altri terremoti significati-

sun terremoto si manifesta come evento

vi, ma di energia non particolarmente elevata,

isolato: un forte terremoto è normalmen-

si verificano in Val Pellice e in Val di Susa.

te parte di una sequenza che può essere

Nella parte più settentrionale del Piemonte

molto lunga e complessa, all’interno della

e in Valle d’Aosta si risentono effetti di dan-

quale possono manifestarsi eventi di ener-

no per i forti terremoti del Vallese, in qualche

gia molto prossima all’evento che ricono-

caso di magnitudo superiore a 6.

sciamo come principale. La seconda è che

Il settore della pianura Lombardo-Veneta ha

quelli citati sono solo alcuni fra i più forti

una sismicità generalmente moderata, con

terremoti che hanno colpito il nostro pa-

qualche episodio però significativo, quale ad

ese nei secoli scorsi, mentre sono molto

esempio il terremoto del 25 dicembre 1222

frequenti terremoti che, pur con energia

(Mw 5.8), largamente ricordato dalle fonti,

minore, possono provocare danni a per-

che produce danni seri nel Bresciano.

sone e cose. Affrontare il problema solo

In Veneto la sismicità più importante si ma-

quando si verifica il grande catastrofico

nifesta nel Veronese e lungo tutto il versante

terremoto è troppo tardi.

orientale. Il più forte terremoto di area padana è quello notissimo del 3 gennaio 1117 (Vero-

N.B. Nell’Appendice a pagina 159 è possibile

nese, Mw 6.7), la cui localizzazione è anco-

consultare una tabella che raccoglie tutti i

ra incerta. Molto importanti sono i terremoti

terremoti con magnitudo superiore a 6 gradi

dell’Asolano del 25 febbraio 1695 (Mw 6.5) e

accaduti nell’ultimo millennio in Italia.

65

PARTE TERZA / TERREMOTO


PERICOLOSITÀ SISMICA a cura di Marco Mucciarelli QUANDO AVVERRÀ IL PROSSIMO TERREMOTO? Nessuno può saperlo, perché potrebbe verificarsi in qualsiasi momento. Sui terremoti sappiamo molte cose, ma non è ancora possibile prevedere con certezza quando, con quale forza e precisamente dove si verificheranno. Sappiamo bene, però, quali sono le zone più pericolose e cosa possiamo aspettarci da una scossa: essere preparati è il modo migliore per prevenire e ridurre le conseguenze di un terremoto.

PERCHÉ I TERREMOTI CAUSANO DANNI E DISTRUZIONE? LA PERICOLOSITÀ, OVVERO FACCIAMO “LUCE” SUI TERREMOTI

come le onde sismiche diminuiscono la loro am-

I motivi per cui gli edifici crollano durante un

l’energia di un terremoto provenga da un solo

terremoto dipendono dal come e dal dove un

punto lo chiamiamo epicentro.

piezza in maniera inversamente proporzionale alla distanza. Quando immaginiamo che tutta

edificio viene costruito. Del come si occupa l’ingegneria sismica (vedi capitoli seguenti). Il

A complicarci la vita con i terremoti c’è

luogo di costruzione può essere più o meno

però il fatto che né la sorgente delle onde

pericoloso per due motivi:

né la loro propagazione sono semplici e

• la distanza dalla sorgente delle onde sismiche

simmetriche come quelle generate da un

• le caratteristiche dei suoli di fondazione.

sasso in uno stagno.

I terremoti non avvengono ovunque sul-

Spesso capita che da un lato dell’epicentro

la superficie terrestre, ma solo in alcune

si osservino danni per decine di chilometri,

zone che i sismologi hanno imparato a co-

mentre dall’altro lato non si osservano dan-

noscere. L’ideale sarebbe stare lontani da

ni: questo fenomeno si chiama direttività. Per

queste aree, che si chiamano zone sismo-

tornare all’esempio delle luci pensiamo ad un

geniche. In un paese come l’Italia queste

faro che ruota o ai lampeggianti blu delle am-

zone sono molto numerose e non è pur-

bulanze. Nella direzione in cui si proietta il fa-

troppo possibile allontanarsene molto.

scio la luce è molto più intensa.

Se guardiamo una lampadina da 100 Watt da

La sorgente delle onde sismiche (la faglia)

un metro dobbiamo chiudere gli occhi per il fa-

è come un lampeggiante bloccato che pro-

stidio, ma a un chilometro di distanza la stessa

ietta più luce in una direzione. Purtroppo

lampadina è un punto appena visibile. A parità

non possiamo sapere quale sia questa di-

di energia alla sorgente, i segnali luminosi così

rezione prima del terremoto.

66

PARTE TERZA / TERREMOTO


Per alcuni terremoti generati in California dalla

te quasi 200 vittime per un terremoto di ma-

stessa faglia a distanza di qualche decina di

gnitudo 6. Gli effetti dei terremoti sono misu-

anni si è visto che le due direzioni erano esat-

rati dalle scale di intensità. In Italia si usa la

tamente opposte.

scala Mercalli-Cancani-Sieberg. Fino al quin-

L’energia del terremoto alla sorgente viene mi-

to grado non ci sono danni ma effetti sem-

surata con la magnitudo, una grandezza che

pre maggiori sulle persone (da non avvertito

deriva dalla conoscenza dell’ampiezza misu-

a spavento, terrore) e su oggetti (spostamen-

rata delle onde sismiche una volta nota la di-

ti, ribaltamenti, rottura). Dal sesto al settimo

stanza dall’epicentro. L’idea della magnitudo

grado iniziano danni agli edifici, e dall’ottavo

viene dalla classificazione delle stelle, perché

in poi ci sono crolli in percentuali crescen-

anche la loro luminosità è così diversa da non

ti. Se diciamo che due terremoti all’epicen-

poter essere descritta da una relazione sem-

tro son stati di decimo grado intendiamo che

plice come quella della luminosità di una lam-

hanno causato entrambi il crollo di oltre i ¾

padina (due lampadine da 50 W fanno quasi

degli edifici in muratura.

la stessa luce di una da 100 W). La magnitu-

Dobbiamo poi chiederci ogni quanto tempo

do infatti non aumenta in modo proporzionale

si “accende” la sorgente di un terremoto. Sa-

e a ogni incremento di una unità corrisponde

rebbe bello se il comportamento fosse quello

un aumento dell’energia di 30 volte. Quindi un

delle vecchie luci a intermittenza dell’albero

terremoto di magnitudo 8.0 rispetto ad uno di

di Natale, periodico e regolare. Guardando

5.0 è 30x30x30= 27milavolte più energetico.

per pochi minuti una lampadina potremmo

Questo non significa che farà quasi 30mila

imparare subito per quanto tempo sta accesa

volte più danni.

e per quanto sta spenta, e tutte le altre sul filo seguirebbero la stessa regola.

I danni sono effetti locali del terremoto

Purtroppo il terremoto è come un filo di luci

che dipendono dalla distanza dall’epicen-

natalizie di ultima generazione aggrovigliato

tro, da quanto è profonda la sorgente (ipo-

su se stesso. A volte lampeggiano regolari

centro), dalla direzione principale dell’e-

ma poco dopo sembrano impazzire: non ri-

nergia, dalle caratteristiche dei terreni di

usciamo a capire ogni quanto tempo si ac-

fondazione e dalla densità e qualità delle

cende una singola lampadina e non capiamo

costruzioni.

neanche se quando se ne accende una poi si accenderà quella più vicina oppure un’al-

Così può capitare che nel 2010 un terremoto

tra. Possiamo fissare una singola lampadina

di magnitudo 7 ad Haiti causi 250mila vitti-

e contare quante volte si accende in cinque

me, mentre con la stessa magnitudo in Nuo-

minuti. Avremo così un’idea del tempo medio

va Zelanda non si sono avuti morti. L’anno

che passa tra due accensioni. Lo stesso av-

dopo nella stessa Nuova Zelanda ci sono sta-

viene per i terremoti.

67

PARTE TERZA / TERREMOTO


Non possiamo dire se una sorgente si ac-

no dei terremoti passati sono un ciclo comple-

cenderà domani o tra 20 anni, ma pos-

to oppure no. Se vogliamo un’altra metafora,

siamo dire che, rispetto a quelle vicine,

pronosticare quando accadrà un terremoto

si accende più o meno frequentemente,

è come stare seduti sul treno guardando in

e quindi abitare le città nei suoi paraggi

senso contrario alla marcia. Non possiamo ve-

sarà più o meno pericoloso che stare in al-

dere e sapere dove stiamo andando a meno

tre. Avremo così una classifica relativa di

che non siamo già passati molte volte sulla

pericolosità che serve agli ingegneri per

stessa linea. Allora riconosceremmo qualcosa

capire dove bisogna progettare edifici più

nel paesaggio o nelle città che ci farebbe ca-

resistenti o rinforzare quelli esistenti.

pire dove siamo e dove stiamo andando. Ma la storia dei terremoti avviene su tempi così

Perché i sismologi non sono capaci di dirci

lunghi che nessun italiano (per fortuna) pas-

niente di più sulla pericolosità? Torniamo all’e-

sa due volte per lo stesso terremoto ed i si-

sempio delle lampadine natalizie. Quello che

smologi cercano di capire dove sta andando

a noi sembra caos è in realtà una sequen-

il treno mettendo insieme memorie di tempi e

za programmata. Se anziché cinque minuti

testimoni diversi (dati strumentali, dati storici,

aspettiamo un tempo più lungo vedremo la

dati archeologici, dati geologici).

sequenza ripetersi più volte. Ma ogni singola

Come l’avaro Scrooge del “Racconto di Na-

sorgente dei terremoti si accende raramente,

tale” di Dickens dobbiamo ricevere un inse-

se paragonata alla vita umana. Alcune hanno

gnamento dai tre spettri del Natale Passato,

un tempo medio tra due terremoti di centinaia

Presente e Futuro. Dobbiamo approfittare

di anni. Noi non abbiamo visto il ciclo sismi-

dell’attenzione creata dal terremoto presente

co ripetersi più volte, e volendo essere onesti

perché quello che sappiamo dai terremoti del

non possiamo dire se i 2.000 anni di storia

passato ci permetta di salvare vite dai terre-

per cui abbiamo fonti attendibili che ci parla-

moti del futuro.

68

PARTE TERZA / MAREMOTO


L’INFLUENZA DEL TERRENO, OVVERO QUANDO IL TERREMOTO “SUONA” MALE. GLI EFFETTI DI UN TERREMOTO SONO GLI STESSI OVUNQUE? A parità di distanza dall’epicentro, l’intensità dello scuotimento provocato dal terremoto dipende dalle condizioni del territorio, in particolare dal tipo di terreno e dalla forma del paesaggio. In genere, lo scuotimento è maggiore nelle zone in cui i terreni sono soffici, minore sui terreni rigidi come la roccia; anche la posizione ha effetti sull’intensità dello scuotimento, che è maggiore sulla cima dei rilievi e lungo i bordi delle scarpate.

I terreni di fondazione sono molto importanti

po’ di energia elettrica. Allora cosa succede?

per la tenuta di un edificio, ed è cosa nota da

Pensiamo a un automobilista che guida a ve-

millenni. Il Vangelo di Matteo riporta una para-

locità costante con i finestrini aperti: sentirà

bola dove l’uomo saggio è colui che costruisce

un certo livello di rumore che rimane uguale.

sulla roccia mentre lo stolto costruisce sulla

Se però entra in una galleria il rumore perce-

sabbia e vedrà la sua casa in rovina.

pito diventa molto più forte. Cosa è successo?

Potrebbe sembrare strano che questo sia vero

Il rumore generato dal motore a regime di giri

anche per i terremoti. Gli atleti del salto in lun-

costante non è aumentato, ma le onde sonore

go atterrano senza danni nella morbida sab-

rimangono intrappolate nella galleria rimbal-

bia e si gioca a pallavolo sulla spiaggia, non

zando sulle pareti, ed anziché disperdersi lon-

su lastre di granito. Il senso comune ci fareb-

tano tornano nell’abitacolo.

be pensare che una casa sulla sabbia stia su

Quello che amplifica le onde sismiche non

di un materasso messo lì apposta per attutire

è la maggiore o minore “durezza” del terre-

l’urto del terremoto. Questo è in parte vero, i

no ma è il fatto che un terreno soffice sia a

terreni sciolti attenuano le onde più della roc-

contatto con terreni più rigidi o con roccia che

cia, ma i terreni hanno una proprietà contra-

come le pareti di un tunnel imprigiona le onde

stante che la roccia non ha: amplificano alcu-

nei suoli soffici e non le fa allontanare.

ne frequenze del terremoto. Come è possibile che un materiale amplifi-

È importante capire che se un terreno am-

chi più di quanto attenui? Quando pensiamo

plifica le onde sismiche lo farà per qualsi-

all’amplificazione abbiamo in mente l’impianto

asi terremoto, facendo diventare terremoti

stereo: si gira una manopola e il volume au-

deboli e lontani potenzialmente distruttivi

menta. Per i terremoti però non c’è nessun

come se fossero forti e vicini. A peggiorare

amplificatore nel terreno che faccia il lavoro di

la situazione contribuisce poi il fatto che

alzare il volume, consumando magari un bel

i terreni meno rigidi a seguito di un terre-

69

PARTE TERZA / TERREMOTO


moto possono trasformarsi in sabbie mo-

co” del terremoto può riverberare più a lungo

bili (liquefazione), o se sono in pendenza

che altrove, causando più danni. Alcuni rilie-

possono dare il via alle frane indotte.

vi montuosi e la gran parte delle valli possono dare problemi di amplificazione sismica. Geo-

Per questo motivo è importante conoscere

logi e sismologi hanno imparato a riconoscere

le caratteristiche dei terreni per capire se e

i casi peggiori, e quindi, anche se non possia-

quanto è sicuro costruirci sopra. Per il singolo

mo prevedere quando avverrà un terremoto,

edificio l’ingegnere necessita di dati il più pos-

possiamo avere un idea in anticipo su dove il

sibile precisi ed affidabili circa il terreno per

terremoto farà i maggiori danni.

ricostruire la risposta sismica del punto dove si andrà a costruire. Agli architetti che pensa-

Dobbiamo quindi spostare l’attenzione

no allo sviluppo urbanistico di una città ser-

dalla generica “previsione del terremoto”

ve invece una visione meno raffinata ma che

alla “previsione delle conseguenze del ter-

permetta comunque di stabilire dove sarebbe

remoto”. Adesso esistono strumenti nor-

più opportuno far sorgere nuovi quartieri o in-

mativi e anche finanziamenti statali che

frastrutture importanti (scuole, ospedali, centri

incentivano gli studi di microzonazione.

commerciali), considerando che costruire sui

È importante far comprendere ai cittadini

terreni peggiori non è né impossibile né vieta-

che fare le indagini che servono sia per un

to, ma costa sicuramente di più.

singolo edificio che per una intera città è

Questi studi che differenziano i terreni su tutta

un piccolo costo materiale, se paragonato

l’area urbana secondo il loro comportamento

agli enormi costi economici ed umani che

in caso di terremoti vengono definiti microzo-

si potrebbero avere quando il prossimo

nazione sismica. Tornando al paragone con

terremoto colpirà.

il mondo dei suoni, nel primo caso serve un solista, al massimo delle capacità perché tut-

Se il gruppo rock del figlio del vicino che pro-

to è affidato a lui. Nel secondo caso ci serve

va in garage ci sembra troppo fracassone pos-

un coro, un contributo di molte voci dove la

siamo provare a picchiare con la scopa sul

qualità dei singoli non è importante quanto il

pavimento, ma quando il terremoto arriva, se

risultato d’insieme.

siamo su di un terreno che amplifica non c’è

Ci sono delle situazioni particolari dove “l’e-

modo di chiedergli di “abbassare il volume”.

70

PARTE TERZA / TERREMOTO


VULNERABILITÀ SISMICA a cura di Angelo Masi, con la collaborazione di Leonardo Chiauzzi COSA SUCCEDE A UN EDIFICIO? Una scossa sismica provoca oscillazioni, più o meno forti, che scuotono in vario modo gli edifici. Le oscillazioni più dannose sono quelle orizzontali. Gli edifici più antichi e quelli non progettati per resistere al terremoto possono non sopportare tali oscillazioni, e dunque rappresentare un pericolo per le persone. È il crollo delle case che uccide, non il terremoto. Oggi, tutti i nuovi edifici devono essere costruiti rispettando le normative sismiche.

È normale che un edificio oscilli durante un terremoto, non deve preoccuparci. Quello che bisogna evitare, o quantomeno limitare, è che queste oscillazioni possano provocare danni gravi, fino a far crollare l’edificio, in tutto o in parte. Se non è mai accettabile che un edificio possa crollare, ancor più lo è se il terremoto non è molto forte, come a volte accade nel mondo e, purtroppo, anche in Italia. Questo accade quando l’edificio è troppo vulnerabile, ossia debole rispetto al terremoto. La vulnerabilità sismica di un edificio è la sua predisposizione a subire danni (effetto) a fronte di un terremoto di una data intensità (causa). Osservando il comportamento degli edifici dopo un terremoto vediamo che alcuni si danneggiano più di altri anche se molto vicini tra Figura 5. Ingv - Database macrosismico italiano 2011. Questo database consente di visualizzare i dati di intensità di tutti i terremoti più importanti e le storie sismiche di migliaia di località.

loro (Fig. 5) e quindi interessati dalla stessa intensità sismica. In sostanza, non definiamo vulnerabile un

Come diremmo per un’automobile che, a

edificio se questo si danneggia durante un

causa di un impatto a bassa velocità, si dan-

terremoto, come già detto entro certi limiti il

neggia gravemente, mettendo in pericolo la

danno è un effetto fisiologico che può essere

vita degli occupanti.

accettato, ma definiamo vulnerabili quegli

Quando si verifica un terremoto, mentre il

edifici che si danneggiano in modo spropor-

terreno si muove orizzontalmente, un edifi-

zionato rispetto all’intensità del terremoto.

cio subisce delle spinte in avanti ed indie-

71

PARTE TERZA / TERREMOTO


tro in modo simile a quelle che subisce un

(es. tamponature esterne, divisori interni,

passeggero dentro un autobus che frena ed

controsoffitti, ecc.)

accelera alternativamente.

• gli impianti (elettrico, idrico, idro-sanitario e di riscaldamento).

A parità di sollecitazione sismica (domanda),

Per struttura portante di un edificio (Fig. 6) si

quanto più l’edificio è capace di assorbire que-

intende l’insieme degli elementi che garantisco-

ste sollecitazioni senza subire danni (capacità)

no il sostegno del suo stesso peso (cosiddetto

tanto meno è vulnerabile. Gli studi sulla vulne-

peso proprio), dei carichi che può contenere al

rabilità sismica si occupano del confronto tra

suo interno (persone, suppellettili, attrezzature,

domanda e capacità, controllando se e quanto

ecc.) e delle azioni che provengono dall’am-

la domanda è maggiore della capacità (valuta-

biente esterno (es. vento, neve, terremoto).

zione della vulnerabilità) e, qualora sia necessa-

La funzione della struttura portante è garanti-

rio, indicando come intervenire per diminuire la

re che l’edificio possa essere utilizzato con le

propensione che ha l’edificio di danneggiarsi in

prestazioni attese e il livello di sicurezza pre-

seguito al verificarsi di un dato evento sismico.

visto dalle norme. In Italia, in particolare per

Un edificio è costituito da tre componenti

l’edilizia di tipo residenziale, i materiali che si

principali:

utilizzano per realizzare la struttura portante di

• la struttura portante (es. muri portanti, pila-

un edificio sono principalmente due: muratura e cemento armato (Fig. 7, a) e b)). Molto

stri, travi, solai, ecc.)

pochi sono gli edifici costruiti in acciaio o le-

• gli elementi non portanti ma che assolvono

gno (Fig. 7, c) e d)).

funzioni proprie della vivibilità dell’edificio

Figura 6. Ingv - Esempio di struttura portante (sulla sinistra) e tamponature esterne (sulla destra) di un edificio.

72

PARTE TERZA / TERREMOTO


A

B

C

D

Figura 7. Esempi di struttura portante: a) muratura, b) cemento armato, c) acciaio, d) legno.

Per come è fatta la struttura portante delle

io di ogni piano) e i loro collegamenti (nodi).

differenti tipologie edilizie il comportamento

Se i collegamenti tra i vari elementi sono stati

in caso di terremoto di un edificio in muratu-

progettati e realizzati pensando al terremoto

ra è differente rispetto a quello di un edifico

allora l’azione sismica sarà distribuita in modo

in cemento armato. Infatti, nelle strutture in

adeguato tra tutti gli elementi della struttura,

muratura la resistenza al terremoto dipende

assicurando una maggiore resistenza all’azio-

essenzialmente dai muri “maestri” esterni ed

ne sismica (edificio meno vulnerabile). In caso

interni, dal collegamento tra loro e del collega-

contrario, l’azione sismica sarà concentrata

mento con i solai. Invece, per una struttura in

solo in alcuni elementi provocandone una ri-

cemento armato la resistenza è concentrata in

chiesta di resistenza locale maggiore di quella

elementi singoli quali i pilastri (elementi verti-

con la quale essi sono stati progettati (si veda-

cali), le travi (elementi sui quali poggia il sola-

no gli esempi riportati nelle Figg. 8, 9, 10).

73

PARTE TERZA / TERREMOTO


Figura 8. Esempi di danneggiamento in edifici in muratura

Figura 9. Esempi di crollo e danneggiamento in edifici in cemento armato (a destra: crollo di tamponature e danni locali a pilastri e nodi; a sinistra: crollo totale del piano terra)

Figura 10. Esempio di danno localizzato in una struttura in cemento armato (grave danno alla testa di un pilastro a causa della presenza delle tamponature di altezza limitata per la realizzazione di finestre a nastro).

74

PARTE TERZA / TERREMOTO


In un edificio, durante un terremoto, anche

sono causare serie conseguenze alle perso-

gli elementi cosiddetti non strutturali (es. tam-

ne, anche se l’edificio non fosse per niente

ponature esterne, tramezzi interni, controsof-

danneggiato.

fitti, camini ecc.) possono subire seri danni

Ritornando alla similitudine con l’autobus,

causando sia gravi conseguenze alle persone

così come ciascun passeggero riesce a reg-

sia costi e tempi elevati per la loro riparazio-

gersi in modo più o meno efficace rispetto ad

ne (Fig. 11). Questo può accadere anche in

altri, così ciascun edificio ha una propria vul-

assenza di danni alla struttura portante e può

nerabilità sismica in relazione alle differen-

coinvolgere le persone che stanno cercando di

ti caratteristiche costruttive con cui è stato

uscire e allontanarsi dall’edificio. Ecco perché,

realizzato.

Figura 11. Due esempi di danno agli elementi non strutturali: crollo parziale ed espulsione della tamponatura esterna in un edificio in cemento armato (sinistra); crollo rovinoso di tramezzi divisori all’interno (destra).

come riportato nella scheda dei comportamen-

Quindi, a parità di forza ed energia dell’e-

ti della campagna, durante un terremoto è pre-

vento sismico, la previsione della gravità

feribile non scappare fuori ma ripararsi ad es.

del danno che si può verificare, e quindi la

sotto un tavolo, un letto (o un banco se si è in

vulnerabilità della struttura, dipende da una

una scuola) e attendere la fine della scossa e

serie di fattori come il tipo di materiale uti-

solo allora, con calma, individuare un percorso

lizzato (muratura, cemento armato, ecc.), la

sicuro per poter evacuare l’edifico.

qualità del materiale, l’età di costruzione, lo

Anche gli impianti possono provocare danni,

schema resistente della struttura (telai, pa-

principalmente alla persone, con cortocircui-

reti, ecc.), l’altezza della struttura, ecc.

ti elettrici, fughe di gas e altri problemi simili. Infine, molto importante è tener conto di

Dall’osservazione del danneggiamento di ter-

mobili e suppellettili interne all’abitazione,

remoti passati si è visto che edifici con ca-

come gli armadi che, con la loro caduta, pos-

ratteristiche simili, sotto l’azione della stes-

75

PARTE TERZA / TERREMOTO


sa intensità sismica, subiscono danni simili.

di analitici), i quali cercano di rappresentare,

Sempre avendo come riferimento l’esempio

nel modo fisicamente più prossimo alla real-

del passeggero nell’autobus, la capacità del-

tà, il comportamento degli edifici, e delle co-

la classe “adulti”, pur avendo al suo interno

struzioni in genere, sotto l’effetto di differenti

qualche piccola differenza tra gli individui

terremoti. Questi due approcci sono spesso

che la compongono, è nettamente differente

integrati dal cosiddetto giudizio “esperto” di

rispetto a quella della classe “anziani”, me-

specialisti nel campo dell’ingegneria sismica.

diamente meno capaci di resistere alle solle-

Per poter stimare la vulnerabilità “a priori” si

citazioni esterne. Riconoscere questo diverso

può operare considerando che strutture re-

comportamento in gruppi di persone (nel no-

alizzate con caratteristiche costruttive simili

stro caso di edifici) con caratteristiche simili

possono essere raggruppate in classi omoge-

significa in sostanza classificarli in termini di

nee sul piano della loro vulnerabilità attesa.

capacità rispetto ad una causa (il terremoto) che può provocare delle conseguenze (danni).

Ad es. alla classe ad alta vulnerabilità corri-

Se l’osservazione dei danni dopo un terremo-

spondono gli edifici in muratura più scaden-

to ci consente di attribuire la vulnerabilità “a

te (struttura portante in pietrame), una vul-

posteriori”, la stima della vulnerabilità sismica

nerabilità più bassa è assegnata agli edifici

degli edifici prima che si verifichi un terremoto

con una muratura più resistente (struttura

(valutazione “a priori”, cosiddetta in tempo di

portante in mattoni) e alla classe con bassa

pace) è certamente un tema più complesso.

vulnerabilità gli edifici con struttura in ce-

Infatti, dopo un evento sismico è sufficiente

mento armato.

rilevare i danni che sono stati provocati, associandoli all’intensità della scossa subita e alle

Differenti sviluppi sono stati fatti nel corso

differenti tipologie di edifici presenti. Invece

degli anni introducendo classificazioni più

per l’attribuzione della vulnerabilità “a priori”

dettagliate e anche classi aggiuntive consi-

(in tempo di pace), sono stati messi a punto

derando anche eventuali rinforzi strutturali

numerosi metodi che si basano sia sull’espe-

come cordoli e/o catene o la tipologia di so-

rienza tratta da terremoti passati (metodi em-

laio presente (legno, pignatte con travetti di

pirici) che su calcoli e modelli numerici (meto-

cemento o di acciaio).

