Spazio81 Brochure Fine-Art Giclée

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Stampa Fine-Art GiclĂŠe



Introduzione

Storicamente, il termine Fine-Art faceva riferimento ad una qualsiasi forma d’arte visiva e figurativa e aveva nella pittura, nella grafica, nella scultura, nell’architettura le sue massime forme di espressione artistica che si accostavano, spesso dialogando con loro, alla musica, alla danza, al teatro. L’invenzione della fotografia – siamo nella prima metà dell’Ottocento, in un’epoca di grandi invenzioni – non ha inizialmente modificato questo schema perché non si era ancora certi della scelta del supporto. Quando si è abbandonato il monotipo (il dagherrotipo era una copia unica realizzata su un supporto metallico) a favore del negativo da cui si potevano ricavare delle copie, il problema della qualità della stampa acquisì la sua importanza. Si stava assistendo al passaggio dalla fotografia intesa come mezzo espressivo al riconoscimento del suo status di arte. Ovviamente nasceva la necessità di proporre immagini di elevato valore dove alla componente meccanica (fotografare è certamente più facile che dipingere, disegnare, scolpire perché la fotocamera ha un importante ruolo nella produzione della fotografia) si doveva accostare la perizia, il gusto, l’estetica dell’autore. Anche fra i pittori ce n’erano e ce ne sono di modestissimi le cui opere non si possono definire artistiche, ma la fotografia stava pagando lo scotto di essere arrivata per ultima nell’empireo delle Belle Arti e l’ingresso doveva ancora meritarselo. Se da un lato nasceva un gigantesco mercato che puntava a una produzione di massa abbassando i costi anche a scapito della qualità del risultato finale (le stampe realizzate dai laboratori della Kodak, che si pubblicizzava con il fortunato slogan “voi schiacciate il bottone, noi facciamo il resto”, non erano eccellenti ma avevano il merito di rispondere all’esigenza di una richiesta media), dall’altro si apriva una nuova prospettiva per chi proponeva stampe fotografiche di alta qualità che presto sarebbero state apprezzate dal mondo editoriale, dai musei, dai collezionisti. L’esigenza di avere una stampa accurata, affidabile e duratura era quindi una premessa indispensabile e il termine Fine-Art finì presto per includere anche la fotografia, per lo meno in paesi come gli Stati Uniti, la Francia, L’Inghilterra che inaugurano i primi musei e le prime collezioni pubbliche dedicate alla fotografia.

1 © Spazio81 2012 - Tutti i diritti sono riservati. Si fa espresso divieto di copiare, pubblicare o modificare in tutto o in parte questo documento senza il consenso scritto da parte di Spazio81 s.r.l. (L. 22/04/41 n. 633).


Come spesso avviene quando ci si trova di fronte a profonde innovazioni – e che quindi avvenne anche quando ci si dovette confrontare con la fotografia – le reazioni generate furono antitetiche e le opinioni del settore si divisero, fin da subito, tra fondamentalmente positive (molti pittori passarono decisamente alla nuova arte) e radicalmente negative con ferocissime critiche alla volgarità di una tecnica che si temeva imbarbarisse il gusto. Sta di fatto che una nuova visione allargata di Fine-Art che ha finito per includere al suo interno anche la fotografia (e, in seconda battuta, il cinema) ha finito per cambiato in maniera sostanziale il concetto stesso di arte diventando, in breve tempo, valore aggiunto per le arti visive. Tuttavia, ogni mutamento tecnologico introdotto (e la fotografia nella sua storia ne ha conosciuto moltissimi, dall’introduzione del negativo all’invenzione del colore, per citarne solo due) ha dovuto superare perplessità, dubbi, incertezze quando non vere e proprie avversioni. Così è successo in questi ultimi anni con l’avvento delle tecniche digitali che solo negli ultimi tempi si sono conquistati la fiducia di fotografi, dei galleristi, dei collezionisti.

La nascita di un nuovo fenomeno artistico Quando, verso la fine degli anni Ottanta, le stampanti IRIS vennero installate ed iniziarono a produrre prove colore (Iris Prints o Iris Proofs), fu lampante che il nuovo prodotto aveva qualità tali da poter rappresentare, a tutti gli effetti, un nuovo metodo di stampa e fu impellente la necessità di dargli un nome appropriato, creare, appunto, un brand. Va chiarito però che la nascita di questo nuovo concept artistico non può essere unicamente ricondotto al fenomeno del branding e va sempre tenuto presente il processo di ricerca e innovazione tecnica che, della stampa Fine-Art Giclée, è base sostanziale: la statunitense Nash Editions (del ben noto cantante e compositore Graham Nash) si fece pioniera dell’era digitale e, per prima in assoluto, iniziò a sperimentare servendosi di un computer Mac e di immagini (quelle dei tour della band di Nash) acquisite digitalmente.

