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SOMMARIO
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Prefazione Filomena Maggino
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Elementi per un quadro d’insieme di Valerio Belotti
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1. Verso le mappe degli indicatori di Valerio Belotti
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo di Enrico Moretti
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3. L’Italia dei bambini e dei ragazzi in Europa di Enrico Moretti e Marco Zelano
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4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale nel benessere dei bambini e dei ragazzi di Valerio Belotti
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Riferimenti bibliografici
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Appendice 1 La mappa nazionale delle dimensioni e degli indicatori secondo i dati disponibili al dicembre 2010 di Valerio Belotti, Enrico Moretti, Marco Zelano
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Appendice 2 Un metodo per l’aggregazione di indicatori elementari per il calcolo degli indici sintetici di Gianni Betti, Enrico Moretti, Marco Zelano
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PREFAZIONE
Filomena Maggino Università di Firenze President-Elect della International Society for Quality of Life Studies
Il tema del benessere e della sua misura è oggi sempre più frequentemente trattato, non solo in campo scientifico ma anche dai media. Ciò è dovuto alle molte iniziative che si stanno muovendo a livello internazionale ma non solo. A tale proposito, si pensi al Global project on measuring the progress of societies promosso all’interno dell’Ocse e finalizzato a sensibilizzare e sollecitare la politica verso migliori misure di benessere e progresso. Tale progetto è riuscito a raccogliere i tanti studiosi che in tutto il mondo stanno lavorando sul tema nel Global Research Network. Recentemente anche il rapporto della Commission on Measurement of economic performance and social progress (presieduta da Joseph Stiglitz, Amartya Sen and Jean Paul Fitoussi e promossa dal presidente francese Sarkozy nel 2008) ha ribadito la necessità di inserire tra le misure per valutare il progresso di un Paese quelle che direttamente si riferiscono alla dimensione del benessere e della qualità della vita, portando la questione alla discussione politica. Al di là dell’attuale interesse sul tema della nuove misure di benessere, occorre sottolineare come esista una lunga tradizione di studi che vanta ormai 50 anni, da quando, negli anni ’60, negli Stati Uniti veniva formandosi quello che è comunemente conosciuto con il termine di Movimento degli indicatori sociali: un gruppo di studiosi e ricercatori finanziato dalla pubblica amministrazione e interessato a raccogliere ed elaborare dati per studiare le componenti non economiche del benessere. Tra alti e bassi il tema del benessere e della qualità della vita e delle misure necessarie al loro monitoraggio ha comunque continuato a riscuotere attenzione in ambito accademico e non. È del 1974 la nascita della rivista scientifica di riferimento per il Movimento: Social indicators research, an international and interdisciplinary journal for quality-of-life measurement cui ha fatto seguito negli anni ’90 la costituzione dell’International society for quality-of-life studies (Isqols) che ha di fatto ereditato la tradizione del Movimento. Accanto allo sviluppo della rete internazionale, riflessioni teoriche e ricerche applicate hanno fatto fatica a prendere piede in Italia, soprattutto in campo accademico. È però possibile segnalare le molte iniziative e le ricerche che a livello locale diverse amministrazioni hanno promosso al fine di studiare la vivibilità delle città e delle regioni. Molte esperienze territoriali pionieristiche sono state realizzate durante gli anni ’70, promosse da amministrazioni comunali, provinciali e regionali (per esempio i Bilanci sociali d’area realizzati nell’area milanese); esse testimoniano un ampio interesse a livello locale verso il tema del benessere. Altre esperienze possono essere ricordate, anche se la loro natura è essenzialmente giornalistica (per esempio, il rapporto annuale sulla
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Prefazione
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qualità della vita delle province italiane realizzato dal quotidiano Il Sole 24ore). Più recentemente, la campagna Sbilanciamoci!, che coinvolge quasi 40 associazioni, organizzazioni e reti non governative impegnate su temi quali la globalizzazione, la pace, i diritti umani, l’ambiente, commercio equo, finanza etica, ha sviluppato un approccio alternativo (Quars) all’analisi del benessere regionale, prendendo in considerazione diverse dimensioni dello sviluppo (qualità della produzione e del consumo, sostenibilità ambientale, partecipazione democratica, ecc.). Durante gli ultimi mesi, Sbilanciamoci! ha promosso un tavolo nazionale su come tradurre l’uso degli indicatori sociali e ambientali nelle politiche pubbliche in concreti impegni che possono essere presi a livello istituzionale e amministrativo. Il documento finale, frutto della discussione avvenuta all’interno di un nutrito gruppo di esperti italiani (accademici, studiosi, ricercatori, ecc.) e sostenuto da molte organizzazioni appartenenti alla società civile, è finalizzato a sollecitare le istituzioni nazionali a utilizzare diverse prospettive nel valutare il benessere del Paese. Infine, nel dicembre 2010, Cnel e Istat hanno avviato la costituzione di un Gruppo di indirizzo sulla misura del progresso della società italiana, composto da rappresentanze delle parti sociali e della società civile. L’obiettivo del Gruppo è quello di sviluppare un approccio multidimensionale alla misura del “benessere equo e sostenibile” (Bes), che integri l’indicatore dell’attività economica, il Pil, con altri indicatori, ivi compresi quelli relativi alle disuguaglianze (non solo di reddito) e alla sostenibilità (non solo ambientale). Nello stesso tempo, la statistica ufficiale ha sviluppato importanti esperienze nella rilevazione del benessere del Paese, come il progetto di Indagine multiscopo, introdotto dall’Istat a partire dal 1993, in grado di fornire importanti dati soggettivi per il monitoraggio della qualità della vita, perfettamente in linea con quanto emerso durante il meeting Measuring subjective well-being: an opportunity for National Statistical Offices?, tenuto a Firenze nel 2009, come evento collaterale del IX congresso della International Society for Quality of Life Studies. Proprio durante quest’ultimo evento, l’Istituto degli Innocenti ha ricevuto il premio Award for the betterment of the human condition che viene attribuito all’organizzazione/istituzione la cui attività ha permesso il miglioramento delle condizioni di vita in modo universalmente riconosciuto. Tale premio, oltre che costituisce un giusto e prestigioso riconoscimento internazionale alle attività di una storica istituzione del nostro Paese, rappresenta un importante segnale di ciò che è oramai globalmente riconosciuto: la valutazione del benessere di un Paese passa anche (e, in un certo senso, soprattutto) attraverso la misurazione del li-
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vello benessere di quei soggetti/gruppi considerati più “deboli” (anche in termini di rappresentanza), come i bambini e gli adolescenti. In altre parole, valutare il benessere dei bambini e degli adolescenti diventa essenziale non solo per verificare le condizioni di vita di tale gruppo ma anche per verificare indirettamente le condizioni di vita di tutto un Paese. Tale valutazione passa sicuramente attraverso un’appropriata raccolta di dati statistici e l’adozione di appropriati indicatori al fine non solo di monitorare il benessere ma soprattutto di sostenere, con un’adeguata conoscenza, l’adozione di politiche mirate. L’assenza di interventi finalizzati viene spesso giustificata con la mancanza di conoscenza concreta, ovvero di dati affidabili, puntuali e aggiornati. In realtà, questo volume, ricco di dati organizzati e di preziose indicazioni metodologiche, è qui a dimostrarci che esistono competenze, esperienze e dati. Ciò che manca realmente è forse la volontà politica di valorizzare tali competenze, di guardare tali esperienze e di porre attenzione a tali dati, sostenendone l’aggiornamento al fine di monitorare costantemente la realtà. Questo volume – tra le altre cose – ci aiuta anche a far emergere una questione che può sembrare banale ma che invece rappresenta una vera e propria rivoluzione copernicana se vista attraverso gli occhi della policy: la rilevazione del benessere dell’infanzia e dell’adolescenza deve porre al centro dell’osservazione non gli ambiti, gli ambienti e le dimensioni in cui i bambini e gli adolescenti sono inseriti (come fatto nella maggior parte dei casi) ma proprio le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi. In altre parole, qui si parla non di “famiglia” cui i bambini appartengono ma di “relazioni” che i bambini hanno, non di “scuola” in cui i bambini sono inseriti ma di “benessere/deprivazione culturale” dei bambini, non di “strutture sanitarie” o “servizi sociali” ma di “salute” e di “benessere soggettivo”. Tale chiave di osservazione consente di modificare la lettura della realtà in un modo che davvero consente di migliorare non solo la “narrazione” della qualità della vita e del benessere dei bambini e degli adolescenti ma anche conseguentemente le politiche e gli interventi destinati all’infanzia e all’adolescenza. La conseguenza sarà quella di trasformare soggetti tutelati in soggetti con pieno diritto di cittadinanza. In questo senso, questo volume si colloca a pieno diritto nel panorama precedentemente delineato di studi e proposte che mirano a definire nuove misure di benessere al fine di sostenere migliori e più consapevoli scelte politiche.
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ELEMENTI PER UN QUADRO D’INSIEME di Valerio Belotti
Rendere visibili i numeri dei bambini e dei ragazzi
Non è semplice poter argomentare in modo organico sui bambini e i ragazzi in base ai dati statistici istituzionali disponibili. Sparsi un po’ dappertutto, a volte nelle statistiche sanitarie, a volte in quelle sulla popolazione o in quelle scolastiche, la dispersione dei dati che li riguardano riflette la loro marginalità sociale: bambini e adolescenti sono importanti in quanto “oggetti” di organizzazioni sociali governate dagli adulti, più che in base al loro essere cittadini a cui dover riconoscere una specifica visibilità statistica. È invece questo l’obiettivo che si è dato il lavoro che il lettore ha tra le mani. Cioè quello di offrire, secondo un senso dichiarato, un’immagine complessiva delle nuove generazioni del nostro Paese. Quella che ovviamente possono permettere le analisi svolte sui dati istituzionali che quasi sempre si soffermano su aspetti tangibili e concreti che interessano agli adulti e ai decisori politici adulti. Un interesse peraltro spesso poco attento ai fenomeni emergenti che interessano via via la quotidianità dei cittadini in crescita. Non si tratta quindi di una nuova ricerca o indagine sui bambini, ma del tentativo di rendere possibile e disponibile, in un unico contenitore, tutte le principali statistiche istituzionali già disponibili in Italia sui più piccoli e sugli adolescenti. E da qui sviluppare nuove argomentazioni, anche indirizzate a segnalare vuoti informativi significativi. Non si è trattato di un’operazione asettica. Come si vedrà, gli ambiti che sono stati presi in considerazione per riorganizzare i dati individuati, raccolti ed elaborati, non rispecchiano i tradizionali settori statistici, ma dei principi ordinatori che si rifanno, anche se con la dovuta libertà, alla Convenzione internazionale del 1989 sui diritti del fanciullo. È stato infatti questo documento a essere utilizzato come principale guida per riorganizzare i dati individuati nei meandri, a volte difficili da seguire, della produzione statistica ufficiale. Non siamo i primi ad averlo fatto in Europa, anche se l’abbiamo fatto con delle specificità di rilievo, con un lavoro che, nel quadro di quelli proposti in altri Paesi, appare molto originale. Nei capitoli a seguire queste specificità verranno esplicitate e soppesate nel tentativo di dar conto di un percorso di lavoro ormai triennale. Si tratta di un lavoro in divenire, in alcune sue parti di una sperimentazione che vuole contribuire a rispondere a domande solo in apparenza semplici: come stanno i bambini italiani rispetto ai bambini di altri Paesi europei; come cambiano le loro condizioni di benessere secondo le regioni in cui vivono; come sono cambiate le loro condizioni di vita e la loro quotidianità negli ultimi anni; sono migliorate o meno le loro condizioni di benessere rispetto al recente passato? Domande a cui abbiamo potuto rispondere solo in parte, vuoi perché i dati istituzionali tacciono su aspetti rilevanti della vita dei bambini, vuoi perché naturalmente non tutti i vari aspetti della vita sono
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Elementi per un quadro d’insieme
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misurabili e riducibili a informazioni quantitative. Ciononostante, pensiamo che il lavoro fatto contribuisca in modo rilevante a costruire le basi per poter consolidare una prospettiva di lavoro che vada in questa direzione. Il volume si compone di quattro capitoli. Nel primo si dà conto delle prospettive teoriche e degli obiettivi che ci siamo dati per arrivare a proporre un nuovo sistema di organizzazione dei dati statistici sui bambini e sui ragazzi. In questo caso si proporrà l’analisi di alcune esperienze internazionali e si presenterà la proposta di una nuova mappa di organizzazione dei dati. Il secondo capitolo propone invece un’analisi dei principali mutamenti che hanno interessato le condizioni sociali dei bambini e dei ragazzi nell’ultimo decennio. Il terzo cerca di posizionare queste condizioni all’interno di uno sguardo europeo nell’intento di far emergere, se esistono, alcune peculiarità nazionali. Infine, il quarto capitolo propone una mappa comparativa delle disuguaglianze nel benessere presenti tra i bambini e i ragazzi residenti nelle diverse regioni italiane.