76

PARTE TERZA / TERREMOTO


RISCHIO SISMICO a cura di Sergio Castenetto e Angelo Masi ANCHE IL PROSSIMO TERREMOTO FARÀ DANNI? Dipende soprattutto dalla forza del terremoto (se ne verificano migliaia ogni anno, la maggior parte di modesta energia) e dalla vulnerabilità degli edifici. Nella zona in cui vivi già in passato i terremoti hanno provocato danni a cose e persone. È possibile quindi che il prossimo forte terremoto faccia danni: per questo è importante informarsi, fare prevenzione ed essere preparati a un’eventuale scossa di terremoto.

Ogni giorno, ciascuno di noi ha a che fare con

questo caso era rappresentato dal brutto voto

pericoli e rischi di vario genere. L’errore che

che avremmo potuto prendere. Quindi, espri-

spesso si fa, tuttavia, è quello di considerare

mendoci in un modo più formale, possiamo

i due termini equivalenti: pericolo e rischio

dire che il rischio è il risultato di tre compo-

sono considerati la stessa cosa.

nenti: pericolosità, vulnerabilità ed esposizione. Consideriamo ora il problema sismico.

In realtà, il pericolo è rappresentato da un evento “pericoloso”, che può cioè produrre

Il terremoto è un fenomeno naturale e la si-

conseguenze, ma che non è certo avvenga o

smicità (frequenza e forza con cui si manife-

per lo meno non sappiamo quando avverrà,

stano i terremoti) è una caratteristica fisica

mentre il rischio è rappresentato dalle con-

del territorio, al pari del clima, dell’orogra-

seguenze dell’evento.

fia, dell’idrografia, ecc.

Facciamo un esempio legato ai nostri trascor-

Così come la penisola è caratterizzata da due

si scolastici. L’interrogazione di matematica

catene montuose principali, le Alpi e gli Appen-

rappresentava certamente un pericolo per il

nini, allo stesso modo possiamo dire che, ad

brutto voto che avremmo potuto prendere, ma

esempio, la Calabria e la Sicilia orientale sono

non sapevamo quando il professore ci avreb-

interessate da terremoti poco frequenti ma di

be interrogato nel corso dell’anno scolastico.

elevata energia, mentre nell’Appennino setten-

Le possibili conseguenze dell’interrogazione

trionale i terremoti sono più frequenti ma l’e-

dipendevano da quanto eravamo vulnerabili,

nergia sprigionata è generalmente minore.

cioè preparati a rispondere alle domande del

Conoscendo la frequenza e l’energia (magnitu-

professore. Ovviamente la probabilità di es-

do) associata ai terremoti che caratterizzano un

sere interrogati e quindi di subirne le conse-

territorio ed attribuendo un valore di probabilità

guenze dipendeva da quanto eravamo esposti

al verificarsi di un evento sismico di una certa

alla possibile interrogazione, cioè se eravamo

magnitudo, in un certo intervallo di tempo, pos-

presenti o assenti alla lezione. Il rischio in

siamo definire la sua “pericolosità sismica”.

77

PARTE TERZA / TERREMOTO


Un territorio avrà una pericolosità sismica

danneggiata da una scossa sismica, si defini-

tanto più elevata quanto più forte sarà, a

sce, come detto, “vulnerabilità”.

parità di intervallo di tempo considerato, il Quanto più un edificio è vulnerabile (per

terremoto più probabile.

la scadente qualità dei materiali utilizzaMa in un territorio ad elevata pericolosità si-

ti o per le modalità di costruzione), tanto

smica non necessariamente le conseguenze

maggiori saranno le conseguenze che ci si

di un terremoto sono sempre gravi; basti pen-

devono aspettare in seguito alle oscillazio-

sare alle numerose scosse che ogni anno in-

ni cui la struttura sarà sottoposta.

teressano nazioni come il Giappone o gli Stati Uniti e che, nonostante l’energia associata

Immaginiamo ora di considerare la funzio-

all’evento, provocano danni limitati. Molto di-

ne cui è adibito un edificio; ad esempio una

pende infatti, dalle caratteristiche di resisten-

abitazione o un ufficio in ore diverse della

za delle costruzioni alle azioni di una scossa

giornata (giorno, notte), oppure una scuo-

sismica. Questa caratteristica, o meglio la

la o un albergo in periodi diversi dell’anno

predisposizione di una costruzione ad essere

(estate, inverno).

78

PARTE TERZA / TERREMOTO


Avremo una maggiore o minore possibili-

zioni e di antropizzazione (natura, qualità e

tà di conseguenze alle persone secondo

quantità dei beni esposti), ci si può attende-

l’ora o il momento dell’anno in cui avvie-

re in un dato intervallo di tempo.

ne il terremoto. Ecco allora che, a partire da un’azione non Una considerazione analoga si può fare con-

modificabile dall’uomo (lo scuotimento del ter-

siderando una città d’arte e una cittadina mo-

reno) che può provocare un danno, è possi-

derna. Pensiamo ai danni inestimabili subiti

bile anche individuare quali siano gli elementi

dai monumenti di Assisi a causa del periodo

sui quali agire per ridurre gli effetti: la resisten-

sismico umbro-marchigiano del 1997. Anche

za delle costruzioni (vulnerabilità), le caratteri-

in questo caso le conseguenze non sono para-

stiche di utilizzo del territorio (esposizione).

gonabili a quelle che si avrebbero in un picco-

L’Italia ha una pericolosità sismica medio-alta

lo centro montano, ad esempio.

(per frequenza e intensità dei fenomeni), una vulnerabilità elevata (per fragilità del patrimo-

Questa maggiore possibilità di subire un

nio edilizio, infrastrutturale, industriale, pro-

danno (economico, in termini di vite umane,

duttivo e dei servizi) e un’esposizione altis-

ai beni culturali, ecc.) viene definita “espo-

sima (per densità abitativa e presenza di un

sizione”. L’insieme dei fattori “pericolosità”,

patrimonio storico, artistico e monumentale

“vulnerabilità” ed “esposizione”, consentono

unico al mondo). La nostra penisola è dunque

di valutare il rischio sismico di un territorio,

ad elevato rischio sismico, in termini di vitti-

ossia la misura dei danni che, in base al

me, danni alle costruzioni e costi diretti ed in-

tipo di sismicità, di resistenza delle costru-

diretti attesi a seguito di un terremoto.

79

PARTE TERZA / TERREMOTO


PER SAPERNE DI PIÙ • Rischio sismico http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/descrizione_sismico.wp

• Pericolosità http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/descrizione_sismico.wp?pagtab=1#pag-content

• Vulnerabilità http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/descrizione_sismico.wp?pagtab=2#pag-content

• Esposizione http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/descrizione_sismico.wp?pagtab=3#pag-content

80

PARTE TERZA / TERREMOTO


PREVENZIONE a cura di Sergio Castenetto e Angelo Masi Prevenire il possibile danno causato da un

smica” di un territorio è una caratteristica

evento, qualunque esso sia, significa mettere

fisica che non si può modificare. La pre-

in atto una serie di azioni che consentano di

venzione o meglio la riduzione degli effet-

evitarlo o almeno di ridurne le conseguenze.

ti di un terremoto si ottiene intervenendo

Tornando all’esempio dell’interrogazione scola-

sulle altre componenti del rischio: la pre-

stica, per ridurre le possibili conseguenze, os-

disposizione a subire il danno (vulnerabi-

sia riuscire a prendere almeno una sufficienza,

lità) e il valore di ciò che è esposto a un

non posso certo agire sul pericolo, perché non

possibile terremoto (esposizione).

posso influenzare le decisioni del professore su chi interrogherà. Posso, però, studiare di

Una efficace politica di prevenzione è fatta di

più e quindi essere meno vulnerabile o più fur-

regole e norme, ma soprattutto è basata su

bescamente darmi malato nei giorni di interro-

un modello culturale nuovo nei confronti del

gazione, riducendo la mia esposizione. Finito il

terremoto. La prevenzione, infatti, essendo il

periodo di malattia, però, non potrò più evitare

rischio sismico indissolubilmente legato alla

che il professore mi interroghi.

presenza dell’uomo, richiede un rapporto consapevole e responsabile dell’uomo con il terri-

Anche nel caso del terremoto, è possibile

torio in cui vive. In questa attività di prevenzio-

ridurre le sue conseguenze ma non annul-

ne due sono gli attori principali: le istituzioni e

lare il rischio. L’evento (il terremoto), in-

il cittadino, ciascuno dei quali svolge un ruolo

fatti, non è evitabile e la “pericolosità si-

importante e interagisce con l’altro.

81

PARTE TERZA / TERREMOTO


COSA FA LO STATO PER AIUTARTI? Nel 2009, dopo il terremoto dell’Aquila, lo Stato ha avviato un piano nazionale per la prevenzione sismica, che prevede lo stanziamento alle Regioni di circa un miliardo di euro in sette anni con diverse finalità: • indagini di microzonazione sismica, per individuare le aree che possono amplificare lo scuotimento del terremoto • interventi di miglioramento sismico di edifici pubblici strategici e rilevanti • incentivi per interventi di miglioramento sismico di edifici privati.

Lo Stato, ma più in generale le istituzioni, agi-

di Ingegneria Sismica) ed Eucentre, che svol-

scono in vari modi per aumentare la sicurezza

gono, per conto del Dipartimento della Prote-

della popolazione nei confronti del rischio si-

zione Civile (Dpc), studi e ricerche su temati-

smico, attraverso:

che relative alla valutazione e riduzione della

• il miglioramento delle conoscenze sul fe-

vulnerabilità delle strutture esistenti (edifici e

nomeno, il monitoraggio del territorio e la

infrastrutture viarie), allo sviluppo di criteri di

valutazione del pericolo a cui è esposto il

progetto e verifica innovativi concernenti le

patrimonio abitativo, la popolazione e i si-

opere geotecniche (come dighe e gallerie),

stemi infrastrutturali (la viabilità, le reti elet-

alle nuove metodologie per la mitigazione del

triche, idriche, gasdotti, ferrovie ecc.)

rischio che utilizzano dispositivi e materiali innovativi, al monitoraggio di strutture e infra-

• la riduzione di vulnerabilità ed esposizione con azioni indirette (classificazione

strutture ecc.

sismica, normativa per le costruzioni, mi-

Le ricerche sono basate su studi teorici e su

crozonazione sismica, pianificazione del

estese campagne sperimentali effettuate pres-

territorio) e azioni dirette (interventi sulle

so i principali laboratori italiani di ingegneria

costruzioni)

sismica e sono finalizzate allo sviluppo di ma-

• intervenendo sulla popolazione con una

nuali applicativi, proposte di normativa e mes-

costante e incisiva azione di informazione

sa a punto di procedure operative a supporto

e sensibilizzazione (come ad esempio la

dell’azione del Dpc.

campagna Io non rischio Terremoto).

Gli studi sono un elemento di base importante

Un ruolo molto importante hanno le attività

per applicare il concetto di prevenzione sismi-

di studio e ricerca. In particolare, per quan-

ca, ma, perché ciò accada in modo concreto

to riguarda l’ingegneria sismica, negli ultimi

e diffuso, sono necessari tecnici competenti,

anni sono nati in Italia centri di competenza

politici lungimiranti e, soprattutto, cittadini in-

come ReLUIS (Rete dei Laboratori Universitari

formati e consapevoli.

82

PARTE TERZA / TERREMOTO


IL PIANO NAZIONALE PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO SISMICO

• studi di microzonazione sismica e analisi della condizione limite per la gestione dell’emergenza

Dopo il terremoto aquilano del 6 apri-

• interventi di rafforzamento locale o miglio-

le 2009, lo Stato ha avviato un piano di

ramento sismico o demolizione e ricostru-

interventi per la riduzione del rischio si-

zione di edifici e opere pubbliche di inte-

smico, a livello nazionale, che prevede lo

resse strategico per finalità di protezione

stanziamento di circa 965 milioni di euro

civile. Sono esclusi dai contributi gli edifici

distribuiti su sette anni. Per la prima volta,

scolastici, oggetto di altri finanziamenti, ad

attraverso un programma organico plurien-

eccezione di quelli che ospitano funzioni

nale, l’intero territorio nazionale viene inte-

strategiche e sono individuati nei piani di

ressato da studi per la caratterizzazione si-

emergenza di protezione civile

smica delle aree e da interventi per rendere

• interventi strutturali di rafforzamento locale

più sicuri gli edifici pubblici e privati. No-

o miglioramento sismico o di demolizione e

vità assoluta del piano è la possibilità per i

ricostruzione di edifici privati

cittadini di richiedere contributi economici

• altri interventi urgenti e indifferibili per la

per realizzare interventi su edifici privati e

mitigazione del rischio sismico, con par-

non solo di beneficiare di detrazioni fiscali.

ticolare riferimento a situazioni di elevata vulnerabilità ed esposizione.

La cifra di 965 milioni di euro, anche se cospi-

L’Opcm n. 3907 del 1 dicembre 2010 ha rego-

cua rispetto al passato, rappresenta una mini-

lato l’utilizzo del contributi della prima annua-

ma percentuale del fabbisogno necessario per

lità. L’Opcm n. 4007 del 29 febbraio 2012 di-

il completo adeguamento sismico degli edifici

sciplina l’utilizzo dei fondi dell’annualità 2011.

pubblici e privati e delle infrastrutture strategi-

La nuova Ordinanza del Capo del Dipartimen-

che. Tuttavia, il piano può avviare un processo

to della Protezione Civile n. 52 del 20 febbraio

virtuoso che porterà a un deciso passo avanti

2013 disciplina i fondi per l’anno 2012.

nella crescita di una cultura della prevenzio-

Gli interventi previsti dalle ordinanze vengono

ne sismica da parte della popolazione e degli

attuati attraverso programmi predisposti dalle

amministratori pubblici. L’attuazione del piano

Regioni e dalle Province Autonome, in base a

è regolata attraverso Ordinanze del Presidente

strategie e priorità che tengono conto delle ca-

del Consiglio dei Ministri (dopo l’approvazione

ratteristiche territoriali.

della Legge 100/12 sono Ordinanze del Capo

Rispetto al passato, diversi sono gli elementi

Dipartimento della Protezione Civile), che di-

di novità introdotti dal piano nazionale di pre-

sciplinano l’uso dei contributi impiegati nei

venzione del rischio sismico. Tra gli strumenti

Comuni a elevata pericolosità sismica (ag≥

di prevenzione sismica individuati, che con-

0.125g, vedi glossario) per:

cretamente possono incidere sulla salvaguar-

83

PARTE TERZA / TERREMOTO


dia delle persone e delle cose e che ha visto

La Condizione limite per l’emergenza (Cle)

un significativo sviluppo e diffusione negli ul-

indica la condizione per cui un insediamen-

timi trent’anni, c’è sicuramente la microzona-

to urbano, dopo un terremoto, nonostante i

zione sismica (MS).

danni subiti e l’interruzione della quasi tota-

L’osservazione dei danni alle costruzioni e

lità delle funzioni urbane presenti, compresa

alle infrastrutture spesso evidenzia differenze

la residenza, conserva comunque l’operativi-

sostanziali anche a piccole distanze, oppure

tà della maggior parte delle funzioni strategi-

crolli e danni notevoli anche a grandi distanze

che per l’emergenza (edifici strategici, aree

dall’epicentro. Esempi di questo tipo si sono

di emergenza), la loro accessibilità e connes-

riscontrati in quasi tutti i terremoti accaduti

sione con il contesto territoriale.

negli ultimi cento anni.

La sua analisi è finalizzata a determinare,

Sicuramente la qualità delle costruzioni può

quindi, quanto un insediamento urbano sia

influire sulle differenze del danno, ma spesso

in grado di sostenere le condizioni estreme

le cause vanno ricercate in una differente pe-

determinate dalla distruzione prodotta da

ricolosità sismica locale, determinata da effetti

un forte terremoto, garantendo la gestione

di amplificazione del moto sismico o da insta-

dell’emergenza.

bilità del suolo.

Altro elemento innovativo del piano naziona-

Tutto ciò è oggetto degli studi di MS, attraverso

le di prevenzione del rischio sismico è la de-

i quali è possibile individuare e caratterizzare

stinazione di parte dei contributi a interven-

le zone che durante un terremoto si possono

ti sull’edilizia privata, facoltativi nella prima

considerare stabili, le zone stabili suscettibili

annualità, previsti obbligatoriamente per le

di amplificazione locale e le zone suscettibili

annualità successive. Nella prima annualità

di instabilità, quali frane, rotture della superfi-

(2010) solo la Regione Marche ha destinato

cie per faglie e liquefazioni del terreno.

parte dei fondi, circa 400mila euro, a inter-

Gli studi di MS forniscono dunque informa-

venti sull’edilizia privata.

zioni utili per il governo del territorio, per la

I cittadini possono richiedere contributi per

progettazione, per la pianificazione per l’emer-

gli interventi di rafforzamento locale, miglio-

genza e per la ricostruzione post sisma.

ramento sismico, demolizione e ricostruzione

A partire dal 2012 (Opcm 4007), gli studi di

sugli edifici privati consultando i bandi dei

MS realizzati con i fondi del piano nazionale

propri Comuni sugli albi pretori e sui siti web

sono accompagnati dall’analisi della Condizio-

istituzionali. È compito dei Comuni registrare

ne limite per l’emergenza (Cle), per ottenere

le richieste di contributi dei cittadini per poi

una maggiore integrazione delle azioni volte

trasmetterle alle Regioni, che le inseriscono

a mitigare il rischio sismico con quelle volte

in una graduatoria di priorità. Le richieste

a migliorare la gestione delle attività in emer-

sono ammesse fino a esaurimento dei fondi

genza subito dopo un terremoto.

disponibili.

84

PARTE TERZA / TERREMOTO


COSA DEVI SAPERE? In quale zona vivi L’Italia è un Paese interamente sismico, ma il suo territorio è classificato in zone a diversa pericolosità. Chi costruisce o modifica la struttura di un’abitazione è tenuto a rispettare le norme sismiche della propria zona, per proteggere la vita di chi ci abita. Per conoscere la zona sismica in cui vivi e quali sono le norme da rispettare, rivolgiti agli uffici competenti della tua Regione o del tuo Comune.

Sulla base della frequenza e intensità dei ter-

co può capitare ovunque, la robustezza

remoti del passato, tutto il territorio italiano è

degli edifici pubblici (scuole, ospedali) va

stato classificato in quattro zone sismiche che

controllata.

prevedono, per ogni Comune, l’applicazione di La classificazione del territorio è iniziata nel

livelli crescenti di protezione per le costruzioni.

1909, dopo il disastroso terremoto di Reggio Zona 1

Calabria e Messina del 28 dicembre 1908, ed

È la più pericolosa. In questa zona un for-

è stata aggiornata numerose volte fino all’at-

tissimo terremoto è possibile. Per questo

tuale, disposta a partire dall’anno 2003 con

motivo, le norme tecniche prevedono rego-

l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei

le molto severe sia nella progettazione di

Ministri n. 3274. Nel tempo essa potrà subi-

nuove costruzioni che nella ristrutturazione

re nuove modifiche ogni volta che il migliora-

di quelle esistenti

mento delle conoscenze renderà necessario

Zona 2

un suo aggiornamento.

In questa zona ci possono essere forti terremoti e il rispetto delle regole assicura che in

L’adozione della classificazione sismica

caso di nuove scosse gli edifici resistano sal-

del territorio spetta per legge alle Regioni.

vaguardando la vita degli occupanti. Zona 3

Ciascuna Regione, pertanto, ha classificato il

I forti terremoti sono meno probabili ri-

territorio anche introducendo, nel rispetto de-

spetto alla zona 1 e 2. È importante co-

gli indirizzi nazionali, delle sottozone per me-

munque costruire bene le case

glio tenere conto della effettiva sismicità del

Zona 4

territorio di propria competenza. Per questo

È la zona meno pericolosa. La probabili-

nella carta della classificazione sismica (vedi

tà che capiti un terremoto è molto bassa.

cartina a pagina 87) compaiono in alcune re-

Ma poiché un piccolo scuotimento sismi-

gioni zone 2A, 2B, 3A, 3B, ecc.

85

PARTE TERZA / TERREMOTO


Per conoscere la zona sismica in cui è

bisca danni significativi per i terremoti che con

classificato il territorio in cui si vive, ci

più frequenza interessano l’area in cui ricade,

si può quindi rivolgere alla Regione o al

mentre potrà subire danni, anche gravi, solo

Comune.

per i terremoti di forte intensità (quelli più rari),

Nei comuni classificati sismici, chiunque

senza però crollare.

costruisca una nuova abitazione o inter-

Pur danneggiandosi, un edificio antisismico

venga su una abitazione esistente, modi-

sarà in grado, quindi, di proteggere la vita di

ficando le parti strutturali (muri portanti,

chi lo occupa.

solai, travi, pilastri, tetto, fondazioni ecc.)

Per garantire che l’edificio sopporti lo scuo-

è obbligato a farlo rispettando la norma-

timento del terremoto, le attuali Norme tec-

tiva antisismica, cioè criteri particolari di

niche per le costruzioni (DM del14 gennaio

progettazione e realizzazione degli edifici.

2008), entrate definitivamente in vigore il 1° luglio 2009, prevedono che per ogni costruzio-

Ciò è avvenuto già a partire dal 1909, dopo

ne ci si debba riferire per la definizione dell’a-

il terremoto calabro-messinese del 1908,

zione sismica di cui tenere conto nei calcoli

quando furono pubblicati i primi elenchi di

di progetto, a una accelerazione di “sito” (ag)

comuni nei quali per le nuove costruzioni era

individuata sulla base delle coordinate geogra-

necessario applicare specifiche norme.

fiche dell’area dove si deve realizzare l’opera

La normativa tecnica per le costruzioni da ap-

e in funzione della “vita nominale” dell’opera,

plicarsi in zona sismica, a partire dal Regio

cioè del numero di anni durante i quali una

Decreto n. 193 del 18 aprile 1909 contenente

struttura deve poter essere usata per lo scopo

le “norme tecniche obbligatorie per le riparazio-

per cui è stata progettata, generalmente pari o

ni, ricostruzioni e nuove costruzioni degli edifici

superiore a 50 anni.

pubblici e privati e l’elenco dei Comuni sottopo-

Questo valore di pericolosità di base è stato

sti all’osservanza di dette norme”, si è evoluta,

definito e reso disponibile per ogni punto del

per giungere alle più recenti disposizioni.

territorio nazionale, su una maglia quadrata di cinque km di lato, indipendentemente dai

Il principio sul quale si fonda la normativa

confini amministrativi comunali (http://esse1-

vigente è quello di prescrivere norme per

gis.mi.Ingv.it/).

le costruzioni tali che un edificio sopporti

La classificazione sismica (zona sismica di ap-

senza gravi danni i terremoti meno forti e

partenenza del Comune) e il relativo valore di

senza crollare i terremoti più forti, salva-

pericolosità attribuito alle zone, dunque, non

guardando prima di tutto le vite umane.

serve per la progettazione delle opere, ma è utile per la pianificazione e per il controllo del

Ciò significa, in altri termini, garantire che un

territorio da parte degli enti preposti (Regione,

edificio costruito con criteri antisismici non su-

Genio Civile, ecc.)

86

PARTE TERZA / TERREMOTO


87

PARTE TERZA / TERREMOTO


Per il cittadino sapere la zona sismica in

to delle norme tecniche per le costruzioni

cui ricade il Comune dove abita è un’in-

e delle rispettive competenze, occuparsi

formazione utile a comprendere il livello

della progettazione corretta delle struttu-

di pericolosità sismica dell’area, ossia la

re di nuovi edifici o della realizzazione di

possibilità che possa essere interessata da

interventi sulle strutture di un edificio esi-

terremoti e la loro forza. Spetta ai tecnici

stente per renderlo più sicuro in caso di

esperti (ingegneri strutturisti), nel rispet-

terremoto.

LA SICUREZZA DELLA TUA CASA È importante sapere quando e come è stata costruita la tua casa, su quale tipo di terreno, con quali materiali. E soprattutto se è stata successivamente modificata rispettando le norme sismiche. Se hai qualche dubbio o se vuoi saperne di più, puoi rivolgerti all’ufficio tecnico del tuo Comune oppure a un tecnico esperto.

La classificazione sismica del territorio e l’ap-

sismicità e del livello di rischio del territorio in

plicazione di norme e regole per le costruzio-

cui vive. Questo modello culturale nuovo nei

ni, non ha ridotto ancora in modo significati-

confronti del terremoto si deve tradurre in una

vo l’entità del rischio sismico in Italia. Il limite

crescita della responsabilità individuale, con-

fondamentale della prevenzione affidata alla

dizione indispensabile per una efficace azione

sola applicazione del binomio classificazione

di prevenzione.

sismica - normativa è dato dalla presenza in Italia di un consistente patrimonio edilizio sto-

È importante saperne di più sulla pro-

rico, che caratterizza gran parte dei centri abi-

pria abitazione, conoscendo innanzitutto

tati e che spesso si presenta degradato e più

se l’edificio in cui l’abitazione è ubicata

vulnerabile, senza contare il patrimonio edili-

è stato progettato o meno considerando

zio abusivo, spesso concentrato proprio dove

norme antisismiche.

maggiore è il livello di pericolosità, che non of-

A tale scopo il confronto tra l’epoca di

fre certamente garanzie di resistenza alle azio-

costruzione dell’immobile con l’anno di

ni sismiche.

prima classificazione sismica del comune

Il problema è, dunque, avviare il recupero di

è un efficace indicatore.

questa edilizia in chiave antisismica, recupe-

Questo parametro però non è esaustivo

ro che richiede la partecipazione diretta del

in merito alla sicurezza del proprio im-

cittadino, consapevole delle caratteristiche di

mobile rispetto all’eventuale verificarsi di

88

PARTE TERZA / TERREMOTO


eventi sismici. Pertanto, qualora il citta-

zioni in zona sismica. Solo tecnici esperti

dino abbia dei dubbi o voglia conoscere

di questa materia possono dare un giudi-

l’effettivo livello di sicurezza del proprio

zio sulla qualità delle costruzioni e sulle

edificio, è sempre importante che si rivol-

caratteristiche di resistenza di un edificio

ga a un tecnico specializzato in costru-

alle azioni sismiche.

COSA DEVI FARE PER LA TUA SICUREZZA? Con il consiglio di un tecnico A volte basta rinforzare i muri portanti o migliorare i collegamenti fra pareti e solai: per fare la scelta giusta, fatti consigliare da un tecnico esperto.