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Il primo problema che Nash si trovò a dover affrontare fu la totale mancanza di corrispondenza tra quanto visualizzato a monitor (con i software del periodo si riuscivano già a produrre immagini molto dettagliate) e quanto veniva poi prodotto in stampa. Le stampanti impiegate nel processo produttivo, infatti, non erano fisicamente in grado di riprodurre, in maniera fedele, il file. Un secondo e altrettanto grosso problema che si presentò fu quello di non poter stampare in grande formato. Se in un primo periodo Nash e soci avevano scelto di impiegare le stampanti Fujix a getto d’inchiostro per i propri test, nel luglio 1990 decisero di acquistare una Iris Graphics 3047 il cui costo fu di ben 126.000 dollari! Nel corso del tempo ne modificarono l’hardware per adattarla completamente alle loro reali necessità produttive, e soprattutto, per ovviare a un altro enorme problema, la scarsa longevità delle stampe prodotte con quella macchina. Per la prima volta il procedimento produttivo risultava essere interamente digitale perché i files ottenuti tramite scansione dai negativi ed elaborati con l ‘utilizzo di un computer venivano poi stampati con la tecnica a getto d’inchiostro. Le immagini ottenute avevano delle grosse potenzialità, l’intervento digitale mostrava le più svariate possibilità artistiche e creative, l’imaging era innegabilmente ad una svolta. Purtroppo, però, la resa di stampa, in fase iniziale, era nettamente inferiore alle aspettative anche in termini di permanenza nel tempo. Era quindi esclusa ogni prospettiva di qualità e durata museale delle stampe dato che gli inchiostri impiegati dalle Iris erano Dyebased e temevano quindi l’acqua e l’umidità. Ad un certo punto, la Nash Editions pensò di dover trovare una definizione appropriata per descrivere la neonata tecnica di stampa. Si evitò accuratamente di usare termini come “computer” e “digitale”, allora all’indice nel mondo dell’arte, così nel 1991, coniarono il neologismo Giclée. Il termine sta ad indicare il processo di “realizzare stampe Fine-Art, da file digitale, utilizzando una stampante a getto d’inchiostro” e ha una chiara derivazione francese che gioca sul sostantivo “le gicleur” (la testina) e il verbo “gicler” che significa letteralmente “spruzzare”.

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Il termine Giclée divenne un sinonimo per “stampa d’arte realizzata con stampante a getto d’inchiostro” e, ad oggi, è un termine ben consolidato nel mondo dell’arte e della fotografia, impiegato per indicare, univocamente, una “stampa d’arte (Fine-Art) realizzata con tecnica digitale”. Agli esordi della nostra produzione Fine-Art, i problemi di qualità si sono ovviamente presentati anche per noi: insoddisfatti dei risultati ottenibili utilizzando impostazioni di stampa “preconfezionate”, abbiamo investito molto tempo e risorse nella sperimentazione e nella ricerca variando software e hardware delle nostre stampanti e riuscendo ad integrare i neri a carboncino anche nella stampa a colori (opzione non prevista dalle case produttrici). In questo campo ogni risultato ottenuto non è solo un punto di arrivo ma anche un punto di partenza per ulteriori ricerche: questa la ragione per cui i test continuano per poter mantenere il nostro altissimo standard qualitativo ed essere sempre al passo con le innovazioni di settore. Anche per noi il problema del branding a un certo momento si presentò perché il solo termine Fine-Art non ci bastava più a descrivere, nella maniera più appropriata, le stampe che avevamo cominciato, primi in Italia, a produrre. D’altra parte la parola Giclée – all’epoca riferita quasi esclusivamente alle copie di originali - usata da sola, sembrava riduttiva e generava fraintendimenti. Decidemmo che i due termini dovessero coesistere e quindi optammo per la denominazione Fine­-Art Giclée. Per sottolineare l’impiego esclusivo di inchiostri 100% pigmento e carboncino, all’epoca quasi totalmente sconosciuti al mercato italiano, coniammo dunque i termini Pigmented Fine-Art Giclée (stampe a colori) e True Black FineArt Giclée (stampe B/N a carboncino), termini che ancora oggi impieghiamo per definire le nostre stampe Fine-Art.

