Manuale per i volontari
La campagna Io non rischio è promossa e realizzata da
in collaborazione con
I
PARTE PRIMA
INDICE Parte Prima
Introduzione ............................................................................................................................ 4 Servizio Nazionale della Protezione Civile ................................................................................. 6 Volontariato di protezione civile ............................................................................................... 11 Piani di emergenza .................................................................................................................. 17
Parte Seconda
Comunicare in piazza .............................................................................................................. Comunicare sulla stampa e online .......................................................................................... Storytelling: una narrazione per entrare in azione ................................................................... Comunicare con un gioco: totem Io non rischio ....................................................................... Fare formazione: 10 passi per aiutare ad apprendere .............................................................
20 28 35 42 45
Parte Terza Terremoto
Introduzione ............................................................................................................................ 56 Memoria storica ....................................................................................................................... 58 Pericolosità sismica ................................................................................................................ 66 Vulnerabilità sismica .............................................................................................................. 71 Rischio sismico ....................................................................................................................... 77 Prevenzione .............................................................................................................................. 81 Gli aspetti psicosociali: l’altra faccia del terremoto ................................................................ 95
Maremoto
Il maremoto ............................................................................................................................. Cause di un maremoto ............................................................................................................ Cosa succede sulle coste quando c’è un maremoto ................................................................ Rischio maremoto in Italia ...................................................................................................... I grandi terremoti e maremoti nel mondo ................................................................................ Quando avverrà il prossimo maremoto .................................................................................... Cosa fare per ridurre il rischio maremoto ................................................................................ L’Italia nel sistema di allertamento per il Mediterraneo .......................................................... Maremoti tra memoria e oblio ..................................................................................................
106 108 110 117 121 127 128 144 144
Glossario ....................................................................................................................................... 153 Appendice .................................................................................................................................... 159
PARTE PRIMA
3
PARTE PRIMA
INTRODUZIONE Questo manuale è uno strumento di lavoro per
vi consentirà di acquisire maggiore sicurezza
voi, volontari impegnati nella campagna di co-
nell’argomentare i contenuti dei materiali infor-
municazione Io non rischio. Qui potete trovare
mativi e acquisire, di massima, anche un modo
tutte le informazioni di cui avete bisogno per
più appropriato di raccontare concetti tutto
ripassare e approfondire gli argomenti affron-
sommato semplici, ma spesso delicati.
tati durante le giornate di formazione in aula.
Il manuale è suddiviso in tre sezioni. Nella pri-
Come vedremo, la campagna Io non rischio mira
ma parte trovate le informazioni riguardanti
a promuovere e diffondere le buone pratiche di
il Servizio Nazionale della Protezione Civile e
protezione civile a partire da specifici rischi na-
il Volontariato di protezione civile, oltre che la
turali che riguardano un territorio. E i protago-
spiegazione di che cos’è e a cosa serve un Pia-
nisti di questa campagna siete voi: i volontari di
no comunale di protezione civile. Nella secon-
protezione civile. Sarete voi ad avere il compito
da parte si parla degli strumenti, delle tecniche
di incontrare i cittadini nelle piazze delle nostre
e delle modalità che ci permettono di organiz-
città per raccontare loro quel che si deve sape-
zare, allestire e attuare una campagna ben riu-
re e ciò che si può fare per ridurre l’esposizione
scita. Nella terza e ultima parte, invece, trovate
al rischio di ciascuno e della comunità in cui si
tutte le informazioni tecniche e specifiche di
vive. Per farlo avrete a disposizione del materiale
ogni rischio, illustrate e approfondite a partire
informativo: un pieghevole in cui vengono illu-
dai singoli elementi del materiale informativo.
strate le cose essenziali da sapere su uno spe-
Per aiutarvi nella lettura, ci siamo serviti di al-
cifico rischio, e una scheda in cui vengono illu-
cuni simboli ed espedienti grafici.
strati i comportamenti giusti da adottare nel caso in cui si verifichi una effettiva emergenza.
LEGENDA
Qualcuno potrebbe chiedersi perché per raccontare ai cittadini le informazioni contenute
testo
in un pieghevole e una scheda siano neces-
Cose essenziali da ricordare
sarie 160 pagine di manuale: ci serve davveConsigli su cosa fare
ro sapere tutta questa roba se poi dobbiamo raccontarne solo una piccola parte? La risposta
Schede di approfondimento
a questa domanda è sì. Possiamo pensare al pieghevole e alla scheda come alla punta di un
Testi contenuti nel pieghevole
iceberg, che per sostenersi ha bisogno di una parte sommersa molto ma molto più grande:
Link per saperne di più
questo manuale. Proprio come un iceberg, la conoscenza, per emergere, ha bisogno di una
Glossario
parte sommersa assai maggiore. Conoscere bene gli argomenti illustrati in queste pagine
4
PARTE PRIMA
CONTATTI
MATERIALI E APPROFONDIMENTI: DOVE TROVARLI
Sono state attivate diverse email relative alla
Dal sito www.iononrischio.it si accede a un’a-
campagna:
rea riservata. Per ognuna delle piazze che
iononrischio@protezionecivile.it: per comuni-
partecipano alla campagna sono state create
cazioni relative alla campagna.
delle credenziali di accesso, che saranno co-
multimedia@iononrischio.it: per inviare foto e
municate al responsabile di piazza.
video sulla campagna.
Nell’area riservata sono disponibili:
Le foto devono essere in formato .jpg, 1.000 ×
• i materiali formativi (manuale, video e pre-
600 px, risoluzione a 72 DPI.
sentazioni delle lezioni, approfondimenti
I video devono essere della durata massima di
sulla costruzione del totem per la campa-
5 minuti, con un peso massimo di 200 MB.
gna Io non rischio – terremoto)
Per inviare i video il responsabile di piazza do-
• il pieghevole, la scheda e la locandina (que-
vrà utilizzare questa piattaforma di condivisio-
sti materiali sono scaricabili anche nell’area
ne: www.wetransfer.com. Indicate come indiriz-
pubblica dello stesso sito)
zo di destinazione multimedia@iononrischio.it.
• alcuni esempi di domande frequenti
Per ogni piazza saranno creati indirizzi mail
• un form di contatto per richieste di chiari-
specifici che ogni referente di piazza dovrà
menti ai docenti.
utilizzare e monitorare. L’indirizzo sarà costituito dal nome della piazza e da @iononrischio. it. Per accedere alla propria casella di posta basta inserire le proprie credenziali nel form di accesso http://webmail.aruba.it//index.html?_v _=v4r1b17.20120629_1045. Le credenziali sono costituite dall’indirizzo completo e dalla password che per tutti è: password. Vi consigliamo di modificare la password al primo accesso dalla sezione Opzioni>Password nella colonna di sinistra. Vi ricordiamo che i contatti email saranno pubblicati sul sito www.iononrischio. it e che i cittadini potranno utilizzare questi contatti di posta elettronica per avere informazioni sulle iniziative che si svolgono nelle singole piazze. Invitiamo, quindi, i referenti di piazza a monitorare costantemente le caselle di posta.
5
PARTE PRIMA
SERVIZIO NAZIONALE DELLA PROTEZIONE CIVILE La protezione civile è l’insieme delle at-
ATTIVITÀ DEL SERVIZIO NAZIONALE
tività messe in campo per tutelare l’inte-
Il soccorso alla popolazione in emergenza è
grità della vita, i beni, gli insediamenti
l’attività che identifica la funzione principale
e l’ambiente dai danni o dal pericolo di
della protezione civile, anche se negli anni le
danni che derivano dalle calamità: previ-
competenze del Sistema si sono estese allo
sione e prevenzione dei rischi, soccorso
sviluppo della conoscenza dei rischi e alle
delle popolazioni colpite, contrasto e su-
azioni per evitare o ridurre al minimo i danni
peramento dell’emergenza e mitigazione
delle calamità.
del rischio. La legge n. 225 del 1992 – che istituisce La protezione civile non è un compito as-
il Servizio Nazionale – definisce le attività
segnato a una singola amministrazione,
di protezione civile: previsione e preven-
ma è una funzione attribuita a un sistema
zione dei rischi, soccorso alle popolazioni
complesso: il Servizio Nazionale della Pro-
colpite, contrasto e superamento dell’e-
tezione Civile.
mergenza, e mitigazione del rischio.
COMPONENTI E STRUTTURE OPERATIVE
IN ORDINARIO
Istituito con la legge n. 225 del 1992, il Servi-
Le componenti e strutture operative del Ser-
zio Nazionale ha come sue componenti le am-
vizio Nazionale sono impegnate, per i diversi
ministrazioni centrali dello Stato, le Regioni e
ambiti di competenza e responsabilità, in at-
le Province Autonome, le Province, i Comuni
tività di previsione e nella programmazione di
e le Comunità montane. Sono componenti an-
azioni di prevenzione e mitigazione del rischio.
che tutti i soggetti coinvolti, a vario titolo, in at-
In questo processo è centrale il coinvolgimen-
tività di protezione civile: enti pubblici, istituti
to della comunità tecnico-scientifica, attraver-
e gruppi di ricerca scientifica, istituzioni e or-
so la rete dei Centri funzionali – che realizzano
ganizzazioni anche private, cittadini e gruppi
quotidianamente, a livello centrale e regionale,
associati di volontariato civile, ordini e collegi
attività di previsione, monitoraggio, sorveglian-
professionali.
za e allertamento – e dei Centri di competen-
Il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, le For-
za, strutture che svolgono ricerca o forniscono
ze Armate, le Forze di Polizia, il Corpo Fore-
servizi di natura tecnico-scientifica per finalità
stale dello Stato, la Comunità scientifica, la
di protezione civile. Comuni, Province e Pre-
Croce Rossa Italiana, le strutture del Servizio
fetture si dedicano inoltre all’aggiornamento
Sanitario Nazionale, le organizzazioni di vo-
dei piani di emergenza, strumenti indispensa-
lontariato, il Corpo Nazionale del Soccorso Al-
bili di prevenzione, sulla base delle linee gui-
pino e Speleologico costituiscono le strutture
da e agli indirizzi regionali e nazionali. Anche
operative.
il singolo cittadino, in quanto componente del
6
PARTE PRIMA
Servizio Nazionale, ha un ruolo di primo piano
vizio Nazionale affida al Dipartimento della
nelle attività di prevenzione dei rischi. Obietti-
Protezione Civile della Presidenza del Consi-
vo delle attività ordinarie di diffusione della co-
glio dei Ministri un ruolo di indirizzo e coor-
noscenza di protezione civile e di sensibilizza-
dinamento. Dal 1998 inizia un percorso verso
zione della popolazione è proprio formare un
il decentramento dallo Stato ai Governi regio-
cittadino più consapevole e preparato.
nali e alle Autonomie locali, che coinvolge anche l’organizzazione del Servizio Nazionale. Il
IN EMERGENZA
decreto legislativo n. 112, meglio conosciuto
Quando un evento colpisce un territorio, il
come “Decreto Bassanini”, trasferisce alcu-
Sindaco – unica Autorità di protezione civile
ne competenze in materia di protezione civile
nell’ambito del Servizio Nazionale – ha il com-
dallo Stato centrale al territorio. Il Dipartimento
pito di assicurare i primi soccorsi alla popola-
mantiene funzioni di indirizzo e coordinamen-
zione, coordinando le strutture operative locali
to, ma il coordinamento operativo in emergen-
sulla base del piani comunali di emergenza
za è riservato agli eventi di tipo c, per i quali
(evento di tipo “a”). Se i mezzi e le risorse a
viene dichiarato lo stato di emergenza sentito
disposizione del Comune non sono sufficien-
il Presidente della Regione interessata.
ti a fronteggiare l’emergenza, intervengono la
Nel 2001, con la Legge Costituzionale n. 3
Provincia, la Prefettura - Ufficio territoriale del
che modifica il titolo V della Costituzione si
Governo, e la Regione, che attivano le risorse
rafforza e si impone definitivamente nel nostro
disponibili sui territori di propria competenza
ordinamento il principio di sussidiarietà, già
(evento di tipo “b”).
affermato con la legge Bassanini.
Nelle situazioni più gravi, su richiesta del
Il decentramento amministrativo trova la
Governo regionale, subentra il livello na-
sua completa realizzazione: la protezione
zionale, con la dichiarazione dello stato
civile diventa materia di legislazione con-
di emergenza (evento di tipo “c”): il co-
corrente e quindi, nell’ambito di principi
ordinamento degli interventi viene assun-
generali stabiliti da leggi dello Stato, di
to direttamente dal Presidente del Con-
competenza regionale.
siglio dei Ministri, che opera attraverso il questi casi che il Servizio Nazionale vie-
LA RIFORMA DEL SERVIZIO NAZIONALE DELLA PROTEZIONE CIVILE
ne impegnato in tutte le sue componenti e
A vent’anni dalla sua nascita, il Servizio Nazio-
strutture operative.
nale della Protezione Civile viene riformato. Il de-
Dipartimento della Protezione Civile. È in
creto legge n. 59 del 15 maggio 2012 convertito
LEGISLAZIONE E DECENTRAMENTO
nella legge n. 100 del 12 luglio 2012 modifica
Nel 1992 la legge n. 225 che istituisce il Ser-
e integra la legge n. 225 del 1992, istitutiva del
7
PARTE PRIMA
Servizio. Le attività della Protezione Civile vengo-
Presidente del Consiglio dei Ministri o, per
no ricondotte al nucleo originario di competenze
sua delega, di un Ministro con portafoglio o
definito dalla legge n. 225/1992, dirette princi-
del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del
palmente a fronteggiare le calamità e a rende-
Consiglio dei Ministri Segretario del Consiglio.
re più incisivi gli interventi nella gestione delle
La richiesta può giungere anche dal Presiden-
emergenze. Viene ribadito il ruolo di indirizzo e
te della Regione interessata, di cui comunque
coordinamento del Dipartimento della Protezio-
va acquisita l’intesa.
ne Civile delle attività delle diverse componenti e Lo stato di emergenza può essere dichia-
strutture operative del Servizio Nazionale.
rato anche “nell’imminenza” e non solo La legge 100/2012 va a toccare – tra gli altri
“al verificarsi” dell’evento calamitoso.
– alcuni temi chiave per tutto il sistema: la
La durata può estendersi fino a 180 gior-
classificazione degli eventi calamitosi, le atti-
ni ed essere prorogato fino a ulteriori 180
vità di protezione civile, la dichiarazione dello
giorni.
stato di emergenza e il potere d’ordinanza. L’amministrazione competente in via ordinaria In questo senso, la legge ridefinisce la prima
allo scadere dello stato dell’emergenza viene
fase dell’emergenza, ponendo l’accento sul
individuata non più nella deliberazione dello
“fattore tempo”. Viene specificato che i mezzi
stato di emergenza del Consiglio dei Ministri,
e i poteri straordinari per fronteggiare le cala-
ma nell’ordinanza di subentro che viene ema-
mità (eventi di tipo “c”) vanno utilizzati per in-
nata allo scadere dello stato di emergenza.
terventi temporali limitati e predefiniti. Risorse per i primi interventi: la delibera Un anno dopo, la legge n. 119 del 15 ot-
con cui è dichiarato lo stato di emergenza
tobre 2013 modifica nuovamente la legge
individua le risorse finanziarie da destinare
225/1992 intervenendo sulla durata dello
agli interventi per l’emergenza – in partico-
stato di emergenza, sugli ambiti di inter-
lare quelle destinate alle attività di soccorso
vento delle ordinanze di protezione civile
e di assistenza alla popolazione – nell’atte-
e sulla definizione delle risorse necessarie
sa della ricognizione dei fabbisogni effetti-
a far fronte alle emergenze.
vi e indispensabili che farà il Commissario delegato. La delibera autorizza la spesa
COS’È CAMBIATO?
nell’ambito dello specifico stanziamento del “Fondo per le emergenze nazionali”. Se le
Dichiarazione e durata dello stato di emer-
risorse non sono sufficienti possono essere
genza: lo stato di emergenza viene delibera-
integrate con un’ulteriore delibera del Con-
to dal Consiglio dei Ministri, su proposta del
siglio dei Ministri.
8
PARTE PRIMA
Attività di protezione civile: accanto alle at-
Ordinanze di protezione civile
tività di “previsione e prevenzione dei rischi” Sono di norma emanate dal Capo Dipar-
e di “soccorso delle popolazioni” viene me-
timento della Protezione Civile e non più
glio specificato il concetto di “superamento
dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
dell’emergenza”, cui si associa ogni altra attività necessaria e indifferibile diretta al “con-
Le ordinanze emanate entro trenta giorni dal-
trasto dell’emergenza” e alla “mitigazione del
la dichiarazione dello stato di emergenza sono
rischio” connessa con gli eventi calamitosi.
immediatamente efficaci, mentre quelle suc-
Le attività di prevenzione vengono esplicita-
cessive richiedono il concerto del Ministero
te e per la prima volta si parla chiaramente
dell’Economia e delle Finanze. Le attività che
di allertamento, pianificazione d’emergen-
possono essere disposte tramite ordinanze,
za, formazione, diffusione della conoscen-
entro i limiti delle risorse disponibili, sono:
za di protezione civile, informazione alla
a) servizi di soccorso e di assistenza alla po-
popolazione, applicazione della normati-
polazione interessata dall’evento;
va tecnica e di esercitazioni. Il sistema di
b) ripristino della funzionalità dei servizi pub-
allerta nazionale per il rischio meteo-idro-
blici e delle infrastrutture di reti strategiche;
geologico e idraulico viene inquadrato in
c) interventi, anche strutturali, per la riduzio-
maniera organica, riprendendo così i vari
ne del rischio residuo strettamente connesso
provvedimenti che negli anni hanno disci-
all’evento, con priorità a quelli finalizzati alla
plinato le attività di allertamento ai fini di
tutela della pubblica e privata incolumità;
protezione civile.
d) ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture pubbliche e pri-
Piani di emergenza: la legge 100/2012 riba-
vate danneggiate, e dei danni subiti dalle attività
disce poi il ruolo del Sindaco come autorità
economiche e produttive, dai beni culturali e dal
comunale di protezione civile, precisandone
patrimonio edilizio, da realizzare sulla base di pro-
i compiti nelle attività di soccorso e assisten-
cedure definite con la stessa o un’altra ordinanza;
za alla popolazione. Una novità importante
e) attuazione delle prime misure per far fronte
riguarda i piani comunali di emergenza, che
alle esigenze urgenti definite dalla lettera d), se-
devono essere redatti entro 90 giorni dall’en-
condo le direttive dettate con delibera del Con-
trata in vigore della legge, e periodicamente
siglio dei Ministri, sentita la Regione interessata.
aggiornati.
9
PARTE PRIMA
PER SAPERNE DI PIÙ • La protezione civile nella storia http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/storia.wp
• Le componenti http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/componenti.wp
• Le strutture operative http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/strutture_operative.wp
• Gli organi centrali http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/organi_centrali.wp
• Le attività http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/attivita.wp
• La legge 225/1992 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG1602
• La legge 100/2012 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG34883
10
PARTE PRIMA
VOLONTARIATO DI PROTEZIONE CIVILE Il volontariato rappresenta una delle compo-
za sanitaria, l’antincendio boschivo, le teleco-
nenti più vitali del Sistema italiano di protezio-
municazioni, l’allestimento dei campi d’acco-
ne civile. Una risorsa straordinaria in termini
glienza, la tutela dei beni culturali.
di competenze e capacità operativa che conta
Essere preparati a svolgere i diversi compiti in
oltre 4mila organizzazioni in tutto il Paese.
situazioni di rischio è importante. Per questo
Il volontariato di protezione civile è costituito
motivo, per diventare volontario di protezione
da uomini e donne che hanno deciso di met-
civile, è necessario rivolgersi a una organiz-
tere a disposizione gratuitamente tempo ed
zazione riconosciuta e seguire un percorso di
energie per proteggere la vita e l’ambiente.
formazione. Il Dipartimento della Protezione
Per rendere più efficace la loro azione, i vo-
Civile e le Regioni promuovono esercitazioni
lontari di protezione civile sono associati in
periodiche per migliorare la capacità di colla-
organizzazioni, grazie alle quali condividono
borazione tra il volontariato e le altre strutture
risorse, conoscenze ed esperienze.
operative del Sistema.
Le organizzazioni di volontariato di protezione civile sono diverse per dimensioni, storia, approcci
UNA REALTÀ MULTIFORME
e specializzazioni. Affiancano le autorità di pro-
Organizzazioni nazionali, associazioni locali,
tezione civile in un’ampia gamma di attività, in-
gruppi comunali. Il volontariato di protezio-
tegrandosi con le altre componenti del sistema
ne civile è un mondo caratterizzato da una
di protezione civile. Le organizzazioni che fanno
molteplicità di forme associative ben radicate
parte del sistema sono iscritte in appositi registri.
sul territorio. Le grandi organizzazioni nazionali si caratterizzano per la presenza di una
COSA FA
struttura di coordinamento centrale e una
Il volontariato di protezione civile opera quoti-
rete di sezioni distribuite su tutto il territorio
dianamente nell’ambito della previsione e del-
nazionale. Il loro interlocutore principale è
la prevenzione dei rischi. In caso di calamità,
rappresentato dal Dipartimento della Prote-
interviene per prestare soccorso e assistenza
zione Civile.
alle popolazioni.
Le associazioni locali e i gruppi comunali, di piccole e medie dimensioni, sono espres-
Il contributo di professionalità e competen-
sione di uno specifico ambito territoriale. I
ze diverse è indispensabile soprattutto nel-
gruppi comunali, in particolare, nascono con
le grandi emergenze. Il mondo del volonta-
la partecipazione o sotto la spinta dell’ammi-
riato di protezione civile presenta una vasta
nistrazione comunale, che ne disciplina con
tipologia di specializzazioni e abbraccia
propria delibera la costituzione, l’organizza-
molti campi.
zione e la regolamentazione. Gli interlocutori principali di queste realtà associative sono i
Per citarne solo alcuni: il soccorso e l’assisten-
sistemi regionali di protezione civile.
11
PARTE PRIMA
IL SOSTEGNO DELLE ISTITUZIONI espressione della cittadinanza attiva. Garan-
DI VOLONTARIATO ALL’ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE (DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DEL 9 NOVEMBRE 2012)
tendone l’autonomia e promuovendone lo
La Direttiva porta a compimento un percorso
sviluppo.
di approfondimento e aggiornamento delle
Le organizzazioni di volontariato iscritte nei re-
disposizioni del Decreto n.194/2001 del Pre-
gistri possono beneficiare di agevolazioni ed
sidente della Repubblica: il regolamento che
esenzioni fiscali, accedere a contributi e stipu-
tutela la partecipazione delle organizzazioni di
lare convenzioni con enti pubblici.
volontariato a tutte le attività di protezione civi-
In particolare, il Dipartimento della Protezio-
le e ne disciplina ogni aspetto.
Le istituzioni valorizzano il volontariato come
ne Civile e le Regioni promuovono il volontariato organizzato di protezione civile so-
A oltre dieci anni dal regolamento e a
stenendo progetti finalizzati a migliorare le
conclusione degli Stati Generali dell’apri-
capacità operative dei volontari, accrescere
le del 2012, gli Indirizzi operativi mirano
la sinergia tra il volontariato e le altre com-
a consolidare i risultati già raggiunti e a
ponenti del sistema e formare i cittadini alla
sostenere ulteriormente l’azione del volon-
cultura di protezione civile.
tariato di protezione civile nell’ambito del Servizio Nazionale, adeguando procedure
IL VOLONTARIATO NEL SISTEMA DI PROTEZIONE CIVILE
e strumenti al mutato quadro organizzati-
In Italia la protezione civile è una funzione
principi del Dpr 194/2001.
vo della Protezione Civile, nel rispetto dei
attribuita a un sistema complesso, il Servizio Nazionale, che opera nel rispetto del principio
Ecco le principali novità introdotte.
di sussidiarietà. Questo sistema è coordinato dal Dipartimento della Protezione Civile, dalle
1. L’elenco nazionale: le organizzazioni che
Regioni e dagli Enti locali.
intendono partecipare alle attività di previsio-
Al volontariato la legge attribuisce il ruolo di
ne, prevenzione e intervento in vista o in caso
“struttura operativa”, insieme ai Vigili del Fuo-
di eventi calamitosi e svolgere attività formati-
co, le Forze Armate e di Polizia, il Corpo Fo-
ve e addestrative nello stesso ambito devono
restale dello Stato, la comunità scientifica, la
essere iscritte nell’elenco nazionale delle orga-
Croce Rossa Italiana, il Servizio Sanitario Na-
nizzazioni di volontariato di protezione civile.
zionale e il Corpo Nazionale del Soccorso AlpiTra le principali novità, il fatto che i requi-
no e Speleologico.
siti di idoneità tecnico-operativa necessari
INDIRIZZI OPERATIVI PER ASSICURARE L’UNITARIA PARTECIPAZIONE DELLE ORGANIZZAZIONI
per far parte dell’elenco dovranno essere periodicamente verificati.
12
PARTE PRIMA
L’elenco nazionale è costituito dalla somma di:
Tra le più rilevanti novità, per le articolazioni
• Elenchi/albi/registri regionali, denominati
locali delle organizzazioni di rilievo nazionale è prevista l’esigenza di individuare, al proprio
“elenchi territoriali”
interno, “aliquote” che le sezioni locali devono
• “Elenco centrale” istituito presso il Diparti-
indicare al momento dell’iscrizione all’elenco
mento della Protezione Civile Tutte le organizzazioni iscritte negli elenchi
territoriale, specificando volontari, risorse e
territoriali e nell’elenco centrale possono es-
attrezzature che restano dedicate all’organiz-
sere attivate e chiamate a operare in caso di
zazione nazionale di appartenenza, nell’ambi-
eventi di rilievo nazionale.
to della rispettiva colonna mobile nazionale, e quelle che, invece, sono riservate all’operati-
2. Gli elenchi territoriali:
vità sul territorio, per esigenze di natura locale. Le modalità per richiedere l’iscrizione negli
per intervenire e operare per attività ed
elenchi territoriali sono disciplinate dalle legi-
eventi di rilievo regionale/locale le orga-
slazioni regionali che determinano i requisiti di
nizzazioni devono essere iscritte nell’elen-
idoneità tecnico-operativa. I requisiti devono
co territoriale del volontariato della propria
però soddisfare i quattro criteri generali indivi-
Regione o Provincia autonoma.
duati dalla direttiva. 3. L’elenco centrale:
L’elenco territoriale è istituito separatamente dal registro previsto dalla legge 266/1991 (legge-quadro sul volontariato) e le organizza-
questa sezione dell’elenco nazionale ac-
zioni che ne hanno i requisiti possono iscriver-
coglie le organizzazioni che per caratte-
si a entrambi. Negli elenchi territoriali possono
ristiche operative e diffusione, assumono
iscriversi:
particolare rilevanza mediante un diretto
• organizzazioni di volontariato costituite ai
raccordo con il Dipartimento della Prote-
sensi della legge 266/1991 con carattere
zione Civile che assume rilevanza in caso
locale
di eventi di rilievo nazionale.
• organizzazioni di altra natura, ma con caratPossono richiedere l’iscrizione nell’elenco
tere prevalentemente volontario
centrale:
• articolazioni locali delle organizzazioni ri-
• le strutture nazionali di coordinamento di
chiamate nei punti precedenti, con diffusio-
organizzazioni costituite ai sensi della legge
ne nazionale
n.266/1991 diffuse in più Regioni
• gruppi comunali e intercomunali • coordinamenti territoriali che raccolgono
• le strutture nazionali di coordinamento delle
più gruppi od organizzazioni delle tipologie
organizzazioni di altra natura a componente
precedentemente indicate.
prevalentemente volontaria
13
PARTE PRIMA
mento e le Regioni metteranno a punto mo-
• organizzazioni prive di articolazione re-
dalità di gestione informatizzata degli elenchi.
gionale, ma in grado di svolgere funzioni specifiche ritenute dal Dipartimento della Protezione Civile di particolare rilevanza e
5. Benefici normativi per i volontari di prote-
interesse a livello nazionale
zione civile:
• le strutture nazionali di coordinamento dei per l’applicazione dei benefici previsti da-
gruppi comunali e intercomunali La direttiva precisa i requisiti strutturali e le
gli articoli 9 (rimborsi ai datori di lavoro
caratteristiche di capacità tecnico-operativa di
dei volontari) e 10 (rimborsi delle spese
rilievo nazionale che le organizzazioni devono
vive sostenute in attività operative dal-
possedere per richiedere l’iscrizione nell’elen-
le organizzazioni di volontariato) del Dpr
co centrale. Tra questi è indicata espressa-
194/2001 è necessario che l’intervento
mente la rilevanza operativa nazionale, che va
delle organizzazioni di volontariato sia for-
argomentata con riferimento a specifici para-
malmente “attivato”.
metri, non necessariamente connessi alle attività finalizzate agli interventi di emergenza.
L’attivazione delle organizzazioni deve con-
L’iscrizione nell’elenco centrale di un’organiz-
tenere alcuni elementi di base che vengono
zazione diffusa in più Regioni può comportare
elencati: evento di riferimento, decorrenza, ter-
il riconoscimento anche delle sezioni locali e
mine delle attività/cessata emergenza, modo di
articolazioni territoriali operative per attività di
accreditamento dei volontari e rilascio attestati
rilievo nazionale.
e l’eventuale autorizzazione all’applicazione
Il Dipartimento della Protezione Civile e le Re-
dei benefici normativi utilizzando la modulisti-
gioni definiscono con le organizzazioni, per
ca ufficiale disponibile sui siti web di Diparti-
quanto di rispettiva competenza, accordi e
mento e Regioni.
protocolli operativi per assicurare la possibile contestuale operatività, in contesi di emergen-
6. Attività formative e addestrative: per l’appli-
ze nazionali, di sezioni o articolazioni locali sia
cazione dei benefici di legge, le attività formative
nell’ambito della rispettiva colonna mobile re-
e addestrative devono essere autorizzate dal Di-
gionale o provinciale, sia nell’ambito della co-
partimento, anche se organizzate su scala locale.
lonna mobile nazionale dell’organizzazione di
Le organizzazioni iscritte nell’elenco centrale
appartenenza.
presentano direttamente istanza al Dipartimento. Le sezioni territoriali/locali di organizzazioni iscrit-
4. Gestione informatizzata dell’elenco nazio-
te nell’elenco centrale presentano la richiesta di
nale: per consentire l’aggiornamento in tempo
autorizzazione al Dipartimento attraverso le strut-
reale dell’elenco nazionale delle organizzazio-
ture nazionali (informando anche le strutture di
ni e la sua pubblica consultazione il Diparti-
protezione civile della Regione di appartenenza).
14
PARTE PRIMA
Le organizzazioni iscritte negli elenchi territoria-
8. Casi particolari. Specifiche tipologie di
li devono presentare domanda esclusivamente
eventi di rilievo regionale o locale.
per il tramite della Regione di appartenenza.
I casi analizzati riguardano: • eventi diversi dalle emergenze, che per il
7. Attività e interventi in vista/in caso di emer-
loro impatto possono mettere a rischio l’in-
genze/altri eventi: per eventi di tipo “c”, ossia
columità della popolazione, seppure in am-
di carattere nazionale, o per attività e interven-
bito territoriale limitato. In casi di questo
ti di rilievo internazionale l’attivazione delle or-
tipo l’applicazione di benefici normativi è
ganizzazioni e l’autorizzazione all’applicazione
subordinata all’attivazione del piano comu-
dei benefici è disposta dal Dipartimento della
nale e all’istituzione temporanea del Coc
Protezione Civile (con oneri a suo carico). Per
• ricerca di persone disperse al di fuori del
eventi di tipo “a” e “b”, l’attivazione delle orga-
contesto previsto dalla legge 225/1992 e
nizzazioni e l’autorizzazione all’applicazione dei
in ambiente diverso da quello montano o
benefici è a cura delle strutture di protezione
impervio.
civile delle Regioni (con oneri a loro carico).
Per le ricerche in ambiente urbano la richiesta
Secondo il Dpr 194/2001 l’autorizzazione
di concorso dei sistemi locali di protezione ci-
all’applicazione dei benefici normativi è com-
vile può riguardare il volontariato:
petenza dello Stato o della Regione, non dei
• se la richiesta è avanzata dall’autorità com-
Comuni o di altre istituzioni territoriali. In base
petente che ha anche il coordinamento del-
alla legge 225/1992, però, i Comuni hanno
le attività
titolo ad attivare le organizzazioni (ma non a
• se la richiesta è rivolta alla struttura di pro-
disporre dei benefici normativi). Per chiarire
tezione civile territorialmente competente
questo punto la direttiva precisa che la richie-
• se la struttura locale o regionale si assume
sta dei benefici normativi deve essere rivolta in
l’onere di individuare e attivare le organiz-
via preventiva alla Regione competente, così
zazioni utili per l’intervento richiesto, in rac-
da consentire la quantificazione degli oneri.
cordo con l’autorità richiedente.
15
PARTE PRIMA
PER SAPERNE DI PIÙ Servizio Nazionale • L 225/1992 - Istituisce il Servizio Nazionale della Protezione Civile e individua il volontariato come struttura operativa del Servizio, indicandone gli ambiti di attività. http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG1602 • DPR 194/2001 - Disciplina la partecipazione delle organizzazioni di volontariato alle attività di protezione civile, dall’iscrizione ai registri ai benefici previsti per i volontari iscritti. http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG20554 • D 13/04/2011 - Contiene disposizioni in attuazione del Dlgs 81/2011 a tutela della salute e della sicurezza dei volontari di protezione civile. http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG26529 • Direttiva del 9 novembre 2012 – Punta ad assicurare unitaria partecipazione delle organizzazioni di volontariato all’attività di protezione civile e porta a compimento il percorso di approfondimento e aggiornamento delle disposizioni del Dpr n.194/2001 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG37466 Volontariato • L 266/1991 - Definisce il volontariato come attività personale, spontanea e gratuita e ne disciplina le forme associative http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?facetNode_1=f1_5&prevPage=provve dimenti&catcode=&contentId=LEG21151 • Il ruolo del volontariato nel Servizio nazionale http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/il_ruolo_del_volontariato.wp • Il percorso della sicurezza per i volontari di protezione civile http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp?contentId=DOS30059 • La Consulta nazionale del volontariato http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp?contentId=DOS22573 • Stati generali del volontariato http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/stati_generali.wp
16
PARTE PRIMA
PIANI DI EMERGENZA DI PROTEZIONE CIVILE La pianificazione di emergenza consiste
• quali sono le responsabilità ai diversi li-
nell’insieme delle procedure operative di inter-
velli di coordinamento per la gestione
vento per fronteggiare una qualsiasi calamità
dell’emergenza?
attesa in un determinato territorio.
• come avviene lo scambio di informazioni
Pianificare significa prepararsi durante il pe-
tra i vari soggetti coinvolti nella gestione
riodo ordinario a fronteggiare l’emergenza sin
dell’emergenza?
dalle prime fasi, in modo da ottimizzare la
• come viene garantita l’informazione alla
gestione delle risorse disponibili e garantire
popolazione?
una prima risposta operativa, soprattutto per il
Il Piano di emergenza è dunque uno stru-
soccorso e l’assistenza alla popolazione.
mento di lavoro basato su una situazione
I Piani richiedono un continuo aggiornamento
verosimile, ipotizzata sulla base delle cono-
e devono tener conto dell’evoluzione dell’as-
scenze dello stato di rischio del territorio.
setto territoriale e dell’eventuale incremento
Il Piano è quindi utile a dimensionare pre-
della conoscenza scientifica dei relativi rischi.
ventivamente la risposta operativa neces-
Il Piano di emergenza deve rispondere alle
saria al superamento della calamità, con
domande:
particolare attenzione alla salvaguardia del-
• quali eventi calamitosi possono interessare
la vita umana.
il territorio?
Ogni Comune deve dotarsi di un proprio pia-
• qual è il danno presunto causato dall’even-
no di emergenza che consenta al Sindaco,
to calamitoso?
quale autorità di protezione civile, di garan-
• quale organizzazione operativa è necessa-
tire una prima risposta operativa e favorire,
ria per ridurre al minimo gli effetti dell’e-
al contempo qualora necessario, l’intervento
vento con particolare attenzione alla salva-
delle altre risorse provenienti dall’intero Si-
guardia della vita umana?
stema di protezione civile.
17
PARTE PRIMA
PER SAPERNE DI PIÙ • Piano di emergenza http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/piano_emergenza.wp • Mappa dei piani di emergenza comunali http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/piani_di_emergenza_comuna.wp • Esercitazioni di protezione civile http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/esercitazioni.wp
18
PARTE PRIMA
PARTE SECONDA
COMUNICARE IN PIAZZA a cura di Valeria Bernabei, Francesca Dottarelli, Mariacristina Giovannini, Elena Lombardo, Marianna Schiavon, Veronica Tretter COME NASCE
scono e a loro volta sono conosciuti dalle istituzioni locali e dai cittadini. Chi meglio di loro
Io non rischio è una campagna di comuni-
per fare informazione sui rischi che su quel
cazione nazionale sulle buone pratiche di
territorio insistono?
protezione civile. Ma ancora prima di que-
Da questi presupposti è nata l’idea originaria
sto, Io non rischio è un proposito, un’esor-
di Io non rischio.
tazione che va presa alla lettera. L’Italia è un paese esposto a molti rischi
Formare i volontari di protezione civi-
naturali, e questo è un fatto. Ma è altret-
le sulla conoscenza e la comunicazione
tanto vero che l’esposizione individuale
del rischio per poi farli andare in piazza,
a questi rischi può essere sensibilmente
nella loro città, a incontrare i cittadini e
ridotta attraverso la conoscenza del pro-
informarli.
blema, la consapevolezza delle possibili conseguenze e l’adozione di alcuni sem-
Un’idea concepita e proposta dall’Associazio-
plici accorgimenti. E attraverso conoscen-
ne nazionale pubbliche assistenze e subito
za, consapevolezza e buone pratiche poter
sposata dal Dipartimento della Protezione Ci-
dire, appunto: “Io non rischio”.
vile, dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e dalla Rete dei laboratori universitari
Il sistema più efficace per difendersi da un
di ingegneria sismica, e poi progressivamente
rischio è conoscerlo. Questo tipo di cono-
allargata ad altre associazioni di protezione ci-
scenza, per essere realmente utile, di solito
vile. Perché se è vero che le idee camminano
comporta un livello di approfondimento che
con le gambe delle persone, per un’idea come
difficilmente può essere comunicato con un
questa di gambe ce ne vogliono davvero tante.
semplice spot radiofonico o televisivo. L’ideale, per un cittadino, sarebbe poter par-
COME SI SVOLGE
lare con qualcuno capace di raccontargli tutto
Ogni processo di comunicazione, informazio-
quello che occorre sapere sul terremoto, sul
ne o educazione è necessariamente un pro-
maremoto o su qualsiasi altro rischio, magari
cesso a cascata.
incontrandolo direttamente nella sua città, in
Tutti noi, a scuola come sul lavoro, siamo sta-
piazza, un sabato o una domenica mattina. Ed
ti formati da persone che, a loro volta, sono
è qui che si è accesa la lampadina: i volontari
state formate da altre persone. Quindi ci è
di protezione civile!
sembrato del tutto naturale utilizzare questo
Le associazioni di volontariato di protezione
processo anche nella formazione dei volon-
civile sono presenti in tutta Italia. I volontari vi-
tari e, di conseguenza, nella comunicazione
vono e operano sul proprio territorio, lo cono-
finale con i cittadini.
20
PARTE SECONDA
Ogni associazione locale individua i quin-
L’EDIZIONE 2014
dici volontari che incontreranno i cittadini
L’edizione 2014 di Io non rischio riguarda
in piazza nei giorni della campagna. Tra
tre rischi: terremoto, maremoto e alluvione.
questi, l’associazione ne sceglie tre che
Io non rischio Terremoto, giunta al quarto
parteciperanno alle giornate di formazio-
anno, si svolge il 14 e 15 giugno 2014 nelle
ne organizzate dai promotori dell’iniziativa
piazze di circa 230 comuni italiani a rischio
sui temi del rischio e della comunicazio-
sismico in tutta Italia.
ne. A quel punto i tre volontari, formati di-
La campagna è promossa e realizzata da:
rettamente da tecnici, scienziati e profes-
Dipartimento della Protezione Civile, Anpas
sionisti della comunicazione del rischio,
- Associazione Nazionale delle Pubbliche As-
hanno il compito di trasmettere le cono-
sistenze, Ingv - Istituto Nazionale di Geofisica
scenze acquisite agli altri dodici colleghi,
e Vulcanologia e ReLUIS - Consorzio della
diventando a tutti gli effetti dei volontari
Rete dei Laboratori Universitari di Ingegne-
formatori.
ria Sismica. Oltre all’Anpas, sono coinvolte nell’iniziativa sezioni locali di organizzazioni
Alla fine del processo, per essere sicuri che tra
di volontariato di protezione civile e associa-
tutti ci sia omogeneità nel livello di conoscenze,
zioni regionali.
vengono organizzate delle giornate di refresh:
Nello stesso weekend si svolge la campa-
una specie di ripasso in cui ogni partecipante
gna Io non rischio Maremoto, in più di ven-
è chiamato a esercitarsi anche attraverso delle
ti comuni italiani a rischio tsunami.
simulazioni pratiche. Dopodiché, tutti i volontari
L’iniziativa, giunta al secondo anno, è pro-
sono formati e pronti a incontrare i cittadini.
mossa dagli stessi partner della campagna
Diciamo incontrare, e non informare, per por-
sul rischio simico, in collaborazione con
re l’accento sulla filosofia su cui si fonda la
Ispra - Istituto superiore per la Protezio-
campagna.
ne e la Ricerca Ambientale e Ogs - Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica
I volontari non fanno volantinaggio. Non
Sperimentale.
si limitano a lasciare il materiale informa-
Nel mese di ottobre, invece, si svolge in via
tivo alle persone, ma si fermano a parlare
sperimentale la campagna Io non rischio
con loro, illustrano il problema, in qualche
Alluvione.
modo lo raccontano e rimangono a disposi-
COSA COMUNICARE IN PIAZZA
zione per eventuali domande e chiarimenti.
Nei weekend dedicati alle campagne vengono Anche dopo le giornate della campagna, visto
allestiti degli stand informativi nelle piazze dei
che, come abbiamo detto, i volontari operano
comuni interessati. I volontari distribuiscono i
e vivono sul territorio in cui comunicano.
materiali informativi e rispondono alle doman-
21
PARTE SECONDA
de dei cittadini sulle possibili azioni da fare per
• Pieghevole: cosa sapere e cosa fare
ridurre il rischio. Solo per la campagna Io non
prima, prevenzione. Spiega in termini
rischio – Terremoto, al centro dell’allestimen-
semplici cosa deve sapere il cittadino
to della piazza c’è un totem: un’installazione
per imparare a prevenire e ridurre i dan-
composta da scatoloni sovrapposti, colorati e
ni dei terremoti e cosa può fare nella
illustrati, che contiene giochi e interazioni sul
propria casa, con il consiglio di un tec-
rischio sismico, per facilitare la comunicazio-
nico, oppure da solo, fin da subito.
ne tra volontari e cittadini. I contenuti di questo manuale servono per ca-
• Scheda: cosa fare durante e dopo, norme
pire meglio e approfondire i concetti chiave
di comportamento. Contiene informazio-
contenuti nei materiali informativi della cam-
ni utili a tutta la famiglia sui comporta-
pagna. Tutte le informazioni da comunicare in
menti da adottare durante il terremoto e
piazza, infatti, sono presenti nel pieghevole e
subito dopo. La scheda può essere con-
nella scheda.
servata e anche appesa.
22
PARTE SECONDA
IL LINGUAGGIO DI SCHEDA E PIEGHEVOLE. OBIETTIVO: FARSI CAPIRE! I testi dei materiali informativi della campagna
evitato il burocratese “norme” (vigenti)
di informazione Io non rischio sono stati scritti
• Abbiamo usato parole comuni ed evitato le
rispettando alcune regole della semplificazione
espressioni di tono inutilmente elevato
del linguaggio. Scrivere con chiarezza, semplicità
“evento sismico”: “terremoto”
e precisione, con parole concrete e di uso comune
• Abbiamo usato parole concrete e dirette per aiutare
favorisce la comprensione del messaggio da parte
il lettore a visualizzare il concetto
di chi leggerà. Di seguito, trovi le regole principali
“la pianificazione comunale”: “il piano comunale”
che abbiamo seguito nella redazione della scheda
• Abbiamo usato preposizioni semplici, invece di
e del pieghevole. Pensiamo infatti possano esserti
quelle complesse
d’aiuto in futuro se ti troverai a scrivere materiali
“al fine di, a scopo di, con l’obiettivo di”: “per”
informativi rivolti a cittadini! L’organizzazione delle informazioni La costruzione delle frasi
I testi dei materiali della campagna sono lunghi e
• Abbiamo utilizzato frasi semplici, lineari e brevi
per questo li abbiamo suddivisi in piccoli paragrafi,
“È il crollo delle case che uccide, non il terremoto”
preceduti da un titoletto che ne riassume il
• Abbiamo preferito i verbi ai nomi, cioè evitato le
contenuto. Con questa operazione volevamo essere
nominalizzazioni
più precisi, chiari e sintetici possibili. Un titolo
“applicare modifiche”: “modificare”
come «Informazioni importanti» non serve a nulla,
• Abbiamo esplicitato il soggetto ed evitato le forme
perché non dà nessuna informazione sul contenuto
impersonali
e obbliga il cittadino a iniziare la lettura del testo.