I problemi che si notano sugli edifici esi-

Le costruzioni realizzate dopo l’entrata

stenti possono essere evitati o ridotti ade-

in vigore della classificazione sismica e

guatamente, per quelli nuovi, già in fase di

quindi soggette al rispetto delle norme è

progettazione.

molto probabile che siano sismicamente protette, che siano state costruite, cioè,

Realizzare edifici nuovi “poco” vulnerabi-

nel rispetto delle norme, in vigore già dal

li (anche se l’invulnerabilità è un mito) è

1909 per alcune zone d’Italia.

abbastanza semplice e non comporta costi elevati: basta rispettare poche regole

Ciò non toglie che, in assenza di controlli o a

contenute già nelle norme tecniche per le

seguito di ristrutturazioni irregolari, le caratte-

costruzioni in zona sismica.

ristiche di resistenza della costruzione possono essere venute meno.

Tuttavia, tenuto conto delle caratteristiche del patrimonio edilizio italiano, in cui sono

Quindi, in tutti i casi, per fare la scelta

presenti molti edifici antichi ma soprattutto

giusta è importante affidarsi a un tecni-

vecchi, molti dei quali costruiti senza rego-

co esperto, sia per una valutazione delle

le antisismiche negli anni ’50, ’60 e ’70 e,

caratteristiche dell’edificio sia per farsi

dunque, anche piuttosto “stanchi”, possia-

consigliare su eventuali interventi, che in

mo dire che la vera sfida che abbiamo da-

molto casi possono essere anche semplici

vanti per la riduzione del rischio sismico è

e poco costosi. Molto importante è rivol-

la messa in sicurezza degli edifici esistenti,

gersi a professionisti che siano esperti di

pubblici e privati.

ingegneria sismica.

89

PARTE TERZA / TERREMOTO


Figura 1. Esempio di rafforzamento di nodi strutturali

Nel campo delle costruzioni ciò spesso non

che si cerca di evitare o limitare al massimo.

accade, contrariamente a quanto accade in

Al contrario, le indagini e la conseguente va-

ambito sanitario: si cerca sempre un bravo

lutazione della vulnerabilità sono fondamentali

medico ma nessuna persona di buon senso si

per capire quali siano le cause che determina-

sognerebbe, avendo problemi a un ginocchio,

no la debolezza dell’edificio e, di conseguen-

di andare da un dermatologo invece che da

za, cosa si può fare per ridurla individuando

un ortopedico.

quello che è realmente necessario. Ciò eviterà

Operare su edifici esistenti significa anzitutto

sia di fare meno di quanto è necessario per

valutarne la vulnerabilità sismica attuale. Tale

salvaguardare la nostra vita e quella della no-

operazione di diagnosi è spesso sottovalutata

stra famiglia, sia più del necessario per salva-

o, anche in questo caso, affidata a mani poco

guardare il nostro “portafoglio”.

esperte. Mentre nessuno di noi si sognereb-

Ad esempio, per gli edifici in muratura, mol-

be di fare anche una banale otturazione a un

to diffusi nei centri storici e nelle zone rurali,

dente senza essersi prima sottoposti a radio-

se il materiale delle pareti è di cattiva qualità,

grafie e altre analisi, nel valutare la sicurezza

bisogna intervenire per migliorare tale qualità

della propria casa questo in genere non acca-

ma, qualora anche i solai non siano idonei (ad

de: le indagini vengono viste come un fastidio

es. solai con volte o in legno privi di manuten-

90

PARTE TERZA / TERREMOTO


zione), senza intervenire anche su di essi non

• interventi di adeguamento sismico finaliz-

si riuscirebbe a ridurre significativamente la

zato a dare all’edificio lo stesso livello di si-

vulnerabilità. Per gli edifici con struttura in ce-

curezza previsto per gli edifici nuovi dalle

mento armato, ossia i grandi fabbricati molto

norme tecniche vigenti

diffusi nelle zone urbane più recenti, è impor-

• interventi di miglioramento sismico finaliz-

tante guardare alla qualità dei materiali (cal-

zati ad aumentare complessivamente la si-

cestruzzo e acciaio), ai particolari costruttivi

curezza strutturale esistente, pur senza ne-

(ad es. come sono disposte le barre di acciaio

cessariamente raggiungere i livelli richiesti

all’interno di pilastri e travi), e alle caratteristi-

dalle norme vigenti

che generali della struttura (forma regolare o

• riparazioni o interventi locali di rafforza-

irregolare, presenza e posizione delle tampo-

mento che interessino elementi isolati,

nature esterne ecc.).

e che comunque comportino un miglio-

Gli interventi che si possono fare per ridurre

ramento delle condizioni di sicurezza

la vulnerabilità sono tanti e di tipo diverso in

preesistenti.

termini di obiettivo, tecnica e tecnologia. Per

Per quanto riguarda il tipo di intervento, le pos-

quanto riguarda l’obiettivo, la riduzione della

sibilità sono numerose. Ecco alcune indicazioni

vulnerabilità può essere “totale” o parziale:

tratte dalle attuali norme tecniche italiane:

Figura 2. Esempio di edificio in muratura con incatenamenti

91

PARTE TERZA / TERREMOTO


• rinforzo di alcune parti della struttura (pila-

• riduzione delle masse, ad esempio elimi-

stri, travi ecc.)

nando una copertura pesante e sostituen-

• aggiunta di nuovi elementi resistenti come,

dola con materiali leggeri come il legno

ad esempio, pareti in c.a. o elementi diago-

• limitazione o cambiamento della destina-

nali (controventi) in acciaio

zione d’uso dell’edificio

• saldatura o ampliamento degli spazi di sepa-

• demolizione parziale

razione insufficienti tra edifici adiacenti o inse-

• introduzione di una protezione passiva me-

rimento di materiali atti ad attenuare gli urti

diante strutture di controvento dissipative

• eliminazione di eventuali piani “deboli”

e/o isolamento alla base.

come il piano terra aperto e privo di pare-

Gli interventi devono ottenere il risultato di far

ti di tamponatura attraverso la modifica o

crescere il rapporto tra la resistenza sismica

l’inserimento di nuovi elementi strutturali

dell’edificio (capacità) e l’azione del terremo-

• trasformazione di elementi non strutturali,

to (domanda): gli interventi da 1. a 5. mira-

come la tamponature in laterizio, in ele-

no essenzialmente a far crescere la capacità,

menti strutturali, ad esempio inserendo

quelli da 6. a 8. a far diminuire la domanda,

una incamiciatura in c.a.

l’intervento tipo 9. opera su entrambi i fattori.

92

PARTE TERZA / TERREMOTO


Come si vede si tratta di soluzioni tecniche

“intelligente” in modo da ottenere il migliore

diverse, da affidare a professionisti esper-

risultato possibile in termini di efficacia tecni-

ti che possano garantirne una applicazione

ca e di efficienza economica.

COSA DEVI FARE PER LA TUA SICUREZZA? Da solo, fin da subito: • Allontana mobili pesanti da letti o divani • Fissa alle pareti scaffali, librerie e altri mobili alti; appendi quadri e specchi con ganci chiusi, che impediscano loro di staccarsi dalla parete • Metti gli oggetti pesanti sui ripiani bassi delle scaffalature; su quelli alti, puoi fissare gli oggetti con del nastro biadesivo • In cucina, utilizza un fermo per l’apertura degli sportelli dei mobili dove sono contenuti piatti e bicchieri, in modo che non si aprano durante la scossa • Impara dove sono e come si chiudono i rubinetti di gas, acqua e l’interruttore generale della luce • Individua i punti sicuri dell’abitazione, dove ripararti in caso di terremoto: i vani delle porte, gli angoli delle pareti, sotto il tavolo o il letto • Tieni in casa una cassetta di pronto soccorso, una torcia elettrica, una radio a pile, verificane periodicamente l’efficienza e assicurati che ognuno sappia dove sono • Informati se esiste e cosa prevede il Piano di protezione civile del tuo Comune: se non c’è, pretendi che sia predisposto, così da sapere come comportarti in caso di emergenza. • Elimina infine tutte le situazioni che, in caso di terremoto, possono rappresentare un pericolo per te o i tuoi familiari.

Non tutti gli interventi che aumentano la

In realtà, molte delle vittime sono ferite

sicurezza all’interno della casa in cui abi-

da oggetti che si rompono o cadono su

tiamo richiedono il coinvolgimento di un

di loro, come televisori, quadri, specchi,

tecnico o hanno bisogno di tempi lunghi

controsoffitti. Alcuni accorgimenti poco

di realizzazione e costi economici.

costosi e semplici possono rendere più sicura la nostra casa.

Il primo passo è guardarsi intorno e identificare nella nostra abitazione tutto ciò che in caso di ter-

Ad esempio, leggi le indicazioni riportate nel

remoto può trasformarsi in un pericolo. La mag-

box “Cosa devi fare per la tua sicurezza?” che

gioranza delle persone pensa che le vittime di un

sono contenute nel pieghevole di Io non ri-

terremoto siano provocate dal crollo degli edifici.

schio Terremoto.

93

PARTE TERZA / TERREMOTO


PER SAPERNE DI PIÙ • ReLUIS - Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica http://www.reluis.it

• Eucentre - Centro Europeo di Formazione e Ricerca in Ingegneria Sismica http://www.eucentre.it

• Prevenzione http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/attivita_sismico.wp?pagtab=2#pag-contentINR-Manuale-2014.docx

• Piano nazionale per la prevenzione del rischio sismico http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/piano_nazionale_art_11.wp

• Microzonazione sismica http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/microzonazione.wp

• Classificazione sismica http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/classificazione.wp

• Normativa antisismica http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/leg_rischio_sismico.wp

• Cosa fare http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/cosa_fare_sismico.wp

94

PARTE TERZA / TERREMOTO


GLI ASPETTI PSICOSOCIALI: L’ALTRA FACCIA DEL TERREMOTO a cura di Massimo Crescimbene e Federica La Longa Il terremoto non è esclusivamente un fe-

mesi, che porta gli operatori dell’emergenza a

nomeno geofisico ma anche un evento

porre attenzione all’insorgere di disagi psico-

psicosociale ed economico in considera-

logi nelle popolazioni colpite e ad attivare un

zione degli effetti che può produrre in una

servizio di supporto psicologico.

comunità.

I livelli di prevenzione e le azioni che si pos-

Per questo il terremoto è studiato, oltre

sono intraprendere per provare a ridurre il

che dalla geofisica, dall’economia e dalle

disagio psicologico causato da un terremo-

scienze sociali e umanistiche. Tra gli ar-

to, possono essere diversificati in funzione

gomenti che meritano una trattazione ci

di momenti diversi. Gli interventi di sostegno

sono sicuramente: le emozioni; la perce-

psicologico, successivi all’evento sismico rap-

zione del rischio; la comunicazione e i ru-

presentano un’azione di prevenzione secon-

mors; le relazioni, il gruppo, la comunità e

daria, ovvero offrono una “cura” per le perso-

la rete sociale

ne che sono state colpite dalla reazione acuta da stress, e così facendo mirano a evitare che

TERREMOTO ED EMOZIONI

questa si trasformi in un disturbo più struttu-

Perché è importante parlare di “effetti psicolo-

rato come il cosiddetto disturbo post-traumati-

gici del terremoto” in un corso sulla riduzione

co da stress (PTSD).

del rischio sismico?

Ma esiste un secondo livello di intervento, la

Perché riteniamo che conoscere le emozioni e

prevenzione primaria, che consiste nel met-

acquisire strumenti per padroneggiarle, prima

tere le persone in condizioni di conoscere le

che si verifichi un evento, possa fortemente

proprie emozioni e saper controllare gli effetti

influenzare la percezione, la preparazione, le

che queste hanno sul comportamento e sulla

scelte e i comportamenti per la riduzione del

salute psicologica prima che l’evento sismico

rischio sismico.

si verifichi.

Storicamente il primo a mettere in relazione i due elementi è Seneca, che con grande intu-

CONOSCERE LE NOSTRE EMOZIONI

izione pone in luce alcuni aspetti chiave del

Le emozioni ci aiutano a capire meglio ciò che

rapporto, inversamente proporzionale, tra la

ci succede, danno importanti informazioni su

mancanza di conoscenza di un fenomeno

noi stessi, sugli altri e su noi insieme agli al-

“naturale” e l‘amplificazione della paura.

tri. Avere consapevolezza delle proprie emo-

In Italia è la sequenza sismica dell’Umbria

zioni è utile per uno sviluppo adeguato della

Marche nel 1997-98 che, per la prima volta,

personalità e per favorire il benessere psico-

pone il problema degli “effetti emotivi prodotti

fisico. Inoltre riconoscere le emozioni è impor-

da un terremoto”. In particolare, è la durata

tante per poterle esprimere nel modo giusto

della sequenza, 9mila scosse protratte per sei

e per controllarle quando serve. Soltanto co-

95

PARTE TERZA / TERREMOTO


noscendo noi stessi possiamo comprendere

I sentimenti invece si riferiscono alla capaci-

le reazioni degli altri. Le emozioni non sono

tà di provare sensazioni ed emozioni in ma-

semplici risposte agli stimoli situazionali, ma

niera consapevole. I sentimenti riguardano

rispecchiano le implicazioni personali di un

la coscienza delle proprie azioni, del proprio

individuo, le sue conoscenze e la sua passata

essere e dell’altro (ad es. amicizia, amore), si

esperienza.

riferiscono a una o a più persone (o animali),

Il termine “emozione” ha origine da “emotus”,

sono meno intensi delle emozioni, durano più

participio passato di “emovere” che, letteral-

a lungo nel tempo.

mente, significa “muovere da, allontanare” e

Al momento non c’è accordo su quali e quan-

anche “scuotere, sconvolgere”. La sensazione

te siano le emozioni e ci sono tanti sistemi per

di essere mossi da ciò che si prova e che sem-

classificare e dividere le emozioni. Un sistema

bra provenire dal nostro interno è una caratteri-

di classificazione tra i più famosi è quello che

stica fondamentale dell’esperienza emotiva.

divide le emozioni in primarie e secondare. Le

Tutti proviamo ogni giorno emozioni, ma anche

emozioni fondamentali hanno espressioni fac-

sensazioni e sentimenti. Cosa differenzia le une

ciali uguali in tutto il mondo, oltre le differenze

dalle altre? Le sensazioni sono stimoli che par-

personali e culturali, e sono: rabbia, disgusto,

tono dall’ambiente, hanno effetto immediato su

paura, tristezza, gioia, sorpresa. Secondo que-

ogni persona, hanno una durata breve, un’in-

sta classificazione sono considerate, in gene-

tensità media, sono involontarie e strettamente

rale, la base di tutta la vita umana ma posso-

connesse con i nostri sensi (ad es. un ventila-

no aumentare la loro intensità, cioè andare

tore acceso provoca la sensazione di fresco, il

da un minimo a un massimo, proprio come la

sole forte la sensazione di caldo ecc.). Le emozioni sono reazioni intense, improvvise, di breve durata, causate da uno stimolo ambientale (interno o esterno), che provocano cambiamenti sulla persona a tre livelli: • fisiologico: modificazioni riguardanti la respirazione, la pressione arteriosa, il battito cardiaco, la circolazione, la digestione ecc. • comportamentale: cambiano le espressioni facciali, la postura, il tono della voce e le reazioni (ad es. attacco o fuga) • psicologico: cambia ciò che sentiamo e proviamo personalmente, si modifica il controllo di se stessi (ad es. paura, imbarazzo, tristezza, spavento).

Figura 1. Le emozioni primarie secondo P. Ekman e altri autori

96

PARTE TERZA / TERREMOTO


temperatura misurata da un termometro. Con

La maggioranza delle persone si riprende piena-

il variare della intensità l’emozione che provia-

mente da una reazione di stress di intensità mo-

mo può cambiare nome, ma si tratta sempre

derata in un arco di tempo compreso fra sei e

della stessa emozione.

16 mesi. Generalmente, se incoraggiate, le per-

Ad esempio proviamo rabbia, ma con quale

sone hanno a disposizione tutte le risorse neces-

intensità?

sarie per affrontare le emozioni, una tra le più

Se è poca saremo solo infastiditi, se è abba-

efficaci sta nella condivisione delle emozioni con

stanza saremo irritati, se è molta saremo ar-

gli altri, nell’affrontare la situazione di emergenza

rabbiati e se è moltissima saremo furiosi.

creando delle reti di sostegno reciproco basa-

Ma cosa succede alle nostre emozioni quando

te sull’ascolto all’interno delle stesse comunità.

si verifica un terremoto?

Nelle grandi emergenze si ritiene che il 5% della

Riprendendo l’esempio del termometro e della

popolazione colpita fa ricorso a un trattamento

intensità, dopo un forte terremoto, è come se

specialistico condotto da specialisti.

tutte le nostre emozioni si presentassero a un livello massimo di intensità.

LA PERCEZIONE DEL RISCHIO

Le calamità sono eventi che travalicano l’am-

Contrariamente a quanto siamo abituati a

bito dell’esperienza umana normale e che, dal

pensare, il rischio non è un dato oggettivo ma

punto di vista psicologico, sono abbastanza

è fortemente influenzato dalla nostra percezio-

traumatici da indurre stress in chiunque. È fa-

ne. Questo fa sì che e a volte la percezione si

cile immaginare che essere travolti da un even-

può distanziare anche significativamente dal

to di questo tipo sia un’esperienza che mette a

rischio reale (Figura 2).

dura prova le nostre capacità di adattamento e la nostra salute psicologica. È bene tenere presente però, che le reazioni da stress durante e dopo un terremoto vengono considerate una reazione normale a eventi non normali. Quali risorse abbiamo a disposizione per gestire le emozioni durante e dopo un’emergenza sismica? Il terremoto coinvolge emotivamente tutti. È importante ricordare sempre che dopo un evento sismico ciò che è necessario non è evitare di sentire o provare emozioni, quanto piuttosto affrontarle e imparare a fronteggiarle. Benché le reazioni di stress possano apparire estreme e possano provocare sofferenza, ge-

Figura 2. I cerchi in figura sono percepiti in movimento rotatorio, ma nella realtà non si muovono affatto.

neralmente non diventano problemi cronici.

97

PARTE TERZA / TERREMOTO


Studiare la percezione del rischio sismico ci

di ricavare il punteggio della sua percezione.

aiuta a capire come le persone “vedono” il

Altre parti del test riguardano la percezione

rischio e a costruire campagne informative e

del rischio in generale e comprendono varia-

interventi educativi più efficaci e mirati.

bili relative agli aspetti culturali, religiosi, emo-

Ci sono due approcci principali che studiano

tivi ecc.

la percezione del rischio: l’approccio realistico

Nell’esempio riportato in Tabella 1, la perce-

e l’approccio costruttivista. L’approccio reali-

zione della pericolosità sismica viene confron-

stico si basa sull’assunto che la percezione è

tata con la pericolosità sismica che la scienza

più vicina al rischio reale quanto più quest’ul-

assegna al comune del compilatore del test,

timo è conosciuto. L’approccio costruttivista

ottenuta in base ai terremoti che lo hanno ef-

ritiene che la percezione sia influenzata oltre

fettivamente colpito nei secoli passati e quel-

che dalla conoscenza del rischio anche da al-

li che, in base a studi geologici e geofisici, lo

tri fattori: sociali, religiosi, economici, storici,

possono colpire.

emotivi ecc.

Se il valore della pericolosità percepita è più

Di seguito riportiamo un esempio di test utiliz-

basso rispetto al valore della pericolosità si-

zato per “misurare” la percezione del rischio.

smica da normativa del territorio del com-

Terremototest è costruito prendendo in consi-

pilatore del test, questo significa che la sua

derazione i fattori che compongono il rischio

percezione della pericolosità è sottostimata

sismico: pericolosità, valore esposto e vulnera-

rispetto alla pericolosità sismica che viene in-

bilità e per ciascuno di questi fattori consente

dicata dalla scienza per il tuo territorio.

Tabella 1. Confronto tra la pericolosità “da normativa” e la pericolosità percepita calcolata dal test sulla percezione del rischio sismico terremototest. PERICOLOSITÀ MOLTO ELEVATA

PERICOLOSITÀ ALTA

PERICOLOSITÀ MEDIA

PERICOLOSITÀ BASSA

PERICOLOSITÀ DA NORMATIVA

1

2

3

4

PERICOLOSITÀ PERCEPITA

1

2

3

4

LA COMUNICAZIONE E I RUMORS

delle singole persone e delle comunità coin-

L’occorrenza di una situazione di emergenza

volte nell’affrontare la situazione di emergenza

o il suo possibile verificarsi genera una grande

reale o presunta.

attenzione sociale sul tema del rischio. In que-

È proprio in queste situazioni di forte appren-

ste situazioni l’informazione e la comunicazio-

sione sociale che le voci, le dicerie, i si dice, le

ne influiscono in modo rilevante sulla capacità

false notizie, con una parola i rumors, si gene-

98

PARTE TERZA / TERREMOTO


rano, prolificano e si diffondono con maggiore

consentito di stilare una vera e propria classifi-

forza e rapidità.

ca dei rumors sulla base della loro categoria e

Per questo i rumors sono di forte interesse

forza (Figura 4).

per le istituzioni e le autorità coinvolte in una emergenza e contribuiscono non poco ad alimentare lo stato di ansia sociale. Non a caso il primo studio scientifico sui rumors è stato condotto dalle università degli USA durante la seconda guerra mondiale, su specifica richiesta degli organismi di governo, che si occupavano di coordinare e gestire l’entrata in guerra degli Stati Uniti (Figura 3). Riprendendo questi studi, durante l’ultimo terremoto in Pianura Padana del 2012, alcuni ricercatori dell’Ingv hanno avviato una campagna di raccolta dei rumors, con lo scopo di catalogarli, assegnargli una forza e trovare delle appropriate misure per contrastarli. La forza del rumor è stata calcolata in base alla attendibilità della fonte, al grado di diffusione e al livello di fiducia attribuito al rumor. Questo ha

Figura 3. Le rumor clinic negli USA nel 1939. Fonte: LIFE

Figura 4. Classificazione dei rumors raccolti dopo i terremoti del 20 e 29 maggio 2012 in Pianura Padana

99

PARTE TERZA / TERREMOTO


Le azioni di contrasto ai rumors sono state costru-

• l’indicazione a non considerare autore-

ite allo scopo di cercare di aumentare la sensibi-

vole a priori nessuna fonte (comprese

lità critica della popolazione coinvolta. In questo

le istituzioni coinvolte nella campagna

specifico esempio l’obiettivo di sviluppare la sen-

informativa).

sibilità critica è stato perseguito attraverso una se-

Un ruolo chiave nella riuscita della campagna

rie di azioni concordate con le istituzioni coinvolte

di contrasto ai rumors è stato il contatto diret-

nell’emergenza. Su iniziativa del Dpc della Regio-

to con la popolazione e con i Comuni colpiti

ne Emilia-Romagna, dell’Ingv e di ReLUIS è stata

che ha permesso di costruire una relazione di

avviata una campagna di informazione rivolta alla

fiducia e di dialogo con i cittadini favorendo lo

popolazione e a tutti i Comuni colpiti dal terremo-

sviluppo del loro senso critico.

to denominata “Terremoto parliamone insieme”. La campagna prevedeva numerosi incontri con la

RELAZIONI INTERPERSONALI, GRUPPI E COMUNITÀ

popolazione e alcuni interventi dedicati alle scuo-

Un terremoto è un disastro che sconvolge l’a-

le alle Ausl - Aziende Unità Sanitarie Locali. Gran

nimo di un individuo e l’ordinamento sociale di

parte del lavoro di preparazione agli incontri, oltre

una comunità. Anche se attualmente le spie-

a vertere sui principali contenuti della campa-

gazioni scientifiche sono alla base della com-

gna, sismologia, ingegneria strutturale, psicologia

prensione di un evento naturale come il terre-

dell’emergenza, riguardava proprio i rumors e le

moto, la ricerca sui disastri non può escludere

strategie per contrastarli. Prima di ogni incontro

approcci di tipo psicologico, sociologico e an-

si effettuava una riunione dove i rumors più fre-

tropologico. Secondo alcuni studiosi il disastro

quenti della zona venivano analizzati criticamente

si compone di una dimensione tangibile e di

e dalla loro analisi scaturivano le risposte da tra-

una dimensione sociale, poiché esso avviene

smettere alla popolazione. In generale le risposte

all’interno di un particolare periodo storico e in

concordate miravano a favorire e a promuovere

uno specifico contesto sociale e culturale. L’ac-

un sano scetticismo e lo sviluppo di un senso cri-

cento sui bisogni psicosociali delle popolazioni

tico attraverso:

colpite da calamità è un concetto recente nella

• la promozione di una azione divulgativa

comprensione dei disastri. La nozione, che le

sulla sismologia e sugli aspetti psico-edu-

calamità costituiscono un rischio per la salute

cativi che influenzano i rumors stessi (emo-

mentale, è divenuta parte della costruzione so-

zioni, stato d’ansia collettiva, incertezza sul

ciale del disastro negli Stati Uniti solo negli anni

futuro, meccanismi di psicologia sociale

’70 e in Italia solo al termine degli anni ’90 con

come il conformismo)

il terremoto dell’Umbria e delle Marche.

• il suggerimento alle persone di non pren-

A supporto della necessità di affrontare anche

dere per vere le informazioni dei media tra-

il lato umano delle conseguenze di un disa-

dizionali e dei new media, verificando sem-

stro, o dell’esposizione a un rischio è nata la

pre le fonti da cui provengono le notizie

psicologia dell’emergenza, ovvero il filone di

100

PARTE TERZA / TERREMOTO


ricerca pratica e di applicazione delle cono-

dovrebbe lavorare per ripristinare e possibilmente

scenze psicologiche nei contesti di emergen-

non peggiorare la situazione pre-evento.

za. Anch’essa sostiene la necessità di approc-

Le linee guida degli interventi psicosociali in

ciarsi al problema ampliando lo sguardo alla

emergenza sono state sancite dalla IASC - In-

complessità del sistema:

ter Agency Standing Committee e sono:

«Lo studio del comportamento umano nelle

• Diritti umani ed equità

situazioni di emergenza non può prescindere

• Partecipazione

dal contesto socioambientale in cui le perso-

• Non fare del male

ne sono inserite, dalle relazioni interpersonali,

• Costruire sulle risorse e le capacità utilizzabili

dalle caratteristiche delle comunità in cui si

• Sistema di supporto integrato

vive, dalle posizioni occupate nelle famiglie o

• Supporti multi-strati

nelle organizzazioni e, infine, dai significati so-

È da sottolineare che la dimensione dell’inter-

cialmente attribuiti all’evento avverso.» 2

vento psicosociale è rivolta principalmente al

La psicologia dell’emergenza per essere efficace

gruppo e alle famiglie e si svolge a livello indivi-

sui grandi numeri dovrebbe lavorare principal-

duale esclusivamente agli ultimi due livelli della

mente sulla dimensione del gruppo e della comu-

piramide (Figura 5), dove però solo a livello api-

nità colpita dall’evento, con degli interventi rivolti

cale gli interventi sono eseguiti da specialisti.

il più possibile a favorire il ripristino delle strutture

L’IASC identifica inoltre delle cose da fare e

e della rete sociale locale. Il quest’ottica il gruppo

delle cose da non fare in un intervento di sup-

e la famiglia sono le unità di base sulle quali si

porto psicosociale.