Fine-Art Giclée: aspetti tecnici I files immagine, creati o acquisiti su PC, vengono trasposti in impulsi elettronici recepiti dalle testine, le quali, rilasciano infinitesimali gocce d’inchiostro che si concretizzano, su un’ampia varietà di supporti, in immagini dai colori ricchi e vibranti.

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Gli elementi che concorrono alla realizzazione di una stampa Fine-Art Giclée sono: - un file (dotato di caratteristiche qualitative tali da soddisfare le aspettative del cliente) ottenuto tramite scanner, dorso digitale, web-design, tecniche pittoriche digitali etc. - il tipo di stampante impiegata nel processo, le cui caratteristiche siano gestite da un RIP - gli inchiostri di alta qualità, pigmentati o a carboncino - i migliori supporti di qualità artistica - un uso professionale del Color Management per la creazione e la gestione dei profili colore. Grazie a queste nuove metodologie, il fotografo e l’artista possono non solo ampliare le proprie potenzialità, capacità espressive ma addirittura accrescerle, grazie ad un più ampio spettro di possibilità tecniche ed a un’accresciuta libertà di creazione e controllo sul procedimento artistico e sulle possibilità di mercato dei propri lavori. 1. Requisiti e materiali In considerazione dell’importanza rivestita da tutti i fattori che intercorrono nella realizzazione di una buona stampa Fine-Art riteniamo opportuno introdurli brevemente con intento descrittivo e senza pretese di un esaustivo approfondimento tecnico. 1.1 Peso e risoluzione del file La risoluzione del file non è un valore assoluto: infatti deve, innanzitutto, essere adeguata al risultato che l’artista desidera ottenere. Con il termine risoluzione si intende la densità di punti per pollice (DPI, ovvero, numero di punti contenuti in una specifica unità di misura espressa in pollici). Secondo un pensiero diffuso quanto sostanzialmente errato, l’indicazione di 300 dpi è normalmente considerata sinonimo di “alta qualità”: in realtà questo non indica, nel modo più categorico, immagini ad alta risoluzione a meno che esse non siano correlate alla dimensione di stampa non interpolata. Ciò che identifica la grandezza di un file è, infatti, unicamente il suo peso

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nativo non interpolato, cioè dato dalla risoluzione per l’ area dell’originale scansito o dalle caratteristiche del sensore di ripresa. Per fare un esempio concreto, un file a 300 dpi nel formato 20x20 corrisponde ad un file a 150 dpi nel formato 40x40 o a un file a 75 dpi nel formato 80x80. Da dove nasce tale confusione sulla definizione di “alta qualità”? Tutto è inizialmente legato all’operato dei fotolito, i quali, prima ancora della presenza del settore fotografico, impiegavano scanner gestiti da software che consentivano l’impostazione dell’area di stampa finale mantenendo però fissa la risoluzione a 300dpi lasciando poi al computer il compito di calcolare il peso del file in base alle dimensioni dell’originale. Determinante per la qualità del file è soprattutto la sua profondità in bit per canale (8/10/12/14/16 etc.), la quale indica la profondità con cui è stata eseguita l’acquisizione, cioè la capacità di descrivere - in modo univoco - le caratteristiche del punto analizzato dal sensore. Una scansione da 100mb eseguita con uno scanner da tavolo a 8bit avrà comunque una qualità inferiore rispetto ad una scansione a 30mb eseguita con uno scanner a 14bit. Un’altra credenza da sfatare riguarda i software di fotoritocco che, impiegando algoritmi matematici, aumenterebbero la risoluzione. In realtà, ciò che fanno non è altro che ricreare i pixel mancanti, interpolando i colori di quelli contigui, per generare un’immagine ingrandita che comunque risulta meno incisa e qualitativamente inferiore all’originale.

