Scienza e conoscenza n. 27 - Rivista trimestrale

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Scienza e Conoscenza, Macro Edizioni, trimestrale, febbraio 2009 , n. 27, Poste Italiane SPA, Sped. in Abb. Post. DL 353/2003 (Conv. in L. 27/02/04 art.1 Comma 1. DCB ForlĂŹ -

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Anno 8 Numero 27 - I trimestre 2009

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di Elsa Masetti

Informazioni dal Campo

Siamo arrivati al primo numero del 2009. L’intento era quello di esplorare i cosiddetti Campi Informati. Ma che cos’è un campo informato? Con parole loro, man mano che giriamo pagina, ce lo diranno in maniera più o meno diretta, gli esperti. La domanda interessante però è

Quanto diversa sarebbe la nostra vita senza tale attaccamento? Sono domande, magari nuove domande, che come tali non richiedono una risposta immediata, ma possono essere all’insegna di una nuova indagine, di un nuovo esperimento, di un nuovo anno. Del resto, attenendoci alle più

in che modo noi, proprio ognuno di noi, abbiamo fatto esperienza e fa esperienza di tali campi? Per raccapezzarci meglio possiamo ispirarci ad una frase di Lynne Mc Taggart autrice per Macro Edizioni del Campo del Punto Zero e di La Scienza dell’intenzione: “Le nostre memorie non stanno dentro le nostre teste. Il nostro cervello è semplicemente l’organo di recupero e di lettura dell’ultimo supporto di memorizzazione – Il Campo”. Detta in soldoni quindi, nessuno può avvalersi del copyright su i “propri” pensieri? Stando a quanto detto sembra proprio di no. Sembra anzi che più stiamo in questo Campo spogli da interpretazioni e pregiudizi, più siamo in grado di cogliere ciò che pulito, pulito, c’è. Che ne è allora delle opinioni, dell’attaccamento ai “nostri” punti di vista?

recenti scoperte delle neuroscienze, così come ben approfondite nell’intervista interna all’esperto del settore Joe Dispenza, sono proprio le nuove domande, la pratica e l’applicazione di nuovi percorsi, che accendono altrettanti circuiti neurali e ci mettono in grado di cogliere in quel campo, frequenze-informazioni ancora ignote, sconosciute, in attesa di essere colte. In questo modo allora arricchiremo il Campo, che a sua volta ci renderà più ricchi? Oppure potremmo magari fare l’esperienza che non è tanto il guardare alle cose che ci permette di vederle – come ben puntualizza l’articolo d’Ignazio Licata – quanto il guardarle con occhi nuovi? Con neuroni nuovi, per dirla con il linguaggio della scienza. Nuovi nel senso che si avvalgono d’interazioni, collegamenti mai accaduti prima, ma che

accadono in quel determinato modo, ora. Quanti altri modi quindi possono esserci di percepire la realtà – e percepirla significa crearla, o sbaglio? Tanti, quante innumerevoli, e ancora, svariate, “fresche” combinazioni e accensioni sinaptiche possiamo permettere. In che altro modo potremmo allora cogliere e far proprio quell’ennesimo augurio di buon anno che ci ha raggiunto di recente innumerevoli volte? C’è davvero un nuovo anno che ci sta venendo incontro, sbarbato e di primo pelo, con in saccoccia fortunate occasioni? Sta a noi, inoltre, attivare in modo nuovo le antenne per sintonizzarci con quanto ancora può stupirci, ispirarci, spingerci a creare? Possiamo mantenerci e preservarci nello stesso angolo di Campo, quello della nostra squadra, possiamo anche pensare che essendo “speciali” o “sfortunati” non ne facciamo parte. Nell’uno e nell’altro caso, e in altrettanti casi ancora, Buon Anno. E che Nuovo sia!

Le nostre NUOVE E Nuove ce ne sono per Scienza e Conoscenza, con quest’inizio d’anno. Novità pratiche nello specifico, che vi spingeranno a riorientarvi tra nomi e info diversi, nuovi numeri di conto corrente etc (vedi pag 80). Scienza e Conoscenza dal 2009 è infatti prodotta e gestita dalla Editing snc, una casa editrice giovane e novella che ha preso in mano il trimestrale e altre attività editoriali. Il marchio di testata – il cosiddetto copyright – rimane del Gruppo Editoriale Macro, il cui presidente, Giorgio Gustavo Rosso, continuerà ad ispirare con la sua visione, la redazione della rivista.

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perchè ABBONARSI? Perché sostieni il Nuovo e l’Evoluzione Le informazioni che trovi sulla nostra rivista si rifanno a studi e scoperte all’avanguardia. I canali sono ricercatori e scienziati di ampio orizzonte, oltre la scienza accademica.

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informativa ex D.Lgs. n. 196/03 (tutela della privacy): Ai sensi degli articoli artt. 7 e 10 del Decreto Legislativo, la informiamo che i suoi dati personali saranno trattati dalla redazione della rivista Scienza e Conoscenza, curata da Editing snc, via Frà Michelino 20, 47023 Cesena, titolare e responsabile del trattamento per dare corso alla Sua richiesta di abbonamento. A tale scopo il conferimento dei dati anagrafici è indispensabile.I suoi dati saranno altresì trattati per eventuali proposte di rinnovo abbonamento, ai fini statistici e per la trasmissione, anche per mezzo di posta elettronica, di iniziative editoriali e/o commerciali di Editing snc. I suoi dati saranno trattati con le finalità sopra esposte dalle seguenti categorie di incaricati: addetti dell’ufficio abbonamenti e diffusione, addetti al confezionamento e alla spedizione, addetti alle attività di marketing, addetti alle attività di redazione. Le ricordiamo che in ogni momento Lei ha diritto di ottenere l’aggiornamento, la rettifica, l’integrazione e la cancellazione dei suoi dati inviando una richiesta a: Editing snc. L’abbonamento verrà attivato con il primo numero raggiungibile dal momento della ricezione del pagamento e avrà la durata richiesta nel modulo dell’abbonamento.

Da gennaio 2009 la rivista Scienza e Conoscenza è curata dalla casa editrice Editing snc. Per qualsiasi informazione sugli abbonamenti e sulla rivista contattare lo 0547 347627 o scrivere una mail a info@scienzaeconoscenza.it Sul nostro sito www.scienzaeconoscenza.it inoltre troverete tanti articoli inediti, promozioni e tanti consigli di lettura


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Scienza e Conoscenza è un marchio del Gruppo Editoriale Macro Via Giardino 30, 47023 Diegaro di Cesena (FC) www.macroedizioni.it Editore

Editing snc Direttore Responsabile Elsa Masetti Ideazione Giorgio Gustavo Rosso In redazione Elsa Masetti Romina Alessandri Erica Gattamorta Ufficio Abbonamenti Editing snc Tel. 0547 347627 info@scienzaeconoscenza.it Comitato Scientifico Massimo Corbucci Vincenzo Valenzi Davide Fiscaletti Valerio Pignatta Revisione Paola Di Manno Valerio Pignatta Revisione Tecnica Davide Fiscaletti Traduzioni Daniele Pietrini Emanuela Pettinelli Valeria Valli Per le immagini www.shutterstock.com Stampa Lineagrafica - Città di Castello Distribuzione in edicola Italian Press (Milano) Hanno contribuito alla realizzazione di questo numero: (in ordine di articolo) Annalisa Faliva Ivo Quartiroli Vincent Gambino Ignazio Licata Ervin Laszlo Chiara Sicari Ennio Martignago Wiw

Autoriz. Trib. Forlì N. 21 dell’8 luglio 2002 Numero 27 gen./feb./mar. 2009 I° trimestre 2009

INDICE CERVELLO E PRESA DI COSCIENZA Intervista a Stuart Hameroff A cura di Annalisa Faliva SMEMORATI Rubrica di Ivo Quartiroli

LA VOCE DELLA BIOLOGIA A cura di Romina Alessandri 6 PENSIERI E CATTIVO SANGUE Di Chiara Sicari

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L’ALTRA DEPRESSIONE Di Ennio Martignago

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L’ORGANO DEL CAMBIAMENTO Intervista a Joe Dispenza A cura di Elsa Masetti 16 MORFICO È IL CAMPO Intervista a Rupert Sheldrake A cura di Vincent Gambino

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IL CERVELLO ANTIZIPPO Di Ignazio Licata

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L’ESPERIENZA AKASHICA Di Ervin Laszlo

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AL CUORE DEL PUNTO ZERO Conversazione con Attilio Piazza

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IL PUNTO SULLA GRAVITÀ Di Massimo Corbucci

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La cellulosa utilizzata per la produzione della carta su cui è stata stampata questa rivista proviene da foreste amministrate

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LE LENTI DI SCIENZA E SPIRITO A cura di Wie

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News Consigli di lettura News In libreria Collezione arretrati Macro Video

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La cellulosa utilizzata per la produzione della carta su cui è stata stampata questa rivista è sbiancata senza l’uso di cloro. Questa carta è riciclabile