Cambiamenti e stabilità nel tempo recente
Dai contributi qui pubblicati non può che emergere un quadro complesso di non semplice riduzione che, accanto ad alcuni riscontri di aspetti e considerazioni già proposte da altri analisti, mostra delle significative particolarità. Nel tempo recente uno degli aspetti che meglio caratterizza i rapporti numerici tra le generazioni è la costante perdita di peso dei bambini e dei ragazzi nella composizione della popolazione. Dal 1996 al 2009, la quota dei minorenni subisce un lento declino dovuto non soltanto all’aumentare delle speranze di vita e quindi del peso delle generazioni più anziane, ma anche all’onda lunga di un declino della natalità solo negli ultimi anni in lento recupero. Una situazione che, come si chiarirà, pone l’Italia tra i Paesi europei con la popolazione più sbilanciata verso le fasi del corso di vita anziane. Questo riposizionamento interno alla popolazione avviene in concomitanza con una veloce differenziazione delle forme familiari, caratterizzate sempre meno rispetto al passato dalla presenza di figli piccoli (la forma familiare comunque ancora più rilevante) e dall’aumento delle famiglie monogenitoriali, che nell’ultimo decennio registrano un aumento del 22%. Cambiamenti che vedono crescere nel tempo, ma meno che in altri Paesi, il numero di figli e di figlie coinvolti in processi di rottura dei legami sentimentali e di convivenza tra i genitori. Con l’emergere quindi, sempre meno timido, di nuove forme familiari, quelle ricostituite, che interessano quasi il 6% delle famiglie. Fenomeni che si accompagnano alla diversificazione culturale del profilo del nostro Pae-
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se, che vede, nell’arco degli ultimi tredici anni, passare la componente dei figli di stranieri da 14 a 84 bambini e ragazzi su 1.000 coetanei. Questi cambiamenti sono caratterizzati ormai da alcuni decenni da una notevole “tenuta” dei rapporti tra figli e genitori. Come è stato evidenziato in più occasioni (Garelli, Palmonari, Sciolla, 2006; Belotti, 2010), i rapporti in casa sono caratterizzati da elevati livelli di dialogo e di scambio e contribuiscono a formare quella che è stata definita una situazione di “pacificazione” della famiglia. La soddisfazione nei confronti delle relazioni con i propri genitori, dichiarata dai figli adolescenti, raggiunge nei diversi anni di rilevazione quote percentuali sempre vicine al 90%. Lo stesso si rileva per i livelli di soddisfazione nei confronti delle relazioni amicali. L’effetto di abbaglio che queste cifre largamente maggioritarie tendono a produrre non può però mettere in secondo piano che, nell’uno e nell’altro caso, si delinea una quota variabile nel tempo, pari a circa il 10%, di insoddisfatti. Non possiamo sapere dai dati se si tratta degli stessi adolescenti fortemente in difficoltà sia con genitori che con gli amici: quest’area esplicita di disagio meriterebbe infatti un approfondimento di analisi e di riflessione. Da collegare con una certa probabilità anche al perdurare nel tempo di alcune relazioni conflittuali e comportamenti violenti, come gli scontri fisici e gli episodi di bullismo tra coetanei. La tenuta dei rapporti familiari e in fin dei conti la loro adeguatezza, se viste in una prospettiva generale, appaiono confermate anche dalla misura circoscritta degli interventi di rottura del legame familiare con l’assicurazione di una nuova e temporanea famiglia da parte dei servizi di protezione e tutela minorile. In Italia, rispetto ad altri contesti nazionali (Thoburn, 2007), la quota parte dei bambini e dei ragazzi allontanati forzatamente dai genitori per situazioni di gravi difficoltà familiari coinvolge “solo” lo 0,3% dei minorenni a una certa data (31 dicembre 2008). È una cifra che nel periodo considerato tende a crescere e a interessare sempre più i giovani “nuovi italiani”, soprattutto quelli non accompagnati che giocoforza, se individuati, sono accolti soprattutto in strutture residenziali comunitarie. La diversificazione delle forme familiari e la forte tenuta dei rapporti e delle relazioni interne si accompagna al persistere negli anni di una forte condizione di rischio e di pericolo per le famiglie con figli: la povertà familiare e individuale cresce infatti con il numero di bambini e ragazzi. Sono diversi i fattori che concorrono a motivare tra le giovani coppie un atteggiamento più cauto che nel lontano passato nel generare figli. Tra questi, vanno annoverate anche le possibilità di rischio per le coppie di entrare nell’area della povertà relativa e quindi, tra l’altro, di non essere poi in grado di assicurare ai figli una vita con le stesse opportunità di altri coetanei. L’incidenza della povertà delle famiglie cresce all’aumentare dei figli piccoli, tanto che nell’ulti-
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mo decennio una quota variabile tra il 26% e il 27% delle famiglie con tre figli è nell’area dei poveri, lo è il 17% circa di quelle con due figli e circa il 12% di quelle con un solo figlio. In assenza di politiche adeguate di sostegno delle famiglie, avere figli può essere quindi un fattore di esclusione sociale. Per un numero sempre più elevato di famiglie avere figli adolescenti e preadolescenti rappresenta al contempo una spinta alla “socializzazione” tecnologica. Le famiglie che risultano più tecnologiche di altre sono quelle che hanno adolescenti in casa (Istat, 2010). Mentre infatti i consumi culturali “tradizionali” di bambini e ragazzi non mostrano particolari cambiamenti nel tempo (confermando il massiccio ricorso alla televisione e la scarsa propensione alla lettura proprio come i loro padri e le loro madri), diversa è invece la loro propensione all’uso dei nuovi media, in particolare personal computer e Internet. Strumenti che tendono a rafforzare, oltre che a espandere, i legami relazionali e amicali, attraverso lo scambio e la condivisione di informazioni, passioni, foto, musica, video. Alle immagini di una famiglia e di gruppi amicali in cui le negoziazioni degli spazi di autonomia e delle decisioni individuali e familiari avvengono in un clima di soddisfazione, tende a contrapporsi una netta insoddisfazione nei confronti dell’esperienza scolastica. Non tanto rispetto ai processi di scolarizzazione, ormai pressoché completi se non nella scuola secondaria di II grado, che continua a mostrare alcuni problemi di dispersione (soprattutto nelle regioni meridionali del Paese), quanto al livello di soddisfazione della vita scolastica. Si tratta di un disagio che cresce al crescere dell’età e quindi all’ordine della scuola che si frequenta. Tra i 15enni solo una quota decisamente irrisoria dichiara infatti di andare molto volentieri a scuola e di conseguenza di vivere questa lunga esperienza di vita senza ansia, non continuamente sotto pressione. Non credo debba essere una spia di malessere che si possa liquidare con giudizi sommari, tipo: “a chi può piacere andare a scuola?”. Una considerazione che invita alla comprensione ripensando alle proprie esperienze personali, ma che ha il difetto di ributtare sugli alunni piuttosto che sugli studenti italiani una loro presunta incapacità di assumersi con responsabilità i propri impegni, non osservando invece come questa insofferenza possa anche essere messa in relazione con la qualità dell’organizzazione scolastica e dei rapporti che al suo interno si giocano tra le generazioni e tra gli studenti stessi. Non a caso, in un’ampia indagine campionaria svolta tra i preadolescenti italiani, le relazioni interne alla scuola sono indicate tra le più problematiche da parte dei giovanissimi intervistati (Belotti, 2010), ma anche degli adolescenti (Eurispes, Telefono azzurro, 2010) e dei giovani (Albano, D’Agati, 2006). A meno di pensare invece che andare a scuola costituisca un elemento di piacere o di dis-
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agio a prescindere dall’offerta e dalla qualità del “fare” scuola. Ma se così fosse non si capirebbe come mai questo disagio perduri nelle diverse occasioni di rilevazione e sia espresso in forma più contenuta, per esempio e come si potrà constatare con i dati presentati, dai coetanei danesi o francesi. Per quanto riguarda invece il versante della salute, le percezioni degli adolescenti sulla propria condizione risultano sempre nettamente positive, visto che negli ultimi anni superano con slancio la soglia del 90%. Così anche gli indicatori oggettivi che evidenziano una progressiva diminuzione della ospedalizzazione dei bambini e dei ragazzi, ma soprattutto una costante diminuzione nel tempo della mortalità nelle sue componenti primarie: natimortalità, perinatale, neonatale, infantile. Una soddisfazione che invece si rovescia in preoccupazione se sotto analisi si pongono i dati relativi ai parti, caratterizzati sempre più nel tempo dal ricorso al taglio cesareo: un uso ben lontano dalle soglie di raccomandazione redatte dall’Organizzazione mondiale della sanità.
