Frammenti
NAPOLES MARTY
“[…] L’arte è una cosa seria, come Dio, la natura, la morte, la vita, il sole, il senso delle cose, l’invisibile, la poesia. L’arte non è argomento da tavola, da passeggio. L’arte non può servire per abbellire una parete, l’arte è una preghiera, un principio, una formula matematica, esoterica”. S. Gamba, Monologo, 2017
Frammenti NAPOLES MARTY
Dal 15 marzo al 30 aprile Isolo 17 Gallery ospita la prima personale in Italia di Napoles Marty - a poca distanza dalla sua partenza per una prestigiosa residenza alla Guttenberg Arts di New York con una selezione di più di 100 disegni inediti e 3 sculture realizzate durante la sua permanenza di un mese a Verona. Nato a Cuba nel 1982, Napoles si trasferisce in Spagna nel 2008 e da allora si sposta continuamente in Europa e negli Stati Uniti. La sua ricerca trova una stretta correlazione con questo stato di reiterata migrazione, che da spostamento fisico e geografico diventa presupposto esistenziale. È la condizione di chi si sente senza patria, senza un’identità finita e definita, per certi versi smarrito, alla deriva e insieme conteso da forze opposte, è la condizione dell’uomo contemporaneo. Nel lavoro di Napoles si coglie un approccio viscerale al disegno, quasi violento, sia nel segno di matrice espressionista, sia nei soggetti della rappresentazione, colti in un’eterna lotta, pervasi da un impeto quasi animalesco. Lo si vede nell’uso dei pastelli e dei carboncini, nell’immediatezza del gesto che traccia segni di getto, senza rigida progettualità, ma seguendo piuttosto un impulso, un istinto. Partendo dall’idea iniziale, le sue opere mutano durante il processo stesso di realizzazione, evolvono, accadono, sfuggono al controllo del loro stesso creatore. Nascono così figure apolidi in preda a esigenze primarie, il foglio si trasforma in un’arena dove si dispiega una lotta estremamente fisica e a tratti erotica. Questo stato di eterna battaglia, però, non deve essere inteso in un’accezione negativa, annichilente, ma al contrario, si configura nella mente dell’artista come il dispiegarsi di una necessaria relazione tra corpi arrivando a contrasta-
re la ferocia del segno con colori acquerellati o sfumati, con gialli luminosissimi, rosa e azzurri delicati, testimoni di una fragilità che è insita nella natura umana ed è ugualmente protagonista di questo scontro. Nei disegni di grandi dimensioni l’evidenza della carne è massimamente esplicita, in quelli più piccoli invece emerge più forte la duplicità di un’umanità sempre in bilico. In tutte si coglie quella frammentazione dell’essere che abbiamo detto essere il filo conduttore della sua ricerca. Di qui il titolo della mostra, Frammenti. Corpi michelangioleschi che sembrano tratti direttamente dalla scultura, si dibattono tra il finito e il non finito, in una condizione di catarsi continua. L’unità si spezza e i vari elementi anatomici diventano moduli, parti da ricomporre (si noterà che in certi casi gli arti sono numerati,
come nei trattati di anatomia). L’evidente richiamo alla scultura e alle tecniche del disegno, allo studio di modelli dal vero, allontanano però questi corpi ambigui da un universo macabro e mortifero, per farne i soggetti di un combattimento figurato, simbolico, interiorizzato. In opere come Transhumant VIII (2017) è evidente che l’oggetto della contesa dei corpi è sempre una testa (la sede del pensiero): Napoles visualizza in questo modo quella mancanza di un centro, di un’unica identità, che è propria di chi si sente straniero all’estero ma anche in patria, di chi si sente straniero a se stesso e al mondo. Apolidi e acefale le sue figure incarnano esperienza personale e tematiche universali: “Parto dall’idea che la società contemporanea continua a muoversi
in cerca di cambiamenti di diverso tipo, evolve attraverso una lotta sia reale che figurata. Nel mio lavoro mi concentro sulle parti più fragili di questo processo, rappresento dinamiche opposte che convergono nella mia idea di migrazione come un atto di perdita e transculturazione.” (N.M.). La ricerca di Napoles intreccia così non solo la sociologia (introducendo il tema della “transculturazione”, il processo di passaggio da un tipo di cultura a un altro, nell’incrocio di due o più culture diverse), ma anche la sfera socio-politica di fenomeni attuali (che in verità attraversano l’intera storia dell’umanità), e rivela altresì legami con la filosofia e la letteratura del Novecento.