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana


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Riflessioni Auguri di un 2009 ricco di amore, gioia e coraggio Scienza e Conoscenza compie otto anni e li dimostra. Quando sfoglio le bozze sento di avere tra le mani una rivista giovane, frizzante, un po' sbarazzina e sono felice di vederla crescere così bene. Sembra quasi incredibile che nel pesante decadimento culturale, sociale, politico, economico e morale in cui versa tanta parte dell'Italia, questa fresca fonte di informazioni scientifiche indipendenti e irriverenti possa accrescere la sua qualità e la sua diffusione anno dopo anno. Grande è il merito di Romina, Nityama e Erica, le colonne portanti della rivista, che con la loro passione e le loro capacità l'hanno realizzata sempre più ricca e interessante e ne hanno cura giorno dopo giorno. Grande è pure il merito del Comitato Scientifico e dei nostri collaboratori abituali. E molto grande è il merito di abbonati e lettori, che ci hanno seguito e appoggiato in questi anni, dandoci i mezzi per continuare. Grande è la distanza tra ciò che propone Scienza e Conoscenza e ciò che vediamo, leggiamo, ascoltiamo ogni giorno. In Italia, più che nel resto del mondo, l'informazione, inclusa quella scientifica, è imbavagliata e sottomessa a interessi economici criminosi e complici. Le conoscenze disponibili sono sempre più tenute nascoste, mutilate, manipolate allo scopo di perseguire piani e programmi incentrati sulla sottomissione e sul controllo dell'umanità da parte di elite ristrette e barbare. L'umanità sembra attraversare un periodo di crisi di ogni

a cura di Giorgio Gustavo Rosso genere e sembra incapace di trovare la forza e la saggezza per intraprendere nuovi percorsi in grado di farci vivere l'amore, la pace, l'armonia e la bellezza a cui in tanti aspiriamo. La vita mi ha insegnato che le crisi spesso sono i momenti di maggior importanza e stimolo per cambiare ciò che altrimenti ristagna, putrefa e appare senza via di uscita. Per questo auguro ai lettori di Scienza e Conoscenza di vivere un 2009 diverso dalle nostre abitudini e dai nostri usi e luoghi comuni. Un 2009 meno soli e isolati davanti agli eventi in cui siamo coinvolti quotidianamente. Un 2009 in cui chi ha le informazioni e le conoscenze che mettono in discussione lo status quo le condivide con passione e coraggio con le persone care e con chi conosce. Vi auguro di creare e vivere le quattro stagioni che ci attendono nel 2009 con armonia e gioia insieme alla natura di cui siamo parte, insieme ai bambini che ci invitano a giocare all'aperto insieme a loro, invece di morire lentamente a tutte i nostri sogni e alle nostre aspirazioni più grandi. Il mio proposito per questo splendido anno che abbiamo davanti è quello di continuare a proporre autori e scritti che sfidano le nostre menti e le nostre comunità ad abbandonare credenze assurde e obsolete, dogmi e superstizioni che rinchiudono la nostra umanità in deprimenti prigioni. Il 2009 si annuncia come un anno portatore di grandi cambiamenti sul Pianeta e tra noi: possiamo vivere gioiosamente e coraggiosamente le straordinarie sfide e opportunità che tutto questo può introdurre nella nostra vita, oppure rinchiuderci negli schemi mentali della paura e dell'immobilismo. Auguri.

Il nostro periodico è aperto a tutti coloro che desiderino collaborare nel rispetto dell’articolo 21 della Costituzione che così recita: «Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione», non costituendo pertanto tale collaborazione gratuita alcun rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione autonoma. Scienza e Conoscenza 5


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Intervista a Stuart Hameroff

cervello coscienza e presa di

Una conversazione con uno degli scienziati più esperti del settore, sull’emergere degli stati consci in relazione all’attività cerebrale. Si percepisce visibilmente quella soglia in cui l’indagine scientifica si trova di fronte all’evidenza quantistica del fenomeno “coscienza”, e quindi a dover lavorare sulla dimensione dell’ultramicroscopico, che di per sé non può garantire nessuna visibilità e misurazione. Ecco le parole con cui lo dice Hameroff stesso: “I dati di cui siamo in possesso al momento ci portano a pensare all’esistenza di un’informazione superiore, che non è meccanica. Ci vengono bene in soccorso le parole di uno scienziato dello spirito – Rudolf Steiner – quando dice: “Mentre lo scienziato è in laboratorio o lavora nel suo studio, dietro di lui agiscono le forze che guidano e dirigono il cosmo. Esse fanno affiorare in superficie qualcosa che lo scienziato non capisce”. Ma che, come l’intervista evidenzia, è aperto ad approfondire.

S

tuart Hameroff è considerato uno dei pi˘ grandi scienziati e ricercatori per quanto riguarda l’esplorazione del cervello e della coscienza. E’ venuto a Bologna per partecipare a una tavola rotonda sul tema, con un’intervento dal titolo: Lo stato di coscienza. Se oggi sappiamo come si verificano in noi i diversi stati di coscienza, da cosa sono prodotti, e in che modo il cervello è implicato in questo, lo dobbiamo in gran parte, ai suoi studi.

Alla tavola rotonda “Coscienza a confronto con Biologia, Matematica, Psichiatria, Filosofia” che si è tenuta alla Fondazione Eccles il 31 ottobre, ha partecipato tra gli altri anche il Prof. Massimo Cocchi, Presidente della Società Italiana di Biologia. Assieme all’ingegner Tonello, il prof. Cocchi ha recentemente messo a punto una nuova e rivoluzionaria tecnica diagnostica: per mezzo di una rete neurale artificiale – un modello matematico applicato a un

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software che imita il sistema nervoso – si arriva ad analizzare le caratteristiche dei lipidi nelle piastrine del sangue. Questo ci dà la possibilità di individuare in anticipo le predisposizioni all’ischemia, alla cardiopatia e alla depressione e quindi di intervenire opportunamente prima che la malattia si manifesti. Il prof. Cocchi è presente all’intervista, e ne facilita la comprensione in alcuni passaggi. Avevo già notato Hameroff e il suo lavoro in Bleep, ma che bip sappia-


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A cura di Annalisa Faliva

mo veramente (Macro Edizioni 2006 – a febbraio il dvd in lingua italiana). Anche lui faceva infatti parte della nutrita schiera di scienziati che hanno partecipato a quell’entusismante progetto che ha aiutato così tante persone a familiarizzare con la fisica quantistica, a scoprire quanto riguardi tutti noi in ogni istante. Hameroff è di piccola statura, e da lui spira una quieta mitezza; sulla camicia ha appuntato un gadget a sostegno di Obama (eravamo alla soglia delle elezioni) e con mosse di bimbo attento

spesso si assicura che non venga coperto dalla giacca e resti bene in vista. Ciò che mi colpisce subito è l’innocenza del suo sguardo trasparente. Questi tratti, assieme al comportamento semplice e disponibile, mi portano ad affermare che in uno scienziato di tale levatura è presente quell’umiltà che ho imparato a riconoscere come distanza dalle trappole dell’ego e come reale apertura alla scoperta. È bello poter ritrovare i livelli più alti della scienza congiunti a valori di umanità e sensibilità, che

chi indaga sulla coscienza mostri, ogni tanto, di esserne personalmente ben fornito... Ci sistemiamo in un gazebo nel giardino dell’agriturismo che ospita Hameroff, oche a frotte passeggiano tutto attorno; l’intervista è caratterizzata dal loro vociare, che spesso si fa piuttosto energico! Stretti dall’assedio delle loro grida, a momenti dobbiamo alzare la voce per sentirci. La cosa mi sembra buffa: che le oche, notoriamente poco intellettuali, abbiano da ridire sul nostro “dotto” disquisire?

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Intervista a Stuart Hameroff Scienza&Conoscenza: Può dirci come si correlano cervello e consapevolezza? Stuart Hameroff: Per comprendere come funziona possiamo fare l’esempio di una persona alla guida di un’auto: il guidatore pensa ai fatti suoi e guida in modo automatico, non è la coscienza che compie i movimenti; c’è soltanto se di fronte ad un ostacolo, qualcosa che risveglia l’attenzione del guidatore, questi si riscuote, e torna a essere presente e consapevole. Dietro al passaggio da stato non-consapevole a stato consapevole ci sono una serie di attività neuronali complesse. Possiamo dire che i neuroni isolati si occupano delle funzioni “automatiche”, le funzioni che generano coscienza e controllo sono invece prodotte da blocchi di neuroni dei circuiti periferici, collegati tra loro da sinapsi elettriche costituite da giunzioni comunicanti. I neuroni interconnessi sono sottoinsiemi dell’apparato di Golgi che veicola le informazioni tra le cellule. Per indagare i diversi aspetti degli stati di coscienza usiamo un sistema di elettroencefalografia che può rivelare la presenza di onde gamma. La gammasincronia viene misurata in hertz; con questo mezzo si possono individuare le parti che si congiungono per determinare questo tipo di onda. La presenza di gammasincronia ci rivela che c’è coscienza. Questo campo sarà oggetto di prossime ricerche e approfondimenti. SeC: Cosa implica a livello delle cure dei disturbi mentali il fatto che siamo giunti a considerare il cervello come un computer? Sarà possibile intervenire quando viene contagiato da schemi mentali negativi come la paura, oppure da bisogni indotti o messaggi subliminali che ostacolano il suo buon funzionamento e si ripercuotono poi sul corpo?