“in caso di dubbi”: “se hai qualche dubbio”
Sono invece più efficaci titoli come: «Cosa fa lo
• Abbiamo preferito le frasi di forma affermativa
Stato per aiutarti?», «Gli effetti di un terremoto
“non ignorare”: “conosci, informati”
sono gli stessi ovunque?». Questi titoli individuano immediatamente l’argomento del testo e possono
La scelta delle parole
essere letti dando un’occhiata veloce al pieghevole.
• Abbiamo preferito le parole italiane a quelle La grafica
straniere, se ugualmente sostituibili “tsunami”: “maremoto”
Nello scrivere i materiali informativi, abbiamo
• Abbiamo limitato i termini tecnico-specialistici,
fatto attenzione anche ad alcuni aspetti grafici per
definendoli la prima volta che li usavamo
facilitare la lettura ad esempio: lo spazio tra una riga
“classificazione sismica”: “il territorio italiano è
e un’altra, la scelta del carattere (leggibile e grande),
classificato in zone a diversa pericolosità”
i margini e la lunghezza delle righe. Abbiamo usato il
• Abbiamo usato espressioni della lingua comune ed
grassetto solo per evidenziare i concetti importanti.
23
PARTE SECONDA
COME STARE IN PIAZZA
• la prevenzione non riguarda solo le istitu-
Come volontari siete già abituati a parlare
zioni, ma ciascuno di noi.
con i vostri concittadini. Sicuramente il fatto
Da qui, illustrate ai cittadini il loro ruolo:
di organizzare la piazza nel vostro territorio vi
mostrate ai cittadini il pieghevole e la sche-
aiuterà a rompere il ghiaccio: la divisa che in-
da cercando di sintetizzarne il contenuto.
dossate è il vostro biglietto da visita e vi rende
Non tentate di fornire spiegazioni scientifi-
riconoscibili come interlocutori affidabili. Na-
che o tecniche ma attenetevi a quanto spie-
turalmente ci sono alcune regole che possono
gato nei materiali informativi. Per ulteriori
aiutarvi a rendere più efficaci le vostre giorna-
informazioni rimandate ai siti istituzionali o
te in piazza.
alle istituzioni competenti. Sottolineate che: • è importante informarsi al proprio Comune
COSA DIRE
per sapere se esiste un piano d’emergenza
Seguite le cinque “W” della
comunale e cosa prevede
buona comunicazione.
• bisogna sempre rivolgersi a veri esperti e
Who – Chi siamo: ogni approccio dovrebbe
non a tecnici improvvisati
iniziare con una presentazione di se stessi,
• la vostra associazione di appartenenza ope-
della propria associazione, della Protezione
ra sul territorio e rimane a disposizione per
Civile, dei promotori dell’iniziativa. Ricorda-
chiarimenti, approfondimenti ecc.
te che il volontariato è una componente del
Se si presentano in piazza rappresentanti di
Servizio Nazionale della Protezione Civile.
altre associazioni interessate, mostrate un at-
What/Where/When – Di cosa si tratta, dove
teggiamento inclusivo, create contatti. Ricor-
si svolge e quando: presentate brevemente
date che la campagna Io non rischio mira a
l’iniziativa Io non rischio e ricordate che non
coinvolgere un numero sempre maggiore di
si svolge solo nella vostra, ma in altre piazze
associazioni, anche territoriali.
in tutto il territorio nazionale.
Se si presentano le istituzioni (che vanno as-
Why – Perché: presentate le finalità di Io
solutamente invitate) come Sindaco, Prefetto,
non rischio:
ecc. accoglietele con attenzione e premura,
• è un’iniziativa di comunicazione che, sen-
sempre con un atteggiamento di inclusione e
za allarmismo, mira ad accrescere la cono-
coinvolgimento.
scenza e la consapevolezza rispetto ai di-
Apertura e chiusura del discorso: in media, la
versi rischi
conversazione in piazza con i cittadini durerà
• conoscenza e consapevolezza aumentano
cinque/dieci minuti. Tenete a mente che l’a-
la capacità individuale di autodifesa, contri-
pertura e la chiusura del discorso sono molto
buendo alla prevenzione generale
importanti:
24
PARTE SECONDA
Oltre che con le parole, la comunicazione av-
• l’apertura (cioè le frasi iniziali per “agganciare” i cittadini nelle piazze, il totem nel
viene anche attraverso:
caso della campagna sul terremoto), per-
• il modo di vestire
ché è il momento in cui si stabilisce un pat-
• la postura
to di fiducia tra le persone coinvolte e si di-
• l’espressione del volto
chiara la propria disponibilità a parlare e ad
• il contatto oculare
ascoltare;
• movimenti delle mani, delle braccia e delle gambe
• la chiusura, perché ci si deve accertare che l’altra persona sia soddisfatta. Accertatevi
• la tensione del corpo
che il cittadino non abbia dubbi, indicate
• la distanza spaziale
dove approfondire gli argomenti di mag-
• il contatto diretto
giore interesse e ribadite il messaggio della
• la voce (tono, ritmo, inflessione)
campagna.
La gestualità: è un mezzo di comunicazio-
Meccanismi di ripetizione: ripetere più volte i
ne visiva capace di trasmettere ciò che il
concetti chiave può risultare utile per chiarire
linguaggio verbale non sa comunicare. Ne
i temi che stiamo trattando o le finalità della
consegue che la forma di comunicazione più
campagna. Nell’interazione faccia a faccia è
efficace è quella in cui alle parole si accom-
meglio non dare per scontato nulla, per evita-
pagnano i gesti.
re fraintendimenti.
Per interpretare il messaggio non verbale dobbiamo sempre considerare tutti i gesti nel loro
COME DIRLO
insieme: i gesti presi singolarmente non signi-
Le parole che pronunciamo sono importanti,
ficano niente, ma se si presentano tutti insie-
ma il comportamento non verbale condiziona
me nel corso di una interazione, allora ci sono
in modo molto forte l’impressione che ricevia-
buone probabilità che la nostra interpretazio-
mo dagli altri e quella che gli altri ricevono da
ne sia corretta.
noi. Gran parte di ciò che comunichiamo agli
Nel comunicare con gli altri, dobbiamo
altri si esprime, infatti, attraverso il linguaggio
capire se le persone a cui ci rivolgiamo
non verbale, cioè mediante i segnali visivi e
manifestano:
vocali emessi dal corpo. Dobbiamo quindi ve-
• segnali di serenità/disagio e ansia
rificare che il messaggio verbale, cioè quello
• segnali di apertura/chiusura.
comunicato dalle parole effettivamente pro-
Il linguaggio non verbale che indica apertura
nunciate, sia coerente con il messaggio del
e uno stato interiore positivo è composto da
corpo. Se vogliamo comunicare un messag-
una serie di gesti: il corpo si espone al mon-
gio in modo credibile, è importante che ci sia
do senza barriere e, così facendo, è vulnera-
coerenza fra ciò che diciamo a parole e ciò
bile agli altri, ma ciò non provoca alcun disa-
che esprimiamo attraverso il corpo.
gio alla persona.
25
PARTE SECONDA
La postura: la postura che esprime vicinanza
Assumete una postura sciolta,
e calore si traduce in genere in un’impressio-
guardate negli occhi la perso-
ne migliore (e dunque simpatia) dell’altro su
na con cui parlate, cercate di
di noi. È composta da questi tratti:
non incrociare le braccia e parlate senza
• inclinazione in avanti del busto, che dimo-
mettere le mani in tasca. Per una comunicazione efficace, mettetevi
stra interesse per l’altro
di fronte all’interlocutore per poterlo guar-
• tendenza ad avvicinarsi col corpo e orien-
dare direttamente e non al suo fianco o in
tarlo direttamente verso l’altro • rilassatezza delle braccia e mani
posizione laterale.
• sguardo che mantiene il contatto con gli
Non dimenticate che in piazza anche un
occhi dell’altro/a senza però fissarlo/a in
sorriso può aiutare a stabilire un contatto
modo eccessivo, cosa che può esprimere
con il vostro interlocutore: accogliete i citta-
aggressività.
dini con un sorriso!
Il linguaggio non verbale che indica chiusu-
Non assumete un atteggiamento di chiusu-
ra si fonda, invece, su un complesso di gesti,
ra con il corpo, ma, al contrario, adottate
movimenti e posture con cui il corpo si richiu-
uno stile aperto, perché così è più probabi-
de in se stesso. Chi si sente minacciato, ten-
le che l’interazione abbia esito favorevole e
de a far apparire il corpo più piccolo di quan-
l’interlocutore eviti di chiudersi in sé stessa.
to lo sia realmente e a proteggersi erigendo
Durante la conversazione, variate e modu-
barriere difensive.
late il ritmo, il timbro, il tono e l’inflessione
La postura che trasmette lontananza (e dunque
della voce.
distacco) è composta in genere da questi tratti: • posizione rigida delle braccia e gambe
Nel paragrafo dedicato allo storytelling (pagina
• inclinazione del busto laterale e tesa all’in-
35), trovate la lezione dedicata ai consigli utili su come raccontare la campagna in piazza.
dietro (in piedi) • sguardo che mantiene poco il contatto con gli occhi dell’altro/a. In questo caso può essere utile cambiare strategia e/o cercare di scoprire il motivo della sua insoddisfazione. Se la persona che avete davanti persiste nell’atteggiamento di chiusura, porgetele qualcosa da guardare (il pieghevole, la scheda), per costringerla ad aprirsi e a sciogliere le braccia conserte.
26
PARTE SECONDA
PER SAPERNE DI PIÙ • Il sito dedicato alla campagna www.iononrischio.it • La campagna “Io non rischio” http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/io_non_rischio.wp • Dis.amb.ig.uando, blog di Giovanna Cosenza, professore associato di semiotica presso il Dipartimento di Discipline della Comunicazione dell’Università di Bologna http://www.giovannacosenza.it/ • Pensieri sulla rete e sulla comunicazione, blog http://gandalf.it/ • Teorie e pratiche della creatività, blog coordinato da Annamaria Testa, pubblicitaria e docente di teoria della comunicazione all’Università Bocconi di Milano http://www.nuovoeutile.it • James Borg, Il linguaggio del corpo, Ed. Tecniche nuove, 2009 • David Cohen, Capire il linguaggio del corpo, Editori Riuniti, 2002 • Scrivere chiaro: una guida per il personale della Commissione europea http://ec.europa.eu/translation/writing/clear_writing/how_to_write_clearly_it.pdf • Linguaggio amministrativo chiaro e semplice, Università di Padova
30 regole per scrivere testi amministrativi chiari
http://www.maldura.unipd.it/buro/ • Direttiva dell’8 maggio 2002 sulla semplificazione del linguaggio delle pubbliche amministrazioni http://www.funzionepubblica.gov.it/TestoPDF.aspx?d=16872
27
PARTE SECONDA
COMUNICARE SULLA STAMPA E ONLINE a cura di Ilaria Salvi e Andrea Cardoni RADIO, TV E GIORNALI LOCALI SONO ALLEATI PREZIOSI
formiamo e sensibilizziamo sul tema del rischio
Attraverso radio, tv e giornali abbiamo l’oppor-
tribuendo a far arrivare in piazza più gente e 3)
tunità di far circolare un messaggio su una
costruiamo rapporti che potranno essere utili
platea di destinatari molto più ampia rispetto a
anche dopo la campagna, per promuovere le
quella del “passaparola” (che pure resta uno
attività quotidiane delle singole associazioni.
sismico, 2) diamo visibilità alla campagna con-
strumento potente). Per riuscirci, però, dobbiamo tenere presente che così come noi abbia-
IL COMUNICATO STAMPA
mo l’esigenza di far passare i messaggi della
Qualche settimana prima del weekend della
campagna, i giornalisti hanno a loro volta delle
campagna Io non rischio, riceverete un model-
esigenze (di tempo, di spazio, di tipologia di no-
lo di comunicato stampa, preparato dai refe-
tizia ecc.) e che solo rispettando il loro modo di
renti della comunicazione della campagna del
lavorare possiamo ottenere un risultato positivo.
Dipartimento della Protezione Civile e di An-
A questo proposito è bene ricordare che, in
pas per garantire un’informazione coordinata
Italia, la stampa locale ha una tradizione for-
fra tutti i soggetti della campagna. La traccia
te e molto radicata nel territorio: se andiamo
comune serve a rendere evidente la valen-
a guardare l’elenco dei 62 maggiori quotidiani
za nazionale dell’iniziativa, e ne trovate qui di
(esclusi quelli sportivi) sono solo 14 quelli a dif-
seguito un modello basato sulla campagna
fusione nazionale. Per le radio, poi, parliamo di
dell’anno scorso (si tratta quindi, lo ribadiamo,
appena una ventina di testate su oltre 300, e
solo di un esempio: il comunicato corretto vi
troveremmo percentuali ancora più alte se an-
arriverà qualche settimana prima dell’avvio
dassimo a guardare le testate online.
della campagna).
Se quindi per una testata nazionale può esse-
Si tratta di uno strumento di lavoro molto sem-
re difficile dare spazio a una campagna che
plice, con una parte (in nero) uguale per tut-
tocca circa 230 piazze (perché moltissimi dei
ti e una (in arancio nel testo) che va invece
suoi lettori/ascoltatori/spettatori, anche se po-
modificata secondo le informazioni relative ai
tenzialmente interessati, non hanno un gaze-
gazebo gestiti nelle diverse località da ciascu-
bo nella propria città in cui recarsi), per una
na associazione e, naturalmente, ai riferimenti
testata locale la presenza della campagna sul
di chi si occuperà dei contatti con la stampa.
proprio territorio è senza dubbio una notizia.
Questo per consentire a ciascuno di definire
Dobbiamo quindi considerare i mezzi di infor-
in autonomia la propria strategia di comuni-
mazione locali alleati preziosi per far sì che i
cazione (per alcune organizzazioni le notizie
cittadini sappiano che nel loro Comune c’è una
potranno essere diffuse dagli uffici stampa na-
piazza Io non rischio e ci vadano. I giornalisti
zionali o regionali, per altri dai singoli gruppi
locali, inoltre, sono prima di tutto cittadini della
sul territorio o magari dall’ufficio stampa del
zona. Otteniamo quindi un triplo risultato: 1) in-
Comune che vi ospita, ecc.).
28
PARTE SECONDA
29
PARTE SECONDA
COME UTILIZZARE IL COMUNICATO STAMPA
ferma della ricezione. La maggior parte dei
Di seguito alcuni consigli, basilari, su come
giornalisti preferisce ricevere tutto il materia-
utilizzare il comunicato stampa. Per molti di
le (comunicato stampa + il pieghevole della
voi si tratterà probabilmente di cose già note,
campagna + magari un paio di foto) via email,
ma che ci sembra utile condividere con tutti:
ma ci sono redazioni che ancora prediligono
se siete già esperti addetti stampa saltate pure
il fax (in questo caso, ovviamente, è del tutto
questo paragrafo!
inutile mandare il pieghevole o le foto, che si
1) Scegliete una persona che si occuperà dei
possono eventualmente consegnare a mano,
rapporti con la stampa (è preferibile, anche
se la redazione è nella vostra zona).
se non necessario, che abbia già una qualche
Naturalmente queste tempistiche valgono in
esperienza al riguardo). Il responsabile di ogni
generale, ma possono cambiare a seconda
piazza fornirà il nome e i contatti (email e cel-
della disponibilità delle diverse redazioni: se
lulare) della persona scelta ai referenti della
possono dare spazio alla campagna già nella
comunicazione della campagna presso il Di-
settimana precedente tanto meglio, ma l’im-
partimento della Protezione Civile e Anpas.
portante è che lo facciano nei giorni a ridosso.
2) Mappate le testate e le redazioni locali e quelle di settore: può essere utile creare per
Il nostro obiettivo, infatti, è far sì che le
ciascun comune un elenco di tv, radio, quo-
persone sappiano della campagna e ven-
tidiani e siti web, completo di nomi, telefoni
gano al gazebo: quello che ci interessa,
(quando è possibile) ed email di giornalisti e
quindi, è che la notizia passi soprattutto
redazioni. A questo scopo, occorre procurar-
da venerdì fino a domenica a ora di pranzo
si sempre almeno un numero della testata e
(se poi esce una notizia domenica sera o
leggere/ascoltare qualche servizio sul web,
lunedì ovviamente ci fa piacere, ma non
per individuare quali giornalisti si occupano
porta persone in più al gazebo).
di protezione civile, di volontariato o di rischio
Tenete conto dei tempi: il comunicato
PROMUOVERE UNA CAMPAGNA NAZIONALE A PARTIRE DAL PROPRIO TERRITORIO: CONSIGLI PRATICI ED ERRORI DA EVITARE
stampa andrebbe inviato circa un mese
La forza della campagna Io non rischio sta
prima alle testate mensili, 15 giorni prima
nella capacità di lavorare assieme (tra volon-
ai settimanali, un paio di giorni prima a tv,
tari e volontarie provenienti da diverse orga-
radio, quotidiani e siti web
nizzazioni, tra ricercatori provenienti da diversi
sismico.
centri di competenza tecnica e scientifica e, È sempre bene fare una telefonata prima, per
soprattutto, tra volontariato, comunità tecni-
avvisare e verificare di avere i contatti giusti, e
co-scientifica e Dipartimento della Protezione
magari una successivamente, per avere con-
Civile), con l’obiettivo di costruire un linguag-
30
PARTE SECONDA
gio comune per la diffusione della cultura di
• mappare blogger, profili Facebook, Twitter,
protezione civile. Per ottenere il risultato finale,
Flickr ecc. di singole persone o altre orga-
cioè una cittadinanza più sensibile e più infor-
nizzazioni, comitati o movimenti che po-
mata sui rischi con cui convive, pur rispettando
trebbero veicolare i contenuti e gli eventi
le specificità dei singoli territori, è necessario
legati alla campagna Io non rischio • stringere rapporti amichevoli con gli uffi-
che la catena di informazioni sia ben coordina-
ci stampa di altre associazioni e istituzioni
ta e coerente con i messaggi della campagna.
locali che sono in contatto con la nostra Quando sono previsti più gazebo, soprat-
associazione (anche in questo caso crea-
tutto se gestiti da organizzazioni diverse,
re un elenco è la soluzione più pratica per
è fondamentale raccordarsi nella comuni-
non dimenticarsi di nessuno)
cazione, per consentire alla stampa loca-
• aggiornare periodicamente ogni elenco e
le di dare notizia delle piazze della cam-
ogni contatto: i siti e i giornali chiudono ma
pagna Io non rischio in modo corretto (un
soprattutto ne nascono di nuovi ogni giorno
conto è ricevere tre comunicati diversi,
• realizzare un file standard per l’impagi-
ciascuno per un singolo gazebo, un altro
nazione della rassegna stampa: basta un
un comunicato stampa condiviso che in-
file Word o PowerPoint in cui inserire una
dica la presenza di più gazebo nello stes-
casella di testo con: data, titolo testata e
so posto).
numero di pagina (o link, se si tratta di una testata online). Così ogni volta che
Di seguito vengono illustrati alcuni consigli
viene pubblicato qualcosa di nuovo ba-
pratici (e qualche cosa da evitare) per lavo-
sterà un semplice copia incolla per tene-
rare assieme in modo strutturato e creare un
re tutto in ordine.
piccolo ufficio stampa comune a tutte le associazioni, che dovrà lavorare in rete al fine di
5 cose da non fare, per evitare
rendere più efficace la campagna:
di creare confusione in chi rice-
• creare un archivio di immagini adatte a es-
ve le nostre informazioni:
sere inviate insieme ad articoli e comunicati,
• non modificare il logo della campagna
con fotografie dei volontari che distribuisco-
• non modificare l’immagine e i colori della campagna
no materiale e immagini della campagna
• non modificare i loghi di nessuno degli
• fissare un calendario (con le scadenze per
enti che partecipano alla campagna
gli invii) delle attività che la persona incaricata di avere i rapporti con la stampa deve
• non modificare i contenuti della campagna
fare in parallelo con la comunicazione che,
• non utilizzare per i gazebo materiali
il Dipartimento della Protezione Civile e An-
vecchi o relativi a iniziative diverse da Io
pas metteranno in atto a livello nazionale
non rischio
31
PARTE SECONDA
E poi… Per ogni dubbio, idea, proposte ri-
chiedere sempre maggiori informazioni ai re-
guardanti la comunicazione della campagna,
ferenti, a livello nazionale, della campagna.
L’IMPORTANZA DELLE FONTI DI INFORMAZIONE Dare informazioni corrette, ossia dire cose vere:
Quattro consigli:
è questo l’obiettivo principale della campagna
• siate pertinenti in base all’obiettivo del discorso
Io non rischio. La qualità delle informazioni che
• chiarezza: evitate espressioni oscure, ambigue o
questa campagna esprime passa direttamente dai
troppo complicate
ricercatori scientifici, che mettono a disposizione le
• veridicità: fornite solo informazioni validate
informazioni più corrette attualmente disponibili.
• quantità: fornite tanta informazione quanto
L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, la
richiesta in relazione all’obiettivo del discorso, né
rete degli ingegneri sismici ReLUIS e il Dipartimento
più né meno.
della Protezione civile sono fonti autorevoli che
Anche in momenti diversi, che non riguardano
forniscono informazioni elaborate e verificate
direttamente la campagna Io non rischio, per
con metodo scientifico, riconosciute a livello
avere informazioni corrette sui rischi naturali,
internazionale. La veridicità delle informazioni che
su cui spesso circolano notizie superficiali o
verranno condivise in piazza, su internet, sui social
sensazionalistiche, vi consigliamo di fare sempre
network riguardanti la campagna proviene, quindi,
riferimento direttamente agli enti ufficiali e
direttamente dagli enti che hanno elaborato la
scientifici, seguendo e consultando i relativi siti
campagna.
web, canali Twitter ecc.
SOCIAL NETWORK
Se i media locali ci consentono di far circola-
re la notizia tra i nostri concittadini, un altro
canale importante per attivare il passaparola
è rappresentato dai social network: è probabi-
(https://www.facebook.com/iononrischio) (rispettivamente con il profilo @iononrischio e l’hashtag, ossia l’etichetta #iononrischio)
le che nella vostra associazione o nel gruppo
abbiate già esperienza nell’uso di questi stru-
menti, quindi ci limitiamo a poche e semplici
Tre social network per condividere, parteci-
indicazioni per ottimizzare i risultati. Sono tre
pare e raccontare i contenuti, le fasi di pre-
i social network scelti per la diffusione della
parazione alla campagna, l’allestimento delle
campagna di comunicazione Io non rischio:
piazze, le giornate della campagna. Ma anche
(#iononrischio).
32
PARTE SECONDA
per dare un seguito alla campagna su internet
In generale, non collegare Fa-
con la diffusione delle buone pratiche e i com-
cebook, Instagram e Twitter
portamenti da adottare riportati nei materiali
per gli aggiornamenti di stato:
Io non rischio.
ogni strumento ha il suo linguaggio ed è
Una prospettiva, anche al di là della campa-
bene aggiornarli in parallelo.
gna iononrischio è quella rappresentata dallo
Per consentire di aggregare tutti i vostri
storytelling partecipativo, ovvero la pubblica-
contributi, è fondamentale la parola chia-
zione di contenuti sotto forma di storia: rac-
ve con cui etichettare ogni post, ogni foto e
contate le storie delle persone, dei volontari, le
ogni video: #iononrischio.
vostre storie in modo spontaneo, senza bisoFacebook
gno di mantenere un linguaggio istituzionale. Quando lo storytelling è efficace produce due risultati immediati: coinvolge, creando engagement (impegno, coinvolgimento), e produce cambiamento.
CURA, QUALITÀ, PIANIFICAZIONE Fondamentale importanza, nella condivisione di informazioni, è la cura di ciò che viene raccontato: fondamentale è quindi personalizzare e contestualizzare la comunicazione per il pubblico di riferimento che aiuti a capire il valore e l’utilità di quella informazione.
Cosa fare:
La gestione dei social network da parte di
• cosa postare: frasi brevi, belle foto e im-
un’organizzazione non profit non dovrebbe es-
magini o disegni, ma anche brevi video
sere casuale, ma regolarmente programmata
(promo della campagna). Differenzia il
e calendarizzata.
contenuto (foto, testo, video)
Con la pagina di Facebook, per esempio, pos-
• descrivi sempre foto, video o link che
siamo attivare la pubblicazione programmata
posti: scrivi dove, quando, le emozioni
dei post e la pubblicazione delle fotografie in
che ti hanno spinto a condividere proprio
orari precisi della giornata. È la qualità e la
quel contenuto
pianificazione delle informazioni e del raccon-
• interagisci con altre pagine e coinvolgi
to che fate che ne determina il successo e la
tutta l’associazione. Non cancellare «er-
condivisione.
rori» segnalati, ma correggi e ringrazia
33
PARTE SECONDA
• non usare impropriamente gli «eventi»
mentre è consigliabile evitare le cosiddette
• non inserire la campagna in gruppi di di-
“foto di famiglia”: gli scatti di gruppo pos-
scussione che non sono interessati alla
sono certamente essere un bel ricordo, ma
campagna
non raccontano nulla ai cittadini. Quando si scatta una foto si deve pensare che fa par-
• non taggare amici in foto o immagini in
te di una storia. L’ideale è realizzare un pic-
cui non compaiono.
colo reportage: dall’allestimento dello stand Twitter
all’incontro con i cittadini, la consegna dei materiali, l’illustrazione del Totem e così via. Insomma, un percorso con immagini che racconti e valorizzi il lavoro svolto insieme da volontari e cittadini • georeferenzia la foto con il tasto “Aggiungi alla mappa foto”. Descrivila con un piccolo testo comprensibile a chi non conosce le realtà dove opera la tua associazione e poi aggiungi il tag #iononrischio per indicizzare il tuo contenuto • condividi e commenta le foto scattate da altri con il tag #iononrischio.
Hai 140 caratteri, più la georeferenziazione, per raccontare ciò che stai facendo. Ricorda sempre di inserire il tag #iononrischio. Puoi inserire anche immagini e video. Instagram Puoi condividere fotografie della vostra attività georeferenziandole (ricorda sempre di inserire #iononrischio). Cosa fare: • scatta la foto (evitando di inquadrare volti di bambini, volontari che fumano o che mangiano o bevono). In generale, è meglio privilegiare le foto d’insieme di carattere operativo, ovvero che raccontino l’attività svolta,
34
PARTE SECONDA
STORYTELLING: UNA NARRAZIONE PER ENTRARE IN AZIONE a cura di Riccardo Rita Qualche tempo fa mi trovavo a un convegno
rava ogni giorno da vent’anni. È inutile che vi
organizzato dal Ministero dei Beni Culturali.
dica che, come si scoprì solo in seguito, men-
Si discuteva delle strategie di comunicazione
tre noi discutevamo, l’entrata del museo si tro-
da adottare per far conoscere meglio ai citta-
vava esattamente dove si era sempre trovata,
dini la ricchezza del nostro patrimonio storico
anche negli ultimi vent’anni: ovvero alle spalle
e culturale. Dopo una serie di interventi molto
del parcheggiatore”.
tecnici (e altrettanto noiosi) basati su statistiche, percentuali e presentazioni in Power-
Questa storia non solo aveva catturato l’at-
Point che riportavano una serie di dati e nu-
tenzione di noi tutti, facendoci fare anche
meri impilati gli uni sugli altri, prese la parola
qualche sorriso, ma conteneva più sostan-
un dirigente di un certo progetto per la valoriz-
za di tutti quegli interminabili grafici stra-
zazione dei poli museali d’eccellenza.
colmi di dati e numeri.
“Eravamo andati in missione a Palermo per
Con una narrazione basata sulla propria
un sopralluogo al Museo Antonio Salinas”,
esperienza personale, quel dirigente ave-
attaccò il dirigente. “Il Salinas – continuò – è
va messo a nudo il problema: buona par-
tra i più importanti poli archeologici del no-
te del patrimonio culturale e artistico del
stro Paese e possiede, oltre a numerose testi-
nostro paese è pressoché sconosciuto alle
monianze della storia siciliana, una delle più
persone, perfino a quelle che ci lavorano
ricche collezioni d’arte punica e greca d’Ita-
davanti da vent’anni. E questa informazio-
lia. Viaggiando in automobile, cercavamo di
ne, a differenza dei precedenti interventi,
destreggiarci tra le vie del centro cercando di
c’era giunta attraverso un’emozione, non
intuire le indicazioni di un navigatore satelli-
attraverso un’analisi. Avevamo appena as-
tare che perdeva continuamente la connes-
sistito a un esempio di storytelling. La cui
sione. Arrivati a uno spiazzo, dopo aver fatto
peculiarità è proprio quella di far passa-
tre o quattro giri dello stesso isolato senza ri-
re le informazioni attraverso un processo
uscire a raccapezzarci, ci siamo accostati per
emozionale.
chiedere informazioni a un parcheggiatore abusivo che si riparava dal sole in un ango-
DA DOVE VIENE
lo ombreggiato della via. Gli chiedemmo se
Il termine storytelling si può tradurre con “l’ar-
cortesemente poteva indicarci la strada per il
te di raccontare una storia” e individua una
Museo Salinas. L’uomo alzò le spalle e ci ri-
disciplina che, applicata al mondo della co-
spose che non l’aveva mai sentito nemmeno
municazione, è stata sviluppata soprattutto
nominare. Alla nostra insistenza cominciò a
negli Stati Uniti ed è arrivata in Europa princi-
scuotere la testa. Disse che sicuramente da
palmente attraverso le tecniche adoperate nel
quelle parti non c’era nessun museo, perché
marketing, nella politica e nel mondo del bu-
lui a Palermo c’era nato e in quella via ci lavo-
siness. Il motivo è semplice: ci si è accorti che
35
PARTE SECONDA
le storie sono un potente mezzo per influenza-
Perciò, a livello evolutivo, gli individui più ca-
re le persone. Nella nostra lingua, influenzare
paci di raccontare e ascoltare hanno avuto un
qualcuno di solito significa condizionarlo, per-
“aiuto” e, tendenzialmente, si sono riprodotti
tanto tendiamo ad assegnare a questo termi-
di più. Ecco perché noi siamo tanto sensibi-
ne un’accezione negativa. In inglese invece il
li alle narrazioni: ce l’abbiamo nel sangue.
verbo to influence significa soprattutto influire,
Raccontare storie serve a condividere espe-
affascinare, lasciare il segno. E in un mondo
rienze, in modo che non sia necessario vivere
in cui è sempre più difficile catturare l’atten-
in prima persona una situazione pericolosa
zione delle persone e coinvolgerle in un reale
per conoscere il modo corretto di agire per
processo di condivisione, riuscire a lasciare il
cavarsela. In questo senso, la narrazione ha
segno diventa sempre più essenziale.
rappresentato – e continua a rappresentare – un potente vantaggio evolutivo.
CHE COS’È Lo storytelling definisce alcune regole base per
LA DIFFERENZA TRA STORYTELLING E INFORMAZIONE
comunicare in un modo che, oltre a essere
Se raccontare storie serve a condividere espe-
chiaro, sia anche coinvolgente, e queste rego-
rienze e avvenimenti utili, che differenza pas-
le non le inventa, ma le va a pescare pari pari
sa tra fare informazione e fare storytelling? Ri-
dall’antica arte di raccontare storie. La narra-
sposta: la stessa differenza che passava tra le
zione ha origini ancestrali: ci ha accompagnato
presentazioni di interminabili elenchi numerici
per decine di millenni nel corso di tutta la no-
e la storia raccontata dal dirigente al conve-
stra evoluzione. Immaginate i nostri progenitori
gno sui Beni Culturali. Ed è una differenza di
preistorici al ritorno da una battuta di caccia,
modalità. Tra le due modalità esiste una con-
mentre, radunata la tribù attorno al fuoco in cui
nessione: sia i dati (informazione) sia la sto-
arrostiscono succose bisteccone di mammuth,
ria (narrazione) raccontano la stessa cosa e,
raccontano a tutti i momenti cruciali dello scon-
stranamente, ciascuna può essere vista come
tro con la gigantesca creatura e di come un
approfondimento e complemento dell’altra.
loro compagno, a causa di un comportamento avventato, sia finito schiacciato sotto le zampe
Ma attraverso una storia possiamo far pas-
di quel primordiale pachiderma. Ebbene, tra i
sare l’essenza dell’informazione, facendo
giovani della tribù ci sarà stato chi ascoltava il
in modo che attraverso l’impatto emozio-
loro racconto con estrema attenzione e chi in-
nale proprio dello storytelling questa in-
vece si distraeva occupandosi d’altro. Ma solo
formazione essenziale possa fissarsi nella
chi era capace di ascoltare, una volta adulto,
mente e nell’animo dei nostri interlocuto-
trovandosi nella stessa situazione, avrebbe
ri. Gli studiosi delle tecniche narrative de-
avuto le informazioni necessarie per evitare di
finiscono questa essenza dell’informazio-
commettere le stesse avventatezze.
ne come concept, ovvero concetto.
36
PARTE SECONDA
Vale la pena di fare un esempio per chiarire la
ascoltare fa parte di noi, e quando qualcuno
cosa. Immaginiamo di avere il compito di tra-
si pone nei nostri confronti in modalità nar-
smettere una determinata informazione a dei
rativa ci predisponiamo quasi sempre con
bambini a scopo educativo.
un grande e istintivo interesse. E dopo che la
L’informazione consiste in una regola com-
persona in questione ci ha raccontato la sua
portamentale molto semplice: “Non bisogna
storia, avvertiamo con lei un legame, come
scherzare troppo”. Se ci limitassimo alla cru-
se averla ascoltata, in qualche modo, ci ren-
da informazione, non tutti i bambini potrebbe-
desse co-protagonisti di quella particolare vi-
ro comprenderne le implicazioni e le ricadute
cenda (fenomeno spiegato scientificamente
che un comportamento contrario a quell’indi-
con la scoperta dei neuroni-specchio). Avere
cazione potrebbe avere su di loro. Possiamo
una modalità narrativa consente di utilizzare
in questo caso servirci di una storia. Lo scher-
questa naturale predisposizione delle persone
zo del pastore di Esopo, per esempio, in cui si
(predisposizione non altrettanto diffusa se la
mostra come un pastorello che per due volte
modalità è semplicemente informativa).
grida “Al lupo! Al lupo!” solo per scherzo, alla davvero, non viene creduto. Con questa storia
COME UTILIZZARE LA MODALITÀ NARRATIVA DELLE TECNICHE DI STORYTELLING
i bambini afferrano al volo il concetto, con tut-
Come abbiamo visto, tutti raccontiamo co-
te le sue implicazioni.
stantemente episodi, aneddoti, storie, espe-
terza, quando sfortunatamente il lupo arriva
rienze. Quindi ciascuno di noi possiede, sen-
QUANDO USARLO
za magari esserne consapevole, delle doti da
Ogni volta che desideriamo stabilire un canale
storyteller. Un po’ come succede con la mu-
di comunicazione con una o più persone. Lo
sica: non serve conoscere l’armonia musicale
storytelling, più che essere un insieme di tec-
per fischiettare sotto la doccia, come non ci
niche, è una modalità attraverso cui stabilire
occorre conoscere il nome di una nota o la to-
una relazione con gli individui cui ci rivolgia-
nalità di una composizione per accorgerci di
mo. Questa relazione si crea grazie a una spe-
una stonatura. Allo stesso modo ciascuno di
cifica comunanza: come abbiamo visto, ogni
noi sa riconoscere una storia raccontata bene
essere umano possiede nel proprio bagaglio
o un messaggio comunicato efficacemente
culturale (e probabilmente anche genetico) il
senza dover essere per forza un narratologo
retaggio dei millenni passati ad ascoltare sto-
o un copywriter pubblicitario. In modo anco-
rie attorno al fuoco.
ra più preciso riusciamo a capire quando il
Ognuno di noi racconta storie, costantemen-
nostro interlocutore non è sincero, non è egli
te, da quando è nato. Il giorno ai colleghi, la
stesso interessato o non crede nel messaggio
sera agli amici o alla famiglia, raccontan-
che vuole trasmetterci. Questa informazione
do com’è andata la giornata. Raccontare e
passa attraverso una serie di indicatori che,
37
PARTE SECONDA
presi a uno a uno, hanno a che fare con la
coinvolgere e ingaggiare nel processo, mas-
postura, col tono di voce, con lo sguardo, con
simizzando la possibilità che diventi in segui-
i gesti e i micromovimenti dei muscoli faccia-
to egli stesso parte attiva nella diffusione del
li; ma se li prendiamo nel loro insieme, qui ci
messaggio.
basta sottolineare che hanno a che fare con la
MAI SPINGERE, MA SEMPRE ATTIRARE
mancanza di autenticità.
AUTENTICITÀ
Tutte le modalità che tendono a esercitare
La prima regola da rispettare è essere sempre
una forma di pressione sulle persone ven-
autentici. Questo accade quando siamo con-
gono percepite come sgradevoli.
vinti e sicuri di quello che stiamo comunicando e quando le motivazioni che ci spingono a
Al contrario, le modalità che tendono ad atti-
farlo risiedono nel desiderio sincero di essere
rare gradualmente l’attenzione delle persone
utili, nel rispetto della libertà dell’interlocuto-
sono percepite come piacevoli. Le scuole di
re (che ha sempre il diritto di non ascoltarci).
business management e comunicazione d’im-
Ciò si traduce in un desiderio di stabilire un
presa distinguono tra push-strategies e pull-
canale comunicativo biunivoco che consenta,
strategies. Le prime tendono a obbligare le
all’interlocutore, di interagire con chi comuni-
persone all’interno di un processo prestabilito;
ca. Inoltre, non si deve mai tentare di nascon-
le seconde mirano a farle aderire spontanea-
dere eventuali zone d’ombra dell’informazio-
mente a un processo che sia il più possibile
ne: sarebbe percepito come manipolatorio.
condiviso. In un processo comunicativo queste strategie si incarnano in un mero trasfe-
RECIPROCITÀ
rimento delle informazioni (push-strategy) o
Come abbiamo visto, l’approccio narrativo alla
vivecersa nell’instaurazione di una relazione,
comunicazione mira a stabilire una relazione
anche umana, capace di invogliare l’interlocu-
tra chi parla e chi ascolta. Questa relazione
tore a saperne di più o perfino a impegnarsi in
deve essere basata sull’etica della reciproci-
prima persona (pull-strategy).
tà: se il nostro interlocutore decide di donarci
FIDUCIA
parte del suo tempo, noi dobbiamo fare altrettanto, restando pienamente concentrati su di lui per il tempo necessario. Basta distogliere
Quando ci si pone nei confronti di qual-
l’attenzione un attimo dal nostro interlocutore
cuno in modo autentico, dedicandogli la
per spezzare questo implicito patto di reci-
nostra più attiva e presente attenzione at-
procità. Se il comunicatore si appassiona alla
traverso un processo basato su una pull-
costruzione della relazione comunicativa con
strategy, di fatto si crea con lui un rap-
l’interlocutore, quest’ultimo tenderà a lasciarsi
porto di fiducia. Ciò che va assolutamente
38
PARTE SECONDA
notato è che la fiducia non viene emanata
campagnolo, dal professore universitario al
dal comunicatore, ma dal che cosa e (so-
manovale con appena la licenza elementa-
prattutto) dal come egli lo comunica.
re. Accanto a me sedeva un agricoltore dalla lunga barba grigia che ostentava una spilletta
La modalità narrativa consente di illuminare
della NRA (National Rifle Association, L’asso-
le persone che ci ascoltano con la luce del-
ciazione dell’ultradestra americana pro armi
la fiducia. I più influenti esperti statunitensi di
da fuoco) infilata sul cappello. Quando sul
storytelling si spingono addirittura a definirla
palco un uomo afroamericano prese la parola,
faith, fede. È la luce emanata dalla storia (o
l’agricoltore si voltò verso la moglie sussurran-
più generalmente dal processo di comunica-
dole qualcosa con un tono irritato, qualcosa
zione narrativo) che si riverbera sull’oratore
che includeva la parola negro. Nella mia testa,
conferendogli un’aura di affidabilità. (Di nuo-
lo sfidai immediatamente a ripeterlo. Ma lui
vo, gli americani usano un termine più forte:
si limitò a incrociare le braccia cominciando
dicono che la modalità narrativa è capace di
a esaminare la struttura del tetto del tendone.
rendere trustworthy l’oratore agli occhi dell’a-
Lo storyteller afroamericano iniziò a raccon-
scoltatore. Trustworthy significa, sì, affidabile,
tare la storia di una notte trascorsa nel cuore
ma anche leale, attendibile, degno di fiducia).
più profondo dello stato del Mississippi. Erano
È importante comprendere questo punto. Si
gli anni sessanta. Lui e altri sei attivisti per i
potrebbe obiettare che, indipendentemente
diritti civili si erano accampati nel buio della
da quello che dicono, alcune persone vengo-
campagna e non riuscivano a non pensare ai
no istintivamente percepite come più o meno
rischi che avrebbero corso l’indomani, duran-
affidabili delle altre. Non mi soffermerò a ca-
te una dimostrazione contro la segregazione
villare sul fatto che qualsiasi percezione, an-
razziale. Raccontò di come fissavano il fuoco
che quella che talvolta definiamo “a pelle”, si
in silenzio e di come uno di loro a un tratto
fonda su dei precisi, per quanto sottili, proces-
incominciò a cantare e, con quel canto, ad
si comunicativi. Mi limiterò a sottolineare che
alleggerire il cuore di tutti. La sua storia era
la comune disposizione ad accordare fiducia
talmente reale che riuscivamo a percepire la
può dipendere da molti differenti fattori, al-
stessa paura e vedere la stessa luce scoppiet-
cuni dei quali attinenti a eventuali pregiudizi.
tante di quel fuoco da campo. D’un tratto ci
Ascoltate questa:
chiese di cantare insieme a lui. Lo facemmo.
“Nell’ottobre del 1992, circondata da altre
Quattrocento gole umane che vibravano all’u-
quattrocento persone, sedevo in un freddo
nisono sulle note di Swing Low, Sweet Chariot
tendone nei pressi di Jonesborough, nel Ten-
come un immenso organo a canne. Accanto a
nessee, aspettando di ascoltare il prossimo
me, anche l’agricoltore cantava. E vidi una la-
storyteller. Sotto quel tendone c’era una varia
crima che gli scendeva giù, lungo la guancia.
umanità: dal ricco al povero, dal cittadino al
Ero appena stata testimone della potenza di
39
PARTE SECONDA
una storia. Se un attivista afroamericano pote-
narrazione. Eppure, a ben vedere, è proprio
va riuscire a toccare il cuore di un agricoltore
quello che è. Già Sant’Agostino aveva intuito
ultraconservatore e razzista, bÈ, volevo impa-
che è solo nella memoria che un essere uma-
rare a riuscirci anch’io”.
no può trovare se stesso: quando ci riferiamo
A raccontare questa sua esperienza è stata
a noi stessi, in realtà ci riferiamo a ciò che di
Annette Simmons, che da quel giorno comin-
noi ricordiamo, e da quei ricordi stratificati
ciò a studiare assiduamente lo storytelling fino
nel tempo ricaviamo una narrazione coerente
a diventare uno dei massimi esperti mondiali
della nostra identità. Lo stesso, naturalmente,
della materia. Qualsiasi altra modalità comu-
facciamo con gli altri.
nicativa molto probabilmente non sarebbe ri-
Perciò:
uscita ad attirare dapprima l’attenzione e infine stabilire un reale contatto tra due realtà
• ogni nostra azione, l’azione di
umane tanto diverse. L’agricoltore, a causa
chiunque altro e qualsiasi avve-
del suo retaggio culturale e sociale, sulle pri-
nimento, si manifestano all’in-
me non ha ritenuto degno di fiducia l’oratore
terno di un processo narrativo • non esiste la non-comunicazione. Non
afroamericano.
comunicare è un modo di comunicare Ma la modalità narrativa è uno strumen-
(pensate a quando evitiamo qualcuno
to potente: riesce a compiere il miracolo
dopo un litigio). Ugualmente, non esiste
dell’immedesimazione.
la non-narrazione: se non raccontiamo una storia, il nostro interlocutore se ne racconterà una autonomamente
Nessuno di solito si immedesima in un grafico, in una tabella o in una bella frase. Ma tut-
• quando interagiamo con il prossimo as-
ti possiamo identificarci con i protagonisti di
sumiamo istintivamente una differente
una storia.
modalità espressiva: lo storytelling è l’arte di rendere consapevole questo pro-
QUALCHE RIFLESSIONE E UN PAIO DI SUGGERIMENTI
cesso e di affinarlo, massimizzandone
L’uso dello storytelling, alla fine di questa
l’efficacia
breve presentazione, dovrebbe risultare ab-
• prepariamoci al gesto di comunicare,
bastanza chiaro in tutte quelle occasioni in
riflettiamoci sopra. Se dobbiamo comu-
cui ci capiterà di salire su un palco, ma pro-
nicare qualcosa inerente a un argomen-
babilmente assai più fumoso in tutte le altre
to specifico, non basta documentarsi e
situazioni. Questo accade perché non siamo
imparare a memoria la lezione. Soffer-
abituati a pensare a noi stessi come anima-
miamoci a ragionare sul cuore dell’argo-
li narranti. Ma soprattutto non siamo abituati
mento. Cerchiamo di ricordare se abbia-
a pensare alla nostra stessa vita come a una
mo mai avuto, nel corso della vita, una
40
PARTE SECONDA
qualche esperienza diretta al riguardo,
E se non lo sappiamo spiegare, facciamoci
qualcosa che possa essere trasmesso,
aiutare da chi sa farlo. Le persone si senti-
all’occorrenza
ranno rispettate nella propria autonoma capacità di giudizio.