Viene in mente Alberto Savinio, in cui l’apolidia è sia contingente (nasce in Grecia, cresce in Germania, vive in Francia prima e poi in Italia) che condizione intellettuale (musicista, compositore, pittore, scrittore) e si riflette nella sua opera in un processo di reificazione e disumanizzazione applicato sempre alle teste riflettendo un principio di indeterminazione che spinge l’uomo contemporaneo a cercare in se stesso la molteplicità della propria identità. Oppure Luigi Pirandello che frammenta il proprio essere in “uno, nessuno, centomila”; o ancora Thomas Mann, che in Die vertauschten Köpfe (Le teste scambiate, 1940) racconta la storia di un bizzarro scambio di teste e delle imprevedibili conseguenze nella vita dei due soggetti.
Infine, va sicuramente considerata l’importanza delle tecniche artistiche scelte: in primis il disegno, che si presenta in diverse fasi di lavorazione, a tratti appena abbozzato, non finito, così come le identità dei personaggi. Figure non complete stanno accanto a figure complete, in un dialogo che non è solo interno ma si declina in fogli successivi mettendo in atto un processo in levare, una semplificazione progressiva del segno (lo si nota soprattutto nella serie dei 100) e contemporaneamente si estende all’altro medium prediletto da Napoles: la scultura. Già di per sé la scultura
richiama quell’idea maieutica e di mutazione che abbiamo visto essere propria delle opere grafiche, ma anche nei soggetti e nella resa notiamo una diretta relazione con il non finito e l’abbozzo, con il frammento e la modularità delle parti, con la lotta e la contesa, con un approccio istintuale e aprogettuale del processo di realizzazione. Qui anche l’uso dei materiali è precisamente legato ai temi della ricerca: è evidente, per esempio, nell’incontro del legno grezzo - trattato a colpi di machete e lasciato in sospeso, nel bel mezzo del processo – con la fragilità del gesso – normalmente utilizzato come materia di transizione. La lotta (non) si risolve in un continuo tentativo di crescita e superamento, così in un’opera emblematica come Transhumant II (2018) un busto proteso verso l’alto solleva una testa fino al massimo delle proprie possibilità per tentare di superare la contingenza della carne elevando la mente e il pensiero in direzione di uno stato di maggiore coscienza e consapevolezza.
Jessica Bianchera
TRANSCULTURATION III Charcoal, pastel and graphite on paper 200 x 300 cm | 2018
THE FIGHTER Pastel, graphite and watercolor on paper 70 x 100 cm | 2019
TRANSCULTURATION IV Charcoal, pastel, acrylic and graphite on paper 200 x 150 cm | 2018
TRANSHUMANT III (new version) Plaster, wood, wire, paint and graphite 192 x 92 x 67 cm | 2019
TRANSHUMANT II Plaster, wood, graphite and paint 233 x 41.5 x 35 cm | 2016
TRANSPOSED BODIES Plaster, wood, wire, pastel and graphite 192 x 35 x35 cm | 2019
UNTITLED
UNTITLED
Charcoal, pastel and acrylic on paper
Charcoal, pastel and acrylic on paper
100 x 70 cm | 2018
100 x 70 cm | 2018
TRANSCULTURATION I Charcoal, pastel, graphite and acrylic on paper 203 x 289 cm | 2017
FRAGMENTS AND LOVERS (large installation with 70 pieces) (Transculturation cycle) Pastel and graphite on paper 32 x 45 cm | 2018 - 2019
FRAGMENTS AND LOVERS N17 (Transculturation cycle) Pastel and graphite on paper 238 x 51 x 39.5 cm | 2018
FRAGMENTS AND LOVERS N104
FRAGMENTS AND LOVERS N106
Charcoal, pastel and acrylic on canvas
Charcoal, pastel and acrylic on canvas
148 x 100 cm | 2019
148 x 100 cm | 2019
FRAGMENTS AND LOVERS N105 Charcoal, pastel and acrylic on canvas 148 x 100 cm | 2019
FRAGMENTS AND LOVERS N107 Charcoal, pastel and acrylic on canvas 150 x 200 cm | 2019
TRANSPOSED BODIES II Plaster, wood, wire, pastel and graphite 192 x 35 x35 cm | 2019
BIO Napoles Marty Napoles Marty, Camagüey (Cuba) 1982. Si diploma in scultura alla National School of Fine Arts San Alejandro de l’Havana nel 2002 e già dal 2003 è docente di disegno prima presso l’Atelier Heriberto Manero e poi presso la National School of Fine Arts San Alejandro, dove insegna anche scultura.
La sua attività espositiva inizia nel 1997 e da allora ha esposto in più di 30 mostre, di cui 5 personali, a Cuba, in Spagna e negli Stati Uniti. Nel corso degli anni ha partecipato a varie residenze in Europa e America, in un continuo processo di studio, crescita e arricchimento culturale.
È risultato vincitore di premi internazionali, le sue opere sono presenti in collezioni private e pubbliche, come quella del MEAM, Museo Europeo de Arte Moderno de Barcelona. Attualmente vive e lavora a Copenhagen.
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GIOVANNI MONZON +39 349 3746379