SH: Pensando al cervello come a un computer si assume che ogni neurone sia come l’unità di base, il bit di un computer 1 o 0, acceso o spento. Ma in realtà i neuroni e le cellule sono molto più complessi e dobbiamo cercare a un livello molto più sottile nel neurone per comprendere cosa avviene: nella membrana, nella composizione dei lipidi, e anche dentro al neurone, nel citoscheletro, l’impalcatura della cellula del neurone, e anche nell’espressione stessa dei geni. Sono molto interessato ai microtubuli (strutture cave simili a cannucce contenute all’interno di ogni cellula, che hanno rivelato una straordinaria intelligenza, sono ovunque e sembrano organizzare praticamente tutto) dentro al citoscheletro, che si comportano essi stessi come minicomputers dentro alle cellule. Così ogni cellula è molto complessa per essere vista semplicemente come un’unità dentro a un computer, perciò per comprendere come funziona veramente il cervello dobbiamo cercare a livello molecolare, fino al livello quantistico. I microtubuli all’interno delle proteine ne controllano la conformazione, la quale a sua volta controlla le azioni dei neuroni, i muscoli e il nostro comportamento. In questo modo la dimensione quantistica influenza il livello in cui viviamo abitualmente. [...] SeC: Quindi possiamo dire che a questo punto non sappiamo ancora se saremo in grado di intervenire per aiutare la degenerazione del cervello che sopraggiunge nella vecchiaia o influire sulla qualità della vita attraverso il lavoro sul cervello? SH: Per un’efficace terapia dei disturbi mentali è mia convinzione che si debba investigare a un livello più piccolo. Cercare soluzioni con la

semplice manipolazione dei neurotrasmettitori, della serotonina non servirà, perchè a questo livello la cellula cerca costantemente di compensare a quello che cerchiamo di fare. Questo ci porta a una interessante osservazione: lavorare dentro al citoscheletro prende diverse settimane, perchè li i microtubuli e i neurofilamenti dentro al neurone devono ristrutturarsi, è come un edificio che crolla e poi si ricostruisce, e questo richiede tempo. Quando la nostra terapia arriverà a modificare la struttura del citoscheletro e dei microtubuli, penso che avrà più successo – la terapia deve essere disegnata per andare a operare sulle strutture molecolari più fini e sottili, ultramicroscopiche, ma siamo ancora lontani da questo. SeC: Nelle vostre sperimentazioni avete individuato un valore di soglia oltre il quale si può affermare che l’individuo è cosciente oppure non lo è? SH: Dal nostro punto di vista la coscienza è un fenomeno acceso o spento, anche se esistono stati vegetativi in cui può essere presente a un livello minimo, o stati in cui sotto anestesia si può conservare un piccolo livello di coscienza; di base o sei cosciente o non lo sei. Dall’anestesia sappiamo che il passaggio da livello cosciente a stato sedato di incoscienza si verifica in modo brusco e improvviso, anche se possono rimanere presenti lievi tracce di coscienza. Ho verificato che ci sono moltissimi processi che continuano ad accadere nel cervello non cosciente, anche sotto anestesia, ma non hanno a che fare con la coscienza. Massimo Cocchi: Sono rilevabili i diversi livelli di coscienza? La gammasincronia può variare, la frequenza cambia?

CHI è chi John Carew Eccles (1903-1997), premio Nobel per la medicina insieme a Andrew F. Huxley e Alan L. Hodkin, nacque a Melbourne (Australia), dove si laureò in medicina nel 1925. Dal 1937 al 1943 fu direttore del Kanematsu Institute del Sidney Hospital (Australia); professore di fisiologia all’Università di Otago (Nuova Zelanda) dal 1944 al 1951, insegnò successivamente presso l’Australian University di Canberra. Dal 1968 è stato professore di fisiologia e biofisica della State University di New York (Buffalo). Nel 1951 compì una serie di studi che permisero di registrare per la prima volta la “risposta” delle sinapsi. A lui si devono anche importanti studi sulle funzioni del tessuto nervoso, sul midollo spinale e sul cervelletto. Si deve a lui anche la teoria degli psiconi che lo rese non più così ben visto dalle Accademie. Trascorse la vecchiaia a Tenero-Contra, sul lago Maggiore, insieme alla moglie Helena, fino alla morte. 8 Scienza e Conoscenza - n. 27, gen/feb/mar 2009 -


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A cura di Annalisa Faliva SH.: Certamente. Quando sei cosciente puoi essere consapevole a un livello minimo, in una specie di stato vegetetativo, puoi avere uno stato di coscienza ordinario o puoi essere in uno stato di coscienza oggettivo e più alto, come lo stato di meditazione o simili, in cui si evidenziano alte frequenze e un alto livello di gammasincronia, di ampiezza e coerenza tra gli emisferi. La frequenza può cambiare con valori che vanno da 30 a 90 hertz; negli stati meditativi va su fino a 70, 80, o 90, e anche l’ampiezza e la coerenza salgono. Negli stati in cui è presente la consapevolezza risulta più alto il grado di sincronia di più parti del cervello, sintonizzate in modo più sottile.

stato di coscienza, ed è rilevabile gammasincronia. Al di fuori delle fasi di sogno non c’è invece presenza di coscienza, ma il sonno è comunque diverso dallo stato di anestesia, perchè quando finisce la notte, la persona si risveglia naturalmente. [...] SeC: L’uso della coscienza per investigare la coscienza da parte degli scienziati differisce o è simile alla modalità di utilizzo dei mistici e dei ricercatori interiori? SH: Penso che, a volte, siano simili. Succede che gli scienziati arrivino a fare delle scoperte in modo repentino, che la soluzione gli si presenti in sogno, o in particolari stati di sogno

ci in cui si manifesta una realizzazione più profonda. [...] SeC: Tutti cerchiamo il benessere e quindi dobbiamo confrontarci col dolore e la sofferenza, le sue indagini sulla coscienza e sui meccanismi del dolore possono aiutare l’uomo della strada a gestirlo meglio? SH: Il dolore è ovviamente un grande problema; si può dire che è simile alla depressione, è una memoria che è stata imparata. Il dolore cronico rimane registrato come una memoria e anche se ci prendiamo cura di ciò che causa il dolore, la memoria e la reazione continuano. E’ come negli stati psichiatrici di depressione

I microtubuli all’interno delle proteine ne controllano la conformazione, la quale a sua volta controlla le azioni dei neuroni, i muscoli e il nostro comportamento. In questo modo la dimensione quantistica influenza il livello in cui viviamo abitualmente SeC: Si è rilevata presenza di coscienza anche nel sonno, oltre che nello stato di veglia, o nel coma? C’è ancora coscienza in questi stati? SH: C’è una grande differenza tra coma e anestesia. Nel coma la coscienza può essere o no presente, mentre sotto anestesia non c’è coscienza, secondo me. I buddisti direbbero che in ogni stato c’è sempre un certo livello di coscienza, ma è mia convinzione che sotto anestesia siano presenti attività del cervello che non hanno a che fare con la coscienza; ciò che scompare con l’anestesia sono gammasincronia e coscienza. Per quanto riguarda il sonno, il sogno si può considerare uno

alterato. Ad esempio Kaku (uno dei più autorevoli fisici teorici di fama mondiale - ndr) ha avuto in sogno delle visioni che l’hanno ispirato a concepire parti delle sue teorie. Kary Mullis (Nobel per la chimica nel 1993, ndr) ha realizzato alcuni passaggi fondamentali della PCR (reazione polimerasica a catena, quella che consente il test del DNA) subito dopo il risveglio. È risaputo che spesso gli scienziati sono arrivati alle loro realizzazioni grazie a questi stati alterati rispetto alla semplice coscienza di veglia. Che queste persone ne fossero o no consapevoli, a mio avviso hanno sperimentato quelli che si possono definire stati misti-

e negli stati di disordine post traumatico: sono presenti delle memorie dalle quali è necessario liberarsi. Così invece di usare un rimedio che semplicemente blocchi il dolore abbiamo bisogno di qualcosa che porti fuori la memoria, e che possa anche liberarcene. Ci sono delle nuove sperimentazioni in cui si è potuto togliere la memoria nei topi usando sostanze che sono nella cellula. Questa è una possibilità. MC: Da parte mia posso affermare che c’è una forte correlazione tra depressione e dolore ma non si può dire chi nasce prima e chi dopo. E’ sentimento comune che l’era tradiziona-

COS’È cosa Il Reame Platonico Una caratteristica essenziale del modello OR di Penrose è che la scelta dello stato finale in cui si verifica la riduzione oggettiva (lo stato da preconscio a conscio, ndr) non avviene né in modo random né in modo completamente algoritmico. Piuttosto, tale stato viene selezionato da un’ informazione che si trova al livello fondamentale, cioè nella geometria dello spaziotempo rappresentata dalla scala di Planck. Penrose sostiene che tale informazione è platonica, nel senso che rappresenta pura verità matematica, puri valori estetici ed etici. Platone aveva proposto tali valori puri e forme pure, ma in un reame astratto. In questo modo, Penrose colloca il reame Platonico alla scala di Planck. Sarebbe quindi questo reame platonico che, secondo Penrose, determina il funzionamento della nostra mente. [Davide Fiscaletti]