Bambini e ragazzi italiani in Europa
Volgiamo lo sguardo ai dati comparativi europei. Fino ad oggi, la disanima che altri studi (Unicef, 2007, 2010; Bradshaw, Richardson, 2009; Oecd, 2009) hanno proposto sul posizionamento del benessere dei bambini italiani in Europa e nei Paesi ricchi non ha dato sempre esiti concordanti, anche se alcuni aspetti emergono ormai con una certa ricorrenza. L’instabilità, a volte la contraddittorietà delle valutazioni, sono naturalmente da collegare in parte ai diversi indicatori presi in considerazione nei vari studi comparativi e in parte ai cambiamenti nel tempo dei dati raccolti nelle diverse rilevazioni sul campo. Credo anche alla differente qualità dei dati associata e raggiunta a ogni rilevazione sul campo. Così, ad esempio, se nell’analisi del 2007, svolta dall’équipe di ricerca dell’Unicef, la situazione italiana si caratterizzava positivamente per la qualità e la frequenza delle relazioni tra genitori e figli, nella ricognizione del 2009, svolta da Bradshaw e Richardson (peraltro coinvolti a diverso titolo nello studio precedente), l’indicatore di sintesi a essa associata faceva scivolare l’Italia al ventesimo posto tra i ventinove Paesi europei presi in considerazione. Difficile pensare che una dimensione del benessere così strettamente legata alle dimensioni culturali e storiche di un Paese possa cambiare in modo radicale nell’arco di tre-quattro anni. Per questo motivo penso che si debbano ancora considerare questi studi, il nostro compreso, come delle sperimentazioni rivolte a fornire in modo progressivo una migliore capacità di avvicinamento ai quesiti posti. Nell’ultimo lavoro citato, peraltro, la situazione italiana appare molto critica su diversi fronti di comparazione con gli altri Paesi. Solo nella dimensione dedicata agli indicatori della sicurezza e del rischio
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Elementi per un quadro d’insieme
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l’Italia riesce a ottenere una posizione soddisfacente, mentre nelle altre sei dimensioni considerate i bambini e i ragazzi italiani appaiono, nel confronto, in una certa difficoltà che solleva diversi interrogativi di rilievo sul loro stato di benessere. Preoccupazioni che invece la pubblicazione del 2007 non sollecitava in forma così estesa. La nostra proposta comparativa, articolata su 44 indicatori di benessere (più 5 di contesto) come si vedrà, offre al riguardo delle immagini in cui convivono performance di rilievo e criticità, anche se sono queste ultime a risultare numericamente più significative. Infatti, mentre su 15 indicatori l’Italia si posiziona nella parte medio-alta delle graduatorie comparative, 22 di questi la collocano nelle posizioni di coda, mentre i restanti 7 la confondono nelle posizioni di mezzo. Nelle prime posizioni si trovano alcuni indicatori associati all’inclusione scolastica, con alti livelli di adesione alla scuola dell’infanzia, a quella primaria e con discreti livelli di passaggio da questa alla scuola secondaria. Altri, relativi all’autovalutazione positiva da parte dei ragazzi del proprio stato di salute, del tempo trascorso con gli amici al di fuori della scuola, dei beni durevoli presenti in casa. Altri ancora associati alle dimensioni della sicurezza, del rischio e del pericolo con bassi livelli di mortalità violente (dovute a traumi, incidenti, suicidi) e contenuti livelli di abortività volontaria. E quest’ultima è la dimensione che in forma ricorrente emerge come meno problematica per l’Italia anche negli studi comparati svolti da Unicef (2007) e da Bradshaw, Richardson (2009). In questo nostro lavoro, le posizioni di coda mostrano una situazione di svantaggio un po’ a “gatto selvaggio”, che pesca in tutte le dimensioni. Ad esempio, vi sono poche possibilità di accesso ai servizi socioeducativi per la prima infanzia (si veda anche Unicef, 2008), pur avendo in Italia, come noto, alcune delle esperienze ritenute dai più tra le migliori al mondo. Su quest’ultimo versante siamo infatti al diciassettesimo posto su venti Paesi europei (quelli che hanno la disponibilità di dati al riguardo). La propensione ad associarsi in gruppi e in particolare in quelli dedicati alle attività di volontariato ci vede rispettivamente al ventiquattresimo e al ventitreesimo posto. Insoddisfacenti sono gli indicatori costruiti sulle dichiarazioni degli intervistati sul proprio peso corporeo e sulla propria obesità (ventiseiesimo e ventitreesimo posto). Nonostante questa dispersione, si riscontrano però alcune persistenze nelle evidenze empiriche rispetto a quanto emerso nelle occasioni di studio già citate. Volendo dare una valutazione sintetica di queste criticità, si potrebbe affermare che le condizioni dei bambini e dei ragazzi italiani, nel confronto comparativo, tendono a caratterizzarsi nel tempo almeno per tre grandi tratti: la marginalità della spesa sociale nazionale rivolta ai bambini e alle loro famiglie; un’accentua-
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zione di alcuni aspetti del disagio scolastico, sia oggettivo che soggettivo; la disuguaglianza interna al Paese delle opportunità di benessere, soprattutto in riferimento a quello materiale. Non è certamente una novità che il nostro Paese fa da decenni i conti con una decisa quanto precisa e persistente scarsa generosità delle politiche di welfare nei confronti dei bambini e delle loro famiglie. Come si potrà constatare leggendo il capitolo 3, i diversi indicatori italiani di spesa si collocano nelle profonde retrovie delle graduatorie europee. Anche l’investimento di spesa rivolto alla costruzione del capitale umano, così importante per la crescita del Paese e per le opportunità dei ragazzi di famiglie povere di sfuggire alla spirale della povertà (Esping-Andersen, 2005), risulta in una posizione medio bassa. Le difficoltà nell’inclusione scolastica si intravedono in alcuni indicatori della dispersione scolastica, quali le ripetenze nelle scuole secondarie oppure il livello di competenze acquisite nella lettura e nelle materie scientifiche. Ma anche, come si è già detto, nel disagio non troppo latente con cui gli studenti italiani dicono di andare a scuola, di essere continuamente sotto pressione per gli impegni scolastici. Il terzo dei punti di criticità italiani su cui si condensano le ricorrenze empiriche notate da altri e ribadite dai risultati ottenuti in questo lavoro è il livello di disuguaglianza interno, il divario territoriale che esiste nel nostro Paese nella distribuzione delle opportunità di vita che attraversano almeno tre diversi ambiti di benessere: materiale, nell’istruzione e nella salute (Unicef, 2010). Il benessere materiale: la quota di povertà relativa che interessa i nostri bambini e ragazzi è una delle più alte tra i Paesi europei; una constatazione che oltre a essere ricorrente nelle diverse rilevazioni appare consolidata anche da altri indicatori relativi alle risorse materiali e agli spazi fisici disponibili nelle abitazioni (Bradshaw, Richardson, 2009; Oecd, 2009). Così accade anche nella distribuzione interna delle opportunità di studio, se sotto la lente d’ingrandimento, come già si accennava, si posizionano i risultati ottenuti circa le competenze nella lettura, nella matematica e nelle scienze. Come accade infine nella distribuzione territoriale delle disuguaglianze di salute. Si tratta di una problematicità che l’analisi comparata della struttura delle opportunità regionali svolta nel quarto capitolo della presente pubblicazione mostra in modo inesorabile. Nelle diverse dimensioni gli indicatori territoriali sintetici del benessere tendono a collocare nelle ultime posizioni delle graduatorie uno stabile gruppo di regioni. Sono queste forme di diseguaglianza che più di altre caratterizzano l’Italia dei bambini e dei ragazzi sia all’interno dell’ambito nazionale, tra le diverse regioni, sia in Europa.
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1. Verso le mappe degli indicatori di Valerio Belotti
1. Quanto “contano” le bambine e i bambini?; 2. Le dimensioni rilevabili del benessere; 3. A partire dalla Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo; 4. Alcune esperienze internazionali; 5. Italia. Oltre una riorganizzazione dei dati esistenti; 6. Italia. Gli obiettivi del progetto nazionale; 7. La ricognizione degli indicatori e la mappa delle dimensioni di senso
1. Quanto “contano” le bambine e i bambini?
A partire da questa domanda diversi ricercatori, a cavallo degli anni ’80 e ’90, si interrogarono sull’invisibilità dei bambini nelle statistiche ufficiali dei diversi Paesi e su quanto questo riflettesse anche le reali condizioni di potere esistenti tra le generazioni all’interno delle diverse società (Jensen, Saporiti, 1992). Non si tratta di un tema da poco. La scarsità di informazioni e di dati che avessero al centro della propria attenzione le diverse fasi del corso di vita, in questo caso anche i bambini, ha sempre costituito un serio ostacolo alla promozione di politiche di welfare adeguate a raccogliere e affrontare le nuove sfide e domande sociali emergenti nella società. Allo stesso tempo, l’assenza di “statistiche bambine” rinsalda uno dei tratti più tipici della condizione dell’infanzia nei Paesi occidentali, cioè la sua “privatizzazione” e “depoliticizzazione” (Leira, Saraceno, 2008): essere una questione circoscritta all’interno della dimensione privata familiare; poter godere dei propri diritti in termini residuali rispetto a quelli degli adulti, in quanto figli più che in quanto cittadini. Così, lungi dall’essere neutrali, sia le statistiche che le politiche di welfare a impronta generazionale indistinta contribuiscono a favorire il mantenimento delle disuguaglianze, principalmente ignorando l’esistenza delle differenze, in questo caso, del corso di vita, ma assumendo una visione più generale, sia del corso di vita sia del genere. È in questo tessuto, nell’intreccio tra queste due dimensioni così centrali nella costruzione della vita quotidiana dei soggetti, che si sono generate negli ultimi anni le nuove domande sociali rivolte a politiche di sostegno della cura e delle obbligazioni di genere e di generazione. Domande non ancora pienamente raccolte dal welfare europeo e dai diversi welfare nazionali (Esping-Andersen, 2005, 2010; Naldini, 2006); in particolare da quello del nostro Paese, come mostrano inesorabilmente, da diversi anni, le statistiche comparative europee. Eppure molto tempo è passato da quando alcuni ricercatori italiani constatavano malinconicamente la scarsità di informazioni e di dati sui bambini e i ragazzi in Italia, ribadendo, in particolare, la necessità
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1. Verso le mappe degli indicatori
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e la legittimità di effettuare indagini specifiche sulla qualità della vita dei bambini (Sgritta, 1988; Saporiti, 1989). Da allora, soprattutto a partire dalla fine degli anni ’90 a oggi, si sono avviate e sviluppate diverse, seppure ancora non numerose, azioni di ricerca sociale sui bambini. Un effetto, tra gli altri, dell’affermazione anche nel nostro Paese degli orientamenti giuridici e culturali della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo del 1989 (d’ora in poi Crc), che ha favorito la nascita e il consolidamento di un forte riconoscimento della soggettività e dell’importanza sociale dei bambini. Si pensi, ad esempio, alle iniziative conoscitive e di analisi seguite all’implementazione delle due leggi del 1997 (la 451 ma soprattutto la 285) sugli strumenti di sostegno alle politiche infantili e sulla promozione dei diritti dell’infanzia, ispirate direttamente dalla volontà pubblica di implementare la Crc. Una convenzione già recepita fin dal 1991, ma poco considerata sia nell’ordinamento nazionale che negli orientamenti di welfare, come ebbe a sottolineare il Committee della Crc stessa nella valutazione del primo rapporto governativo di monitoraggio. Con prospettive di analisi diverse, a volte multidisciplinari, si sono prodotte a livello locale molteplici azioni di ricerca, spesso – anche se non tutte – interessanti e innovative, che hanno avuto come “oggetti” di studio, raramente come “soggetti”, i bambini e i ragazzi. Si è trattato in prevalenza di ricerche di tipo qualitativo, volte spesso a comprendere i nessi e le relazioni tra gli interventi delle politiche e le condizioni generali o specifiche di alcuni segmenti della popolazione infantile e adolescenziale. Anche la produzione statistica ufficiale, che a sua volta contribuisce a creare le forme di rappresentazione ideologica della società, sembra aver finalmente scoperto in questi ultimi anni il bambino come specifico oggetto della propria attenzione, interrompendone in parte la tradizionale invisibilità statistica e il relegamento nei fenomeni strettamente demografici e familiari1. In questo ambito, non si è comunque superato in modo decisivo il divario lamentato a metà anni ’80, a cui prima si faceva riferimento. Parallelamente alla crescita dell’attenzione all’infanzia è sicuramente aumentata la mole di dati statistici disponibili, che però appare ancora lacunosa, nel senso che da un lato non sembra aver concorso a produrre conoscenze sistematiche verso l’infanzia nel nostro Paese, e dal-
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Ci si riferisce ad alcuni specifici moduli dedicati al mondo dell’infanzia delle indagini multiscopo dell’Istat. Per le ultime pubblicazioni si vedano: Belloni, Carriero (2007); Ciccotti, Sabbadini (2007); i rapporti statistici redatti periodicamente dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza: per l’ultima pubblicazione cfr. Ciccotti, Moretti, Ricciotti (2007).
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l’altro sembra non aver intaccato ambiti d’esperienza e di vita quoti- 3 diana di cui si sapeva e si sa poco o nulla. Si sa ad esempio molto sugli aspetti della vita quotidiana dei bambini che sono istituzionalizzati e “normati”, come la scolarizzazione e le varie performance a essa collegate, ma più per esigenze di controllo dell’efficacia e dell’efficienza delle strutture organizzative a esse deputate che per l’analisi del mondo infantile. Allo stesso tempo e per motivi analoghi, le statistiche sociali si concentrano su alcuni aspetti legati alle dimensioni della devianza o della sofferenza, come le statistiche giudiziarie e sanitarie, tralasciando però dimensioni cruciali, come le condizioni dei bambini allontanati temporaneamente dalla propria famiglia oppure, e non è certo compito facile, le situazioni di maltrattamento e violenza verso l’infanzia. In modo particolare, si sa ancora poco della vita quotidiana dei bambini: dei loro desideri, delle loro aspettative, delle loro esperienze di partecipazione sociale, associativa, ludica, formativa. Anche se alcune indagini nazionali ora svolte dall’Istat tendono, come già accennato, a recuperare il ritardo prodotto. Un ritardo che appare del tutto evidente se paragonato alle statistiche e alle indagini a oggi disponibili sugli adulti. Non si tratta certamente di una scelta “ragionata”, ma del semplice fatto che gli impegni e le scelte attuate sia nel campo delle ricerche sia in quello delle indagini statistiche rispecchiano i rapporti di forza e di potere all’interno delle varie componenti della società, per i quali sono poco rilevanti o invisibili le questioni attinenti ai gruppi di soggetti sociali marginali, siano essi i bambini, gli immigrati, i disabili o i giovani. A meno che non diventino delle emergenze a seguito di conflitti sociali o culturali che gli stessi gruppi o le stesse minoranze attive contribuiscono a costruire, anche monopolizzando a volte la comunicazione culturale del periodo. Come è accaduto in parte alle donne2 che, anche a seguito delle riflessioni femministe, hanno messo in forte discussione nei decenni scorsi interi ambiti del sapere scientifico tradizionale e messo in evidenza la marginalità degli studi e delle statistiche di genere (Sabbadini, 2007). Ma i bambini, da questo punto di vista, sono ancor più deboli di altre categorie e gruppi sociali. Non che manchino studi approfonditi riguardanti alcuni ambiti specifici di vita delle bambine e dei bambini, ma ancora non si sono sufficientemente sviluppati fino a oggi quelli orientati a costruire un organico progetto che a livello nazionale e regionale sia in grado di restituire un’immagine, almeno istantanea se non processuale, della
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Per una breve, ma interessante ricognizione sul parallelismo tra i women’s studies e i childhood studies si vedano Alanen (2005) e Mayall (2004, p. 125).