1.2 Stampanti La scelta del tipo di stampanti da utilizzare è un requisito fondamentale del procedimento di stampa Fine-Art. Per poter stampare ad un livello qualitativo tale da soddisfare i requisiti di una stampa Fine-Art Giclée i soli driver della stampante non sono sufficienti ma è indispensabile personalizzare in modo professionale tutti i settaggi hardware per sfruttare appieno le potenzialità della macchina. Per questa ragione tutte le stampanti in uso nel nostro Atelier sono a punto variabile e dotate di testine piezoelettriche o termiche. Nelle stampanti piezoelettriche l’espulsione dell’inchiostro è causata dal movimento meccanico di una parte ceramica che si trova all’interno della testina. L’inchiostro non viene riscaldato prima dell’espulsione ma è la compressione dell’elemento ceramico a

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permetterne la fuoriuscita sotto forma di gocce. Nelle stampanti termiche ogni ugello è provvisto di un resistore che, attraversato da impulsi elettrici, crea una variazione di calore di alcune centinaia di gradi in un lasso di tempo molto breve. Il lasso di tempo tra un impulso elettrico e l’altro, in entrambe le tipologie di stampante, è determinante per la dimensione delle gocce di inchiostro (più breve è il tempo, più piccola sarà la goccia); da qui la possibilità del punto variabile ad alta risoluzione che ci consente di stampare fino a 2.880dpi reali!

1.3 RIP Il RIP (Raster Image Processor) è un software fondamentale per poter sfruttare a pieno le potenzialità di stampante e testine. Il compito del RIP è quello di gestire il processo di stampa interpretando il file e convertendolo in esacromia o dodecacromia, gestendo la generazione del nero GCR, del retino virtuale, dell’inchiostrazione e della corretta linearizzazione cromatica. Ogni software presente sul mercato è dotato di una propria interfaccia e offre all’utilizzatore molteplici e differenti possibilità di intervento ma, i produttori di stampanti si limitano generalmente a fornire comuni driver di stampa o al più versioni estremamente semplificate di RIP, le quali, consentono unicamente l’impostazione di poche opzioni di base (numero di copie da stampare, nesting, misura e taglio) e fanno riferimento a profili standard e inchiostrazioni forniti dalla casa produttrice. Il motore di conversione o CMM (color matching method) gestisce il procedimento di conversione colore e consta di: profilo d’origine profilo di destinazione intento di rendering

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1.4 Profili Colore L’uso dei profili colore in conversione compete al laboratorio e allo stampatore professionista; solo in caso si voglia visualizzare a monitor l’eventuale ampiezza dello spazio colore è possibile fornire al cliente il profilo di stampa. E’ importante chiarire che la conversione va eseguita solo al momento della stampa per non corrompere il file originale. I profili colore, realizzati con l’impiego di un software CSM (color system management), sono indispensabili per compensare le differenze esistenti tra i vari dispositivi e consentono di calibrare le varie periferiche integrate nel flusso di lavoro (scanner, monitor e stampanti) mantenendo costante il colore durante tutto il processo, dall’acquisizione alla stampa. I profili possono essere di due tipi: proprietari e ICC; i primi sono utilizzabili unicamente dal software che li ha creati, mentre gli ICC (International Color Consortium) creati secondo uno standard multipiattaforma, possono essere impiegati da qualsiasi applicativo ICC compatibile. Le varie periferiche vengono tarate e profilate, mediante strumenti di misurazione del colore, in base al tipo di supporto utilizzato, quindi è da ritenersi inadeguato l’impiego dei profili colore standard forniti dalle case produttrici delle periferiche per un uso professionale. Ogni periferica ha infatti un proprio spazio colore che va quantificato con precisione, proprio come ogni materiale di stampa ha una propria specifica risposta al colore in base alla superficie e all’ assorbimento degli inchiostri. E’ fondamentale che il cliente alleghi SEMPRE lo spazio colore che ha utilizzato in ripresa o assegnato in post-produzione, serve infatti al Color Management come fattore nel calcolo della conversione colore.

1.5 Inchiostri Esistono sul mercato due tipologie distinte di inchiostri che differiscono innanzitutto per il tipo di sospensione e colore impiegati nella produzione: i Dye Based sono inchiostri costituiti da coloranti o tinture a molecola singola, in sospensione chimica/alcolica che, asciugando rapidamente, ovvia al problema, piuttosto comune nei Dye Based, dell’inchiostro che tende ad inzuppare la carta deformandola e alla possibilità che l’inchiostro scivoli sulla