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le del farmaco stia per finire, non perchè questo non funzioni, ma perchè si vanno scoprendo meccanismi biomolecolari che operano a un livello sempre più profondo, e sempre più a fondo bisogna andare per essere certi di ricavarne il beneficio desiderato. SH: Posso aggiungere che un modo di liberarsi delle vecchie memorie è di crearne di nuove sopra alle precedenti, così le prime diventeranno meno importanti. [...] SeC: Al momento la specie umana sta vivendo grandi cambiamenti su scala globale, praticamente in tutti i settori - tecnologico, ecologico, sociale, politico, spirituale. Dal suo punto di vista che cosa sta accadendo e che futuro possiamo ipotizzare? SH: È una domanda difficile, penso che come va ora il mondo non sia il massimo: popolazione troppo numerosa, risorse scarse, guerra in aumento crescente. Spero che se saremo in grado di capire che cosa sia la coscienza – e se la coscienza è un effetto quantistico, è connessa al livello di base dell’Universo – si possa arrivare a una sorta di sintesi tra scienza e spiritualità. Sono convinto che se saremo in grado di arrivare a poter contare su un sostegno spirituale basato sulla scienza – fosse solo di alcuni individui, anche se ad altri non importerà – questo potrebbe

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ora far davvero la differenza per l’umanità. Sapere che la spiritualità si fonda su basi scientifiche può influire ad acquietare le lotte. S&C: Ci sono forti indizi che ci inducono a credere che la gravitazione universale e la ragione per cui tutti i pianeti ruotano non sia una causa meccanicistica di origine newtoniana, ma si debba a un’intelligenza superiore, lei cosa ne pensa? Ha fede in qualcosa che si possa definire coscienza superiore o Dio? SH: Penso che, se siamo un insieme di effetti quantistici che governano la consapevolezza, questi effetti di fatto emanano da un livello molto profondo. Essi creano l’universo, anche se in scala molto molto piccola sono presenti ovunque, in qualsiasi dimensione andiamo sono lì, e c’è informazione a quel livello, nella scala di Plank (la distanza più piccola che si possa definire). La domanda è: tutto questo è casuale e in grado di controllare i movimenti a un livello più alto, o si può invece affermare che a questo livello fondamentale, nell’universo, c’è informazione e valori platonici? Questa teoria è stata espressa da Sir Roger Penrose, che ha chiamato tale dimensione il Reame Platonico. Accediamo e ci colleghiamo a questo livello fondamentale dell’universo attraverso l’inconscio; è come un grande deposito ricolmo di verità preconscie, che influenza i livelli inconsci, ogni nostra percezione e quindi la

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coscienza. Se questo livello influenza l’inconscio e la coscienza, allora forse possiamo dire che quest’informazione platonica impressa nell’universo è qualcosa di simile a questa coscienza superiore. MC: Pensi che l’uomo dovrebbe credere in qualcosa che è oltre il sistema? SH: Ogni persona dovrebbe credere in ciò che desidera credere. Se vuoi seguire un metodo scientifico devi scegliere tra investigare usando la scienza o avere fede in Dio, e forse ci sono basi scientifiche nella fisica dell’universo che vanno individuate più precisamente. Tuttavia i dati di cui siamo in possesso al momento ci portano a pensare all’esistenza di un’informazione superiore che non è meccanica [...] SeC: Quali sono i suoi progetti di ricerca ed ampliamento al momento, in quali direzione pensa di dirigersi visti i numerosi campi della sua esperienza? E quali collaborazioni ritiene necessarie per portare avanti il suo lavoro? Hameroff: Mi sento di andare in diverse direzioni...vorrei lavorare con te (rivolgendosi a Cocchi) e con l’ausilio di uno staff di psichiatri ampliare le ricerche sui processi quantistici che riguardano il citoscheletro e il livello molecolare, penso che questo possa essere molto importante per curare meglio gli squilibri dell’umore e altri disturbi mentali. Sono an-


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Intervista a Stuart Hameroff

A cura di Annalisa Faliva

I dati di cui siamo in possesso al momento ci portano a pensare all’esistenza di un’informazione superiore che non è meccanica [...] che coinvolto in ricerche nel campo dell’anestesia, per trovare ad esempio anestetici che non lavorino solo sulla coscienza ma anche sulla memoria, per fare in modo che non vengano prodotte memorie sotto anestesia. Sono anche interessato alla possibilità di lavorare su ciò che riguarda la connessione spirituale, ma non so bene come portare avanti una ricerca in questo campo al momento; sono interessato ad approfondire i processi dell’informazione nei microtubuli e le loro capacità, e sto collaborando in questa area. Quindi collaboro attualmente con diverse persone, che si basano sull’idea centrale della possibilità della competizione quantistica nei microtubuli e in altre strutture del cervello. MC: Volevo chiudere dicendo che forse siamo vicini a un momento di trasformazione nella comprensione dei fenomeni. Fino a pochi anni affrontare questi temi quasi spaventava le persone, approfondirli significava confrontarsi con qualcosa di ignoto, di sconosciuto. [...] SH: Vorrei aggiungere un’ultima cosa: scettici e critici potrebbero dire “tutto ciò è molto interessante ma il cervello è troppo caldo perchè al suo interno possano avvenire effetti quantistici”. A questo proposito posso dire due cose: la prima è che è stato recentemente dimostrato come

possano esistere effetti quantistici caldi nel sistema biologico, e la seconda che la gammasincronia in parti diverse del cervello è un fenomeno troppo veloce e troppo preciso per essere spiegato dalla nota neuroconduzione e dalle sinapsi. Quindi si può affermare che la gammasincronia richiede una coerenza quantistica nel cervello che gli scettici potrebbero forse ritenere impossibile. Ma allora, senza una coerenza quantistica, come può essere spiegata la precisione della gammasincronia? MC: Visto che la gammasincronia richiede il calcolo quantistico per essere valutata e determinata, a mio avviso si può definire il cervello una fucina di calcolo quantistico. Come Stuart Hameroff, anche noi siamo convinti della correttezza di questi concetti, perchè guardando a ciò che abbiamo realizzato finora, laddove la matematica tradizionale, anche la più sofisticata, non è certamente in grado di dare risposte nè di quantificare fenomeni, ci rendiamo conto che bisogna andare sempre più verso il piccolo.

Grazie a: Hanno datto i loro preziosi suggerimenti sulla composizione delle domande: proff. Gloria Nobili (Fisico, Docente di Matematica e Fisica) e il dott. Massimo Corbucci (Medico e Fisico)

Chi è Stuart Hameroff Professore al Dipartimento di Anestesiologia e Psicologia e direttore del Centro Studi sulla Coscienza dell'Università dell'Arizona, Tucson – Usa. www.quantumconsciousness.org. Con R. Penrose (fisico, matematico e filosofo britannico, tra le sue opere: La strada che porta alla realtà, Rizzoli 2005) ha inaugurato nel 1995 la teoria quantistica della mente che colloca i processi quantistici che avvengono nel cervello, nelle tubuline, proteine che formano i microtubuli, i quali sono a loro volta componenti delle cellule neurali. Le tubuline sono dei dimeri che possiedono due diversi stati che si trovano in sovrapposizione quantistica. Secondo la teoria di Hameroff-Penrose, i processi quantistici che avvengono nelle tubuline sono alla base della distinzione tra stati inconsci e stati consci. Il modello Orch-Or (Orchestrated-Objective Reduction – Riduzione oggettiva orchestrata) descrive come i dimeri di tubulina possano mantenere al loro interno una sovrapposizione quantistica coerente - vale a dire la sovrapposizione di diverse geometrie spazio-temporali o configurazioni (per es. prendiamo 3 carte, abbiamo svariate possibilità di combinarle tra di loro, fino ad una soglia limite, in cui nelle tubuline avviene un collasso d’onda tra lo stato preconscio e quello conscio) e possono farlo muovendosi come un unico elemento orchestrato.

A cura di Annalisa Faliva: Master Practitioner di Ipnosi & PNL, è diplomata in numerose tecniche di riequilibrio psico-corporeo. Il suo lavoro si basa sulle infinite capacità della Mente Inconscia, e del corpo che ne è la materializzazione, per favorire il benessere e una migliore capacità di vivere il presente. Ha pubblicato Bardo il risveglio dal sogno, un approfondimento sul Libro Tibetano dei Morti corredato da 2 CD (Ed. Il cerchio della luna, 2004), e più recentemente Invito al benessere - Ipnosi, Autoipnosi e Meditazione per la gestione del dolore (Urra, 2007). Il suo sito web è: www.ilcorpoinmente.it

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Ivo Quartiroli Non solo i corpi fisici tendono all’obesità, ma anche quelli mentali. Il veloce sovraffollarsi d’informazioni veicolate dall’infittirsi dei media non trova, in chi li fruisce, una capacità di discernimento tale da conferire loro un senso. Che sia più comodo dimenticare?