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qualità della vita e del benessere dei bambini. Progetti che in altri Paesi, soprattutto del Nord Europa, sono già stati avviati o sono in fase di avvio e che hanno avuto, intorno alla metà degli anni ’90, un particolare impulso, dato da un nuovo e specifico programma europeo di ricerca, che aveva come oggetti di lavoro proprio la riflessione e la formulazione di nuovi indicatori per il benessere infantile3. A oggi, comunque, a livello internazionale si può contare su un percorso di riflessione e di studi in via di consolidamento che ha puntato in modo deciso a sviluppare specifiche e significative procedure di monitoraggio della condizione e del benessere dell’infanzia. Si tratta di un fenomeno estremamente interessante, che presenta alcuni aspetti di statu nascenti, vista la grande quantità di ricercatori coinvolti e l’enorme produzione, in verità ancora molto variegata, che li contraddistingue, nonché la capacità di produrre comunicazione pubblica attraverso eventi, pubblicazioni e riviste4. D’altra parte, l’assenza di un investimento nazionale nella costruzione di un sistema adeguato di indicatori non può essere superata dall’esistenza di alcune indagini internazionali sul benessere dei bambini, che coinvolgono anche l’Italia come Paese oggetto di monitoraggio. Proprio per mantenere i diversi livelli di comparabilità internazionale, il numero degli indicatori utilizzati in queste occasioni è notevolmente ridotto e, se tali indicatori possono sollevare l’attenzione dei diversi pubblici adulti di governanti e di politici nazionali e internazionali, forniscono tuttavia una fotografia piuttosto sfocata dell’Italia e suppliscono in modo parziale alle carenze accennate (Micklewright, Stewart, 2000; Unicef, 2007; Bradshaw, Hoscher, Richardson, 2007; Currie et al., 2004, 2008; Bradshaw, Richardson, 2009; Unicef, 2010).
2. Le dimensioni rilevabili del benessere
Il concetto di benessere dei bambini è stato fino a oggi utilizzato nelle varie ricerche intraprese secondo modalità che non rinviano a un concetto universalmente condiviso. Esso rimanda sicuramente a un concetto complesso, che varia di senso e di significato sia in funzione
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Il riferimento è all’iniziativa realizzata all’interno dell’European Centre for Social Welfare Policy and Research di Vienna che ha prodotto diversi Eurosocial Report su questi temi: Qvortrup et al. (1994); Moore (1995); Ben-Arieh, Wintersberger (1997); Riepl, Wintersberger (1999). Un’attenzione particolare alle indagini campionarie rivolte ai bambini, anche di tipo longitudinale, si trova ad esempio in Danimarca con il progetto Danish longitudinal survey of youth – children (Dlsy-C), in Irlanda con il progetto Growing up; in Germania con le indagini del Deutches Jugendinstitut (DJI). 4 Produzione che ha dato luogo nel 2006 alla costituzione di un’associazione internazionale di studi sugli indicatori dei bambini (Isci - International society of child indicators) e dal 2008 alla fondazione di una specifica rivista di settore edita da Springer, Child indicators research.
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del contesto spaziale che del periodo temporale in cui viene definito. 5 Non esiste una definizione del benessere che possa prescindere da questi due elementi e per questo motivo essa non può che essere di natura processuale – modificabile nel tempo – e multidimensionale. La sua misurazione deve tener presenti questi diversi aspetti e il peso che presumibilmente essi hanno nella costruzione di un livello misurabile di benessere, variabile nel tempo e nei contesti locali. Ben-Arieh (2008), oggi forse il più rappresentativo esperto e animatore della International society of child indicators (Isci, Associazione internazionale di studi sugli indicatori dei bambini), afferma che negli ultimi anni si è raggiunto un accordo, tra quanti si dedicano a questi studi, su cosa si debba intendere per wellbeing e in particolare sulla sua natura multidimensionale e sul superamento di una concezione che lo vedeva strettamente e unicamente legato alle dimensioni primarie della sopravvivenza. Un accordo che ha prodotto in pochi anni uno spostamento significativo delle prospettive di analisi riportate nelle pubblicazioni statistiche sui bambini nei diversi Paesi del mondo: dalla valutazione dei livelli di sopravvivenza si è passati nel tempo a una valutazione più ampia, legata a dimensioni variegate in cui includere anche le autopercezioni soggettive del proprio benessere (Ben-Arieh, 2006). Nel presente lavoro, che per alcuni versi riprende le riflessioni e i risultati di ricerca promosse dall’Isci, il benessere viene inteso come un processo di costruzione sociale che vede i bambini e i ragazzi sia come protagonisti inseriti all’interno di relazioni sociali e affettive tipiche delle cerchie sociali, soprattutto familiari e dei pari, sia come soggetti inseriti in una struttura sociale e in organizzazioni sociali che possono influenzare in modo rilevante le opportunità di crescita e di sviluppo dei soggetti stessi. Da questa prospettiva, il benessere appare strettamente connesso con il sistema di risorse e di opportunità che i contesti ambientali, relazionali individuali e collettivi costruiscono in modo processuale e non necessariamente in modo incrementale. Per questo motivo, l’analisi del benessere è altrettanto connessa con le riflessioni e le analisi sulla qualità della vita anche se, secondo alcune proposte, il primo termine rappresenta solo una parte del secondo, quella riferita agli aspetti che rimandano alle “condizioni oggettive di vita, misurabili e quantificabili” (Cavaletto, 2007). Ma su quest’ultimo aspetto la discussione non è affatto conclusa e non può passare attraverso una cesura tra gli aspetti oggettivi e quelli soggettivi, soprattutto nello studio del benessere dei bambini, da sempre appannaggio delle valutazioni adulte. Per realizzare una mappa concettuale che lo sostenga occorre invece passare attraverso la cruna dell’intreccio delle dimensioni oggettive e soggettive costruite, queste ultime, a partire dalle stesse dichiarazioni dei bambini e dei ragazzi sui diversi aspetti della loro vita
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quotidiana5. Con la convinzione che la complessità sociale non può essere affrontata attraverso una semplice asimmetria tra struttura sociale “oggettiva” e “soggetti” (Prout, 1997) o in una altrettanto semplice “separazione” tra i dati oggettivi, che influenzerebbero in positivo o in negativo la crescita dei bambini, e la soggettività. La costruzione di indicatori rivolti alla misura di un concetto non può però prescindere dall’esplicitazione di un modello o perlomeno di uno schema concettuale, altrimenti si porrebbe in atto una semplice collezione ragionieristica di dati (Sgritta, 2004). Contemporaneamente, non penso possa esistere un modello “ideale di misure e indicatori” che restituisca concetti complessi come quelli del benessere o di altri simili, come si vuole sostenere in altri casi (Zincone, 2000; Golini, 2006). Ogni costruzione ideale nel campo della misurazione non può fare a meno di fare i conti con il “ragionevole” e “possibile” gruppo o gruppi di indicatori disponibili e costruibili, arrivando a definire se questi possono o non possono essere in grado di avvicinare in modo pertinente il fenomeno in osservazione (Micklewright, Stewart, 2000; Hanafin, Brooks, 2009).
3. A partire dalla Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo
I processi sociali più solidi che nel corso degli ultimi due decenni possono essere indicati come fattori di sviluppo, sia su scala locale che sovranazionale, delle attività di monitoraggio della condizione sociale dei bambini, basate su indicatori, sono principalmente quattro: l’emergere, nelle scienze sociali, della consapevolezza che il bambino è un soggetto competente in relazione con altri (adulti e bambini), con i quali partecipa alla costruzione sociale della realtà di vita quotidiana (Ugazio, 2002; Censi, 1998; Corsaro, 2003; James, Jenks, Prout, 2002); l’affermarsi del bambino come soggetto di diritto, sancito in particolar modo dalla Crc (Moro, 1991; Belotti, Ruggiero, 2008); la definizione dell’infanzia come elemento strutturale permanente della società (Qvortrup, 1991, 1999); l’inserimento, seppur timido, dell’infanzia nelle agende politiche, con il conseguente sviluppo di nuovi servizi e interventi a essa dedicati (Leira, Saraceno, 2008).
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Che i bambini abbiano una rappresentazione diversa da quella dei loro genitori in merito agli aspetti più importanti o meno importanti della loro vita quotidiana è ormai abbastanza riconosciuto. Basta a tal proposito vedere i risultati a cui pervengono le indagini sui consumi familiari intervistando i genitori o i figli: spesso le rappresentazione del peso che hanno i bambini nell’orientare i consumi familiari divergono in modo sostanziale (Gram, 2007; Blichfeldt et al., 2010). Rispetto alle idee e le rappresentazioni che i bambini hanno nei confronti della qualità della loro vita si possono vedere le iniziative sviluppate dall’Universal Education Foundation, in particolare la survey analizzata in Awartani, Vince Whitman, Gordon (2007).
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Buona parte degli esperti che fino a oggi si sono interessati alla 7 costruzione di indicatori riguardanti l’infanzia hanno mostrato particolare attenzione alla Crc per diversi motivi: prima di tutto perché fa riferimento al tema della dignità umana senza discriminazione alcuna, almeno per la gran parte delle dimensioni e diversità che interessano i bambini del pianeta 6; inoltre, perché essa investe i diversi ambiti di vita dei bambini e copre in modo esauriente un insieme di diritti interdipendenti; infine, perché la Crc rappresenta ormai il testo (giuridico, ma non solo) più diffuso e universalmente accettato nel definire i diritti dei bambini e le forme istituzionali, seppur blande e simboliche, della verifica della loro effettività (Alston, Tobin, 2005). Mettere in campo il tema della dignità umana dei bambini per la definizione del benessere significa soprattutto rifarsi ai concetti di capacità proposti da Sen (1986) e ripresi da Nussbaum (2002). Concetti “esigenti”, che prevedono un’articolazione di più dimensioni costitutive del benessere, che richiedono lo sviluppo contemporaneo delle diverse capacità dei bambini, che non si fermano allo sviluppo delle capacità di semplice sopravvivenza e che negano la supremazia di un gruppo di diritti e capacità rispetto a un altro. Che, in particolare, puntano l’attenzione alle presenti e concrete esperienze di vita che i bambini stanno vivendo e non, o non solo, alla loro utilità per la società del futuro. Così, il perseguimento di buone performance scolastiche non può essere disgiunto dal rispetto della dignità dei bambini, dal loro coinvolgimento nella costruzione delle modalità con cui questi obiettivi si raggiungono e dall’ascolto delle loro esigenze e delle loro particolarità. Così come in una famiglia in cui le relazioni tra i membri sono compromesse, l’esito non può essere sempre e solo il semplice allontanamento del bambino senza un progetto di ricostruzione di queste relazioni, oppure, nelle situazioni più estreme, il semplice collocamento del bambino in una situazione certamente protetta, ma impersonale e non caratterizzata da significative relazioni fiduciarie, familiari o di tipo familiare. In un’ottica di contemporaneità, il raggiungimento di un fine deve accompagnarsi a una riflessione sui metodi con cui questo obiettivo si raggiunge. Modalità che devono rispondere anch’esse al principio del rispetto dei diritti dei bambini e al riconoscimento della loro soggettività e della loro capacità di contribuire alla costruzione quotidiana della realtà insieme agli adulti.
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Per una richiesta di riformulazione della Crc su questi aspetti si veda, ad esempio, Freeman (2000).
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Come noto, per quanti si occupano di diritti umani e di politiche a favore dell’infanzia e l’adolescenza, la Crc rappresenta il frutto di decenni di lavoro scaturiti in un documento adottato pressoché da tutti i Paesi del mondo come norma di legge (Cantwell, 1992). Ma oltre al suo valore nell’ambito dei diritti umani e in quello giuridico, la Crc ha rappresentato e rappresenta un manifesto culturale che è riuscito negli anni a coagulare intorno a sé l’attenzione e il lavoro di organizzazioni e istituzioni che a livello nazionale e internazionale operano per l’affermazione dei diritti dell’infanzia. Contemporaneamente, un fatto questo decisamente insolito per una convenzione, la Crc ha costituito un punto di riferimento decisivo per lo sviluppo, nei contesti nazionali e internazionali, delle ricerche sull’infanzia (Jenks, 1999). A differenza di altri documenti internazionali precedenti, la Crc non solo riconosce diritti alla tutela garantiti dagli adulti, ma veri e propri diritti soggettivi positivi, centrati sul diritto all’ascolto e il diritto alla partecipazione (partecipation), intorno ai quali assumono senso e significato – per molti almeno, anche se la Crc stessa lo esplicita in forma non diretta (Bosisio, 2006) – anche gli altri diritti orientati alla protezione (protection) e all’accesso e alla disponibilità di servizi e beni materiali (provision). La Crc appare un riferimento importante per lo studio del benessere perché propone una prospettiva che va al di là delle mere esigenze, spesso enfatiche, di protezione che la moderna società adulta tende sempre di più a definire e standardizzare. Inoltre, perché propone una stretta interdipendenza tra diritti positivi, orientati al riconoscimento del bambino come soggetto competente, produttore di cultura e di relazioni, e diritti di protezione come la cura e la rappresentanza d’interessi. Infine, perché considera i diritti dell’infanzia da diverse prospettive e propone una forte interconnessione tra i diritti civili e politici e i diritti economici, sociali e culturali. Partire da un approccio orientato ai diritti umani significa, come in parte già affermato, ribadire che il concetto di benessere deve avere necessariamente una declinazione di tipo multidimensionale e di tipo ecologico, coinvolgente i diversi aspetti che caratterizzano la vita dei bambini, la loro quotidianità, nella quale questi costruiscono processualmente la propria biografia e le proprie reti di relazione. Significa anche, “naturalmente”, considerare l’infanzia come fase del corso di vita in sé, una fase autonoma e interdipendente con altre fasi e non in una prospettiva orientata al futuro, basata principalmente sul modello di sviluppo in cui il bambino appare sostanzialmente un soggetto “oggetto” da socializzare all’ambiente e preparare alla vita adulta (Ben-Arieh, 2003).