Figura 5. Piramide degli interventi per la salute mentale ed il supporto psicosociale in caso di emergenza. IASC - Inter Agency Standing Committee, Guidelines on Mental Health and Psychosocial Support in Emergency Settings.

(2) L. Pietrantoni, G.Prati - Psicologia dell’Emergenza, vedi Per saperne di più

101

PARTE TERZA / TERREMOTO


COSE DA FARE

COSE DA NON FARE

Stabilire un gruppo di coordinamento generale sulla salute mentale e il supporto psicosociale.

Non creare gruppi separati sulla salute mentale o sul supporto psicosociale che non si parlano o non sono coordinati tra loro.

Raccogliere e analizzare le informazioni per determinare se una risposta è necessaria e, in caso affermativo, che tipo di risposta.

Non considerare le valutazioni di precedenti esperienze o accettare i dati preliminari in modo acritico.

Definire degli strumenti di valutazione “su misura” per il contesto locale.

Non utilizzare strumenti di valutazione non convalidati a livello locale.

Riconoscere che le persone possono essere colpite in modi diversi. Le persone più resilienti possono stare bene, mentre altre persone possono avere dei problemi e possono avere necessità di un supporto specializzato.

Non dare per scontato che tutti in caso di emergenza sono traumatizzati, o che le persone che appaiono resilienti non hanno bisogno di sostegno.

Potenziare le capacità locali, sostenendo l’auto-aiuto e il rafforzamento delle risorse già presenti nei gruppi colpiti.

Non organizzare supporti che minano o ignorano le responsabilità locali e le loro capacità.

Facilitare lo sviluppo dei programmi gestiti ed eseguiti dalla comunità colpita.

Non utilizzare un modello caritatevole che tratta le persone della comunità colpita principalmente come beneficiari di servizi.

102

PARTE TERZA / TERREMOTO


PER SAPERNE DI PIÙ Emozioni • Paul Ekman, Te lo Leggo in Faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste. Amrita Edizioni, 2010. • Daniel Goleman, Intelligenza emotiva. BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 1999. Percezione del rischio • Lupton D. Il rischio. Percezione, simboli, culture. Universale Paperbacks il Mulino, 2003. • Savadori, L. e Rumiati, R. Nuovi Rischi e Vecchie Paure. Bologna: Il Mulino, 2005. • www.terremototest.it Rumors • Cass R. Sunstein, Voci gossip e false dicerie, Feltrinelli, 2010. • Allport, G., and L. Postman. The Psychology of Rumor, New York, Henry Holt, 1947. (in inglese). • http://www.snopes.com Relazioni interpersonali, gruppi e comunità • L. Pietrantoni, G. Prati - Psicologia dell’Emergenza - Bologna, il Mulino, 2009. • Inter-Agency Standing Committee (IASC) (2007). IASC Guidelines on Mental Health and Psychosocial Support in Emergency Settings. Geneva: IASC. (in inglese).

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PARTE TERZA / TERREMOTO


104

PARTE TERZA / TERREMOTO


PARTE TERZA

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PARTE TERZA / MAREMOTO


IL MAREMOTO a cura di Concetta Nostro e Alessandra Maramai CHE COS’È UN MAREMOTO? Il maremoto, in giapponese tsunami, è una serie di onde marine prodotte dal rapido spostamento di una grande massa d’acqua. In mare aperto le onde si propagano molto velocemente percorrendo grandi distanze, con altezze quasi impercettibili (anche inferiori al metro), ma con lunghezze d’onda (distanza tra un’onda e la successiva) che possono raggiungere alcune decine di chilometri. Avvicinandosi alla costa, la velocità dell’onda diminuisce mentre la sua altezza aumenta rapidamente, anche di decine di metri. La prima onda può non essere la più grande e tra l’arrivo di un’onda e la successiva possono passare diversi minuti.

Le onde di maremoto si distinguono dalle comuni onde del mare per alcune caratteristiche. Le comuni onde marine, prodotte dal vento, muovono solo la parte più super-

Figura 2. Le onde di maremoto muovono tutta la colonna d’acqua, dal fondale alla superficie

ficiale dell’acqua, non provocando alcun movimento in profondità. Le onde di maremoto, invece, muovono tutta la colonna

innalzamento del livello del mare, simile a una

d’acqua, dal fondale alla superficie. Per

marea che cresce rapidamente. A volte l’onda

questo, a differenza delle altre onde, han-

può essere preceduta da un temporaneo e insoli-

no una forte energia capace di spingerle a

to ritiro delle acque (anche di molti metri), che la-

gran velocità per molte centinaia di metri

scia in secco i porti e le coste. La prima onda può

nell’entroterra e il loro impatto sulla costa

non essere la più grande e tra l’arrivo di un’onda

è, quindi, molto più forte.

e la successiva possono passare diversi minuti. Un’onda di maremoto che in mare aperto è alta meno di un metro si trasforma, quando arriva sulla costa, in un muro d’acqua che può superare i 30 metri. Come è possibile? Per spiegarlo bisogna capire come si propaga un’onda di maremoto.

Figura 1. Le onde prodotte dal vento muovono solamente la parte superficiale dell’acqua

La velocità di propagazione di un’onda di L’onda di maremoto può presentarsi come un

maremoto dipende dalla profondità del

muro d’acqua che si abbatte sulla costa provo-

fondale: maggiore è la profondità, maggio-

cando un’inondazione, oppure come un rapido

re la velocità delle onde.

106

PARTE TERZA / MAREMOTO


isce drasticamente. Ciò è dovuto al fatto che il flusso di energia del maremoto, che dipende sia dalla velocità che dall’altezza dell’onda, rimane costante. Di conseguenza, quando la velocità

Figura 3. Generazione e propagazione delle onde di maremoto

del maremoto diminuisce, la sua altezza cresce. In acque molto profonde (oltre i 4mila metri) le onde possono superare i 700 km/h! Arrivando

Ecco perché le onde di maremoto non si no-

vicino alle coste, l’onda trova fondali sempre

tano al largo ma sulle coste diventano deva-

meno profondi e quindi la sua velocità diminu-

stanti raggiungendo vari metri di altezza.

Figura 4. Propagandosi verso fondali meno profondi, l’onda diminuisce di velocità e lunghezza d’onda, mentre aumenta rapidamente la propria altezza

Figura 5. Simulazione dei tempi di propagazione del maremoto del Cile del 22 maggio 1960, attraverso l’Oceano Pacifico (i tempi sono in ore). Il maremoto fu fortemente distruttivo in Cile, ma produsse rilevanti effetti e vittime anche a grande distanza, come in Giappone e nelle isole Hawaii

Figura 6. Altezza dell’onda dello tsunami generato dal terremoto di Sumatra (dicembre 2004), misurata da dati satellitari, 2 ore dopo l’evento sismico che lo ha generato

107

PARTE TERZA / MAREMOTO


LE CAUSE DI UN MAREMOTO a cura di Alessandra Maramai e Concetta Nostro QUALI SONO LE CAUSE DI UN MAREMOTO? Le cause principali sono i forti terremoti con epicentro in mare o vicino alla costa. I maremoti possono essere generati anche da frane sottomarine o costiere, da attività vulcanica in mare o vicina alla costa e, molto più raramente, da meteoriti che cadono in mare.

Un maremoto nasce dallo spostamento

In mare aperto, le onde di maremoto sono

istantaneo di una grande massa d’acqua,

quasi impercettibili: di rado superano il metro

causato da forti terremoti con epicentro in

d’altezza, ma la loro lunghezza può essere ad-

mare o vicino alla costa, da frane sotto-

dirittura di centinaia di chilometri. Una nave

marine o costiere, da attività vulcanica in

in navigazione al largo può non accorgersene.

mare o vicina alla costa e, molto più rara-

I maremoti prodotti dalle frane (sia sottoma-

mente, da meteoriti che cadono in mare.

rine che sopra il livello del mare con caduta

La sua energia, e quindi la sua pericolosi-

di materiale in mare) hanno meno energia ri-

tà, dipende dalla grandezza del fenomeno

spetto a quelli generati dai terremoti. La loro

che lo ha causato.

forza si esaurisce più in fretta, senza che le

Un maremoto può essere generato da un

onde possano arrivare molto lontano: tuttavia

terremoto sottomarino se questo:

questi maremoti possono produrre onde mol-

• é molto forte, generalmente con magni-

to alte ed essere distruttivi nelle aree vicine al

tudo Mw superiore a 6.5

luogo dove si è generata la frana.

• ha un ipocentro (il luogo in profondità

I maremoti generati da attività vulcanica, in

dove si verifica la rottura delle rocce dando

mare o vicina alla costa, sono meno frequenti

origine al terremoto) non troppo profondo;

di quelli prodotti da terremoti sottomarini ma

• produce uno spostamento verticale del

possono essere comunque molto forti. Violente

fondo marino.

eruzioni sottomarine possono provocare lo spostamento di grandi volumi d’acqua e generare

Ma cosa succede esattamente quando si veri-

pericolosi maremoti. I maremoti di origine vul-

fica un forte terremoto sottomarino? Una parte

canica sono causati principalmente da eruzio-

del fondale si solleva bruscamente con uno

ni esplosive. Questo accade quando la bocca

spostamento verticale. La massa d’acqua al

eruttiva del vulcano sottomarino si trova vicino

di sopra perde il suo equilibrio e si mette in

alla superficie dell’acqua. Eruzioni di vulca-

moto, tanto che in superficie si formano una o

ni subaerei, situati in prossimità delle coste

più onde che, anche se alte solo poche deci-

(come lo Stromboli), possono produrre dense

ne di centimetri, hanno una grande lunghezza

nubi di gas e frammenti di lava che, scivolando

d’onda (distanza tra un’onda e la successiva).

ad alta velocità lungo le pendici del vulcano e

108

PARTE TERZA / MAREMOTO


precipitando in mare, spostano grandi volumi

moto. Questo, ad esempio, accadde al vulcano

d’acqua generando onde di maremoto. In caso

dell’isola di Santorini (Mar Egeo) che, intorno al

di eruzioni particolarmente violente, l’edificio

1600 a.C., a seguito di una violenta esplosione

vulcanico può crollare totalmente o in parte

provocò un maremoto che interessò gran par-

formando una caldera, ovvero quel che resta

te del Mediterraneo orientale. Ugualmente, nel

di un edificio vulcanico a seguito del collasso

1883, durante una forte eruzione, il vulcano

della camera magmatica. Se ciò accade su

Krakatoa, in Indonesia, collassò generando un

un’isola vulcanica si può verificare un mare-

maremoto con onde alte oltre 40 metri.

Figura 1. Il maremoto prodotto da un terremoto sottomarino

Figura 2. Il maremoto prodotto da frana

Figura 3. Il maremoto prodotto da attività vulcanica

109

PARTE TERZA / MAREMOTO


COSA SUCCEDE SULLE COSTE QUANDO C’È UN MAREMOTO a cura di Eutizio Vittori, Pio Di Manna, Francesco Lalli e Maria Luisa Cassese

COSA SUCCEDE SULLE COSTE? Il maremoto si manifesta come un rapido innalzamento del livello del mare o come un vero e proprio muro d’acqua che si abbatte sulle coste, causando un’inondazione. A volte si osserva un iniziale e improvviso ritiro del mare, che lascia in secco i porti e le spiagge. Le onde di maremoto hanno molta più forza rispetto alle mareggiate e sono in grado di spingersi nell’entroterra anche per molte centinaia di metri (addirittura chilometri, se la costa è molto bassa), trascinando tutto ciò che trovano lungo il percorso: veicoli, barche, alberi, serbatoi e altri materiali, che ne accrescono il potenziale distruttivo.

L’impatto di un’onda di maremoto sulla

pescherecci e rimorchiatori), alberi e altri ma-

costa produce una notevole risalita del

teriali, che ne accrescono molto il potenziale

livello del mare e l’invasione della fascia

distruttivo.

costiera. La misura della risalita è definita run-up, mentre la larghezza della fascia

La propagazione e gli effetti dell’onda in

costiera sommersa è definita inondazione

prossimità della costa sono fortemente

(Figura 1).

influenzati da fattori morfologici (come la linea di costa o la topografia del fondale marino e dell’entroterra) e antropici, legati all’uso del suolo (Figura 2)

Figura 1. Schema della penetrazione a terra del maremoto Figura 2. A sinistra, gli effetti della morfologia costiera sulla propagazione delle onde. A destra, gli effetti dell’uso del suolo sull’azione delle onde (la presenza delle strutture portuali può determinare l’amplificazione locale delle altezze delle onde)

Il run-up e l’inondazione dipendono, oltre che dall’altezza dell’onda, anche dalle caratteristiche della costa sulla quale la massa d’acqua si abbatte. Per la loro forte energia, le onde di

La presenza di insenature e di promontori

maremoto sono in grado di trascinare anche

può determinare fenomeni di amplificazio-

oggetti di grandi dimensioni che trovano lun-

ne e/o concentrazione dell’energia dell’onda,

go il percorso: veicoli, barche (inclusi grandi

così come la presenza di isole e secche può

110

PARTE TERZA / MAREMOTO


influenzare la propagazione del maremoto,

dotte idriche e/o collettori fognari possono fa-

creando fenomeni di riflessione e diffrazione

vorire la risalita e la diffusione dell’onda verso

delle onde (Tabella 1).

l’interno, determinando l’allagamento anche

L’uso del suolo e lo sviluppo urbano nelle

di aree lontane dalla costa.

aree costiere influiscono sulla propagazione del maremoto e sugli effetti diretti e indiretti a

Il grande volume d’acqua in movimento

esso connessi. Ad esempio, per la loro confor-

impartisce al maremoto una elevatissima

mazione le aree portuali possono amplificare

energia e la capacità di generare effetti

l’energia del maremoto e, per la presenza di

devastanti. La grande forza distruttiva del

infrastrutture e altre strutture legate all’attività

maremoto, come già detto, durante la pro-

dell’uomo, gli effetti possono essere particolar-

pagazione viene accresciuta dai materiali

mente rilevanti. L’onda di maremoto può risa-

che l’onda trascina con sé.

lire lungo le strade perpendicolari alla costa e propagarsi profondamente nell’entroterra. La

Basta osservare le aree colpite da un maremo-

presenza di barriere parallele alla costa (come

to, per esempio quello del Giappone dell’11

edifici, moli, murate, ecc.) può ridurre la pro-

marzo 2011, per rendersi conto della capacità

pagazione verso l’interno, pur determinando

distruttiva dell’evento (Figura 4 e figure da 5 a

un aumento locale dell’altezza dell’onda. Con-

9 nelle pagine successive).

Tabella 1 ELEMENTI TOPOGRAFICI

EFFETTI

Baia a forma di V

L’energia del maremoto risulta concentrata e il livello dell’acqua nella baia è più elevato.

Presenza di promontori

Gli effetti dovuti alla topografia del fondale e alla presenza del promontorio amplificano la forza del maremoto

Isole

Le isole influenzano le onde di maremoto e le “catturano” facendole propagare lungo l’intero loro perimetro, con percorsi orari e antiorari; quando onde con direzione opposta s’incontrano determinano un innalzamento del livello de mare; questo fenomeno può portare alla formazione di onde particolarmente alte anche sul lato dell’isola non direttamente esposto al maremoto.

Fondali poco profondi

L’altezza dell’onda di maremoto e la sua velocità di propagazione dipendono dalla profondità del fondale. In fondali poco profondi diminuisce la velocità dell’onda e ne aumenta l’altezza. Di conseguenza, il maremoto tende ad amplificare la sua energia in acque poco profonde.

Secche lontane dalla costa

Sulle secche lontane dalla costa, una singola onda di maremoto si può “rompere” in più onde.

Fiumi e torrenti

Le onde di maremoto possono risalire dalla foce lungo il corso di fiumi e torrenti, propagandosi nell’entroterra.

111

PARTE TERZA / MAREMOTO


Oltre agli effetti legati direttamente all’a-

Gli effetti prodotti da un maremoto vengono

zione dell’onda in movimento, il maremo-

valutati sulla base di scale d’intensità, che

to può innescare tutta una serie di effetti

prendono in considerazione le caratteristi-

secondari, che possono aggravare enor-

che dell’evento quando si verifica e i danni

memente lo scenario dei danneggiamen-

sull’ambiente naturale e sulle strutture pro-

ti. L’inondazione, infatti, può innescare

dotte dall’uomo. La principale scala è quella

eventi franosi, inquinamento delle falde, o

introdotta da Sieberg nel 1927 e poi modifica-

incendi. L’impatto su porti e su impianti

ta da Ambraseys nel 1962, basata su 6 gradi

industriali può produrre emissione e dif-

d’intensità. Questa scala è stata considerata

fusione di materiali inquinanti e/o radio-

dai ricercatori poco raffinata e sono state pre-

attivi, come è avvenuto nel caso di alcune

sentate altre soluzioni, fino ad arrivare, nel

aree portuali e della centrale nucleare di

2001, alla proposta di Papadopoulos & Ima-

Fukushima in Giappone nel 2011 (Figura

mura (2001), basata su 12 gradi d’intensità.

10 e Figura 11 a pagina 112).

Le due scale sono riportate in allegato.

Figura 3. Il maremoto di Honshu (Giappone), prodotto dal terremoto dell’11 marzo 2011 (magnitudo 9), ha generato onde alte in media 10 metri e fino a circa 40 metri nell’area della prefettura di Miyagi. Un vero e proprio muro d’acqua si è abbattuto sulla costa provocando una totale devastazione.

Figura 4. L’onda del maremoto del Giappone del 2011 si abbatte su una strada di Miyako City, prefettura di Iwate. Fotografia di Mainichi Shimbun, Reuters

112

PARTE TERZA / MAREMOTO


Figura 5. Effetti del maremoto dell’11 marzo 2011 lungo la costa di Arada, nella prefettura di Sendai, Giappone. Confronto tra prima (sinistra) e dopo (destra) l’evento. Fonte Google Earth

Figura 6. Effetti del maremoto dell’11 marzo 2011 nell’area del porto di Sendai, Giappone. Confronto tra prima (sinistra) e dopo (destra) l’evento. Fonte Google Earth

Figura 7. Effetti del maremoto dell’11 marzo 2011 nell’area di Sendai, Giappone. Gli edifici sono stati completamente spazzati via, restano solo le fondazioni. Fonte Google Earth

Figura 8. Inondazione prodotta dal maremoto dell’11 marzo 2011 nell’area costiera del Giappone. Fotografia di Kyodo/AP

113

PARTE TERZA / MAREMOTO


Figura 9. Alcuni esempi di navi trasportate nell’entroterra dal maremoto giapponese del 2011 e scagliate contro gli edifici Figura 10. L’onda del maremoto dell’11 marzo 2011 ha superato la barriera di protezione alta 14 metri e ha invaso la centrale di Fukushima creando grossi danni ed emissioni di materiale radioattivo (a sinistra; fotografia TEPCO). Incendio alla raffineria di petrolio di Shiogama, Giappone, a seguito del maremoto (a destra; fotografia di Kimimasa Mayama-EPA)

Figura 11. Costa giapponese, il fuoco dopo l’inondazione del maremoto del 2011. Fotografia di Yomiuri Shimburn/AFP_Getty Images

114

PARTE TERZA / MAREMOTO


SCALA DI AMBRASEYS-SIEBERG (1962) INTENSITÀ

EFFETTI

I. Molto debole

Onda percettibile solo dai mareografi

II. Debole

Onda avvertita da persone che vivono vicino alla spiaggia e hanno familiarità col mare. Osservata solo su spiagge molto piatte.

III. Abbastanza forte

Onda avvertita da tutti. Inondazione di coste a dolce pendenza. Piccole imbarcazioni spinte sulla spiaggia. Modesti danni alle strutture leggere vicino imbarcazioni spinte sulla spiaggia. Modesti danni alle strutture leggere vicino

IV. Forte

Inondazione delle spiagge fino a una altezza definita caso per caso. Leggera erosione dei terreni non consolidati. Danni alle strutture leggere prossime alla riva. Piccoli danni alle strutture in muratura sulla costa. Insabbiamento di imbarcazioni o loro trascinamento al largo. Detriti galleggianti lungo le coste.

V. Molto forte

Inondazione delle spiagge fino a una altezza definita nelle diverse zone. Danni significativi alle strutture in muratura lungo la spiaggia (banchine). Distruzione delle strutture leggere. Forte erosione. Oggetti galleggianti e animali marini sparsi sulla riva e lungo la costa. Tutti i tipi di imbarcazione, a parte le grandi navi, sono scaraventate a terra o trascinate in mare aperto. Alte ondate sugli estuari dei fiumi. Danni alle costruzioni portuali. Persone affogate. Onda accompagnata da un forte rombo.

VI. Disastroso

Totale o parziale distruzione di tutte le costruzioni fino a una determinata distanza alla spiaggia. Inondazione della costa fino a una notevole altezza. Danni forti anche alle grandi navi. Alberi sradicati e troncati. Molte vittime.

SCALA DI PAPADOPOULOS-IMAMURA (2001) Gerassimos Papadopoulos and Fumihiko Imamura,

solamente dai mareografi. Per quanto riguarda,

nel 2001, hanno proposto una scala di valutazione

infine, i danni riportati dagli edifici, hanno proposto

dell’intensità di un maremoto composta da dodici

di valutare la loro entità secondo cinque gradi:

gradi. La scala è stata realizzata considerando

• Primo grado – danni leggeri

gli effetti di un maremoto su: persone (a); cose,

• Secondo grado – danni moderati

incluse le imbarcazioni (b); edifici (c). Gli autori

• Terzo grado – danni forti

hanno, inoltre, proposto una correlazione dei gradi di

• Quarto grado – distruzione

intensità con l’altezza dell’onda e hanno classificato,

• Quinto grado – crollo totale

al primo livello della scala, un maremoto avvertito

(Vedi la scala in dettaglio nella pagina seguente)

115

PARTE TERZA / MAREMOTO


SCALA DI PAPADOPOULOS-IMAMURA (2001) INTENSITÀ

EFFETTI E DANNI

I. Non avvertito dalle persone II. Scarsamente avvertito dalle persone

a) Avvertito da poche persone a bordo di piccole imbarcazioni. Nessun effetto osservato sulla costa. b) Nessun effetto. c) Nessun danno.

III. Debole

a) Avvertito da molte persone a bordo di piccole imbarcazioni. Osservato da poche persone sulla costa. b) Nessun effetto. c) Nessun danno.

IV. Ampiamente osservato

a) Avvertito da tutti a bordo di piccole imbarcazioni e da poche persone a bordo di grandi imbarcazioni. Osservato da molte persone sulla costa. b) Vicino alla riva poche imbarcazioni di piccole dimensioni vengono mosse lentamente. c) Nessun danno.

V. Forte. (altezza dell’onda: 1 m)

a) Avvertito da tutti a bordo di grandi imbarcazioni e osservato da tutti sulla costa. Poche persone sono spaventate e corrono verso posizioni più elevate rispetto alla costa. b) Vicino alla riva molte imbarcazioni di piccole dimensioni vengono mosse con forza, alcune sbattono l’una contro l’altra, oppure si capovolgono. In alcuni casi, strati di sabbia vengono depositati sulla costa. Limitate inondazioni dei campi coltivati. c) Inondazioni di limitata entità delle strutture esterne (ad es. giardini) di costruzioni vicine alla costa.

VI. Leggeri danni. (altezza dell’onda: 2 m)

a) Molte persone sono spaventate e corrono verso posizioni più elevate rispetto alla costa. b) Vicino alla riva molte imbarcazioni di piccole dimensioni vengono mosse con violenza, sbattono con forza l’una contro l’altra oppure si capovolgono. c) Danni e inondazioni di poche strutture di legno. Molte costruzioni in muratura resistono all’onda.

VII. Dannoso (altezza dell’onda: 4 m)

a) Molte persone sono spaventate e tentano di correre verso posizioni più elevate rispetto alla costa. b) Molte piccole imbarcazioni subiscono danni. Poche imbarcazioni di grandi dimensioni oscillano con forza. Oggetti di dimensioni variabili si capovolgono e vanno alla deriva. L’onda deposita al suo passaggio strati di sabbia e cumuli di ciottoli. Poche strutture destinate all’acquacoltura vengono spazzate via. c) Molte strutture in legno vengono danneggiate, poche vengono demolite o spazzate via. Pochi edifici in muratura subiscono danni di grado 1 e inondazioni.

116

PARTE TERZA / MAREMOTO


INTENSITÀ

EFFETTI E DANNI

VIII. Forti danneggiamenti (altezza dell’onda: 4 m)

a) Tutte le persone corrono verso posizioni più elevate rispetto alla costa, poche vengono trascinate via dall’onda. b) La maggior parte delle imbarcazioni più piccole viene danneggiata, molte sono spazzate via. Molte delle più grandi imbarcazioni vengono trascinate sulla costa o sbattono l’una contro l’altra. Oggetti di grandi dimensioni vengono trascinati alla deriva. La spiaggia viene erosa e ricoperta di detriti di ogni genere. Estese inondazioni. Le foreste costiere subiscono leggeri danni. Molte strutture destinate all’acqua coltura sono spazzate via, poche di queste sono parzialmente danneggiate. c) La maggior parte delle strutture in legno viene travolta dall’onda, o demolita. Pochi edifici in muratura riportano danni di secondo grado. La maggior parte degli edifici in calcestruzzo resiste, pochi di questi riportano danni di primo grado ed inondazioni.