• se abbiamo il compito di fornire informazioni utili su un determinato argomento, confrontiamoci dapprima, in modo di-
CONCLUSIONI
retto, con il maggior numero di persone
Se non esistesse un sostanziale equivoco alla
possibili. Discutiamone con calma e at-
base di ciò che di solito consideriamo co-
tenzione, cercando di individuare i punti
municazione, forse non avremmo nemmeno
di forza e di debolezza di quello stesso
bisogno della parola storytelling. Gli uffici di
confronto. Ci torneranno utili sul campo
comunicazione di imprese e istituzioni trop-
• interroghiamoci sempre così: “Riguardo
po spesso si limitano a emettere comunicati
a questo, io cosa vorrei sapere?”. Di solito
stampa, manifesti o pagine web informative,
alle persone serve sapere quello che oc-
come se la comunicazione fosse un processo
corre anche a noi. Oppure: “Detta così, se
unidirezionale che va dall’alto verso il basso
non ne sapessi nulla, io la capirei?”
invece di un gesto di comunione bidireziona-
• quando l’interlocutore ci interrompe, non
le. Siamo abituati a dire, piuttosto che a co-
interrompiamolo a nostra volta. Ascoltia-
municare. Non è un caso che il motto di un
mo a cosa vuole arrivare anche quando
grande narratore come Ernest Hemingway
dovesse sembrarci inutile o prevedibile.
fosse: “Show, don’t tell”, Mostralo, non dirlo.
Se vogliamo avere tempo, dobbiamo dare
La modalità narrativa serve appunto a mostra-
tempo
re, e contribuisce a instaurare un vero canale
• mai nascondere i propri punti deboli,
di comunicazione. Comunicare significa lette-
come la timidezza o l’insicurezza su alcu-
ralmente mettere in comune, rendere parte-
ni argomenti (nessuno può sapere tutto):
cipi, e nessuno (ovviamente) è partecipe se
sono un potente strumento d’immedesi-
non partecipa, né può essere obbligato a sen-
mazione per chi ascolta
tirsi tale quando non lo è (come accade nelle
• non proviamo mai a nascondere parte
push-strategies). L’uso delle modalità narrative
dell’informazione. La gente capisce al
dello storytelling (pull-strategies) mettono in
volo quando qualcuno tenta di manipo-
moto un meccanismo naturale di condivisione
larla. Se ci sono zone d’ombra, insicurez-
e partecipazione. Siamo stati geneticamente e
ze implicite nel messaggio o episodi del
culturalmente selezionati per fornire e acqui-
passato che contraddicono il messaggio
sire informazioni attraverso racconti e narra-
stesso, affrontiamoli. Spieghiamo perché,
zioni. E scegliere di non tenerne conto signi-
nonostante quelle zone d’ombra, noi pro-
ficherebbe, semplicemente, scegliere di non
poniamo quel messaggio.
comunicare.
41
PARTE SECONDA
COMUNICARE CON UN GIOCO. TOTEM IO NON RISCHIO a cura di Delia Modonesi e Flaminia Brasini Il totem è una installazione che fa parte
locandolo insieme agli altri sulla linea del tempo.
solo dell’allestimento della campagna Io
Il volontario, mostrando al visitatore la mappa
non rischio-Terremoto.
delle massime intensità osservate in Italia, fa quindi la domanda: vivendo in questa zona che
Il totem è composto da scatoloni sovrapposti,
tipo di evento sismico possiamo aspettarci? Ora
colorati e illustrati, e contiene piccole proposte
che hai visto la storia sismica del tuo territorio,
di interazione per facilitare la comunicazione
e gli effetti che ha avuto in passato, pensi che
tra volontari e cittadini.
abbia un qualche significato per il futuro?
Si compone di quattro facce, ognuna dedicata
Come si presenta: la prima interazione con-
a un’interazione su un aspetto del rischio.
siste in una linea temporale: un filo teso che parte da uno spigolo del gazebo lo segue per
INTERAZIONE 1: LA LINEA DEL TEMPO
due lati e infine si aggancia al totem. Come si
Come si presenta: la prima interazione con-
usa: il volontario invita il visitatore a percorre-
siste in una linea temporale: un filo teso che
re la linea del tempo dal passato ad oggi e a
parte da uno spigolo del gazebo lo segue per
guardare le tracce che il terremoto ha lasciato
due lati e infine si aggancia al totem.
sul territorio. Il volontario, mostrando al visita-
Lungo il filo, appesi con mollette, ci sono im-
tore la mappa delle massime intensità osser-
magini e documenti riferibili a eventi sismici
vate in Italia, fa quindi la domanda: vivendo
locali, collocati in ordine cronologico dal più
in questa zona che tipo di evento sismico pos-
lontano al più vicino. Si tratta di segnali della
siamo aspettarci? Ora che hai visto la storia
presenza del terremoto nella storia del luogo.
sismica del tuo territorio, e gli effetti che ha
Come si usa: il volontario invita il visitatore a
avuto in passato, pensi che abbia un qualche
percorrere la linea del tempo dal passato ad
significato per il futuro?
oggi e a guardare le tracce che il terremoto ha lasciato sul territorio.
INTERAZIONE 2: RISCHIO E RESPONSABILITÀ
Finito il percorso il volontario può porre alcune
Tema/contenuto: scoperta la storia e la si-
domande per discutere: cosa si capisce dai
smicità del territorio, indaghiamo i diversi at-
documenti? Cos’è successo in questo territo-
teggiamenti che le persone possono avere di
rio? Che conseguenze ci sono state nella città,
fronte al rischio sismico: dal fatalismo alle più
sugli edifici, alle persone?
estreme ipotesi di controllo. La domanda di
Le cose viste potrebbero suscitare ricordi, sti-
fondo è: “Cosa ci posso fare io?”.
molare le conoscenze dei visitatori e provocare
Come si presenta: al centro della facciata è
emozioni (di stupore, preoccupazione, ecc): in
presente una illustrazione con una coppia di
questo caso il volontario li inviterà a lasciare le
persone e dei palazzi in una zona sismica. Le
loro tracce, appuntandole su un foglietto e col-
figure “pensano”: cosa posso fare io? Intorno
42
PARTE SECONDA
ci sono alcune piccole scene che rappresenta-
Come si presenta: come un quadernone ad
no diversi atteggiamenti che si possono avere
anelli agganciato ad una faccia del totem. Sol-
di fronte alla situazione di rischio. Ogni scena
levando la copertina il visitatore trova un gio-
è incollata su una “finestrella” che si può solle-
co illustrato, una immagine in cui individuare
vare: al di sotto c’è una immagine che rappre-
elementi di arredamento su cui è possibile
senta la conseguenza dell’atteggiamento scelto
intervenire per aumentare la sicurezza della
sulla incolumità delle persone e delle strutture.
propria casa.
Come si usa: il volontario chiede ai visitatori di
Come si usa: il visitatore può tranquillamente
leggere l’immagine: cosa rappresenta? Si par-
giocare da solo e rendersi conto, aguzzando
la e si condivide la comprensione della situa-
vista e ingegno, di quali sono le modifiche
zione di partenza.
possibili per rendere sicuro l’arredamento del-
Il volontario mostra quindi le immagini che
la propria casa. La presenza del volontario è di
rappresentano le diverse possibilità di scelta.
verifica e stimolo delle scoperte. Analizzando i
Ogni visitatore indicherà la scena che meglio
diversi elementi il volontario spingerà i visita-
rappresenta il suo atteggiamento. Potrà deci-
tori a riflettere sulla situazione reale delle loro
dere di informarsi, di riparare la sua casa, di
diverse case.
fidarsi delle previsioni, di affidarsi alla fortuna,
Questa facciata del totem è la resa ludica e tri-
di non fare nulla, di scappare…
dimensionale delle indicazioni del pieghevole.
Sollevando la finestrella della soluzione scelta si troverà un’immagine che faccia riflettere
INTERAZIONE 4: SE ARRIVA UN TERREMOTO...
sulle conseguenze della scelta fatta.
Tema/contenuto: la quarta faccia del totem
Il gioco è uno stimolo alla riflessione e non un giu-
riguarda i comportamenti corretti durante e
dizio sui modi di sentire e comportarsi. Il visitatore
dopo un terremoto.
si confronterà quindi da solo con le conseguenze
Come si presenta: sulla faccia del totem sono
delle sue scelte. Il volontario, se richiesto, potrà
rappresentati un ambiente casalingo e un am-
esplicitare meglio il significato di ogni figura.
biente esterno. Sulle figure sono poste diverse
L’idea su cui si basa questa proposta è che al-
finestrelle da sollevare per trovare indicazioni di
cune scelte ci mettono in sicurezza (informarsi,
luoghi e azioni corrette e segnali di pericolo. Si
ristrutturare casa ecc.), altre non ci danno ga-
tratta di un gioco per indovinare quali sono i po-
ranzie. Obiettivo dell’interazione non è dare un
sti sicuri e quelli pericolosi durante un terremo-
giudizio alle persone, ma renderle consapevoli
to. A seconda della scelta fatta c’è una risposta.
del loro spontaneo atteggiamento verso il rischio.
Come si usa: viene chiesto al visitatore di scegliere in caso di terremoto dove andrebbe a
INTERAZIONE 3: DA SOLO, FIN DA SUBITO
ripararsi e cosa crede che possa succedere
Tema/contenuto: la terza faccia del totem par-
nell’ambiente in cui si trova.
la di cosa ognuno può fare fin da subito.
Il gioco si spiega da solo e non ha bisogno
43
PARTE SECONDA
di grosso intervento da parte del volontario.
Come si presenta: la quarta faccia del cubo
Questo deve essere presente a commentare
presenta una frattura che la attraversa da
eventualmente le varie scelte fatte, ma il vi-
cima a fondo.
sitatore deve essere lasciato libero di esplo-
Come si usa: il volontario chiede ad ogni visi-
rare il più possibile gli amibenti e scoprire
tatore di disegnare il profilo di una sua mano
cosa ci può far stare sicuri e cosa ci mette
su un foglietto colorato e di lasciare una sua
in pericolo.
traccia: un messaggio, un consiglio, un desiderio… Ognuno può poi incollare la sua mano
INTERAZIONE 5: FUTURO E COMUNITÀ
lungo la frattura, come a chiuderla: alla fine
Tema/contenuto: il quarto lato del totem par-
della manifestazione al posto di un territorio
la di cura del proprio territorio, collaborazio-
“spaccato” avremo un territorio tenuto insie-
ne e futuro.
me dal contributo di tutti.
44
PARTE SECONDA
FARE FORMAZIONE: 10 PASSI PER AIUTARE AD APPRENDERE a cura di Angela Spinelli Questo capitolo è rivolto solo
perché è solo attraverso l’uso delle parole che
ai volontari formatori
riusciamo ad esprimere concetti e pensieri; senza la parola, quasi, è assente il pensiero. Il primo oggetto di condivisione della comuni-
PASSO NUMERO 1: CONDIVIDERE IL CODICE
cazione formativa è perciò il codice (le parole): l’effettiva comprensione di un messaggio dipende strettamente dalla condivisione dei significati, chi parla e chi ascolta deve condividere almeno in parte il significato delle parole che usa (dunque, per il linguaggio specialistico è bene fornire spiegazioni e definizioni). La costruzione di un codice condiviso è perciò un obiettivo formativo esso stesso e, come detto, deve tendere al rialzo: cioè ad innalzare le conoscenze e le competenze dei partecipanti (quando escono dalla nostra
Comunicare per formare: non siamo in televi-
aula, devono “saperne di più”).
sione! La comunicazione è il fondamento del-
Ogni comunicazione, però, è costituita da di-
la didattica: non è possibile svolgere attività
versi codici oltre a quello linguistico: prossemi-
di formazione senza comunicazione.
co (gesti, occupazione dello spazio, gestione
Affinché la comunicazione sia formativa,
della distanza reciproca), gestuale, mimico,
però, è necessario che abbia alcune caratte-
tono, timbro e ritmo della voce. Pensate che, di
ristiche. Infatti, anche la televisione, la radio,
norma, un messaggio è percepito come segue
una chiacchiera al bar, la pubblicità sono
(Mehrabian, 1972):
comunicazione, eppure non sono (almeno
• movimenti del corpo e espressioni facciali
intenzionalmente) formative. Ecco dunque la
55%
prima caratteristica della comunicazione for-
• aspetto vocale (volume, tono, ritmo) 38%
mativa: è intenzionale e progettata.
• aspetti verbali (le parole)7%.
Inoltre, necessita di un “ritorno di informa-
PASSO NUMERO 2: PRESTARE ATTENZIONE A CIÒ CHE COMUNICHIAMO SENZA DIRLO
zione” (il feedback) che apra al dialogo: una comunicazione unidirezionale non è formativa perché per raggiungere tutti gli interlocutori senza necessità di interazione e domande, ha
Non solo codice (contenuto)
bisogno di utilizzare un linguaggio semplice e
Il passaggio dal linguaggio verbale a quello
spesso povero, mentre la formazione aspira
non verbale introduce due assunti (assiomi)
ad innalzare anche le competenze linguistiche
fondamentali della comunicazione:
45
PARTE SECONDA
trati sui contenuti che spesso tralasciamo gli elementi di relazione che, invece, sono la base che permette ai contenuti di essere compresi, condivisi, accettati e anche rinnovati! Dunque: la comunicazione è fatta di contenuto e relazione. Tra contenuto e stile di relazione deve esserci coerenza, diversamente si instaurano condizioni comunicative conflittuali o totalmente incomprensibili all’interlocutore.
PASSO NUMERO 3: COSTRUIRE LA RELAZIONE CON I PARTECIPANTI
• non si può non comunicare • la comunicazione è costituita da un elemento di contenuto e da uno di relazione
Dalla comunicazione come trasmissione alla
(Watzlawick, 1971). Il primo assioma ci dice che qualsiasi com-
comunicazione come relazione
portamento umano è comunicazione, anche
Non esiste alcun messaggio che passi dall’e-
il silenzio, il non voler comunicare o – para-
mittente al ricevente in una versione “ogget-
dossalmente – il sonno, purché ciò avvenga
tiva” perché le interpretazioni della comuni-
in interazione con un’altra persona.
cazione sono soggettive e legate alla persona
Il secondo assioma, invece, ci aiuta a fo-
e al suo contesto culturale, ai suoi valori, alle
calizzare l’attenzione sull’importanza del
esperienze e conoscenze pregresse. L’interpre-
“come” si dice, più che sul “cosa”, elemen-
tazione dipende da come la nuova conoscenza
to che – in genere – è principale nelle pre-
è elaborata all’interno della precedente. Sof-
occupazioni dei formatori e che è oggetto di
fermarsi sul livello di contenuto perciò è fon-
preparazione: siamo sempre molto concen-
damentale, ma non sufficiente perché è solo
Quando non spieghiamo il codice (nella vignetta: “tutti quei numeri”) non siamo chiari in merito ai contenuti e chi ci ascolta non capisce
46
PARTE SECONDA
la base di partenza per trasformare la comu-
Solo se l’interazione si trasforma in terreno di
nicazione come trasmissione di contenuti in
co-costruzione (costruire insieme) di signifi-
una comunicazione che sia anche relazionale
cati, senso e prospettive la comunicazione si
e formativa. Ciò appare evidente se si conside-
trasforma in relazione positiva. Un terreno im-
ra che la comunicazione si costruisce nell’in-
portante verso questo passo è la comprensio-
terazione, così come le identità individuali si
ne delle altrui motivazioni perché è in questo
costruiscono solo in relazione all’alterità.
spazio che risiedono le potenziali disponibilità
La comunicazione come relazione, perciò, si
al cambiamento. Non si tratta di esser “buoni”
sofferma sulla reciproca comprensione dei
o “comprensivi” nel senso deteriore del ter-
messaggi “profondi”: il non detto, il vissuto
mine, piuttosto di capire la storia e l’universo
personale, le reciproche percezioni, le aspet-
dell’altro per condividere un progetto che sia
tative, le motivazioni, i progetti personali.
di crescita.
Quando non capiamo il significato del non-detto dei messaggi verbali non riusciamo a costruire relazioni efficaci e chi comunica con noi si sente frustrato, incompreso, mal disposto a fare uno sforzo per apprendere qualcosa (ricorda che: apprendere vuol dire cambiare!).
PASSO NUMERO 4: SPOSTARE L’ATTENZIONE DA “ME CHE INSEGNO” A “TE CHE APPRENDI”
• abbiano un margine di autodeterminazione (possibilità di scelta); • tutto il loro essere sia coinvolto in situazio-
Le condizioni dell’apprendimento
ne (mente, corpo, sentimenti);
Affinché le persone apprendano (quando sono
• possano “incastrare” le nuove conoscenze
in un’aula) bisogna che:
e competenze su quelle pregresse;
• siano a loro agio anche dal punto di vista
Tutti aspetti, questi, su cui il formatore può
emotivo;
(deve) influire con determinazione creando si-
• si sentano immerse in un setting (vedi più
tuazioni formative corrispondenti alle esigenze
avanti) stimolante, in cui possano prendere
descritte. Come? Cercando di concentrarsi sulle
serenamente la parola, possano imparare
esigenze dei corsisti (che nel nostro caso sono
anche dagli altri oltre che dal formatore;
degli adulti) e organizzando, appunto, il setting.
47
PARTE SECONDA
PASSO NUMERO 5: LASCIARE FUORI DALL’AULA I VECCHI MODELLI DI FORMAZIONE SCOLASTICA
• la disponibilità ad apprendere è rivolta alla soluzione di problemi (il formatore può portare esempi di situazione problematiche
Perché e come l’adulto impara?
già accadute per evidenziare l’importanza
Quando l’adulto impara? Si chiedeva un noto
di prepararsi prima di andare in piazza: “se
studioso un po’ di anni fa (Knowles, 2002).
ti accade questo puoi risolverlo così…”);
Ebbene, ora sappiamo che gli adulti hanno
• l’orientamento verso l’apprendimento è
esigenze e caratteristiche piuttosto diverse
centrato sulla vita reale (teoria sì, ma che
da quelle dei bambini, dunque, per aiutare e
giustifichi la pratica, non per far vedere
facilitare il loro apprendimento ricorriamo ad
quanto sono preparato);
una disciplina che si chiama “andragogia” (da
• la motivazione è più interna che esterna
andragos, uomo in greco. Termine moderno
(gli adulti imparano non perché sono pre-
coniato sulla falsariga di “pedagogia”) che of-
miati ma perché hanno deciso di farlo per
fre indicazioni utilissime per l’allestimento e la
rispondere ad un proprio bisogno).
conduzione di ambienti di apprendimento de-
PASSO NUMERO 6: SVEGLIARE I PARTECIPANTI, APPRENDERANNO MEGLIO!
dicati agli adulti, che possono essere riassunte come segue: • l’adulto impara ciò di cui sente il bisogno (il formatore deve sottolineare l’importanza
Non si apprende solo con la testa
del corso sulla prevenzione per affrontare
Comodi e rilassati o sotto pressione? Contra-
una situazione concreta: la piazza);
riamente a quanto sembra intuitivo per ap-
• l’adulto si percepisce come autonomo dal
prendere dobbiamo uscire dalla nostra zona
formatore, (il formatore non è colui che sa
di comfort per entrare in una situazione meno
tutto, se ci sono partecipanti all’altezza la-
nota, meno comoda, che sia stimolante e ri-
sciateli parlare e fate in modo che diventi-
chieda di risolvere problemi e di essere pre-
no un aiuto alla vostra “lezione”);
senti e attenti. È dunque bene che il formatore
• il nuovo apprendimento deve integrarsi con
si impegni nel creare situazioni in cui i par-
l’esperienza precedente (il formatore può
tecipanti siano “leggermente stressati”, cioè
far parlare i partecipanti per capire cosa
concentrati, attivi, interessati, diversamente
già sanno sulla prevenzione e aiutarli a inserire tutte le nuove conoscenze in quelle Comfort Zone Familiar - Relaxed
già esistenti. Questo è importantissimo anche per capire cosa credono di sapere: a
Learning Zone Challenged - Sensitive
volte ci sono conoscenze … sbagliate! Meglio cominciare ad eliminare quelle prima
Panic Zone Threatened - Fight, Flight or Freeze
di passare alle nuove);
48
PARTE SECONDA
PASSO NUMERO 8: COSTRUIRE IL SETTING
non avranno nessuno stimolo ad apprendere e, dunque, a cambiare. Contemporaneamente deve fare attenzione a non entrare in quella
Come organizzarsi per facilitare l’apprendimento
zona definita “panic zone” in cui una persona
Il setting è un elemento fondamentale della
non può più apprendere perché impegnata a
progettazione formativa perché influisce positi-
difendersi da una situazione troppo pesante o
vamente o negativamente sull’esito dell’evento.
frustrante da sopportare.
È definibile come il contesto (spazio e tem-
Fate attenzione: ogni persona reagisce in
po) all’interno del quale si svolge un qualsiasi
modo diverso alle situazioni, perciò Caio e
evento sociale.
Sempronio hanno diverse zone di comfort,
Lo spazio e il tempo hanno un valore comu-
stress e panico, dunque è bene essere ricet-
nicativo molto potente perché implicito. Per
tivi rispetto alle reazioni individuali dei parte-
esempio un’aula universitaria, pensata per
cipanti per calibrare individualmente l’uscita
una lezione cattedratica in cui il docente parla
dalla loro zona di comfort.
e molti studenti ascoltano, determina uno stile di relazione e un rapporto di potere abbastan-
PASSO NUMERO 7: STIMOLARE L’ATTENZIONE E LA DISCUSSIONE
za esplicita e forte. La cattedra, la sua peda-
Teaching by prompting significa “insegnare
che si danno le spalle: lo spazio è pensato per
stimolando”, “insegnare stimolando, sugge-
una interazione che non sia fra pari, ma con il
rendo”, in altri termini “stare alle calcagne!”.
solo docente che va ascoltato, e guai a distrar-
Nella gestione dell’attività d’aula il formato-
si o a copiare!
re, per sollecitare il feedback e l’interazione,
Attivare i partecipanti affinché imparino me-
pone domande all’aula, spiega, illustra, forni-
glio, invece, richiede un’organizzazione del
sce esempi e... non aspetta (semplicemente)
tempo e dello spazio diversa, se possibile, de-
che i partecipanti reagiscano ma li sollecita
vono: potersi guardare tra loro (per conoscer-
direttamente a farlo (per esempio: avete do-
si, farsi domande reciproche, lavorare in grup-
mande?... nessuna?... allora ve ne faccio una
pi); sentirsi a loro agio, accolti; interagire con
io. E ancora: vado avanti, ci siete tutti? Molto
tempi che prevedano discussioni “ariose”:
bene, prima qualcuno ricapitoli quanto detto
diversamente possiamo fare un convegno (in-
fino ad ora...).
terventi brevi e domande concise; comunica-
Significa assumersi la responsabilità del con-
zione uno a molti) ma certo non formeremo le
tatto, dell’interazione e della relazione e non
persone! Il setting è determinato da elementi
lasciarla nelle mani dei partecipanti che, in al-
fisici e psicologici. Per il setting fisico, ad ec-
cuni casi, hanno come obiettivo ritrarsi dalla
cezione delle condizioni su cui non possiamo
zona di stress per tornare nel comfort del loro
apportare cambiamenti (i vincoli di un’aula),
silenzio. (Muzzarelli, 2007)
ricordiamo che:
na, i banchi posizionati di fronte, i compagni
49
PARTE SECONDA
Se, invece, come può accadere, le doman-
• i membri del gruppo dovrebbero sedere
de non arrivano la discussione va comunque
faccia a faccia • i diversi gruppi dovrebbero essere suffi-
stimolata, pena l’assenza di un feedback che
cientemente distanziati così da non distur-
dà un riscontro immediato sull’andamento
barsi reciprocamente
della formazione; è allora possibile che sia il
• le aree destinate ad attività diverse dovreb-
formatore a farne e attenda le risposte anche
bero essere definite e i materiali comuni
se comportano l’attesa di un lungo (apparen-
accessibili
temente troppo) e imbarazzante silenzio.
• accertarsi che le persone siano a proprio
Infine, anche le domande aggressive, opposi-
agio, che ci siano gli spazi adeguati per
tive o fuori luogo vanno eluse, ma in modo più
poter svolgere le attività comodamente e in
fermo e veloce, così da non compromettere
sicurezza.
l’andamento della parte proficua e costruttiva della discussione.
Il setting psicologico (metaforicamente lo spa-
Ricorda che un intervento polemico o una do-
zio della relazione) fate attenzione a: • il gruppo è un luogo di emozioni forti, in cui
manda imbarazzante può far mutare radical-
ciascuno mette in gioco la propria indivi-
mente il clima d’aula, aprendo a dinamiche
dualità e identità attraverso meccanismi di
latenti. È dunque importante tenere a mente
affermazione e omologazione, rifiuto e ac-
alcune considerazioni di base se la domanda:
cettazione di sé e dell’altro
• non è pertinente all’argomento trattato:
• per questo i ruoli formalizzati possono es-
rispondere comunque nel modo più sin-
sere di grande aiuto: il setting diventa uno
tetico possibile e chiudere chiedendo un
spazio simbolico di comportamenti attesi.
feedback (“ho risposto alla domanda?”) • riguarda un argomento già trattato o una
PASSO NUMERO 9: RISPONDERE SEMPRE, RISPONDERE COMUNQUE
risposta già data: ripetere la risposta (non sottolineare il “già detto”). Assicurarsi di utilizzare una modalità di rappresentazione
La gestione le domande
della risposta diversa rispetto alla prece-
Le domande sono fondamentali: danno la
dente (per es.: se si è risposto solo verbal-
possibilità al formatore di approfondire le di-
mente in seconda battuta tentare una rap-
namiche cognitive e relazionali con l’aula ma,
presentazione alla lavagna). Accertarsi che
come tutti gli elementi legati alla formazione,
non ci siano altri che hanno simili dubbi:
sono determinate anche da fattori emozionali.
il problema, in questo caso, potrebbe es-
Vanno perciò affrontate con serenità e, se ne-
sere del formatore (“altri hanno un dubbio
cessario, valgono il sacrificio della spiegazione
simile?”)
che non si riesce a concludere per via delle
• riguarda un argomento che non è stato
tante domande in arrivo.
ancora trattato: rispondere in modo conci-
50
PARTE SECONDA
so (se possibile con un “sì” o un “no”) e
te entrando in una situazione “patologica”
rassicurare sul fatto che l’argomento verrà
che rischia di trasformarsi in polemica o
trattato successivamente
in un attacco/diverbio sulla incapacità del
• abbonda di particolari aggiuntivi all’argo-
formatore di comprendere. Bloccatela nel
mento, lo approfondisce rispetto alla vostra
modo più cortese, ma fermo possibile. In
spiegazione: in genere proviene da perso-
ogni caso non entrate in una spirale a due
ne che si sentono preparate sull’argomento
che vi farebbe perdere il senso del vostro
affrontato e vogliono dimostrarlo. Valutate
intervento e il resto dell’aula. Se vi pare ne-
se c’è stata una domanda: se sì rispon-
cessario, anche a vostro beneficio, chiama-
dete brevemente, diversamente “grazie
te una pausa e chiudere la discussione al
dell’approfondimento!”
rientro, ad animi più tranquilli
• è polemica: fate attenzione a non alzare
• In ogni caso non utilizzare mai frasi che
tono e volume della voce, a non entrare
possano classificare le persone, quali “tu
in simmetria con il partecipante, a man-
non capisci; tu non sai parlare insieme
tenere la voce ferma, così come il vostro
agli altri…” ma se è necessario sottoli-
punto di vista. Se la polemica persiste e
neare quel dato comportamento, allora
non si giunge a una sintesi o a una media-
contestualizzarlo: “in questa situazione tu
zione sottolineate che le opinioni diverse
non hai capito; questa volta non hai sapu-
sono comunque rispettabili, anche se non
to discutere correttamente”. Questo è un
si condividono. Fate attenzione alla comu-
elemento molto importante per non demo-
nicazione non verbale: non indietreggiate
tivare e, specialmente, per evitare che la
e non distogliete lo sguardo, la condu-
persona si attesti su comportamenti nega-
zione e la responsabilità dell’andamento
tivi che percepisce come attesi dagli altri.
della discussione rimane comunque del
(Guarguaglini, Cini, Corti, Lambruschini, 2007: 148 - 149).
formatore • è incomprensibile: fate domande per capire meglio, quando pensate di aver colto
PASSO NUMERO 10: IL TUO!
il senso riformulate la domanda per accet-
Infine, il tuo passo, le tue specificità, ciò che ti
tarvi che sia la giusta interpretazione (“vuoi
piace e che sai fare meglio e con maggiore si-
dire …?”). Spesso le domande di difficile
curezza. Valuta le tue possibilità e i tuoi limiti,
comprensione sono anche quelle che ten-
prova a sentirti sicuro e a tuo agio, sii te stes-
dono ad essere commenti, più che doman-
so e preparati nei minimi dettagli, controlla il
de, perciò decidete se è il caso di rispon-
tuo passo (tono della voce, gesti, occupazione
dere o di ringraziare e andare avanti.
dello spazio, interazione con i partecipanti),
• si trasforma in un dibattito (“sì, ma … Se è
adegualo a quello dell’aula e del progetto e sii
così allora…”): fate attenzione perché sta-
convinto che anche la formazione è un cam-
51
PARTE SECONDA
• spostare l’attenzione da “me che inse-
mino di miglioramento per le persone e per la società in cui vivono.
gno” a “te che apprendi”. Le condizioni
Sei pronto per entrare in aula: guarda dove
dell’apprendimento • lasciare fuori dall’aula i vecchi modelli di
sei, sorridi, e fai un passo avanti!
formazione scolastica Perché e come l’aI dieci passi per aiutare ad
dulto impara?
apprendere:
• svegliare i partecipanti, apprenderanno meglio! Non si apprende solo con la testa
• condividere il codice. Comuni-
• stimolare l’attenzione e la discussione
care per formare: non siamo in televisione.
• costruire il setting. Come organizzarsi per
• prestare attenzione a ciò che comuni-
facilitare l’apprendimento
chiamo senza dirlo. Non solo codice
• rispondere sempre, rispondere comun-
(contenuto)
que. La gestione le domande
• costruire la relazione con i partecipanti.
• sei pronto per entrare in aula: guarda
Dalla comunicazione come trasmissione
dove sei, sorridi, e fai un passo avanti!
alla comunicazione come relazione
52
PARTE SECONDA
PER SAPERNE DI PIÙ • Knowles M., Quando l’adulto impara. Pedagogia e andragogia, Franco Angeli, Milano 2002 Guarguaglini, A., Cini, S., Corti, F. P., Lambruschini, L., Gestire gruppi in formazione. Teorie e strumenti, Erickson, Trento 2007 • Mehrabian A., Non Verbal Communication, Aldine-Atherton, Chicago, Illinois, 1972 Watzlawick P., Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi, Astrolabio, Roma 1971 • Muzzarelli F., Guidare l’apprendimento, Franco Angeli, Milano 2007 • Spinelli A. (a c. di), Io insegno, io apprendo. Manuale teorico-pratico del formatore nazionale
http://www.anpasnazionale.org/Allegati/Formazione/Manuale_per_la_formazione.pdf
53
PARTE SECONDA
54
PARTE SECONDA
PARTE TERZA
INTRODUZIONE I terremoti costituiscono una delle ipotesi di
possibile e necessario incidere per giungere a
rischio più reale per l’Italia. Oltre ai terremo-
una sua riduzione. Per rischio sismico si in-
ti del 1997 in Umbria-Marche, del 2002 in
tende la valutazione probabilistica dei danni
Molise-Puglia, e a quelli recenti del 2009 in
materiali, economici e funzionali che ci si at-
Abruzzo e del 2012 in Emilia Romagna, resta-
tende in un dato luogo (in cui sono presenti
no ancora vivi nella mente degli italiani i ricor-
edificazioni e attività umane) e in un prefissato
di dei devastanti terremoti del 1976 in Friuli e
intervallo di tempo, a seguito del verificarsi di
del 1980 in Campania-Basilicata. È opinione
un terremoto di una data energia. Esso è il ri-
diffusa che l’Italia sia un paese ad alto rischio
sultato del prodotto di tre fattori: pericolosità
sismico. È opportuno chiarire quale significa-
sismica, vulnerabilità sismica ed esposizione.
to vada attribuito al termine rischio sismico, in
La pericolosità sismica (spesso definita anche
modo da poter identificare i fattori sui quali è
sismicità) è costituita dalla probabilità che si
56
PARTE TERZA / TERREMOTO
verifichino terremoti di una data entità, in un
zona. Tale risultato, affiancato da considera-
data zona ed in un prefissato intervallo di tem-
zioni di carattere socio-politico effettuate su
po; essa dipende dalla intensità, frequenza e
scala nazionale e basate sulle risorse dispo-
caratteristiche dei terremoti che possono inte-
nibili per fronteggiare tutti i diversi scenari di
ressare quella zona.
rischio (analisi costi-benefici), porta alla de-
La vulnerabilità sismica misura la predisposi-
finizione del livello di protezione da garantire
zione di una costruzione, di una infrastruttura
alle diverse aree (rischio sismico accettabile).
o di una parte antropizzata del territorio a su-
Si perviene, in definitiva, alla divisione del ter-
bire danni per effetto di un sisma di prefissata
ritorio nazionale in zone a uguale pericolosità
entità; essa è, in sostanza, una misura della
sismica, realizzando la cosiddetta zonazione
incapacità, congenita e/o dovuta a obsole-
sismica. Va però rilevato come in Italia si sia-
scenza, di resistere ad azioni simiche.
no avuti danni significativi anche a seguito di
L’esposizione è costituita dal complesso delle
eventi sismici più deboli rispetto a quelli ve-
persone, dei beni e delle attività che possono
rificatisi in altre parti del mondo. La causa di
subire perdite per effetto del sisma1.
ciò va attribuita alla vulnerabilità del patrimo-
Anche al significato da attribuire al termine
nio edilizio esistente, edificato per la maggior
previsione è bene dedicare alcune conside-
parte prima che venisse reso obbligatorio il
razioni. Se si pensa che essa possa condurre
rispetto di criteri antisismici per le costruzioni.
alla individuazione del momento e del luogo
Avendo messo in relazione il livello di rischio
precisi in cui si verificherà un terremoto di for-
con i danni, appare a questo punto chiara-
za ben definita, è bene chiarire che tale atteg-
mente come la concomitanza di una perico-
giamento, oltre che inutilmente dispendioso, è
losità medio-alta e di una elevata vulnerabilità
anche dannoso in quanto, alimentando spe-
producano livelli di rischio significativi.
ranze infondate, devia l’attenzione da quella
Nei capitoli che seguono, i diversi temi, dal-
che può e deve essere una responsabile stra-
la sismicità storica, alle componenti del ri-
tegia di difesa dai terremoti.
schio sismico, ai possibili interventi per la
L’analisi statistica della sismicità storica con-
riduzione del rischio, saranno approfonditi
sente di risalire alla frequenza (periodo di ri-
con riferimento ai contenuti del pieghevole in-
torno) con la quale un terremoto di una deter-
formativo utilizzato per la campagna “Io non
minata intensità può presentarsi in una data
rischio-Terremoto”.
(1) A titolo di semplice esempio, si consideri una zona desertica caratterizzata da una forte sismicità; essa non può essere definita ad alto rischio sismico, in quanto nessun danno a persone o cose può verificarsi anche a seguito di un forte terremoto (vulnerabilità ed esposizione nulle).
57
PARTE TERZA / TERREMOTO
MEMORIA STORICA a cura di Romano Camassi L’ITALIA È UN PAESE SISMICO Negli ultimi mille anni, circa 3000 terremoti hanno provocato danni più o meno gravi. Quasi 300 di questi hanno avuto effetti distruttivi (cioè con una magnitudo superiore a 5.5) e addirittura uno ogni dieci anni ha avuto effetti catastrofici, con un’energia paragonabile al terremoto dell’Aquila del 2009. Tutti i Comuni italiani possono subire danni da terremoti, ma i terremoti più forti si concentrano in alcune aree ben precise: nell’Italia Nord-Orientale (Friuli Venezia Giulia e Veneto), nella Liguria Occidentale, nell’Appennino Settentrionale (dalla Garfagnana al Riminese), e soprattutto lungo l’Appennino Centrale e Meridionale, in Calabria e in Sicilia Orientale. Anche tu vivi in una zona pericolosa, dove in passato già si sono verificati terremoti o se ne sono avvertiti gli effetti. E ciò potrà accadere ancora in futuro.
QUELLO CHE SAPPIAMO SUI TERREMOTI
condi si propaga velocemente e può scuotere,
Sui terremoti, oggi, sappiamo molte cose,
deformare e danneggiare tutti gli edifici costruiti.
e quello che sappiamo deriva in gran parte
Queste mappe ci dicono “dove” avvengono i
semplicemente dall’osservazione, conforta-
terremoti, soprattutto quelli più forti; in qualche
ta da qualche modello scientifico. I terremoti
caso rendono evidente “quanto spesso” acca-
hanno origine dove la crosta è più fragile: le
dono questi terremoti; non ci dicono il “quan-
rocce si fratturano esattamente come farebbe
do”, se non per il passato (bella forza, direte voi:
un mattone schiacciato da una morsa o sotto-
ma vedremo quanto questo sia importante).
posto a trazione (cioè tirato da due lati oppo-
“Dove” avvengono, “quanto forti” e, forse,
sti); soggette a questi sforzi le rocce tendono a
“quanto spesso” sono interrogativi importanti,
rompersi sempre lungo le stesse fratture.
molto importanti. Ma conosciamo le risposte?
SEMPRE PIÙ INDIETRO, NEL TEMPO
Già da molto tempo siamo in grado di disegnare mappe della sismicità mondiale che mostrano chiaramente che i terremoti
I terremoti non capitano a caso: tendono a
più forti si concentrano prevalentemente
ricorrere sempre nelle stesse zone.
in fasce limitate del globo, dove le tensioni sono più forti a causa delle collisioni fra
È quindi importante studiare quelli già avve-
i margini delle placche; con energia mino-
nuti, tramite le informazioni registrate dagli
re, tuttavia, possono avvenire praticamen-
strumenti, gli effetti prodotti sugli edifici e le
te dappertutto.
tracce che hanno lasciato nell’ambiente: in questo modo possiamo definire la “sismicità”
L’energia accumulata per decine, centinaia o
del nostro territorio. Per i terremoti più recenti
migliaia di anni e rilasciata nel giro di pochi se-
abbiamo i dati dei sismometri, ma solo da po-
58
PARTE TERZA / TERREMOTO
chi decenni esiste una moderna ed efficiente
Le mappe che rappresentano la sismicità
rete di osservazione. Per gli eventi più antichi
strumentale del territorio italiano (in rete se
non resta che studiare i documenti storici o
ne trovano facilmente dal 1981 ad oggi) sono
le tracce lasciate nelle opere dell’uomo e nel
interessanti, perché rendono evidente quanto
paesaggio.
sia frequente e diffusa la sismicità. Tuttavia i
Dalle informazioni storiche e strumentali si ot-
processi geologici che producono un terre-
tengono i parametri essenziali (una sorta di car-
moto hanno tempi molto lunghi: decenni,
ta di identità) dei terremoti: data e ora, localiz-
centinaia (per i terremoti più forti), in qualche
zazione dell’epicentro, intensità e (direttamente
caso migliaia di anni. Per questo, per sapere
o indirettamente) magnitudo e profondità.
dove, quanto forti ed eventualmente quanto
Di strumenti di misura del terremoto ne esi-
spesso occorre una finestra di osservazione
stono fin dall’antichità, ma possiamo parlare
molto più grande.
di osservazione strumentale dei terremoti solo
Per fare questo, occorrono reti di osserva-
da quando esistono le moderne reti sismiche;
zione molto diverse da quelle strumentali: le
a livello mondiale una data spartiacque è il
principali (non uniche) sono quelle che rico-
1964, mentre per l’Italia solo dopo il terremoto
struiscono la sismicità di un territorio attra-
dell’Irpinia del 1980 si sviluppa una vera rete
verso lo studio degli effetti che i terremoti del
sismica: disponiamo quindi di dati strumentali
passato hanno prodotto; è il lavoro che fanno
di buona qualità e con una buona copertura
la macrosismologia e la sismologia storica,
territoriale solo per gli ultimi 25-30 anni.
soprattutto.
- 40-50 anni sismologia strumentale - 1.000 anni sismologia storica - 10.000 anni archeologia sismica - 100.000 anni paleo-sismologia Figura 1. Schema semplificato dell’arco cronologico studiato dalle diverse discipline
LA MACROSISMOLOGIA
terremoto sul maggior numero possibile di lo-
È la disciplina (la tecnica) che studia un ter-
calità potenzialmente interessate; tali informa-
remoto (anche quelli recenti, inclusi quello
zioni sono interpretate, classificate in una gra-
dell’Aquila del 6 aprile 2009 o quelli dell’Emi-
duatoria crescente di intensità previste da una
lia del 2012) attraverso la raccolta e interpre-
scala macrosismica. Come la Scala Mercalli,
tazione di informazioni sugli effetti prodotti dal
ad esempio (ma la versione corrente, in Italia,
59
PARTE TERZA / TERREMOTO
si chiama Mercalli-Cancani-Sieberg MCS, e ne
singolo terremoto, vengono poi elaborate in
esiste una versione europea più raffinata, la
modo formalizzato, in modo da calcolare un
European Macroseismic Scale, appunto EMS).
epicentro del terremoto stesso e un valore di
Il singolo grado di intensità (dal II all’XI, per
magnitudo, che viene calibrato nel tempo con
semplificare, anche se i gradi sono 12) classi-
tutti i dati strumentali disponibili.
fica, ordina l’insieme degli effetti (su persone,
Questa stessa procedura viene utilizzata per
cose, edifici) osservati in una località, cioè su
studiare terremoti di dieci, 50 o 500 anni fa.
un insieme rappresentativo di persone e edifi-
L’unica differenza è che, in luogo dell’osser-
ci. L’effetto su un singolo bene esposto o su di
vazione diretta degli effetti, si utilizzano testi-
un piccolo numero di persone o edifici potreb-
monianze storiche: descrizioni, diari, crona-
be essere influenzato in modo determinante
che, materiali giornalistici, documenti tecnici
da condizioni particolari.
o amministrativi; tutti materiali raccolti e in-
In qualche modo ogni singola località funzio-
terpretati con le tecniche proprie della ricer-
na, con questa tecnica, come una sorta di
ca storica quantitativa, la stessa che studia la
sismometro, di stazione sismica. La singola
storia economica, per esempio.
osservazione ci dice ben poco sul terremoto;
Per questo la memoria storica, intesa nel
la distribuzione degli effetti osservati su qual-
senso più estensivo, è davvero importante. Il
che decina o centinaia di località (più sono
nostro paese ha una tradizione gigantesca di
meglio è) ci consente di ricavare i parametri
produzione, conservazione e studio di docu-
del terremoto (soprattutto localizzazione e sti-
mentazione storica.
ma dell’energia), che a volte possono essere
Paradossalmente è spesso più difficile studia-
estremamente accurati, e comunque del tut-
re un evento di 50 anni fa, piuttosto che quel-
to confrontabili con quelli strumentali. Oltre a
lo di 300 anni fa. Ci sono terremoti di trecento
fornire informazioni ulteriori, quali ad esem-
anni fa per i quali disponiamo di documenta-
pio le caratteristiche di propagazione dell’e-
zione ricchissima, incluse perizie tecniche (di
nergia, eventuali effetti di amplificazione e
muratori o architetti) casa per casa; per uno
molto altro ancora.
dei terremoti più importanti della storia sismi-
Ogni grado di intensità definisce un partico-
ca italiana, quello che nel 1456 danneggia
lare scenario di effetti dello scuotimento; la
gravemente una vasta area appenninica fra
descrizione di ogni singolo grado della scala
l’Abruzzo meridionale e la Basilicata, abbia-
macrosismica è molto estesa e ben più com-
mo informazioni su circa 200 località; e così
plessa delle sintesi super-semplificate comu-
per i terremoti calabri del 1638, quello mo-
nemente note e la sua applicazione obbedisce
lisano-campano del 1688, quello irpino del
a regole molto rigorose.