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4. Alcune esperienze internazionali
Basta scorrere i diversi numeri della rivista Child indicators research 9 per avere una sensazione di quanto oggi il cosiddetto movimento per gli indicatori del benessere dei bambini abbia preso piede in diverse aree del nostro pianeta e stia producendo una discreta varietà di studi articolati secondo specifiche esigenze di conoscenza e di policies. Seguendo in parte le proposte di Ben-Arieh (2003, 2008, 2010) sono diverse le caratteristiche che accomunano gli studi realizzati, alcune di queste già prese in considerazione in precedenza: a) l’unità di osservazione sono i bambini stessi e non altri soggetti sociali come la famiglia oppure i genitori se non gli insegnanti; b) l’attenzione è verso gli aspetti del benessere e non solo degli aspetti acquisitivi o della sopravvivenza oppure del malessere; c) questi ambiti sono rivolti soprattutto alla vita presente e non solo all’acquisizione di una futura posizione sociale nella fase adulta del corso di vita; d) nei diversi domini di interesse sono inclusi ambiti relativi alla vita quotidiana e non solo quelli relativi ai percorsi scolastici e sanitari; e) l’inclusione riguarda anche indicatori soggettivi come le rappresentazione del proprio benessere, derivanti da opinioni e dichiarazioni provenienti dai bambini stessi. Diversi e articolati sono però i modi e gli obiettivi in cui gli esperti traducono questa omogeneità di fondo. Per valutare la situazione prenderò in considerazione i seguenti studi: a) la seconda analisi svolta dall’Unicef (2010) sulle disuguaglianze nel benessere; b) lo studio dell’Oecd (2009) sul benessere nei Paesi membri; c) il quadro comparativo sul benessere nei Paesi europei svolto da Bradshaw e Richardson (2009); d) la proposta della Fcd che nasce dalla Duke University e che da diversi anni propone due versioni di un indice generale sul benessere dei bambini negli Stati Uniti (Land, Lamb, Zeng, 2009); e) l’esperienza dell’America’s children index (Moore et al., 2007); f) infine le elaborazioni di microdati derivanti dall’indagine campionaria periodica sulle famiglie statunitensi (Moore et al., 2007). Tutte queste esperienze si basano sull’individuazione di alcuni grandi domini in cui collocare indicatori tra loro omogenei nel definire il senso del dominio stesso. Non esistono però scelte condivise; come si può notare dalla tavola 1, il numero dei domini o delle dimensioni varia da un minimo di tre a un massimo di sette. La loro variazione è solo in parte da imputare ai dati disponibili ai ricercatori e in alcuni casi la ristrettezza nel numero dei domini è determinata da una scelta di qualità degli indicatori utilizzati e dal rapporto di assegnazione tra questi e il dominio in cui sono inseriti. È il caso dell’esperienza realizzata all’interno dell’Unicef, che da un primo studio del 2007, basato su otto dimensioni, è approdata a quello del 2010, basato esclusivamente su tre dimensioni formate da pochissimi indicatori considerati dai ricercatori più significativi di quelli utilizzati in precedenza e maggiormente capaci di restituire i concetti del benessere che si volevano misurare.
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Tavola 1 - I domini del benessere e il numero di indicatori complessivo utilizzati in sei diversi studi ed esperienze Unicef (2010)
Oecd (2009)
Bradshaw, Richardson (2009)
1. Benessere 1. Benessere 1. Salute (10) materiale (3) materiale (3) 2. Abitazione e 2. Benessere 2. Benessere ambiente (2) nell’istruzione (3) soggettivo (4) 3. Benessere 3. Benessere nella 3. Relazioni sociali nell’istruzione (3) salute (3) (3) 4. Salute e sicurezza (8) 5. Comportamenti a rischio (3) 6. Qualità vita scolastica (2)
4. Benessere materiale (7) 5. Sicurezza e rischio (9) 6. Istruzione (6) 7. Abitazione e ambiente (4)
(9 indicatori)
(21 indicatori)
(43 indicatori)
Fcd-Land index (2009)*
America’s children index (2009)**
1. Benessere materiale (4) 2. Salute (6)
1. Benessere materiale (5) 2. Salute (9)
3. Comportamenti a rischio (6)
3. Comportamenti a rischio (11)
4. Relazioni sociali 4. Istruzione (11) (2) 5. Risultati scolastici (2) 6. Inclusione sociale (5) 7. Benessere emotivo e spirituale (3) (28 indicatori)
(36 indicatori)
Nsaf (2002)*** 1. Salute (3) 2. Benessere e istruzione (5) 3. Sviluppo emotivo e sociale (9) 4. Relazioni familiari (7) 5. Condizione sociodemografica a rischio (5)
(29 indicatori)
*http://www.soc.duke.edu/~cwi/section_h.html **http://www.childstats.gov/americaschildren/index.asp *** Moore et al. (2007)
Al di là dei nomi convenzionali attribuiti agli insiemi di indicatori presenti nella tavola, nei diversi quadri comparativi appaiono pressoché sempre i domini riservati alla valutazione dello stato di salute, a quello del benessere materiale, alle performance scolastiche e alle condizioni di rischio e sicurezza. Ambiti in cui sono sempre presenti nei Paesi analizzati vari dati di base raccolti per esigenze amministrative e di monitoraggio dei servizi, non certo per la rilevazione del benessere. Anche il numero degli indicatori che compongono le diverse dimensioni varia a seconda della disponibilità dei dati di base e delle scelte dei ricercatori. Il numero minore, come anticipato, è presente nello studio Unicef (9 indicatori), mentre invece è lo studio comparativo tra i diversi Paesi europei a presentarne il numero maggiore (43). In questa scelta pesano, come in precedenza, sia le scelte dei ricercatori sia la disponibilità degli indicatori stessi e la loro attinenza agli obiettivi del lavoro comparativo. L’utilizzo di indicatori soggettivi, cioè derivanti da giudizi e opinioni espresse direttamente dai soggetti in riferimento alle loro condizioni di vita o al grado di soddisfazione su alcuni aspetti della loro quotidianità, è presente in tutte le rilevazioni. Un uso che appare molto parsimonio-
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so nei casi delle proposte dell’Unicef e dell’Oecd. In particolare, lo stu- 11 dio dell’Unicef fa riferimento alle dichiarazioni sul proprio stato di salute rilasciate dai ragazzi intervistati nelle periodiche indagini dell’Hbsc (Health behaviour in school-aged children) promosse dall’Organizzazione mondiale della sanità. Nel caso di Fcd e di Nsaf si fa ricorso ad alcune risposte valutative dei giovani sul proprio benessere emotivo e spirituale. Nella proposta dell’America’s children index e di Nsaf, vengono utilizzate anche le dichiarazioni degli intervistati per alcuni comportamenti considerati a rischio e connessi all’uso di tabacco, alcol e droghe. Bradshaw e Richardson sono invece gli autori che più di altri fanno ricorso alle dichiarazioni derivanti da interviste, tanto che propongono una dimensione esplicitamente dedicata al benessere soggettivo e una dedicata alla qualità delle relazioni in famiglia e tra i pari 7. Due sono le domande finali alle quali la maggior parte di questi studi tende a rispondere ed entrambe sono connaturate agli studi comparativi che utilizzano indicatori statistici mutevoli nel tempo. La prima ha a che vedere con l’intento di capire in quali aree territoriali i bambini stanno meglio o stanno peggio in riferimento a un valore medio o mediano della distribuzione complessiva degli indicatori o degli indici sintetici elaborati per ogni dominio o per tutti i domini. Una risposta a cui si giunge attraverso diversi metodi statistici di costruzione degli indici, peraltro non ancora condivisi tra gli esperti, i cui valori permettono lo sventagliamento delle diverse aree territoriali sui domini analizzati. La seconda domanda si può ricordare utilizzando quanto già proposto a fine anni ’90 ai ricercatori della Fcd: «Ora abbiamo molti indicatori (letteralmente decine) che interessano i bambini degli Stati Uniti, ma non riusciamo a capire se complessivamente stanno meglio o peggio di prima. Si può fare qualcosa al proposito?» (Land et al., 2007; Land, Lamb, Zeng, 2009). Per arrivare a questo occorre necessariamente passare attraverso la costruzione di indici riassuntivi in grado, nelle intenzioni, di restituire la situazione complessiva del benessere dei bambini a una certa data. Ad esempio, proprio la Fcd elaborò a suo tempo una proposta, condivisa tra diversi esperti, dei 28 indicatori articolati in sette dimensioni di senso (indicate nella tavola 1) ritenute cruciali nel monitorare la condizione dei bambini e dei giovani negli
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Curioso che Richardson sia coautore non solo della proposta comparativa europea, ma anche del lavoro dell’Oecd ed esperto della proposta dell’Unicef, in questo ultimo caso accanto a Bradshaw. Proposte che presentano un insieme diverso di domini e di indicatori non giustificabile semplicemente dalla diversa disponibilità territoriale dei dati di base. Un elemento che indica quanto questi studi, seppur ormai avviati, siano ancora in una fase di sperimentazione e che nel breve periodo non si possano attendere grandi miglioramenti nonostante l’entusiasmo generato dal rapido sviluppo degli studi sul benessere.
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Stati Uniti. A partire da questo numero ristretto di indicatori, la Federazione poté costruire, anche retrospettivamente, un indice sintetico e non pesato di benessere (Cwi). Questo è aggiornato di anno in anno e attualmente presenta una serie storica dal 1975 al 2009, scomponibile in ognuno dei domini e per alcune categorie, come il genere e l’“etnia”. Successivamente è stata creata una nuova versione ampliata (expanded Cwi) con altri 44 indicatori, in modo da poter accogliere nuove rilevazioni di dati e permettere il calcolo dell’indice sintetico per tre diversi gruppi di età (0-5 anni; 6-11; 12-17). Inoltre, sulla scorta dell’esperienza elaborata all’interno della Fcd, la Casey Foundation aggiorna a sua volta il proprio indice Kids Count basato su 10 indicatori nazionali, disponibili per 50 Stati membri dell’Unione, per i quali vengono evidenziati i principali mutamenti intervenuti nel periodo di tempo preso in considerazione (Casey Foundation, 2009)8. Anche in questo secondo caso, come nel primo, non si è ancora arrivati a un accordo tra gli esperti per la costruzione degli indici sintetici e in alcuni casi procedure diverse producono indici sintetici diversi (Ben-Arieh, 2008; Moore et al., 2007; Bradshaw, Richardson, 2009). L’utilizzo ancora incerto degli indici sintetici solleva un problema di legittimità dei due quesiti appena proposti. Quanto è possibile interrogarsi sulla condizione dei bambini in un Paese attraverso procedure di tipo statistico basate su dati individuati e raccolti non in funzione ottimale della costruzione di un indice complessivo, ma derivanti dai dati prodotti con procedure finalizzate ad altri scopi? L’idea di poter racchiudere in uno o pochi dati riassuntivi una condizione di un gruppo sociale proviene spesso più da ambienti politici che scientifici. Sono i decisori politici piuttosto che i grandi sostenitori dei diritti dei bambini all’interno della società civile che chiedono di sapere quanto le diverse situazioni dei bambini migliorino o peggiorino nel tempo e quanto queste siano diverse tra i diversi gruppi sociali e tra le diverse regioni. Eppure i quesiti hanno un senso anche in campo scientifico, ma con ogni probabilità non vi si può rispondere loro con il trattamento di dati e indicatori non appositamente individuati allo scopo. La sfida, non da poco, sta quindi nella costruzione e nella scelta di indicatori frutto di valutazioni congiunte tra i diversi attori in campo, decisori politici compresi. Tenendo però conto della fattibilità dei processi individuati; senza quindi arrivare a soluzioni pur interessanti, ma estreme come sembra sia il percorso proposto in sede internazionale dall’Agenzia per i diritti fondamentali (Fra, 2009; Stalford, Sax, 2008).