IX. Distruttivo (altezza dell’onda: 8 m)

a) Molte persone vengono travolte dall’onda. b) Molte piccole imbarcazioni vengono distrutte, o spazzate via. Molte imbarcazioni di grandi dimensioni vengono spostate con forza a terra, poche vengono distrutte. La spiaggia viene fortemente erosa e ricoperta di detriti di ogni genere. Si osservano localmente fenomeni di subsidenza. Parziale distruzione delle foreste costiere. Molte strutture destinate all’acqua coltura sono spazzate via e molte vengono parzialmente danneggiate. c) Molti edifici in muratura subiscono danni di terzo grado, pochi edifici in calcestruzzo subiscono danni di secondo grado.

X. Molto distruttivo (altezza dell’onda: 8 m)

a) Panico generale. La maggior parte delle persone viene trascinata via dall’onda. b) Molte imbarcazioni di grandi dimensioni sono spostate con forza sulla costa, molte vengono distrutte, oppure scaraventate contro gli edifici. Piccoli blocchi di roccia sono trasportati dal largo nell’entroterra. Le automobili vengono capovolte e spazzate via dall’onda. La benzina fuoriesce e si sprigionano incendi. Si verificano estesi fenomeni di subsidenza. c) Molti edifici in muratura riportano danni di quarto grado, pochi edifici in cemento armato riportano danni di terzo grado. Gli argini artificiali collassano, i frangiflutti nei porti vengono danneggiati.

XI. Devastante (altezza dell’onda: 16 m)

b) Le linee di comunicazione vengono interrotte. Divampano grandi incendi. La risacca porta alla deriva automobili ed altri oggetti. Grossi macigni vengono trascinati dal fondale all’entroterra. c) Molti edifici in muratura riportano danni di quinto grado. Pochi edifici in cemento armato riportano danni di quarto grado, molti riportano danni di terzo grado.

XII. Completamente devastante (altezza dell’onda: 32 m)

c) Tutti gli edifici in muratura vengono demoliti. Molti edifici in cemento armato riportano danni di terzo grado.

117

PARTE TERZA / MAREMOTO


RISCHIO MAREMOTO IN ITALIA a cura di Eutizio Vittori, Pio Di Manna, Francesco Lalli, Maria Luisa Cassese, Alessandra Maramai e Concetta Nostro

L’ITALIA È A RISCHIO MAREMOTO? Tutte le coste del Mediterraneo sono a rischio maremoto a causa dell’elevata sismicità e della presenza di numerosi vulcani attivi, emersi e sommersi. Negli ultimi mille anni, lungo le coste italiane, sono state documentate varie decine di maremoti, solo alcuni dei quali distruttivi. Le aree costiere più colpite sono quelle della Sicilia orientale, della Calabria, della Puglia e dell’arcipelago delle Eolie. Tuttavia, maremoti di modesta entità si sono registrati anche lungo le coste liguri, tirreniche e adriatiche. Bisogna inoltre considerare che le coste italiane possono essere raggiunte da maremoti generati in aree del Mediterraneo lontane dal nostro Paese.

Il più antico maremoto italiano di cui si ha no-

adriatiche. Bisogna inoltre considerare che

tizia, grazie alle descrizioni di Plinio il Giovane,

le coste italiane possono essere raggiunte da

è associato alla famosa eruzione del Vesuvio

maremoti generati in aree del Mediterraneo

del 79 d.C. che distrusse Pompei ed Ercolano.

lontane dal nostro Paese (ad es. a causa di

Plinio riporta la notizia che il secondo giorno

un forte terremoto nelle acque della Grecia).

dell’eruzione un forte ritiro del mare nel gol-

Alcuni dei maremoti distruttivi avvenuti nel

fo di Napoli lasciò in secca molti pesci sulla

Mediterraneo hanno prodotto effetti anche

spiaggia. La descrizione è quella di un pro-

lungo le coste italiane.

babile debole maremoto che si è manifestato con il ritiro del mare e che non ha prodotto nessuna inondazione, o almeno non rilevante. Tutte le coste del Mediterraneo, seppure in misura diversa, sono a rischio maremoto a causa dell’elevata sismicità e della presenza di numerosi vulcani attivi, emersi e sommersi. Negli ultimi mille anni, lungo le coste italiane, sono state documentate varie decine Figura 1. Principali eventi di maremoto documentati nell’area del Mar Mediterraneo, dal 79 d.C. ad oggi. Fonte Ingv

di maremoti, solo alcuni dei quali distruttivi (1627, 1693, 1783, 1887, 1908 - Figura 1). Le aree costiere più colpite sono quelle

Il maremoto del 1783, in Calabria e Sicilia, fu

della Sicilia orientale, della Calabria, della

prodotto da una frana, indotta dal terremo-

Puglia e dell’arcipelago delle Eolie. Tuttavia,

to. La frana si staccò dal versante di Monte

maremoti di modesta entità si sono registra-

Campalla (o Monte Paci), lungo la costa ca-

ti anche lungo le coste liguri, tirreniche e

labra tirrenica, nel territorio di Scilla (RC). A

118

PARTE TERZA / MAREMOTO


Scilla, gli abitanti, che dopo il terremoto si

cune fonti, quelle legate al maremoto furono

erano rifugiati sulla spiaggia, furono investi-

almeno 10mila.

ti dall’onda che produsse circa 1500 vittime Il più recente maremoto che ha colpito le

(Figura 2).

coste italiane è stato quello indotto dalla Il maremoto più disastroso degli ultimi

frana della Sciara del Fuoco di Strombo-

1000 anni in Italia è stato quello del 28

li, del 30 dicembre 2002. L’onda di ma-

dicembre 1908: a seguito del terremoto

remoto è stata avvertita nelle Isole Eolie,

nello Stretto di Messina (magnitudo Mw

sulle coste della Sicilia Settentrionale,

7.1), le coste della Sicilia orientale e del-

della Calabria tirrenica e fino alle coste

la Calabria furono devastate da onde che

salernitane della Campania.

causarono gravissimi danni e raggiunsero un run-up (altezza massima raggiunta

Il maremoto ha determinato effetti significativi

dall’acqua durante un maremoto, rispetto

soltanto lungo le coste dell’isola di Strombo-

al livello del mare) di oltre 13 metri.

li, dove le onde hanno raggiunto le massime altezze. Valori di run-up prossimi ai 10 metri

Il maremoto amplificò fortemente gli effetti del

sono stati registrati nel settore nordorientale

terremoto che l’aveva preceduto di alcuni mi-

dell’isola, lungo le spiagge di Piscità e Fico-

nuti, devastando l’area costiera e producendo

grande. Qui il maremoto ha prodotto l’inon-

un gran numero di vittime (Figure 3, 4 e 5 nel-

dazione della costa e delle parti più basse del

le pagine successive). Terremoto e maremoto

villaggio di Stromboli, causando danni alle

produssero circa 80mila vittime e, secondo al-

abitazioni (Figura 6 – 9).

Figura 2. A sinistra: tratto della costa di Scilla colpito dal maremoto del 6 febbraio 1783 (da Graziani et al., 2006). A destra: la frana di Monte Campalla e alcuni effetti prodotti dall’onda di maremoto del 6 febbraio 1783 (Disegno di Pompeo Schiantarelli, 1784)

119

PARTE TERZA / MAREMOTO


Figura 3. Distribuzione dei valori di run-up e inondazione prodotti dal maremoto del 1908 nello Stratto di Messina. Entrambi i valori sono in metri

Figura 4. Tratto della costa calabra dopo il maremoto del 1908; il tratto di costa appare completamente devastato dal maremoto che ha asportato anche le macerie prodotte dal terremoto; in primo piano è visibile solo il pavimento del villino Palladini. Fonte Società Fotografica Italiana, Firenze - Officine Grafiche Bertieri e Vanzetti, Milano

120

PARTE TERZA / MAREMOTO


Figura 5. Messina, Corso Vittorio Emanuele, prima e dopo il terremoto/maremoto del 1908. Fonte: foto a sinistra, Edizioni Broni, Messina; foto a destra, Underwood e Undervood

6

7

8

9

121

PARTE TERZA / MAREMOTO


La tabella riporta l’elenco dei maremoti italiani di maggiore intensità. L’intensità è basata sulla scala Ambraseys-Sieberg da I a VI gradi ANNO

MESE

GIORNO

AREA

INTENSITÀ

CAUSA

EFFETTI DEL MAREMOTO

1169

Febbraio

4

Sicilia Orientale

IV

Terremoto

A Catania e Messina, ritiro del mare seguito da forte inondazione con danneggiamenti.

1627

Luglio

30

Gargano

V

Terremoto

Ritiro del mare, prosciugamento del Lago di Lesina. Inondazione a Manfredonia.

1693

Gennaio

11

Sicilia Orientale

V

Terremoto

Inondazione di tutta la costa orientale, maggiori danni a Augusta e Siracusa, vittime a Catania.

1783

Febbraio

5

Calabria tirrenica

IV

Terremoto

Forte ritiro del mare e inondazione nelle coste dello Stretto di Messina. Danni e qualche vittima.

1783

Febbraio

6

Calabria tirrenica

V

Frana da terrmoto

Caduta in mare di parte di una montagna a Scilla. Onde 6-9m, gravi danni e 1500 vittime a Scilla.

1823

Marzo

5

Sicilia Settentrionale

IV

Terremoto

A Cefalù alcune grandi onde, barche trasportate a terra e distrutte.

1836

Aprile

25

Calabria Ionica

IV

Terremoto

A Rossano e Corigliano. Forte ritiro del mare e inondazione con danni a barche e capanne di pesca.

1905

Settembre

8

Calabria Tirrenica

IV

Terremoto

Inondazioni fino a 30m a Pizzo, Scalea, Bivona, Tropea, con danni a barche e baracche sulla spiaggia.

1908

Dicembre

28

Stretto Messina

VI

Terremoto

Forte ritiro e inondazione dalla Sicilia orientale alla Calabria ionica. Onde fino a 13m. Distruzione, migliaia di vittime.

1930

Ottobre

30

Adriatico Centrale

IV

Terremoto

Inondazione e lievi danni nel porto di Ancona.

1944

Agosto

20

Isole Eolie

IV

Eruzione

A Stromboli caduta di materiale eruttivo in mare. Onde, inondazione fino a 300 m, 1 casa distrutta.

2002

Dicembre

30

Isole Eolie

V

Eruzione

A Stromboli caduta di materiale eruttivo in mare. Run-up 11 metri, gravi danni a case e alberghi.

122

PARTE TERZA / MAREMOTO


I GRANDI TERREMOTI E MAREMOTI NEL MONDO a cura di Concetta Nostro e Alessandra Maramai Terremoti e maremoti sono collegati fra di loro.

regione del Giappone – Taiwan, ma non tut-

Ad esempio, il fortissimo terremoto (magni-

ti sono stati distruttivi. Le coste del Giappone

tudo Mw 8.7) del 1° Novembre 1755 che di-

sono particolarmente colpite per il grande nu-

strusse la città di Lisbona fu seguito da un vio-

mero di terremoti sottomarini che si verificano

lento maremoto con onde alte fino a 12 metri.

nella zona antistante le coste e per l’imponen-

Il maremoto si abbatté sulle coste del Porto-

te massa d’acqua che si propaga nell’oceano

gallo, della Spagna e del Nord Africa, provo-

senza alcun ostacolo che ne smorzi la potenza.

cando più di 30mila vittime.

Vediamo i quattro terremoti più forti della sto-

Guardando la figura 1, che riporta i 17 terre-

ria recente che hanno causato anche grandi

moti più forti al mondo dal 1900 ad oggi, pos-

maremoti.

siamo vedere che, a parte quello del 1950 in

Il 22 Maggio 1960 avvenne, in Cile, il più vio-

Tibet, si tratta di terremoti che hanno origine

lento sisma del XX secolo, di magnitudo Mw

nelle zone di subduzione (le aree dove una

9.5. L’evento fu seguito da un’onda di mare-

delle placche che compongono la crosta ter-

moto. Terremoto e maremoto uccisero circa

restre scivola sotto una placca confinante).

2.400 persone e provocarono gravi danni. Sul-

In molti casi questi terremoti hanno provoca-

la costa più vicina all’epicentro (Isla Chiloe) si

to anche un maremoto. La maggior parte di

abbatterono onde alte fino a 25 metri, 10-15

essi è avvenuta lungo la fascia circumpacifica,

minuti dopo il terremoto. Alle Hawaii (Hilo Bay)

detta “anello di fuoco”, mentre gli altri hanno

le onde di maremoto arrivarono 15 ore dopo,

interessato l’Indonesia. In effetti il 30% circa

raggiungendo 11 metri d’altezza. Sulle coste

dei maremoti del Pacifico si è verificato nella

del Giappone giunsero onde di sei metri, dopo

Figura 1. I più forti terremoti dal 1900 ad oggi. Come la mappa mostra chiaramente, tutti i grandi terremoti sono avvenuti lungo i bordi delle placche che dividono la crosta terrestre (vedi relativa tabella a pag 125)

123

PARTE TERZA / MAREMOTO


Figura 2. Distribuzione degli eventi di maremoto documentati negli ultimi 2000 anni. Elaborazione da dati NOAA - National Oceanic And Atmospheric Administration

aver percorso circa 10mila chilometri in 22 ore.

e Pacifico, ed è stato segnalato in Nuova Ze-

Il 27 Marzo 1964, in Alaska, un terremoto di

landa, Antartide e lungo le coste occidentali e

magnitudo Mw 9.2 scosse un’area lunga circa

orientali del Sud e del Nord America.

1.600 chilometri e larga 300, causando movi-

Il 27 febbraio 2010 un terremoto di magni-

menti verticali di circa due metri. Il maremoto

tudo Mw 8.8 a largo del Cile ha prodotto un

che ne seguì si abbatté su zone poco abitate,

grande maremoto che ha colpito parecchie

provocando comunque 160 vittime e grossi dan-

città lungo la costa centro-meridionale del Cile

ni nelle isole Kodiak, a Vancouver, nelle Hawaii

e ha causato danni minori perfino in California

e negli stati di Washington e California, dove le

e in Giappone.

onde raggiunsero altezze tra i due e i sei metri.

L’11 Marzo 2011 si è verificato il più forte ter-

Il 26 Dicembre 2004 un terremoto di magnitu-

remoto che abbia mai colpito il Giappone. Un

do Mw 9.1, al largo delle coste di Sumatra, ha

sisma di magnitudo Mw 9.0 con epicentro al

dato luogo al più grande maremoto degli ultimi

largo delle coste giapponesi ha prodotto uno

40 anni. Nessun altro maremoto del passato

spostamento verticale del fondale marino da

ha fatto tante vittime: oltre 280mila. Le onde

cinque a otto metri e ha causato un gigan-

hanno investito tutti gli stati che circondano il

tesco maremoto che si è propagato in tutto

golfo del Bengala, causando anche danni in

l’Oceano Pacifico, raggiungendo le coste del

Somalia, Kenia, Tanzania, Madagascar, Mauri-

nord e sud America, dall’Alaska al Cile, dove

tius, Mozambico, Sud Africa, Australia. Il ma-

sono arrivate onde alte due metri. Sulla costa

remoto ha attraversato due oceani, Atlantico

più vicina all’epicentro si abbatterono, cir-

124

PARTE TERZA / MAREMOTO


ca un’ora dopo il terremoto, onde alte fino a

Nel 1883 la grande eruzione del vulcano in-

40 metri. Il sistema di allarme del Giappone

donesiano Krakatoa nello stretto della Sonda,

aveva emesso un comunicato che prevedeva

tra le isole di Sumatra e Giava, diede origine

onde alte fino a tre metri che avrebbero col-

ad almeno tre onde che fecero oltre 36mila

pito le coste dopo circa 30 minuti dal sisma e

vittime. Le onde arrivarono fino a 37 metri di

sulla base di questo comunicato erano state

altezza e distrussero tutte le città e i villag-

immediatamente fatte le relative considerazio-

gi lungo le coste dello Stretto della Sonda.

ni sulle modalità di evacuazione, coerenti con

L’energia fu tale che blocchi di corallo pe-

piani di emergenza elaborati precedentemen-

santi fino a 300 tonnellate furono trasportati

te. In realtà la stima dell’altezza delle onde era

nell’entroterra.

assolutamente sbagliata e la sottostima delle dimensioni del maremoto ha fatto sì che i

Nel corso dei secoli nel Mediterraneo sono

danni e il numero delle vittime siano stati mol-

stati documentati oltre 300 maremoti,

to più elevati di quanto previsto. Nella zona

una ventina dei quali distruttivi. Le co-

di Sendai l’acqua è penetrata fino a 10 km

ste più colpite sono quelle della Grecia e

nell’entroterra e a Fukushima l’inondazione

dell’Italia, in particolare Sicilia e Calabria.

ha causato gravi danni alla centrale nucleare. Migliaia di abitanti in un raggio di 20 km dalla

L’evento più devastante è accaduto intorno al

centrale sono stati evacuati e si è prodotto un

1600 a.C., per l’esplosione del vulcano San-

grave disastro ambientale.

torini, con onde stimate tra i 50 e i 90 metri

Poiché sappiamo che i maremoti non sono cau-

di altezza. Oggi, i resti dell’isola di Santorini,

sati solo da forti terremoti, ma anche da eruzioni

con la baia interna al piccolo arcipelago di iso-

vulcaniche o frane, vediamo altri esempi.

le, danno bene l’idea di quanto era grande il vulcano prima di esplodere. Il maremoto che seguì si propagò con una velocità di oltre 300 km/h e in poco tempo raggiunse le coste della Turchia meridionale. Meno di tre ore dopo la Siria, l’Egitto e la Palestina furono devastati dalle onde. Alcuni pensano che questa catastrofe naturale abbia causato la scomparsa della civiltà minoica, sull’isola di Creta, e forse abbia fatto nascere il mito della perduta città di Atlantide.

Figura 3. in rosso la zona di origine del terremoto che ha provocato il maremoto di Sumatra nel 2004. I numeri sulle linee concentriche indicano dopo quante ore l’onda di maremoto ha raggiunto un dato luogo

125

PARTE TERZA / MAREMOTO


Figura 4. Abbattendosi sulla terreferma, un maremoto può anche modificare la conformazione del terreno e perfino la linea costiera. Sopra, le coste di Banda Aceh, Indonesia, prima e dopo l’onda di maremoto del 2004. Le zone senza vegetazione sono quelle raggiunte dal maremoto

Figura 5. Effetti del maremoto del Giappone, 2011

126

PARTE TERZA / MAREMOTO


I più forti terremoti dal 1900 ad oggi (vedi figura 1 a pag 121)

N.

ANNO

MESE

GIORNO

AREA

MAGNITUDO MW

MAREMOTO

1

1960

05

22

Cile

9.5

2

1964

03

27

Alaska

9.2

3

2004

12

26

Costa Nord-occidentale di Sumatra, Indonesia

9.1

4

2011

03

11

Costa orientale di Honshu, Giappone

9.0

5

1952

11

04

Kamchatka

9.0

6

2010

02

27

Cile

8.8

7

1906

01

31

Al largo della costa dell’Ecuador

8.8

8

1965

02

04

Alaska

8.7

9

2012

04

11

Sumatra settentrionale, Indonesia

8.6

No

10

2005

03

28

Sumatra settentrionale, Indonesia

8.6

11

1957

03

09

Alaska

8.6

12

1950

08

15

Assam - Tibet

8.6

No

13

2007

09

12

Sumatra meridionale, Indonesia

8.5

No

14

1963

10

13

Isole Curili

8.5

15

1938

02

01

Mar di Banda, Indonesia

8.5

16

1923

02

03

Kamchatka

8.5

17

1922

11

11

Confine Cile – Argentina

8.5

127

PARTE TERZA / MAREMOTO


PER SAPERNE DI PIÙ • C. Nostro, E. Baroux, A. Tertulliani, P. Casale, C. Castellano, M. G. Ciaccio, A. Frepoli, L. Graziani, A. Maramai, M. Pignone, N. A. Pino, R. Luciani, M. Pignone, F. Di Laura. Terremoti e Maremoti, Ingv, Giunti Progetti Educativi, 2010. • NOAA – The National Oceanographic and Atmospheric Administration http://www.noaa.gov http://www.education.noaa.gov • Battaglia Antonella, Tsunami, 26 dicembre 2004. Cronaca di una tragedia, Parisi, 2005. • Cecchini Sergio, Sisa Tsunami. Diari dal cuore del maremoto, Infinito, 2005. • L’onda killer Tsunami, USA, National Geographic Video, 2004, DVD (70 min.). • Tsunami, Ingv, 2010, DVD (15 min.), disponibile anche all’indirizzo: http://www.youtube.com/Ingvterremoti.

128

PARTE TERZA / MAREMOTO


QUANDO AVVERRÀ IL PROSSIMO MAREMOTO?

a cura di Marzia Santini, Antonella Scalzo,

Antonio Ricciardi, Emilio Iannarelli

QUANDO AVVERRÀ IL PROSSIMO MAREMOTO? Non è possibile saperlo: può verificarsi in qualsiasi momento. Sui maremoti sappiamo molte cose, ma nessuno è in grado di prevedere quando e dove si verificheranno.

Poiché le cause dei maremoti, come abbiamo

che”, ossia delle aree del fondale marino

visto, sono essenzialmente legate a terremo-

dove è stata rilevata la presenza di faglie

ti, frane e attività vulcanica sottomarina, nella

capaci di originare terremoti di intensità

maggior parte dei casi non è possibile preve-

tale da innescare maremoti.

dere quando essi si verificheranno. Attraverso modelli matematici, è possibile simuPer poterli prevedere, infatti, dovremmo es-

lare le onde di maremoto che si generano vicino

sere in grado di sapere in anticipo quando

a queste faglie sottomarine e calcolarne l’ipote-

si verificheranno i fenomeni che li possono

tica propagazione. Si possono inoltre stimare

generare, cosa che allo stato attuale delle

l’altezza dell’onda e i tempi di arrivo sulle coste.

conoscenze non è assolutamente possibile.

Questi modelli sono un valido aiuto per lo studio

Ciò che invece è noto è la localizzazione

del fenomeno, ma non forniscono risultati certi.

della maggior parte delle faglie sottomari-

L’unico dato certo è quello registrato dalle reti di

ne capaci di generare terremoti, e quindi

monitoraggio sismico nel momento in cui si ve-

maremoti. La mappa sottostante riporta la

rifica un terremoto, e quello registrato dalle reti

distribuzione, nel Mediterraneo, di alcune

di monitoraggio ondametrico e mareografico,

delle più importanti “zone sismogeneti-

quando si propagano le onde di maremoto.

Figura 1. Principali zone sismogenetiche del Mar Mediterraneo - Papadopolus (Oxford Univ. Press, 2009)

129

PARTE TERZA / MAREMOTO


COSA FARE PER RIDURRE IL RISCHIO MAREMOTO a cura di Marzia Santini, Antonella Scalzo, Antonio Ricciardi, Emilio Iannarelli, Eutizio Vittori, Pio Di Manna, Francesco Lalli, Maria Luisa Cassese, Alessandra Maramai e Concetta Nostro

CHE COSA SI PUÒ FARE PER RIDURRE IL RISCHIO? Occorre innanzitutto approfondire il fenomeno attraverso lo studio dei maremoti del passato e dei modelli di propagazione delle onde, e continuare a monitorare gli eventi. Queste conoscenze permettono una migliore pianificazione del territorio e la realizzazione di interventi di messa in sicurezza delle aree produttive a rischio. Sono inoltre importanti per predisporre piani di emergenza più efficaci. Nei paesi che si affacciano sugli oceani Pacifico e Indiano, dove generalmente i tempi di arrivo dell’onda di maremoto sono dell’ordine di ore, sono attivi sistemi di allertamento rapido (Early Warning). Anche i paesi del Mediterraneo stanno lavorando alla realizzazione di sistemi analoghi, che avranno comunque dei limiti rispetto a quelli degli oceani: infatti, in un mare poco ampio, i tempi di arrivo delle onde sono molto brevi e questo riduce i tempi utili per allertare la popolazione. Essere consapevoli e preparati è il modo migliore per prevenire e ridurre le conseguenze di un maremoto.

LO STUDIO DEI MAREMOTI DEL PASSATO

geografiche. Per le coste italiane il primo catalogo risale agli anni ’80, e negli ultimi anni

Lo studio dei maremoti del passato, sia

l’Ingv ha realizzato un catalogo per l’intero ba-

documentati storicamente che precedenti

cino del Mediterraneo (incluse, ovviamente,

(paleotsunami), risulta di grande impor-

le coste italiane) che è attualmente in pubbli-

tanza, in quanto fornisce elementi fonda-

cazione. Il catalogo è stato realizzato attraver-

mentali per la conoscenza del fenomeno,

so lo studio dettagliato delle fonti bibliografi-

su come si è manifestato, sulle aree col-

che coeve e postume reperibili in letteratura:

pite e sugli effetti prodotti. Tutti questi

in base alla qualità delle fonti disponibili e

elementi sono necessari per la definizione

alla completezza delle informazioni riportate,

degli scenari degli eventi, che sono dati di

ad ogni maremoto inserito nel catalogo viene

base per le attività di pianificazione territo-

attribuita una “attendibilità”, ossia un valore

riale, predisposizione di piani di protezio-

che indica quanto un evento è da conside-

ne civile e attuazione degli stessi in fase

rarsi reale e ben documentato. L’utilizzo dei

emergenziale.

cataloghi consente di identificare quali sono le aree costiere che hanno subito in passato

A questo scopo, strumenti essenziali sono

eventi di maremoto e che quindi, presumibil-

i cataloghi dei maremoti che, sin dagli anni

mente ne subiranno anche in futuro. Permet-

’60, sono stati compilati per le diverse aree

te, inoltre, di conoscere le caratteristiche dei

130

PARTE TERZA / MAREMOTO


Figura 1. A destra, disegni relativi al maremoto del 6 febbraio 1783; a sinistra, mappa dei territori colpiti dal terremoto del 1627 in Puglia

maremoti (intensità, propagazione, altezza

precedenti. (Tip. della R. Accademia dei Lin-

onde, ecc.) nelle diverse zone.

cei, 1909 - Figura 2).