1694 ecc.
L’insieme di tutte le osservazioni macrosismi-
Quando la documentazione sugli effetti di un
che, di tutte le stime di intensità riferite a un
terremoto è molto ricca, sia come dettaglio
60
PARTE TERZA / TERREMOTO
che per numero di località descritte, i para-
le dislocazioni di grandi terremoti di migliaia
metri che ne ricaviamo sono molto accurati,
o decine di migliaia di anni fa direttamente
al livello dei migliori dati strumentali.
sulle faglie. A tutt’oggi la sismologia storica italiana cono-
LA STORIA SISMICA
sce circa 3mila terremoti (costituiti normal-
La disciplina che più di tutte contribuisce
mente da sequenze, a volte molto complesse)
a definire le caratteristiche della sismicità
che negli ultimi mille anni circa hanno prodot-
estendendo all’indietro la finestra di osser-
to danni; non sono tutti i terremoti forti che si
vazione è, come detto, la sismologia storica.
sono verificati in Italia in questo millennio, ma
Indicativamente tale finestra oggi si estende,
ci danno un’idea abbastanza rappresentativa
in Italia, a circa 1.000 anni fa (e anche qual-
di quella che è la sismicità reale.
cosa di più), anche se per i secoli più anti-
L’immagine complessiva, che abbiamo visto
chi è lontana dall’intercettare tutti i terremoti
tutti quanti molte volte e facilmente rintraccia-
importanti. Altre discipline aggiungono infor-
bile in rete, è un territorio che ha una sismici-
mazioni su alcuni grandi terremoti, ancora
tà molto diffusa, ma dove i terremoti più forti
più antichi: come l’archeologia sismica o la
avvengono solo in alcune zone.
paleosismologia, che cercano di riconoscere
Quasi 300 terremoti hanno avuto una magnitudo superiore a 5.5 (in grado cioè di produrre danni gravi), uno ogni 12 anni, di media (negli ultimi 600 anni), ha avuto un’energia superiore (Mw≥6.5) al terremoto dell’Aquila del 2009, uno ogni 24 anni (negli ultimi 400) di energia paragonabile o superiore al terremoto dell’Irpinia del 1980 (Mw≥ 7). Quasi tutte le località italiane possono subire danni da terremoti, ma i terremoti più forti si concentrano in alcune aree ben precise: nell’Italia Nord-Orientale (Friuli Venezia Giulia e Veneto), nella Liguria Occidentale, nell’Appennino Settentrionale (dalla Garfagnana al Riminese), e soprattutto lungo l’Appennino Centrale e Meridionale, in Calabria e Sicilia Orientale.
Figura 2. Mille anni di forti terremoti in Italia [Mw 5.5] www.emidius.mi.Ingv.it/CPTI11
61
PARTE TERZA / TERREMOTO
UN VIAGGIO NEL TEMPO, DAL SUD AL NORD
Alcune delle sequenze più drammatiche della
Uno dei terremoti più forti della storia sismi-
storia sismica italiana colpiscono la Calabria
ca italiana, se non il più forte in assoluto (Mw
centro-meridionale (e la Sicilia nord-orienta-
intorno a 7.4) è quello della Sicilia sud-orien-
le): a partire da quella che nei primi mesi del
tale del gennaio 1693. Le due scosse princi-
1783 (fra il 5 febbraio e il 28 marzo in par-
pali si ebbero il 9 e 11 gennaio e produssero
ticolare, due eventi di Mw 7) ne sconvolge il
devastazioni in circa 70 località della Sicilia
paesaggio naturale e costruito; su una scala
sud-orientale. Catania, Augusta e molti paesi
temporale diversa, una sequenza altrettan-
del Val di Noto furono totalmente distrutti; pa-
to catastrofica si verifica all’inizio del secolo
recchie località furono successivamente rico-
scorso, con i grandi terremoti dell’8 settembre
struite in un luogo diverso. Le vittime furono
1905 e del 28 dicembre 1908 (entrambi di
circa 60mila. Ci furono vistosi sconvolgimen-
Mw intorno a 7), intercalati da un evento mi-
ti del suolo in un’area molto vasta. I danni si
nore (23 ottobre 1907, Mw 5.9). Anche la Ca-
estesero dalla Calabria meridionale a Malta e
labria centrale ha una storia sismica significa-
da Palermo ad Agrigento. Il terremoto fu for-
tiva: la sequenza più importante è quella che
temente avvertito in tutta la Sicilia, in Calabria
la devasta nel 1638. Il 27 marzo (Mw 7) molti
settentrionale e in Tunisia. Effetti di maremoto
centri lungo la fascia tirrenica tra Nicotera e
si ebbero lungo la costa orientale della Sicilia
Cosenza subirono distruzioni e crolli diffusi,
da Messina a Siracusa. Le repliche continua-
una ventina furono totalmente distrutti. Furo-
rono per circa due anni.
no gravemente danneggiate anche le città di
Proprio Siracusa è uno dei punti di osserva-
Catanzaro e, soprattutto, Cosenza, dove cen-
zione più importanti dell’area e la sua storia
tinaia di case crollarono o divennero inagibili.
simica è segnata dagli effetti distruttivi di ter-
Le vittime furono diverse migliaia. L’8 giugno
remoti: da quelli del 1125 e del 1169, su cui
dello stesso anno un nuovo fortissimo terre-
poco sappiamo, a quello del 1542 (Mw 6.7),
moto (Mw 6.9) colpì il versante ionico della
che produsse danni gravi anche a Catania e
regione, in particolare il crotonese. Diverse lo-
Augusta, a quello recentissimo del 13 dicem-
calità nell’area del Marchesato e sul versante
bre 1990 (Mw 5.7).
orientale della Sila subirono crolli e gravi di-
La sismicità dell’area Etnea è molto intensa,
struzioni. Catanzaro, già fortemente danneg-
seppure di energia non elevata, ed è spesso
giata dal terremoto di marzo, fu semidistrutta
collegata a fasi eruttive del vulcano; significa-
e interi palazzi crollarono completamente.
tiva anche la sismicità dell’area montuosa dei
Danni molto gravi anche a Crotone. Il cosen-
Peloritani-Nebrodi-Madonie, mentre è stata
tino è colpito negli ultimi secoli da diversi ter-
molto importante la sequenza sismica che nel
remoti di energia elevata (prossimi a Mw 6),
1968 ha colpito la Valle del Belice, con effetti
seppure non distruttivi, quali quelli del 1767,
distruttivi.
del 1835, del 1854 e del 1870.
62
PARTE TERZA / TERREMOTO
Figura 3. L’Aquila, chiesa delle Anime Sante, 7 aprile 2009.
il 5 giugno 1688 nel Sannio. La storia sismica di Avellino è segnata da effetti molto gravi; quelli più drammatici sono per il terremoto del 29 novembre 1732 e quello del 5 giugno 1688; ma nel 1456 e in altri tre casi almeno (1805, 1930 e 1980) la città è danneggiata seriamente. Più a Est, in Puglia, la sismicità più importante interessa La sismicità maggiore della Basilicata si con-
la Capitanata (20 marzo 1731, Mw 6.5) e il
centra lungo la catena appenninica al confi-
Gargano (30 luglio 1627, Mw 6.7; 31 maggio
ne con la Campania; i terremoti storici più
1646, Mw 6.6).
distruttivi (Mw > 6.3) sono localizzati in Irpi-
Il terremoto che segna la storia di Foggia è
nia (8 settembre 1694 e 23 novembre 1980);
quello del 1731: verso le 4 del mattino del 20
l’importante sequenza del luglio-agosto 1561
marzo una fortissima scossa causò il crollo di
è localizzata proprio al confine fra Campania
circa un terzo degli edifici e danni gravi agli
e Basilicata, mentre il terremoto del 14 agosto
altri; subirono danni gravi vari centri della pia-
1851 è localizzato nel settore settentrionale, al
nura foggiana e delle colline circostanti (Ceri-
confine con la Puglia. Il terremoto del 16 di-
gnola, Ortanova, Ascoli Satriano, ecc.). A Fog-
cembre 1857, di gran lunga il più importante
gia si contarono circa 500 vittime.
per la Basilicata, è localizzato in territorio re-
Il Molise condivide con le regioni vicine gli ef-
gionale; insieme a quello del 1694 e a quel-
fetti dannosi dei forti terremoti appenninici, in
lo, poco noto, del 1273, produce danni molto
particolare quelli del 5 dicembre 1456 (uno
gravi a Potenza.
dei più forti della storia sismica italiana, Mw
La Campania è caratterizzata da una notevo-
7.2) e del 5 giugno 1688 nel Sannio; il terre-
le attività sismica nelle aree appenniniche e
moto di San Giuliano di Puglia del 2002, può
da sismicità moderata lungo la fascia costie-
essere considerato un evento di energia mo-
ra; i terremoti storici più distruttivi (Mw > 6.5)
derata (Mw 5.9), mentre ben più significativo,
interessano le due principali aree attive del
in regione, è il terremoto del 26 luglio 1805
territorio regionale: l’8 settembre 1694, il 29
(Mw 6.6).
novembre 1732, il 23 luglio 1930 e il 23 no-
Anche nel Lazio la sismicità maggiore è loca-
vembre 1980 in Irpinia, il 5 dicembre 1456 e
lizzata nelle aree appenniniche, in particolare
63
PARTE TERZA / TERREMOTO
Mw 6.7), nella Conca del Fucino (13 gennaio 1915, Mw 7.0) e nei Monti della Maiella (3 novembre 1706, Mw 6.8); altri terremoti importanti sono quelli localizzati a Sud Est della città de L’Aquila (27 novembre 1461, Mw 6.4, e 6 ottobre 1762, Mw 6.0) e quello della Maiella del 26 settembre 1933 (Mw 5.9). Umbria e Marche condividono pienamente tutta la sismicità appenninica maggiore, molto frequente e particolarmente ben documentata. Uno dei terremoti più forti è quello “di Colfiorito” del 30 aprile 1279 (Mw 6.3), che colpisce le stesse aree del terremoto del 26 settembre 1997 (Mw 6.0). Il terremoto più violento di tutto l’Appennino centro-settentrionale è quello del 14 gennaio 1703 (Mw 6.7), che precede di un paio di settimane l’evento aquilano, e “inaugura” un secolo scandito da forti Figura 4. Ingv - Database macrosismico italiano 2011. Questo database consente di visualizzare i dati di intensità di tutti i terremoti più importanti e le storie sismiche di migliaia di località.
terremoti (fra i più importanti quelli del 1741 nel Fabrianese, 1781 nel Cagliese e 1799 nel Camerinese). Un terremoto importante per
nelle province di Frosinone e Rieti; nel Frusi-
l’Umbria è quello della Valle del Topino del 13
nate l’evento più importante è quello del 24
gennaio 1832 (Mw 6.3), mentre nella zona
luglio 1654 (Mw 6.3), nel Reatino il terremoto
costiera marchigiana e romagnola diversi ter-
di Amatrice del 10 ottobre 1639, di magnitudo
remoti, generalmente di magnitudo di poco
poco inferiore a 6. Terremoti forti interessano
inferiore a 6, producono danni nelle provincie
anche il Viterbese, mentre decisamente più
di Ancona, Pesaro e Urbino e Rimini.
moderati, ma frequenti, sono i terremoti che
L’Appennino settentrionale, fra Toscana ed
si verificano nell’area dei Colli Albani. La città
Emilia Romagna, manifesta una sismicità de-
di Roma avverte sensibilmente i terremoti di
cisamente contenuta, seppur molto variabile:
quest’ultima area, mentre gli effetti di danno
dalla costa riminese, all’Appennino Forlivese
sono storicamente prodotti da terremoti “lon-
(22 marzo 1661, Mw 6.1), al Mugello (29 giu-
tani”, dell’Aquilano in particolare.
gno 1919, Mw 6.3) e alla Garfagnana diversi
Una notevole attività sismica appenninica
settori manifestano una sismicità importante
caratterizza l’Abruzzo, in particolare nei set-
che qualche volta supera Mw 6. Il terremoto
tori della Valle dell’Aterno (2 febbraio 1703,
più forte è certamente quello che colpisce la
64
PARTE TERZA / TERREMOTO
Garfagnana il 7 settembre 1920 (Mw 6.5). Al-
del Bellunese del 29 giugno 1873 (Mw 6.3).
cuni villaggi dell’Alta Garfagnana furono qua-
Decisamente più moderata, ma da non tra-
si completamente distrutti e una settantina di
scurare, la sismicità delle Provincie Autonome
altre paesi, fra Fivizzano e Piazza al Serchio,
di Trento e Bolzano. I terremoti più forti dell’I-
subirono danni gravissimi e crolli estesi. Danni
talia settentrionale si verificano però in Friuli
minori si ebbero in un’area molto ampia com-
Venezia Giulia. Insieme alla forte sequenza del
prendente la Toscana nord-occidentale dalla
1976 (6 maggio, Mw 6.4; 15 settembre Mw
Versilia alle province di Pisa e di Pistoia, la Ri-
6.0) sono da ricordare il grande terremoto del
viera ligure di levante e parte dell’Emilia.
26 marzo 1511 (Mw 7.0), che interessa un’a-
I terremoti più importanti che interessano la
rea molto simile e produce danni seri in Slo-
Liguria (e il basso Piemonte) sono quelli che
venia e Austria, e il terremoto del 25 gennaio
si verificano nel settore occidentale, fra i qua-
1348 (Mw 7.0), localizzabile nell’area di confi-
li spicca il grande terremoto del 23 febbraio
ne fra il Friuli e la Carinzia.
1887 (Mw 6.9), probabilmente localizzabile a mare. Forti terremoti, ma di magnitudo infe-
Per concludere occorre ricordare due cose
riore a 6, sono localizzati sul versante francese
importanti. La prima è che pressoché nes-
(1564, 1618, 1644). Altri terremoti significati-
sun terremoto si manifesta come evento
vi, ma di energia non particolarmente elevata,
isolato: un forte terremoto è normalmen-
si verificano in Val Pellice e in Val di Susa.
te parte di una sequenza che può essere
Nella parte più settentrionale del Piemonte
molto lunga e complessa, all’interno della
e in Valle d’Aosta si risentono effetti di dan-
quale possono manifestarsi eventi di ener-
no per i forti terremoti del Vallese, in qualche
gia molto prossima all’evento che ricono-
caso di magnitudo superiore a 6.
sciamo come principale. La seconda è che
Il settore della pianura Lombardo-Veneta ha
quelli citati sono solo alcuni fra i più forti
una sismicità generalmente moderata, con
terremoti che hanno colpito il nostro pa-
qualche episodio però significativo, quale ad
ese nei secoli scorsi, mentre sono molto
esempio il terremoto del 25 dicembre 1222
frequenti terremoti che, pur con energia
(Mw 5.8), largamente ricordato dalle fonti,
minore, possono provocare danni a per-
che produce danni seri nel Bresciano.
sone e cose. Affrontare il problema solo
In Veneto la sismicità più importante si ma-
quando si verifica il grande catastrofico
nifesta nel Veronese e lungo tutto il versante
terremoto è troppo tardi.
orientale. Il più forte terremoto di area padana è quello notissimo del 3 gennaio 1117 (Vero-
N.B. Nell’Appendice a pagina 159 è possibile
nese, Mw 6.7), la cui localizzazione è anco-
consultare una tabella che raccoglie tutti i
ra incerta. Molto importanti sono i terremoti
terremoti con magnitudo superiore a 6 gradi
dell’Asolano del 25 febbraio 1695 (Mw 6.5) e
accaduti nell’ultimo millennio in Italia.
65
PARTE TERZA / TERREMOTO
PERICOLOSITÀ SISMICA a cura di Marco Mucciarelli QUANDO AVVERRÀ IL PROSSIMO TERREMOTO? Nessuno può saperlo, perché potrebbe verificarsi in qualsiasi momento. Sui terremoti sappiamo molte cose, ma non è ancora possibile prevedere con certezza quando, con quale forza e precisamente dove si verificheranno. Sappiamo bene, però, quali sono le zone più pericolose e cosa possiamo aspettarci da una scossa: essere preparati è il modo migliore per prevenire e ridurre le conseguenze di un terremoto.
PERCHÉ I TERREMOTI CAUSANO DANNI E DISTRUZIONE? LA PERICOLOSITÀ, OVVERO FACCIAMO “LUCE” SUI TERREMOTI
come le onde sismiche diminuiscono la loro am-
I motivi per cui gli edifici crollano durante un
l’energia di un terremoto provenga da un solo
terremoto dipendono dal come e dal dove un
punto lo chiamiamo epicentro.
piezza in maniera inversamente proporzionale alla distanza. Quando immaginiamo che tutta
edificio viene costruito. Del come si occupa l’ingegneria sismica (vedi capitoli seguenti). Il
A complicarci la vita con i terremoti c’è
luogo di costruzione può essere più o meno
però il fatto che né la sorgente delle onde
pericoloso per due motivi:
né la loro propagazione sono semplici e
• la distanza dalla sorgente delle onde sismiche
simmetriche come quelle generate da un
• le caratteristiche dei suoli di fondazione.
sasso in uno stagno.
I terremoti non avvengono ovunque sul-
Spesso capita che da un lato dell’epicentro
la superficie terrestre, ma solo in alcune
si osservino danni per decine di chilometri,
zone che i sismologi hanno imparato a co-
mentre dall’altro lato non si osservano dan-
noscere. L’ideale sarebbe stare lontani da
ni: questo fenomeno si chiama direttività. Per
queste aree, che si chiamano zone sismo-
tornare all’esempio delle luci pensiamo ad un
geniche. In un paese come l’Italia queste
faro che ruota o ai lampeggianti blu delle am-
zone sono molto numerose e non è pur-
bulanze. Nella direzione in cui si proietta il fa-
troppo possibile allontanarsene molto.
scio la luce è molto più intensa.
Se guardiamo una lampadina da 100 Watt da
La sorgente delle onde sismiche (la faglia)
un metro dobbiamo chiudere gli occhi per il fa-
è come un lampeggiante bloccato che pro-
stidio, ma a un chilometro di distanza la stessa
ietta più luce in una direzione. Purtroppo
lampadina è un punto appena visibile. A parità
non possiamo sapere quale sia questa di-
di energia alla sorgente, i segnali luminosi così
rezione prima del terremoto.
66
PARTE TERZA / TERREMOTO
Per alcuni terremoti generati in California dalla
te quasi 200 vittime per un terremoto di ma-
stessa faglia a distanza di qualche decina di
gnitudo 6. Gli effetti dei terremoti sono misu-
anni si è visto che le due direzioni erano esat-
rati dalle scale di intensità. In Italia si usa la
tamente opposte.
scala Mercalli-Cancani-Sieberg. Fino al quin-
L’energia del terremoto alla sorgente viene mi-
to grado non ci sono danni ma effetti sem-
surata con la magnitudo, una grandezza che
pre maggiori sulle persone (da non avvertito
deriva dalla conoscenza dell’ampiezza misu-
a spavento, terrore) e su oggetti (spostamen-
rata delle onde sismiche una volta nota la di-
ti, ribaltamenti, rottura). Dal sesto al settimo
stanza dall’epicentro. L’idea della magnitudo
grado iniziano danni agli edifici, e dall’ottavo
viene dalla classificazione delle stelle, perché
in poi ci sono crolli in percentuali crescen-
anche la loro luminosità è così diversa da non
ti. Se diciamo che due terremoti all’epicen-
poter essere descritta da una relazione sem-
tro son stati di decimo grado intendiamo che
plice come quella della luminosità di una lam-
hanno causato entrambi il crollo di oltre i ¾
padina (due lampadine da 50 W fanno quasi
degli edifici in muratura.
la stessa luce di una da 100 W). La magnitu-
Dobbiamo poi chiederci ogni quanto tempo
do infatti non aumenta in modo proporzionale
si “accende” la sorgente di un terremoto. Sa-
e a ogni incremento di una unità corrisponde
rebbe bello se il comportamento fosse quello
un aumento dell’energia di 30 volte. Quindi un
delle vecchie luci a intermittenza dell’albero
terremoto di magnitudo 8.0 rispetto ad uno di
di Natale, periodico e regolare. Guardando
5.0 è 30x30x30= 27milavolte più energetico.
per pochi minuti una lampadina potremmo
Questo non significa che farà quasi 30mila
imparare subito per quanto tempo sta accesa
volte più danni.
e per quanto sta spenta, e tutte le altre sul filo seguirebbero la stessa regola.
I danni sono effetti locali del terremoto
Purtroppo il terremoto è come un filo di luci
che dipendono dalla distanza dall’epicen-
natalizie di ultima generazione aggrovigliato
tro, da quanto è profonda la sorgente (ipo-
su se stesso. A volte lampeggiano regolari
centro), dalla direzione principale dell’e-
ma poco dopo sembrano impazzire: non ri-
nergia, dalle caratteristiche dei terreni di
usciamo a capire ogni quanto tempo si ac-
fondazione e dalla densità e qualità delle
cende una singola lampadina e non capiamo
costruzioni.
neanche se quando se ne accende una poi si accenderà quella più vicina oppure un’al-
Così può capitare che nel 2010 un terremoto
tra. Possiamo fissare una singola lampadina
di magnitudo 7 ad Haiti causi 250mila vitti-
e contare quante volte si accende in cinque
me, mentre con la stessa magnitudo in Nuo-
minuti. Avremo così un’idea del tempo medio
va Zelanda non si sono avuti morti. L’anno
che passa tra due accensioni. Lo stesso av-
dopo nella stessa Nuova Zelanda ci sono sta-
viene per i terremoti.
67
PARTE TERZA / TERREMOTO
Non possiamo dire se una sorgente si ac-
no dei terremoti passati sono un ciclo comple-
cenderà domani o tra 20 anni, ma pos-
to oppure no. Se vogliamo un’altra metafora,
siamo dire che, rispetto a quelle vicine,
pronosticare quando accadrà un terremoto
si accende più o meno frequentemente,
è come stare seduti sul treno guardando in
e quindi abitare le città nei suoi paraggi
senso contrario alla marcia. Non possiamo ve-
sarà più o meno pericoloso che stare in al-
dere e sapere dove stiamo andando a meno
tre. Avremo così una classifica relativa di
che non siamo già passati molte volte sulla
pericolosità che serve agli ingegneri per
stessa linea. Allora riconosceremmo qualcosa
capire dove bisogna progettare edifici più
nel paesaggio o nelle città che ci farebbe ca-
resistenti o rinforzare quelli esistenti.
pire dove siamo e dove stiamo andando. Ma la storia dei terremoti avviene su tempi così
Perché i sismologi non sono capaci di dirci
lunghi che nessun italiano (per fortuna) pas-
niente di più sulla pericolosità? Torniamo all’e-
sa due volte per lo stesso terremoto ed i si-
sempio delle lampadine natalizie. Quello che
smologi cercano di capire dove sta andando
a noi sembra caos è in realtà una sequen-
il treno mettendo insieme memorie di tempi e
za programmata. Se anziché cinque minuti
testimoni diversi (dati strumentali, dati storici,
aspettiamo un tempo più lungo vedremo la
dati archeologici, dati geologici).
sequenza ripetersi più volte. Ma ogni singola
Come l’avaro Scrooge del “Racconto di Na-
sorgente dei terremoti si accende raramente,
tale” di Dickens dobbiamo ricevere un inse-
se paragonata alla vita umana. Alcune hanno
gnamento dai tre spettri del Natale Passato,
un tempo medio tra due terremoti di centinaia
Presente e Futuro. Dobbiamo approfittare
di anni. Noi non abbiamo visto il ciclo sismi-
dell’attenzione creata dal terremoto presente
co ripetersi più volte, e volendo essere onesti
perché quello che sappiamo dai terremoti del
non possiamo dire se i 2.000 anni di storia
passato ci permetta di salvare vite dai terre-
per cui abbiamo fonti attendibili che ci parla-
moti del futuro.
68
PARTE TERZA / MAREMOTO
L’INFLUENZA DEL TERRENO, OVVERO QUANDO IL TERREMOTO “SUONA” MALE. GLI EFFETTI DI UN TERREMOTO SONO GLI STESSI OVUNQUE? A parità di distanza dall’epicentro, l’intensità dello scuotimento provocato dal terremoto dipende dalle condizioni del territorio, in particolare dal tipo di terreno e dalla forma del paesaggio. In genere, lo scuotimento è maggiore nelle zone in cui i terreni sono soffici, minore sui terreni rigidi come la roccia; anche la posizione ha effetti sull’intensità dello scuotimento, che è maggiore sulla cima dei rilievi e lungo i bordi delle scarpate.
I terreni di fondazione sono molto importanti
po’ di energia elettrica. Allora cosa succede?
per la tenuta di un edificio, ed è cosa nota da
Pensiamo a un automobilista che guida a ve-
millenni. Il Vangelo di Matteo riporta una para-
locità costante con i finestrini aperti: sentirà
bola dove l’uomo saggio è colui che costruisce
un certo livello di rumore che rimane uguale.
sulla roccia mentre lo stolto costruisce sulla
Se però entra in una galleria il rumore perce-
sabbia e vedrà la sua casa in rovina.
pito diventa molto più forte. Cosa è successo?
Potrebbe sembrare strano che questo sia vero
Il rumore generato dal motore a regime di giri
anche per i terremoti. Gli atleti del salto in lun-
costante non è aumentato, ma le onde sonore
go atterrano senza danni nella morbida sab-
rimangono intrappolate nella galleria rimbal-
bia e si gioca a pallavolo sulla spiaggia, non
zando sulle pareti, ed anziché disperdersi lon-
su lastre di granito. Il senso comune ci fareb-
tano tornano nell’abitacolo.
be pensare che una casa sulla sabbia stia su
Quello che amplifica le onde sismiche non
di un materasso messo lì apposta per attutire
è la maggiore o minore “durezza” del terre-
l’urto del terremoto. Questo è in parte vero, i
no ma è il fatto che un terreno soffice sia a
terreni sciolti attenuano le onde più della roc-
contatto con terreni più rigidi o con roccia che
cia, ma i terreni hanno una proprietà contra-
come le pareti di un tunnel imprigiona le onde
stante che la roccia non ha: amplificano alcu-
nei suoli soffici e non le fa allontanare.
ne frequenze del terremoto. Come è possibile che un materiale amplifi-
È importante capire che se un terreno am-
chi più di quanto attenui? Quando pensiamo
plifica le onde sismiche lo farà per qualsi-
all’amplificazione abbiamo in mente l’impianto
asi terremoto, facendo diventare terremoti
stereo: si gira una manopola e il volume au-
deboli e lontani potenzialmente distruttivi
menta. Per i terremoti però non c’è nessun
come se fossero forti e vicini. A peggiorare
amplificatore nel terreno che faccia il lavoro di
la situazione contribuisce poi il fatto che
alzare il volume, consumando magari un bel
i terreni meno rigidi a seguito di un terre-
69
PARTE TERZA / TERREMOTO
moto possono trasformarsi in sabbie mo-
co” del terremoto può riverberare più a lungo
bili (liquefazione), o se sono in pendenza
che altrove, causando più danni. Alcuni rilie-
possono dare il via alle frane indotte.
vi montuosi e la gran parte delle valli possono dare problemi di amplificazione sismica. Geo-
Per questo motivo è importante conoscere
logi e sismologi hanno imparato a riconoscere
le caratteristiche dei terreni per capire se e
i casi peggiori, e quindi, anche se non possia-
quanto è sicuro costruirci sopra. Per il singolo
mo prevedere quando avverrà un terremoto,
edificio l’ingegnere necessita di dati il più pos-
possiamo avere un idea in anticipo su dove il
sibile precisi ed affidabili circa il terreno per
terremoto farà i maggiori danni.
ricostruire la risposta sismica del punto dove si andrà a costruire. Agli architetti che pensa-
Dobbiamo quindi spostare l’attenzione
no allo sviluppo urbanistico di una città ser-
dalla generica “previsione del terremoto”
ve invece una visione meno raffinata ma che
alla “previsione delle conseguenze del ter-
permetta comunque di stabilire dove sarebbe
remoto”. Adesso esistono strumenti nor-
più opportuno far sorgere nuovi quartieri o in-
mativi e anche finanziamenti statali che
frastrutture importanti (scuole, ospedali, centri
incentivano gli studi di microzonazione.
commerciali), considerando che costruire sui
È importante far comprendere ai cittadini
terreni peggiori non è né impossibile né vieta-
che fare le indagini che servono sia per un
to, ma costa sicuramente di più.
singolo edificio che per una intera città è
Questi studi che differenziano i terreni su tutta
un piccolo costo materiale, se paragonato
l’area urbana secondo il loro comportamento
agli enormi costi economici ed umani che
in caso di terremoti vengono definiti microzo-
si potrebbero avere quando il prossimo
nazione sismica. Tornando al paragone con
terremoto colpirà.
il mondo dei suoni, nel primo caso serve un solista, al massimo delle capacità perché tut-
Se il gruppo rock del figlio del vicino che pro-
to è affidato a lui. Nel secondo caso ci serve
va in garage ci sembra troppo fracassone pos-
un coro, un contributo di molte voci dove la
siamo provare a picchiare con la scopa sul
qualità dei singoli non è importante quanto il
pavimento, ma quando il terremoto arriva, se
risultato d’insieme.
siamo su di un terreno che amplifica non c’è
Ci sono delle situazioni particolari dove “l’e-
modo di chiedergli di “abbassare il volume”.
70
PARTE TERZA / TERREMOTO
VULNERABILITÀ SISMICA a cura di Angelo Masi, con la collaborazione di Leonardo Chiauzzi COSA SUCCEDE A UN EDIFICIO? Una scossa sismica provoca oscillazioni, più o meno forti, che scuotono in vario modo gli edifici. Le oscillazioni più dannose sono quelle orizzontali. Gli edifici più antichi e quelli non progettati per resistere al terremoto possono non sopportare tali oscillazioni, e dunque rappresentare un pericolo per le persone. È il crollo delle case che uccide, non il terremoto. Oggi, tutti i nuovi edifici devono essere costruiti rispettando le normative sismiche.
È normale che un edificio oscilli durante un terremoto, non deve preoccuparci. Quello che bisogna evitare, o quantomeno limitare, è che queste oscillazioni possano provocare danni gravi, fino a far crollare l’edificio, in tutto o in parte. Se non è mai accettabile che un edificio possa crollare, ancor più lo è se il terremoto non è molto forte, come a volte accade nel mondo e, purtroppo, anche in Italia. Questo accade quando l’edificio è troppo vulnerabile, ossia debole rispetto al terremoto. La vulnerabilità sismica di un edificio è la sua predisposizione a subire danni (effetto) a fronte di un terremoto di una data intensità (causa). Osservando il comportamento degli edifici dopo un terremoto vediamo che alcuni si danneggiano più di altri anche se molto vicini tra Figura 5. Ingv - Database macrosismico italiano 2011. Questo database consente di visualizzare i dati di intensità di tutti i terremoti più importanti e le storie sismiche di migliaia di località.
loro (Fig. 5) e quindi interessati dalla stessa intensità sismica. In sostanza, non definiamo vulnerabile un
Come diremmo per un’automobile che, a
edificio se questo si danneggia durante un
causa di un impatto a bassa velocità, si dan-
terremoto, come già detto entro certi limiti il
neggia gravemente, mettendo in pericolo la
danno è un effetto fisiologico che può essere
vita degli occupanti.
accettato, ma definiamo vulnerabili quegli
Quando si verifica un terremoto, mentre il
edifici che si danneggiano in modo spropor-
terreno si muove orizzontalmente, un edifi-
zionato rispetto all’intensità del terremoto.
cio subisce delle spinte in avanti ed indie-
71
PARTE TERZA / TERREMOTO
tro in modo simile a quelle che subisce un
(es. tamponature esterne, divisori interni,
passeggero dentro un autobus che frena ed
controsoffitti, ecc.)
accelera alternativamente.
• gli impianti (elettrico, idrico, idro-sanitario e di riscaldamento).
A parità di sollecitazione sismica (domanda),
Per struttura portante di un edificio (Fig. 6) si
quanto più l’edificio è capace di assorbire que-
intende l’insieme degli elementi che garantisco-
ste sollecitazioni senza subire danni (capacità)
no il sostegno del suo stesso peso (cosiddetto
tanto meno è vulnerabile. Gli studi sulla vulne-
peso proprio), dei carichi che può contenere al
rabilità sismica si occupano del confronto tra
suo interno (persone, suppellettili, attrezzature,
domanda e capacità, controllando se e quanto
ecc.) e delle azioni che provengono dall’am-
la domanda è maggiore della capacità (valuta-
biente esterno (es. vento, neve, terremoto).
zione della vulnerabilità) e, qualora sia necessa-
La funzione della struttura portante è garanti-
rio, indicando come intervenire per diminuire la
re che l’edificio possa essere utilizzato con le
propensione che ha l’edificio di danneggiarsi in
prestazioni attese e il livello di sicurezza pre-
seguito al verificarsi di un dato evento sismico.
visto dalle norme. In Italia, in particolare per
Un edificio è costituito da tre componenti
l’edilizia di tipo residenziale, i materiali che si
principali:
utilizzano per realizzare la struttura portante di
• la struttura portante (es. muri portanti, pila-
un edificio sono principalmente due: muratura e cemento armato (Fig. 7, a) e b)). Molto
stri, travi, solai, ecc.)
pochi sono gli edifici costruiti in acciaio o le-
• gli elementi non portanti ma che assolvono
gno (Fig. 7, c) e d)).
funzioni proprie della vivibilità dell’edificio
Figura 6. Ingv - Esempio di struttura portante (sulla sinistra) e tamponature esterne (sulla destra) di un edificio.
72
PARTE TERZA / TERREMOTO
A
B
C
D
Figura 7. Esempi di struttura portante: a) muratura, b) cemento armato, c) acciaio, d) legno.
Per come è fatta la struttura portante delle
io di ogni piano) e i loro collegamenti (nodi).
differenti tipologie edilizie il comportamento
Se i collegamenti tra i vari elementi sono stati
in caso di terremoto di un edificio in muratu-
progettati e realizzati pensando al terremoto
ra è differente rispetto a quello di un edifico
allora l’azione sismica sarà distribuita in modo
in cemento armato. Infatti, nelle strutture in
adeguato tra tutti gli elementi della struttura,
muratura la resistenza al terremoto dipende
assicurando una maggiore resistenza all’azio-
essenzialmente dai muri “maestri” esterni ed
ne sismica (edificio meno vulnerabile). In caso
interni, dal collegamento tra loro e del collega-
contrario, l’azione sismica sarà concentrata
mento con i solai. Invece, per una struttura in
solo in alcuni elementi provocandone una ri-
cemento armato la resistenza è concentrata in
chiesta di resistenza locale maggiore di quella
elementi singoli quali i pilastri (elementi verti-
con la quale essi sono stati progettati (si veda-
cali), le travi (elementi sui quali poggia il sola-
no gli esempi riportati nelle Figg. 8, 9, 10).
73
PARTE TERZA / TERREMOTO
Figura 8. Esempi di danneggiamento in edifici in muratura
Figura 9. Esempi di crollo e danneggiamento in edifici in cemento armato (a destra: crollo di tamponature e danni locali a pilastri e nodi; a sinistra: crollo totale del piano terra)
Figura 10. Esempio di danno localizzato in una struttura in cemento armato (grave danno alla testa di un pilastro a causa della presenza delle tamponature di altezza limitata per la realizzazione di finestre a nastro).
74
PARTE TERZA / TERREMOTO
In un edificio, durante un terremoto, anche
sono causare serie conseguenze alle perso-
gli elementi cosiddetti non strutturali (es. tam-
ne, anche se l’edificio non fosse per niente
ponature esterne, tramezzi interni, controsof-
danneggiato.
fitti, camini ecc.) possono subire seri danni
Ritornando alla similitudine con l’autobus,
causando sia gravi conseguenze alle persone
così come ciascun passeggero riesce a reg-
sia costi e tempi elevati per la loro riparazio-
gersi in modo più o meno efficace rispetto ad
ne (Fig. 11). Questo può accadere anche in
altri, così ciascun edificio ha una propria vul-
assenza di danni alla struttura portante e può
nerabilità sismica in relazione alle differen-
coinvolgere le persone che stanno cercando di
ti caratteristiche costruttive con cui è stato
uscire e allontanarsi dall’edificio. Ecco perché,
realizzato.
Figura 11. Due esempi di danno agli elementi non strutturali: crollo parziale ed espulsione della tamponatura esterna in un edificio in cemento armato (sinistra); crollo rovinoso di tramezzi divisori all’interno (destra).
come riportato nella scheda dei comportamen-
Quindi, a parità di forza ed energia dell’e-
ti della campagna, durante un terremoto è pre-
vento sismico, la previsione della gravità
feribile non scappare fuori ma ripararsi ad es.
del danno che si può verificare, e quindi la
sotto un tavolo, un letto (o un banco se si è in
vulnerabilità della struttura, dipende da una
una scuola) e attendere la fine della scossa e
serie di fattori come il tipo di materiale uti-
solo allora, con calma, individuare un percorso
lizzato (muratura, cemento armato, ecc.), la
sicuro per poter evacuare l’edifico.
qualità del materiale, l’età di costruzione, lo
Anche gli impianti possono provocare danni,
schema resistente della struttura (telai, pa-
principalmente alla persone, con cortocircui-
reti, ecc.), l’altezza della struttura, ecc.
ti elettrici, fughe di gas e altri problemi simili. Infine, molto importante è tener conto di
Dall’osservazione del danneggiamento di ter-
mobili e suppellettili interne all’abitazione,
remoti passati si è visto che edifici con ca-
come gli armadi che, con la loro caduta, pos-
ratteristiche simili, sotto l’azione della stes-
75
PARTE TERZA / TERREMOTO
sa intensità sismica, subiscono danni simili.
di analitici), i quali cercano di rappresentare,
Sempre avendo come riferimento l’esempio
nel modo fisicamente più prossimo alla real-
del passeggero nell’autobus, la capacità del-
tà, il comportamento degli edifici, e delle co-
la classe “adulti”, pur avendo al suo interno
struzioni in genere, sotto l’effetto di differenti
qualche piccola differenza tra gli individui
terremoti. Questi due approcci sono spesso
che la compongono, è nettamente differente
integrati dal cosiddetto giudizio “esperto” di
rispetto a quella della classe “anziani”, me-
specialisti nel campo dell’ingegneria sismica.
diamente meno capaci di resistere alle solle-
Per poter stimare la vulnerabilità “a priori” si
citazioni esterne. Riconoscere questo diverso
può operare considerando che strutture re-
comportamento in gruppi di persone (nel no-
alizzate con caratteristiche costruttive simili
stro caso di edifici) con caratteristiche simili
possono essere raggruppate in classi omoge-
significa in sostanza classificarli in termini di
nee sul piano della loro vulnerabilità attesa.
capacità rispetto ad una causa (il terremoto) che può provocare delle conseguenze (danni).
Ad es. alla classe ad alta vulnerabilità corri-
Se l’osservazione dei danni dopo un terremo-
spondono gli edifici in muratura più scaden-
to ci consente di attribuire la vulnerabilità “a
te (struttura portante in pietrame), una vul-
posteriori”, la stima della vulnerabilità sismica
nerabilità più bassa è assegnata agli edifici
degli edifici prima che si verifichi un terremoto
con una muratura più resistente (struttura
(valutazione “a priori”, cosiddetta in tempo di
portante in mattoni) e alla classe con bassa
pace) è certamente un tema più complesso.
vulnerabilità gli edifici con struttura in ce-
Infatti, dopo un evento sismico è sufficiente
mento armato.
rilevare i danni che sono stati provocati, associandoli all’intensità della scossa subita e alle
Differenti sviluppi sono stati fatti nel corso
differenti tipologie di edifici presenti. Invece
degli anni introducendo classificazioni più
per l’attribuzione della vulnerabilità “a priori”
dettagliate e anche classi aggiuntive consi-
(in tempo di pace), sono stati messi a punto
derando anche eventuali rinforzi strutturali
numerosi metodi che si basano sia sull’espe-
come cordoli e/o catene o la tipologia di so-
rienza tratta da terremoti passati (metodi em-
laio presente (legno, pignatte con travetti di
pirici) che su calcoli e modelli numerici (meto-
cemento o di acciaio).
76
PARTE TERZA / TERREMOTO
RISCHIO SISMICO a cura di Sergio Castenetto e Angelo Masi ANCHE IL PROSSIMO TERREMOTO FARÀ DANNI? Dipende soprattutto dalla forza del terremoto (se ne verificano migliaia ogni anno, la maggior parte di modesta energia) e dalla vulnerabilità degli edifici. Nella zona in cui vivi già in passato i terremoti hanno provocato danni a cose e persone. È possibile quindi che il prossimo forte terremoto faccia danni: per questo è importante informarsi, fare prevenzione ed essere preparati a un’eventuale scossa di terremoto.
Ogni giorno, ciascuno di noi ha a che fare con
questo caso era rappresentato dal brutto voto
pericoli e rischi di vario genere. L’errore che
che avremmo potuto prendere. Quindi, espri-
spesso si fa, tuttavia, è quello di considerare
mendoci in un modo più formale, possiamo
i due termini equivalenti: pericolo e rischio
dire che il rischio è il risultato di tre compo-
sono considerati la stessa cosa.
nenti: pericolosità, vulnerabilità ed esposizione. Consideriamo ora il problema sismico.
In realtà, il pericolo è rappresentato da un evento “pericoloso”, che può cioè produrre
Il terremoto è un fenomeno naturale e la si-
conseguenze, ma che non è certo avvenga o
smicità (frequenza e forza con cui si manife-
per lo meno non sappiamo quando avverrà,
stano i terremoti) è una caratteristica fisica
mentre il rischio è rappresentato dalle con-
del territorio, al pari del clima, dell’orogra-
seguenze dell’evento.
fia, dell’idrografia, ecc.
Facciamo un esempio legato ai nostri trascor-
Così come la penisola è caratterizzata da due
si scolastici. L’interrogazione di matematica
catene montuose principali, le Alpi e gli Appen-
rappresentava certamente un pericolo per il
nini, allo stesso modo possiamo dire che, ad
brutto voto che avremmo potuto prendere, ma
esempio, la Calabria e la Sicilia orientale sono
non sapevamo quando il professore ci avreb-
interessate da terremoti poco frequenti ma di
be interrogato nel corso dell’anno scolastico.
elevata energia, mentre nell’Appennino setten-
Le possibili conseguenze dell’interrogazione
trionale i terremoti sono più frequenti ma l’e-
dipendevano da quanto eravamo vulnerabili,
nergia sprigionata è generalmente minore.
cioè preparati a rispondere alle domande del
Conoscendo la frequenza e l’energia (magnitu-
professore. Ovviamente la probabilità di es-
do) associata ai terremoti che caratterizzano un
sere interrogati e quindi di subirne le conse-
territorio ed attribuendo un valore di probabilità
guenze dipendeva da quanto eravamo esposti
al verificarsi di un evento sismico di una certa
alla possibile interrogazione, cioè se eravamo
magnitudo, in un certo intervallo di tempo, pos-
presenti o assenti alla lezione. Il rischio in
siamo definire la sua “pericolosità sismica”.
77
PARTE TERZA / TERREMOTO
Un territorio avrà una pericolosità sismica
danneggiata da una scossa sismica, si defini-
tanto più elevata quanto più forte sarà, a
sce, come detto, “vulnerabilità”.
parità di intervallo di tempo considerato, il Quanto più un edificio è vulnerabile (per
terremoto più probabile.
la scadente qualità dei materiali utilizzaMa in un territorio ad elevata pericolosità si-
ti o per le modalità di costruzione), tanto
smica non necessariamente le conseguenze
maggiori saranno le conseguenze che ci si
di un terremoto sono sempre gravi; basti pen-
devono aspettare in seguito alle oscillazio-
sare alle numerose scosse che ogni anno in-
ni cui la struttura sarà sottoposta.
teressano nazioni come il Giappone o gli Stati Uniti e che, nonostante l’energia associata
Immaginiamo ora di considerare la funzio-
all’evento, provocano danni limitati. Molto di-
ne cui è adibito un edificio; ad esempio una
pende infatti, dalle caratteristiche di resisten-
abitazione o un ufficio in ore diverse della
za delle costruzioni alle azioni di una scossa
giornata (giorno, notte), oppure una scuo-
sismica. Questa caratteristica, o meglio la
la o un albergo in periodi diversi dell’anno
predisposizione di una costruzione ad essere
(estate, inverno).
