IL VIAGGIO: UNA VIA ALL’IDENTITA’ Uno dei temi su cui l’antropologia ha sempre focalizzato la propria attenzione è quello dell’identità etnica. In questa prospettiva l’ ”Umanità” appare qualcosa che non è già dato o è stato predisposto dalla natura, bensì come il prodotto di una costruzione essenzialmente culturale: esseri umani, in sostanza, non si nasce ma si diviene poiché l’Umanità non deriva dalla nascita biologica, ma dall’ingresso a pieno titolo nella propria società, nella propria cultura, dall’acquisizione appunto dell’identità etnica. Tale ingresso, viene peraltro sancito da appositi rituali: i cosiddetti rituali di iniziazione. Come sottolinea l’antropologo americano Marvin Harris le cerimonie di iniziazione vengono celebrate in un luogo isolato e appartato rispetto ai villaggi, quindi lontano dalla vita civile. Ad esempio, tra i Banande dello Zaire, questa cerimonia è celebrata nella foresta; tra i Ndembu del Congo la cerimonia si svolge nella boscaglia. Ma tanto tra i Banande quanto tra i Ndembu, il viaggio dell’iniziazione svolge il compito, per usare un’espressione degli stessi nativi, di “generare gli uomini”. Ecco allora la connessione viaggio-identità: la costruzione di quest’ultima è collocata nella natura incontaminata, nell’ambiente più lontano, estraneo e ideologicamente opposto al luogo in cui gli uomini nascono e conducono normalmente la loro vita. L’iniziazione avviene dunque nel mondo opposto rispetto a quello della “cultura”, nella “natura”, quasi che gli iniziandi prima di diventare uomini, ovvero di entrare nella civiltà, debbano viaggiare attraverso un mondo “senza cultura”, un mondo barbaro, privo di leggi e popolato di insidie, cosicché in loro si determini la consapevolezza della distanza che li deve separare dalla “natura”, perché possano diventare finalmente “veri uomini” cioè uomini civili. La costruzione dell’identità culturale si fonda dunque sul viaggio nel suo opposto, sull’esplorazione del mondo “altro” della natura da cui coloro che stanno per diventare uomini si devono definitivamente separare.
Ulisse e Nausicaa V secolo a.C. Antikensammlungen — Monaco di Baviera
Accecamento di Polifemo e fuga Frontespizio VI Libro Etica Nicomachea di Aristotele illustr. da Reginaldus Piramus Università del Vermont
Odisseo e le Sirene Mosaico romano Museo del Bardo — Tunisi
Ci piace pensare che i viaggi di Iperboreus siano progettati seguendo questa teoria dell’ “opposto”. Permettano quindi di esplorare fisicamente ma soprattutto con lo spirito il mondo opposto. Consentano a chi appartiene e vive nell’attuale società civile di poterne osservare i limiti, ricercando percorsi e tracce non consuete in luoghi che conservano ancora intatta la magia dell’opposto. Luoghi sempre più rari, circoscritti, ma ancora in grado di generare in noi emozioni e sensazioni così profonde da regalarci una nuova e diversa prospettiva circa la nostra identità.
L’ODISSEA COME VIAGGIO DI INIZIAZIONE Può essere interessante applicare questo tipo di prospettiva anche al mondo classico e in particolare a quello che può essere considerato il prototipo di tutti i viaggi nell’ambito della letteratura occidentale, il viaggio di Ulisse nel poema di Omero. E’ stato ampiamente sottolineato dagli storici della letteratura che, in una società quale era quella omerica in cui il sapere si tramandava prevalentemente per via orale, la poesia aedica non svolgeva soltanto una funzione edonistica, ma piuttosto aveva una funzione didattica e cioè di indottrinamento culturale. E’ nota infatti la tesi di Havelock che parla dei poemi omerici come di un’enciclopedia tribale, intendendo tali opere come deposito di tutti i contenuti culturali della civiltà ellenica delle origini. La poesia era l’unico strumento mediante il quale una collettività potesse conservare la propria identità e trasmetterla quindi alle generazioni successive. Odysseus Copia romana da originale di epoca ellenistica
Odisseo e le Sirene V secolo a.C. Brithish Museum—Londra
In questa chiave possiamo leggere il lungo e faticoso νόστος (viaggio di ritorno) di Ulisse a Itaca, ovvero alla civiltà, al mondo dei valori che ritrova solo dopo essere transitato attraverso il mare, e cioè a contatto con le forze oscure e primigenie della natura. Attraverso una realtà polimorfica, attraverso un mondo ostile e in continuo mutamento, popolato di esseri orribili e mostruosi che si basa probabilmente, oltre che sulla fantasia di Omero, anche su antichissimi racconti folclorici e fiabeschi riconducibili tra l’altro agli Iperborei. (vedi link).