o ratii G

li scienziati, come si legge sul New Scientist on line del 23 ottobre, si sono avvicinati alla possibilità di cancellare nelle cavie i ricordi di un mese precedente. Una proteina di nome CaMKII è coinvolta nella memorizzazione e nel recupero delle memorie. In particolare, i ricercatori hanno aumentato i livelli di tale proteina nel momento in cui le cavie ricordavano il dolore conseguente ad uno shock. Quest’aumento ha portato alla dissipazione della memoria legata allo shock, non solo temporaneamente. La memoria sembra persa completamente, come se il fatto non fosse mai avvenuto. Le applicazioni possibili di questa ricerca sono viste nel superamento dei traumi dolorosi. A parte il rischio di trovarsi con dei soldati che possono compiere qualsiasi efferatezza e dimenticarla chimicamente, quest’approccio verso i ricordi traumatici è di nuovo di tipo meccanico/organico senza una visione d’insieme dell’essere. L’idea è ancora quella di fare la guerra a qualcosa, come avviene per la medicina (“la guerra contro il cancro”, contro i microorganismi ecc...) invece che prenderne consapevolezza. Il ricordo e i traumi entrano quale informazione in tutte le cellule del corpo e la mia impressione è che si potrà forse anche inibire l’accesso a un certo ricordo, ma questo non toglierà la sua carica energetica nella persona. L’estrema precisione della consapevolezza può far sì, invece, che il ricordo non sia rimosso ma integrato in una accettazione più ampia che lo renda parte della nostra esperienza e crescita. Mi ricordo che a Puna nel 1994 conobbi una giovane donna che aveva avuto una grande tragedia: le era morta la figlia di due anni. Le suggerii di lavorare su questo fatto all’interno dei workshop che operano sui traumi e sulle perdite, oppure in forma di sessioni individuali. Mi disse che non voleva avvalersene poiché non intendeva perdere il ricordo della bimba che “è

l’unica cosa che mi rimane di lei”. Mi fece una grande tenerezza, le spiegai che non si tratta di dimenticare, piuttosto di entrare con consapevolezza ed amore nell’esperienza. Non so come fosse proseguito il suo percorso di vita, ma questo per dire quanto sia radicata la convinzione che la terapia di un qualche genere equivalga al togliere o al combattere qualcosa. La memoria è fortemente legata all’attenzione e alla presenza. A mio parere è questo il motivo per cui i ricordi “forti” e traumatici entrano in tale profondità. Ogni qual volta ci troviamo di fronte ad un evento che minaccia la nostra sopravvivenza, questo ci porterà inevitabilmente a moltiplicare la nostra presenza e consapevolezza. Per il principio semplice ma non meno scientifico del “chiodo scaccia chiodo” dovremo riportare altrettanta consapevolezza per il superamento del trauma. Ma, a parte gli eventi estremi, le capacità di attenzione e di presenza nella vita di tutti i giorni, e di conseguenza la memoria, sembrano estinguersi più velocemente degli orsi polari. Anche la rivista di tecnologia digitale “Wired” ha riportato (http://www.wired.com/techbiz/people/magazine/1510/st_thompson) lo studio del neuroscienziato Ian Robertson che ha rilevato che i giovani erano meno capaci dei loro genitori di ricordare le informazioni personali generiche. L’aumento esponenziale delle informazioni presenti nella nostra vita non è parallelo all’aumento della capacità di assimilarle in profondità. Possiamo “esserci” con la nostra attenzione cosciente solo in una cosa per volta. L’attenzione non cresce con il crescere delle informazioni, è una sola. Per quanto possiamo svolgere diverse attività in multitasking (elaborazione in parallelo, ndt), questo significa solamente spostarsi da un’attività all’altra, e dare uno scarso livello di attenzione ad ognuna. La nostra memoria sta diventando breve, come quella

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dei supporti magnetici su cui la esternalizziamo. La durata dei supporti di memorizzazione è calata drasticamente nel tempo. Una scritta nella roccia dura milioni di anni, un papiro migliaia di anni, un libro qualche centinaio, un CD tra pochi e una trentina d’anni (a seconda della qualità del supporto) e un hard disk alcuni anni. La società dell’informazione porta l’enfasi sull’ultimissima novità, senza un’evoluzione dell’informazione stessa, una sua storicità, una narrativa. Nel momento in cui affidiamo alla tecnologia il recupero delle informazioni, invece che alla nostra memoria, svuotiamo questa del senso vivo e sentito. La tecnologia dell’informazione, dalle televisioni a Internet, ha preso il posto delle capacità di attenzione profonda e quindi di completare le capacità di memoria in un modo integrato e direi “organico”. Bombardati da una quantità d’informazioni che probabilmente in una sola settimana è superiore alla quantità di una vita di poche generazioni fa, non riusciamo più a creare un’immagine completa e ci limitiamo a frammenti informativi senza un centro di coscienza che dia loro senso.

Confini Sarebbe necessario passare a un’interpretazione ed ascolto della realtà al di là della mente, dove le strutture concettuali vengono sostituite da una consapevolezza di livello spirituale più ampio, da una comprensione diretta. Ma questo livello non è certo facilmente accessibile se non dopo un lungo cammino di ricerca, sconosciuto ai più. Allora invece che unificare le informazioni in un centro di consapevolezza più ampio, essendo schiacciati da una quantità di informazioni a cui non sappiamo, non possiamo e non vogliamo più dare ordine, semplifichiamo, andiamo sul noto, regrediamo ad un pensiero che non affronta le sfumature e le complessità. Stephen Talbott nella newsletter Netfuture citava gli scienziati del Rational Psychology Association che studiavano i cambiamenti nel cervello a seguito dell’essere sovrastimolati. Un ricercatore ha definito come “nuova indifferenza” la capacità di far fronte a stimoli contraddittori senza esserne toccati. Se a questo aggiungiamo le difficoltà nel dare attenzione prolungata ad alcunché e la carenza di un centro interiore che dia

Le scoperte biochimiche sulla possibilità di cancellare i ricordi non sembrano più così necessarie, la società stessa sta portando all’amnesia generalizzata Nella tradizione mistica indiana gli esseri umani sono visti come composti da sette corpi: fisico, emozionale, eterico, mentale, spirituale, cosmico, nirvanico. Questi corpi sono come pietre miliari nel processo di autoconoscenza, livelli a cui è connessa la nostra consapevolezza durante l’evoluzione spirituale. Osho diceva che:

“senso”, data la mancanza di forti indicazioni morali ed ideologiche nella fase storica attuale, allora è facile diventare preda di propagande che tendono a semplificare il mondo e la sua complessità, preda di fondamentalismi ed ideologie che promettono soluzioni rapide e il ritorno alle “certezze” del passato. Si fa presa sul cervello antico, rettile, dove le paure e gli istinti di sopravvivenza diventano predominanti. Anche lo stato di illuminazione spirituale accetta le contraddizioni e il caos della mente, ma questo si trova oltre la mente e le sue schizofrenie, mentre lo stato di accettazione delle contraddizioni della società attuale è uno stato di involuzione di una mente che non sa più che pesci pigliare e abbassa il suo livello di attenzione e di coerenza. La società dell’informazione è un catalizzatore che accelera enormemente il processo di sviluppo del corpo mentale, il quale può evolversi verso la sua trascendenza oppure involvere nel declino delle sue capacità. Nel caso dell’involuzione abbiamo torpore mentale, incapacità di vedere la cose in prospettiva, memoria corta, scarsa capacità di attenzione prolungata, continue interruzioni da SMS, email, notifiche dai siti, notizie. In altre parole, un generale rincoglionimento. Il computer e Internet ci danno l’opportunità di accelerare il processo della mente oppure di regredire ad uno stato precedente allo sviluppo della mente per come è avvenuto nelle società ad alta alfabetizzazione. McLuhan affermava che “ogni invenzione o tecnologia è un’estensione o un’autoamputazione del nostro corpo, che impone nuovi rapporti o nuovi equilibri tra gli altri

mem “Il linguaggio, le parole, i pensieri, tutto questo crea un corpo al nostro interno. Più qualcuno è acculturato e ben-educato più grande è il suo corpo mentale. Questo corpo, però, non è visibile ai nostri occhi come un corpo, quindi continuiamo a gettare in esso ogni tipo di pensiero, senza occuparcene. Un uomo che al mattino legge il giornale non capisce che quel giornale sta anche creando il suo corpo mentale. Camminando in strada legge i manifesti sui muri, non arriva a concepire che quelle parole lo penetrano e creano la sua mente. Siamo totalmente inconsapevoli di come creiamo le nostre menti, perciò la nostra vita è un caos… qualsiasi cosa ascoltiamo, leggiamo, pensiamo, qualsiasi parola risuoni al nostro interno, crea il nostro corpo mentale” (Osho. The Way Beyond Any Way).

Sembra quindi che abbiamo dei corpi mentali obesi. L’esplosione delle informazioni, il massiccio contatto di culture diverse e il necessario ampliamento della portata delle nostra consapevolezza fa sì che non abbiamo più i codici e i riferimenti per interpretare la realtà. Le strutture della mente non sono più in grado di portare ad una comprensione soddisfacente della realtà. 14 Scienza e Conoscenza - n. 27, gen/feb/mar 2009 -