78
PARTE TERZA / TERREMOTO
Avremo una maggiore o minore possibili-
zioni e di antropizzazione (natura, qualità e
tà di conseguenze alle persone secondo
quantità dei beni esposti), ci si può attende-
l’ora o il momento dell’anno in cui avvie-
re in un dato intervallo di tempo.
ne il terremoto. Ecco allora che, a partire da un’azione non Una considerazione analoga si può fare con-
modificabile dall’uomo (lo scuotimento del ter-
siderando una città d’arte e una cittadina mo-
reno) che può provocare un danno, è possi-
derna. Pensiamo ai danni inestimabili subiti
bile anche individuare quali siano gli elementi
dai monumenti di Assisi a causa del periodo
sui quali agire per ridurre gli effetti: la resisten-
sismico umbro-marchigiano del 1997. Anche
za delle costruzioni (vulnerabilità), le caratteri-
in questo caso le conseguenze non sono para-
stiche di utilizzo del territorio (esposizione).
gonabili a quelle che si avrebbero in un picco-
L’Italia ha una pericolosità sismica medio-alta
lo centro montano, ad esempio.
(per frequenza e intensità dei fenomeni), una vulnerabilità elevata (per fragilità del patrimo-
Questa maggiore possibilità di subire un
nio edilizio, infrastrutturale, industriale, pro-
danno (economico, in termini di vite umane,
duttivo e dei servizi) e un’esposizione altis-
ai beni culturali, ecc.) viene definita “espo-
sima (per densità abitativa e presenza di un
sizione”. L’insieme dei fattori “pericolosità”,
patrimonio storico, artistico e monumentale
“vulnerabilità” ed “esposizione”, consentono
unico al mondo). La nostra penisola è dunque
di valutare il rischio sismico di un territorio,
ad elevato rischio sismico, in termini di vitti-
ossia la misura dei danni che, in base al
me, danni alle costruzioni e costi diretti ed in-
tipo di sismicità, di resistenza delle costru-
diretti attesi a seguito di un terremoto.
79
PARTE TERZA / TERREMOTO
PER SAPERNE DI PIÙ • Rischio sismico http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/descrizione_sismico.wp
• Pericolosità http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/descrizione_sismico.wp?pagtab=1#pag-content
• Vulnerabilità http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/descrizione_sismico.wp?pagtab=2#pag-content
• Esposizione http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/descrizione_sismico.wp?pagtab=3#pag-content
80
PARTE TERZA / TERREMOTO
PREVENZIONE a cura di Sergio Castenetto e Angelo Masi Prevenire il possibile danno causato da un
smica” di un territorio è una caratteristica
evento, qualunque esso sia, significa mettere
fisica che non si può modificare. La pre-
in atto una serie di azioni che consentano di
venzione o meglio la riduzione degli effet-
evitarlo o almeno di ridurne le conseguenze.
ti di un terremoto si ottiene intervenendo
Tornando all’esempio dell’interrogazione scola-
sulle altre componenti del rischio: la pre-
stica, per ridurre le possibili conseguenze, os-
disposizione a subire il danno (vulnerabi-
sia riuscire a prendere almeno una sufficienza,
lità) e il valore di ciò che è esposto a un
non posso certo agire sul pericolo, perché non
possibile terremoto (esposizione).
posso influenzare le decisioni del professore su chi interrogherà. Posso, però, studiare di
Una efficace politica di prevenzione è fatta di
più e quindi essere meno vulnerabile o più fur-
regole e norme, ma soprattutto è basata su
bescamente darmi malato nei giorni di interro-
un modello culturale nuovo nei confronti del
gazione, riducendo la mia esposizione. Finito il
terremoto. La prevenzione, infatti, essendo il
periodo di malattia, però, non potrò più evitare
rischio sismico indissolubilmente legato alla
che il professore mi interroghi.
presenza dell’uomo, richiede un rapporto consapevole e responsabile dell’uomo con il terri-
Anche nel caso del terremoto, è possibile
torio in cui vive. In questa attività di prevenzio-
ridurre le sue conseguenze ma non annul-
ne due sono gli attori principali: le istituzioni e
lare il rischio. L’evento (il terremoto), in-
il cittadino, ciascuno dei quali svolge un ruolo
fatti, non è evitabile e la “pericolosità si-
importante e interagisce con l’altro.
81
PARTE TERZA / TERREMOTO
COSA FA LO STATO PER AIUTARTI? Nel 2009, dopo il terremoto dell’Aquila, lo Stato ha avviato un piano nazionale per la prevenzione sismica, che prevede lo stanziamento alle Regioni di circa un miliardo di euro in sette anni con diverse finalità: • indagini di microzonazione sismica, per individuare le aree che possono amplificare lo scuotimento del terremoto • interventi di miglioramento sismico di edifici pubblici strategici e rilevanti • incentivi per interventi di miglioramento sismico di edifici privati.
Lo Stato, ma più in generale le istituzioni, agi-
di Ingegneria Sismica) ed Eucentre, che svol-
scono in vari modi per aumentare la sicurezza
gono, per conto del Dipartimento della Prote-
della popolazione nei confronti del rischio si-
zione Civile (Dpc), studi e ricerche su temati-
smico, attraverso:
che relative alla valutazione e riduzione della
• il miglioramento delle conoscenze sul fe-
vulnerabilità delle strutture esistenti (edifici e
nomeno, il monitoraggio del territorio e la
infrastrutture viarie), allo sviluppo di criteri di
valutazione del pericolo a cui è esposto il
progetto e verifica innovativi concernenti le
patrimonio abitativo, la popolazione e i si-
opere geotecniche (come dighe e gallerie),
stemi infrastrutturali (la viabilità, le reti elet-
alle nuove metodologie per la mitigazione del
triche, idriche, gasdotti, ferrovie ecc.)
rischio che utilizzano dispositivi e materiali innovativi, al monitoraggio di strutture e infra-
• la riduzione di vulnerabilità ed esposizione con azioni indirette (classificazione
strutture ecc.
sismica, normativa per le costruzioni, mi-
Le ricerche sono basate su studi teorici e su
crozonazione sismica, pianificazione del
estese campagne sperimentali effettuate pres-
territorio) e azioni dirette (interventi sulle
so i principali laboratori italiani di ingegneria
costruzioni)
sismica e sono finalizzate allo sviluppo di ma-
• intervenendo sulla popolazione con una
nuali applicativi, proposte di normativa e mes-
costante e incisiva azione di informazione
sa a punto di procedure operative a supporto
e sensibilizzazione (come ad esempio la
dell’azione del Dpc.
campagna Io non rischio Terremoto).
Gli studi sono un elemento di base importante
Un ruolo molto importante hanno le attività
per applicare il concetto di prevenzione sismi-
di studio e ricerca. In particolare, per quan-
ca, ma, perché ciò accada in modo concreto
to riguarda l’ingegneria sismica, negli ultimi
e diffuso, sono necessari tecnici competenti,
anni sono nati in Italia centri di competenza
politici lungimiranti e, soprattutto, cittadini in-
come ReLUIS (Rete dei Laboratori Universitari
formati e consapevoli.
82
PARTE TERZA / TERREMOTO
IL PIANO NAZIONALE PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO SISMICO
• studi di microzonazione sismica e analisi della condizione limite per la gestione dell’emergenza
Dopo il terremoto aquilano del 6 apri-
• interventi di rafforzamento locale o miglio-
le 2009, lo Stato ha avviato un piano di
ramento sismico o demolizione e ricostru-
interventi per la riduzione del rischio si-
zione di edifici e opere pubbliche di inte-
smico, a livello nazionale, che prevede lo
resse strategico per finalità di protezione
stanziamento di circa 965 milioni di euro
civile. Sono esclusi dai contributi gli edifici
distribuiti su sette anni. Per la prima volta,
scolastici, oggetto di altri finanziamenti, ad
attraverso un programma organico plurien-
eccezione di quelli che ospitano funzioni
nale, l’intero territorio nazionale viene inte-
strategiche e sono individuati nei piani di
ressato da studi per la caratterizzazione si-
emergenza di protezione civile
smica delle aree e da interventi per rendere
• interventi strutturali di rafforzamento locale
più sicuri gli edifici pubblici e privati. No-
o miglioramento sismico o di demolizione e
vità assoluta del piano è la possibilità per i
ricostruzione di edifici privati
cittadini di richiedere contributi economici
• altri interventi urgenti e indifferibili per la
per realizzare interventi su edifici privati e
mitigazione del rischio sismico, con par-
non solo di beneficiare di detrazioni fiscali.
ticolare riferimento a situazioni di elevata vulnerabilità ed esposizione.
La cifra di 965 milioni di euro, anche se cospi-
L’Opcm n. 3907 del 1 dicembre 2010 ha rego-
cua rispetto al passato, rappresenta una mini-
lato l’utilizzo del contributi della prima annua-
ma percentuale del fabbisogno necessario per
lità. L’Opcm n. 4007 del 29 febbraio 2012 di-
il completo adeguamento sismico degli edifici
sciplina l’utilizzo dei fondi dell’annualità 2011.
pubblici e privati e delle infrastrutture strategi-
La nuova Ordinanza del Capo del Dipartimen-
che. Tuttavia, il piano può avviare un processo
to della Protezione Civile n. 52 del 20 febbraio
virtuoso che porterà a un deciso passo avanti
2013 disciplina i fondi per l’anno 2012.
nella crescita di una cultura della prevenzio-
Gli interventi previsti dalle ordinanze vengono
ne sismica da parte della popolazione e degli
attuati attraverso programmi predisposti dalle
amministratori pubblici. L’attuazione del piano
Regioni e dalle Province Autonome, in base a
è regolata attraverso Ordinanze del Presidente
strategie e priorità che tengono conto delle ca-
del Consiglio dei Ministri (dopo l’approvazione
ratteristiche territoriali.
della Legge 100/12 sono Ordinanze del Capo
Rispetto al passato, diversi sono gli elementi
Dipartimento della Protezione Civile), che di-
di novità introdotti dal piano nazionale di pre-
sciplinano l’uso dei contributi impiegati nei
venzione del rischio sismico. Tra gli strumenti
Comuni a elevata pericolosità sismica (ag≥
di prevenzione sismica individuati, che con-
0.125g, vedi glossario) per:
cretamente possono incidere sulla salvaguar-
83
PARTE TERZA / TERREMOTO
dia delle persone e delle cose e che ha visto
La Condizione limite per l’emergenza (Cle)
un significativo sviluppo e diffusione negli ul-
indica la condizione per cui un insediamen-
timi trent’anni, c’è sicuramente la microzona-
to urbano, dopo un terremoto, nonostante i
zione sismica (MS).
danni subiti e l’interruzione della quasi tota-
L’osservazione dei danni alle costruzioni e
lità delle funzioni urbane presenti, compresa
alle infrastrutture spesso evidenzia differenze
la residenza, conserva comunque l’operativi-
sostanziali anche a piccole distanze, oppure
tà della maggior parte delle funzioni strategi-
crolli e danni notevoli anche a grandi distanze
che per l’emergenza (edifici strategici, aree
dall’epicentro. Esempi di questo tipo si sono
di emergenza), la loro accessibilità e connes-
riscontrati in quasi tutti i terremoti accaduti
sione con il contesto territoriale.
negli ultimi cento anni.
La sua analisi è finalizzata a determinare,
Sicuramente la qualità delle costruzioni può
quindi, quanto un insediamento urbano sia
influire sulle differenze del danno, ma spesso
in grado di sostenere le condizioni estreme
le cause vanno ricercate in una differente pe-
determinate dalla distruzione prodotta da
ricolosità sismica locale, determinata da effetti
un forte terremoto, garantendo la gestione
di amplificazione del moto sismico o da insta-
dell’emergenza.
bilità del suolo.
Altro elemento innovativo del piano naziona-
Tutto ciò è oggetto degli studi di MS, attraverso
le di prevenzione del rischio sismico è la de-
i quali è possibile individuare e caratterizzare
stinazione di parte dei contributi a interven-
le zone che durante un terremoto si possono
ti sull’edilizia privata, facoltativi nella prima
considerare stabili, le zone stabili suscettibili
annualità, previsti obbligatoriamente per le
di amplificazione locale e le zone suscettibili
annualità successive. Nella prima annualità
di instabilità, quali frane, rotture della superfi-
(2010) solo la Regione Marche ha destinato
cie per faglie e liquefazioni del terreno.
parte dei fondi, circa 400mila euro, a inter-
Gli studi di MS forniscono dunque informa-
venti sull’edilizia privata.
zioni utili per il governo del territorio, per la
I cittadini possono richiedere contributi per
progettazione, per la pianificazione per l’emer-
gli interventi di rafforzamento locale, miglio-
genza e per la ricostruzione post sisma.
ramento sismico, demolizione e ricostruzione
A partire dal 2012 (Opcm 4007), gli studi di
sugli edifici privati consultando i bandi dei
MS realizzati con i fondi del piano nazionale
propri Comuni sugli albi pretori e sui siti web
sono accompagnati dall’analisi della Condizio-
istituzionali. È compito dei Comuni registrare
ne limite per l’emergenza (Cle), per ottenere
le richieste di contributi dei cittadini per poi
una maggiore integrazione delle azioni volte
trasmetterle alle Regioni, che le inseriscono
a mitigare il rischio sismico con quelle volte
in una graduatoria di priorità. Le richieste
a migliorare la gestione delle attività in emer-
sono ammesse fino a esaurimento dei fondi
genza subito dopo un terremoto.
disponibili.
84
PARTE TERZA / TERREMOTO
COSA DEVI SAPERE? In quale zona vivi L’Italia è un Paese interamente sismico, ma il suo territorio è classificato in zone a diversa pericolosità. Chi costruisce o modifica la struttura di un’abitazione è tenuto a rispettare le norme sismiche della propria zona, per proteggere la vita di chi ci abita. Per conoscere la zona sismica in cui vivi e quali sono le norme da rispettare, rivolgiti agli uffici competenti della tua Regione o del tuo Comune.
Sulla base della frequenza e intensità dei ter-
co può capitare ovunque, la robustezza
remoti del passato, tutto il territorio italiano è
degli edifici pubblici (scuole, ospedali) va
stato classificato in quattro zone sismiche che
controllata.
prevedono, per ogni Comune, l’applicazione di La classificazione del territorio è iniziata nel
livelli crescenti di protezione per le costruzioni.
1909, dopo il disastroso terremoto di Reggio Zona 1
Calabria e Messina del 28 dicembre 1908, ed
È la più pericolosa. In questa zona un for-
è stata aggiornata numerose volte fino all’at-
tissimo terremoto è possibile. Per questo
tuale, disposta a partire dall’anno 2003 con
motivo, le norme tecniche prevedono rego-
l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei
le molto severe sia nella progettazione di
Ministri n. 3274. Nel tempo essa potrà subi-
nuove costruzioni che nella ristrutturazione
re nuove modifiche ogni volta che il migliora-
di quelle esistenti
mento delle conoscenze renderà necessario
Zona 2
un suo aggiornamento.
In questa zona ci possono essere forti terremoti e il rispetto delle regole assicura che in
L’adozione della classificazione sismica
caso di nuove scosse gli edifici resistano sal-
del territorio spetta per legge alle Regioni.
vaguardando la vita degli occupanti. Zona 3
Ciascuna Regione, pertanto, ha classificato il
I forti terremoti sono meno probabili ri-
territorio anche introducendo, nel rispetto de-
spetto alla zona 1 e 2. È importante co-
gli indirizzi nazionali, delle sottozone per me-
munque costruire bene le case
glio tenere conto della effettiva sismicità del
Zona 4
territorio di propria competenza. Per questo
È la zona meno pericolosa. La probabili-
nella carta della classificazione sismica (vedi
tà che capiti un terremoto è molto bassa.
cartina a pagina 87) compaiono in alcune re-
Ma poiché un piccolo scuotimento sismi-
gioni zone 2A, 2B, 3A, 3B, ecc.
85
PARTE TERZA / TERREMOTO
Per conoscere la zona sismica in cui è
bisca danni significativi per i terremoti che con
classificato il territorio in cui si vive, ci
più frequenza interessano l’area in cui ricade,
si può quindi rivolgere alla Regione o al
mentre potrà subire danni, anche gravi, solo
Comune.
per i terremoti di forte intensità (quelli più rari),
Nei comuni classificati sismici, chiunque
senza però crollare.
costruisca una nuova abitazione o inter-
Pur danneggiandosi, un edificio antisismico
venga su una abitazione esistente, modi-
sarà in grado, quindi, di proteggere la vita di
ficando le parti strutturali (muri portanti,
chi lo occupa.
solai, travi, pilastri, tetto, fondazioni ecc.)
Per garantire che l’edificio sopporti lo scuo-
è obbligato a farlo rispettando la norma-
timento del terremoto, le attuali Norme tec-
tiva antisismica, cioè criteri particolari di
niche per le costruzioni (DM del14 gennaio
progettazione e realizzazione degli edifici.
2008), entrate definitivamente in vigore il 1° luglio 2009, prevedono che per ogni costruzio-
Ciò è avvenuto già a partire dal 1909, dopo
ne ci si debba riferire per la definizione dell’a-
il terremoto calabro-messinese del 1908,
zione sismica di cui tenere conto nei calcoli
quando furono pubblicati i primi elenchi di
di progetto, a una accelerazione di “sito” (ag)
comuni nei quali per le nuove costruzioni era
individuata sulla base delle coordinate geogra-
necessario applicare specifiche norme.
fiche dell’area dove si deve realizzare l’opera
La normativa tecnica per le costruzioni da ap-
e in funzione della “vita nominale” dell’opera,
plicarsi in zona sismica, a partire dal Regio
cioè del numero di anni durante i quali una
Decreto n. 193 del 18 aprile 1909 contenente
struttura deve poter essere usata per lo scopo
le “norme tecniche obbligatorie per le riparazio-
per cui è stata progettata, generalmente pari o
ni, ricostruzioni e nuove costruzioni degli edifici
superiore a 50 anni.
pubblici e privati e l’elenco dei Comuni sottopo-
Questo valore di pericolosità di base è stato
sti all’osservanza di dette norme”, si è evoluta,
definito e reso disponibile per ogni punto del
per giungere alle più recenti disposizioni.
territorio nazionale, su una maglia quadrata di cinque km di lato, indipendentemente dai
Il principio sul quale si fonda la normativa
confini amministrativi comunali (http://esse1-
vigente è quello di prescrivere norme per
gis.mi.Ingv.it/).
le costruzioni tali che un edificio sopporti
La classificazione sismica (zona sismica di ap-
senza gravi danni i terremoti meno forti e
partenenza del Comune) e il relativo valore di
senza crollare i terremoti più forti, salva-
pericolosità attribuito alle zone, dunque, non
guardando prima di tutto le vite umane.
serve per la progettazione delle opere, ma è utile per la pianificazione e per il controllo del
Ciò significa, in altri termini, garantire che un
territorio da parte degli enti preposti (Regione,
edificio costruito con criteri antisismici non su-
Genio Civile, ecc.)
86
PARTE TERZA / TERREMOTO
87
PARTE TERZA / TERREMOTO
Per il cittadino sapere la zona sismica in
to delle norme tecniche per le costruzioni
cui ricade il Comune dove abita è un’in-
e delle rispettive competenze, occuparsi
formazione utile a comprendere il livello
della progettazione corretta delle struttu-
di pericolosità sismica dell’area, ossia la
re di nuovi edifici o della realizzazione di
possibilità che possa essere interessata da
interventi sulle strutture di un edificio esi-
terremoti e la loro forza. Spetta ai tecnici
stente per renderlo più sicuro in caso di
esperti (ingegneri strutturisti), nel rispet-
terremoto.
LA SICUREZZA DELLA TUA CASA È importante sapere quando e come è stata costruita la tua casa, su quale tipo di terreno, con quali materiali. E soprattutto se è stata successivamente modificata rispettando le norme sismiche. Se hai qualche dubbio o se vuoi saperne di più, puoi rivolgerti all’ufficio tecnico del tuo Comune oppure a un tecnico esperto.
La classificazione sismica del territorio e l’ap-
sismicità e del livello di rischio del territorio in
plicazione di norme e regole per le costruzio-
cui vive. Questo modello culturale nuovo nei
ni, non ha ridotto ancora in modo significati-
confronti del terremoto si deve tradurre in una
vo l’entità del rischio sismico in Italia. Il limite
crescita della responsabilità individuale, con-
fondamentale della prevenzione affidata alla
dizione indispensabile per una efficace azione
sola applicazione del binomio classificazione
di prevenzione.
sismica - normativa è dato dalla presenza in Italia di un consistente patrimonio edilizio sto-
È importante saperne di più sulla pro-
rico, che caratterizza gran parte dei centri abi-
pria abitazione, conoscendo innanzitutto
tati e che spesso si presenta degradato e più
se l’edificio in cui l’abitazione è ubicata
vulnerabile, senza contare il patrimonio edili-
è stato progettato o meno considerando
zio abusivo, spesso concentrato proprio dove
norme antisismiche.
maggiore è il livello di pericolosità, che non of-
A tale scopo il confronto tra l’epoca di
fre certamente garanzie di resistenza alle azio-
costruzione dell’immobile con l’anno di
ni sismiche.
prima classificazione sismica del comune
Il problema è, dunque, avviare il recupero di
è un efficace indicatore.
questa edilizia in chiave antisismica, recupe-
Questo parametro però non è esaustivo
ro che richiede la partecipazione diretta del
in merito alla sicurezza del proprio im-
cittadino, consapevole delle caratteristiche di
mobile rispetto all’eventuale verificarsi di
88
PARTE TERZA / TERREMOTO
eventi sismici. Pertanto, qualora il citta-
zioni in zona sismica. Solo tecnici esperti
dino abbia dei dubbi o voglia conoscere
di questa materia possono dare un giudi-
l’effettivo livello di sicurezza del proprio
zio sulla qualità delle costruzioni e sulle
edificio, è sempre importante che si rivol-
caratteristiche di resistenza di un edificio
ga a un tecnico specializzato in costru-
alle azioni sismiche.
COSA DEVI FARE PER LA TUA SICUREZZA? Con il consiglio di un tecnico A volte basta rinforzare i muri portanti o migliorare i collegamenti fra pareti e solai: per fare la scelta giusta, fatti consigliare da un tecnico esperto.
I problemi che si notano sugli edifici esi-
Le costruzioni realizzate dopo l’entrata
stenti possono essere evitati o ridotti ade-
in vigore della classificazione sismica e
guatamente, per quelli nuovi, già in fase di
quindi soggette al rispetto delle norme è
progettazione.
molto probabile che siano sismicamente protette, che siano state costruite, cioè,
Realizzare edifici nuovi “poco” vulnerabi-
nel rispetto delle norme, in vigore già dal
li (anche se l’invulnerabilità è un mito) è
1909 per alcune zone d’Italia.
abbastanza semplice e non comporta costi elevati: basta rispettare poche regole
Ciò non toglie che, in assenza di controlli o a
contenute già nelle norme tecniche per le
seguito di ristrutturazioni irregolari, le caratte-
costruzioni in zona sismica.
ristiche di resistenza della costruzione possono essere venute meno.
Tuttavia, tenuto conto delle caratteristiche del patrimonio edilizio italiano, in cui sono
Quindi, in tutti i casi, per fare la scelta
presenti molti edifici antichi ma soprattutto
giusta è importante affidarsi a un tecni-
vecchi, molti dei quali costruiti senza rego-
co esperto, sia per una valutazione delle
le antisismiche negli anni ’50, ’60 e ’70 e,
caratteristiche dell’edificio sia per farsi
dunque, anche piuttosto “stanchi”, possia-
consigliare su eventuali interventi, che in
mo dire che la vera sfida che abbiamo da-
molto casi possono essere anche semplici
vanti per la riduzione del rischio sismico è
e poco costosi. Molto importante è rivol-
la messa in sicurezza degli edifici esistenti,
gersi a professionisti che siano esperti di
pubblici e privati.
ingegneria sismica.
89
PARTE TERZA / TERREMOTO
Figura 1. Esempio di rafforzamento di nodi strutturali
Nel campo delle costruzioni ciò spesso non
che si cerca di evitare o limitare al massimo.
accade, contrariamente a quanto accade in
Al contrario, le indagini e la conseguente va-
ambito sanitario: si cerca sempre un bravo
lutazione della vulnerabilità sono fondamentali
medico ma nessuna persona di buon senso si
per capire quali siano le cause che determina-
sognerebbe, avendo problemi a un ginocchio,
no la debolezza dell’edificio e, di conseguen-
di andare da un dermatologo invece che da
za, cosa si può fare per ridurla individuando
un ortopedico.
quello che è realmente necessario. Ciò eviterà
Operare su edifici esistenti significa anzitutto
sia di fare meno di quanto è necessario per
valutarne la vulnerabilità sismica attuale. Tale
salvaguardare la nostra vita e quella della no-
operazione di diagnosi è spesso sottovalutata
stra famiglia, sia più del necessario per salva-
o, anche in questo caso, affidata a mani poco
guardare il nostro “portafoglio”.
esperte. Mentre nessuno di noi si sognereb-
Ad esempio, per gli edifici in muratura, mol-
be di fare anche una banale otturazione a un
to diffusi nei centri storici e nelle zone rurali,
dente senza essersi prima sottoposti a radio-
se il materiale delle pareti è di cattiva qualità,
grafie e altre analisi, nel valutare la sicurezza
bisogna intervenire per migliorare tale qualità
della propria casa questo in genere non acca-
ma, qualora anche i solai non siano idonei (ad
de: le indagini vengono viste come un fastidio
es. solai con volte o in legno privi di manuten-
90
PARTE TERZA / TERREMOTO
zione), senza intervenire anche su di essi non
• interventi di adeguamento sismico finaliz-
si riuscirebbe a ridurre significativamente la
zato a dare all’edificio lo stesso livello di si-
vulnerabilità. Per gli edifici con struttura in ce-
curezza previsto per gli edifici nuovi dalle
mento armato, ossia i grandi fabbricati molto
norme tecniche vigenti
diffusi nelle zone urbane più recenti, è impor-
• interventi di miglioramento sismico finaliz-
tante guardare alla qualità dei materiali (cal-
zati ad aumentare complessivamente la si-
cestruzzo e acciaio), ai particolari costruttivi
curezza strutturale esistente, pur senza ne-
(ad es. come sono disposte le barre di acciaio
cessariamente raggiungere i livelli richiesti
all’interno di pilastri e travi), e alle caratteristi-
dalle norme vigenti
che generali della struttura (forma regolare o
• riparazioni o interventi locali di rafforza-
irregolare, presenza e posizione delle tampo-
mento che interessino elementi isolati,
nature esterne ecc.).
e che comunque comportino un miglio-
Gli interventi che si possono fare per ridurre
ramento delle condizioni di sicurezza
la vulnerabilità sono tanti e di tipo diverso in
preesistenti.
termini di obiettivo, tecnica e tecnologia. Per
Per quanto riguarda il tipo di intervento, le pos-
quanto riguarda l’obiettivo, la riduzione della
sibilità sono numerose. Ecco alcune indicazioni
vulnerabilità può essere “totale” o parziale:
tratte dalle attuali norme tecniche italiane:
Figura 2. Esempio di edificio in muratura con incatenamenti
91
PARTE TERZA / TERREMOTO
• rinforzo di alcune parti della struttura (pila-
• riduzione delle masse, ad esempio elimi-
stri, travi ecc.)
nando una copertura pesante e sostituen-
• aggiunta di nuovi elementi resistenti come,
dola con materiali leggeri come il legno
ad esempio, pareti in c.a. o elementi diago-
• limitazione o cambiamento della destina-
nali (controventi) in acciaio
zione d’uso dell’edificio
• saldatura o ampliamento degli spazi di sepa-
• demolizione parziale
razione insufficienti tra edifici adiacenti o inse-
• introduzione di una protezione passiva me-
rimento di materiali atti ad attenuare gli urti
diante strutture di controvento dissipative
• eliminazione di eventuali piani “deboli”
e/o isolamento alla base.
come il piano terra aperto e privo di pare-
Gli interventi devono ottenere il risultato di far
ti di tamponatura attraverso la modifica o
crescere il rapporto tra la resistenza sismica
l’inserimento di nuovi elementi strutturali
dell’edificio (capacità) e l’azione del terremo-
• trasformazione di elementi non strutturali,
to (domanda): gli interventi da 1. a 5. mira-
come la tamponature in laterizio, in ele-
no essenzialmente a far crescere la capacità,
menti strutturali, ad esempio inserendo
quelli da 6. a 8. a far diminuire la domanda,
una incamiciatura in c.a.
l’intervento tipo 9. opera su entrambi i fattori.
92
PARTE TERZA / TERREMOTO
Come si vede si tratta di soluzioni tecniche
“intelligente” in modo da ottenere il migliore
diverse, da affidare a professionisti esper-
risultato possibile in termini di efficacia tecni-
ti che possano garantirne una applicazione
ca e di efficienza economica.
COSA DEVI FARE PER LA TUA SICUREZZA? Da solo, fin da subito: • Allontana mobili pesanti da letti o divani • Fissa alle pareti scaffali, librerie e altri mobili alti; appendi quadri e specchi con ganci chiusi, che impediscano loro di staccarsi dalla parete • Metti gli oggetti pesanti sui ripiani bassi delle scaffalature; su quelli alti, puoi fissare gli oggetti con del nastro biadesivo • In cucina, utilizza un fermo per l’apertura degli sportelli dei mobili dove sono contenuti piatti e bicchieri, in modo che non si aprano durante la scossa • Impara dove sono e come si chiudono i rubinetti di gas, acqua e l’interruttore generale della luce • Individua i punti sicuri dell’abitazione, dove ripararti in caso di terremoto: i vani delle porte, gli angoli delle pareti, sotto il tavolo o il letto • Tieni in casa una cassetta di pronto soccorso, una torcia elettrica, una radio a pile, verificane periodicamente l’efficienza e assicurati che ognuno sappia dove sono • Informati se esiste e cosa prevede il Piano di protezione civile del tuo Comune: se non c’è, pretendi che sia predisposto, così da sapere come comportarti in caso di emergenza. • Elimina infine tutte le situazioni che, in caso di terremoto, possono rappresentare un pericolo per te o i tuoi familiari.
Non tutti gli interventi che aumentano la
In realtà, molte delle vittime sono ferite
sicurezza all’interno della casa in cui abi-
da oggetti che si rompono o cadono su
tiamo richiedono il coinvolgimento di un
di loro, come televisori, quadri, specchi,
tecnico o hanno bisogno di tempi lunghi
controsoffitti. Alcuni accorgimenti poco
di realizzazione e costi economici.
costosi e semplici possono rendere più sicura la nostra casa.
Il primo passo è guardarsi intorno e identificare nella nostra abitazione tutto ciò che in caso di ter-
Ad esempio, leggi le indicazioni riportate nel
remoto può trasformarsi in un pericolo. La mag-
box “Cosa devi fare per la tua sicurezza?” che
gioranza delle persone pensa che le vittime di un
sono contenute nel pieghevole di Io non ri-
terremoto siano provocate dal crollo degli edifici.
schio Terremoto.
93
PARTE TERZA / TERREMOTO
PER SAPERNE DI PIÙ • ReLUIS - Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica http://www.reluis.it
• Eucentre - Centro Europeo di Formazione e Ricerca in Ingegneria Sismica http://www.eucentre.it
• Prevenzione http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/attivita_sismico.wp?pagtab=2#pag-contentINR-Manuale-2014.docx
• Piano nazionale per la prevenzione del rischio sismico http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/piano_nazionale_art_11.wp
• Microzonazione sismica http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/microzonazione.wp
• Classificazione sismica http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/classificazione.wp
• Normativa antisismica http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/leg_rischio_sismico.wp
• Cosa fare http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/cosa_fare_sismico.wp
94
PARTE TERZA / TERREMOTO
GLI ASPETTI PSICOSOCIALI: L’ALTRA FACCIA DEL TERREMOTO a cura di Massimo Crescimbene e Federica La Longa Il terremoto non è esclusivamente un fe-
mesi, che porta gli operatori dell’emergenza a
nomeno geofisico ma anche un evento
porre attenzione all’insorgere di disagi psico-
psicosociale ed economico in considera-
logi nelle popolazioni colpite e ad attivare un
zione degli effetti che può produrre in una
servizio di supporto psicologico.
comunità.
I livelli di prevenzione e le azioni che si pos-
Per questo il terremoto è studiato, oltre
sono intraprendere per provare a ridurre il
che dalla geofisica, dall’economia e dalle
disagio psicologico causato da un terremo-
scienze sociali e umanistiche. Tra gli ar-
to, possono essere diversificati in funzione
gomenti che meritano una trattazione ci
di momenti diversi. Gli interventi di sostegno
sono sicuramente: le emozioni; la perce-
psicologico, successivi all’evento sismico rap-
zione del rischio; la comunicazione e i ru-
presentano un’azione di prevenzione secon-
mors; le relazioni, il gruppo, la comunità e
daria, ovvero offrono una “cura” per le perso-
la rete sociale
ne che sono state colpite dalla reazione acuta da stress, e così facendo mirano a evitare che
TERREMOTO ED EMOZIONI
questa si trasformi in un disturbo più struttu-
Perché è importante parlare di “effetti psicolo-
rato come il cosiddetto disturbo post-traumati-
gici del terremoto” in un corso sulla riduzione
co da stress (PTSD).
del rischio sismico?
Ma esiste un secondo livello di intervento, la
Perché riteniamo che conoscere le emozioni e
prevenzione primaria, che consiste nel met-
acquisire strumenti per padroneggiarle, prima
tere le persone in condizioni di conoscere le
che si verifichi un evento, possa fortemente
proprie emozioni e saper controllare gli effetti
influenzare la percezione, la preparazione, le
che queste hanno sul comportamento e sulla
scelte e i comportamenti per la riduzione del
salute psicologica prima che l’evento sismico
rischio sismico.
si verifichi.
Storicamente il primo a mettere in relazione i due elementi è Seneca, che con grande intu-
CONOSCERE LE NOSTRE EMOZIONI
izione pone in luce alcuni aspetti chiave del
Le emozioni ci aiutano a capire meglio ciò che
rapporto, inversamente proporzionale, tra la
ci succede, danno importanti informazioni su
mancanza di conoscenza di un fenomeno
noi stessi, sugli altri e su noi insieme agli al-
“naturale” e l‘amplificazione della paura.
tri. Avere consapevolezza delle proprie emo-
In Italia è la sequenza sismica dell’Umbria
zioni è utile per uno sviluppo adeguato della
Marche nel 1997-98 che, per la prima volta,
personalità e per favorire il benessere psico-
pone il problema degli “effetti emotivi prodotti
fisico. Inoltre riconoscere le emozioni è impor-
da un terremoto”. In particolare, è la durata
tante per poterle esprimere nel modo giusto
della sequenza, 9mila scosse protratte per sei
e per controllarle quando serve. Soltanto co-
95
PARTE TERZA / TERREMOTO
noscendo noi stessi possiamo comprendere
I sentimenti invece si riferiscono alla capaci-
le reazioni degli altri. Le emozioni non sono
tà di provare sensazioni ed emozioni in ma-
semplici risposte agli stimoli situazionali, ma
niera consapevole. I sentimenti riguardano
rispecchiano le implicazioni personali di un
la coscienza delle proprie azioni, del proprio
individuo, le sue conoscenze e la sua passata
essere e dell’altro (ad es. amicizia, amore), si
esperienza.
riferiscono a una o a più persone (o animali),
Il termine “emozione” ha origine da “emotus”,
sono meno intensi delle emozioni, durano più
participio passato di “emovere” che, letteral-
a lungo nel tempo.
mente, significa “muovere da, allontanare” e
Al momento non c’è accordo su quali e quan-
anche “scuotere, sconvolgere”. La sensazione
te siano le emozioni e ci sono tanti sistemi per
di essere mossi da ciò che si prova e che sem-
classificare e dividere le emozioni. Un sistema
bra provenire dal nostro interno è una caratteri-
di classificazione tra i più famosi è quello che
stica fondamentale dell’esperienza emotiva.
divide le emozioni in primarie e secondare. Le
Tutti proviamo ogni giorno emozioni, ma anche
emozioni fondamentali hanno espressioni fac-
sensazioni e sentimenti. Cosa differenzia le une
ciali uguali in tutto il mondo, oltre le differenze
dalle altre? Le sensazioni sono stimoli che par-
personali e culturali, e sono: rabbia, disgusto,
tono dall’ambiente, hanno effetto immediato su
paura, tristezza, gioia, sorpresa. Secondo que-
ogni persona, hanno una durata breve, un’in-
sta classificazione sono considerate, in gene-
tensità media, sono involontarie e strettamente
rale, la base di tutta la vita umana ma posso-
connesse con i nostri sensi (ad es. un ventila-
no aumentare la loro intensità, cioè andare
tore acceso provoca la sensazione di fresco, il
da un minimo a un massimo, proprio come la
sole forte la sensazione di caldo ecc.). Le emozioni sono reazioni intense, improvvise, di breve durata, causate da uno stimolo ambientale (interno o esterno), che provocano cambiamenti sulla persona a tre livelli: • fisiologico: modificazioni riguardanti la respirazione, la pressione arteriosa, il battito cardiaco, la circolazione, la digestione ecc. • comportamentale: cambiano le espressioni facciali, la postura, il tono della voce e le reazioni (ad es. attacco o fuga) • psicologico: cambia ciò che sentiamo e proviamo personalmente, si modifica il controllo di se stessi (ad es. paura, imbarazzo, tristezza, spavento).
Figura 1. Le emozioni primarie secondo P. Ekman e altri autori
96
PARTE TERZA / TERREMOTO
temperatura misurata da un termometro. Con
La maggioranza delle persone si riprende piena-
il variare della intensità l’emozione che provia-
mente da una reazione di stress di intensità mo-
mo può cambiare nome, ma si tratta sempre
derata in un arco di tempo compreso fra sei e
della stessa emozione.
16 mesi. Generalmente, se incoraggiate, le per-
Ad esempio proviamo rabbia, ma con quale
sone hanno a disposizione tutte le risorse neces-
intensità?
sarie per affrontare le emozioni, una tra le più
Se è poca saremo solo infastiditi, se è abba-
efficaci sta nella condivisione delle emozioni con
stanza saremo irritati, se è molta saremo ar-
gli altri, nell’affrontare la situazione di emergenza
rabbiati e se è moltissima saremo furiosi.
creando delle reti di sostegno reciproco basa-
Ma cosa succede alle nostre emozioni quando
te sull’ascolto all’interno delle stesse comunità.
si verifica un terremoto?
Nelle grandi emergenze si ritiene che il 5% della
Riprendendo l’esempio del termometro e della
popolazione colpita fa ricorso a un trattamento
intensità, dopo un forte terremoto, è come se
specialistico condotto da specialisti.
tutte le nostre emozioni si presentassero a un livello massimo di intensità.
LA PERCEZIONE DEL RISCHIO
Le calamità sono eventi che travalicano l’am-
Contrariamente a quanto siamo abituati a
bito dell’esperienza umana normale e che, dal
pensare, il rischio non è un dato oggettivo ma
punto di vista psicologico, sono abbastanza
è fortemente influenzato dalla nostra percezio-
traumatici da indurre stress in chiunque. È fa-
ne. Questo fa sì che e a volte la percezione si
cile immaginare che essere travolti da un even-
può distanziare anche significativamente dal
to di questo tipo sia un’esperienza che mette a
rischio reale (Figura 2).
dura prova le nostre capacità di adattamento e la nostra salute psicologica. È bene tenere presente però, che le reazioni da stress durante e dopo un terremoto vengono considerate una reazione normale a eventi non normali. Quali risorse abbiamo a disposizione per gestire le emozioni durante e dopo un’emergenza sismica? Il terremoto coinvolge emotivamente tutti. È importante ricordare sempre che dopo un evento sismico ciò che è necessario non è evitare di sentire o provare emozioni, quanto piuttosto affrontarle e imparare a fronteggiarle. Benché le reazioni di stress possano apparire estreme e possano provocare sofferenza, ge-
Figura 2. I cerchi in figura sono percepiti in movimento rotatorio, ma nella realtà non si muovono affatto.
neralmente non diventano problemi cronici.
97
PARTE TERZA / TERREMOTO
Studiare la percezione del rischio sismico ci
di ricavare il punteggio della sua percezione.
aiuta a capire come le persone “vedono” il
Altre parti del test riguardano la percezione
rischio e a costruire campagne informative e
del rischio in generale e comprendono varia-
interventi educativi più efficaci e mirati.
bili relative agli aspetti culturali, religiosi, emo-
Ci sono due approcci principali che studiano
tivi ecc.
la percezione del rischio: l’approccio realistico
Nell’esempio riportato in Tabella 1, la perce-
e l’approccio costruttivista. L’approccio reali-
zione della pericolosità sismica viene confron-
stico si basa sull’assunto che la percezione è
tata con la pericolosità sismica che la scienza
più vicina al rischio reale quanto più quest’ul-
assegna al comune del compilatore del test,
timo è conosciuto. L’approccio costruttivista
ottenuta in base ai terremoti che lo hanno ef-
ritiene che la percezione sia influenzata oltre
fettivamente colpito nei secoli passati e quel-
che dalla conoscenza del rischio anche da al-
li che, in base a studi geologici e geofisici, lo
tri fattori: sociali, religiosi, economici, storici,
possono colpire.
emotivi ecc.
Se il valore della pericolosità percepita è più
Di seguito riportiamo un esempio di test utiliz-
basso rispetto al valore della pericolosità si-
zato per “misurare” la percezione del rischio.
smica da normativa del territorio del com-
Terremototest è costruito prendendo in consi-
pilatore del test, questo significa che la sua
derazione i fattori che compongono il rischio
percezione della pericolosità è sottostimata
sismico: pericolosità, valore esposto e vulnera-
rispetto alla pericolosità sismica che viene in-
bilità e per ciascuno di questi fattori consente
dicata dalla scienza per il tuo territorio.
Tabella 1. Confronto tra la pericolosità “da normativa” e la pericolosità percepita calcolata dal test sulla percezione del rischio sismico terremototest. PERICOLOSITÀ MOLTO ELEVATA
PERICOLOSITÀ ALTA
PERICOLOSITÀ MEDIA
PERICOLOSITÀ BASSA
PERICOLOSITÀ DA NORMATIVA
1
2
3
4
PERICOLOSITÀ PERCEPITA
1
2
3
4
LA COMUNICAZIONE E I RUMORS
delle singole persone e delle comunità coin-
L’occorrenza di una situazione di emergenza
volte nell’affrontare la situazione di emergenza
o il suo possibile verificarsi genera una grande
reale o presunta.
attenzione sociale sul tema del rischio. In que-
È proprio in queste situazioni di forte appren-
ste situazioni l’informazione e la comunicazio-
sione sociale che le voci, le dicerie, i si dice, le
ne influiscono in modo rilevante sulla capacità
false notizie, con una parola i rumors, si gene-
98
PARTE TERZA / TERREMOTO
rano, prolificano e si diffondono con maggiore
consentito di stilare una vera e propria classifi-
forza e rapidità.
ca dei rumors sulla base della loro categoria e
Per questo i rumors sono di forte interesse
forza (Figura 4).
per le istituzioni e le autorità coinvolte in una emergenza e contribuiscono non poco ad alimentare lo stato di ansia sociale. Non a caso il primo studio scientifico sui rumors è stato condotto dalle università degli USA durante la seconda guerra mondiale, su specifica richiesta degli organismi di governo, che si occupavano di coordinare e gestire l’entrata in guerra degli Stati Uniti (Figura 3). Riprendendo questi studi, durante l’ultimo terremoto in Pianura Padana del 2012, alcuni ricercatori dell’Ingv hanno avviato una campagna di raccolta dei rumors, con lo scopo di catalogarli, assegnargli una forza e trovare delle appropriate misure per contrastarli. La forza del rumor è stata calcolata in base alla attendibilità della fonte, al grado di diffusione e al livello di fiducia attribuito al rumor. Questo ha
Figura 3. Le rumor clinic negli USA nel 1939. Fonte: LIFE
Figura 4. Classificazione dei rumors raccolti dopo i terremoti del 20 e 29 maggio 2012 in Pianura Padana
99
PARTE TERZA / TERREMOTO
Le azioni di contrasto ai rumors sono state costru-
• l’indicazione a non considerare autore-
ite allo scopo di cercare di aumentare la sensibi-
vole a priori nessuna fonte (comprese
lità critica della popolazione coinvolta. In questo
le istituzioni coinvolte nella campagna
specifico esempio l’obiettivo di sviluppare la sen-
informativa).
sibilità critica è stato perseguito attraverso una se-
Un ruolo chiave nella riuscita della campagna
rie di azioni concordate con le istituzioni coinvolte
di contrasto ai rumors è stato il contatto diret-
nell’emergenza. Su iniziativa del Dpc della Regio-
to con la popolazione e con i Comuni colpiti
ne Emilia-Romagna, dell’Ingv e di ReLUIS è stata
che ha permesso di costruire una relazione di
avviata una campagna di informazione rivolta alla
fiducia e di dialogo con i cittadini favorendo lo
popolazione e a tutti i Comuni colpiti dal terremo-
sviluppo del loro senso critico.
to denominata “Terremoto parliamone insieme”. La campagna prevedeva numerosi incontri con la
RELAZIONI INTERPERSONALI, GRUPPI E COMUNITÀ
popolazione e alcuni interventi dedicati alle scuo-
Un terremoto è un disastro che sconvolge l’a-
le alle Ausl - Aziende Unità Sanitarie Locali. Gran
nimo di un individuo e l’ordinamento sociale di
parte del lavoro di preparazione agli incontri, oltre
una comunità. Anche se attualmente le spie-
a vertere sui principali contenuti della campa-
gazioni scientifiche sono alla base della com-
gna, sismologia, ingegneria strutturale, psicologia
prensione di un evento naturale come il terre-
dell’emergenza, riguardava proprio i rumors e le
moto, la ricerca sui disastri non può escludere
strategie per contrastarli. Prima di ogni incontro
approcci di tipo psicologico, sociologico e an-
si effettuava una riunione dove i rumors più fre-
tropologico. Secondo alcuni studiosi il disastro
quenti della zona venivano analizzati criticamente
si compone di una dimensione tangibile e di
e dalla loro analisi scaturivano le risposte da tra-
una dimensione sociale, poiché esso avviene
smettere alla popolazione. In generale le risposte
all’interno di un particolare periodo storico e in
concordate miravano a favorire e a promuovere
uno specifico contesto sociale e culturale. L’ac-
un sano scetticismo e lo sviluppo di un senso cri-
cento sui bisogni psicosociali delle popolazioni
tico attraverso:
colpite da calamità è un concetto recente nella
• la promozione di una azione divulgativa
comprensione dei disastri. La nozione, che le
sulla sismologia e sugli aspetti psico-edu-
calamità costituiscono un rischio per la salute
cativi che influenzano i rumors stessi (emo-
mentale, è divenuta parte della costruzione so-
zioni, stato d’ansia collettiva, incertezza sul
ciale del disastro negli Stati Uniti solo negli anni
futuro, meccanismi di psicologia sociale
’70 e in Italia solo al termine degli anni ’90 con
come il conformismo)
il terremoto dell’Umbria e delle Marche.