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superficie del supporto macchiando la stampa; i Pigmented Inks invece sono a base di pigmenti di natura organica/minerale disciolti in base acquea e strutturati in particelle opache solide e complesse, ovvero costituite da molecole multiple, conglobate in strutture cristalline. Mentre i Dye based contengono sbiancanti ottici allo scopo di rendere più vivi i colori ed ampliare il gamut reso in stampa, gli inchiostri pigmentati contengono resine che li rendono più resistenti. In fase di asciugatura l’inchiostro pigmentato lascia sul supporto prescelto pigmento puro che, non solubile in acqua, tende a perdurare, proprio come in natura, ricco e saturo nel tempo. Gli inchiostri Dye Based tendono ad avere una scarsa stabilità, ad essere soggetti a virate di colore e ad avere una bassa permanenza soprattutto quando esposti all’azione fisica di acqua ed umidità. I coloranti dei Dye Based si disciolgono completamente nella sospensione (proprio come potrebbe fare lo zucchero nell’acqua) rendendo l’inchiostro molto fluido e proprio per questa loro caratteristica sono stati, per anni, considerati lo standard per le stampanti a getto ma presentano il grosso rischio di ri-dissolversi qualora, accidentalmente, dell’acqua dovesse entrare in contatto con la carta. Le particelle degli inchiostri pigmentati invece hanno un comportamento molto simile alla farina nell’acqua: non si sciolgono completamente; il pigmento si annida nelle fibre della carta e, mentre l’inchiostro asciuga, il pigmento rimane letteralmente incastrato nella fibra; questi inchiostri hanno dunque una maggior resistenza, non solo all’acqua ma anche all’azione meccanica di sfregamento. I coloranti dei Dye Based hanno comunque, in linea di massima, una struttura piuttosto fragile e dunque anche l’ozono e normali agenti inquinanti riescono a rompere chimicamente le catene molecolari causando scarsa permanenza delle immagini. Il decadimento delle molecole dei Pigmented Inks, causato da agenti inquinanti, è invece molto limitato e la presenza di resine protettive nel liquido di sospensione lo limita ulteriormente. Gli inchiostri maggiormente utilizzati per le stampe Fine-Art a Getto d’Inchiostro di alta qualità sono i Pigmented Inks soprattutto in funzione della loro maggior stabilità e permanenza del colore nel tempo, requisiti fondamentali per poter garantire longevità alle stampe e rispondere concretamente alla sempre più frequente richiesta di durata museale e archiviale delle opere.

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1.6 Supporti Un aspetto generalmente trascurato, più per mancanza di informazione che per deliberata scelta, in materia di Fine-Art è l’importanza rivestita dal supporto impiegato nel processo produttivo. La scelta del materiale sul quale stampare riveste notevole importanza, non solo in quanto parte del flusso creativo|produttivo dell’artista che grazie al tipo di supporto ha una concreta possibilità per meglio veicolare il senso della propria opera, ma anche e soprattutto perché esiste una relazione sinergica ben precisa tra il tipo di inchiostri utilizzati e il tipo di carta. In un momento in cui la qualità museale e le proprietà di archiviazione delle opere stampante sono diventate punto nevralgico di interesse per il mondo della fotografia, non è possibile parlare di durata delle opere riferendosi solo alla permanenza stimata degli inchiostri ma è indispensabile tenere in grossa considerazione la carta su cui l’immagine viene stampata. Le carte per stampa Fine-Art Giclée sono quelle che maggiormente si avvicinano, per caratteristiche ed aspetto, alle carte impiegate nelle tecniche ad acquerello. Le proprietà dei materiali Fine-Art Giclée non si limitano unicamente al colore della carta, al suo peso ed alla sua finitura: per ottenere la massima longevità possibile i materiali utilizzati non devono contenere tracce di lignina, cloro e sbiancanti e devono essere in cellulosa di cotone 100%, pressate a caldo o a freddo a seconda del tipo di trama da ottenersi, esenti da acidi e con Ph neutro. Lo spessore della carta per applicazioni Fine-Art è data dai grammi per metro quadrato e i materiali più costosi e pregiati generalmente partono da una grammatura dai 300gr/mq a salire; questo perché le carte per Fine-Art a Getto d’Inchiostro devono avere una buona stabilità e forza di superficie e quindi contrastare l’arricciamento e le incurvature e devono essere levigate e regolari, con la giusta porosità e tasso di assorbenza per contrastare lo spargimento eccessivo dell’inchiostro in fase di stampa. Ovvio è che la trama (liscia, ruvida, telata, etc.), la pesantezza e la tonalità della carta sono complemento indispensabile all’opera, valore aggiunto e rappresentano, proprio come la scelta del colore o del bianco e nero, il potere decisionale del cliente e la concretizzazione dei suoi intenti artistici. La maggior parte dei supporti impiegati per la stampa Fine-Art sono cotizzati, ovvero trattati in superficie, in modo da favorire la penetrazione dell’inchiostro aumentandone la