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Per una puntuale ricognizione sulle principali esperienze dei metodi di costruzione e di calcolo del benessere dei bambini negli Stati Uniti attualmente in uso, si veda: Moore et al. (2007).
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5. Italia. Oltre una riorganizzazione dei dati esistenti
In Italia sono ora disponibili diverse informazioni statistiche rior- 13 ganizzate dal “punto di vista” dei bambini e si realizzano periodicamente alcune rilevazioni su particolari aspetti della condizione dell’infanzia da parte dell’Istituto nazionale di statistica. Ciononostante, non si tratta di veri e propri lavori orientati alla costruzione di un’immagine coerente della condizione e del benessere dell’infanzia nel Paese. Si tratta piuttosto – e non è certo poco – di interessanti e utili approfondimenti, che nel primo caso offrono diversi spezzoni di immagine tra loro giustapposti e nell’altro illuminano aspetti della vita quotidiana poco presenti nelle indagini istituzionali, anche rispetto a quelle promosse in altri Paesi europei (uso del tempo, partecipazione, relazioni familiari e tra pari...). La mancanza di una strategia coerente di indagini dirette non è indifferente rispetto alle rappresentazioni dell’infanzia prevalenti nelle sfere pubbliche (Belotti, 2005; Riva, 2007; Istituto degli Innocenti, 2007). La riorganizzazione dei dati pensati per scopi particolaristici e la loro riproposizione favorisce a volte (non certo per volontà dei curatori esperti, ma forse per eccessivo rispetto verso le statistiche istituzionali comunque ripubblicate) equivoci eclatanti nell’interpretazione dei dati offerti, come ad esempio quelli relativi ai bambini scomparsi, erroneamente riconducibili alle statistiche amministrative desunte dalle denunce alle forze dell’ordine, ma che ben poco sono in relazione con il fenomeno, oppure quelli relativi ai bambini in difficoltà con la propria famiglia presi in carico dai servizi sociali e desunti dai provvedimenti censiti dalle statistiche giudiziarie che, in alcuni casi, presentano alcuni problemi di attendibilità9. I cambiamenti istituzionali intervenuti a inizio decennio con la riforma del titolo V della Costituzione hanno contribuito, fra altri fattori, a generare forti ritardi e incomprensioni nello sviluppo di un piano organico di sistemi informativi regionali, che pur avevano ricevuto un impulso di tutto rispetto dalla “nuova” stagione di politiche per l’infanzia e l’adolescenza avviata in quegli anni e sostenuta con le disponibilità finanziarie previste con la legge 451/199710. Principalmente per questo motivo, a livello locale o perlomeno regionale, la disponi-
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Nonostante il gran peso periodicamente assegnato dai media alle denunce dei bambini scomparsi è noto, tra gli esperti ma anche nelle stesse forze dell’ordine, che queste non sono, se non parzialmente, da mettersi in relazione al fenomeno dei rapimenti. Meno nota è invece la fragilità di alcune statistiche giudiziarie come quelle relative ai provvedimenti di affidamento familiare per via giudiziaria. 10 La legge prevedeva la messa a regime in ogni regione di un sistema di rilevazione unitario di dati e informazioni sui bambini e gli adolescenti. Le risorse economiche messe inizialmente a disposizione per questo progetto sostennero la nascita di alcuni “centri” o “osservatori” regionali specificatamente dedicati all’infanzia. Per una rassegna sull’attuale stato di queste iniziative nelle varie regioni italiane si veda Belotti (2008).
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1. Verso le mappe degli indicatori
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bilità di dati per alcuni versi diventa più problematica, anche se esistono situazioni fortemente differenziate. La problematicità aumenta se si considera che anche le pur vaste indagini nazionali sugli aspetti della vita quotidiana hanno una bassa capacità di restituire, in senso statistico, le diverse situazioni regionali e infraregionali. Esistono comunque delle situazioni locali che possono considerarsi interessanti dal punto di vista della dotazione di sistemi di informazione statistica, nati o sviluppati soprattutto in relazione alle nuove competenze nel campo sociale e sociosanitario riconosciute alle amministrazioni regionali con la detta riforma costituzionale. In particolare, alcune amministrazioni regionali hanno sviluppato originali e accurate banche dati nei settori sia dell’assistenza sia della promozione dell’infanzia, adottando come unità di osservazione diretta i bambini e i ragazzi. A livello territoriale prevalgono comunque le zone d’ombra sulle “buone pratiche”: diverse amministrazioni regionali non hanno una propria produzione di dati e informazioni statistiche e, occorre riconoscere, proprio in assenza di strumentazioni e riflessioni condivise a livello nazionale ancora non si sono prodotte delle analisi e delle riflessioni sistematiche sulla condizione dei bambini e sui metodi con cui monitorarne in modo adeguato il miglioramento, il peggioramento oppure la stabilità nel tempo11.
6. Italia. Gli obiettivi del progetto nazionale
La proposta del presente lavoro non sta nell’indicare una ricerca specifica per l’individuazione e la successiva realizzazione di indicatori della condizione e del benessere dell’infanzia in base a un modello interpretativo definito da cui far discendere la progettazione e la costruzione di indicatori appropriati. Tale possibilità è naturalmente accattivante e innovativa, soprattutto se costruita con i bambini stessi, esperti della loro vita, ma non può che essere un obiettivo di lungo periodo, da perseguire da subito12, per ora non alternativo ad altre
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In effetti esiste un’interessante eccezione a questa norma che però nel tempo si è spenta rimanendo comunque ancora per certi aspetti un punto di riferimento per lo sforzo multidisciplinare che l’ha sostenuta. Ci si riferisce ai quattro volumi della ricerca coordinata da Bertolini e Cardarello La qualità della vita infantile in Emilia-Romagna, esaminati in modo congiunto in Bertolini (1992). Invece, per l’analisi del benessere dei bambini in un’area regionale condotta sulla base di indicatori si può vedere Belotti (2007). 12 Su questo versante si rimanda ad alcune riflessioni ed esperienze specifiche e interessanti quali: Casas (2000); Ben-Arieh, Ofir (2002); Fraser (2004); Fattore, Mason, Watson (2009); Funky Dragon (2007). Rimanendo in Italia, un tentativo per via qualitativa di far emergere la prospettiva dei bambini relativamente al concetto di “qualità della vita” è stato condotto con alcuni risultati interessanti da Mazzoni (2009).
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strade oggi percorribili. Qui, molto più realisticamente, si è adottata la 15 strada di una ricerca accurata dei dati e delle informazioni statistiche oggi disponibili alla consultazione, capaci di soddisfare, in diverso grado e quindi anche in modo parziale, lo schema interpretativo delle dimensioni del benessere dei bambini proposto dalla Crc. Con l’obiettivo di costruire un sistema di indicatori finalizzato alla conoscenza delle diverse condizioni sociali dell’infanzia in Italia e nelle regioni italiane orientato, per quanto possibile, al sostegno e alle decisioni di specifiche politiche di welfare finalizzate alla promozione di migliori condizioni di vita per le generazioni più giovani. A partire dalle considerazioni fin qui svolte, si è dato avvio a un progetto nazionale di costruzione delle mappe degli indicatori sulla condizione e sul benessere dei bambini italiani. Ad oggi sono quattro gli obiettivi principali del progetto: a) effettuare e aggiornare nel tempo una ricognizione sugli indicatori statistici disponibili nell’ultimo decennio sui bambini in Italia e proporre una loro aggregazione in dimensioni di senso, sensibili ai principi dei diritti umani dei bambini enunciati nella Crc e in linea con la riflessione svolta a livello internazionale; b) rendere possibile una lettura retrospettiva dei dati nazionali organizzati in questo modo; c) per quanto possibile posizionare l’Italia all’interno dei dati riguardanti gli altri Paesi europei; d) costruire una misurazione comparativa del benessere a livello regionale.
7. La ricognizione degli indicatori e la mappa delle dimensioni di senso
La base dati presa in considerazione per effettuare la ricognizione dei dati e degli indicatori disponibili è quella sviluppata e periodicamente aggiornata ormai da un decennio dal Centro nazionale, a partire dalla continua selezione effettuata sulle fonti statistiche di provenienza istituzionale quali l’Istat e il sistema informativo statistico nazionale, i sistemi informativi dei ministeri, gli organismi internazionali quali l’Ocse, l’Oms, il Centro nazionale stesso. Altri dati e informazioni provenienti da sondaggi e da indagini, prevalentemente caratterizzati da una contenuta numerosità campionaria, non sono stati presi in considerazione per assicurare la migliore aderenza possibile agli obiettivi previsti da questo progetto. I dati e gli indicatori selezionati in questa ricognizione dovevano soddisfare alcuni criteri. Quello più importante e dirimente è che questi devono riferirsi direttamente (e non indirettamente) ai bambini come unità elementari delle osservazioni, delle misure disponibili e non genericamente alle famiglie o ai gruppi familiari e ancor meno alle comunità di appartenenza (ad esempio: povertà dei bambini o delle famiglie con figli minorenni e non tout court delle famiglie; o, ancora, povertà dei bambini intesi come singola unità d’analisi e non delle loro famiglie che possono contare al proprio interno anche più di un
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1. Verso le mappe degli indicatori
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bambino). Bambini qui intesi in senso estensivo e quindi tutti i soggetti da 0 a 17 anni, i cosiddetti minori d’età. Un secondo criterio si riferisce all’inclusione, nel novero degli indicatori, non solo delle informazioni riguardanti particolari situazioni di disagio dei bambini, tradizionale fonte di approvvigionamento dei sistemi informativi legati all’erogazione dei servizi di welfare, ma anche di informazioni “positive”, riferite all’agio e agli aspetti della vita quotidiana, almeno per quanto questi fossero di pertinenza delle fonti già indicate. Un terzo criterio riguarda l’inclusione nella selezione sia degli indicatori cosiddetti oggettivi, provenienti quindi da rilevazioni amministrative e contabili riguardanti oggetti misurabili (come le spese e le prestazioni, ad esempio), sia dati di tipo soggettivo, provenienti da specifiche indagini dedicate (Istat, Oms e Ocse) in cui i bambini avessero avuto la possibilità di esprimere il loro punto di vista, come del resto raccomanda uno dei principi fondanti la Crc. Infine, il criterio di “fedeltà” e “validità” possibile tra la specifica informazione selezionata e il concetto o aspetto della condizione dei bambini che l’indicatore restituisce sotto forma di misura (Zajczyk, 1997). Un’operazione che ha permesso di eliminare dalla cernita diversi indicatori ritenuti poco appropriati nonostante la loro provenienza da fonti istituzionali. Nella selezione degli indicatori una particolare attenzione è stata rivolta all’individuazione e alla considerazione di dati riferiti al genere e alla nazionalità dei bambini, nonché all’inclusione di quelli disponibili su base territoriale infranazionale. La ricomposizione degli indicatori così individuati è stata realizzata all’interno di una struttura di senso costituita da dimensioni o domini che fosse contemporaneamente sensibile, come argomentato in precedenza, sia alla prospettiva basata sui diritti dei bambini e sulla loro dignità di esseri umani (theory-driven development) sia alla effettiva disponibilità degli indicatori selezionati (data-driven development), in modo da non limitare i risultati che un’adozione teorica di tutti i principi fondativi della Crc avrebbe necessariamente provocato (Hanafin, Brooks, 2009). Ma sensibile anche a una prospettiva policy-driven development, cioè a indicatori riferiti ai servizi di welfare rivolti ai bambini e ai rispettivi temi legati all’agenda politica. In questo modo e sulla scorta di altre esperienze similari (Micklewright, Stewart, 2000; Unicef, 2007; Bradshaw, Hoscher, Richardson, 2007; Ireland. Office of the Minister for Children and Youth Affairs, 2008; Currie et al., 2004, 2008; Bradshaw, Richardson, 2009) si sono costruite le seguenti nove dimensioni: 1) relazioni e legami: in questo dominio si sono raccolti gli indicatori che indicano la robustezza o la fragilità delle relazioni familiari e tra i pari;
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2) benessere/deprivazione materiale e culturale: fanno parte del domi- 17 nio la misurazione della povertà relativa delle famiglie con bambini piccoli, i consumi culturali, le attività ricreative; 3) benessere soggettivo: gli indicatori collocati in questo dominio provengono tutti da indagini campionarie e si basano sul benessere e sulla salute percepiti dagli intervistati; 4) partecipazione sociale: si riferisce agli indicatori relativi alle relazioni associative e politiche; 5) salute: si tratta di una mole notevole di indicatori provenienti sia dalle strutture sanitarie sia da dichiarazione dei bambini e dei ragazzi in riferimento alla propria alimentazione ed attività fisica e sportiva; 6) inclusione scolastica: sono gli indicatori relativi alle diverse performance offerte dai soggetti in ambito scolastico (scolarità, dispersione scolastica…) e alla facilità o meno di accesso ai servizi da parte dei cittadini misurata sui tempi e sulla distanza necessaria a raggiungerli; 7) sicurezza e pericolo: si sono qui raggruppati i comportamenti al limite rispetto all’uso di tabacco, alcol e droghe, nonché i comportamenti ritenuti violenti, i reati e le azioni di autolesionismo; 8) diffusione e uso dei servizi: si tratta di un dominio formato da indicatori di prestazione dei diversi servizi rivolti ai bambini e ai ragazzi e alla spesa dei Comuni per le attività inerenti; 9) struttura sociale: si tratta del dominio riservato agli aspetti sociodemografici, tra cui le forme familiari, la natalità, la fecondità e la presenza di stranieri. A loro volta queste dimensioni, sempre secondo il criterio sensibile al rispetto dei diritti dei bambini e orientato ai dati, sono state articolate in 39 sottodimensioni. Gli indicatori utili a rappresentare le dimensioni sono complessivamente 337. Gli indicatori utilizzati sono stati suddivisi in due categorie: di solo contesto e di benessere. Gli indicatori di solo contesto derivano da dati da cui non si possono far discendere interpretazioni sulla loro capacità di restituire informazioni sullo “stare bene” o “male” dei bambini. Sono soprattutto indicatori di tipo demografico, ma non solo. Si sono considerati invece indicatori di benessere quelli che restituiscono informazioni valutabili come il tasso di povertà dei bambini, il tasso di ospedalizzazione, i tassi di utilizzo dei servizi educativi per la prima infanzia, l’autopercezione del benessere soggettivo. In questo modo si sono individuati 209 indicatori di benessere e 128 di solo contesto.