• il suggerimento alle persone di non pren-
A supporto della necessità di affrontare anche
dere per vere le informazioni dei media tra-
il lato umano delle conseguenze di un disa-
dizionali e dei new media, verificando sem-
stro, o dell’esposizione a un rischio è nata la
pre le fonti da cui provengono le notizie
psicologia dell’emergenza, ovvero il filone di
100
PARTE TERZA / TERREMOTO
ricerca pratica e di applicazione delle cono-
dovrebbe lavorare per ripristinare e possibilmente
scenze psicologiche nei contesti di emergen-
non peggiorare la situazione pre-evento.
za. Anch’essa sostiene la necessità di approc-
Le linee guida degli interventi psicosociali in
ciarsi al problema ampliando lo sguardo alla
emergenza sono state sancite dalla IASC - In-
complessità del sistema:
ter Agency Standing Committee e sono:
«Lo studio del comportamento umano nelle
• Diritti umani ed equità
situazioni di emergenza non può prescindere
• Partecipazione
dal contesto socioambientale in cui le perso-
• Non fare del male
ne sono inserite, dalle relazioni interpersonali,
• Costruire sulle risorse e le capacità utilizzabili
dalle caratteristiche delle comunità in cui si
• Sistema di supporto integrato
vive, dalle posizioni occupate nelle famiglie o
• Supporti multi-strati
nelle organizzazioni e, infine, dai significati so-
È da sottolineare che la dimensione dell’inter-
cialmente attribuiti all’evento avverso.» 2
vento psicosociale è rivolta principalmente al
La psicologia dell’emergenza per essere efficace
gruppo e alle famiglie e si svolge a livello indivi-
sui grandi numeri dovrebbe lavorare principal-
duale esclusivamente agli ultimi due livelli della
mente sulla dimensione del gruppo e della comu-
piramide (Figura 5), dove però solo a livello api-
nità colpita dall’evento, con degli interventi rivolti
cale gli interventi sono eseguiti da specialisti.
il più possibile a favorire il ripristino delle strutture
L’IASC identifica inoltre delle cose da fare e
e della rete sociale locale. Il quest’ottica il gruppo
delle cose da non fare in un intervento di sup-
e la famiglia sono le unità di base sulle quali si
porto psicosociale.
Figura 5. Piramide degli interventi per la salute mentale ed il supporto psicosociale in caso di emergenza. IASC - Inter Agency Standing Committee, Guidelines on Mental Health and Psychosocial Support in Emergency Settings.
(2) L. Pietrantoni, G.Prati - Psicologia dell’Emergenza, vedi Per saperne di più
101
PARTE TERZA / TERREMOTO
COSE DA FARE
COSE DA NON FARE
Stabilire un gruppo di coordinamento generale sulla salute mentale e il supporto psicosociale.
Non creare gruppi separati sulla salute mentale o sul supporto psicosociale che non si parlano o non sono coordinati tra loro.
Raccogliere e analizzare le informazioni per determinare se una risposta è necessaria e, in caso affermativo, che tipo di risposta.
Non considerare le valutazioni di precedenti esperienze o accettare i dati preliminari in modo acritico.
Definire degli strumenti di valutazione “su misura” per il contesto locale.
Non utilizzare strumenti di valutazione non convalidati a livello locale.
Riconoscere che le persone possono essere colpite in modi diversi. Le persone più resilienti possono stare bene, mentre altre persone possono avere dei problemi e possono avere necessità di un supporto specializzato.
Non dare per scontato che tutti in caso di emergenza sono traumatizzati, o che le persone che appaiono resilienti non hanno bisogno di sostegno.
Potenziare le capacità locali, sostenendo l’auto-aiuto e il rafforzamento delle risorse già presenti nei gruppi colpiti.
Non organizzare supporti che minano o ignorano le responsabilità locali e le loro capacità.
Facilitare lo sviluppo dei programmi gestiti ed eseguiti dalla comunità colpita.
Non utilizzare un modello caritatevole che tratta le persone della comunità colpita principalmente come beneficiari di servizi.
102
PARTE TERZA / TERREMOTO
PER SAPERNE DI PIÙ Emozioni • Paul Ekman, Te lo Leggo in Faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste. Amrita Edizioni, 2010. • Daniel Goleman, Intelligenza emotiva. BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 1999. Percezione del rischio • Lupton D. Il rischio. Percezione, simboli, culture. Universale Paperbacks il Mulino, 2003. • Savadori, L. e Rumiati, R. Nuovi Rischi e Vecchie Paure. Bologna: Il Mulino, 2005. • www.terremototest.it Rumors • Cass R. Sunstein, Voci gossip e false dicerie, Feltrinelli, 2010. • Allport, G., and L. Postman. The Psychology of Rumor, New York, Henry Holt, 1947. (in inglese). • http://www.snopes.com Relazioni interpersonali, gruppi e comunità • L. Pietrantoni, G. Prati - Psicologia dell’Emergenza - Bologna, il Mulino, 2009. • Inter-Agency Standing Committee (IASC) (2007). IASC Guidelines on Mental Health and Psychosocial Support in Emergency Settings. Geneva: IASC. (in inglese).
103
PARTE TERZA / TERREMOTO
104
PARTE TERZA / TERREMOTO
PARTE TERZA
105
PARTE TERZA / MAREMOTO
IL MAREMOTO a cura di Concetta Nostro e Alessandra Maramai CHE COS’È UN MAREMOTO? Il maremoto, in giapponese tsunami, è una serie di onde marine prodotte dal rapido spostamento di una grande massa d’acqua. In mare aperto le onde si propagano molto velocemente percorrendo grandi distanze, con altezze quasi impercettibili (anche inferiori al metro), ma con lunghezze d’onda (distanza tra un’onda e la successiva) che possono raggiungere alcune decine di chilometri. Avvicinandosi alla costa, la velocità dell’onda diminuisce mentre la sua altezza aumenta rapidamente, anche di decine di metri. La prima onda può non essere la più grande e tra l’arrivo di un’onda e la successiva possono passare diversi minuti.
Le onde di maremoto si distinguono dalle comuni onde del mare per alcune caratteristiche. Le comuni onde marine, prodotte dal vento, muovono solo la parte più super-
Figura 2. Le onde di maremoto muovono tutta la colonna d’acqua, dal fondale alla superficie
ficiale dell’acqua, non provocando alcun movimento in profondità. Le onde di maremoto, invece, muovono tutta la colonna
innalzamento del livello del mare, simile a una
d’acqua, dal fondale alla superficie. Per
marea che cresce rapidamente. A volte l’onda
questo, a differenza delle altre onde, han-
può essere preceduta da un temporaneo e insoli-
no una forte energia capace di spingerle a
to ritiro delle acque (anche di molti metri), che la-
gran velocità per molte centinaia di metri
scia in secco i porti e le coste. La prima onda può
nell’entroterra e il loro impatto sulla costa
non essere la più grande e tra l’arrivo di un’onda
è, quindi, molto più forte.
e la successiva possono passare diversi minuti. Un’onda di maremoto che in mare aperto è alta meno di un metro si trasforma, quando arriva sulla costa, in un muro d’acqua che può superare i 30 metri. Come è possibile? Per spiegarlo bisogna capire come si propaga un’onda di maremoto.
Figura 1. Le onde prodotte dal vento muovono solamente la parte superficiale dell’acqua
La velocità di propagazione di un’onda di L’onda di maremoto può presentarsi come un
maremoto dipende dalla profondità del
muro d’acqua che si abbatte sulla costa provo-
fondale: maggiore è la profondità, maggio-
cando un’inondazione, oppure come un rapido
re la velocità delle onde.
106
PARTE TERZA / MAREMOTO
isce drasticamente. Ciò è dovuto al fatto che il flusso di energia del maremoto, che dipende sia dalla velocità che dall’altezza dell’onda, rimane costante. Di conseguenza, quando la velocità
Figura 3. Generazione e propagazione delle onde di maremoto
del maremoto diminuisce, la sua altezza cresce. In acque molto profonde (oltre i 4mila metri) le onde possono superare i 700 km/h! Arrivando
Ecco perché le onde di maremoto non si no-
vicino alle coste, l’onda trova fondali sempre
tano al largo ma sulle coste diventano deva-
meno profondi e quindi la sua velocità diminu-
stanti raggiungendo vari metri di altezza.
Figura 4. Propagandosi verso fondali meno profondi, l’onda diminuisce di velocità e lunghezza d’onda, mentre aumenta rapidamente la propria altezza
Figura 5. Simulazione dei tempi di propagazione del maremoto del Cile del 22 maggio 1960, attraverso l’Oceano Pacifico (i tempi sono in ore). Il maremoto fu fortemente distruttivo in Cile, ma produsse rilevanti effetti e vittime anche a grande distanza, come in Giappone e nelle isole Hawaii
Figura 6. Altezza dell’onda dello tsunami generato dal terremoto di Sumatra (dicembre 2004), misurata da dati satellitari, 2 ore dopo l’evento sismico che lo ha generato
107
PARTE TERZA / MAREMOTO
LE CAUSE DI UN MAREMOTO a cura di Alessandra Maramai e Concetta Nostro QUALI SONO LE CAUSE DI UN MAREMOTO? Le cause principali sono i forti terremoti con epicentro in mare o vicino alla costa. I maremoti possono essere generati anche da frane sottomarine o costiere, da attività vulcanica in mare o vicina alla costa e, molto più raramente, da meteoriti che cadono in mare.
Un maremoto nasce dallo spostamento
In mare aperto, le onde di maremoto sono
istantaneo di una grande massa d’acqua,
quasi impercettibili: di rado superano il metro
causato da forti terremoti con epicentro in
d’altezza, ma la loro lunghezza può essere ad-
mare o vicino alla costa, da frane sotto-
dirittura di centinaia di chilometri. Una nave
marine o costiere, da attività vulcanica in
in navigazione al largo può non accorgersene.
mare o vicina alla costa e, molto più rara-
I maremoti prodotti dalle frane (sia sottoma-
mente, da meteoriti che cadono in mare.
rine che sopra il livello del mare con caduta
La sua energia, e quindi la sua pericolosi-
di materiale in mare) hanno meno energia ri-
tà, dipende dalla grandezza del fenomeno
spetto a quelli generati dai terremoti. La loro
che lo ha causato.
forza si esaurisce più in fretta, senza che le
Un maremoto può essere generato da un
onde possano arrivare molto lontano: tuttavia
terremoto sottomarino se questo:
questi maremoti possono produrre onde mol-
• é molto forte, generalmente con magni-
to alte ed essere distruttivi nelle aree vicine al
tudo Mw superiore a 6.5
luogo dove si è generata la frana.
• ha un ipocentro (il luogo in profondità
I maremoti generati da attività vulcanica, in
dove si verifica la rottura delle rocce dando
mare o vicina alla costa, sono meno frequenti
origine al terremoto) non troppo profondo;
di quelli prodotti da terremoti sottomarini ma
• produce uno spostamento verticale del
possono essere comunque molto forti. Violente
fondo marino.
eruzioni sottomarine possono provocare lo spostamento di grandi volumi d’acqua e generare
Ma cosa succede esattamente quando si veri-
pericolosi maremoti. I maremoti di origine vul-
fica un forte terremoto sottomarino? Una parte
canica sono causati principalmente da eruzio-
del fondale si solleva bruscamente con uno
ni esplosive. Questo accade quando la bocca
spostamento verticale. La massa d’acqua al
eruttiva del vulcano sottomarino si trova vicino
di sopra perde il suo equilibrio e si mette in
alla superficie dell’acqua. Eruzioni di vulca-
moto, tanto che in superficie si formano una o
ni subaerei, situati in prossimità delle coste
più onde che, anche se alte solo poche deci-
(come lo Stromboli), possono produrre dense
ne di centimetri, hanno una grande lunghezza
nubi di gas e frammenti di lava che, scivolando
d’onda (distanza tra un’onda e la successiva).
ad alta velocità lungo le pendici del vulcano e
108
PARTE TERZA / MAREMOTO
precipitando in mare, spostano grandi volumi
moto. Questo, ad esempio, accadde al vulcano
d’acqua generando onde di maremoto. In caso
dell’isola di Santorini (Mar Egeo) che, intorno al
di eruzioni particolarmente violente, l’edificio
1600 a.C., a seguito di una violenta esplosione
vulcanico può crollare totalmente o in parte
provocò un maremoto che interessò gran par-
formando una caldera, ovvero quel che resta
te del Mediterraneo orientale. Ugualmente, nel
di un edificio vulcanico a seguito del collasso
1883, durante una forte eruzione, il vulcano
della camera magmatica. Se ciò accade su
Krakatoa, in Indonesia, collassò generando un
un’isola vulcanica si può verificare un mare-
maremoto con onde alte oltre 40 metri.
Figura 1. Il maremoto prodotto da un terremoto sottomarino
Figura 2. Il maremoto prodotto da frana
Figura 3. Il maremoto prodotto da attività vulcanica
109
PARTE TERZA / MAREMOTO
COSA SUCCEDE SULLE COSTE QUANDO C’È UN MAREMOTO a cura di Eutizio Vittori, Pio Di Manna, Francesco Lalli e Maria Luisa Cassese
COSA SUCCEDE SULLE COSTE? Il maremoto si manifesta come un rapido innalzamento del livello del mare o come un vero e proprio muro d’acqua che si abbatte sulle coste, causando un’inondazione. A volte si osserva un iniziale e improvviso ritiro del mare, che lascia in secco i porti e le spiagge. Le onde di maremoto hanno molta più forza rispetto alle mareggiate e sono in grado di spingersi nell’entroterra anche per molte centinaia di metri (addirittura chilometri, se la costa è molto bassa), trascinando tutto ciò che trovano lungo il percorso: veicoli, barche, alberi, serbatoi e altri materiali, che ne accrescono il potenziale distruttivo.
L’impatto di un’onda di maremoto sulla
pescherecci e rimorchiatori), alberi e altri ma-
costa produce una notevole risalita del
teriali, che ne accrescono molto il potenziale
livello del mare e l’invasione della fascia
distruttivo.
costiera. La misura della risalita è definita run-up, mentre la larghezza della fascia
La propagazione e gli effetti dell’onda in
costiera sommersa è definita inondazione
prossimità della costa sono fortemente
(Figura 1).
influenzati da fattori morfologici (come la linea di costa o la topografia del fondale marino e dell’entroterra) e antropici, legati all’uso del suolo (Figura 2)
Figura 1. Schema della penetrazione a terra del maremoto Figura 2. A sinistra, gli effetti della morfologia costiera sulla propagazione delle onde. A destra, gli effetti dell’uso del suolo sull’azione delle onde (la presenza delle strutture portuali può determinare l’amplificazione locale delle altezze delle onde)
Il run-up e l’inondazione dipendono, oltre che dall’altezza dell’onda, anche dalle caratteristiche della costa sulla quale la massa d’acqua si abbatte. Per la loro forte energia, le onde di
La presenza di insenature e di promontori
maremoto sono in grado di trascinare anche
può determinare fenomeni di amplificazio-
oggetti di grandi dimensioni che trovano lun-
ne e/o concentrazione dell’energia dell’onda,
go il percorso: veicoli, barche (inclusi grandi
così come la presenza di isole e secche può
110
PARTE TERZA / MAREMOTO
influenzare la propagazione del maremoto,
dotte idriche e/o collettori fognari possono fa-
creando fenomeni di riflessione e diffrazione
vorire la risalita e la diffusione dell’onda verso
delle onde (Tabella 1).
l’interno, determinando l’allagamento anche
L’uso del suolo e lo sviluppo urbano nelle
di aree lontane dalla costa.
aree costiere influiscono sulla propagazione del maremoto e sugli effetti diretti e indiretti a
Il grande volume d’acqua in movimento
esso connessi. Ad esempio, per la loro confor-
impartisce al maremoto una elevatissima
mazione le aree portuali possono amplificare
energia e la capacità di generare effetti
l’energia del maremoto e, per la presenza di
devastanti. La grande forza distruttiva del
infrastrutture e altre strutture legate all’attività
maremoto, come già detto, durante la pro-
dell’uomo, gli effetti possono essere particolar-
pagazione viene accresciuta dai materiali
mente rilevanti. L’onda di maremoto può risa-
che l’onda trascina con sé.
lire lungo le strade perpendicolari alla costa e propagarsi profondamente nell’entroterra. La
Basta osservare le aree colpite da un maremo-
presenza di barriere parallele alla costa (come
to, per esempio quello del Giappone dell’11
edifici, moli, murate, ecc.) può ridurre la pro-
marzo 2011, per rendersi conto della capacità
pagazione verso l’interno, pur determinando
distruttiva dell’evento (Figura 4 e figure da 5 a
un aumento locale dell’altezza dell’onda. Con-
9 nelle pagine successive).
Tabella 1 ELEMENTI TOPOGRAFICI
EFFETTI
Baia a forma di V
L’energia del maremoto risulta concentrata e il livello dell’acqua nella baia è più elevato.
Presenza di promontori
Gli effetti dovuti alla topografia del fondale e alla presenza del promontorio amplificano la forza del maremoto
Isole
Le isole influenzano le onde di maremoto e le “catturano” facendole propagare lungo l’intero loro perimetro, con percorsi orari e antiorari; quando onde con direzione opposta s’incontrano determinano un innalzamento del livello de mare; questo fenomeno può portare alla formazione di onde particolarmente alte anche sul lato dell’isola non direttamente esposto al maremoto.
Fondali poco profondi
L’altezza dell’onda di maremoto e la sua velocità di propagazione dipendono dalla profondità del fondale. In fondali poco profondi diminuisce la velocità dell’onda e ne aumenta l’altezza. Di conseguenza, il maremoto tende ad amplificare la sua energia in acque poco profonde.
Secche lontane dalla costa
Sulle secche lontane dalla costa, una singola onda di maremoto si può “rompere” in più onde.
Fiumi e torrenti
Le onde di maremoto possono risalire dalla foce lungo il corso di fiumi e torrenti, propagandosi nell’entroterra.
111
PARTE TERZA / MAREMOTO
Oltre agli effetti legati direttamente all’a-
Gli effetti prodotti da un maremoto vengono
zione dell’onda in movimento, il maremo-
valutati sulla base di scale d’intensità, che
to può innescare tutta una serie di effetti
prendono in considerazione le caratteristi-
secondari, che possono aggravare enor-
che dell’evento quando si verifica e i danni
memente lo scenario dei danneggiamen-
sull’ambiente naturale e sulle strutture pro-
ti. L’inondazione, infatti, può innescare
dotte dall’uomo. La principale scala è quella
eventi franosi, inquinamento delle falde, o
introdotta da Sieberg nel 1927 e poi modifica-
incendi. L’impatto su porti e su impianti
ta da Ambraseys nel 1962, basata su 6 gradi
industriali può produrre emissione e dif-
d’intensità. Questa scala è stata considerata
fusione di materiali inquinanti e/o radio-
dai ricercatori poco raffinata e sono state pre-
attivi, come è avvenuto nel caso di alcune
sentate altre soluzioni, fino ad arrivare, nel
aree portuali e della centrale nucleare di
2001, alla proposta di Papadopoulos & Ima-
Fukushima in Giappone nel 2011 (Figura
mura (2001), basata su 12 gradi d’intensità.
10 e Figura 11 a pagina 112).
Le due scale sono riportate in allegato.
Figura 3. Il maremoto di Honshu (Giappone), prodotto dal terremoto dell’11 marzo 2011 (magnitudo 9), ha generato onde alte in media 10 metri e fino a circa 40 metri nell’area della prefettura di Miyagi. Un vero e proprio muro d’acqua si è abbattuto sulla costa provocando una totale devastazione.
Figura 4. L’onda del maremoto del Giappone del 2011 si abbatte su una strada di Miyako City, prefettura di Iwate. Fotografia di Mainichi Shimbun, Reuters
112
PARTE TERZA / MAREMOTO
Figura 5. Effetti del maremoto dell’11 marzo 2011 lungo la costa di Arada, nella prefettura di Sendai, Giappone. Confronto tra prima (sinistra) e dopo (destra) l’evento. Fonte Google Earth
Figura 6. Effetti del maremoto dell’11 marzo 2011 nell’area del porto di Sendai, Giappone. Confronto tra prima (sinistra) e dopo (destra) l’evento. Fonte Google Earth
Figura 7. Effetti del maremoto dell’11 marzo 2011 nell’area di Sendai, Giappone. Gli edifici sono stati completamente spazzati via, restano solo le fondazioni. Fonte Google Earth
Figura 8. Inondazione prodotta dal maremoto dell’11 marzo 2011 nell’area costiera del Giappone. Fotografia di Kyodo/AP
113
PARTE TERZA / MAREMOTO
Figura 9. Alcuni esempi di navi trasportate nell’entroterra dal maremoto giapponese del 2011 e scagliate contro gli edifici Figura 10. L’onda del maremoto dell’11 marzo 2011 ha superato la barriera di protezione alta 14 metri e ha invaso la centrale di Fukushima creando grossi danni ed emissioni di materiale radioattivo (a sinistra; fotografia TEPCO). Incendio alla raffineria di petrolio di Shiogama, Giappone, a seguito del maremoto (a destra; fotografia di Kimimasa Mayama-EPA)
Figura 11. Costa giapponese, il fuoco dopo l’inondazione del maremoto del 2011. Fotografia di Yomiuri Shimburn/AFP_Getty Images
114
PARTE TERZA / MAREMOTO
SCALA DI AMBRASEYS-SIEBERG (1962) INTENSITÀ
EFFETTI
I. Molto debole
Onda percettibile solo dai mareografi
II. Debole
Onda avvertita da persone che vivono vicino alla spiaggia e hanno familiarità col mare. Osservata solo su spiagge molto piatte.
III. Abbastanza forte
Onda avvertita da tutti. Inondazione di coste a dolce pendenza. Piccole imbarcazioni spinte sulla spiaggia. Modesti danni alle strutture leggere vicino imbarcazioni spinte sulla spiaggia. Modesti danni alle strutture leggere vicino
IV. Forte
Inondazione delle spiagge fino a una altezza definita caso per caso. Leggera erosione dei terreni non consolidati. Danni alle strutture leggere prossime alla riva. Piccoli danni alle strutture in muratura sulla costa. Insabbiamento di imbarcazioni o loro trascinamento al largo. Detriti galleggianti lungo le coste.
V. Molto forte
Inondazione delle spiagge fino a una altezza definita nelle diverse zone. Danni significativi alle strutture in muratura lungo la spiaggia (banchine). Distruzione delle strutture leggere. Forte erosione. Oggetti galleggianti e animali marini sparsi sulla riva e lungo la costa. Tutti i tipi di imbarcazione, a parte le grandi navi, sono scaraventate a terra o trascinate in mare aperto. Alte ondate sugli estuari dei fiumi. Danni alle costruzioni portuali. Persone affogate. Onda accompagnata da un forte rombo.
VI. Disastroso
Totale o parziale distruzione di tutte le costruzioni fino a una determinata distanza alla spiaggia. Inondazione della costa fino a una notevole altezza. Danni forti anche alle grandi navi. Alberi sradicati e troncati. Molte vittime.
SCALA DI PAPADOPOULOS-IMAMURA (2001) Gerassimos Papadopoulos and Fumihiko Imamura,
solamente dai mareografi. Per quanto riguarda,
nel 2001, hanno proposto una scala di valutazione
infine, i danni riportati dagli edifici, hanno proposto
dell’intensità di un maremoto composta da dodici
di valutare la loro entità secondo cinque gradi:
gradi. La scala è stata realizzata considerando
• Primo grado – danni leggeri
gli effetti di un maremoto su: persone (a); cose,
• Secondo grado – danni moderati
incluse le imbarcazioni (b); edifici (c). Gli autori
• Terzo grado – danni forti
hanno, inoltre, proposto una correlazione dei gradi di
• Quarto grado – distruzione
intensità con l’altezza dell’onda e hanno classificato,
• Quinto grado – crollo totale
al primo livello della scala, un maremoto avvertito
(Vedi la scala in dettaglio nella pagina seguente)
115
PARTE TERZA / MAREMOTO
SCALA DI PAPADOPOULOS-IMAMURA (2001) INTENSITÀ
EFFETTI E DANNI
I. Non avvertito dalle persone II. Scarsamente avvertito dalle persone
a) Avvertito da poche persone a bordo di piccole imbarcazioni. Nessun effetto osservato sulla costa. b) Nessun effetto. c) Nessun danno.
III. Debole
a) Avvertito da molte persone a bordo di piccole imbarcazioni. Osservato da poche persone sulla costa. b) Nessun effetto. c) Nessun danno.
IV. Ampiamente osservato
a) Avvertito da tutti a bordo di piccole imbarcazioni e da poche persone a bordo di grandi imbarcazioni. Osservato da molte persone sulla costa. b) Vicino alla riva poche imbarcazioni di piccole dimensioni vengono mosse lentamente. c) Nessun danno.
V. Forte. (altezza dell’onda: 1 m)
a) Avvertito da tutti a bordo di grandi imbarcazioni e osservato da tutti sulla costa. Poche persone sono spaventate e corrono verso posizioni più elevate rispetto alla costa. b) Vicino alla riva molte imbarcazioni di piccole dimensioni vengono mosse con forza, alcune sbattono l’una contro l’altra, oppure si capovolgono. In alcuni casi, strati di sabbia vengono depositati sulla costa. Limitate inondazioni dei campi coltivati. c) Inondazioni di limitata entità delle strutture esterne (ad es. giardini) di costruzioni vicine alla costa.
VI. Leggeri danni. (altezza dell’onda: 2 m)
a) Molte persone sono spaventate e corrono verso posizioni più elevate rispetto alla costa. b) Vicino alla riva molte imbarcazioni di piccole dimensioni vengono mosse con violenza, sbattono con forza l’una contro l’altra oppure si capovolgono. c) Danni e inondazioni di poche strutture di legno. Molte costruzioni in muratura resistono all’onda.
VII. Dannoso (altezza dell’onda: 4 m)
a) Molte persone sono spaventate e tentano di correre verso posizioni più elevate rispetto alla costa. b) Molte piccole imbarcazioni subiscono danni. Poche imbarcazioni di grandi dimensioni oscillano con forza. Oggetti di dimensioni variabili si capovolgono e vanno alla deriva. L’onda deposita al suo passaggio strati di sabbia e cumuli di ciottoli. Poche strutture destinate all’acquacoltura vengono spazzate via. c) Molte strutture in legno vengono danneggiate, poche vengono demolite o spazzate via. Pochi edifici in muratura subiscono danni di grado 1 e inondazioni.
116
PARTE TERZA / MAREMOTO
INTENSITÀ
EFFETTI E DANNI
VIII. Forti danneggiamenti (altezza dell’onda: 4 m)
a) Tutte le persone corrono verso posizioni più elevate rispetto alla costa, poche vengono trascinate via dall’onda. b) La maggior parte delle imbarcazioni più piccole viene danneggiata, molte sono spazzate via. Molte delle più grandi imbarcazioni vengono trascinate sulla costa o sbattono l’una contro l’altra. Oggetti di grandi dimensioni vengono trascinati alla deriva. La spiaggia viene erosa e ricoperta di detriti di ogni genere. Estese inondazioni. Le foreste costiere subiscono leggeri danni. Molte strutture destinate all’acqua coltura sono spazzate via, poche di queste sono parzialmente danneggiate. c) La maggior parte delle strutture in legno viene travolta dall’onda, o demolita. Pochi edifici in muratura riportano danni di secondo grado. La maggior parte degli edifici in calcestruzzo resiste, pochi di questi riportano danni di primo grado ed inondazioni.
IX. Distruttivo (altezza dell’onda: 8 m)
a) Molte persone vengono travolte dall’onda. b) Molte piccole imbarcazioni vengono distrutte, o spazzate via. Molte imbarcazioni di grandi dimensioni vengono spostate con forza a terra, poche vengono distrutte. La spiaggia viene fortemente erosa e ricoperta di detriti di ogni genere. Si osservano localmente fenomeni di subsidenza. Parziale distruzione delle foreste costiere. Molte strutture destinate all’acqua coltura sono spazzate via e molte vengono parzialmente danneggiate. c) Molti edifici in muratura subiscono danni di terzo grado, pochi edifici in calcestruzzo subiscono danni di secondo grado.
X. Molto distruttivo (altezza dell’onda: 8 m)
a) Panico generale. La maggior parte delle persone viene trascinata via dall’onda. b) Molte imbarcazioni di grandi dimensioni sono spostate con forza sulla costa, molte vengono distrutte, oppure scaraventate contro gli edifici. Piccoli blocchi di roccia sono trasportati dal largo nell’entroterra. Le automobili vengono capovolte e spazzate via dall’onda. La benzina fuoriesce e si sprigionano incendi. Si verificano estesi fenomeni di subsidenza. c) Molti edifici in muratura riportano danni di quarto grado, pochi edifici in cemento armato riportano danni di terzo grado. Gli argini artificiali collassano, i frangiflutti nei porti vengono danneggiati.
XI. Devastante (altezza dell’onda: 16 m)
b) Le linee di comunicazione vengono interrotte. Divampano grandi incendi. La risacca porta alla deriva automobili ed altri oggetti. Grossi macigni vengono trascinati dal fondale all’entroterra. c) Molti edifici in muratura riportano danni di quinto grado. Pochi edifici in cemento armato riportano danni di quarto grado, molti riportano danni di terzo grado.
XII. Completamente devastante (altezza dell’onda: 32 m)
c) Tutti gli edifici in muratura vengono demoliti. Molti edifici in cemento armato riportano danni di terzo grado.
117
PARTE TERZA / MAREMOTO
RISCHIO MAREMOTO IN ITALIA a cura di Eutizio Vittori, Pio Di Manna, Francesco Lalli, Maria Luisa Cassese, Alessandra Maramai e Concetta Nostro
L’ITALIA È A RISCHIO MAREMOTO? Tutte le coste del Mediterraneo sono a rischio maremoto a causa dell’elevata sismicità e della presenza di numerosi vulcani attivi, emersi e sommersi. Negli ultimi mille anni, lungo le coste italiane, sono state documentate varie decine di maremoti, solo alcuni dei quali distruttivi. Le aree costiere più colpite sono quelle della Sicilia orientale, della Calabria, della Puglia e dell’arcipelago delle Eolie. Tuttavia, maremoti di modesta entità si sono registrati anche lungo le coste liguri, tirreniche e adriatiche. Bisogna inoltre considerare che le coste italiane possono essere raggiunte da maremoti generati in aree del Mediterraneo lontane dal nostro Paese.
Il più antico maremoto italiano di cui si ha no-
adriatiche. Bisogna inoltre considerare che
tizia, grazie alle descrizioni di Plinio il Giovane,
le coste italiane possono essere raggiunte da
è associato alla famosa eruzione del Vesuvio
maremoti generati in aree del Mediterraneo
del 79 d.C. che distrusse Pompei ed Ercolano.
lontane dal nostro Paese (ad es. a causa di
Plinio riporta la notizia che il secondo giorno
un forte terremoto nelle acque della Grecia).
dell’eruzione un forte ritiro del mare nel gol-
Alcuni dei maremoti distruttivi avvenuti nel
fo di Napoli lasciò in secca molti pesci sulla
Mediterraneo hanno prodotto effetti anche
spiaggia. La descrizione è quella di un pro-
lungo le coste italiane.
babile debole maremoto che si è manifestato con il ritiro del mare e che non ha prodotto nessuna inondazione, o almeno non rilevante. Tutte le coste del Mediterraneo, seppure in misura diversa, sono a rischio maremoto a causa dell’elevata sismicità e della presenza di numerosi vulcani attivi, emersi e sommersi. Negli ultimi mille anni, lungo le coste italiane, sono state documentate varie decine Figura 1. Principali eventi di maremoto documentati nell’area del Mar Mediterraneo, dal 79 d.C. ad oggi. Fonte Ingv
di maremoti, solo alcuni dei quali distruttivi (1627, 1693, 1783, 1887, 1908 - Figura 1). Le aree costiere più colpite sono quelle
Il maremoto del 1783, in Calabria e Sicilia, fu
della Sicilia orientale, della Calabria, della
prodotto da una frana, indotta dal terremo-
Puglia e dell’arcipelago delle Eolie. Tuttavia,
to. La frana si staccò dal versante di Monte
maremoti di modesta entità si sono registra-
Campalla (o Monte Paci), lungo la costa ca-
ti anche lungo le coste liguri, tirreniche e
labra tirrenica, nel territorio di Scilla (RC). A
118
PARTE TERZA / MAREMOTO
Scilla, gli abitanti, che dopo il terremoto si
cune fonti, quelle legate al maremoto furono
erano rifugiati sulla spiaggia, furono investi-
almeno 10mila.
ti dall’onda che produsse circa 1500 vittime Il più recente maremoto che ha colpito le
(Figura 2).
coste italiane è stato quello indotto dalla Il maremoto più disastroso degli ultimi
frana della Sciara del Fuoco di Strombo-
1000 anni in Italia è stato quello del 28
li, del 30 dicembre 2002. L’onda di ma-
dicembre 1908: a seguito del terremoto
remoto è stata avvertita nelle Isole Eolie,
nello Stretto di Messina (magnitudo Mw
sulle coste della Sicilia Settentrionale,
7.1), le coste della Sicilia orientale e del-
della Calabria tirrenica e fino alle coste
la Calabria furono devastate da onde che
salernitane della Campania.
causarono gravissimi danni e raggiunsero un run-up (altezza massima raggiunta
Il maremoto ha determinato effetti significativi
dall’acqua durante un maremoto, rispetto
soltanto lungo le coste dell’isola di Strombo-
al livello del mare) di oltre 13 metri.
li, dove le onde hanno raggiunto le massime altezze. Valori di run-up prossimi ai 10 metri
Il maremoto amplificò fortemente gli effetti del
sono stati registrati nel settore nordorientale
terremoto che l’aveva preceduto di alcuni mi-
dell’isola, lungo le spiagge di Piscità e Fico-
nuti, devastando l’area costiera e producendo
grande. Qui il maremoto ha prodotto l’inon-
un gran numero di vittime (Figure 3, 4 e 5 nel-
dazione della costa e delle parti più basse del
le pagine successive). Terremoto e maremoto
villaggio di Stromboli, causando danni alle
produssero circa 80mila vittime e, secondo al-
abitazioni (Figura 6 – 9).
Figura 2. A sinistra: tratto della costa di Scilla colpito dal maremoto del 6 febbraio 1783 (da Graziani et al., 2006). A destra: la frana di Monte Campalla e alcuni effetti prodotti dall’onda di maremoto del 6 febbraio 1783 (Disegno di Pompeo Schiantarelli, 1784)
119
PARTE TERZA / MAREMOTO
Figura 3. Distribuzione dei valori di run-up e inondazione prodotti dal maremoto del 1908 nello Stratto di Messina. Entrambi i valori sono in metri
Figura 4. Tratto della costa calabra dopo il maremoto del 1908; il tratto di costa appare completamente devastato dal maremoto che ha asportato anche le macerie prodotte dal terremoto; in primo piano è visibile solo il pavimento del villino Palladini. Fonte Società Fotografica Italiana, Firenze - Officine Grafiche Bertieri e Vanzetti, Milano
120
PARTE TERZA / MAREMOTO
Figura 5. Messina, Corso Vittorio Emanuele, prima e dopo il terremoto/maremoto del 1908. Fonte: foto a sinistra, Edizioni Broni, Messina; foto a destra, Underwood e Undervood
6
7
8
9
121
PARTE TERZA / MAREMOTO
La tabella riporta l’elenco dei maremoti italiani di maggiore intensità. L’intensità è basata sulla scala Ambraseys-Sieberg da I a VI gradi ANNO
MESE
GIORNO
AREA
INTENSITÀ
CAUSA
EFFETTI DEL MAREMOTO
1169
Febbraio
4
Sicilia Orientale
IV
Terremoto
A Catania e Messina, ritiro del mare seguito da forte inondazione con danneggiamenti.
1627
Luglio
30
Gargano
V
Terremoto
Ritiro del mare, prosciugamento del Lago di Lesina. Inondazione a Manfredonia.
1693
Gennaio
11
Sicilia Orientale
V
Terremoto
Inondazione di tutta la costa orientale, maggiori danni a Augusta e Siracusa, vittime a Catania.
1783
Febbraio
5
Calabria tirrenica
IV
Terremoto
Forte ritiro del mare e inondazione nelle coste dello Stretto di Messina. Danni e qualche vittima.
1783
Febbraio
6
Calabria tirrenica
V
Frana da terrmoto
Caduta in mare di parte di una montagna a Scilla. Onde 6-9m, gravi danni e 1500 vittime a Scilla.
1823
Marzo
5
Sicilia Settentrionale
IV
Terremoto
A Cefalù alcune grandi onde, barche trasportate a terra e distrutte.
1836
Aprile
25
Calabria Ionica
IV
Terremoto
A Rossano e Corigliano. Forte ritiro del mare e inondazione con danni a barche e capanne di pesca.
1905
Settembre
8
Calabria Tirrenica
IV
Terremoto
Inondazioni fino a 30m a Pizzo, Scalea, Bivona, Tropea, con danni a barche e baracche sulla spiaggia.
1908
Dicembre
28
Stretto Messina
VI
Terremoto
Forte ritiro e inondazione dalla Sicilia orientale alla Calabria ionica. Onde fino a 13m. Distruzione, migliaia di vittime.
1930
Ottobre
30
Adriatico Centrale
IV
Terremoto
Inondazione e lievi danni nel porto di Ancona.
1944
Agosto
20
Isole Eolie
IV
Eruzione
A Stromboli caduta di materiale eruttivo in mare. Onde, inondazione fino a 300 m, 1 casa distrutta.
2002
Dicembre
30
Isole Eolie
V
Eruzione
A Stromboli caduta di materiale eruttivo in mare. Run-up 11 metri, gravi danni a case e alberghi.
122
PARTE TERZA / MAREMOTO
I GRANDI TERREMOTI E MAREMOTI NEL MONDO a cura di Concetta Nostro e Alessandra Maramai Terremoti e maremoti sono collegati fra di loro.
regione del Giappone – Taiwan, ma non tut-
Ad esempio, il fortissimo terremoto (magni-
ti sono stati distruttivi. Le coste del Giappone
tudo Mw 8.7) del 1° Novembre 1755 che di-
sono particolarmente colpite per il grande nu-
strusse la città di Lisbona fu seguito da un vio-
mero di terremoti sottomarini che si verificano
lento maremoto con onde alte fino a 12 metri.
nella zona antistante le coste e per l’imponen-
Il maremoto si abbatté sulle coste del Porto-
te massa d’acqua che si propaga nell’oceano
gallo, della Spagna e del Nord Africa, provo-
senza alcun ostacolo che ne smorzi la potenza.
cando più di 30mila vittime.
Vediamo i quattro terremoti più forti della sto-
Guardando la figura 1, che riporta i 17 terre-
ria recente che hanno causato anche grandi
moti più forti al mondo dal 1900 ad oggi, pos-
maremoti.
siamo vedere che, a parte quello del 1950 in
Il 22 Maggio 1960 avvenne, in Cile, il più vio-
Tibet, si tratta di terremoti che hanno origine
lento sisma del XX secolo, di magnitudo Mw
nelle zone di subduzione (le aree dove una
9.5. L’evento fu seguito da un’onda di mare-
delle placche che compongono la crosta ter-
moto. Terremoto e maremoto uccisero circa
restre scivola sotto una placca confinante).
2.400 persone e provocarono gravi danni. Sul-
In molti casi questi terremoti hanno provoca-
la costa più vicina all’epicentro (Isla Chiloe) si
to anche un maremoto. La maggior parte di
abbatterono onde alte fino a 25 metri, 10-15
essi è avvenuta lungo la fascia circumpacifica,
minuti dopo il terremoto. Alle Hawaii (Hilo Bay)
detta “anello di fuoco”, mentre gli altri hanno
le onde di maremoto arrivarono 15 ore dopo,
interessato l’Indonesia. In effetti il 30% circa
raggiungendo 11 metri d’altezza. Sulle coste
dei maremoti del Pacifico si è verificato nella
del Giappone giunsero onde di sei metri, dopo
Figura 1. I più forti terremoti dal 1900 ad oggi. Come la mappa mostra chiaramente, tutti i grandi terremoti sono avvenuti lungo i bordi delle placche che dividono la crosta terrestre (vedi relativa tabella a pag 125)
123
PARTE TERZA / MAREMOTO
Figura 2. Distribuzione degli eventi di maremoto documentati negli ultimi 2000 anni. Elaborazione da dati NOAA - National Oceanic And Atmospheric Administration
aver percorso circa 10mila chilometri in 22 ore.
e Pacifico, ed è stato segnalato in Nuova Ze-
Il 27 Marzo 1964, in Alaska, un terremoto di
landa, Antartide e lungo le coste occidentali e
magnitudo Mw 9.2 scosse un’area lunga circa
orientali del Sud e del Nord America.
1.600 chilometri e larga 300, causando movi-
Il 27 febbraio 2010 un terremoto di magni-
menti verticali di circa due metri. Il maremoto
tudo Mw 8.8 a largo del Cile ha prodotto un
che ne seguì si abbatté su zone poco abitate,
grande maremoto che ha colpito parecchie
provocando comunque 160 vittime e grossi dan-
città lungo la costa centro-meridionale del Cile
ni nelle isole Kodiak, a Vancouver, nelle Hawaii
e ha causato danni minori perfino in California
e negli stati di Washington e California, dove le
e in Giappone.
onde raggiunsero altezze tra i due e i sei metri.
L’11 Marzo 2011 si è verificato il più forte ter-
Il 26 Dicembre 2004 un terremoto di magnitu-
remoto che abbia mai colpito il Giappone. Un
do Mw 9.1, al largo delle coste di Sumatra, ha
sisma di magnitudo Mw 9.0 con epicentro al
dato luogo al più grande maremoto degli ultimi
largo delle coste giapponesi ha prodotto uno
40 anni. Nessun altro maremoto del passato
spostamento verticale del fondale marino da
ha fatto tante vittime: oltre 280mila. Le onde
cinque a otto metri e ha causato un gigan-
hanno investito tutti gli stati che circondano il
tesco maremoto che si è propagato in tutto
golfo del Bengala, causando anche danni in
l’Oceano Pacifico, raggiungendo le coste del
Somalia, Kenia, Tanzania, Madagascar, Mauri-
nord e sud America, dall’Alaska al Cile, dove
tius, Mozambico, Sud Africa, Australia. Il ma-
sono arrivate onde alte due metri. Sulla costa
remoto ha attraversato due oceani, Atlantico
più vicina all’epicentro si abbatterono, cir-
124
PARTE TERZA / MAREMOTO
ca un’ora dopo il terremoto, onde alte fino a
Nel 1883 la grande eruzione del vulcano in-
40 metri. Il sistema di allarme del Giappone
donesiano Krakatoa nello stretto della Sonda,
aveva emesso un comunicato che prevedeva
tra le isole di Sumatra e Giava, diede origine
onde alte fino a tre metri che avrebbero col-
ad almeno tre onde che fecero oltre 36mila
pito le coste dopo circa 30 minuti dal sisma e
vittime. Le onde arrivarono fino a 37 metri di
sulla base di questo comunicato erano state
altezza e distrussero tutte le città e i villag-
immediatamente fatte le relative considerazio-
gi lungo le coste dello Stretto della Sonda.
ni sulle modalità di evacuazione, coerenti con
L’energia fu tale che blocchi di corallo pe-
piani di emergenza elaborati precedentemen-
santi fino a 300 tonnellate furono trasportati
te. In realtà la stima dell’altezza delle onde era
nell’entroterra.
assolutamente sbagliata e la sottostima delle dimensioni del maremoto ha fatto sì che i
Nel corso dei secoli nel Mediterraneo sono
danni e il numero delle vittime siano stati mol-
stati documentati oltre 300 maremoti,
to più elevati di quanto previsto. Nella zona
una ventina dei quali distruttivi. Le co-
di Sendai l’acqua è penetrata fino a 10 km
ste più colpite sono quelle della Grecia e
nell’entroterra e a Fukushima l’inondazione
dell’Italia, in particolare Sicilia e Calabria.
ha causato gravi danni alla centrale nucleare. Migliaia di abitanti in un raggio di 20 km dalla
L’evento più devastante è accaduto intorno al
centrale sono stati evacuati e si è prodotto un
1600 a.C., per l’esplosione del vulcano San-
grave disastro ambientale.
torini, con onde stimate tra i 50 e i 90 metri
Poiché sappiamo che i maremoti non sono cau-
di altezza. Oggi, i resti dell’isola di Santorini,
sati solo da forti terremoti, ma anche da eruzioni
con la baia interna al piccolo arcipelago di iso-
vulcaniche o frane, vediamo altri esempi.
le, danno bene l’idea di quanto era grande il vulcano prima di esplodere. Il maremoto che seguì si propagò con una velocità di oltre 300 km/h e in poco tempo raggiunse le coste della Turchia meridionale. Meno di tre ore dopo la Siria, l’Egitto e la Palestina furono devastati dalle onde. Alcuni pensano che questa catastrofe naturale abbia causato la scomparsa della civiltà minoica, sull’isola di Creta, e forse abbia fatto nascere il mito della perduta città di Atlantide.