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resa, il gamut e la profondità|incisione del colore e dell’immagine (soprattutto dei neri) e garantire una più rapida asciugatura delle stampe. Per noi di Spazio81 la ricerca continua e i test per la scelta dei migliori materiali di stampa in commercio è fondamentale in quanto, essa stessa, sinonimo di garanzia e qualità assolute. E’ importante chiarire che sul mercato esistono diverse cartiere che producono carta cotone di qualità, ma l’uso di un seppur ottimo e certificato (con bollini o altro) materiale non è sufficiente a garantire che si tratti di una stampa Fine-Art essendo il supporto di stampa uno solo dei parametri necessari per creare una stampa Fine-Art Giclée.

2. Durata delle stampe Testando la combinazione inchiostro-supporto-stampante su metodo Blue Wool Scale* si è dimostrato che la permanenza delle opere realizzate con metodo Fine-Art Giclée è tale da soddisfare i criteri di durata museali e galleristici a livello mondiale. I primi ad eseguire test simulati di durata furono i ricercatori della statunitense Wilhelm Research, i quali si occupano anche della preservazione e archiviazione delle opere fotografiche tradizionali e digitali a colori e delle pellicole cinematografiche. Per stabilire il deterioramento indoor delle stampe sottoposte all’azione della luce, sono state prese in esame le condizioni espositive museali a 450 lux per 12 ore al giorno, con temperatura di 24° e umidità relativa del 60% stimando una durata (prima che siano riscontrabili variazioni apprezzabili), per le stampe Fine-Art Giclée, superiore ai 100 anni. Possiamo quindi affermare che, se le stampe Fine-Art Giclée vengono eseguite su carte di ottima qualità - impiegando inchiostri di tipo superiore - esse posseggono una durata pari, se non migliore, ai comuni standard di archiviazione delle altre opere da collezione.Spazio81, in aggiunta all’annuale test richiesto dalla Fine Art Trade Guild, fa personalmente eseguire, dai laboratori UKAS, test periodici sulle proprie stampe in modo da garantire, grazie al costante superamento delle severe verifiche, standard di stampa elevati e certificati. I nostri clienti hanno l’assoluta certezza che le stampe Fine-Art Giclée da noi realizzate sono sinonimo di qualità e durata inalterata nel tempo proprio in funzione della nostra iscrizione alla Fine Art Trade Guild, la quale, accetta e rinnova unicamente le sottoscrizioni di quei membri che, su base annua, dimostrano di

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corrispondere pienamente ai severi parametri imposti e quindi di aderire totalmente agli standard dettati dalla corporazione. Il test di durata richiesto dalla Fine Art Trade Guild (i cui risultati vengono fascicolati e conservati come storico del membro iscritto) deve essere svolto da un laboratorio approvato UKAS (United Kingdom Accreditation Service, la sola organizzazione imparziale e competente, riconosciuta dal governo britannico, che possa eseguire test e conseguentemente produrre certificazioni e documentazioni relative alla totale adesione agli standard qualitativi internazionali approvati) su metodo Blue Wool Scale* e verte sulla valutazione della combinazione supporto-inchiostro, sia per ciò che concerne il Ph del materiale di stampa, sia per ciò che concerne l’effettiva resistenza all’azione della luce della stampa finita. Le rilevazioni eseguite, con specifica richiesta di supporti dalla grammatura minima di 250gsm, devono produrre risultati compresi tra il 7 e il 9 in riferimento al Ph e risultati da 6 a superiore, in tutte le zone della stampa testata in condizioni empiriche, in riferimento alla resistenza all’esposizione luminosa.

* tecnica di misurazione e calibrazione della permanenza dei pigmenti di colorazione in condizioni controllate. Due campioni di pigmento identici vengono conservati in differenti condizioni ambientali (l’uno al buio, l’altro esposto a fonte luminosa equivalente a luce solare amplificata) per un periodo di 3 mesi, al termine del quale, i due campioni vengono sottoposti a comparazione. Ne viene così valutato il grado di scolorimento su scala 0-8, laddove lo 0 indica un elevata alterazione del colore e l’8 rappresenta l’assenza di alterazioni rispetto all’originale (colore stabile e permanente).