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Ivo Quartiroli organi e le altre estensioni del corpo” (Marshall McLuhan. Strumenti del comunicare – il Saggiatore 2008). Ad esempio, l’automobile da una parte estende le possibilità delle nostre gambe ma dall’altra indebolisce le stesse in quanto sottoutilizzate. La televisione, mentre estende la visione del mondo al di là del nostro circondario immediato, allo stesso tempo ci isola dai vicini e dai famigliari. Generalmente con l’introduzione di una nuova tecnologia o di un nuovo media tendiamo a glorificare ciò che viene espanso, ma non vediamo la parte amputata. L’amputazione genera uno shock e un torpore che impedisce alla nostra consapevolezza il riconoscimento dello shock. In particolare non ci rendiamo conto di perdere capacità mentali perché siamo in stato di shock di fronte all’amputazione delle stesse. Questo stato di rimozione generale prepara il terreno ideale per i politici che non necessitano più di rendere conto della coerenza delle loro parole o dei loro atti. Possono permettersi di contraddirsi apertamente in quanto l’attenzione viene data quasi esclusivamente all’ultima notizia, e la memoria fa cilecca. Le coerenza e la verità non sono più sentiti come valori. Il livello di assuefazione al falso ha raggiunto dei livelli patologici su un piano collettivo. Dunque le scoperte biochimiche sulla possibilità di cancellare i ricordi non sembrano più così necessarie, la società stessa sta portando all’amnesia generalizzata. Con la rivoluzione industriale abbiamo esternalizzato il lavoro dei nostri corpi verso le macchine e ci siamo potuti concentrare sullo sviluppo intellettuale, culturale e su un’alfabetizzazione quasi universale, importantissimi sviluppi della consapevolezza umana. I nostri corpi si sono indeboliti, e con l’aumento del “benessere” vi è stato un parallelo aumento di problemi cardiovascolari, obesità, malattie degenerative, cancri. Ma allo stesso tempo abbiamo creato farmaci e condizioni di vita più protette. Ora, nella società post-industriale dell’informazione, stiamo esternalizzando le nostre menti verso le tecnologie dell’informazione e si sta indebolendo la capacità mentale di riflessione e analisi critica. Inoltre vi è uno sviluppo anche su un piano patologico, a partire dall’esplosione di deficit dell’attenzione da parte di bambini che passano il loro tempo di fronte ai videogame invece che essere fisicamente attivi. Così come il corpo ha perso importanza con l’avvento della macchina per la produzione, la mente sta perdendo importanza con l’avvento delle macchine su cui esternalizzare memoria, pensiero, comunicazione con il prossimo. Nei percorsi spirituali spesso si sente parlare di “non mente”, di andare oltre la mente e si afferma che la mente non sia altro che un biocomputer. Questo è vero ma la mente si può superare solo quando la si è vissuta in pieno. E in ogni caso, pare che ci porteremo appresso

la mente anche dopo il risveglio spirituale, quindi tanto meglio che sia una mente acuta, brillante e di ampia visione. Il Lankavatara Sutra dice: «Con la lampada della parola e della discriminazione si deve andare oltre la parola e la discriminazione e infilare la strada della presa di coscienza». Almass ha scritto: «Non c’è niente che si può affermare in modo definitivo, ma devi prima esaurire tutte le parole». E Osho stesso, che non è mai stato particolarmente leggero con la mente dice: «Bisogna usare l’intelletto, non bisogna scartarlo; deve essere trasceso, non messo da parte. E potrete trascenderlo soltanto quando sarete arrivati al gradino più alto della scala. Dovete continuare a crescere intellettualmente, poi verrà un momento in cui l’intelligenza avrà esaurito il proprio compito. In quel momento direte addio all’intelligenza. Vi ha aiutato lungo gran parte del cammino, vi ha condotti abbastanza lontano, è stata un buon veicolo. È stata una barca sulla quale avete attraversato il fiume, raggiunta l’altra sponda, abbandonerete la barca. Non vi porterete la barca sulla testa: sarebbe una sciocchezza». (Osho, Il Sutra del Cuore, Edizioni del Cigno, Milano, 1996). Analogamente, un musicista può abbandonare la conoscenza delle scale musicali ed improvvisare solo dopo averle conosciute in profondità, altrimenti si produce solo rumore. Le capacità mentali indebolite portano all’irrigidimento e all’intolleranza. La mente diviene facilmente manipolabile da slogan populisti e da messaggi semplicistici che fanno leva sull’emotività più superficiale. Da questo capiamo anche quanto sia importante che una nazione valorizzi la scuola come momento di costruzione dello spirito critico e della democrazia. Non vi è necessità di dimenticare né con interventi biochimici né affondando in un mare di informazioni superflue, almeno fino al grande salto (quantum leap) oltre la mente. Note: La news è leggibile sul seguente link: http://www.newscientist.com/article/dn15025-eternal-sunshine-drugselectively-erases-memories.html

Scritto da:

Ivo Quartiroli Autore di libri di informatica e fondatore della casa editrice Apogeo/Urra. È impegnato nella ricerca interiore e attraversa in continuazione il ponte che unisce la società dell’informazione a quella della consapevolezza. Sul blog www.indranet.org scrive sulla relazione tra tecnologie, psiche e società. Edita e scrive su www.innernet.it, rivista online sui percorsi di consapevolezza, maestri spirituali, nuova scienza ed ambiente. Email: ivotoshan@yahoo.it

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Neuroplasticità: intervista a Joe Dispenza

l’organo del Gli antichi cinesi lo chiamavano “Cuore Celeste”, l’antroposofia “l’organo dello Spirito”. Per le neuroscienze il cervello in azione è la mente. Definitivamente, per Joe Dispenza – che Scienza e Conoscenza ha intervistato a Milano a novembre, in occasione del suo seminario – il cervello è “l’organo del cambiamento” così come i polmoni, per esempio, sono l’organo della respirazione.

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A cura di Elsa Masetti

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l Dr. Joe a cui stringo la mano - diventato con la pubblicazione del suo libro Evolvi il tuo cervello (Macro Edizioni 2008) uno dei massimi esperti nel campo della neuroplasticità – è gioviale, ricettivo… Sì, aperto al cambiamento rispetto al momento. Come quando ha deciso con l’organizzazione che, visti i tempi stretti, non ci sarebbe stata in apertura la breve presentazione di questa rivista. Poco dopo, mentre era di lato al palco, in attesa del suo ingresso, mi ha colta con la coda dell’occhio – che mi sbracciavo con la rivista in mano, per ricordare a chi stava annunciando di includerla almeno nel discorso. Mi ha improvvisamente spinta sul palco, abbracciandomi poi calorosamente quando, raggiante, sono scesa. In un attimo i programmi erano cambiati e qualcosa di nuovo si era reso possibile… Nuove possibilità, nuovi neuroni, nuovi neuroni, nuove domande, nuove domande… e vai con i nuovi neuroni!

mentiamo e che prevediamo, da ciò che temiamo, così come da ciò che pensiamo di noi stessi, ci definisce individualmente ed è riflesso nei nostri collegamenti neurologici interni. Siamo costantemente un “work in progress” [un processo in elaborazione, ndr]. Il cervello è l’organo del cambiamento. C’è un concetto nelle neuroscienze denominato neuroplasticità, che dimostra che il cervello altera se stesso ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo. Inoltre cambia quando abbiamo una qualsiasi nuova esperienza. La nostra materia grigia – per funzionare al meglio nella vita – si riorganizza nel frattempo che scegliamo di modificare il nostro comportamento. In altre parole quando realmente cambiamo idea (change our mind in originale, ndr), il cervello cambia… e quando cambiamo il cervello, la mente cambia. Ecco che cosa intendo. Secondo le neuroscienze, la mente è il cervello in azione. La mente è il cervello al lavoro. È il prodotto dell’attività del cervello quando è

cambiamento Scienza & Conoscenza: Quali sono state le scoperte e ricerche nel campo delle neuroscienze che hanno dato sostegno alla tua intuizione della mente che dà forma alla realtà? Joe Dispenza: Tutto quello che ci compone, il “tu” e il “me” – i nostri pensieri, i sogni, le nostre memorie, le speranze, i sentimenti, le nostre fantasie segrete, i nostri timori, le abilità, le nostre abitudini, i dolori e le gioie – è inciso nel reticolo di lavoro vivente dei 100 miliardi di cellule del cervello. Se imparate oggi anche un solo bit d’informazioni, le minuscole cellule cerebrali creeranno nuovi collegamenti tra di esse e chi sei “tu” ne sarà alterato. Questo “tu” come essere senziente è immerso e realmente esiste nel web elettrico e interattivo del tessuto cellulare del cervello. Il modo in cui le nostre cellule nervose sono specificamente organizzate da ciò che impariamo, che ricordiamo, da ciò che speri-

animato dalla vita. Ora con 100 miliardi di cellule nervose cablate insieme, diventa palese che possiamo produrre molti livelli diversi di mente. Per esempio, la mente che usiamo per fare il make-up è differente dallo stato mentale usato per guidare. Ugualmente, “mettiamo insieme” una mente diversa quando assumiamo il ruolo della vittima contrariamente a quando dimostriamo gioia. Tutto questo è così, perché abbastanza semplicemente possiamo indurre interi gruppi di cellule nervose ad attivarsi in modi molto diversi. Non più di trenta o quarant’anni fa, c’era la credenza unanime nel campo delle neuroscienze che il cervello era hardwired, volendo significare che siamo nati con una determinata quantità di collegamenti neurologici e la finalità della vita era che ci saremmo, crescendo, riorganizzati come i nostri genitori. Era una percezione accettata che questo organo fragile, denominato

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Neuroplasticità: intervista a Joe Dispenza

cervello, non potesse ottimizzare i relativi fissaggi (hardware). Ma con l’avvento delle ultime tecnologie nel campo del linguaggio figurato funzionale (brain scans) risulta palese che è possibile far lavorare diversamente il nostro cervello (process mind). Di fatto, alcune delle ricerche dell’università del Wisconsin hanno dimostrato che qualcosa di semplice come l’attenzione – o concentrazione focalizzata – sia un’abilità come il golf o il tennis. In altre parole, più vi esercitate nell’essere coscienti o attenti, più facilmente lo sarete in seguito .

provato che possiamo cambiare il cervello semplicemente pensando diversamente. Nel caso di un’attività come quella di suonare il piano, gli stessi circuiti saranno creati da chi fa fisicamente l’azione così come da coloro che semplicemente si eserciteranno a riportare mentalmente alla memoria scale e accordi. Messa giù semplice, quando siamo veramente attenti e focalizzati il cervello non conosce la differenza tra ciò che accade nell’occhio delle nostra mente e quello che invece prende forma nel mondo. […] A causa della misura del lobo frontale nel cervello uma-