I cataloghi dei maremoti, tuttavia, coprono pe-

L’area mediterranea è particolarmente favorita

riodi di tempo piuttosto limitati, dell’ordine di

in tal senso, infatti la presenza di antiche civiltà

qualche migliaio di anni. Per ottenere informa-

lungo le coste del Mar Mediterraneo ci ha la-

zioni su possibili maremoti avvenuti in epoche

sciato fonti documentali che si spingono molto

molto più remote, quelli che vengono definiti

indietro nel tempo. Molte di meno sono invece

comunemente paleotsunami, negli ultimi de-

le testimonianze per le aree degli oceani Paci-

cenni si sono sviluppati studi basati su osserva-

fico (con l’eccezione del Giappone) e Atlantico.

zioni dirette sul terreno. Il metodo usato è quel-

Comunque, le informazioni scritte diventano

lo di eseguire perforazioni fino a qualche metro

sempre più rare e meno precise andando in-

di profondità (tre - cinque metri) in zone costie-

dietro nel tempo, lasciando sempre maggiori

re considerate a rischio maremoto in base ai

incertezze. Altri metodi di studio, a carattere

dati riportati nei cataloghi. I sedimenti rinvenuti

tipicamente geologico, vengono allora in aiuto,

vengono analizzati e datati per identificare pos-

consentendo di spingere le nostre osservazioni

sibili depositi di materiale lasciati da maremoti

nel passato preistorico (paleotsunami) quando

avvenuti in epoche lontane.

ne sia rimasta traccia nei sedimenti costieri,

Per gli eventi storici più recenti sono disponi-

o anche meglio caratterizzare gli eventi storici

bili molte cronache, cartografie, disegni, foto-

più antichi. Infatti, i maremoti sono in grado di

grafie, cartoline e anche relazioni tecniche di

produrre effetti anche permanenti sull’ambien-

commissioni istituite per la stima dei danni e

te costiero, fino a modificare le caratteristiche

per le azioni di ricostruzione (Figura 1 e Figu-

della linea di costa, attraverso fenomeni di ero-

ra 2 nella pagina seguente). Per esempio, il

sione e/o deposizione. Essi possono, quindi,

terremoto ed il maremoto del 1908 sono ben

lasciare evidenze di tipo geologico e/o di tipo

documentati nella relazione della Commissio-

geomorfologico, ovvero sedimenti e/o forme

ne reale incaricata di designare le zone più

caratteristiche e, attraverso lo studio di tali evi-

adatte per la ricostruzione degli abitati colpiti

denze (tsunamiti), è possibile ricavare preziose

dal terremoto del 28 dicembre 1908 o da altri

informazioni sull’evento che le ha generate.

131

PARTE TERZA / MAREMOTO


come è avvenuto lungo la costa sudorientale iblea, (Sicilia sudorientale), in occasione degli eventi del 1169 e del 1693, e probabilmente di altri maremoti precedenti (Figura 3 e Figura 4).

Figura 3. Massi di grosse dimensioni presenti lungo il tratto di costa tra Augusta e Siracusa. Scicchitano et al. (2007) attribuiscono tali depositi ai maremoti del 1169 e 1693

Figura 2. Alcune delle fonti storiche disponibili per il terremoto e maremoto del 1908

In aree particolarmente favorevoli alla conservazione delle tracce di antichi maremoti, come per esempio le aree dei laghi e delle lagune costiere (ma anche marine prossime alla costa), si possono trovare depositi tsunamigenici, ovvero con un’origine indiscutibilmente legata all’azione di un maremoto. Maremoti particolarmente violenti posso strappare dalla costa anche grossi massi e spingerli nell’entroterra,

Figura 4. Due dei 175 massi presenti sulla piattaforma marina nell’area di Vendicari (Sicilia sudorientale) interpretati come depositi da maremoto (De Martini et al., 2012)

132

PARTE TERZA / MAREMOTO


In particolare, il maremoto più antico di cui si rinvengono evidenze abbastanza continue lungo la costa siciliana è quello del 365 d.C. originato da un forte terremoto nel Mar Egeo (Creta), mentre di altri precedenti si hanno evidenze sporadiche e talvolta di non facile interpretazione e/o datazione. Altri autori (Smedile et al., 2008) individuano paleotsunami nell’area di Augusta e di Priolo, che datano in 3 finestre temporali: 570-122 a.C.; 100-800 a.C.; 2100-1635 a.C. (Figura 7).

Figura 5. Evidenze geologiche di maremoti che hanno interessato la costa orientale della Sicilia. Le linee colorate a tratto continuo identificano i tratti di costa inondati dai corrispondenti maremoti; la linea a tratteggio indica la costa inondata da maremoti sconosciuti. I rettangoli colorati indicano la porzione di costa inondata da eventi locali. Fonte: De Martini et al. (2012)

Nell’area di Vendicari, De Martini et al. (2012) hanno studiato 175 massi di grosse dimensioni ubicati a 5 m slmm (sul livello medio del mare) Figura 6. Tre differenti depositi da maremoto rinvenuti in sondaggio ad Augusta (AU-02), Priolo (PR-02) e Morghella (MOR-T02). De Martini et al., 2012

al di sopra di una piattaforma di abrasione marina larga 50-70 metri. Tali massi sono stati interpretati come depositi di due eventi di maremoto che si sono verificati nei periodi: 660-940 d.C. e 1700-1950. Gli stessi autori, in quest’ultima finestra temporale, ritengono più probabile attribuire i massi al maremoto del 1693, che ha prodotto disastrosi effetti nell’area siracusana, ben descritti nelle fonti storiche. Le aree di costa bassa e di laguna protetta lungo la costa orientale della Sicilia presentano condizioni favorevoli a rappresentare trappole per depositi da tsunami. Gli studi condotti sui sedi-

Figura 7. Evidenze geologiche di paleotsunami nelle baie di Augusta e Priolo (Sicilia sudorientale). Sono state ritrovate evidenze di cinque eventi. Le informazioni hanno consentito di stimare un tempo di ritorno di 350 anni e valutare un’ingressione massima di 500 metri. Fonte: Smedile et al. (2008)

menti delle paludi costiere hanno consentito di individuare tsunamiti riferibili a diversi maremoti del passato (Figura 5, Figura 6, Figura 7).

133

PARTE TERZA / MAREMOTO


Le aree del Pacifico presentano un’elevata

L’insieme delle informazioni disponibili sui ma-

pericolosità da maremoto, ma hanno anche

remoti, che in passato hanno colpito una data

una minore ricchezza di fonti storiche rispet-

area geografica, sono fondamentali per la defi-

to all’area mediterranea. Tuttavia, nelle Isole

nizione di chiari scenari di evento.

Hawaii e in Giappone, si tramandano molte leggende e una grande sensibilità verso il fe-

Le informazioni storiche e le evidenze ge-

nomeno del maremoto. In particolare lungo

ologiche ci consentono, infatti, di stima-

le coste giapponesi, colpite dal maremoto del

re l’energia dell’evento, di definire i valori

2011, si trovano centinaia di cippi (tsunamis

massimi di run-up e d’inondazione speri-

warning stones, vedi fig. 8) che invitano la po-

mentati dai diversi settori costieri. Tutte

polazione a non costruire la propria casa al di

queste informazioni posso confluire nella

sotto del limite indicato dalla pietra (Figura 8

redazione di dettagliate mappe d’inonda-

e Figura 9). Tali pietre sono state posizionate

zione, che consentono di valutare i livelli

lungo costa dagli antenati

di pericolosità per le diverse aree costiere

dei giapponesi di oggi, a

e sono fondamentali per la stima del ri-

indicare il limite raggiun-

schio e la definizione di interventi di miti-

to da un evento di ma-

gazione (Figura 10).

remoto avvenuto circa 600 anni fa.

Inoltre, i dati sui maremoti del passato sono importanti come supporto per gli studi di mo-

Figura 8. Cippi presenti lungo le coste giapponesi, che invitano la popolazione a non costruire la propria casa a quota inferiore a quella indicata dalle pietre monumentali. Le pietre indicano il limite raggiunto da un maremoto avvenuto circa 600 anni fa

dellazione. Essi, infatti, consentono la verifica dei risultati dei modelli e la loro validazione. Lo sviluppo di metodologie di modellazione sempre più accurate consente di utilizzare tali

A

B

Figura 9. A sinistra, il cippo al limite del maremoto di 600 anni fa; a destra, gli effetti prodotti da maremoto del 2011, circa 100 metri a valle, lungo la stessa strada, nella Prefettura di Miyako

134

PARTE TERZA / MAREMOTO


tecniche anche nelle aree dove mancano dati

veglianza e la prevenzione hanno un ruolo più

storici, con sempre maggiore attendibilità.

importante. Abbiamo visto che è impossibile prevedere un terremoto: quindi se accade bisogna contare sulla tempestività e l’efficienza dei soccorsi. Per questo è necessario che le strutture di protezione civile abbiano informazioni rapide e precise sulla localizzazione del terremoto, la sua magnitudo e le zone interessate. Questi dati si possono avere solo

Figura 10. Esempio di mappe d’inondazione prodotte a partire dai dati storici; le mappe si riferiscono al settore della costa calabra maggiormente colpito dal maremoto del 28 dicembre 1908. Fonte: Di Manna et al. (2009)

grazie a un’ampia distribuzione delle reti di sorveglianza sismica. Esistono molte reti sismiche a livello locale, nazionale e interna-

IL MONITORAGGIO SISMICO

zionale che inviano i propri dati ai centri di

Per difendersi dalle catastrofi naturali è fonda-

raccolta dati nazionali e internazionali.

mentale che i Paesi collaborino fra di loro, non solo intervenendo con aiuti quando il disastro

Il più importante centro dati europeo è il Csem

è già accaduto, ma tenendo conto che la sor-

- Centro Sismologico Euro-mediterraneo: qui

Figura 11. In questo planisfero sono evnidenziati i più importanti nodi della rete mondiale per la sorveglianza sismica e il monitoraggio dei maremoti. I dati raccolti e trasmessi dalla rete non servono solo a scopo di studio e informazione, ma sono preziosi per intervenire tempestivamente in caso di terremoto o maremoto

135

PARTE TERZA / MAREMOTO


Tabella 1. I principali centri di sorveglianza sismica, raccolta dati sismici e monitoraggio dei maremoti CENTRO

CITTÀ

NAZIONE

CSEM

Centro Sismologico Euro-Mediterraneo

Parigi

Francia

http://www.emsccsem.org

Ingv

Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia

Roma

Italia

www.ingv.it

Parigi

Francia

geoscope.ipgp.fr

Geoscope GFZ

GeoForschungsZentrum

Potsdam

Germania

www.gfz-potsdam.de

IRIS

Incorporated Research Institutions for Seismology

Washington DC

USA

www.iris.edu

ISC

International Seismological Centre

Londra

Regno Unito

www.isc.ac.uk

JATWC

Joint Australian Tsunami Warning Centre

Melbourne

Australia

www.bom.gov.au/ tsunami

JMA

Japan Meteorological Agency

Tokio

Giappone

www.jma.go.jp

MedNet

Mediterranean Network

Roma

Italia

mednet.rm.ingv.it

ORFEUS

Observatories and Research Facilities for European Seismology

De Bilt

Paesi Bassi

www.orfeus-eu.org

PTWC

Pacific Tsunami Warning Center National Oceanic and Atmospheric Administration

Hawaii

USA

ptwc.weather.gov

SNAM

Sistema Nacional de Alarma de Maremotos del Servicio Jodrografico y Oceanografico de la Armada

Valparaiso

Cile

www.snamchile.cl

USGS

U.S. Geological Survey

Denver

USA

earthquake.usgs.gov

vengono raccolti i dati di tutte le reti europee e

della distribuzione, su tutto il globo, di stazioni

del bacino mediterraneo, dando così un valido

sismiche di elevata qualità. Il centro informati-

supporto ai vari centri nazionali di sorveglianza.

vo di maggior prestigio e affidabilità per quan-

A livello mondiale, la Fdsn - Federazione delle

to riguarda la sismicità mondiale è senz’altro il

Reti Sismiche Digitali a Larga Banda promuo-

NEIC - National Earthquake Information Center

ve lo scambio di dati e cura l’ottimizzazione

del USGS - U.S. Geological Survey.

136

PARTE TERZA / MAREMOTO


Dal momento che, come abbiamo detto, la

guenti: temperatura dell’acqua, pH, conduci-

maggior parte dei maremoti distruttivi è cau-

bilità e redox.

sata da terremoti, le reti sismiche e lo scambio

Tutte le stazioni sono dotate di un sistema

dei dati tra nazioni in tempo reale è determi-

locale di gestione e memorizzazione dei dati

nante anche per ridurre l’impatto dei mare-

e di un apparato di trasmissione (UMTS) in

moti sulle coste in quanto consente di sapere,

tempo reale alla sede centrale del Servizio

entro pochissimi minuti, che si è generato un

mareografico nazionale a Roma. Inoltre in 9

terremoto in grado di produrre un maremoto.

stazioni strategiche per la misura di fenomeni

Per quanto veloci, le onde di maremoto viag-

particolari (onde anomale) è presente un se-

giano molto più lentamente di quelle sismiche

condo sistema di trasmissione dati via satellite

e, perciò, disporre di un sistema di monitorag-

con tecnologia IRIDIUM che garantisce il col-

gio dei maremoti sia in mare aperto che sulle

legamento anche in presenza di situazioni di

coste consente di allertare le zone potenzial-

black-out del sistema UMTS.

mente interessate dall’arrivo di un’onda di maremoto. Il preavviso può variare, a seconda

La Rete ondametrica nazionale è compo-

della distanza, da qualche decina di minuti ad

sta da 15 boe meteo-oceanografiche, or-

alcune ore, utili per avvertire le autorità com-

meggiate a largo delle coste italiane ad

petenti dell’arrivo delle onde.

una distanza contenuta generalmente entro le 12 miglia nautiche, nelle posizioni e

IL MONITORAGGIO ONDAMETRICO E MAREOGRAFICO

sui fondali riportati di seguito in tabella 2.

La Rete mareografica nazionale è com-

Le boe Ron sono tutte prodotte dalla società

posta da 33 stazioni di misura uniforme-

canadese Axys Ltd., modello Watchkeeper™,

mente distribuite sul territorio nazionale

equipaggiate con riflettore radar con RCS di

che si trovano prevalentemente all’interno

dieci metri quadrati e con un fanale marino per

delle strutture portuali.

segnalazione notturna, posizionato a 2,5 metri dalla linea di galleggiamento, con portata di tre

Le stazioni sono dotate anche di un sensore

miglia nautiche e sequenza di lampeggio confi-

anemometrico (velocità e direzione del vento

gurata secondo le direttive standard ODAS/IALA.

a dieci metri dal suolo), di un sensore baro-

Il sensore ondametrico direzionale allo stato

metrico, di un sensore di temperatura dell’a-

solido montato sulle boe Ron è il TRIAXYS™

ria e di un sensore di temperatura dell’acqua,

composto da tre accelerometri, tre giroscopi e

oltre ad un sensore di umidità relativa. Inoltre

una bussola fluxgate; completano la strumen-

dieci stazioni sono state dotate di una sonda

tazione delle boe una stazione meteorologica

multiparametrica per la valutazione della qua-

completa, un termometro per la misura della

lità dell’acqua. I parametri misurati sono i se-

temperatura superficiale dell’acqua e in al-

137

PARTE TERZA / MAREMOTO


Tabella 2. Codifica e coordinate delle stazioni della Rete Ondametrica Nazionale CODICE WMO

STAZIONE

LATITUDINE

LONGITUDINE

PROFONDITÀ

61207

CATANIA

37°26’24’N

15°08’48’E

90

61208

MAZARA

37°31’05’N

12°32’00’E

85

61209

PALERMO

38°15’30’N

13°20’00’’E

145

61210

CROTONE

39°01’25’N

17°13’12’E

80

61211

CETRARO

39°27’12’N

15°55’06’E

100

61212

SINISCOLA

40°37’00’N

09°53’30’E

130

61213

ALGHERO

40°32’55’N

08°06’25’E

85

61214

PONZA

40°52’00’N

12°57’00’E

115

61215

MONOPOLI

40°58’30’N

17°22’40’E

85

61216

CIVITAVECCHIA

42°14’41’N

11°33’14’E

62

61217

ORTONA

42°24’24’N

14°32’12’’E

72

61218

ANCONA

43°49’26’N

13°43’10’E

70

61219

LA SPEZIA

43°55’45’N

09°49’40’E

85

61220

VENEZIA

45°20’00’N

12°31’00’E

17

61221

CAGLIARI

39°06’54’N

09°24’18’E

150

cuni siti una sonda multiparametrica. Le boe

sistema GTS - Global Telecommunication Sy-

trasmettono in tempo reale (ogni 30 minuti)

stem agli organismi nazionali e internazionali

i dati rilevati a corrispondenti centri locali di

che si occupano di meteorologia.

ricezione sulla costa tramite un ponte radio VHF. Dalle serie temporali di elevazione e spo-

Le reti sopra descritte, messe a fattor co-

stamento vengono ottenuti i parametri sintetici

mune con quelle degli altri Paesi che si

descrittivi del moto ondoso:

affacciano sul Mediterraneo, possono es-

• Hs (metri), altezza d’onda significativa spettrale

sere utilizzate per registrare il passaggio

• Tp (secondi), periodo di picco

dell’onda di maremoto.

• Tm (secondi), periodo medio • Dm (gradi N), direzione media

Perché questo sia possibile, è necessario:

• i parametri spettrali per banda di frequenza.

• portare a compimento accordi formali con

La diffusione dei dati avviene in tempo differi-

i vari Paesi, perché mettano a disposizione

to, mediante la pubblicazione di uno specifi-

reciproca i dati delle rispettive reti di moni-

co bollettino, e in tempo reale, principalmente

toraggio in tempo reale; ad oggi la copertu-

mediante il sito web www.telemisura.it me-

ra del Mediterraneo è solo parziale, come

diante Televideo RAI pag.719, e mediante il

possibile vedere nella mappa sottostante

138

PARTE TERZA / MAREMOTO


Figura 12. Il sito web di Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e la mappa della localizzazione delle stazioni di misura della rete mareografica nazionale

• tarare gli strumenti delle reti di monitoraggio

Roma) che possano garantire totale affi-

del livello del mare affinché siano in grado

dabilità ed elevatissima rapidità, nel se-

di rilevare le caratteristiche lunghezze d’on-

gnalare il verificarsi di un’onda di mare-

da degli tsunami (che, come abbiamo visto,

moto in tempi utili a informare le autorità

sono molto diverse da quelle delle normali

incaricate dell’allertamento e ad allertare

onde marine, per il rilievo delle quali sono in

la popolazione, nonostante i brevissimi

genere state create le reti stesse)

tempi di propagazione delle onde di ma-

• mettere a punto complessi sistemi di tra-

remoto nel ristretto piccolo bacino del

smissione dei dati (fra le reti dei diversi

Mediterraneo (variabili, a seconda della

Paesi e, nell’ambito della rete naziona-

zona di provenienza del maremoto, da

le, dalle boe al centro di elaborazione di

pochi minuti a, poco più di un’ora).

139

PARTE TERZA / MAREMOTO


Figura 13. Strumenti di misurazione della rete mareografica nazionale (fonte: www.idromare.it)

Figura 15. Boa Watchkeeper della Rete Ondametrica Nazionale. Figura 14. Mappa della localizzazione delle stazioni di misura della rete ondametrica nazionale (dal sito web del Servizio Mareografico di Ispra)

Figura 16. Sito web della Commissione Oceanografica Intergovernativa (IOC - Intergovernmental Oceanographic Commission, vedi paragrafo seguente per dettagli) e mappa delle stazioni di misura del livello del mare ad oggi condivise a scala mediterranea. Ăˆ evidente la quasi totale mancanza di stazioni di misura condivise lungo la costa nord africana.

140

PARTE TERZA / MAREMOTO


I SISTEMI DI ALLERTAMENTO DA RISCHIO MAREMOTO

gions Tsunami Warning System) e nel Nord Est Atlantico, Mediterraneo e Mari collegati

I sistemi di allertamento da rischio mare-

(NEAMTWS – North Eastern Atlantic & Medi-

moto o Tsunami Warning System hanno la

terranean Tsunami Warning System).

funzione di raccogliere, distribuire e interpretare, in maniera continuativa, tutti i segnali sismici disponibili e i dati relativi a livello del mare per individuare l’eventuale esistenza e propagazione di un’onda di maremoto. In base alle informazioni acquisite, predispongono tempestivi e chiari avvisi di allertamento per l’area di loro competenza, condividono e scambiano dati e informazioni con altri centri di ricerca nazionali e internazionali. Il primo sistema di allertamento di questo ge-

Figura 17. I sistemi di allarme attualmente in uso nell’Oceano Pacifico e nell’oceano Indiano per avvisare del formarsi di un maremoto sono basati su sensori collocati sul fondale marino che misurano le variazioni della colonna d’acqua e inviano l’allarme, attraverso boe galleggianti e satelliti, alle stazioni costiere.

nere è stato attivato nell’area dell’Oceano Pacifico – Pacific Tsunami Warning System – e costituisce il modello di riferimento in questo settore. Nato nel 1968, è coordinato dall’IOC – Intergovernmental Oceanographic Commission, l’ente istituito dall’Unesco nel 1960 per promuovere la cooperazione internazionale nell’ambito della ricerca e della tutela degli oceani e delle aree costiere. In seguito al maremoto del Sud Est Asiatico del 26 dicembre 2004, l’IOC ha ricevuto il mandato di supportare anche tutti gli stati membri dell’Unesco che si affacciano sull’Oceano Indiano a costituire il proprio sistema di

Figura 18. Distribuzione dei sistemi di allertamento tsunami nel mondo

allertamento per i maremoti (IOTWS - Indian Ocean Tsunami Warning System). Ha inoltre iniziato a coordinare il processo di progressiva istituzione di analoghi sistemi di allertamento nei Caraibi (Caribbean Sea and Adjacent Re-

141

PARTE TERZA / MAREMOTO


IL PROGETTO NEAMTWS PER L’ALLERTAMENTO DELL’AREA DEL MEDITERRANEO

e questo riduce la possibilità di allertare la

Il progetto NEAMTWS, iniziato nel 2005, pre-

eventi sismici che si verificano lontano dal-

vede la costituzione di un sistema di allerta-

le coste italiane (come ad esempio nei mari

mento da rischio maremoto per il Nord Est At-

della Grecia) l’Istituto Nazionale di Geofisi-

lantico, Mediterraneo e mari collegati simile a

ca e Vulcanologia, l’Istituto Superiore per la

quello già operante nell’area del Pacifico, dei

Protezione e la Ricerca Ambientale e il Di-

Caraibi e dell’Oceano Indiano.

partimento della Protezione Civile potranno

Il progetto prevede che il NEAMTWS si strutturi in:

avere il tempo per allertare la popolazione

• reti di monitoraggio integrate a scala inter-

attraverso tv, radio e web. È quindi impor-

nazionale (monitoraggio sismico, mareogra-

tante conoscere bene le norme di comporta-

fico, onda metrico)

mento, ricordando però che il rischio mare-

popolazione. Solo per i maremoti causati da

• una catena di allertamento internazionale

moto comporta inevitabilmente la possibilità

composta da: Centri regionali di allertamen-

di falsi allarmi.

to, incaricati di trasmettere l’allerta a scala

Le difficoltà maggiori, ancora da superare,

internazionale (TWPs - Tsunami Watch Pro-

sono legate ai ridottissimi tempi di preavviso

viders); Centri nazionali di allertamento, in-

a disposizione in caso di evento: la propaga-

caricati di ricevere l’allerta proveniente dal

zione di un’onda di maremoto in un bacino

contesto internazionale, assicurandone la

ristretto come il Mediterraneo richiederebbe

tempestiva trasmissione alle autorità di pro-

infatti da pochissimi minuti a, massimo, poco

tezione civile nazionali (NTWCs, National

più di un’ora, in funzione della localizzazione

Tsunami Warning Centres)

della sua zona di origine.

• infrastrutture di allertamento caratterizzate

La mappa (Figura 19) riporta alcuni dati rela-

da tecnologie avanzate, che assicurino la ne-

tivi ai tempi di arrivo attesi lungo le coste per

cessaria velocità di trasmissione delle infor-

onde di maremoto che si generano, lungo le

mazioni (es. telecomunicazioni satellitari)

faglie sottomarine contrassegnate con i nu-

• procedure standardizzate a scala internazio-

meri da 1 a 3.

nale per l’allertamento e la comunicazione.

Il funzionamento operativo di NEAMTWS,

Nel Mediterraneo è in costruzione il sistema

quale sistema di allertamento per il rischio

NEAMTWS, a cui partecipa anche l’Italia ma

maremoto nel Mediterraneo, è un obiettivo

in modo ancora sperimentale. Questo siste-

estremamente complesso, che si deve anco-

ma è analogo a quelli già attivi nel Mar dei

ra raggiungere. Esso infatti comporta l’uso di

Caraibi e negli oceani Pacifico e Indiano,

tecnologie di trasmissione delle informazioni

ma rispetto a questi ha dei limiti: in un mare

avanzatissime, oltre che strategie di allerta-

poco ampio come il Mediterraneo, infatti, i

mento e procedure internazionali e nazionali

tempi di arrivo delle onde sono molto brevi

assolutamente innovative, per la cui adozio-

142

PARTE TERZA / MAREMOTO


ne è necessario un articolato coordinamento

situazioni socio-politiche molto diverse e in

politico, fra Paesi caratterizzati da culture e

continua, rapida trasformazione.

Figura 19. Tempi di arrivo lungo le coste mediterranee, calcolati per onde di tsunami che si genrano in corrispondenza delle faglie contrassegnate dai numeri 1, 2, 3. Fonte: Ingv

IL CENTRO DI INFORMAZIONE TSUNAMI DEL MEDITERRANEO: NEAMTIC (NORTH EASTERN ATLANTIC & MEDITERRANEAN TSUNAMI INFORMATION CENTRE) Nell’ambito del progetto NEAMTWS sono attivi una

ioc-unesco.org/) volta a soddisfare le esigenze delle

serie di Gruppi di lavoro internazionali con il compito

autorità di protezione civile e di un ampio pubblico in

di affrontare diverse tematiche: valutazione del

generale, fornendo informazioni sui sistemi di allarme,

rischio, modelli matematici di propagazione di onde

i rischi e le buone pratiche in materia di maremoti e

di maremoto; misurazioni sismiche e geofisiche;

altri rischi correlati a livello del mare. In NEAMTIC sono

misurazioni del livello del mare; strategie di

disponibili: poster sui comportamenti di autoprotezione

allertamento e procedure internazionali; strategie

per studenti delle scuole elementari e per gli ospiti di

di mitigazione del rischio maremoto e modalità di

strutture alberghiere lungo la costa; linee guida per la

informazione pubblica. I prodotti ad oggi disponibili,

gestione del rischio maremoto per autorità di protezione

relativi alla diffusione della conoscenza sul rischio

civile; procedure di evacuazione consigliate in caso

maremoto e sul sistema NEAMTWS, sono organizzati

di maremoto per i piani di emergenza delle strutture

nell’ambito del Centro di informazione tsunami

turistiche; linee guida e buone pratiche per la gestione

(NEAMTIC) dedicato alla regione Mediterranea. Il

dei rischi costieri; corso online per le scuole medie sul

Centro è pertanto una risorsa web (http://neamtic.

mare, le sue dinamiche e i rischi ad esso correlati.