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1. Verso le mappe degli indicatori
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L’elenco dettagliato delle dimensioni, delle sottodimensioni e dei singoli indicatori utilizzati, corredati da una descrizione sintetica, dalle informazioni sulla loro caratteristica (di benessere o di solo contesto), dalla fonte della quale sono desunti, dalla periodicità e dalla natura (campionaria o censuaria) della rilevazione, dal livello di disaggregazione territoriale in cui sono disponibili è nell’Appendice 1. Un’immagine della mappa complessiva, riferita solo alle dimensioni di senso utilizzate, alla caratteristica degli indicatori, nonché alla disponibilità su base regionale degli stessi, è riportata nella figura 1. Sono tre le diversità che contraddistinguono la costruzione della mappa italiana rispetto a quelle utilizzate in altri contesti nazionali e internazionali e a cui in parte, come già indicato, si è fatto riferimento. La prima è il ricorso a una messe di indicatori di discrete dimensioni, frutto di un lungo e riflessivo lavoro svolto all’interno del Centro nazionale, che ha permesso di evitare l’usuale e inevitabile povertà del numero di indicatori utilizzati in sede internazionale. La seconda si riferisce al peso dato agli indicatori riferiti alle politiche o meglio agli indicatori in relazione alla dimensione di provision sollecitata dalla Crc. Per questo si è costruita una dimensione interamente dedicata ai servizi rivolti ai bambini, separata dalle dimensioni più individuali del benessere. Ad esempio, come si vedrà, si sono considerate la diffusione dei servizi scolastici, di quelli sanitari, socioeducativi, di protezione. La terza diversità è che non si tratta solo di una mappa orientata al benessere, ma costituita dai dati di contesto, inclusiva degli indicatori che prendono in considerazione l’infanzia come fase del corso di vita in sé, come struttura sociale ed elemento permanente della società moderna e della tarda modernità. Come si può notare da uno sguardo alla figura 1, gli indicatori si distribuiscono in modo disomogeneo all’interno delle diverse dimensioni di senso. Accanto ad alcune dimensioni composte da un solido corpo di indicatori (ad esempio, l’inclusione scolastica formata da 57 indicatori oppure la spesa, diffusione e uso dei servizi con 63), se ne trovano altre meno ricche di informazioni come la partecipazione sociale (8) oppure il benessere soggettivo (17). Un evidente riscontro della strutturazione dei sistemi informativi che caratterizzano il nostro sistema amministrativo, ma anche un segno delle priorità di rilevazione e indagine, nonché delle culture di questi sistemi esperti sui bambini, che contraddistinguono il sistema statistico nazionale. Va aggiunto che già di per sé questa particolare dispersione degli indicatori nelle dimensioni individuate può costituire, in parte già costituisce, un elemento di riflessione e di stimolo per i decisori politici e per quanti hanno responsabilità di scelta nella programmazione delle indagini e soprattutto, nella costruzione dei sistemi informativi relativi ai servizi.
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Figura 1- Mappa generale dei domini e degli indicatori della condizione e del benessere dei bambini e dei ragazzi in Italia al dicembre 2010
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1. Verso le mappe degli indicatori
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La mappa generale così costruita rappresenta un insieme in divenire, nel senso che la disponibilità di nuovi dati oppure lo spegnimento di alcune rilevazioni potrà portare a un suo irrobustimento oppure, ma meno probabile, a una sua riduzione. Questo carattere di flessibilità della mappa non si riferisce solo alle variazioni che interverranno nel tempo a venire, ma anche alle variazioni intervenute nel recente passato. La mappa tiene conto infatti, come accennato, della disponibilità temporale dei dati raccolti e della loro periodicità di rilevazione. In concreto la mappa è oggi in grado di riferire della disponibilità o meno e del contenuto dei propri indicatori a partire dal 1996/1997, una scelta non casuale, ma derivata dall’avvio nel nostro Paese di un nuovo processo, seppur nel tempo contraddittorio e interrotto, di attenzione all’infanzia (Ricci, 2005; Gori, 2005). Il grafico 1 permette di visualizzare la disponibilità nel numero degli indicatori anno dopo anno.
Grafico 1 - Numero di indicatori (di benessere e di contesto) secondo l’anno di disponibilità - Italia giugno 2009 e dicembre 2010 300
giugno 2009
dicembre 2010
279 248
250 222 207
200
210
194
213 186
175 164
150
135 104
100
112
136
163
160 133
139
113 103
84 85 71 74
50
40 18
0
0
0
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Tralasciando gli ultimi anni con un patrimonio di indicatori al minimo in attesa della pubblicazione delle nuove rilevazioni, va visto come nel tempo il loro numero registra una crescita tendenzialmente costante. In poco più di un decennio infatti, dal 1996 al 2006, il loro numero è quasi quadruplicato. Il picco di disponibilità del 2005 è in parte da collegarsi con la disponibilità dei dati raccolti con la multi-
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scopo dell’Istat, mentre i valori del 2002 e del 2006 sono da attribuire 21 alla disponibilità dei dati provenienti dalla rilevazione campionaria Hbsc coordinata dall’Oms (Currie et al., 2004, 2008). Va inoltre aggiunto che nei primi anni del periodo considerato la gran parte degli indicatori è formata da soli indicatori di tipo oggettivo, provenienti dai sistemi informativi di tipo amministrativo. Questa variabilità nel tempo, ma anche nello spazio, se si considerano le disponibilità delle disaggregazioni territoriali, limita in modo sostanziale l’articolazione della mappa degli indicatori nei diversi periodi in cui questa può essere considerata. Ad esempio, nel 1996, alcune dimensioni di senso della mappa, come quella relativa alla partecipazione, sono “vuote”, non comprendendo alcun indicatore. Per questo motivo la mappa generale presentata in figura 1 è da intendersi come riferita all’intero periodo o meglio, nei fatti, riferita all’ultimo triennio.
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo di Enrico Moretti
1. Struttura sociale; 2. Relazioni e legami; 3. Benessere/deprivazione materiale e culturale; 4. Benessere soggettivo; 5. Partecipazione sociale; 6. Salute; 7. Inclusione scolastica; 8. Sicurezza, rischio e pericolo; 9. Spesa, diffusione e uso dei servizi
Come sono cambiati i “numeri” dei bambini e degli adolescenti in Italia nell’ultimo decennio e quali sono stati gli ambiti e i contesti di vita in cui si riscontrano i maggiori cambiamenti? Quale strumento per ragionare compiutamente sulle questioni poste ci avvarremo della valutazione delle serie storiche di pertinenza di un’ampia batteria di indicatori elaborati a partire dai dati raccolti e sistematizzati dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza (di seguito Centro nazionale) sin dalla sua costituzione e nel corso di oltre dieci anni di attività. Il lavoro preparatorio si è concretizzato nella compilazione delle serie storiche dei dati di livello nazionale, prendendo laddove possibile a riferimento l’anno 1996 per raggiungere, a geometria variabile a seconda dell’indicatore preso in considerazione, gli anni più recenti. Il periodo considerato non è casuale e prende spunto dall’esigenza di far iniziare l’analisi con l’avvio di una stagione particolarmente fertile e intensa del dibattito sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, sancita dal punto di vista normativo dalla promulgazione della legge 285/1997, Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza. Gli indicatori a disposizione non sono certamente tutti quelli che avremmo desiderato per affrontare il compito che ci siamo prefissi ma, facendo di necessità virtù, sembra una base informativa tutt’altro che trascurabile e sufficientemente varia e approfondita per sviluppare una prima analisi. Nella trattazione si sono selezionati gli indicatori che meglio rappresentano, in termini di senso, le dimensioni di contesto e di benessere presentate nel capitolo precedente. Ciò premesso sono state accolte nell’analisi serie storiche anche minime che fornissero la possibilità di confrontare tali indicatori, almeno su una annualità, in due periodi distinti che coprissero i lassi temporali 1996-2002 e 2005-2008. D’altro canto le serie storiche sono più o meno complete a seconda della fonte statistica di provenienza. Molti sono, infatti, gli
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
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indicatori che per derivare da statistiche non correnti, ma legate piuttosto ad attività di indagine con periodicità meno serrata e comunque pluriennale, presentano inevitabili salti nella serie storica annuale dei dati. Uno sforzo ulteriore è stato quello di rappresentare tutte le dimensioni di senso, nonostante la variabilità del numero di indicatori a disposizione e la loro diversa capacità e qualità informativa. Ciò ha comportato l’utilizzo di un diverso mix di indicatori di contesto – che descrivono un dato di realtà, una situazione di fatto – e di indicatori di benessere – che permettono un valutazione dello star bene o dello star male dei bambini – per ciascuna dimensione di senso presa in considerazione, secondo disponibilità. Infine, nella trattazione di ciascuna sottodimensione di senso, oltre alla graficizzazione delle serie storiche degli indicatori e l’eventuale valutazione delle variazioni percentuali nel tempo, sono stati commentati a sostegno e per dimensionare la portata dei fenomeni in analisi anche i principali valori assoluti, argomentando laddove necessario l’andamento delle serie storiche anche alla luce delle diverse situazioni regionali. Le dimensioni di senso sulle quali si è proceduto all’analisi delle serie storiche per la valutazione nel tempo della condizione e del benessere dei bambini e degli adolescenti in Italia risultano: struttura sociale; relazioni e legami; benessere/deprivazione materiale e culturale; benessere soggettivo; partecipazione sociale; salute; inclusione scolastica; sicurezza, rischio e pericolo; spesa, diffusione e uso dei servizi.
1. Struttura sociale
Nella mappa presentata nel capitolo 1, il ruolo e il peso che bambini e adolescenti hanno nell’ambito della struttura sociale della popolazione italiana sono declinati secondo sei sottodimensioni di senso – popolazione, forme familiari, natalità, fecondità, nuzialità, presenza straniera – ciascuna intimamente connessa alle altre e che, complessivamente considerate, compongono il quadro demografico di riferimento in cui agiscono, vivono e crescono i più giovani cittadini del nostro Paese. Caratteristica traversale della dimensione è quella di essere costituita da soli indicatori di contesto, ovvero indicatori, come premesso, che permettono la descrizione di una realtà, di una situazione di fatto, senza per questo farne discendere una valutazione, un giudizio di valore sul benessere dei bambini e dei ragazzi italiani. Ciò non di meno gli indicatori proposti, seppur non forniscano una misura del benessere individuale di bambini e ragazzi, possono fornire utili indicazioni per valutare il benessere collettivo delle nuove generazioni in relazione al complesso della popolazione residente di cui fanno parte.