Lobo frontale

Ora proprio qui giace il paradosso. Se possiamo davvero cambiare il cervello e la mente, allora chi è che attua il cambiamento? Il cervello non può cambiare se stesso. È un organo come i reni e il fegato. Il cervello non è niente senza la vita. La mente non può cambiare il cervello perché è un prodotto del cervello stesso. Ricorda: la mente è il cervello in azione. Chi allora sta attuando il cambiamento del cervello e della mente? La risposta è quella parola che è stata evitata dalla scienza con tutte le sue forze. É la coscienza che usa il cervello e il corpo per produrre molti e diversi livelli della mente. Ed è solo quando siamo davvero consci e consapevoli che possiamo fare cambiamenti visibili riguardo a chi siamo e a come possiamo pilotare le nostre vite. In aggiunta, le scansioni cerebrali hanno chiaramente 18 Scienza e Conoscenza - n. 27, gen/feb/mar 2009 -

no, possiamo rendere i pensieri più reali di qualsiasi altra cosa. Questo è il privilegio di essere degli umani. E quando viene richiesto, come negli innumerevoli esperimenti e test effettuati, un training o una performance mentale, il cervello a livello sinaptico, mostra a tutti gli effetti di aver avuto l’esperienza. E con una pratica consistente il cervello e il corpo saranno fisicamente mutati nella realtà fisica senza aver mai fatto l’esperienza fisica stessa. Abbiamo creato l’hardware neurologico da usare nell’esperienza futura che ci attende. Applicando questa comprensione al modello quantistico che afferma che la nostra mente soggettiva ha un effetto sul mondo oggettivo (la coscienza crea la realtà), possiamo cominciare ad esplorare l’idea che se il nostro cervello e il corpo evidenziano cambiamenti fisici per


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A cura di Elsa Masetti assomigliare all’esperienza che è già accaduta, quale risultato dei nostri sforzi mentali e prima che la manifestazione fisica della coscienza sia accorsa, allora teoricamente sarà l’esperienza a trovarci! S&C: Un cervello che funziona in modo coerente è qualcosa “di più” dei due lobi – destro e sinistro – che funzionano in modo equilibrato? Che cosa e in che modo “di più”? JD: il funzionamento degli emisferi destro (dx) e sinistro (sx) è stato ora ridefinito dalle neuroscienze. Una volta si diceva che la parte sinistra del cervello era quella logica, ragionante mentre quello destro era il cervello creativo, romantico, spaziale. In effetti proprio il cervello sx funziona secondo una serie di processori lineari d’informazioni, mentre il dx è come un processore parallelo, olistico. Recenti ricerche hanno dimostrato che la novità cognitiva appartiene al dx, mentre la routine cognitiva dipende dal sx, e questo è un bel modo di

sona quando inizia a rallentare il proprio cervello passando a uno stato meditativo, se lo fa correttamente e va oltre la sfera analitica, il suo focus diventa più aperto, più diffuso – consentiamo alla nostra mente di spostarsi dall’ossessione, diventando in un certo senso “privi di se” (selfless). Allora il cervello passa a quelli che sono chiamati modelli in sincronia di fase. La chimica dello stress induce il cervello a rimanere in quello che è detto lo stato superiore delle onde Beta, uno stato super analitico, super precipitoso, super ansioso e la maggior parte delle persone vive in quella gamma di frequenza. In tale stato il cervello inizia a lavorare troppo velocemente e a precipitarsi nel tempo, valutando che cosa potrebbe succedere basandosi sul passato. Anticipa un evento futuro ma lo fa su queste basi e quindi continua a riciclarci in tale condizione discontinua. Ma quando ci permettiamo di arrenderci, di rilassarci e iniziamo ad addestrarci in modo corretto nella meditazione, a essere presenti, il cervello comin-

A causa della misura del lobo frontale nel cervello umano, possiamo rendere i pensieri più reali di qualsiasi altra cosa. Questo è il privilegio di essere degli umani spiegare perché il cervello dx è “il grande creatore”. L’arte consiste nel mantenere equilibrati entrambi gli aspetti. Alcune persone tendono ad essere dei grandi ricercatori di novità ma poi non le memorizzano nella routine, mentre alcuni sono così rigidi nella loro routine che non imparano niente di nuovo. In un certo senso, questo crea una disparità nel cervello, ma quando parliamo di coerenza del cervello, che è una delle mie passioni, il riferimento è la misurazione elettroencefalografica delle onde cerebrali. Quando siamo sotto stress, arrabbiati, aggressivi, ansiosi, paurosi, quando soffriamo, emettiamo delle sostanze chimiche che disintegrano il sistema nervoso e anche il cervello, e quelle stesse sostanze fanno sì che il cervello diventi ossessivo. Siamo ossessionati dai nostri problemi e non riusciamo a smettere di pensarci. Ebbene questi tipi di sostanze chimiche sono quelle che a breve termine permettono al leone di focalizzarsi sulla gazzella ferita e alla gazzella di focalizzarsi sul leone, e quel focus indiviso del corpo nell’ambiente in un certo determinato momento è la chimica che permette alla sopravvivenza di avere luogo. Gli essere umani, però, trattengono questo stress attivo più a lungo del necessario, perché possono attivare la risposta allo stress non soltanto reagendo all’ambiente ma anche semplicemente pensando a qualcosa di stressante, preparandosi nei suoi confronti, aspettandolo. Continuiamo a prepararci per un evento che, di fatto, abbiamo già creato, inventato nella nostra mente e questa è chiamata ansia, disturbo da compulsione ossessiva, nevrosi, detta anche depressione. L’effetto a lungo termine di ciò provoca un cervello molto disintegrato e fa si che diventiamo eccessivamente analitici, e quindi, ossessionati. Quando invece creiamo un’autentica coerenza cerebrale – e la ricerca negli USA dimostra che una per-

cia a spostarsi in quei modelli alfa sincronizzati che sono molto ordinati. Tutte le onde si muovono insieme e la coerenza che ne deriva permette a parti diverse del cervello di iniziare a comunicare in modo corretto come se la sinfonia diventasse sempre più armonica, il ritmo del cervello più organizzato. Ora così come ci si esercita a suonare il piano o a giocare a tennis ci si può esercitare anche in questo, e più lo si fa, più diventa familiare. È l’ordine creato che è così splendido nei modelli in sincronia di fase. Quella coerenza, quell’integrazione del cervello, improvvisamente invia un segnale estremamente coerente a tutto il sistema nervoso che attraversandolo reintegra tutti gli altri sistemi: il digestivo, l’immunitario, il circolatorio… S&C: Alcuni affermano che un pensiero è solo un pensiero, non significa che sia la realtà. Da un altro punto di vista i pensieri sono reali, come cose. Secondo la tua esperienza quale delle due affermazioni è più vera? JD: Io penso che la scienza stia cercando di ridefinire, specificare questa faccenda del pensiero e la parola che ora usa è co-scienza, giusto? È quella cosa che sebbene così immateriale, lascia degli effetti nella mente, nel cervello, nella mente corporea. I pensieri nel cervello sono cose reali, perché qualunque sia la loro provenienza, e qualsiasi siano le teorie sull’origine degli stessi, è necessario prendere atto che il pensiero ha degli effetti misurabili sul corpo; in altre parole quando avete un pensiero producete sostanze chimiche, il vostro cervello rilascia o mette in circolo una serie di molecole, e in pochi istanti vi sentite esattamente nel modo in cui state pensando. Se si tratta di pensieri d’insicurezza vi sentirete insicuri, ora nell’istante in cui cominciate a sentirvi

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Neuroplasticità: intervista a Joe Dispenza

insicuri, dato che il cervello è in costante comunicazione con il corpo, cominciate a pensare proprio come vi sentite e vi sentite nel modo in cui pensate. Ecco l’effetto che il pensiero produce sul corpo. Qualcosa si può dire anche sullo stesso effetto a distanza. In tutto il mondo sono stati fatti 2500 studi sul potere della preghiera, o come il pensiero può aiutare una persona a star meglio in altro luogo; ma non basta semplicemente un pensiero. Se prendete un gruppo di persone e chiedete loro d’inviare un’intenzione a un filamento di DNA in provetta perché si srotoli, queste persone possono avere un’intenzione chiara e concisa ma questo non influisce sul DNA. Non

inconsci e sono cablati così rigidamente nel cervello perché continuiamo in modo inconsapevole e ripetitivo ad attivarli e collegarli. Quei pensieri hanno degli effetti altrettanto drastici nel campo quantistico perché, che ci crediamo o no, sono più facili da elaborare nel cervello e nella mente, e la loro ridondanza è trainata dalle stesse sensazioni ad essi collegate…. cosa voglio dire con questo? Quello che intendo è che una persona può avere tutte le buone intenzioni del mondo, desiderare una vita grandiosa, ma siccome ha memorizzato la sofferenza per 20, 40 anni, questa sofferenza inconscia è ciò che continua a creare gli stessi ostacoli ripetitivamente nella vita. Quindi l’arte del cambiamento richiede una sorta

c’è alcun potere nell’intenzione da sola. Lo stesso se prendete un altro gruppo di persone dicendo loro di spostarsi in uno stato d’animo elevato, di provare amore, gioia e poi irradiare questo campo al di fuori… Di nuovo nel DNA non succede niente. Quando, però, combinate l’intenzione con la sensazione di uno stato d’animo elevato oppure con la percezione indotta dalla visione dello srotolarsi di tale DNA, il 25% a quel punto si srotola.

di addestramento in quel sistema di memorie automatiche, riorganizzandolo in modo da dissolvere quei programmi subconsci che continuano a guidarla verso lo stesso destino. E tali programmi sono basati sui suoi pensieri e sentimenti inconsci.