143

PARTE TERZA / MAREMOTO


L’ITALIA NEL SISTEMA DI ALLERTAMENTO PER IL MEDITERRANEO a cura di Eleonora Panunzi, Marzia Santini, Antonella Scalzo

IN ITALIA ESISTE UN SISTEMA DI ALLERTAMENTO? Nel Mediterraneo è in via di costruzione un sistema di allertamento internazionale, a cui partecipa anche l’Italia, ma in modo ancora sperimentale. Questo sistema è analogo a quelli già attivi nel Mar dei Caraibi e negli oceani Pacifico e Indiano, ma rispetto a questi ha dei limiti: in un mare poco ampio come il Mediterraneo, infatti, i tempi di arrivo delle onde sono molto brevi e questo riduce la possibilità di allertare la popolazione. Solo per i maremoti causati da eventi sismici che si verificano lontano dalle coste italiane (come ad esempio nei mari della Grecia) l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e il Dipartimento della Protezione Civile potranno avere il tempo per allertare la popolazione attraverso tv, radio e web. È quindi importante conoscere bene le norme di comportamento, ricordando però che il rischio maremoto implica inevitabilmente la possibilità di falsi allarmi.

L’Italia è Stato Membro dell’IOC - Intergoverna-

nazionale, come centro regionale di allertamento,

mental Oceanographic Commission di UNESCO

ossia disponibile ad allertare anche le autorità di

- ossia l’organo di coordinamento del program-

protezione civile di altri Stati.

ma di costruzione del sistema di allertamento NEAMTWS. Come tale ha contribuito attivamente fin dall’inizio, insieme alla comunità internazionale, al lavoro di progettazione e realizzazione del sistema. Gli enti coinvolti in questo lavoro, per conto dell’Italia, sono il Dipartimento della Protezione Civile, quale autorità nazionale di protezione civile; l’Ingv - Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, responsabile del monitoraggio sismico e vulcanico del territorio italiano e l’Ispra - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che si occupa del monitoraggio mareografico e ondametrico delle acque territoriali. Questi tre enti collaborano fra loro per portare a compimento e pieno funzionamento il sistema di allertamento nazionale per il rischio tsunami e, una volta operativo, per proporlo su scala inter-

144

PARTE TERZA / MAREMOTO


I SISTEMI DI ALLERTAMENTO DA RISCHIO MAREMOTO NEL MONDO OCEANO PACIFICO. Il PTWS - Pacific Tsunami Warning

attorno all’area del Pacifico e il conseguente ampio

System comprende 30 stati membri che sono bagnati

numero di paesi coinvolti, c’è una tendenza nell’area

dall’Oceano Pacifico. Il PTWS è gestito dalla US

del Pacifico a integrare le attività del PTWS attraverso

NOAA - Unated States National Oceanographic and

l’utilizzo di piccoli gruppi sub-regionali, come ad esempio

Atmospheric Administration che ha la responsabilità di

la Costa Pacifica dell’America Centrale, il Pacifico Sud-

inviare allertamenti da rischio tsunami a tutti gli stati

Occidentale, il Mare Cinese del Sud e il Pacifico Nord-

membri del PTWS. Oltre agli USA, gli stati dell’area del

Occidentale, con l’obiettivo di dare un migliore servizio in

Pacifico che vantano la più lunga tradizione in TWS

caso di specifiche necessità.

sono la Russia e il Giappone. In Russia, il sistema

OCEANO INDIANO. La costruzione dell’IOTWS - Indian

è attualmente strutturato in tre servizi regionali,

Ocean Tsunami Warning System è stata avviata a seguito

localizzati nelle coste della Russia del Pacifico, es.

dello tsunami del 2004. Dall’11 Ottobre 2011, molti stati

l’Isola di Sakhalin, nella Kamchatka e nella Primorsky

della regione hanno annunciato il completamento delle

Krai. In Giappone la responsabilità del monitoraggio e

infrastrutture di base per i sistemi nazionali, tra questi

dell’allertamento per il rischio tsunami è garantita dalla

l’India, l’Indonesia, la Tailandia e l’Australia.

JMA - Japanese Meteorological Agency, che concentra le

CARAIBI. Il sistema di allertamento tsunami per la

responsabilità nazionali per la previsione e l’allertamento

regione caraibica (ICG/CARIBE-EWS) è stato fondato

per le condizioni meteo, terremoti, tsunami ed eruzioni

nel 2005. A differenza di altre regioni, il sistema è stato

vulcaniche. Considerato il numero elevato di possibili

concepito fin dall’inizio con un approccio multi rischio,

sorgenti tsunamigeniche (faglie attive sottomarine)

con un focus particolare su uragani e tsunami.

145

PARTE TERZA / MAREMOTO


MAREMOTI TRA MEMORIA E OBLIO a cura di Massimo Crescimbene e Federica La Longa Tra gli eventi più devastanti che si ricor-

di parti di uno stesso processo. I maremoti

da a memoria d’uomo c’è il maremoto del

sono fenomeni che nel nostro Paese si veri-

Sud Est Asiatico del 26 dicembre 2004

ficano piuttosto raramente e per questo sono

(275mila vittime e 15 Paesi coinvolti).

più soggetti all’oblio.

Il maremoto ha evidenziato anche il falli-

Per contrastare l’effetto dell’oblio chi si occupa

mento delle tecnologie figlie delle “civiltà

di comunicazione e di riduzione del rischio, do-

evolute” alle quali si è contrapposta un’ec-

vrebbe andare verso una direzione costruttiva

cezione, costituita da una sparuta minoran-

della memoria, capace di valorizzare il passato,

za etnica: i Moken, o “zingari del mare”.

vivere il presente e orientare il futuro.

L’eccezione è clamorosa se si considera che questo popolo è in netta antitesi con tutto

MEMORIA E COMUNICAZIONE

ciò che è tecnologico. I Moken hanno da

Non esiste memoria senza comunicazione,

sempre fatto del mare la propria Nazione e

quindi la memoria è un problema della comu-

le barche la loro abitazione. Il rapporto dei

nicazione e chi si occupa di comunicazione se

Moken con il mare è così intimo e profondo

ne dovrebbe necessariamente preoccupare.

che i loro occhi si sono adattati, nel corso

Allo stesso tempo la memoria è qualcosa di

delle generazioni, a veder meglio sott’acqua.

qualitativamente diverso dalla comunicazione in quanto la memoria è soggetta a dei vincoli

Senza alcuna tecnologia, ma con una cono-

biologici e cognitivi. Questo rende il rapporto

scenza del mare che non ha eguali nel piane-

memoria-comunicazione qualcosa di com-

ta, i Moken sono fuggiti sulle colline delle isole

plesso. Semplificando possiamo affermare

subito prima dell’arrivo delle onde di Tsunami

che mentre le radici della memoria sono nei

del 26 dicembre.

corpi, la comunicazione è un processo che

Sulla base di quali conoscenze?

riguarda il sociale. Come già detto non esiste una definizione unitaria della memoria perché

RELAZIONI TRA MEMORIA, OBLIO E MAREMOTI

essa è per definizione dinamica: una memo-

Per provare a rispondere a questa domanda

ria processuale che si rimodella in funzione

partiamo da alcuni studi recenti sulla memoria.

del presente, tenendo conto principalmente

Non esiste una singola definizione di memoria

del contesto di riferimento e del passare del

perché la memoria è un processo dinamico.

tempo. Il concetto di memoria non è assoluto,

Possiamo definire la memoria come un pro-

la memoria per essere inquadrata ha bisogno

cesso in continuo divenire che rimodella i suoi

di essere inquadrata nel suo legame indisso-

contenuti in accordo con il presente, il conte-

lubile con l’oblio. Quindi quando parliamo di

sto e il tempo. In questo processo alcune par-

memoria in realtà parliamo di un processo in

ti emergono (memoria) mentre altre vengono

continuo divenire tra ricordo e non ricordo.

sommerse (oblio). Memoria e oblio sono quin-

Ebbinghaus (1885), considerato il padre della

146

PARTE TERZA / MAREMOTO


psicologia scientifica, si interrogò sul rapporto

OGNI TIPO DI MEMORIA HA IL SUO OBLIO

tra memoria e oblio in relazione ai processi di

La memoria individuale è stata oggetto privi-

apprendimento. I suoi studi hanno prodotto i

legiato di studio da parte della psicologia. In

primi moderni risultati sintetizzabili nella co-

particolare per quanto riguarda il trauma la

siddetta curva dell’oblio riportata in figura 1.

psicoanalisi ha fornito un grande contributo

Il grafico riporta i risultati ottenuti da Ebbing-

per la sua ricerca e definizione anche a livel-

haus in una serie di esperimenti sulla memo-

lo inconscio. Questa forma di oblio è definita

ria e l’oblio. Ai soggetti veniva chiesto di im-

dalla psicoanalisi rimozione, in quanto la no-

parare e ricordare una serie di sillabe senza

stra coscienza non dà accesso a dei contenu-

senso. La linea rossa indica il decadimento

ti considerati dolorosi o indesiderabili.

del ricordo (oblio) delle sillabe, che vengono

Collettiva e sociale

quasi completamente dimenticate dopo tre

Secondo la definizione dello storico Pierre

mesi. Le linee verdi indicano la curva dell’o-

Nora, la memoria collettiva è “il ricordo, o l’in-

blio quando a distanza di tempo vengono

sieme dei ricordi, più o meno consci, di un’e-

proposte le ripetizioni delle stesse sillabe. In

sperienza vissuta o mitizzata da una collettività

accordo con gli studi di Ebbinghaus la comuni-

vivente della cui identità fa parte integrante il

cazione che riguarda i terremoti, o altri fenomeni

sentimento del passato”. Il termine “memoria

ad essi collegati come gli tsunami, tende a de-

collettiva” è stato coniato nel 1920 da Mauri-

crescere in modo repentino sul web o sui social

ce Halbwachs in contrapposizione al concetto

network (Fig. 2). In un recente studio i ricercato-

di memoria individuale. La memoria collettiva

ri giapponesi hanno provato a valutare l’interes-

è condivisa, trasmessa e anche costruita dal

se a seguito del terremoto e dello tsunami che

gruppo o dalla società. Anche la memoria col-

ha colpito il Giappone nel Marzo 2011, osser-

lettiva è soggetta all’oblio e secondo gli studio-

vando dal conteggio dei tweet su twitter come

si l’oblio collettivo ha una forte influenza anche

questo decadesse in modo molto rapido.

a livello individuale. Il sociologo Alessandro Cavalli parla di costruzione sociale dell’oblio. Ad esempio per il terremoto del Friuli, si è at-

Figura 1. Curva dell’oblio di Ebbinghaus (1885)

tuata una cancellazione, rimozione dell’evento calamitoso e la memoria si è rivolta alla ricostruzione e alla continuità con il passato precalamità. Al contrario nel terremoto del Belice, si è avuta la commemorazione, la celebrazione, l’esaltazione dell’evento calamitoso, quindi non la sua cancellazione ma anzi la sua sottolineatura come momento 0 che rimuove la memoria precedente all’evento.

147

PARTE TERZA / MAREMOTO


Mediata

ferimento alle nuove tecnologie e ai cambia-

È una forma di memoria che viene costruita

menti nella modalità di memorizzare o dimen-

attraverso i mass-media. Sempre più spesso

ticare nell’era di internet, dell’era digitale e

siamo testimoni di terremoti e catastrofi che

dell’icloud.

non viviamo in prima persona ma alle quali

Questo tipo di memoria ha già in sé l’oblio

abbiamo accesso attraverso i mass-media. In

in quanto è una memoria che non c’è, è di-

questo caso l’oblio è intrinseco all’evento

sgiunta dal soggetto e dai contenuti da ricor-

Transattiva

dare. Si focalizza invece sui percorsi necessa-

La memoria transattiva viene studiata in ri-

ri a recuperare il ricordo.

Figura 2. Curve dell’oblio ricavate dalle ricerche su internet dei termini terremoto e tsunami

LA MEMORIA DEI DISASTRI

che ha avuto esperienza diretta del disastro

Molti studi suggeriscono che dopo tre gene-

è scomparsa. Questo tipo di processo tra me-

razioni ci si dimentica di un disastro e non si

moria e oblio ha perfettamente senso in una

prendono più precauzioni rispetto ad esso.

cultura dove la conoscenza e l’esperienza

Questo avviene dopo che l’ultima persona

sono trasmesse oralmente, come testimonia-

148

PARTE TERZA / MAREMOTO


do ulteriormente il limite delle tre generazioni. L’aumento dell’oblio sembrerebbe dovuto alla modalità di trasferimento delle conoscenze che non lasciano più tempo al racconto orale e all’esperienza che gli anziani hanno del mondo.

Figura 2. Tre generazioni

to dagli antichi abitanti delle Isole Aleutine in Alaska, gli Aleuti. Testimonianze archeologiche mostrano come i villaggi degli Aleuti sono stati ripetutamente ricollocati in posizione più elevate dopo l’accadimento di uno tsunami, ma gli stessi villaggi venivano ricostruiti a livello del mare a distanza di circa 100 anni dall’ultimo tsunami. Il termine delle tre generazioni per i ricordi sembra essere vero anche per altre specie animali. Le femmine più anziane degli elefanti durante la siccità guidano il branco verso pozze d’acqua che ricordano da precedenti esperienze legate alla loro giovinezza. Ma se un branco perde l’esperienza e il ricordo delle

Figura 4. Pietra miliare giapponese che riporta inciso un avviso ai posteri, ricordando di non costruire abitazioni oltre questo punto perché una grande onda di maremoto in passato ha distrutto tutto quello che si trovava al di sotto della pietra

femmine più anziane e i componenti più giovani non ne hanno fatto esperienza direttamente il branco non è più in grado di sopravvivere durante la siccità.

MEMORIA, RITI E RITUALI

Il limite delle tre generazioni, inoltre, sembra

Nei riti e nei rituali l’aspetto analogico è prepon-

essere vero solo nel caso di esperienza vissuta

derante, insieme a quello sociale ed interattivo.

direttamente o di soggetti ai quali questo tipo

I rituali nella comunicazione soddisfano due

di esperienza è stata trasmessa oralmente. Al-

aspetti importanti: quello affettivo e quello

cuni ricercatori ritengono che le conoscenze

simbolico.

trasmesse dalla scuola o attraverso i media si-

La loro forza ed efficacia deriva da questo coin-

ano maggiormente soggette all’oblio, riducen-

volgimento a livello affettivo, in cui si scaricano

149

PARTE TERZA / MAREMOTO


emozioni altrimenti non tollerate in altre situa-

può distanziare anche significativamente dal

zioni, mentre nello stesso tempo esemplificano

rischio reale (Figura 5).

il significato di ciò che si sta per compiere. Come osservava Bateson (1976), il rituale è anche trasmissione di informazione; esso è un insieme di segni che non soltanto riconferma nozioni e acquisizioni precedenti, ma è anche un meccanismo che permette di fornire nuove informazioni. I riti e i rituali, dunque, si presentano come un insieme di segni, che non offrono però il codice che permette di interpretarli compiutamente. Essi appaiono da una parte come dotati di senso, dall’altra come privi di senso apparente. Recentemente in Italia il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha istituito la Giornata nazionale della memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali cau-

Figura 5. I cerchi in figura sono percepiti in movimento rotatorio, ma nella realtà non si muovono affatto

sati dall’incuria dell’uomo (Legge n. 101 del 14 giugno 2011). L’articolo 2 di questa legge

Studiare la percezione del rischio sismico ci

dispone che, in occasione di tale Giornata,

aiuta a capire come le persone “vedono” il

che ricorre il 9 ottobre di ogni anno, le scuo-

rischio e a costruire campagne informative e

le di ogni ordine e grado possono organizzare

interventi educativi più efficaci e mirati.

“manifestazioni, cerimonie, incontri e momen-

Ci sono due approcci principali che studiano

ti di ricordo e riflessione sui fatti accaduti, al

la percezione del rischio: l’approccio realistico

fine di promuovere attività di sensibilizzazione

e l’approccio costruttivista. L’approccio reali-

e di maggiore consapevolezza dei rischi con-

stico si basa sull’assunto che la percezione è

nessi ad interventi che alterano gli equilibri del

più vicina al rischio reale quanto più quest’ul-

territorio e della necessità di tutelare il patri-

timo è conosciuto. L’approccio costruttivista

monio ambientale del Paese”.

ritiene che la percezione sia influenzata oltre che dalla conoscenza del rischio anche da al-

LA PERCEZIONE DEL RISCHIO

tri fattori: sociali, religiosi, economici, storici,

Contrariamente a quanto siamo abituati a

emotivi ecc.

pensare, il rischio non è un dato oggettivo, ma

Di seguito riportiamo un esempio di test utiliz-

è fortemente influenzato dalla nostra percezio-

zato per “misurare” la percezione del rischio.

ne. Questo fa sì che e a volte la percezione si

Terremototest è costruito prendendo in con-

150

PARTE TERZA / MAREMOTO


Tabella 1. Confronto tra la pericolosità “da normativa” e la pericolosità percepita calcolata dal test sulla percezione del rischio sismico terremototest. PERICOLOSITÀ MOLTO ELEVATA

PERICOLOSITÀ ALTA

PERICOLOSITÀ MEDIA

PERICOLOSITÀ BASSA

PERICOLOSITÀ DA NORMATIVA

1

2

3

4

PERICOLOSITÀ PERCEPITA

1

2

3

4

siderazione i fattori che compongono il rischio

niamo che conoscere le emozioni e acquisire

sismico: pericolosità, valore esposto e vulnera-

strumenti per padroneggiarle, prima che si ve-

bilità e per ciascuno di questi fattori consente

rifichi un evento, possa fortemente influenzare

di ricavare il punteggio della sua percezione.

la percezione, la preparazione, le scelte ed i

Altre parti del test riguardano la percezione del

comportamenti per la riduzione del rischio.

rischio in generale e comprendono variabili re-

Storicamente il primo a mettere in relazione

lative agli aspetti culturali, religiosi, emotivi ecc.

i due elementi è Seneca, che con grande

Nell’esempio riportato in Tabella 1, la perce-

intuizione pone in luce alcuni aspetti chiave

zione della pericolosità sismica viene confron-

del rapporto, inversamente proporzionale, tra

tata con la pericolosità sismica che la scienza

la mancanza di conoscenza di un fenomeno

assegna al comune del compilatore del test,

“naturale” e l‘amplificazione della paura.

ottenuta in base ai terremoti che lo hanno ef-

In Italia è la sequenza sismica dell’Umbria

fettivamente colpito nei secoli passati e quel-

Marche nel 1997-98 che, per la prima volta,

li che, in base a studi geologici e geofisici, lo

pone il problema degli “effetti emotivi prodotti

possono colpire. Se il valore della pericolosità

da un terremoto”. In particolare, è la durata

percepita è più basso rispetto al valore della

della sequenza, 9mila scosse protratte per sei

pericolosità sismica da normativa del territorio

mesi, che porta gli operatori dell’emergenza a

del compilatore del test, questo significa che

porre attenzione all’insorgere di disagi psico-

la sua percezione della pericolosità è sottosti-

logi nelle popolazioni colpite e ad attivare un

mata rispetto alla pericolosità sismica che vie-

servizio di supporto psicologico.

ne indicata dalla scienza per quel territorio.

I livelli di prevenzione e le azioni che si possono intraprendere per provare a ridurre il disagio psicologico causato da un terremoto o

TERREMOTO, MAREMOTO ED EMOZIONI

da un altro evento naturale, possono essere

Perché è importante parlare di “effetti psico-

diversificati in funzione di momenti diversi. Gli

logici del terremoto e del maremoto” in un

interventi di sostegno psicologico, successivi

corso sulla riduzione del rischio? Perché rite-

all’evento rappresentano un’azione di preven-

151

PARTE TERZA / MAREMOTO


zione secondaria, ovvero offrono una “cura”

sensazioni e sentimenti. Cosa differenzia le une

per le persone che sono state colpite dalla

dalle altre? Le sensazioni sono stimoli che par-

reazione acuta da stress, e così facendo mi-

tono dall’ambiente, hanno effetto immediato su

rano ad evitare che questa si trasformi in un

ogni persona, hanno una durata breve, un’in-

disturbo più strutturato come il cosiddetto di-

tensità media, sono involontarie e strettamente

sturbo post-traumatico da stress (PTSD).

connesse con i nostri sensi (ad es. un ventila-

Ma esiste un secondo livello di intervento, la

tore acceso provoca la sensazione di fresco, il

prevenzione primaria, che consiste nel mette-

sole forte la sensazione di caldo ecc.).

re le persone in condizioni di conoscere le pro-

Le emozioni sono reazioni intense, improvvise,

prie emozioni e saper controllare gli effetti che

di breve durata, causate da uno stimolo am-

queste hanno sul comportamento e sulla salute

bientale (interno o esterno), che provocano

psicologica prima che l’evento si verifichi.

cambiamenti sulla persona a tre livelli: • fisiologico: modificazioni riguardanti la respi-

CONOSCERE LE NOSTRE EMOZIONI

razione, la pressione arteriosa, il battito car-

Le emozioni ci aiutano a capire meglio ciò che

diaco, la circolazione, la digestione ecc.

ci succede, danno importanti informazioni su

• comportamentale: cambiano le espressioni

noi stessi, sugli altri e su noi insieme agli altri.

facciali, la postura, il tono della voce e le

Avere consapevolezza delle proprie emozioni

reazioni (ad es. attacco o fuga)

è utile per uno sviluppo adeguato della perso-

• psicologico: cambia ciò che sentiamo e

nalità e per favorire il benessere psico-fisico.

proviamo personalmente, si modifica il

Inoltre riconoscere le emozioni è importante

controllo di se stessi (ad es. paura, imba-

per poterle esprimere nel modo giusto e per

razzo, tristezza, spavento).

controllarle quando serve. Soltanto conoscendo noi stessi possiamo comprendere le reazioni degli altri. Le emozioni non sono semplici risposte agli stimoli situazionali, ma rispecchiano le implicazioni personali di un individuo, le sue conoscenze e la sua passata esperienza. Il termine “emozione” ha origine da “emotus”, participio passato di “emovere” che, letteralmente, significa “muovere da, allontanare” e anche “scuotere, sconvolgere”. La sensazione di essere mossi da ciò che si prova e che sembra provenire dal nostro interno, è una caratteristica fondamentale dell’esperienza emotiva. Tutti proviamo ogni giorno emozioni, ma anche

Figura 6. Le emozioni primarie secondo P. Ekman e altri autori.

152

PARTE TERZA / MAREMOTO


I sentimenti invece si riferiscono alla capaci-

tensità. Le calamità sono eventi che travalica-

tà di provare sensazioni ed emozioni in ma-

no l’ambito dell’esperienza umana normale e

niera consapevole. I sentimenti riguardano

che, dal punto di vista psicologico, sono abba-

la coscienza delle proprie azioni, del proprio

stanza traumatici da indurre stress in chiun-

essere e dell’altro (ad es. amicizia, amore), si

que. È facile immaginare che essere travolti

riferiscono ad una o a più persone (o anima-

da un evento di questo tipo sia un’esperienza

li), sono meno intensi delle emozioni, durano

che mette a dura prova le nostre capacità di

più a lungo nel tempo. Al momento non c’è

adattamento e la nostra salute psicologica. È

accordo su quali e quante siano le emozioni e

bene tenere presente però, che le reazioni da

ci sono tanti sistemi per classificare e dividere

stress durante e dopo un terremoto vengono

le emozioni, un sistema di classificazione tra i

considerate una reazione normale a eventi

più famosi è quello che divide le emozioni in

non normali.

primarie e secondare.

Quali risorse abbiamo a disposizione per gesti-

Le emozioni fondamentali hanno espressioni

re le emozioni durante e dopo un emergenza?

facciali uguali in tutto il mondo, oltre le differen-

Il terremoto coinvolge emotivamente tutti. È

ze personali e culturali, e sono: rabbia, disgu-

importante ricordare sempre che dopo un

sto, paura, tristezza, gioia, sorpresa. Secondo

evento sismico ciò che è necessario non è

questa classificazione sono considerate, in ge-

evitare di sentire o provare emozioni, quanto

nerale, la base di tutta la vita umana ma pos-

piuttosto affrontarle e imparare a fronteggiarle.

sono aumentare la loro intensità, cioè andare

Benché le reazioni di stress possano apparire

da un minimo ad un massimo, proprio come la

estreme e possano provocare sofferenza, ge-

temperatura misurata da un termometro. Con il

neralmente non diventano problemi cronici.

variare della intensità l’emozione che proviamo

La maggioranza delle persone si riprende pie-

può cambiare nome, ma si tratta sempre della

namente da una reazione di stress di intensità

stessa emozione.

moderata in un arco di tempo compreso fra

Ad esempio proviamo rabbia, ma con quale

sei e sedici mesi. Generalmente, se incorag-

intensità? Se è poca saremo solo infastiditi, se

giate, le persone hanno a disposizione tutte le

è abbastanza saremo irritati, se è molta sare-

risorse necessarie per affrontare le emozioni,

mo arrabbiati e se è moltissima saremo furiosi.

una tra le più efficaci sta nella condivisione delle emozioni con gli altri, nell’affrontare la

MA COSA SUCCEDE ALLE NOSTRE EMOZIONI QUANDO SI VERIFICA UN TERREMOTO O UN MAREMOTO?

situazione di emergenza creando delle reti di

Riprendendo l’esempio del termometro e

no delle stesse comunità.

della intensità, dopo un forte terremoto o un

Nelle grandi emergenze si è calcolato che il 5%

maremoto, è come se tutte le nostre emozioni

della popolazione colpita fa ricorso ad un tratta-

si presentassero ad un livello massimo di in-

mento specialistico condotto da specialisti.

sostegno reciproco basate sull’ascolto all’inter-

153

PARTE TERZA / MAREMOTO


PER SAPERNE DI PIÙ Memoria • Agazzi E., Fortunati V. (a cura di) Memoria e Saperi, Meltemi Editore, 2007. • Bartoletti R., Memoria e comunicazione. Una teoria comunicativa complessa per le cose del moderno, Franco Angeli, Milano, 2007. • Ebbinghaus H., Memory: A Contribution to Experimental Psychology, 1885. • Isoda Y., Claster W., Oblivion Curve assessing how quickly people forget about the disaster by Twitter tweet counts. The 2011 East Japan Earthquake Bulletin of the Tohoku Geographical Association, June 2011. • Jedlowski P., Memoria, esperienza e modernità, Milano, Angeli, 2002, pag. 62. • Yerushalmi, Y.H. (a cura di), Usi dell’oblio, Pratiche, Parma, 1990. Percezione del rischio • Lupton D. Il rischio. Percezione, simboli, culture, Universale Paperbacks il Mulino, 2003. • Savadori, L. e Rumiati, R. Nuovi Rischi e Vecchie Paure. Bologna: Il Mulino, 2005. • www.terremototest.it Emozioni • Paul Ekman, Te lo Leggo in Faccia, Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste. Amrita Edizioni, 2010. • Daniel Goleman, Intelligenza emotiva, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 1999.