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3. Vantaggi per il cliente Così come la fotografia divenne testimonianza grazie alla sua forza documentativa ed artistica e si fece strumento indispensabile della nostra cultura attuale, il digitale, pur contribuendo alla riapertura di vecchie diatribe e dibattiti relativi al senso dell’arte e alla sua riproducibilità, diventa novità e innovazione, stimolo di una rinnovata creatività Tralasciando sia le considerazioni puramente tecniche che quelle filosofiche, riteniamo sia importante non arroccarsi su posizioni preconcette, spesso frutto di precedenti esperienze negative, quanto piuttosto guardare al digitale come “aggiunta” e non alternativa al flusso di lavoro abituale. La stampa digitale a getto d’inchiostro pigmentato ha riscontrato pareri estremamente positivi nel corso degli anni ed è attualmente utilizzata da una moltitudine sempre crescente di artisti internazionali che, non solo espongono, ma abitualmente vendono le proprie opere e creazioni. Per coloro i quali desiderano sperimentare tecniche di stampa differenti, la Fine-Art Giclée rappresenta un innovativo ed entusiasmante metodo di espressione creativa che si aggiunge ad altre tecniche per ampliare la scelta espressiva dell’artista e, come vantaggio ulteriore, offre la possibilità di “print on demand”. La “print on demand”, o stampa in base alla richiesta, consente di produrre per multipli (anche le edizioni limitate e numerate) in base alla richiesta di mercato, senza farsi carico di grosse spese iniziali e con la totale sicurezza di risultati identici alla copia originale, costanti e ripetibili anche su formati differenti e dopo diverso tempo. In una realtà in cui il digitale ha portato ad un costante adeguamento verso l’alto dei risultati, con una conseguente massificazione su livelli medio buoni, il passo che separa dall’eccellenza si fa sempre più ampio e sono aumentate le abilità e competenze richieste per raggiungere risultati professionali. Ottenere l’eccellenza richiede quindi conoscenze ed una costanza ancora maggiori oltre ad un continuo investimento di tempo e risorse per superare la differenza tra buono ed ottimo ed aspirare ai migliori risultati possibili. Noi di Spazio81 siamo i primi a renderci conto che questo settore è in continua crescita ed evoluzione e siamo pronti a contribuire alla sua affermazione, sia condividendo le nostre esperienze, sia ascoltando con interesse i nostri interlocutori nell’intento comune di diffondere ed ampliare questa nuova ed entusiasmante metodologia espressiva.

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La certificazione Fine-Art Giclée Con il consolidamento della tecnica Fine-Art Giclée e il crescente mercato legato alla produzione di questo tipo di stampe si fa sempre più pressante la questione della certificazione delle opere prodotte ed è lampante che, soprattutto sul suolo italiano, l’intera questione sia ancora decisamente fumosa e che a tutt’oggi non siano ben chiare le modalità da rispettare per produrre Fine-Art Giclée e, conseguentemente, generare la documentazione relativa alla durata e alla qualità museale delle stampe. La Fine Art Trade Guild di Londra, da più di un decennio, si pone lo scopo di definire concretamente le basi sostanziali della stampa Fine-Art Giclée nel tentativo di uniformare caratteristiche e processi generando standard consolidati e concreti: “ …Gli standard di gilda richiedono che la carta abbia un peso minimo di 250gr., con un livello di acidità tra Ph7 e Ph10 per minimizzare lo scolorimento. I colori dovrebbero essere resistenti all’azione della luce e totalizzare un punteggio di 6 o superiore su Blue Wool Scale o sua equivalente….” Inoltre, la Fine Art Trade Guild è parte del Comitato Tecnico della British Standards Institution; La British Standards Institution è il corpo nazionale ed indipendente responsabile nella preparazione degli Standard britannici. Essa presenta la visione del Regno Unito sugli standard, in Europa ed a livello internazionale. E’ l’Organismo che produce la Classificazione delle stampe BS 7876:1996 (http://shop.bsigroup.com/en/Produ ctDetail/?pid=000000000000932671). Oltre alla Fine Art Trade Guild, il Comitato è formato dalla Federazione delle Industrie di Stampa britanniche, l’Associazione Internazionale dei rivenditori di stampe d’arte, la Federazione delle cartiere della Gran Bretagna, il Concilio degli Stampatori, la Royal Academy of Art e la Royal Society degli stampatori e dei pittori. Bisogna innanzitutto sottolineare che la produzione delle certificazioni non dovrebbe assolutamente essere relegata ad abile manovra marketing né tantomeno ridursi a business spicciolo volto ad aumentare le vendite o la credibilità di un’azienda, bensì dovrebbe tener conto - in primis - dei diritti degli artisti che decidono di completare il