Figura 3. in rosso la zona di origine del terremoto che ha provocato il maremoto di Sumatra nel 2004. I numeri sulle linee concentriche indicano dopo quante ore l’onda di maremoto ha raggiunto un dato luogo
125
PARTE TERZA / MAREMOTO
Figura 4. Abbattendosi sulla terreferma, un maremoto può anche modificare la conformazione del terreno e perfino la linea costiera. Sopra, le coste di Banda Aceh, Indonesia, prima e dopo l’onda di maremoto del 2004. Le zone senza vegetazione sono quelle raggiunte dal maremoto
Figura 5. Effetti del maremoto del Giappone, 2011
126
PARTE TERZA / MAREMOTO
I più forti terremoti dal 1900 ad oggi (vedi figura 1 a pag 121)
N.
ANNO
MESE
GIORNO
AREA
MAGNITUDO MW
MAREMOTO
1
1960
05
22
Cile
9.5
Sì
2
1964
03
27
Alaska
9.2
Sì
3
2004
12
26
Costa Nord-occidentale di Sumatra, Indonesia
9.1
Sì
4
2011
03
11
Costa orientale di Honshu, Giappone
9.0
Sì
5
1952
11
04
Kamchatka
9.0
Sì
6
2010
02
27
Cile
8.8
Sì
7
1906
01
31
Al largo della costa dell’Ecuador
8.8
Sì
8
1965
02
04
Alaska
8.7
Sì
9
2012
04
11
Sumatra settentrionale, Indonesia
8.6
No
10
2005
03
28
Sumatra settentrionale, Indonesia
8.6
Sì
11
1957
03
09
Alaska
8.6
Sì
12
1950
08
15
Assam - Tibet
8.6
No
13
2007
09
12
Sumatra meridionale, Indonesia
8.5
No
14
1963
10
13
Isole Curili
8.5
Sì
15
1938
02
01
Mar di Banda, Indonesia
8.5
Sì
16
1923
02
03
Kamchatka
8.5
Sì
17
1922
11
11
Confine Cile – Argentina
8.5
Sì
127
PARTE TERZA / MAREMOTO
PER SAPERNE DI PIÙ • C. Nostro, E. Baroux, A. Tertulliani, P. Casale, C. Castellano, M. G. Ciaccio, A. Frepoli, L. Graziani, A. Maramai, M. Pignone, N. A. Pino, R. Luciani, M. Pignone, F. Di Laura. Terremoti e Maremoti, Ingv, Giunti Progetti Educativi, 2010. • NOAA – The National Oceanographic and Atmospheric Administration http://www.noaa.gov http://www.education.noaa.gov • Battaglia Antonella, Tsunami, 26 dicembre 2004. Cronaca di una tragedia, Parisi, 2005. • Cecchini Sergio, Sisa Tsunami. Diari dal cuore del maremoto, Infinito, 2005. • L’onda killer Tsunami, USA, National Geographic Video, 2004, DVD (70 min.). • Tsunami, Ingv, 2010, DVD (15 min.), disponibile anche all’indirizzo: http://www.youtube.com/Ingvterremoti.
128
PARTE TERZA / MAREMOTO
QUANDO AVVERRÀ IL PROSSIMO MAREMOTO?
a cura di Marzia Santini, Antonella Scalzo,
Antonio Ricciardi, Emilio Iannarelli
QUANDO AVVERRÀ IL PROSSIMO MAREMOTO? Non è possibile saperlo: può verificarsi in qualsiasi momento. Sui maremoti sappiamo molte cose, ma nessuno è in grado di prevedere quando e dove si verificheranno.
Poiché le cause dei maremoti, come abbiamo
che”, ossia delle aree del fondale marino
visto, sono essenzialmente legate a terremo-
dove è stata rilevata la presenza di faglie
ti, frane e attività vulcanica sottomarina, nella
capaci di originare terremoti di intensità
maggior parte dei casi non è possibile preve-
tale da innescare maremoti.
dere quando essi si verificheranno. Attraverso modelli matematici, è possibile simuPer poterli prevedere, infatti, dovremmo es-
lare le onde di maremoto che si generano vicino
sere in grado di sapere in anticipo quando
a queste faglie sottomarine e calcolarne l’ipote-
si verificheranno i fenomeni che li possono
tica propagazione. Si possono inoltre stimare
generare, cosa che allo stato attuale delle
l’altezza dell’onda e i tempi di arrivo sulle coste.
conoscenze non è assolutamente possibile.
Questi modelli sono un valido aiuto per lo studio
Ciò che invece è noto è la localizzazione
del fenomeno, ma non forniscono risultati certi.
della maggior parte delle faglie sottomari-
L’unico dato certo è quello registrato dalle reti di
ne capaci di generare terremoti, e quindi
monitoraggio sismico nel momento in cui si ve-
maremoti. La mappa sottostante riporta la
rifica un terremoto, e quello registrato dalle reti
distribuzione, nel Mediterraneo, di alcune
di monitoraggio ondametrico e mareografico,
delle più importanti “zone sismogeneti-
quando si propagano le onde di maremoto.
Figura 1. Principali zone sismogenetiche del Mar Mediterraneo - Papadopolus (Oxford Univ. Press, 2009)
129
PARTE TERZA / MAREMOTO
COSA FARE PER RIDURRE IL RISCHIO MAREMOTO a cura di Marzia Santini, Antonella Scalzo, Antonio Ricciardi, Emilio Iannarelli, Eutizio Vittori, Pio Di Manna, Francesco Lalli, Maria Luisa Cassese, Alessandra Maramai e Concetta Nostro
CHE COSA SI PUÒ FARE PER RIDURRE IL RISCHIO? Occorre innanzitutto approfondire il fenomeno attraverso lo studio dei maremoti del passato e dei modelli di propagazione delle onde, e continuare a monitorare gli eventi. Queste conoscenze permettono una migliore pianificazione del territorio e la realizzazione di interventi di messa in sicurezza delle aree produttive a rischio. Sono inoltre importanti per predisporre piani di emergenza più efficaci. Nei paesi che si affacciano sugli oceani Pacifico e Indiano, dove generalmente i tempi di arrivo dell’onda di maremoto sono dell’ordine di ore, sono attivi sistemi di allertamento rapido (Early Warning). Anche i paesi del Mediterraneo stanno lavorando alla realizzazione di sistemi analoghi, che avranno comunque dei limiti rispetto a quelli degli oceani: infatti, in un mare poco ampio, i tempi di arrivo delle onde sono molto brevi e questo riduce i tempi utili per allertare la popolazione. Essere consapevoli e preparati è il modo migliore per prevenire e ridurre le conseguenze di un maremoto.
LO STUDIO DEI MAREMOTI DEL PASSATO
geografiche. Per le coste italiane il primo catalogo risale agli anni ’80, e negli ultimi anni
Lo studio dei maremoti del passato, sia
l’Ingv ha realizzato un catalogo per l’intero ba-
documentati storicamente che precedenti
cino del Mediterraneo (incluse, ovviamente,
(paleotsunami), risulta di grande impor-
le coste italiane) che è attualmente in pubbli-
tanza, in quanto fornisce elementi fonda-
cazione. Il catalogo è stato realizzato attraver-
mentali per la conoscenza del fenomeno,
so lo studio dettagliato delle fonti bibliografi-
su come si è manifestato, sulle aree col-
che coeve e postume reperibili in letteratura:
pite e sugli effetti prodotti. Tutti questi
in base alla qualità delle fonti disponibili e
elementi sono necessari per la definizione
alla completezza delle informazioni riportate,
degli scenari degli eventi, che sono dati di
ad ogni maremoto inserito nel catalogo viene
base per le attività di pianificazione territo-
attribuita una “attendibilità”, ossia un valore
riale, predisposizione di piani di protezio-
che indica quanto un evento è da conside-
ne civile e attuazione degli stessi in fase
rarsi reale e ben documentato. L’utilizzo dei
emergenziale.
cataloghi consente di identificare quali sono le aree costiere che hanno subito in passato
A questo scopo, strumenti essenziali sono
eventi di maremoto e che quindi, presumibil-
i cataloghi dei maremoti che, sin dagli anni
mente ne subiranno anche in futuro. Permet-
’60, sono stati compilati per le diverse aree
te, inoltre, di conoscere le caratteristiche dei
130
PARTE TERZA / MAREMOTO
Figura 1. A destra, disegni relativi al maremoto del 6 febbraio 1783; a sinistra, mappa dei territori colpiti dal terremoto del 1627 in Puglia
maremoti (intensità, propagazione, altezza
precedenti. (Tip. della R. Accademia dei Lin-
onde, ecc.) nelle diverse zone.
cei, 1909 - Figura 2).
I cataloghi dei maremoti, tuttavia, coprono pe-
L’area mediterranea è particolarmente favorita
riodi di tempo piuttosto limitati, dell’ordine di
in tal senso, infatti la presenza di antiche civiltà
qualche migliaio di anni. Per ottenere informa-
lungo le coste del Mar Mediterraneo ci ha la-
zioni su possibili maremoti avvenuti in epoche
sciato fonti documentali che si spingono molto
molto più remote, quelli che vengono definiti
indietro nel tempo. Molte di meno sono invece
comunemente paleotsunami, negli ultimi de-
le testimonianze per le aree degli oceani Paci-
cenni si sono sviluppati studi basati su osserva-
fico (con l’eccezione del Giappone) e Atlantico.
zioni dirette sul terreno. Il metodo usato è quel-
Comunque, le informazioni scritte diventano
lo di eseguire perforazioni fino a qualche metro
sempre più rare e meno precise andando in-
di profondità (tre - cinque metri) in zone costie-
dietro nel tempo, lasciando sempre maggiori
re considerate a rischio maremoto in base ai
incertezze. Altri metodi di studio, a carattere
dati riportati nei cataloghi. I sedimenti rinvenuti
tipicamente geologico, vengono allora in aiuto,
vengono analizzati e datati per identificare pos-
consentendo di spingere le nostre osservazioni
sibili depositi di materiale lasciati da maremoti
nel passato preistorico (paleotsunami) quando
avvenuti in epoche lontane.
ne sia rimasta traccia nei sedimenti costieri,
Per gli eventi storici più recenti sono disponi-
o anche meglio caratterizzare gli eventi storici
bili molte cronache, cartografie, disegni, foto-
più antichi. Infatti, i maremoti sono in grado di
grafie, cartoline e anche relazioni tecniche di
produrre effetti anche permanenti sull’ambien-
commissioni istituite per la stima dei danni e
te costiero, fino a modificare le caratteristiche
per le azioni di ricostruzione (Figura 1 e Figu-
della linea di costa, attraverso fenomeni di ero-
ra 2 nella pagina seguente). Per esempio, il
sione e/o deposizione. Essi possono, quindi,
terremoto ed il maremoto del 1908 sono ben
lasciare evidenze di tipo geologico e/o di tipo
documentati nella relazione della Commissio-
geomorfologico, ovvero sedimenti e/o forme
ne reale incaricata di designare le zone più
caratteristiche e, attraverso lo studio di tali evi-
adatte per la ricostruzione degli abitati colpiti
denze (tsunamiti), è possibile ricavare preziose
dal terremoto del 28 dicembre 1908 o da altri
informazioni sull’evento che le ha generate.
131
PARTE TERZA / MAREMOTO
come è avvenuto lungo la costa sudorientale iblea, (Sicilia sudorientale), in occasione degli eventi del 1169 e del 1693, e probabilmente di altri maremoti precedenti (Figura 3 e Figura 4).
Figura 3. Massi di grosse dimensioni presenti lungo il tratto di costa tra Augusta e Siracusa. Scicchitano et al. (2007) attribuiscono tali depositi ai maremoti del 1169 e 1693
Figura 2. Alcune delle fonti storiche disponibili per il terremoto e maremoto del 1908
In aree particolarmente favorevoli alla conservazione delle tracce di antichi maremoti, come per esempio le aree dei laghi e delle lagune costiere (ma anche marine prossime alla costa), si possono trovare depositi tsunamigenici, ovvero con un’origine indiscutibilmente legata all’azione di un maremoto. Maremoti particolarmente violenti posso strappare dalla costa anche grossi massi e spingerli nell’entroterra,
Figura 4. Due dei 175 massi presenti sulla piattaforma marina nell’area di Vendicari (Sicilia sudorientale) interpretati come depositi da maremoto (De Martini et al., 2012)
132
PARTE TERZA / MAREMOTO
In particolare, il maremoto più antico di cui si rinvengono evidenze abbastanza continue lungo la costa siciliana è quello del 365 d.C. originato da un forte terremoto nel Mar Egeo (Creta), mentre di altri precedenti si hanno evidenze sporadiche e talvolta di non facile interpretazione e/o datazione. Altri autori (Smedile et al., 2008) individuano paleotsunami nell’area di Augusta e di Priolo, che datano in 3 finestre temporali: 570-122 a.C.; 100-800 a.C.; 2100-1635 a.C. (Figura 7).
Figura 5. Evidenze geologiche di maremoti che hanno interessato la costa orientale della Sicilia. Le linee colorate a tratto continuo identificano i tratti di costa inondati dai corrispondenti maremoti; la linea a tratteggio indica la costa inondata da maremoti sconosciuti. I rettangoli colorati indicano la porzione di costa inondata da eventi locali. Fonte: De Martini et al. (2012)
Nell’area di Vendicari, De Martini et al. (2012) hanno studiato 175 massi di grosse dimensioni ubicati a 5 m slmm (sul livello medio del mare) Figura 6. Tre differenti depositi da maremoto rinvenuti in sondaggio ad Augusta (AU-02), Priolo (PR-02) e Morghella (MOR-T02). De Martini et al., 2012
al di sopra di una piattaforma di abrasione marina larga 50-70 metri. Tali massi sono stati interpretati come depositi di due eventi di maremoto che si sono verificati nei periodi: 660-940 d.C. e 1700-1950. Gli stessi autori, in quest’ultima finestra temporale, ritengono più probabile attribuire i massi al maremoto del 1693, che ha prodotto disastrosi effetti nell’area siracusana, ben descritti nelle fonti storiche. Le aree di costa bassa e di laguna protetta lungo la costa orientale della Sicilia presentano condizioni favorevoli a rappresentare trappole per depositi da tsunami. Gli studi condotti sui sedi-
Figura 7. Evidenze geologiche di paleotsunami nelle baie di Augusta e Priolo (Sicilia sudorientale). Sono state ritrovate evidenze di cinque eventi. Le informazioni hanno consentito di stimare un tempo di ritorno di 350 anni e valutare un’ingressione massima di 500 metri. Fonte: Smedile et al. (2008)
menti delle paludi costiere hanno consentito di individuare tsunamiti riferibili a diversi maremoti del passato (Figura 5, Figura 6, Figura 7).
133
PARTE TERZA / MAREMOTO
Le aree del Pacifico presentano un’elevata
L’insieme delle informazioni disponibili sui ma-
pericolosità da maremoto, ma hanno anche
remoti, che in passato hanno colpito una data
una minore ricchezza di fonti storiche rispet-
area geografica, sono fondamentali per la defi-
to all’area mediterranea. Tuttavia, nelle Isole
nizione di chiari scenari di evento.
Hawaii e in Giappone, si tramandano molte leggende e una grande sensibilità verso il fe-
Le informazioni storiche e le evidenze ge-
nomeno del maremoto. In particolare lungo
ologiche ci consentono, infatti, di stima-
le coste giapponesi, colpite dal maremoto del
re l’energia dell’evento, di definire i valori
2011, si trovano centinaia di cippi (tsunamis
massimi di run-up e d’inondazione speri-
warning stones, vedi fig. 8) che invitano la po-
mentati dai diversi settori costieri. Tutte
polazione a non costruire la propria casa al di
queste informazioni posso confluire nella
sotto del limite indicato dalla pietra (Figura 8
redazione di dettagliate mappe d’inonda-
e Figura 9). Tali pietre sono state posizionate
zione, che consentono di valutare i livelli
lungo costa dagli antenati
di pericolosità per le diverse aree costiere
dei giapponesi di oggi, a
e sono fondamentali per la stima del ri-
indicare il limite raggiun-
schio e la definizione di interventi di miti-
to da un evento di ma-
gazione (Figura 10).
remoto avvenuto circa 600 anni fa.
Inoltre, i dati sui maremoti del passato sono importanti come supporto per gli studi di mo-
Figura 8. Cippi presenti lungo le coste giapponesi, che invitano la popolazione a non costruire la propria casa a quota inferiore a quella indicata dalle pietre monumentali. Le pietre indicano il limite raggiunto da un maremoto avvenuto circa 600 anni fa
dellazione. Essi, infatti, consentono la verifica dei risultati dei modelli e la loro validazione. Lo sviluppo di metodologie di modellazione sempre più accurate consente di utilizzare tali
A
B
Figura 9. A sinistra, il cippo al limite del maremoto di 600 anni fa; a destra, gli effetti prodotti da maremoto del 2011, circa 100 metri a valle, lungo la stessa strada, nella Prefettura di Miyako
134
PARTE TERZA / MAREMOTO
tecniche anche nelle aree dove mancano dati
veglianza e la prevenzione hanno un ruolo più
storici, con sempre maggiore attendibilità.
importante. Abbiamo visto che è impossibile prevedere un terremoto: quindi se accade bisogna contare sulla tempestività e l’efficienza dei soccorsi. Per questo è necessario che le strutture di protezione civile abbiano informazioni rapide e precise sulla localizzazione del terremoto, la sua magnitudo e le zone interessate. Questi dati si possono avere solo
Figura 10. Esempio di mappe d’inondazione prodotte a partire dai dati storici; le mappe si riferiscono al settore della costa calabra maggiormente colpito dal maremoto del 28 dicembre 1908. Fonte: Di Manna et al. (2009)
grazie a un’ampia distribuzione delle reti di sorveglianza sismica. Esistono molte reti sismiche a livello locale, nazionale e interna-
IL MONITORAGGIO SISMICO
zionale che inviano i propri dati ai centri di
Per difendersi dalle catastrofi naturali è fonda-
raccolta dati nazionali e internazionali.
mentale che i Paesi collaborino fra di loro, non solo intervenendo con aiuti quando il disastro
Il più importante centro dati europeo è il Csem
è già accaduto, ma tenendo conto che la sor-
- Centro Sismologico Euro-mediterraneo: qui
Figura 11. In questo planisfero sono evnidenziati i più importanti nodi della rete mondiale per la sorveglianza sismica e il monitoraggio dei maremoti. I dati raccolti e trasmessi dalla rete non servono solo a scopo di studio e informazione, ma sono preziosi per intervenire tempestivamente in caso di terremoto o maremoto
135
PARTE TERZA / MAREMOTO
Tabella 1. I principali centri di sorveglianza sismica, raccolta dati sismici e monitoraggio dei maremoti CENTRO
CITTÀ
NAZIONE
CSEM
Centro Sismologico Euro-Mediterraneo
Parigi
Francia
http://www.emsccsem.org
Ingv
Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
Roma
Italia
www.ingv.it
Parigi
Francia
geoscope.ipgp.fr
Geoscope GFZ
GeoForschungsZentrum
Potsdam
Germania
www.gfz-potsdam.de
IRIS
Incorporated Research Institutions for Seismology
Washington DC
USA
www.iris.edu
ISC
International Seismological Centre
Londra
Regno Unito
www.isc.ac.uk
JATWC
Joint Australian Tsunami Warning Centre
Melbourne
Australia
www.bom.gov.au/ tsunami
JMA
Japan Meteorological Agency
Tokio
Giappone
www.jma.go.jp
MedNet
Mediterranean Network
Roma
Italia
mednet.rm.ingv.it
ORFEUS
Observatories and Research Facilities for European Seismology
De Bilt
Paesi Bassi
www.orfeus-eu.org
PTWC
Pacific Tsunami Warning Center National Oceanic and Atmospheric Administration
Hawaii
USA
ptwc.weather.gov
SNAM
Sistema Nacional de Alarma de Maremotos del Servicio Jodrografico y Oceanografico de la Armada
Valparaiso
Cile
www.snamchile.cl
USGS
U.S. Geological Survey
Denver
USA
earthquake.usgs.gov
vengono raccolti i dati di tutte le reti europee e
della distribuzione, su tutto il globo, di stazioni
del bacino mediterraneo, dando così un valido
sismiche di elevata qualità. Il centro informati-
supporto ai vari centri nazionali di sorveglianza.
vo di maggior prestigio e affidabilità per quan-
A livello mondiale, la Fdsn - Federazione delle
to riguarda la sismicità mondiale è senz’altro il
Reti Sismiche Digitali a Larga Banda promuo-
NEIC - National Earthquake Information Center
ve lo scambio di dati e cura l’ottimizzazione
del USGS - U.S. Geological Survey.
136
PARTE TERZA / MAREMOTO
Dal momento che, come abbiamo detto, la
guenti: temperatura dell’acqua, pH, conduci-
maggior parte dei maremoti distruttivi è cau-
bilità e redox.
sata da terremoti, le reti sismiche e lo scambio
Tutte le stazioni sono dotate di un sistema
dei dati tra nazioni in tempo reale è determi-
locale di gestione e memorizzazione dei dati
nante anche per ridurre l’impatto dei mare-
e di un apparato di trasmissione (UMTS) in
moti sulle coste in quanto consente di sapere,
tempo reale alla sede centrale del Servizio
entro pochissimi minuti, che si è generato un
mareografico nazionale a Roma. Inoltre in 9
terremoto in grado di produrre un maremoto.
stazioni strategiche per la misura di fenomeni
Per quanto veloci, le onde di maremoto viag-
particolari (onde anomale) è presente un se-
giano molto più lentamente di quelle sismiche
condo sistema di trasmissione dati via satellite
e, perciò, disporre di un sistema di monitorag-
con tecnologia IRIDIUM che garantisce il col-
gio dei maremoti sia in mare aperto che sulle
legamento anche in presenza di situazioni di
coste consente di allertare le zone potenzial-
black-out del sistema UMTS.
mente interessate dall’arrivo di un’onda di maremoto. Il preavviso può variare, a seconda
La Rete ondametrica nazionale è compo-
della distanza, da qualche decina di minuti ad
sta da 15 boe meteo-oceanografiche, or-
alcune ore, utili per avvertire le autorità com-
meggiate a largo delle coste italiane ad
petenti dell’arrivo delle onde.
una distanza contenuta generalmente entro le 12 miglia nautiche, nelle posizioni e
IL MONITORAGGIO ONDAMETRICO E MAREOGRAFICO
sui fondali riportati di seguito in tabella 2.
La Rete mareografica nazionale è com-
Le boe Ron sono tutte prodotte dalla società
posta da 33 stazioni di misura uniforme-
canadese Axys Ltd., modello Watchkeeper™,
mente distribuite sul territorio nazionale
equipaggiate con riflettore radar con RCS di
che si trovano prevalentemente all’interno
dieci metri quadrati e con un fanale marino per
delle strutture portuali.
segnalazione notturna, posizionato a 2,5 metri dalla linea di galleggiamento, con portata di tre
Le stazioni sono dotate anche di un sensore
miglia nautiche e sequenza di lampeggio confi-
anemometrico (velocità e direzione del vento
gurata secondo le direttive standard ODAS/IALA.
a dieci metri dal suolo), di un sensore baro-
Il sensore ondametrico direzionale allo stato
metrico, di un sensore di temperatura dell’a-
solido montato sulle boe Ron è il TRIAXYS™
ria e di un sensore di temperatura dell’acqua,
composto da tre accelerometri, tre giroscopi e
oltre ad un sensore di umidità relativa. Inoltre
una bussola fluxgate; completano la strumen-
dieci stazioni sono state dotate di una sonda
tazione delle boe una stazione meteorologica
multiparametrica per la valutazione della qua-
completa, un termometro per la misura della
lità dell’acqua. I parametri misurati sono i se-
temperatura superficiale dell’acqua e in al-
137
PARTE TERZA / MAREMOTO
Tabella 2. Codifica e coordinate delle stazioni della Rete Ondametrica Nazionale CODICE WMO
STAZIONE
LATITUDINE
LONGITUDINE
PROFONDITÀ
61207
CATANIA
37°26’24’N
15°08’48’E
90
61208
MAZARA
37°31’05’N
12°32’00’E
85
61209
PALERMO
38°15’30’N
13°20’00’’E
145
61210
CROTONE
39°01’25’N
17°13’12’E
80
61211
CETRARO
39°27’12’N
15°55’06’E
100
61212
SINISCOLA
40°37’00’N
09°53’30’E
130
61213
ALGHERO
40°32’55’N
08°06’25’E
85
61214
PONZA
40°52’00’N
12°57’00’E
115
61215
MONOPOLI
40°58’30’N
17°22’40’E
85
61216
CIVITAVECCHIA
42°14’41’N
11°33’14’E
62
61217
ORTONA
42°24’24’N
14°32’12’’E
72
61218
ANCONA
43°49’26’N
13°43’10’E
70
61219
LA SPEZIA
43°55’45’N
09°49’40’E
85
61220
VENEZIA
45°20’00’N
12°31’00’E
17
61221
CAGLIARI
39°06’54’N
09°24’18’E
150
cuni siti una sonda multiparametrica. Le boe
sistema GTS - Global Telecommunication Sy-
trasmettono in tempo reale (ogni 30 minuti)
stem agli organismi nazionali e internazionali
i dati rilevati a corrispondenti centri locali di
che si occupano di meteorologia.
ricezione sulla costa tramite un ponte radio VHF. Dalle serie temporali di elevazione e spo-
Le reti sopra descritte, messe a fattor co-
stamento vengono ottenuti i parametri sintetici
mune con quelle degli altri Paesi che si
descrittivi del moto ondoso:
affacciano sul Mediterraneo, possono es-
• Hs (metri), altezza d’onda significativa spettrale
sere utilizzate per registrare il passaggio
• Tp (secondi), periodo di picco
dell’onda di maremoto.
• Tm (secondi), periodo medio • Dm (gradi N), direzione media
Perché questo sia possibile, è necessario:
• i parametri spettrali per banda di frequenza.
• portare a compimento accordi formali con
La diffusione dei dati avviene in tempo differi-
i vari Paesi, perché mettano a disposizione
to, mediante la pubblicazione di uno specifi-
reciproca i dati delle rispettive reti di moni-
co bollettino, e in tempo reale, principalmente
toraggio in tempo reale; ad oggi la copertu-
mediante il sito web www.telemisura.it me-
ra del Mediterraneo è solo parziale, come
diante Televideo RAI pag.719, e mediante il
possibile vedere nella mappa sottostante
138
PARTE TERZA / MAREMOTO
Figura 12. Il sito web di Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e la mappa della localizzazione delle stazioni di misura della rete mareografica nazionale
• tarare gli strumenti delle reti di monitoraggio
Roma) che possano garantire totale affi-
del livello del mare affinché siano in grado
dabilità ed elevatissima rapidità, nel se-
di rilevare le caratteristiche lunghezze d’on-
gnalare il verificarsi di un’onda di mare-
da degli tsunami (che, come abbiamo visto,
moto in tempi utili a informare le autorità
sono molto diverse da quelle delle normali
incaricate dell’allertamento e ad allertare
onde marine, per il rilievo delle quali sono in
la popolazione, nonostante i brevissimi
genere state create le reti stesse)
tempi di propagazione delle onde di ma-
• mettere a punto complessi sistemi di tra-
remoto nel ristretto piccolo bacino del
smissione dei dati (fra le reti dei diversi
Mediterraneo (variabili, a seconda della
Paesi e, nell’ambito della rete naziona-
zona di provenienza del maremoto, da
le, dalle boe al centro di elaborazione di
pochi minuti a, poco più di un’ora).
139
PARTE TERZA / MAREMOTO
Figura 13. Strumenti di misurazione della rete mareografica nazionale (fonte: www.idromare.it)
Figura 15. Boa Watchkeeper della Rete Ondametrica Nazionale. Figura 14. Mappa della localizzazione delle stazioni di misura della rete ondametrica nazionale (dal sito web del Servizio Mareografico di Ispra)
Figura 16. Sito web della Commissione Oceanografica Intergovernativa (IOC - Intergovernmental Oceanographic Commission, vedi paragrafo seguente per dettagli) e mappa delle stazioni di misura del livello del mare ad oggi condivise a scala mediterranea. Ăˆ evidente la quasi totale mancanza di stazioni di misura condivise lungo la costa nord africana.
140
PARTE TERZA / MAREMOTO
I SISTEMI DI ALLERTAMENTO DA RISCHIO MAREMOTO
gions Tsunami Warning System) e nel Nord Est Atlantico, Mediterraneo e Mari collegati
I sistemi di allertamento da rischio mare-
(NEAMTWS – North Eastern Atlantic & Medi-
moto o Tsunami Warning System hanno la
terranean Tsunami Warning System).
funzione di raccogliere, distribuire e interpretare, in maniera continuativa, tutti i segnali sismici disponibili e i dati relativi a livello del mare per individuare l’eventuale esistenza e propagazione di un’onda di maremoto. In base alle informazioni acquisite, predispongono tempestivi e chiari avvisi di allertamento per l’area di loro competenza, condividono e scambiano dati e informazioni con altri centri di ricerca nazionali e internazionali. Il primo sistema di allertamento di questo ge-
Figura 17. I sistemi di allarme attualmente in uso nell’Oceano Pacifico e nell’oceano Indiano per avvisare del formarsi di un maremoto sono basati su sensori collocati sul fondale marino che misurano le variazioni della colonna d’acqua e inviano l’allarme, attraverso boe galleggianti e satelliti, alle stazioni costiere.
nere è stato attivato nell’area dell’Oceano Pacifico – Pacific Tsunami Warning System – e costituisce il modello di riferimento in questo settore. Nato nel 1968, è coordinato dall’IOC – Intergovernmental Oceanographic Commission, l’ente istituito dall’Unesco nel 1960 per promuovere la cooperazione internazionale nell’ambito della ricerca e della tutela degli oceani e delle aree costiere. In seguito al maremoto del Sud Est Asiatico del 26 dicembre 2004, l’IOC ha ricevuto il mandato di supportare anche tutti gli stati membri dell’Unesco che si affacciano sull’Oceano Indiano a costituire il proprio sistema di
Figura 18. Distribuzione dei sistemi di allertamento tsunami nel mondo
allertamento per i maremoti (IOTWS - Indian Ocean Tsunami Warning System). Ha inoltre iniziato a coordinare il processo di progressiva istituzione di analoghi sistemi di allertamento nei Caraibi (Caribbean Sea and Adjacent Re-
141
PARTE TERZA / MAREMOTO
IL PROGETTO NEAMTWS PER L’ALLERTAMENTO DELL’AREA DEL MEDITERRANEO
e questo riduce la possibilità di allertare la
Il progetto NEAMTWS, iniziato nel 2005, pre-
eventi sismici che si verificano lontano dal-
vede la costituzione di un sistema di allerta-
le coste italiane (come ad esempio nei mari
mento da rischio maremoto per il Nord Est At-
della Grecia) l’Istituto Nazionale di Geofisi-
lantico, Mediterraneo e mari collegati simile a
ca e Vulcanologia, l’Istituto Superiore per la
quello già operante nell’area del Pacifico, dei
Protezione e la Ricerca Ambientale e il Di-
Caraibi e dell’Oceano Indiano.
partimento della Protezione Civile potranno
Il progetto prevede che il NEAMTWS si strutturi in:
avere il tempo per allertare la popolazione
• reti di monitoraggio integrate a scala inter-
attraverso tv, radio e web. È quindi impor-
nazionale (monitoraggio sismico, mareogra-
tante conoscere bene le norme di comporta-
fico, onda metrico)
mento, ricordando però che il rischio mare-
popolazione. Solo per i maremoti causati da
• una catena di allertamento internazionale
moto comporta inevitabilmente la possibilità
composta da: Centri regionali di allertamen-
di falsi allarmi.
to, incaricati di trasmettere l’allerta a scala
Le difficoltà maggiori, ancora da superare,
internazionale (TWPs - Tsunami Watch Pro-
sono legate ai ridottissimi tempi di preavviso
viders); Centri nazionali di allertamento, in-
a disposizione in caso di evento: la propaga-
caricati di ricevere l’allerta proveniente dal
zione di un’onda di maremoto in un bacino
contesto internazionale, assicurandone la
ristretto come il Mediterraneo richiederebbe
tempestiva trasmissione alle autorità di pro-
infatti da pochissimi minuti a, massimo, poco
tezione civile nazionali (NTWCs, National
più di un’ora, in funzione della localizzazione
Tsunami Warning Centres)
della sua zona di origine.
• infrastrutture di allertamento caratterizzate
La mappa (Figura 19) riporta alcuni dati rela-
da tecnologie avanzate, che assicurino la ne-
tivi ai tempi di arrivo attesi lungo le coste per
cessaria velocità di trasmissione delle infor-
onde di maremoto che si generano, lungo le
mazioni (es. telecomunicazioni satellitari)
faglie sottomarine contrassegnate con i nu-
• procedure standardizzate a scala internazio-
meri da 1 a 3.
nale per l’allertamento e la comunicazione.
Il funzionamento operativo di NEAMTWS,
Nel Mediterraneo è in costruzione il sistema
quale sistema di allertamento per il rischio
NEAMTWS, a cui partecipa anche l’Italia ma
maremoto nel Mediterraneo, è un obiettivo
in modo ancora sperimentale. Questo siste-
estremamente complesso, che si deve anco-
ma è analogo a quelli già attivi nel Mar dei
ra raggiungere. Esso infatti comporta l’uso di
Caraibi e negli oceani Pacifico e Indiano,
tecnologie di trasmissione delle informazioni
ma rispetto a questi ha dei limiti: in un mare
avanzatissime, oltre che strategie di allerta-
poco ampio come il Mediterraneo, infatti, i
mento e procedure internazionali e nazionali
tempi di arrivo delle onde sono molto brevi
assolutamente innovative, per la cui adozio-
142
PARTE TERZA / MAREMOTO
ne è necessario un articolato coordinamento
situazioni socio-politiche molto diverse e in
politico, fra Paesi caratterizzati da culture e
continua, rapida trasformazione.
Figura 19. Tempi di arrivo lungo le coste mediterranee, calcolati per onde di tsunami che si genrano in corrispondenza delle faglie contrassegnate dai numeri 1, 2, 3. Fonte: Ingv
IL CENTRO DI INFORMAZIONE TSUNAMI DEL MEDITERRANEO: NEAMTIC (NORTH EASTERN ATLANTIC & MEDITERRANEAN TSUNAMI INFORMATION CENTRE) Nell’ambito del progetto NEAMTWS sono attivi una
ioc-unesco.org/) volta a soddisfare le esigenze delle
serie di Gruppi di lavoro internazionali con il compito
autorità di protezione civile e di un ampio pubblico in
di affrontare diverse tematiche: valutazione del
generale, fornendo informazioni sui sistemi di allarme,
rischio, modelli matematici di propagazione di onde
i rischi e le buone pratiche in materia di maremoti e
di maremoto; misurazioni sismiche e geofisiche;
altri rischi correlati a livello del mare. In NEAMTIC sono
misurazioni del livello del mare; strategie di
disponibili: poster sui comportamenti di autoprotezione
allertamento e procedure internazionali; strategie
per studenti delle scuole elementari e per gli ospiti di
di mitigazione del rischio maremoto e modalità di
strutture alberghiere lungo la costa; linee guida per la
informazione pubblica. I prodotti ad oggi disponibili,
gestione del rischio maremoto per autorità di protezione
relativi alla diffusione della conoscenza sul rischio
civile; procedure di evacuazione consigliate in caso
maremoto e sul sistema NEAMTWS, sono organizzati
di maremoto per i piani di emergenza delle strutture
nell’ambito del Centro di informazione tsunami
turistiche; linee guida e buone pratiche per la gestione
(NEAMTIC) dedicato alla regione Mediterranea. Il
dei rischi costieri; corso online per le scuole medie sul
Centro è pertanto una risorsa web (http://neamtic.
mare, le sue dinamiche e i rischi ad esso correlati.
143
PARTE TERZA / MAREMOTO
L’ITALIA NEL SISTEMA DI ALLERTAMENTO PER IL MEDITERRANEO a cura di Eleonora Panunzi, Marzia Santini, Antonella Scalzo
IN ITALIA ESISTE UN SISTEMA DI ALLERTAMENTO? Nel Mediterraneo è in via di costruzione un sistema di allertamento internazionale, a cui partecipa anche l’Italia, ma in modo ancora sperimentale. Questo sistema è analogo a quelli già attivi nel Mar dei Caraibi e negli oceani Pacifico e Indiano, ma rispetto a questi ha dei limiti: in un mare poco ampio come il Mediterraneo, infatti, i tempi di arrivo delle onde sono molto brevi e questo riduce la possibilità di allertare la popolazione. Solo per i maremoti causati da eventi sismici che si verificano lontano dalle coste italiane (come ad esempio nei mari della Grecia) l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e il Dipartimento della Protezione Civile potranno avere il tempo per allertare la popolazione attraverso tv, radio e web. È quindi importante conoscere bene le norme di comportamento, ricordando però che il rischio maremoto implica inevitabilmente la possibilità di falsi allarmi.
L’Italia è Stato Membro dell’IOC - Intergoverna-
nazionale, come centro regionale di allertamento,
mental Oceanographic Commission di UNESCO
ossia disponibile ad allertare anche le autorità di
- ossia l’organo di coordinamento del program-
protezione civile di altri Stati.
ma di costruzione del sistema di allertamento NEAMTWS. Come tale ha contribuito attivamente fin dall’inizio, insieme alla comunità internazionale, al lavoro di progettazione e realizzazione del sistema. Gli enti coinvolti in questo lavoro, per conto dell’Italia, sono il Dipartimento della Protezione Civile, quale autorità nazionale di protezione civile; l’Ingv - Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, responsabile del monitoraggio sismico e vulcanico del territorio italiano e l’Ispra - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che si occupa del monitoraggio mareografico e ondametrico delle acque territoriali. Questi tre enti collaborano fra loro per portare a compimento e pieno funzionamento il sistema di allertamento nazionale per il rischio tsunami e, una volta operativo, per proporlo su scala inter-
144
PARTE TERZA / MAREMOTO
I SISTEMI DI ALLERTAMENTO DA RISCHIO MAREMOTO NEL MONDO OCEANO PACIFICO. Il PTWS - Pacific Tsunami Warning
attorno all’area del Pacifico e il conseguente ampio
System comprende 30 stati membri che sono bagnati
numero di paesi coinvolti, c’è una tendenza nell’area
dall’Oceano Pacifico. Il PTWS è gestito dalla US
del Pacifico a integrare le attività del PTWS attraverso
NOAA - Unated States National Oceanographic and
l’utilizzo di piccoli gruppi sub-regionali, come ad esempio
Atmospheric Administration che ha la responsabilità di
la Costa Pacifica dell’America Centrale, il Pacifico Sud-
inviare allertamenti da rischio tsunami a tutti gli stati
Occidentale, il Mare Cinese del Sud e il Pacifico Nord-
membri del PTWS. Oltre agli USA, gli stati dell’area del
Occidentale, con l’obiettivo di dare un migliore servizio in
Pacifico che vantano la più lunga tradizione in TWS
caso di specifiche necessità.
sono la Russia e il Giappone. In Russia, il sistema
OCEANO INDIANO. La costruzione dell’IOTWS - Indian
è attualmente strutturato in tre servizi regionali,
Ocean Tsunami Warning System è stata avviata a seguito
localizzati nelle coste della Russia del Pacifico, es.
dello tsunami del 2004. Dall’11 Ottobre 2011, molti stati
l’Isola di Sakhalin, nella Kamchatka e nella Primorsky
della regione hanno annunciato il completamento delle
Krai. In Giappone la responsabilità del monitoraggio e
infrastrutture di base per i sistemi nazionali, tra questi
dell’allertamento per il rischio tsunami è garantita dalla
l’India, l’Indonesia, la Tailandia e l’Australia.
JMA - Japanese Meteorological Agency, che concentra le
CARAIBI. Il sistema di allertamento tsunami per la
responsabilità nazionali per la previsione e l’allertamento
regione caraibica (ICG/CARIBE-EWS) è stato fondato
per le condizioni meteo, terremoti, tsunami ed eruzioni
nel 2005. A differenza di altre regioni, il sistema è stato
vulcaniche. Considerato il numero elevato di possibili
concepito fin dall’inizio con un approccio multi rischio,
sorgenti tsunamigeniche (faglie attive sottomarine)
con un focus particolare su uragani e tsunami.
145
PARTE TERZA / MAREMOTO
MAREMOTI TRA MEMORIA E OBLIO a cura di Massimo Crescimbene e Federica La Longa Tra gli eventi più devastanti che si ricor-
di parti di uno stesso processo. I maremoti
da a memoria d’uomo c’è il maremoto del
sono fenomeni che nel nostro Paese si veri-
Sud Est Asiatico del 26 dicembre 2004
ficano piuttosto raramente e per questo sono
(275mila vittime e 15 Paesi coinvolti).
più soggetti all’oblio.
Il maremoto ha evidenziato anche il falli-
Per contrastare l’effetto dell’oblio chi si occupa
mento delle tecnologie figlie delle “civiltà
di comunicazione e di riduzione del rischio, do-
evolute” alle quali si è contrapposta un’ec-
vrebbe andare verso una direzione costruttiva
cezione, costituita da una sparuta minoran-
della memoria, capace di valorizzare il passato,
za etnica: i Moken, o “zingari del mare”.
vivere il presente e orientare il futuro.