S&C: Tu intendi, dunque, un pensiero intenzionale elevato? E i pensieri non intenzionali? JD: Sì, parlo di un pensiero intenzionale conscio, che è la carica elettrica del campo quantistico, mentre il sentimento, la sensazione è la carica magnetica. Il modo come pensiamo e sentiamo crea il campo elettromagnetico che circonda il nostro corpo. Che dire invece dei nostri pensieri non intenzionali? Sono anche chiamati pensieri 20 Scienza e Conoscenza - n. 27, gen/feb/mar 2009 -

S&C: Quindi, se intendo bene, è necessaria una deprogrammazione che ci faccia saltar fuori da pianificazioni cerebrali su cui ci siamo inconsciamente allenati per anni e anni? JD: Nel mio lavoro il primo stadio del cambiamento è sempre disimparare o deprogrammare per poi reinventare. Non potete seminare un giardino se prima non strappate vie le piante dell’anno precedente, zappando, spezzando le zolle e poi fertilizzando. È necessario prima “fare spazio”. Insegno a disimparare, deprogrammando. I primi sei passi del mio metodo riguardano proprio il disimparare, perché questa è la parte difficile. Una volta


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A cura di Elsa Masetti che avete disimparato waooo… avete una nuova visione del paesaggio, vedete un nuovo orizzonte. […] S&C: Quando sei guarito, chi è stato il guaritore, tu o quell’ordine o intelligenza superiore – di cui parli nel tuo libro – oppure, per dirla alla rovescia, pensi di essere tu quell’ordine o intelligenza elevata? JD: (Ridendo) no, no io non lo sono… siamo tutti connessi a quell’ordine o intelligenza superiore, ma gli stati emozionali e le caratteristiche abituali che noi memorizziamo in quanto identità, in quanto ego, sono ciò che ci separa da quel flusso d’intelligenza, che di fatto ci attraversa. Man mano che iniziamo a toglierci le maschere emozionali ecco che tale intelligenza comincia a trapelare e a fluire attraverso di noi, e noi diventiamo più simili ad essa, più amorevoli, più gioiosi, più ricchi d’ispirazione, più creativi… Questi sono gli effetti collaterali. L’ho imparato nella mia guarigione personale poiché ho voluto andare incontro a tale ordine supremo, “creare spazio” per esso. Mi ero rotto la schiena, potevo soltanto sedermi – al massimo guardare la televisione – e porre attenzione al modo in cui pensavo. E se credete che questa intelligenza-ordine sia reale, siete più avanti della maggior parte delle persone, dato che è invisibile, non la si può sperimentare con i sensi, quindi tendiamo a dimenticarcene. Io, però, avevo una preparazione specifica nel campo della salute e quindi sapevo che c’è qualcosa che dà la vita ed è risanante. Sapevo che potevo incontrarla, e che rabbia e paura sarebbero state d’impedimento a quell’arrendermi, abbandonarmi affinché fosse lei a compiere la guarigione. È a quel punto che ho notato dei cambiamenti nel mio corpo e ho cominciato a dire waooo oggi mi sento meglio… Adesso so che è stato quel potere, quell’intelligenza all’interno di ogni essere umano, ma dobbiamo andarle incontro. La nostra volontà deve combaciare con la sua, la nostra mente con la sua mente e il nostro amore per la vita deve combaciare con il suo amore per la vita, e quando ci sforziamo di contattarla, riusciamo a eliminare i blocchi che ci impediscono di raggiungere quello stato elevato. Le situazioni che creiamo nella nostra vita fisicamente, emotivamente e mentalmente riguardano tutte l’essere in grado di imparare qualcosa e porci nuove domande. Se vi alzate alla mattina, odiando la giornata che vi viene incontro, convincendovi che niente va bene, colmi d’ingratitudine, ecco che creerete le circostanze adatte a sentire esattamente quella sensazione d’infelicità, ancora e ancora… […] S&C: Nel tuo approccio sembra che l’essere e la personalità coincidano. È così? JD: L’essere e la personalità abitualmente coincidono… sebbene la mia esperienza mi dica che l’essere è semplicemente l’io sono e non io sono sicuro o insicuro, buono o cattivo… Lo stato ultimo, supremo della persona è l’io sono, ma di solito l’essere viene sempre congiunto a qualcosa ad esempio, io sono nella sofferenza e questo è uno stato d’essere, l’io sono è definito come sofferente, insicuro, degno, indegno… Tuttavia nello stato supremo, ultimo dell’io sono, non c’è niente di

congiunto ed è proprio lì che vogliamo arrivare, che stiamo cercando di arrivare. S&C: Dunque, se alla fine non siamo la mente, la personalità – e non lo siamo?!?!? (Dispenza annuisce…) – perché allora tutto questo darsi da fare per cambiarla? JD: (risata piena) Di nuovo ripeto, la mente è nel contesto, il cervello all’opera. L’enfasi sul cambiamento del cervello, della mente si focalizza sull’effetto. Il cambiamento è l’effetto. Quindi cambiare la mente è l’inizio e ciò che avvia un diverso funzionamento del cervello. Quando parliamo del cervello che si attiva secondo le stesse sequenze-combinazioni, è perché la persona pensa sempre gli stessi pensieri, potremmo dire che ha una mente molto finita e quindi crea letteralmente come un box nel cervello, non riesce a far sì che lavori secondo modelli diversi, non ha i circuiti per farlo. Pensare al di fuori del box invece vuol dire creare una nuova mente, far sì che il cervello lavori e funzioni secondo nuove sequenze e l’ingrediente grezzo che consente di farlo più facilmente è l’informazione. La ripetizione di quel processo, il rivisitare le stesse informazioni più volte e l’applicazione di ciò allestisce nuove esperienze, rinforza la nuova mente e quindi insegna al corpo quello che la mente ha compreso intellettualmente e la persona passa a un nuovo stato d’essere. Questo è necessario… e siccome il cervello è così plastico, acquoso, liquido, così modificabile ecco l’evidenza, la prova stessa del fatto che possiamo cambiare…poiché accade per tutta la vita, anche quando abbiamo 70-80-90 anni… […]

To be continued… L’intervista in originale è molto lunga, quindi vi chiediamo di seguirci sul prossimo numero o, nell’eventualità di cambiamenti di programma, sul sito: www.scienzaeconoscenza.it

Intervista con:

Joe Dispenza

di origini italo-americane (nei suoi seminari racconta della nonna sicula), ha conseguito il diploma di chiropratico alla Life University di Atlanta, Georgia (USA). Dopo il training universitario in biochimica e la pratica gli studi successivi alla laurea si sono svolti nei campi della neurologia, neurofisiologia, e della funzionalità cerebrale. All’età di ventitre anni, durante una gara di triathlon, un’auto lo investì provocandogli fratture vertebrali multiple. Diversi medici dissero che la sua unica speranza di ricominciare a camminare stava nella fusione di alcune vertebre, in un’operazione che l’avrebbe lasciato con una vita di sofferenza e di mobilità limitata. Dispenza rifiutò e oltre a seguire un accurato programma terapeutico, egli letteralmente si servì del pensiero per aprirsi la strada verso la guarigione. Tre mesi più tardi, era in grado di camminare e di agire come prima dell’incidente.

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Campi informati: intervista a Rupert Sheldrake A cura di Vincent Gambino

mORFICO è il Volendo parlare di campi portatori d’informazioni, quale realtà che sta emergendo con sempre maggior evidenza anche nella medicina d’avanguardia, sapevamo che sarebbe stato d’obbligo alzare il telefono per prendere contatto con Rupert Sheldrake, il ricercatore che ha fatto conoscere al mondo i Campi Morfici e la loro Risonanza

“I

o propongo una visione di Cause Formative, propongo che la Memoria sia inerente alla Natura e che la maggior parte delle così dette leggi della natura siano in realtà soltanto delle abitudini...”. Questa è una possibile presentazione di Rupert Sheldrake, un insolito ricercatore nel campo della biologia. È inglese, e il suo curriculum è tra i più invidiabili; studente prima della Cambridge University e del Clare College diventa capo ricercatore di biochimica della crescita delle piante, dell’evoluzione e invecchiamento cellulare delle stesse. In seguito svolge delle ricerche approfondite sulla flora delle foreste nel 22 Scienza e Conoscenza - n. 27, gen/feb/mar 2009 -

sudest asiatico (Botany Department of the University of Malaya, Kuala Lumpur) e sulla possibilità di vita vegetativa nei terreni semi aridi... Dopo anni d’indagine Rupert Sheldrake sviluppa, all’apparenza, interessi disparati. Studia non solo l’evoluzione delle piante ma anche quella degli animali, le capacità “sottili” degli animali e dell’uomo, quale la telepatia, e anche, in modo approfondito, la filosofia e le scienze tradizionali, quali la teologia classica induista, che lo porteranno ad un drastico cambiamento interiore e alla presa di coscienza dell’aspetto spirituale della vita. Che cosa possono avere in comune per uno scienziato tutte queste cose? Per Rupert Sheldrake quel sottile filo rosso corre


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