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Editoriale - Angela Marino
Si sveste l’aria del calore estivo: l’autunno è ormai arrivato. Nell’anno della pandemia, questa non sarà una stagione semplice da a rontare. Ma tra incertezze e preoccupazioni, con cui abbiamo imparato a convivere già da tempo, il vento ottobrino porta con sé anche ciò che da sempre può o rire: la sua consueta palette di colori, i capricci atmosferici, la voglia di sfuggire al freddo rimanendo a casa avvolti tra le coperte, magari in compagnia di un tè caldo e di una buona lettura; e in questo L’Ircocervo può darvi una mano.
Perché in mezzo alla tensione collettiva, si fa sempre più urgente il bisogno di ritagliarsi un momento per mettere in pausa, almeno per un po’, le pressioni di un quotidiano divenuto ormai straniante. E quale miglior modo per riuscirci se non immergendosi in storie, vite, ambienti altri? Con la pubblicazione di questo sesto numero l’invito che vi facciamo è proprio questo: appro ttate delle giornate piovose per staccare la spina ed evadere, lasciandovi coinvolgere dall’atmosfera di racconti che, auspichiamo, potranno solo ristorarvi.
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L’Ouverture di questo numero è stata a data ad Adrián N. Bravi, che ha scritto per noi L’uomo che andava a vedere i cantieri, illustrato dalla nostra direttrice artistica Sara Dealbera. In questo racconto dai toni delicati, l’anziano protagonista si ritrova suo malgrado a reinventare la propria storia familiare, riuscendo nello stesso momento a trovare l’amore e il calore che da sempre sentiva mancare nella sua vita.
Per la sezione Racconti Erranti, invece, è per noi un onore ospitare l’autrice ugandese trapiantata in Inghilterra Jennifer Nansubuga Makumbi – nota al pubbli-
co italiano per Kintu (66thand2nd) – con il suo Raccontiamo questa storia per bene, vincitore del Commonwealth Short Story Prize nel 2014 e qui tradotto per la prima volta in italiano. A rontando temi cari agli autori postcoloniali, la storia, illustrata da Cecilia Ferri, è quella di un’umiliazione protrattasi nel tempo e nello spazio, tra Uganda e Manchester, e della forza che, una volta a rontata la realtà, è necessario riscoprire dentro di sé per poter ricominciare.
Apre la sezione dei racconti di autori emergenti, con l’illustrazione di Paolo Voto, Daijishin di Francesco Spiedo, ambientato sulle coste della regione di Tōhoku in Giappone. Sullo sfondo di uno scenario che agguanta senza lasciare scampo, l’autore esplora il legame che ancora unisce, tra nostalgie e rimpianti, un uomo e una donna ormai da tempo lontani nel corpo ma non nello spirito, mentre l’odore di salsedine si fa sempre più intenso, e il cielo si tinge di buio.
Si prosegue con Sul lato opposto del mondo di Elisabetta Foresti, illustrato da Sara Pelagalli, racconto dalla voce singolare che ri ette sul senso di una ne – della ne –, svelandosi poco a poco attraverso l’interazione tra i due protagonisti: un innominato becchino e Gaia, nome che rimanda al rapporto esclusivo che abbiamo con la Terra, da cui tutto nasce e dove tutto ritorna.
Il terzo racconto è Storia delle mie unghie di Ra aele Cataldo, illustrato da Silvia Gurnari, dove le unghie di una mano, spesso ridotte a dettagli di poco conto, divengono l’inaspettato fulcro centrale degli episodi raccontati, intorno a cui si dipana, con sagacia e ironia, la sensibilità dell’Io narrante, con i suoi desideri, so erenze, inclinazioni.
Chiude la sezione Nell’Acqua di Sara Maria Sera ni, accompagnato dall’illustrazione di Sara Benincasa, storia raccontata in prima persona da Milo, bambino a etto da una forma di disturbo ossessivo-compulsivo. Tra inconsapevoli battute di spirito e la limpidezza di una scrittura leggera, per il lettore sarà molto semplice entrare in empatia con Milo e seguirlo verso il piacere di scoprirsi in contatto col mondo grazie a ciò che ama: il nuoto.
Nella speranza che queste sei storie possano coinvolgervi così come hanno coinvolto noi, auguriamo a voi tutti buona lettura!