L’eccezione è clamorosa se si considera che questo popolo è in netta antitesi con tutto
MEMORIA E COMUNICAZIONE
ciò che è tecnologico. I Moken hanno da
Non esiste memoria senza comunicazione,
sempre fatto del mare la propria Nazione e
quindi la memoria è un problema della comu-
le barche la loro abitazione. Il rapporto dei
nicazione e chi si occupa di comunicazione se
Moken con il mare è così intimo e profondo
ne dovrebbe necessariamente preoccupare.
che i loro occhi si sono adattati, nel corso
Allo stesso tempo la memoria è qualcosa di
delle generazioni, a veder meglio sott’acqua.
qualitativamente diverso dalla comunicazione in quanto la memoria è soggetta a dei vincoli
Senza alcuna tecnologia, ma con una cono-
biologici e cognitivi. Questo rende il rapporto
scenza del mare che non ha eguali nel piane-
memoria-comunicazione qualcosa di com-
ta, i Moken sono fuggiti sulle colline delle isole
plesso. Semplificando possiamo affermare
subito prima dell’arrivo delle onde di Tsunami
che mentre le radici della memoria sono nei
del 26 dicembre.
corpi, la comunicazione è un processo che
Sulla base di quali conoscenze?
riguarda il sociale. Come già detto non esiste una definizione unitaria della memoria perché
RELAZIONI TRA MEMORIA, OBLIO E MAREMOTI
essa è per definizione dinamica: una memo-
Per provare a rispondere a questa domanda
ria processuale che si rimodella in funzione
partiamo da alcuni studi recenti sulla memoria.
del presente, tenendo conto principalmente
Non esiste una singola definizione di memoria
del contesto di riferimento e del passare del
perché la memoria è un processo dinamico.
tempo. Il concetto di memoria non è assoluto,
Possiamo definire la memoria come un pro-
la memoria per essere inquadrata ha bisogno
cesso in continuo divenire che rimodella i suoi
di essere inquadrata nel suo legame indisso-
contenuti in accordo con il presente, il conte-
lubile con l’oblio. Quindi quando parliamo di
sto e il tempo. In questo processo alcune par-
memoria in realtà parliamo di un processo in
ti emergono (memoria) mentre altre vengono
continuo divenire tra ricordo e non ricordo.
sommerse (oblio). Memoria e oblio sono quin-
Ebbinghaus (1885), considerato il padre della
146
PARTE TERZA / MAREMOTO
psicologia scientifica, si interrogò sul rapporto
OGNI TIPO DI MEMORIA HA IL SUO OBLIO
tra memoria e oblio in relazione ai processi di
La memoria individuale è stata oggetto privi-
apprendimento. I suoi studi hanno prodotto i
legiato di studio da parte della psicologia. In
primi moderni risultati sintetizzabili nella co-
particolare per quanto riguarda il trauma la
siddetta curva dell’oblio riportata in figura 1.
psicoanalisi ha fornito un grande contributo
Il grafico riporta i risultati ottenuti da Ebbing-
per la sua ricerca e definizione anche a livel-
haus in una serie di esperimenti sulla memo-
lo inconscio. Questa forma di oblio è definita
ria e l’oblio. Ai soggetti veniva chiesto di im-
dalla psicoanalisi rimozione, in quanto la no-
parare e ricordare una serie di sillabe senza
stra coscienza non dà accesso a dei contenu-
senso. La linea rossa indica il decadimento
ti considerati dolorosi o indesiderabili.
del ricordo (oblio) delle sillabe, che vengono
Collettiva e sociale
quasi completamente dimenticate dopo tre
Secondo la definizione dello storico Pierre
mesi. Le linee verdi indicano la curva dell’o-
Nora, la memoria collettiva è “il ricordo, o l’in-
blio quando a distanza di tempo vengono
sieme dei ricordi, più o meno consci, di un’e-
proposte le ripetizioni delle stesse sillabe. In
sperienza vissuta o mitizzata da una collettività
accordo con gli studi di Ebbinghaus la comuni-
vivente della cui identità fa parte integrante il
cazione che riguarda i terremoti, o altri fenomeni
sentimento del passato”. Il termine “memoria
ad essi collegati come gli tsunami, tende a de-
collettiva” è stato coniato nel 1920 da Mauri-
crescere in modo repentino sul web o sui social
ce Halbwachs in contrapposizione al concetto
network (Fig. 2). In un recente studio i ricercato-
di memoria individuale. La memoria collettiva
ri giapponesi hanno provato a valutare l’interes-
è condivisa, trasmessa e anche costruita dal
se a seguito del terremoto e dello tsunami che
gruppo o dalla società. Anche la memoria col-
ha colpito il Giappone nel Marzo 2011, osser-
lettiva è soggetta all’oblio e secondo gli studio-
vando dal conteggio dei tweet su twitter come
si l’oblio collettivo ha una forte influenza anche
questo decadesse in modo molto rapido.
a livello individuale. Il sociologo Alessandro Cavalli parla di costruzione sociale dell’oblio. Ad esempio per il terremoto del Friuli, si è at-
Figura 1. Curva dell’oblio di Ebbinghaus (1885)
tuata una cancellazione, rimozione dell’evento calamitoso e la memoria si è rivolta alla ricostruzione e alla continuità con il passato precalamità. Al contrario nel terremoto del Belice, si è avuta la commemorazione, la celebrazione, l’esaltazione dell’evento calamitoso, quindi non la sua cancellazione ma anzi la sua sottolineatura come momento 0 che rimuove la memoria precedente all’evento.
147
PARTE TERZA / MAREMOTO
Mediata
ferimento alle nuove tecnologie e ai cambia-
È una forma di memoria che viene costruita
menti nella modalità di memorizzare o dimen-
attraverso i mass-media. Sempre più spesso
ticare nell’era di internet, dell’era digitale e
siamo testimoni di terremoti e catastrofi che
dell’icloud.
non viviamo in prima persona ma alle quali
Questo tipo di memoria ha già in sé l’oblio
abbiamo accesso attraverso i mass-media. In
in quanto è una memoria che non c’è, è di-
questo caso l’oblio è intrinseco all’evento
sgiunta dal soggetto e dai contenuti da ricor-
Transattiva
dare. Si focalizza invece sui percorsi necessa-
La memoria transattiva viene studiata in ri-
ri a recuperare il ricordo.
Figura 2. Curve dell’oblio ricavate dalle ricerche su internet dei termini terremoto e tsunami
LA MEMORIA DEI DISASTRI
che ha avuto esperienza diretta del disastro
Molti studi suggeriscono che dopo tre gene-
è scomparsa. Questo tipo di processo tra me-
razioni ci si dimentica di un disastro e non si
moria e oblio ha perfettamente senso in una
prendono più precauzioni rispetto ad esso.
cultura dove la conoscenza e l’esperienza
Questo avviene dopo che l’ultima persona
sono trasmesse oralmente, come testimonia-
148
PARTE TERZA / MAREMOTO
do ulteriormente il limite delle tre generazioni. L’aumento dell’oblio sembrerebbe dovuto alla modalità di trasferimento delle conoscenze che non lasciano più tempo al racconto orale e all’esperienza che gli anziani hanno del mondo.
Figura 2. Tre generazioni
to dagli antichi abitanti delle Isole Aleutine in Alaska, gli Aleuti. Testimonianze archeologiche mostrano come i villaggi degli Aleuti sono stati ripetutamente ricollocati in posizione più elevate dopo l’accadimento di uno tsunami, ma gli stessi villaggi venivano ricostruiti a livello del mare a distanza di circa 100 anni dall’ultimo tsunami. Il termine delle tre generazioni per i ricordi sembra essere vero anche per altre specie animali. Le femmine più anziane degli elefanti durante la siccità guidano il branco verso pozze d’acqua che ricordano da precedenti esperienze legate alla loro giovinezza. Ma se un branco perde l’esperienza e il ricordo delle
Figura 4. Pietra miliare giapponese che riporta inciso un avviso ai posteri, ricordando di non costruire abitazioni oltre questo punto perché una grande onda di maremoto in passato ha distrutto tutto quello che si trovava al di sotto della pietra
femmine più anziane e i componenti più giovani non ne hanno fatto esperienza direttamente il branco non è più in grado di sopravvivere durante la siccità.
MEMORIA, RITI E RITUALI
Il limite delle tre generazioni, inoltre, sembra
Nei riti e nei rituali l’aspetto analogico è prepon-
essere vero solo nel caso di esperienza vissuta
derante, insieme a quello sociale ed interattivo.
direttamente o di soggetti ai quali questo tipo
I rituali nella comunicazione soddisfano due
di esperienza è stata trasmessa oralmente. Al-
aspetti importanti: quello affettivo e quello
cuni ricercatori ritengono che le conoscenze
simbolico.
trasmesse dalla scuola o attraverso i media si-
La loro forza ed efficacia deriva da questo coin-
ano maggiormente soggette all’oblio, riducen-
volgimento a livello affettivo, in cui si scaricano
149
PARTE TERZA / MAREMOTO
emozioni altrimenti non tollerate in altre situa-
può distanziare anche significativamente dal
zioni, mentre nello stesso tempo esemplificano
rischio reale (Figura 5).
il significato di ciò che si sta per compiere. Come osservava Bateson (1976), il rituale è anche trasmissione di informazione; esso è un insieme di segni che non soltanto riconferma nozioni e acquisizioni precedenti, ma è anche un meccanismo che permette di fornire nuove informazioni. I riti e i rituali, dunque, si presentano come un insieme di segni, che non offrono però il codice che permette di interpretarli compiutamente. Essi appaiono da una parte come dotati di senso, dall’altra come privi di senso apparente. Recentemente in Italia il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha istituito la Giornata nazionale della memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali cau-
Figura 5. I cerchi in figura sono percepiti in movimento rotatorio, ma nella realtà non si muovono affatto
sati dall’incuria dell’uomo (Legge n. 101 del 14 giugno 2011). L’articolo 2 di questa legge
Studiare la percezione del rischio sismico ci
dispone che, in occasione di tale Giornata,
aiuta a capire come le persone “vedono” il
che ricorre il 9 ottobre di ogni anno, le scuo-
rischio e a costruire campagne informative e
le di ogni ordine e grado possono organizzare
interventi educativi più efficaci e mirati.
“manifestazioni, cerimonie, incontri e momen-
Ci sono due approcci principali che studiano
ti di ricordo e riflessione sui fatti accaduti, al
la percezione del rischio: l’approccio realistico
fine di promuovere attività di sensibilizzazione
e l’approccio costruttivista. L’approccio reali-
e di maggiore consapevolezza dei rischi con-
stico si basa sull’assunto che la percezione è
nessi ad interventi che alterano gli equilibri del
più vicina al rischio reale quanto più quest’ul-
territorio e della necessità di tutelare il patri-
timo è conosciuto. L’approccio costruttivista
monio ambientale del Paese”.
ritiene che la percezione sia influenzata oltre che dalla conoscenza del rischio anche da al-
LA PERCEZIONE DEL RISCHIO
tri fattori: sociali, religiosi, economici, storici,
Contrariamente a quanto siamo abituati a
emotivi ecc.
pensare, il rischio non è un dato oggettivo, ma
Di seguito riportiamo un esempio di test utiliz-
è fortemente influenzato dalla nostra percezio-
zato per “misurare” la percezione del rischio.
ne. Questo fa sì che e a volte la percezione si
Terremototest è costruito prendendo in con-
150
PARTE TERZA / MAREMOTO
Tabella 1. Confronto tra la pericolosità “da normativa” e la pericolosità percepita calcolata dal test sulla percezione del rischio sismico terremototest. PERICOLOSITÀ MOLTO ELEVATA
PERICOLOSITÀ ALTA
PERICOLOSITÀ MEDIA
PERICOLOSITÀ BASSA
PERICOLOSITÀ DA NORMATIVA
1
2
3
4
PERICOLOSITÀ PERCEPITA
1
2
3
4
siderazione i fattori che compongono il rischio
niamo che conoscere le emozioni e acquisire
sismico: pericolosità, valore esposto e vulnera-
strumenti per padroneggiarle, prima che si ve-
bilità e per ciascuno di questi fattori consente
rifichi un evento, possa fortemente influenzare
di ricavare il punteggio della sua percezione.
la percezione, la preparazione, le scelte ed i
Altre parti del test riguardano la percezione del
comportamenti per la riduzione del rischio.
rischio in generale e comprendono variabili re-
Storicamente il primo a mettere in relazione
lative agli aspetti culturali, religiosi, emotivi ecc.
i due elementi è Seneca, che con grande
Nell’esempio riportato in Tabella 1, la perce-
intuizione pone in luce alcuni aspetti chiave
zione della pericolosità sismica viene confron-
del rapporto, inversamente proporzionale, tra
tata con la pericolosità sismica che la scienza
la mancanza di conoscenza di un fenomeno
assegna al comune del compilatore del test,
“naturale” e l‘amplificazione della paura.
ottenuta in base ai terremoti che lo hanno ef-
In Italia è la sequenza sismica dell’Umbria
fettivamente colpito nei secoli passati e quel-
Marche nel 1997-98 che, per la prima volta,
li che, in base a studi geologici e geofisici, lo
pone il problema degli “effetti emotivi prodotti
possono colpire. Se il valore della pericolosità
da un terremoto”. In particolare, è la durata
percepita è più basso rispetto al valore della
della sequenza, 9mila scosse protratte per sei
pericolosità sismica da normativa del territorio
mesi, che porta gli operatori dell’emergenza a
del compilatore del test, questo significa che
porre attenzione all’insorgere di disagi psico-
la sua percezione della pericolosità è sottosti-
logi nelle popolazioni colpite e ad attivare un
mata rispetto alla pericolosità sismica che vie-
servizio di supporto psicologico.
ne indicata dalla scienza per quel territorio.
I livelli di prevenzione e le azioni che si possono intraprendere per provare a ridurre il disagio psicologico causato da un terremoto o
TERREMOTO, MAREMOTO ED EMOZIONI
da un altro evento naturale, possono essere
Perché è importante parlare di “effetti psico-
diversificati in funzione di momenti diversi. Gli
logici del terremoto e del maremoto” in un
interventi di sostegno psicologico, successivi
corso sulla riduzione del rischio? Perché rite-
all’evento rappresentano un’azione di preven-
151
PARTE TERZA / MAREMOTO
zione secondaria, ovvero offrono una “cura”
sensazioni e sentimenti. Cosa differenzia le une
per le persone che sono state colpite dalla
dalle altre? Le sensazioni sono stimoli che par-
reazione acuta da stress, e così facendo mi-
tono dall’ambiente, hanno effetto immediato su
rano ad evitare che questa si trasformi in un
ogni persona, hanno una durata breve, un’in-
disturbo più strutturato come il cosiddetto di-
tensità media, sono involontarie e strettamente
sturbo post-traumatico da stress (PTSD).
connesse con i nostri sensi (ad es. un ventila-
Ma esiste un secondo livello di intervento, la
tore acceso provoca la sensazione di fresco, il
prevenzione primaria, che consiste nel mette-
sole forte la sensazione di caldo ecc.).
re le persone in condizioni di conoscere le pro-
Le emozioni sono reazioni intense, improvvise,
prie emozioni e saper controllare gli effetti che
di breve durata, causate da uno stimolo am-
queste hanno sul comportamento e sulla salute
bientale (interno o esterno), che provocano
psicologica prima che l’evento si verifichi.
cambiamenti sulla persona a tre livelli: • fisiologico: modificazioni riguardanti la respi-
CONOSCERE LE NOSTRE EMOZIONI
razione, la pressione arteriosa, il battito car-
Le emozioni ci aiutano a capire meglio ciò che
diaco, la circolazione, la digestione ecc.
ci succede, danno importanti informazioni su
• comportamentale: cambiano le espressioni
noi stessi, sugli altri e su noi insieme agli altri.
facciali, la postura, il tono della voce e le
Avere consapevolezza delle proprie emozioni
reazioni (ad es. attacco o fuga)
è utile per uno sviluppo adeguato della perso-
• psicologico: cambia ciò che sentiamo e
nalità e per favorire il benessere psico-fisico.
proviamo personalmente, si modifica il
Inoltre riconoscere le emozioni è importante
controllo di se stessi (ad es. paura, imba-
per poterle esprimere nel modo giusto e per
razzo, tristezza, spavento).
controllarle quando serve. Soltanto conoscendo noi stessi possiamo comprendere le reazioni degli altri. Le emozioni non sono semplici risposte agli stimoli situazionali, ma rispecchiano le implicazioni personali di un individuo, le sue conoscenze e la sua passata esperienza. Il termine “emozione” ha origine da “emotus”, participio passato di “emovere” che, letteralmente, significa “muovere da, allontanare” e anche “scuotere, sconvolgere”. La sensazione di essere mossi da ciò che si prova e che sembra provenire dal nostro interno, è una caratteristica fondamentale dell’esperienza emotiva. Tutti proviamo ogni giorno emozioni, ma anche
Figura 6. Le emozioni primarie secondo P. Ekman e altri autori.
152
PARTE TERZA / MAREMOTO
I sentimenti invece si riferiscono alla capaci-
tensità. Le calamità sono eventi che travalica-
tà di provare sensazioni ed emozioni in ma-
no l’ambito dell’esperienza umana normale e
niera consapevole. I sentimenti riguardano
che, dal punto di vista psicologico, sono abba-
la coscienza delle proprie azioni, del proprio
stanza traumatici da indurre stress in chiun-
essere e dell’altro (ad es. amicizia, amore), si
que. È facile immaginare che essere travolti
riferiscono ad una o a più persone (o anima-
da un evento di questo tipo sia un’esperienza
li), sono meno intensi delle emozioni, durano
che mette a dura prova le nostre capacità di
più a lungo nel tempo. Al momento non c’è
adattamento e la nostra salute psicologica. È
accordo su quali e quante siano le emozioni e
bene tenere presente però, che le reazioni da
ci sono tanti sistemi per classificare e dividere
stress durante e dopo un terremoto vengono
le emozioni, un sistema di classificazione tra i
considerate una reazione normale a eventi
più famosi è quello che divide le emozioni in
non normali.
primarie e secondare.
Quali risorse abbiamo a disposizione per gesti-
Le emozioni fondamentali hanno espressioni
re le emozioni durante e dopo un emergenza?
facciali uguali in tutto il mondo, oltre le differen-
Il terremoto coinvolge emotivamente tutti. È
ze personali e culturali, e sono: rabbia, disgu-
importante ricordare sempre che dopo un
sto, paura, tristezza, gioia, sorpresa. Secondo
evento sismico ciò che è necessario non è
questa classificazione sono considerate, in ge-
evitare di sentire o provare emozioni, quanto
nerale, la base di tutta la vita umana ma pos-
piuttosto affrontarle e imparare a fronteggiarle.
sono aumentare la loro intensità, cioè andare
Benché le reazioni di stress possano apparire
da un minimo ad un massimo, proprio come la
estreme e possano provocare sofferenza, ge-
temperatura misurata da un termometro. Con il
neralmente non diventano problemi cronici.
variare della intensità l’emozione che proviamo
La maggioranza delle persone si riprende pie-
può cambiare nome, ma si tratta sempre della
namente da una reazione di stress di intensità
stessa emozione.
moderata in un arco di tempo compreso fra
Ad esempio proviamo rabbia, ma con quale
sei e sedici mesi. Generalmente, se incorag-
intensità? Se è poca saremo solo infastiditi, se
giate, le persone hanno a disposizione tutte le
è abbastanza saremo irritati, se è molta sare-
risorse necessarie per affrontare le emozioni,
mo arrabbiati e se è moltissima saremo furiosi.
una tra le più efficaci sta nella condivisione delle emozioni con gli altri, nell’affrontare la
MA COSA SUCCEDE ALLE NOSTRE EMOZIONI QUANDO SI VERIFICA UN TERREMOTO O UN MAREMOTO?
situazione di emergenza creando delle reti di
Riprendendo l’esempio del termometro e
no delle stesse comunità.
della intensità, dopo un forte terremoto o un
Nelle grandi emergenze si è calcolato che il 5%
maremoto, è come se tutte le nostre emozioni
della popolazione colpita fa ricorso ad un tratta-
si presentassero ad un livello massimo di in-
mento specialistico condotto da specialisti.
sostegno reciproco basate sull’ascolto all’inter-
153
PARTE TERZA / MAREMOTO
PER SAPERNE DI PIÙ Memoria • Agazzi E., Fortunati V. (a cura di) Memoria e Saperi, Meltemi Editore, 2007. • Bartoletti R., Memoria e comunicazione. Una teoria comunicativa complessa per le cose del moderno, Franco Angeli, Milano, 2007. • Ebbinghaus H., Memory: A Contribution to Experimental Psychology, 1885. • Isoda Y., Claster W., Oblivion Curve assessing how quickly people forget about the disaster by Twitter tweet counts. The 2011 East Japan Earthquake Bulletin of the Tohoku Geographical Association, June 2011. • Jedlowski P., Memoria, esperienza e modernità, Milano, Angeli, 2002, pag. 62. • Yerushalmi, Y.H. (a cura di), Usi dell’oblio, Pratiche, Parma, 1990. Percezione del rischio • Lupton D. Il rischio. Percezione, simboli, culture, Universale Paperbacks il Mulino, 2003. • Savadori, L. e Rumiati, R. Nuovi Rischi e Vecchie Paure. Bologna: Il Mulino, 2005. • www.terremototest.it Emozioni • Paul Ekman, Te lo Leggo in Faccia, Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste. Amrita Edizioni, 2010. • Daniel Goleman, Intelligenza emotiva, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 1999.
154
PARTE TERZA / MAREMOTO
GLOSSARIO
AG - accelerazione orizzontale massima su
logie di rischio, dove devono trovare una siste-
suolo rigido e pianeggiante: è il principale pa-
mazione i soccorritori e le risorse necessarie a
rametro descrittivo della pericolosità di base,
garantire un razionale intervento nelle zone di
utilizzato per la definizione dell’azione sismi-
emergenza. Queste aree devono essere facil-
ca di riferimento per opere ordinarie (Classe
mente raggiungibili attraverso percorsi sicuri,
II delle Norme Tecniche per le Costruzioni).
anche con mezzi di grandi dimensioni, e de-
Convenzionalmente è l’accelerazione orizzon-
vono essere situate nelle vicinanze di risorse
tale massima su suolo rigido e pianeggiante,
idriche, elettriche e con possibilità di smalti-
che ha una probabilità del 10% di essere su-
mento delle acque reflue. Il periodo di perma-
perata in un intervallo di tempo di 50 anni.
nenza in emergenza di queste aree è compreso tra poche settimane e qualche mese.
Amplificazione locale: modificazione in ampiezza, frequenza e durata dello scuotimento
Aree di attesa della popolazione: sono i luo-
sismico dovuta alle specifiche condizioni lito-
ghi di prima accoglienza per la popolazione;
stratigrafiche e morfologiche di un sito. Si può
possono essere utilizzate piazze, slarghi, par-
quantificare mediante il rapporto tra il moto si-
cheggi, spazi pubblici o privati non soggetti a
smico in superficie al sito e quello che si os-
rischio (frane, alluvioni, crollo di strutture atti-
serverebbe per lo stesso evento sismico su un
gue ecc.), raggiungibili attraverso un percorso
ipotetico affioramento di roccia rigida con mor-
sicuro. Deve essere scelto un numero di aree
fologia orizzontale. Se questo rapporto è mag-
funzionale alla capacità ricettiva degli spazi di-
giore di 1, si parla di amplificazione locale.
sponibili e del numero degli abitanti. In queste aree la popolazione riceve le prime informazio-
Aree di accoglienza o di ricovero della popola-
ni sull’evento e, se necessario, i primi generi di
zione: sono luoghi, individuati in aree sicure ri-
conforto. Le aree di attesa della popolazione
spetto alle diverse tipologie di rischio e poste nelle
sono utilizzate per un periodo di tempo com-
vicinanze di risorse idriche, elettriche e fognarie,
preso tra poche ore e qualche giorno.
in cui vengono installati i primi insediamenti abitativi per alloggiare la popolazione colpita. Devono
Classificazione sismica: suddivisione del ter-
essere facilmente raggiungibili anche da mezzi di
ritorio in zone a diversa pericolosità sismica.
grandi dimensioni per consentirne l’allestimento e
Attualmente il territorio italiano è suddiviso in
la gestione. Rientrano nella definizione di aree di
quattro zone, nelle quali devono essere appli-
accoglienza o di ricovero anche le strutture ricetti-
cate delle speciali norme tecniche con livel-
ve (hotel, residence, camping ecc.).
li di protezione crescenti per le costruzioni (norme antisismiche). La zona più pericolosa
Aree di ammassamento soccorritori e risorse:
è la Zona 1: qui in passato si sono avuti dan-
luoghi, in zone sicure rispetto alle diverse tipo-
ni gravissimi a causa di forti terremoti. Tutti i
254
GLOSSARIO
Comuni italiani ricadono in una delle quattro
Intensità: misura gli effetti di un terremoto
zone sismiche.
sulle costruzioni, sull’uomo e sull’ambiente, classificandoli in dodici gradi attraverso la
Deposito tsunamigenico: sabbia e altri mate-
scala Mercalli. L’intensità non è quindi una
riali marini depositati sulla costa dalle onde di
misura della “forza” del terremoto, perché le
maremoto.
conseguenze dipendono dalla violenza dello scuotimento, ma anche da come sono state
Effetti locali (o di sito): effetti dovuti al com-
costruite le case e da quante persone vivono
portamento del terreno in caso di evento si-
nell’area colpita.
smico per la presenza di particolari condizioni lito-stratigrafiche e morfologiche che determi-
Ipocentro: la zona in profondità dove, in se-
nano amplificazioni locali e fenomeni di insta-
guito ai movimenti delle placche litosferiche,
bilità del terreno.
le rocce della crosta terrestre si rompono dando origine al terremoto. In Italia i terremoti av-
Epicentro: il luogo sulla superficie terrestre
vengono generalmente entro i 30 km di pro-
dove gli effetti del terremoto si manifestano
fondità, tranne che nel Tirreno meridionale
con maggiore intensità. L’epicentro si trova
dove si possono registrare terremoti con ipo-
sulla verticale dell’ipocentro, la zona in pro-
centro profondo fino a 600 km.
fondità dove si verifica la rottura delle rocce e dalla quale le onde sismiche si propagano in
Lunghezza d’onda: distanza tra un’onda e la
tutte le direzioni.
successiva.
Esposizione: è il numero di unità (o “valore”)
Magnitudo: misura l’energia di un terremoto
di ognuno degli elementi a rischio presenti in
e si calcola attraverso l’ampiezza delle oscilla-
una determinata area, come le vite umane o
zioni del terreno provocate dal passaggio delle
gli insediamenti.
onde sismiche, registrate su di un rullo di carta dai pennini dei sismografi (sismogrammi). Il
Faglia: superficie di rottura della crosta lungo
valore di magnitudo si attribuisce utilizzando
la quale avviene lo scorrimento delle rocce a
la scala Richter.
contatto che, per attrito, genera le onde sismiche. In funzione del movimento che si osserva
Maremoto: serie di onde marine prodotte dal
lungo la superficie si parla di faglie normali,
rapido spostamento di una grande massa
inverse e trascorrenti.
d’acqua. Le cause principali sono i forti terremoti con epicentro in mare o vicino alla costa.
Inondazione: larghezza della fascia costiera
I maremoti possono essere generati anche da
(distanza dalla battigia) inondata dal maremoto.
frane sottomarine o costiere, da attività vulca-
255
GLOSSARIO
nica in mare o vicina alla costa e, molto più
Pericolosità sismica di base: componente
raramente, da meteoriti che cadono in mare.
della pericolosità sismica dovuta alle caratteristiche sismologiche dell’area (tipo, dimensioni
Microzonazione sismica: suddivisione di un
e profondità delle sorgenti sismiche, energia e
territorio a scala comunale in aree a compor-
frequenza dei terremoti). La pericolosità sismi-
tamento omogeneo sotto il profilo della rispo-
ca di base calcola (generalmente in maniera
sta sismica locale, prendendo in considerazio-
probabilistica), per una certa regione e in un
ne le condizioni geologiche, geomorfologiche,
determinato periodo di tempo, i valori di para-
idrogeologiche in grado di produrre fenomeni
metri corrispondenti a prefissate probabilità di
di amplificazione del segnale sismico e/o de-
eccedenza. Questi parametri (velocità, accele-
formazioni permanenti del suolo (frane, lique-
razione, intensità, ordinate spettrali) descrivono
fazioni, cedimenti e assestamenti).
lo scuotimento prodotto dal terremoto in condizioni di suolo rigido e senza irregolarità mor-
Normativa antisismica: norme tecniche “ob-
fologiche (terremoto di riferimento). La scala di
bligatorie” che devono essere applicate nei
studio è solitamente regionale. Una delle fina-
territori classificati sismici quando si realizza
lità di questi studi è la classificazione sismica
una nuova costruzione o quando si migliora
a vasta scala del territorio, finalizzata alla pro-
una costruzione già esistente. Costruire ri-
grammazione delle attività di prevenzione e alla
spettando le norme antisismiche significa ga-
pianificazione dell’emergenza. Costituisce una
rantire la protezione dell’edificio dagli effetti
base per la definizione del terremoto di riferi-
del terremoto: in caso di terremoto, infatti, un
mento per studi di microzonazione sismica.
edificio antisismico può subire danni, ma non Pericolosità sismica locale: componente della
crolla, salvaguardando la vita dei suoi abitanti.
pericolosità sismica dovuta alle caratteristiche Onde sismiche: le onde che si generano dalla
locali (litostratigrafiche e morfologiche, vedi
zona in profondità in cui avviene la rottura delle
anche la voce “effetti locali”). Lo studio della
rocce della crosta terrestre (ipocentro). Si pro-
pericolosità sismica locale è condotto a scala
pagano dall’ipocentro in tutte le direzioni fino in
di dettaglio partendo dai risultati degli studi di
superficie, come quando si getta un sasso in
pericolosità sismica di base (terremoto di ri-
uno stagno. Esistono vari tipi di onde che viag-
ferimento) e analizzando i caratteri geologici,
giano a velocità diversa; quelle che si propaga-
geomorfologici, geotecnici e geofisici del sito;
no per ultime causano le oscillazioni più forti.
permette di definire le amplificazioni locali e la possibilità di accadimento di fenomeni di insta-
Paleotsunami: maremoti avvenuti in epoche
bilità del terreno. Il prodotto più importante di
remote per i quali non ci sono dati storici né
questo genere di studi è la carta di microzona-
osservazioni scritte.
zione sismica.
256
GLOSSARIO
Piano comunale di protezione civile: piano
valore di ciò che può subire un danno (monu-
di emergenza redatto dai Comuni per gestire
menti, beni artistici, attività economiche ecc.).
adeguatamente un’emergenza ipotizzata nel proprio territorio, sulla base degli indirizzi re-
Run-up: altezza (quota) massima raggiunta
gionali, come indicato dal DLgs. 112/1998.
dall’acqua durante un maremoto, rispetto al
Tiene conto dei vari scenari di rischio conside-
livello del mare.
rati nei programmi di previsione e prevenzione Sciame sismico: sequenza sismica caratteriz-
stabiliti dai programmi e piani regionali.
zata da una serie di terremoti localizzati nella Placche litosferiche: porzioni della crosta ter-
stessa area, in un certo intervallo temporale,
restre nelle quali è suddiviso l’involucro più
di magnitudo paragonabile e non elevata. In
esterno della Terra. Le placche si muovono
uno sciame sismico generalmente non si di-
le une rispetto alle altre, avvicinandosi, allon-
stingue una scossa principale.
tanandosi o scorrendo lateralmente e i movimenti relativi determinano spinte ed accu-
Sismografo: strumento che consente di regi-
mulo di sforzi in profondità. Quando gli sforzi
strare le oscillazioni del terreno provocate dal
superano la resistenza delle rocce, queste si
passaggio delle onde sismiche. Un sismogra-
rompono generando il terremoto.
fo è costituito da una massa, con un pennino all’estremità, sospesa attraverso una molla
Rete sismica nazionale: rete di monitoraggio
ad un supporto fissato al terreno, sul quale è
sismico distribuita sull’intero territorio naziona-
posto un rullo di carta che ruota in continua-
le, e gestita dall’Ingv - Istituto Nazionale di Ge-
zione. Quando il terreno oscilla, si muovono
ofisica e Vulcanologia. Costituita da oltre 300
anche il supporto e il rullo di carta, mentre la
stazioni sismiche, svolge funzioni di studio e
massa sospesa, per il principio di funziona-
di sorveglianza sismica, fornendo i parametri
mento del pendolo, resta ferma e il pennino
epicentrali al Dipartimento della Protezione
registra il terremoto tracciando le oscillazioni
Civile per l’organizzazione degli interventi di
su carta (sismogramma).
emergenza. Sismogramma: registrazione su carta delle Rischio sismico: stima del danno che ci si
oscillazioni del terreno provocate dal passag-
può attendere in una certa area e in un cer-
gio delle onde sismiche. Nel corso degli anni
to intervallo di tempo a causa del terremoto. Il
sono cambiati i modi con i quali si ottengono
livello di rischio dipende dalla frequenza con
queste registrazioni: dai primi sismogrammi
cui avvengono i terremoti in una certa area e
tracciati su carta affumicata, si è passati a re-
da quanto sono forti, anche dalla qualità del-
gistrazioni su carta fotografica e poi su carta
le costruzioni, dalla densità degli abitanti e dal
termosensibile. Oggi le oscillazioni rilevate dai
257
GLOSSARIO
sensori (sismometri) vengono registrate da
gono tempestivi e chiari avvisi di allertamento
strumenti digitali e i dati possono, così, essere
per l’area di loro competenza, condividono e
elaborati dai computer, riducendo i tempi ne-
scambiano dati e informazioni con altri centri
cessari per calcolare la magnitudo e l’epicen-
di competenza.
tro dei terremoti. Tsunamite: evidenza di tipo geologico e/o di tipo Sussidiarietà: è un principio giuridico-am-
geomorfologico, ovvero sedimenti e/o forme ca-
ministrativo che stabilisce come l’attività am-
ratteristiche dalle quali è possibile ricavare prezio-
ministrativa volta a soddisfare i bisogni delle
se informazioni sull’evento che le ha generate.
persone debba essere assicurata dai soggetti più vicini ai cittadini. Per “soggetti” s’inten-
Vita nominale di una costruzione: indica il
dono gli Enti pubblici territoriali (in tal caso
numero di anni durante i quali una struttura
si parla di sussidiarietà verticale) o i cittadini
deve poter essere usata per lo scopo per cui
stessi, sia come singoli, sia in forma associa-
è stata progettata. Questo parametro, previsto
ta o volontaristica (sussidiarietà orizzontale).
dalle Norme Tecniche per le Costruzioni, con-
Queste funzioni possono essere esercitate dai
diziona l’entità delle azioni sismiche di proget-
livelli amministrativi territoriali superiori solo se
to. Per le costruzioni ordinarie, la vita nomina-
questi possono rendere il servizio in maniera
le considerata è ≥ 50 anni.
più efficace ed efficiente. L’azione del soggetto di livello superiore dovrà comunque esse-
Vulnerabilità: attitudine di una determinata
re temporanea, svolta come sussidio (da cui
componente ambientale (popolazione umana,
sussidiarietà) e quindi finalizzata a restituire
edifici, servizi, infrastrutture ecc.) a sopportare
l’autonomia d’azione all’entità di livello inferio-
gli effetti di un evento, in funzione dell’intensità
re nel più breve tempo possibile. Il principio
dello stesso. La vulnerabilità esprime il grado di
di sussidiarietà è recepito nell’ordinamento
perdite di un dato elemento (o di una serie di
italiano con l’art. 118 della Costituzione, come
elementi) causato da un fenomeno di una data
indicato dalla L.Cost. n. 3/2001.
forza. È espressa in una scala da zero a uno, dove zero indica che non ci sono stati.
Tsunami Warning System: sistemi di allertamento da rischio maremoto che hanno la
Zone di subduzione: aree dove una delle plac-
funzione di raccogliere, distribuire e interpre-
che che compongono la crosta terrestre scivo-
tare, in maniera continuativa, tutti i segnali
la sotto una placca confinante.
sismici disponibili e i dati relativi al livello del mare per individuare l’eventuale esistenza
Zone sismogenetiche: aree del fondale mari-
e propagazione di un’onda di maremoto. In
no dove è stata rilevata la presenza di faglie
base alle informazioni acquisite, predispon-
capaci di originare terremoti.
258
GLOSSARIO
APPENDICE
Principali terremoti con magnitudo ugiale o superiore al sesto grado accaduti in Italia nell’ultimo millennio estratta dal catalogo CPTI11: www.emidius.mi.Ingv.it/CPTI11 ANNO
ME
GI
OR
MI
AREA EPICENTRALE
STUDIO
OM
I_MAX
LAT
LON
MW
1117
01
03
15
15
Veronese
GUAL07
55
9
45.309
11.023
6.6
1169
02
04
07
Sicilia orientale
GUAL07
10
10
37.215
14.949
6.4
1184
05
24
Valle del Crati
GUAL07
6
9
39.395
16.193
6.7
1279
04
30
CAMERINO
MONA87
17
10
43.093
12.872
6.3
1295
09
03
Churwalden
SCAL04
17
8
46.947
9.505
6.0
1298
12
01
Reatino
GUAL07
5
10
42.575
12.902
6.2
1328
12
01
NORCIA
MONA87
13
10
42.856
13.018
6.3
1348
01
25
15
30
Carinzia
GUAL07
58
9-10
46.578
13.541
7.0
1349
09
09
08
15
Lazio meridionale-Molise
GUAL07
20
10
41.560
13.901
6.5
1352
12
25
MONTERCHI
CAAL96
7
9
43.469
12.127
6.4
1456
12
05
MOLISE
MEAL88
199
11
41.302
14.711
7.2
1461
11
27
21
05
Aquilano
GUAL07
10
10
42.313
13.544
6.4
1466
01
15
02
25
Irpinia
GUAL07
31
8-9
40.765
15.334
6.0
1511
03
26
14
40
Friuli-Slovenia
GUAL07
66
10
46.198
13.431
6.9
1542
12
10
15
15
Siracusano
GUAL07
32
10
37.215
14.944
6.7
1561
08
19
15
50
Vallo di Diano
CAAL08
32
10-11
40.563
15.505
6.8
1626
04
04
12
45
Girifalco
GUAL07
7
10
38.851
16.456
6.0
1627
07
30
10
50
Gargano
GUAL07
65
10
41.737
15.342
6.6
1638
03
27
15
05
Calabria
GUAL07
213
11
39.048
16.289
7.0
1638
06
08
09
45
Crotonese
GUAL07
42
10
39.279
16.812
6.8
1646
05
31
Gargano
CAAL08
35
10
41.727
15.764
6.6
1654
07
24
Sorano-Marsica
GUAL07
44
10
41.635
13.683
6.2
1657
01
29
Lesina
CAAL08
9
9-10
41.726
15.393
6.3
1659
11
05
22
15
Calabria centrale
GUAL07
126
10
38.694
16.249
6.5
1661
03
22
12
50
Appennino romagnolo
GUAL07
79
10
44.021
11.898
6.0
1685
03
08
19
Mittel-Wallis
ECOS02
46.280
7.630
6.1
1688
06
05
15
Sannio
GUAL07
216
11
41.283
14.561
6.9
1690
12
04
14
Carinzia
GUAL07
60
8-9
46.634
13.882
6.5
1693
01
09
21
Val di Noto
GUAL07
30
8-9
37.141
15.035
6.2
1693
01
11
13
30
Sicilia orientale
GUAL07
185
11
37.140
15.013
7.4
1694
09
08
11
40
Irpinia-Basilicata
GUAL07
251
10
40.862
15.406
6.7
1695
02
25
05
30
Asolano
GUAL07
82
10
45.801
11.949
6.4
1702
03
14
05
Beneventano-Irpinia
GUAL07
37
10
41.120
14.989
6.5
18
00
25
30
260
APPENDICE
ANNO
ME
GI
OR
1703
01
14
18
1703
02
02
11
1706
11
03
1731
03
1732
MI
AREA EPICENTRALE
STUDIO
OM
I_MAX
LAT
LON
MW
Appennino umbro-reatino
GUAL07
199
11
42.708
13.071
6.7
Aquilano
GUAL07
71
10
42.434
13.292
6.7
13
Maiella
GUAL07
99
10-11
42.076
14.080
6.8
20
03
Foggiano
GUAL07
50
9
41.274
15.757
6.5
11
29
07
Irpinia
GUAL07
183
10-11
41.064
15.059
6.6
1741
04
24
09
FABRIANESE
SGAM02
145
9
43.425
13.005
6.2
1743
02
20
16
Basso Ionio
BOAL00
77
9
39.852
18.777
7.1
1751
07
27
01
Appennino umbro-marc.
GUAL07
68
10
43.225
12.739
6.2
1755
12
09
13
Brig. Naters/VS
ECOS02
46.320
7.980
6.1
1781
06
03
CAGLIESE
MONA87
157
10
43.597
12.512
6.4
1783
02
05
12
Calabria
GUAL07
356
11
38.297
15.970
7.0
1783
02
07
13
10
Calabria
GUAL07
191
10-11
38.580
16.201
6.6
1783
03
28
18
55
Calabria
GUAL07
323
11
38.785
16.464
6.9
1786
03
10
14
10
Sicilia nord-orientale
GUAL07
10
9
38.102
15.021
6.1
1791
10
13
01
20
Calabria centrale
GUAL07
76
9
38.636
16.268
6.0
1794
06
07
00
45
Prealpi carniche
GUAL07
19
9
46.306
12.821
6.0
1799
07
28
22
05
Appennino marchigiano
GUAL07
71
9-10
43.193
13.151
6.1
1805
07
26
21
Molise
GUAL07
223
10
41.500
14.474
6.6
1818
02
20
18
15
Catanese
GUAL07
128
9-10
37.603
15.140
6.2
1823
03
05
16
37
Sicilia settentrionale
GUAL07
107
8-9
38.127
14.418
6.4
1832
01
13
13
Valle del Topino
GUAL07
102
10
42.980
12.605
6.3
1832
03
08
18
30
Crotonese
GUAL07
101
10
39.079
16.919
6.5
1836
04
25
00
20
Calabria settentrionale
GUAL07
46
10
39.567
16.737
6.2
1836
11
20
07
30
Basilicata meridionale
GUAL07
17
9
40.142
15.776
6.0
1851
08
14
13
20
Basilicata
GUAL07
103
10
40.952
15.667
6.3
1854
02
12
17
50
Cosentino
GUAL07
89
10
39.256
16.295
6.2
1854
12
29
01
45
Liguria occ.-Francia
GUAL07
86
7-8
43.350
7.648
6.7
1855
07
25
11
50
Tรถrbel VS
ECOS02
46.230
7.850
6.4
1857
12
16
21
15
Basilicata
GUAL07
340
11
40.352
15.842
7.0
1870
10
04
16
55
Cosentino
GUAL07
56
10
39.220
16.331
6.1
1873
06
29
03
58
Bellunese
GUAL07
199
9-10
46.159
12.383
6.3
1887
02
23
05
21
Liguria occidentale
GUAL07
1516
10
43.715
8.161
6.9
1894
11
16
17
52
Calabria meridionale
GUAL07
303
9
38.288
15.870
6.0
05
40
30
30
261
APPENDICE
ANNO
ME
GI
OR
MI
AREA EPICENTRALE
STUDIO
OM
I_MAX
LAT
LON
MW
1895
04
14
22
17
Slovenia
GUAL07
296
8
46.131
14.533
6.2
1905
09
08
01
43
Calabria meridionale
GAMO07
895
10-11
38.819
15.943
7.0
1908
12
28
04
20
Calabria merid.-Messina
GUAL07
800
11
38.146
15.687
7.1
1915
01
13
06
52
Avezzano
MOAL99
1041
11
42.014
13.530
7.0
1916
08
16
07
06
Alto Adriatico
GUAL07
257
8
44.034
12.779
6.1
1919
06
29
15
06
Mugello
GUAL07
566
10
43.957
11.482
6.2
1920
09
07
05
55
Garfagnana
GUAL07
756
10
44.185
10.278
6.4
1930
07
23
00
08
Irpinia
GAAL02
547
10
41.068
15.318
6.6
1936
10
18
03
10
BOSCO CANSIGLIO
BAAL86
267
9
46.089
12.380
6.1
1962
08
21
18
19
Irpinia
GUAL07
262
9
41.230
14.953
6.1
1963
07
19
05
45
Mar Ligure
GUAL07
463
6
43.150
8.083
6.0
1968
01
15
02
01
Valle del Belice
GUAL07
163
10
37.756
12.981
6.3
1976
05
06
20
00
Friuli
GNDT95
770
9-10
46.241
13.119
6.4
1978
04
15
23
33
Golfo di Patti
GUAL07
332
8
38.268
15.112
6.0
1980
11
23
18
34
Irpinia-Basilicata
GUAL07
1394
10
40.842
15.283
6.8
1997
09
26
09
40
Appennino umbro-marc.
BOAL00
869
9
43.014
12.853
6.0
2009
04
06
01
32
Aquilano
QUES09
316
9-10
42.342
13.380
6.3
Terremoti avvenuti in Italia nell’ultimo millennio con Magnitudo (Mw) uguale o superiore a 6 (Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani, http://emidius.mi.Ingv.it/CPTI11/). LEGENDA Om: numero di osservazioni macrosismiche disponibili I_max: intensità massima osservata Mw= Magnitudo Momento.
262
APPENDICE
PER SAPERNE DI PIÙ • Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani CPTI11. Rende disponibili, visualizzabili e scaricabili le informazioni su tutti i principali terremoti dall’anno 1000 al 2006 (ma presto verrà ulteriormente aggiornato) al di sopra della soglia del danno. Il testo di presentazione ne illustra le caratteristiche e modalità di compilazione. La consultazione interattiva consente di visualizzare ogni singolo terremoto. http://emidius.mi.Ingv.it/CPTI11/ • DataBase Macrosismico Italiano DBMI11. Per tutti i terremoti (quelli più forti) per i quali sono disponibili studi storico-macrosismici sono visualizzate la tabella delle intensità e la mappa interattiva degli effetti. Dalla pagina principale si può accedere alla consultazione per località, e visualizzare sia in formato grafico che tabellare la storia sismica di sito. http://emidius.mi.Ingv.it/DBMI11/ • Pagina di accesso ad archivi e banche dati Ingv. Fra i numerosi archivi si segnala il Database parametrico e strumentale della sismicità italiana ISIDe (http://iside.rm.Ingv.it/iside/standard/ index.jsp), che visualizza in tempo quasi reale e archivia tutti i terremoti registrati dalla Rete Sismica Nazionale. L’archivio è interrogabile per parametri.
http://istituto.Ingv.it/l-Ingv/archivi-e-banche-dati/
• Dalla homepage è possibile accedere alla sezione “Il terremoto della settimana”, che fornisce una serie di brevi schede descrittive dei principali terremoti storici che hanno interessato il territorio nazionale. http://www.edurisk.it/
263
APPENDICE