154

PARTE TERZA / MAREMOTO


GLOSSARIO


AG - accelerazione orizzontale massima su

logie di rischio, dove devono trovare una siste-

suolo rigido e pianeggiante: è il principale pa-

mazione i soccorritori e le risorse necessarie a

rametro descrittivo della pericolosità di base,

garantire un razionale intervento nelle zone di

utilizzato per la definizione dell’azione sismi-

emergenza. Queste aree devono essere facil-

ca di riferimento per opere ordinarie (Classe

mente raggiungibili attraverso percorsi sicuri,

II delle Norme Tecniche per le Costruzioni).

anche con mezzi di grandi dimensioni, e de-

Convenzionalmente è l’accelerazione orizzon-

vono essere situate nelle vicinanze di risorse

tale massima su suolo rigido e pianeggiante,

idriche, elettriche e con possibilità di smalti-

che ha una probabilità del 10% di essere su-

mento delle acque reflue. Il periodo di perma-

perata in un intervallo di tempo di 50 anni.

nenza in emergenza di queste aree è compreso tra poche settimane e qualche mese.

Amplificazione locale: modificazione in ampiezza, frequenza e durata dello scuotimento

Aree di attesa della popolazione: sono i luo-

sismico dovuta alle specifiche condizioni lito-

ghi di prima accoglienza per la popolazione;

stratigrafiche e morfologiche di un sito. Si può

possono essere utilizzate piazze, slarghi, par-

quantificare mediante il rapporto tra il moto si-

cheggi, spazi pubblici o privati non soggetti a

smico in superficie al sito e quello che si os-

rischio (frane, alluvioni, crollo di strutture atti-

serverebbe per lo stesso evento sismico su un

gue ecc.), raggiungibili attraverso un percorso

ipotetico affioramento di roccia rigida con mor-

sicuro. Deve essere scelto un numero di aree

fologia orizzontale. Se questo rapporto è mag-

funzionale alla capacità ricettiva degli spazi di-

giore di 1, si parla di amplificazione locale.

sponibili e del numero degli abitanti. In queste aree la popolazione riceve le prime informazio-

Aree di accoglienza o di ricovero della popola-

ni sull’evento e, se necessario, i primi generi di

zione: sono luoghi, individuati in aree sicure ri-

conforto. Le aree di attesa della popolazione

spetto alle diverse tipologie di rischio e poste nelle

sono utilizzate per un periodo di tempo com-

vicinanze di risorse idriche, elettriche e fognarie,

preso tra poche ore e qualche giorno.

in cui vengono installati i primi insediamenti abitativi per alloggiare la popolazione colpita. Devono

Classificazione sismica: suddivisione del ter-

essere facilmente raggiungibili anche da mezzi di

ritorio in zone a diversa pericolosità sismica.

grandi dimensioni per consentirne l’allestimento e

Attualmente il territorio italiano è suddiviso in

la gestione. Rientrano nella definizione di aree di

quattro zone, nelle quali devono essere appli-

accoglienza o di ricovero anche le strutture ricetti-

cate delle speciali norme tecniche con livel-

ve (hotel, residence, camping ecc.).

li di protezione crescenti per le costruzioni (norme antisismiche). La zona più pericolosa

Aree di ammassamento soccorritori e risorse:

è la Zona 1: qui in passato si sono avuti dan-

luoghi, in zone sicure rispetto alle diverse tipo-

ni gravissimi a causa di forti terremoti. Tutti i

254

GLOSSARIO


Comuni italiani ricadono in una delle quattro

Intensità: misura gli effetti di un terremoto

zone sismiche.

sulle costruzioni, sull’uomo e sull’ambiente, classificandoli in dodici gradi attraverso la

Deposito tsunamigenico: sabbia e altri mate-

scala Mercalli. L’intensità non è quindi una

riali marini depositati sulla costa dalle onde di

misura della “forza” del terremoto, perché le

maremoto.

conseguenze dipendono dalla violenza dello scuotimento, ma anche da come sono state

Effetti locali (o di sito): effetti dovuti al com-

costruite le case e da quante persone vivono

portamento del terreno in caso di evento si-

nell’area colpita.

smico per la presenza di particolari condizioni lito-stratigrafiche e morfologiche che determi-

Ipocentro: la zona in profondità dove, in se-

nano amplificazioni locali e fenomeni di insta-

guito ai movimenti delle placche litosferiche,

bilità del terreno.

le rocce della crosta terrestre si rompono dando origine al terremoto. In Italia i terremoti av-

Epicentro: il luogo sulla superficie terrestre

vengono generalmente entro i 30 km di pro-

dove gli effetti del terremoto si manifestano

fondità, tranne che nel Tirreno meridionale

con maggiore intensità. L’epicentro si trova

dove si possono registrare terremoti con ipo-

sulla verticale dell’ipocentro, la zona in pro-

centro profondo fino a 600 km.

fondità dove si verifica la rottura delle rocce e dalla quale le onde sismiche si propagano in

Lunghezza d’onda: distanza tra un’onda e la

tutte le direzioni.

successiva.

Esposizione: è il numero di unità (o “valore”)

Magnitudo: misura l’energia di un terremoto

di ognuno degli elementi a rischio presenti in

e si calcola attraverso l’ampiezza delle oscilla-

una determinata area, come le vite umane o

zioni del terreno provocate dal passaggio delle

gli insediamenti.

onde sismiche, registrate su di un rullo di carta dai pennini dei sismografi (sismogrammi). Il

Faglia: superficie di rottura della crosta lungo

valore di magnitudo si attribuisce utilizzando

la quale avviene lo scorrimento delle rocce a

la scala Richter.

contatto che, per attrito, genera le onde sismiche. In funzione del movimento che si osserva

Maremoto: serie di onde marine prodotte dal

lungo la superficie si parla di faglie normali,

rapido spostamento di una grande massa

inverse e trascorrenti.

d’acqua. Le cause principali sono i forti terremoti con epicentro in mare o vicino alla costa.

Inondazione: larghezza della fascia costiera

I maremoti possono essere generati anche da

(distanza dalla battigia) inondata dal maremoto.

frane sottomarine o costiere, da attività vulca-

255

GLOSSARIO


nica in mare o vicina alla costa e, molto più

Pericolosità sismica di base: componente

raramente, da meteoriti che cadono in mare.

della pericolosità sismica dovuta alle caratteristiche sismologiche dell’area (tipo, dimensioni

Microzonazione sismica: suddivisione di un

e profondità delle sorgenti sismiche, energia e

territorio a scala comunale in aree a compor-

frequenza dei terremoti). La pericolosità sismi-

tamento omogeneo sotto il profilo della rispo-

ca di base calcola (generalmente in maniera

sta sismica locale, prendendo in considerazio-

probabilistica), per una certa regione e in un

ne le condizioni geologiche, geomorfologiche,

determinato periodo di tempo, i valori di para-

idrogeologiche in grado di produrre fenomeni

metri corrispondenti a prefissate probabilità di

di amplificazione del segnale sismico e/o de-

eccedenza. Questi parametri (velocità, accele-

formazioni permanenti del suolo (frane, lique-

razione, intensità, ordinate spettrali) descrivono

fazioni, cedimenti e assestamenti).

lo scuotimento prodotto dal terremoto in condizioni di suolo rigido e senza irregolarità mor-

Normativa antisismica: norme tecniche “ob-

fologiche (terremoto di riferimento). La scala di

bligatorie” che devono essere applicate nei

studio è solitamente regionale. Una delle fina-

territori classificati sismici quando si realizza

lità di questi studi è la classificazione sismica

una nuova costruzione o quando si migliora

a vasta scala del territorio, finalizzata alla pro-

una costruzione già esistente. Costruire ri-

grammazione delle attività di prevenzione e alla

spettando le norme antisismiche significa ga-

pianificazione dell’emergenza. Costituisce una

rantire la protezione dell’edificio dagli effetti

base per la definizione del terremoto di riferi-

del terremoto: in caso di terremoto, infatti, un

mento per studi di microzonazione sismica.

edificio antisismico può subire danni, ma non Pericolosità sismica locale: componente della

crolla, salvaguardando la vita dei suoi abitanti.

pericolosità sismica dovuta alle caratteristiche Onde sismiche: le onde che si generano dalla

locali (litostratigrafiche e morfologiche, vedi

zona in profondità in cui avviene la rottura delle

anche la voce “effetti locali”). Lo studio della

rocce della crosta terrestre (ipocentro). Si pro-

pericolosità sismica locale è condotto a scala

pagano dall’ipocentro in tutte le direzioni fino in

di dettaglio partendo dai risultati degli studi di

superficie, come quando si getta un sasso in

pericolosità sismica di base (terremoto di ri-

uno stagno. Esistono vari tipi di onde che viag-

ferimento) e analizzando i caratteri geologici,

giano a velocità diversa; quelle che si propaga-

geomorfologici, geotecnici e geofisici del sito;

no per ultime causano le oscillazioni più forti.

permette di definire le amplificazioni locali e la possibilità di accadimento di fenomeni di insta-

Paleotsunami: maremoti avvenuti in epoche

bilità del terreno. Il prodotto più importante di

remote per i quali non ci sono dati storici né

questo genere di studi è la carta di microzona-

osservazioni scritte.

zione sismica.

256

GLOSSARIO


Piano comunale di protezione civile: piano

valore di ciò che può subire un danno (monu-

di emergenza redatto dai Comuni per gestire

menti, beni artistici, attività economiche ecc.).

adeguatamente un’emergenza ipotizzata nel proprio territorio, sulla base degli indirizzi re-

Run-up: altezza (quota) massima raggiunta

gionali, come indicato dal DLgs. 112/1998.

dall’acqua durante un maremoto, rispetto al

Tiene conto dei vari scenari di rischio conside-

livello del mare.

rati nei programmi di previsione e prevenzione Sciame sismico: sequenza sismica caratteriz-

stabiliti dai programmi e piani regionali.

zata da una serie di terremoti localizzati nella Placche litosferiche: porzioni della crosta ter-

stessa area, in un certo intervallo temporale,

restre nelle quali è suddiviso l’involucro più

di magnitudo paragonabile e non elevata. In

esterno della Terra. Le placche si muovono

uno sciame sismico generalmente non si di-

le une rispetto alle altre, avvicinandosi, allon-

stingue una scossa principale.

tanandosi o scorrendo lateralmente e i movimenti relativi determinano spinte ed accu-

Sismografo: strumento che consente di regi-

mulo di sforzi in profondità. Quando gli sforzi

strare le oscillazioni del terreno provocate dal

superano la resistenza delle rocce, queste si

passaggio delle onde sismiche. Un sismogra-

rompono generando il terremoto.

fo è costituito da una massa, con un pennino all’estremità, sospesa attraverso una molla

Rete sismica nazionale: rete di monitoraggio

ad un supporto fissato al terreno, sul quale è

sismico distribuita sull’intero territorio naziona-

posto un rullo di carta che ruota in continua-

le, e gestita dall’Ingv - Istituto Nazionale di Ge-

zione. Quando il terreno oscilla, si muovono

ofisica e Vulcanologia. Costituita da oltre 300

anche il supporto e il rullo di carta, mentre la

stazioni sismiche, svolge funzioni di studio e

massa sospesa, per il principio di funziona-

di sorveglianza sismica, fornendo i parametri

mento del pendolo, resta ferma e il pennino

epicentrali al Dipartimento della Protezione

registra il terremoto tracciando le oscillazioni

Civile per l’organizzazione degli interventi di

su carta (sismogramma).

emergenza. Sismogramma: registrazione su carta delle Rischio sismico: stima del danno che ci si

oscillazioni del terreno provocate dal passag-

può attendere in una certa area e in un cer-

gio delle onde sismiche. Nel corso degli anni

to intervallo di tempo a causa del terremoto. Il

sono cambiati i modi con i quali si ottengono

livello di rischio dipende dalla frequenza con

queste registrazioni: dai primi sismogrammi

cui avvengono i terremoti in una certa area e

tracciati su carta affumicata, si è passati a re-

da quanto sono forti, anche dalla qualità del-

gistrazioni su carta fotografica e poi su carta

le costruzioni, dalla densità degli abitanti e dal

termosensibile. Oggi le oscillazioni rilevate dai

257

GLOSSARIO


sensori (sismometri) vengono registrate da

gono tempestivi e chiari avvisi di allertamento

strumenti digitali e i dati possono, così, essere

per l’area di loro competenza, condividono e

elaborati dai computer, riducendo i tempi ne-

scambiano dati e informazioni con altri centri

cessari per calcolare la magnitudo e l’epicen-

di competenza.

tro dei terremoti. Tsunamite: evidenza di tipo geologico e/o di tipo Sussidiarietà: è un principio giuridico-am-

geomorfologico, ovvero sedimenti e/o forme ca-

ministrativo che stabilisce come l’attività am-

ratteristiche dalle quali è possibile ricavare prezio-

ministrativa volta a soddisfare i bisogni delle

se informazioni sull’evento che le ha generate.

persone debba essere assicurata dai soggetti più vicini ai cittadini. Per “soggetti” s’inten-

Vita nominale di una costruzione: indica il

dono gli Enti pubblici territoriali (in tal caso

numero di anni durante i quali una struttura

si parla di sussidiarietà verticale) o i cittadini

deve poter essere usata per lo scopo per cui

stessi, sia come singoli, sia in forma associa-

è stata progettata. Questo parametro, previsto

ta o volontaristica (sussidiarietà orizzontale).

dalle Norme Tecniche per le Costruzioni, con-

Queste funzioni possono essere esercitate dai

diziona l’entità delle azioni sismiche di proget-

livelli amministrativi territoriali superiori solo se

to. Per le costruzioni ordinarie, la vita nomina-

questi possono rendere il servizio in maniera

le considerata è ≥ 50 anni.

più efficace ed efficiente. L’azione del soggetto di livello superiore dovrà comunque esse-

Vulnerabilità: attitudine di una determinata

re temporanea, svolta come sussidio (da cui

componente ambientale (popolazione umana,

sussidiarietà) e quindi finalizzata a restituire

edifici, servizi, infrastrutture ecc.) a sopportare

l’autonomia d’azione all’entità di livello inferio-

gli effetti di un evento, in funzione dell’intensità

re nel più breve tempo possibile. Il principio

dello stesso. La vulnerabilità esprime il grado di

di sussidiarietà è recepito nell’ordinamento

perdite di un dato elemento (o di una serie di

italiano con l’art. 118 della Costituzione, come

elementi) causato da un fenomeno di una data

indicato dalla L.Cost. n. 3/2001.

forza. È espressa in una scala da zero a uno, dove zero indica che non ci sono stati.

Tsunami Warning System: sistemi di allertamento da rischio maremoto che hanno la

Zone di subduzione: aree dove una delle plac-

funzione di raccogliere, distribuire e interpre-

che che compongono la crosta terrestre scivo-

tare, in maniera continuativa, tutti i segnali

la sotto una placca confinante.

sismici disponibili e i dati relativi al livello del mare per individuare l’eventuale esistenza

Zone sismogenetiche: aree del fondale mari-

e propagazione di un’onda di maremoto. In

no dove è stata rilevata la presenza di faglie

base alle informazioni acquisite, predispon-

capaci di originare terremoti.

258

GLOSSARIO


APPENDICE


Principali terremoti con magnitudo ugiale o superiore al sesto grado accaduti in Italia nell’ultimo millennio estratta dal catalogo CPTI11: www.emidius.mi.Ingv.it/CPTI11 ANNO

ME

GI

OR

MI

AREA EPICENTRALE

STUDIO

OM

I_MAX

LAT

LON

MW

1117

01

03

15

15

Veronese

GUAL07

55

9

45.309

11.023

6.6

1169

02

04

07

Sicilia orientale

GUAL07

10

10

37.215

14.949

6.4

1184

05

24

Valle del Crati

GUAL07

6

9

39.395

16.193

6.7

1279

04

30

CAMERINO

MONA87

17

10

43.093

12.872

6.3

1295

09

03

Churwalden

SCAL04

17

8

46.947

9.505

6.0

1298

12

01

Reatino

GUAL07

5

10

42.575

12.902

6.2

1328

12

01

NORCIA

MONA87

13

10

42.856

13.018

6.3

1348

01

25

15

30

Carinzia

GUAL07

58

9-10

46.578

13.541

7.0

1349

09

09

08

15

Lazio meridionale-Molise

GUAL07

20

10

41.560

13.901

6.5

1352

12

25

MONTERCHI

CAAL96

7

9

43.469

12.127

6.4

1456

12

05

MOLISE

MEAL88

199

11

41.302

14.711

7.2

1461

11

27

21

05

Aquilano

GUAL07

10

10

42.313

13.544

6.4

1466

01

15

02

25

Irpinia

GUAL07

31

8-9

40.765

15.334

6.0

1511

03

26

14

40

Friuli-Slovenia

GUAL07

66

10

46.198

13.431

6.9

1542

12

10

15

15

Siracusano

GUAL07

32

10

37.215

14.944

6.7

1561

08

19

15

50

Vallo di Diano

CAAL08

32

10-11

40.563

15.505

6.8

1626

04

04

12

45

Girifalco

GUAL07

7

10

38.851

16.456

6.0

1627

07

30

10

50

Gargano

GUAL07

65

10

41.737

15.342

6.6

1638

03

27

15

05

Calabria

GUAL07

213

11

39.048

16.289

7.0

1638

06

08

09

45

Crotonese

GUAL07

42

10

39.279

16.812

6.8

1646

05

31

Gargano

CAAL08

35

10

41.727

15.764

6.6

1654

07

24

Sorano-Marsica

GUAL07

44

10

41.635

13.683

6.2

1657

01

29

Lesina

CAAL08

9

9-10

41.726

15.393

6.3

1659

11

05

22

15

Calabria centrale

GUAL07

126

10

38.694

16.249

6.5

1661

03

22

12

50

Appennino romagnolo

GUAL07

79

10

44.021

11.898

6.0

1685

03

08

19

Mittel-Wallis

ECOS02

46.280

7.630

6.1

1688

06

05

15

Sannio

GUAL07

216

11

41.283

14.561

6.9

1690

12

04

14

Carinzia

GUAL07

60

8-9

46.634

13.882

6.5

1693

01

09

21

Val di Noto

GUAL07

30

8-9

37.141

15.035

6.2

1693

01

11

13

30

Sicilia orientale

GUAL07

185

11

37.140

15.013

7.4

1694

09

08

11

40

Irpinia-Basilicata

GUAL07

251

10

40.862

15.406

6.7

1695

02

25

05

30

Asolano

GUAL07

82

10

45.801

11.949

6.4

1702

03

14

05

Beneventano-Irpinia

GUAL07

37

10

41.120

14.989

6.5

18

00

25

30

260

APPENDICE


ANNO

ME

GI

OR

1703

01

14

18

1703

02

02

11

1706

11

03

1731

03

1732

MI

AREA EPICENTRALE

STUDIO

OM

I_MAX

LAT

LON

MW

Appennino umbro-reatino

GUAL07

199

11

42.708

13.071

6.7

Aquilano

GUAL07

71

10

42.434

13.292

6.7

13

Maiella

GUAL07

99

10-11

42.076

14.080

6.8

20

03

Foggiano

GUAL07

50

9

41.274

15.757

6.5

11

29

07

Irpinia

GUAL07

183

10-11

41.064

15.059

6.6

1741

04

24

09

FABRIANESE

SGAM02

145

9

43.425

13.005

6.2

1743

02

20

16

Basso Ionio

BOAL00

77

9

39.852

18.777

7.1

1751

07

27

01

Appennino umbro-marc.

GUAL07

68

10

43.225

12.739

6.2

1755

12

09

13

Brig. Naters/VS

ECOS02

46.320

7.980

6.1

1781

06

03

CAGLIESE

MONA87

157

10

43.597

12.512

6.4

1783

02

05

12

Calabria

GUAL07

356

11

38.297

15.970

7.0

1783

02

07

13

10

Calabria

GUAL07

191

10-11

38.580

16.201

6.6

1783

03

28

18

55

Calabria

GUAL07

323

11

38.785

16.464

6.9

1786

03

10

14

10

Sicilia nord-orientale

GUAL07

10

9

38.102

15.021

6.1

1791

10

13

01

20

Calabria centrale

GUAL07

76

9

38.636

16.268

6.0

1794

06

07

00

45

Prealpi carniche

GUAL07

19

9

46.306

12.821

6.0

1799

07

28

22

05

Appennino marchigiano

GUAL07

71

9-10

43.193

13.151

6.1

1805

07

26

21

Molise

GUAL07

223

10

41.500

14.474

6.6

1818

02

20

18

15

Catanese

GUAL07

128

9-10

37.603

15.140

6.2

1823

03

05

16

37

Sicilia settentrionale

GUAL07

107

8-9

38.127

14.418

6.4

1832

01

13

13

Valle del Topino

GUAL07

102

10

42.980

12.605

6.3

1832

03

08

18

30

Crotonese

GUAL07

101

10

39.079

16.919

6.5

1836

04

25

00

20

Calabria settentrionale

GUAL07

46

10

39.567

16.737

6.2

1836

11

20

07

30

Basilicata meridionale

GUAL07

17

9

40.142

15.776

6.0

1851

08

14

13

20

Basilicata

GUAL07

103

10

40.952

15.667

6.3

1854

02

12

17

50

Cosentino

GUAL07

89

10

39.256

16.295

6.2

1854

12

29

01

45

Liguria occ.-Francia

GUAL07

86

7-8

43.350

7.648

6.7

1855

07

25

11

50

Tรถrbel VS

ECOS02

46.230

7.850

6.4

1857

12

16

21

15

Basilicata

GUAL07

340

11

40.352

15.842

7.0

1870

10

04

16

55

Cosentino

GUAL07

56

10

39.220

16.331

6.1

1873

06

29

03

58

Bellunese

GUAL07

199

9-10

46.159

12.383

6.3

1887

02

23

05

21

Liguria occidentale

GUAL07

1516

10

43.715

8.161

6.9

1894

11

16

17

52

Calabria meridionale

GUAL07

303

9

38.288

15.870

6.0

05

40

30

30

261

APPENDICE


ANNO

ME

GI

OR

MI

AREA EPICENTRALE

STUDIO

OM

I_MAX

LAT

LON

MW

1895

04

14

22

17

Slovenia

GUAL07

296

8

46.131

14.533

6.2

1905

09

08

01

43

Calabria meridionale

GAMO07

895

10-11

38.819

15.943

7.0

1908

12

28

04

20

Calabria merid.-Messina

GUAL07

800

11

38.146

15.687

7.1

1915

01

13

06

52

Avezzano

MOAL99

1041

11

42.014

13.530

7.0

1916

08

16

07

06

Alto Adriatico

GUAL07

257

8

44.034

12.779

6.1

1919

06

29

15

06

Mugello

GUAL07

566

10

43.957

11.482

6.2

1920

09

07

05

55

Garfagnana

GUAL07

756

10

44.185

10.278

6.4

1930

07

23

00

08

Irpinia

GAAL02

547

10

41.068

15.318

6.6

1936

10

18

03

10

BOSCO CANSIGLIO

BAAL86

267

9

46.089

12.380

6.1

1962

08

21

18

19

Irpinia

GUAL07

262

9

41.230

14.953

6.1

1963

07

19

05

45

Mar Ligure

GUAL07

463

6

43.150

8.083

6.0

1968

01

15

02

01

Valle del Belice

GUAL07

163

10

37.756

12.981

6.3

1976

05

06

20

00

Friuli

GNDT95

770

9-10

46.241

13.119

6.4

1978

04

15

23

33

Golfo di Patti

GUAL07

332

8

38.268

15.112

6.0

1980

11

23

18

34

Irpinia-Basilicata

GUAL07

1394

10

40.842

15.283

6.8

1997

09

26

09

40

Appennino umbro-marc.

BOAL00

869

9

43.014

12.853

6.0

2009

04

06

01

32

Aquilano

QUES09

316

9-10

42.342

13.380

6.3

Terremoti avvenuti in Italia nell’ultimo millennio con Magnitudo (Mw) uguale o superiore a 6 (Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani, http://emidius.mi.Ingv.it/CPTI11/). LEGENDA Om: numero di osservazioni macrosismiche disponibili I_max: intensità massima osservata Mw= Magnitudo Momento.

262

APPENDICE


PER SAPERNE DI PIÙ • Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani CPTI11. Rende disponibili, visualizzabili e scaricabili le informazioni su tutti i principali terremoti dall’anno 1000 al 2006 (ma presto verrà ulteriormente aggiornato) al di sopra della soglia del danno. Il testo di presentazione ne illustra le caratteristiche e modalità di compilazione. La consultazione interattiva consente di visualizzare ogni singolo terremoto. http://emidius.mi.Ingv.it/CPTI11/ • DataBase Macrosismico Italiano DBMI11. Per tutti i terremoti (quelli più forti) per i quali sono disponibili studi storico-macrosismici sono visualizzate la tabella delle intensità e la mappa interattiva degli effetti. Dalla pagina principale si può accedere alla consultazione per località, e visualizzare sia in formato grafico che tabellare la storia sismica di sito. http://emidius.mi.Ingv.it/DBMI11/ • Pagina di accesso ad archivi e banche dati Ingv. Fra i numerosi archivi si segnala il Database parametrico e strumentale della sismicità italiana ISIDe (http://iside.rm.Ingv.it/iside/standard/ index.jsp), che visualizza in tempo quasi reale e archivia tutti i terremoti registrati dalla Rete Sismica Nazionale. L’archivio è interrogabile per parametri.

http://istituto.Ingv.it/l-Ingv/archivi-e-banche-dati/

• Dalla homepage è possibile accedere alla sezione “Il terremoto della settimana”, che fornisce una serie di brevi schede descrittive dei principali terremoti storici che hanno interessato il territorio nazionale. http://www.edurisk.it/

263

APPENDICE





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