PeaceReporter - Xinjiang, il far west cinese
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23/02/12 08:07
12/12/2003
Xinjiang, il far west cinese Un reportage sull’estremo occidente cinese abitato dagli Uyguri Nel bazar di Kashgar l’atmosfera evoca quella dei viaggi di Marco Polo. Il traffico dei carretti trainati dagli asini si snoda lungo le rive fangose del fiume Tuman, attraversato da cavalli, cammelli e distese di malinconici greggi. Sulle sponde, vecchi che brandiscono le falci, esaminano i ferri di cavallo, le selle e le fruste. Nei vicoli polverosi del mercato cittadino si trovano montagne di tappeti di Hotan, sacchi di spezie, scatole laminate delle doti, pezzi di animali morti, polli e anatre vivi, le famose lame di Yengisar, cappelli di ogni modello e colore, pentole e padelle, frutta, verdura, calzature da cavallo, radio preistoriche a transistor, calze di seta pachistane, attrezzi agricoli fatti a mano. Insomma la classica accozzaglia di articoli disponibili in qualunque souk orientale che si rispetti. Non mancano le bancarelle che vendono cibo, delizioso: dal pane spruzzato con i semi di sesamo o di papavero di lahgman, agli spaghetti con carne di montone e verdure, dal kebab di jiger (fegato) al girde nan – la tipica focaccia dello Uygur. I solenni barbieri con le loro lunghe lame appena affilate lavorano sulla strada. La folla si raccoglie davanti al karaoke che viene proiettato in tv. Il cast dei personaggi con le loro barbe lunghe e aguzze, cappelli decorati, mantelli scuri e stivali neri è tutto Uyguro: una minoranza etnica di origine turca che ha dominato la Mongolia nell’VIII e IX secolo. La lingua, naturalmente, è l’Uygur. La musica, ancora solo musicassette, è arabesk di gecekondu, pop turco. La maggior parte delle donne portano sciarpe multicolori, ma non poche indossano il chador o un pesante panno marrone gettato sopra le loro teste. L'aria è pesante per la sabbia proveniente dal deserto, la polvere dei vecchi tappeti, i fuochi caliginosi al carbone. Questo filtro ottico naturale dà l’impressione di trovarsi dentro la scena di una vecchia, sbiadita, foto della Kashgar del XIX secolo. La città vive al ritmo dei traballanti carretti trainati dai muli, dei grassi kebab, del latte di cavalla e delle preghiere quotidiane alla suggestiva moschea di Id Kah, la più grande della Cina occidentale e una delle più grandi dell’Asia centrale.
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