Di fronte a questo cosmo, insieme orribile ed affascinante, non ha tanto senso chiedersi, come pure è stato fatto, quanto vi sia di puramente inventato e quanto di reale, per esempio tentando una definizione precisa della geografia omerica. Ciò che conta, invece, è sottolineare come gran parte di questo mondo costituisca un’ ANTITESI esatta della civiltà greca, la cui identità veniva perciò esaltata in contrasto e i cui valori erano trasmessi al pubblico “globale” che ascoltava la performance degli aedi.
L’episodio in questo senso più significativo può essere considerato quello della FEACIDE (canti VI-VIII), quando Ulisse dopo lungo peregrinare, dopo aver perduto tutti i compagni e dopo aver passato sette lunghi anni nell’isola della ninfa Calipso, approda finalmente a Scheria, patria dei Feaci, dove l’eroe riscopre finalmente i valori della civiltà e rievoca le sue avventure. Scheria è il luogo della riscoperta della civiltà e per richiamarci al lessico antropologico, il luogo della costruzione dell’identità. J. Bruegel il Vecchio— Ulisse e Calipso
L’eroe vi giunge in condizioni di estremo bisogno, naufrago, senza cibo né vestiti e dopo aver esplorato, soprattutto nell’isola dei Ciclopi, mondi che appaiono la negazione stessa della civiltà. Inoltre è stato costretto ad un lungo isolamento, ad una lunga separazione dalla società “civile” presso la ninfa Calipso la cui funzione in rapporto ad Ulisse è già evidenziata dal nome: καλύπτω significa infatti “nascondo”.
La condizione di Ulisse prima di giungere a Scheria, assomiglia molto alla descrizione che gli antropologi offrono degli iniziandi: essi infatti prima della cerimonia, vengono isolati per un lungo periodo dalla vista del villaggio, proprio come Odisseo, perché considerati impuri e per questo, prima devono affrontare i rituali di purificazione. Essi inoltre vengono spogliati delle vesti e del nome: essi non sono più NESSUNO, non posseggono più nulla e questo perché stanno per acquisire una nuova e definitiva identità, per cui saranno considerati membri a pieno titolo della loro società e della loro cultura. Allo stesso modo Ulisse prima di giungere alla reggia di Alcinnoo, viene lavato e cosparso di olio dalle ancelle di Nausicaa, viene pulito dalla salsedine di cui è ricoperto; ciò rimanda chiaramente alle impurità dei mondi non civili conosciuti da Ulisse nel suo peregrinare per mare.
F. Hayez — Odisseo alla corte di Alcinoo Galleria Nazionale di Capodimonte
V. Serov — Ulisse e Nausicaa Tret’jacov Gallery— Mosca
Allo stesso modo degli iniziandi, inoltre, egli è privo di vesti e, come è noto, nel mondo dei Ciclopi ha dovuto sperimentare anche lui la perdita del nome e diventare NESSUNO. In questo modo, a Scheria, Ulisse (e con lui il pubblico dell’aedo che ne narra le avventure), riceve la sua iniziazione, riscopre i valori fondamentali della civiltà greca e conseguentemente riacquista fiducia in se stesso, mette alla prova le proprie capacità, la sua astuzia nell’arte della parola e le sue doti fisiche nella vittoriosa gara del lancio del disco durante i festeggiamenti in suo onore: insomma Ulisse si sente nuovamente in grado di lottare per il suo ritorno.