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proprio percorso creativo stampando le proprie opere con tecnica Fine-Art Giclée ed in seconda istanza degli obblighi che gli artisti hanno nei confronti dei collezionisti delle proprie stampe. Una certificazione di qualità museale dovrebbe limitarsi, in modo imparziale e veritiero, possibilmente in seguito a ben specifici test con riscontro ISO, a testimoniare la corrispondenza totale di una stampa ai requisiti base di durata e permanenza nel tempo dati da una ben precisa e completa sinergia tra i supporti cartacei di altissima qualità che devono essere impiegati nel processo produttivo, gli inchiostri che devono essere idonei per caratteristiche alla realizzazione di stampe Giclée e le attrezzature professionali di stampa che vengono usate per realizzare opere Fine-Art. Ciascuna delle variabili che intercorrono alla realizzazione delle stampe riveste la medesima importanza e tutte sono imprescindibili le une dalle altre: non è sufficiente certificare un materiale o una stampante per poter, con assoluta professionalità, certificare che si tratti di Fine-Art Giclée. Allo stesso modo, non si può assolutamente affermare che esistano solamente alcuni prodotti che rientrano di diritto nella categoria Fine-Art in quanto rispondenti alle caratteristiche proprie della stampa Giclée, sarebbe sbagliato e sarebbe controproducente. A tutt’oggi esistono diverse società che producono ottimi supporti e macchine da stampa eccezionali che sono perfetti per la realizzazione di stampe e di riproduzioni artistiche e che soprattutto hanno tutti i requisiti indispensabili a garantire la longevità del prodotto finito. Proprio per questo motivo non si può sostenere la falsa tesi, come invece spesso avviene, che la stampa digitale d’arte di qualità sia ottenibile solo se utilizza questo o quel prodotto e poi produrre una certificazione di parte, etichette personali, bollini ecc. a sostegno della propria manovra commerciale. Oltre a questo nessuna certificazione dovrebbe allettare l’artista con promesse di maggiore visibilità o di incremento di entrate e quant’altro: una certificazione, come specificato dalla parola stessa, ha il solo scopo di certificare qualcosa di specifico, in questo caso la durata museale delle stampe, e non il compito di fare da presunto passpartout per il modo dell’arte

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Crediamo fondamentale rimarcare che, proprio com’era per la stampa tradizionale, anche la stampa Fine-Art Giclée dipende non esclusivamente dalle macchine, o dai materiali, ma dal “fattore umano” coinvolto nel processo di produzione; è la visione dell’artista a creare l’opera d’arte e la stretta sinergia con la professionalità, la competenza e la passione dello stampatore a dar vita, su carta, all’opera perfetta. Nel concetto di certificazione poi non dovrebbe mai assolutamente rientrare qualsivoglia disquisizione sull’originalità delle opere prodotte. Il concetto di tiratura, di edizione è qualcosa che prescinde la certificazione, è una libera scelta dell’artista e si concretizza indipendentemente dal rilascio del certificato. Un artista decide da sé in che tiratura stampare, come numerare le proprie stampe, dove firmare i progetti, come veicolarli, come o dove venderli e a chi. Un artista poi decide liberamente dove stampare i propri lavori, di chi fidarsi e sulla base di quali credenziali.

Conclusione della presentazione Fine-Art Giclée Vi ringraziamo di aver preso visione di questa nostra presentazione della tecnica di stampa “Giclée”, nostro unico intento è allargare la diffusione di questo nuovo ed entusiasmante strumento al servizio della creatività di fotografi ed illustratori. A questo proposito siamo disponibili a condividere le nostre esperienze e ad ascoltare consigli e suggerimenti con chiunque sia interessato, con la convinzione che una qualità diffusa sia elemento indispensabile per raggiungere obbiettivi già consolidati in altri Paesi.

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