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1.1 Popolazione1
Prendendo in prestito – con una certa dose di libertà – il titolo di 25 un film2, si può affermare che il nostro non è un paese per giovani. Al riguardo, l’incidenza di minorenni residenti sul totale della popolazione residente mostra negli anni una costante riduzione, passando a rappresentare dal 18,1% del complesso dei residenti nel 1996, il 17% nel 2009. Per coglierne appieno il senso – con una riduzione in termini assoluti di oltre 70mila unità nel breve volgere di poco più di un decennio – essa corrisponde alla scomparsa di un’intera città di medie dimensioni abitata da soli bambini e adolescenti. Grafico 1 - Percentuale di minorenni residenti sul totale della popolazione residente - Anni 1996-2009 20,0 19,5 19,0 18,5 18,0 17,5 17,0
18,1
17,9 17,7
17,6
17,5
17,3 17,3
17,2
17,1
17,1
17,1
17,1
17,0
17,0
16,5 16,0 15,5 15,0
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
In questo arco temporale, la riduzione dei contingenti di minorenni si è riscontrata senza soluzione di continuità da Nord a Sud, in ogni regione del Paese, sebbene con intensità diverse. Le linee di tendenza regionali al riguardo sono state dunque del tutto omogenee e convergenti, e le differenze che pur sussistono da regione a regione sono riconducibili ai diversi punti di partenza e ai diversi tassi di velocità della riduzione. I più recenti mutamenti dell’incidenza di popolazione minorile – che procedono territorialmente più a macchia di leopardo – collocano l’Italia tra i fanalini di coda d’Europa, in cui si riscontra mediamente un’incidenza superiore al 19%.
1 2
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: www.istat.it/popolazione. Il film dei fratelli Coen Non è un paese per vecchi, ispirato dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy, che nel titolo cita il verso di una poesia di W.B. Yeats, Verso Bisanzio.
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
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Una perdita di peso che ha molte implicazioni e su più versanti: sociale, sulla tenuta del sistema Paese; relazionale, sulla crescita di bambini e adolescenti in un mondo sempre più adulto in cui ci si confronta sempre meno con fratelli, cugini, pari età; politico, sull’agenda delle azioni e degli interventi che questo segmento di popolazione può legittimamente reclamare. D’altro canto il costante aumento della speranza di vita – l’Italia è tra le nazioni più longeve al mondo – ha fatto sì che gli equilibri tra generazioni pendano verso le classi di età anziane, con un sostanziale rovesciamento della piramide delle età. L’Italia è stato il primo tra i Paesi in cui il numero di persone di 65 e più anni ha superato il numero di bambini di 0-14 anni. Uno storico sorpasso che non sembra segnare il passo se si considera la serie storica dell’indice di vecchiaia.
Grafico 2 - Indice di vecchiaia (residenti di 65 anni e più per 100 persone di 0-14 anni) - Anni 1996-2009 150,0
137,8
140,0
139,9
141,7
142,8
143,4
135,9 133,8 131,4 129,3
130,0
126,6 124,1 121,5 118,7
120,0 115,5
110,0
100,0
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Tra il 1996 e il 2009 l’indice è passato con un formidabile incremento da un valore di 115 persone di 65 e più anni ogni 100 bambini di 0-14 anni a un valore di 143, drammaticamente superiore a quello medio europeo che, per quanto in crescita, risulta pari a 108. A livello regionale delle 20 regioni italiane solo la Campania può vantare un valore dell’indice di vecchiaia inferiore al 100 – in particolare 92 ultrasessantacinquenni ogni cento 0-14enni –, mentre le situazioni in cui si toccano le punte estreme del disequilibrio generazionale emergono in Liguria (238), Friuli Venezia Giulia (188), Toscana (188), Umbria (183), Piemonte (180) ed Emilia-Romagna (176).
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1.2 Forme familiari3
Numericamente parlando, se la popolazione italiana è pressoché 27 ferma, la famiglia italiana non fa che correre. Negli ultimi quattro decenni la popolazione è cresciuta del 10,4% mentre le famiglie del 47,7%, a una velocità dunque cinque volte superiore a quella della popolazione. Nel lievitare della famiglia italiana è insita una profonda trasformazione del profilo e della composizione familiare caratterizzata da processi di polverizzazione – all’aumento del numero di famiglie corrisponde infatti una drastica diminuzione del numero medio di componenti della famiglia attualmente attestato sul valore di 2,5, erano 3 agli inizi degli anni ’90 – e diversificazione delle tipologie familiari, che assumono un diverso peso rispetto a quanto registrato alcuni decenni fa. Macroscopica ad esempio è la crescita delle famiglie costituite da una persona sola, che passano a rappresentare nel 2008 il 27% delle famiglie italiane. Tra il 1998 e il 2008, se restringiamo poi il campo dalle famiglie ai nuclei familiari – che per come definiti 4 paradossalmente risultano più aderenti al concetto di famiglia comunemente inteso –, emerge che ogni 100 nuclei familiari diminuiscono fortemente le coppie con figli (-8%), che pur rimangono prevalenti e in cui domina il modello del figlio unico, mentre crescono senza soluzione di continuità le coppie senza figli (+11%) e ancor più le famiglie monogenitoriali (+22%). Grafico 3 - Coppie con figli, coppie senza figli, nuclei monogenitoriali (per 100 nuclei familiari) - Anni 1998-2008 70,0 62,0
58,8
60,0
56,4
50,0 40,0 30,8
29,2
30,0
27,5
20,0 12,8
11,8
10,5
10,0 0,0
1998 Coppie con figli per 100 nuclei familiari
3
2003 Coppie senza figli per 100 nuclei familiari
2008 Monogenitore con figli per 100 nuclei familiari
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in Istat, Indagine multiscopo sulle famiglie “Famiglia e soggetti sociali”, Roma (anni vari). 4 L’Istat considera nucleo familiare una coppia, con o senza figli, o un solo genitore ma con figli, diversamente dalla famiglia che può essere composta anche di una sola persona (genitore senza figli, vedovo/a o single propriamente detto).
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
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Contestualmente crescono, sebbene su valori di incidenza più ridotti, alcune nuove forme familiari quali le famiglie ricostituite – che passano dal 4,8% dei nuclei familiari del 2003 al 5,6% del 2008 – e le coppie non coniugate – dal 3,9 del 2003 al 4,9% del 2008 –, mentre diminuisce l’incidenza delle famiglie estese, ovvero quelle famiglie composte da due o più nuclei o da un nucleo familiare con altre persone aggregate – dal 6,8% del 2003 al 5,9% del 2008. Uno sguardo rivolto al territorio porta alla luce importanti differenze: il Nord del Paese si caratterizza per una proporzionale maggiore quota di single (29%), di coppie non coniugate (7%) e di famiglie ricostituite (6,5%); il Centro per un picco in alto, sebbene in diminuzione, dell’incidenza di famiglie estese (5,2%); il Sud per l’incidenza massima di coppie con figli (62%) e quella minima di famiglie di single (22%). Trasversale a tutte le ripartizioni appare invece la crescente proporzione di nuclei monogenitoriali, che si attesta senza differenze significative su incidenze che rappresentano il 12-13% dei nuclei familiari.
1.3 Natalità5
Il progressivo minor peso delle fasce d’età minorili è il portato di un’intensa denatalità che ha investito il nostro Paese dopo gli anni ’60, cosiddetti del baby boom, sino ai giorni nostri. Dalla metà degli anni ’90, però, questa tendenza è andata scemando facendo emergere un’incoraggiante, seppur ancora contenuta, inversione di tendenza. Si è dunque aperta una stagione caratterizzata da segnali di ripresa nei livelli di natalità, anche se risulta ancora assestata – pensando metaforicamente la popolazione come a un complesso organismo vivente – su di un livello non ancora fisiologico. Occorre rilevare che l’aumento delle nascite – complessivamente pari a 576mila unità nel 2008 – si diffonde sul territorio proporzionalmente in maniera più incisiva proprio nelle regioni in cui il processo di denatalità era stato più intenso e lungo, ovvero nel Nord del Paese, anche grazie ai comportamenti riproduttivi della popolazione straniera residente che, per quanto faccia registrare in Italia livelli di natalità in riduzione negli anni, presenta mediamente un valore del quoziente di natalità più che doppio rispetto a quello della popolazione italiana (nel 2008 è pari a 19 per 1.000 per gli stranieri e di 8,8 per 1.000 per gli italiani), e nel Centro, sebbene con valori più contenuti. Diversamente su questo fronte si registra un ritardo nel Sud, che non sembra essere ancora giunto del tutto al giro di boa della ripresa, anche se oc-
5
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: http://demo.istat.it
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Grafico 4 - Quozienti di natalità (nati vivi per 1.000 residenti) e quoziente di natalità degli stranieri - Anni 1996-2008 25,0 21,7
21,7
22,3 20,5
20,6
20,0
19,8
19,0
9,4
9,6
15,0
10,0
9,2
9,2
9,0
9,3
9,5
9,4
9,4
9,5
9,7
9,5
9,3
5,0
0,0 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Quoziente di natalità (nati vivi per 1.000 residenti) Quoziente di natalità degli stranieri (nati vivi per 1.000 residenti)
corre osservare che in questa area del Paese la natalità è su livelli di partenza più elevati rispetto alle aree del Centro e del Nord. Ciò detto, risulta certamente ancora prematuro scorgere il riflesso dell’aumento delle nascite – significativo più per l’inversione di tendenza che determina che per la sua attuale dimensione numerica – in un qualche apprezzabile mutamento nell’equilibrio della struttura per età della popolazione italiana. Stando alle stime Istat, lo squilibrio generazionale è destinato ad accentuarsi, per raggiungere, a metà di questo secolo, i valori di 61 per l’indice di dipendenza degli anziani6 (9 punti in più dell’attuale) e di 256 per l’indice di vecchiaia (112 punti in più). 1.4 Fecondità7
I comportamenti riproduttivi delle coppie italiane sono dunque ancora improntati a un forte contenimento della fecondità, e risultano, sebbene in timida crescita, ancora ben lontani dal valore di 2,05 figli per donna che consentirebbe il cosiddetto ricambio generazionale. La relativa crescita è alimentata da una parte, e principalmente, dai più alti livelli di fecondità espressi dagli stranieri rispetto agli italiani –
6
Definito come il rapporto della popolazione di ultrasessantacinquenni ogni 100 residenti di 19-64 anni. 7 I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: http://demo.istat.it
29
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
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si stima in 2,4 figli per donna il livello medio di fecondità degli stranieri presenti in Italia con differenze anche molto rilevanti secondo le provenienze, ad esempio egiziani e marocchini (4 figli per donna), peruviani e filippini (1,4 figli per donna) –, dall’altra dall’apporto delle cosiddette ritardatarie che per aver via via procrastinato i progetti riproduttivi verso età più adulte ed essendo ormai prossime al termine del periodo fecondo mettono al mondo di norma un figlio e più raramente un secondo: al riguardo l’età media al parto non ha fatto che crescere passando dai 29,9 anni del 1996 ai 31,1 del 2008. Grafico 5 - Numero medio di figli per donna - Anni 1996-2008 1,45 1,40
1,40 1,35
1,35
1,33
1,32
1,30
1,30 1,26
1,25 1,21
1,20
1,40
1,22
1,22
1,26 1,23
1,20
1,15 1,10 1,05
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Molto interessante è la comparazione dei comportamenti riproduttivi verificati con i progetti riproduttivi delle coppie, ovvero con quanto le donne dichiarano in termini di intenzioni se interrogate sul tema della maternità. La discrasia emerge con tutta evidenza se si considera che mediamente le donne italiane affermano di desiderare due figli. Se il modello è dunque, a parole, quello classico della famiglia con due bambini, essendo per l’appunto due il numero di figli attesi, la realtà procreativa delle nuove generazioni è oggettivamente distante dalle proprie aspettative di fecondità. 1.5 Nuzialità8
Sulle aspettative di fecondità incide il sempre minor ricorso al matrimonio e il suo procrastinamento verso età via via più mature, poiché nel nostro Paese la fecondità si esprime ancora massimamente al-
8
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: http://demo.istat.it
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l’interno dell’istituto matrimoniale, sebbene si segnali una crescita 31 delle convivenze che per quanto attiene le giovani coppie al momento di dare concretezza ai progetti riproduttivi consolidano la relazione di coppia attraverso il matrimonio. Ogni anno in Italia si celebrano 240-250mila matrimoni a fronte dei 400mila all’anno degli anni ’70, con una caduta del tasso di nuzialità su valori di poco superiori ai quattro matrimoni all’anno per 1.000 residenti.
Grafico 6 - Tasso di nuzialità (matrimoni per 1.000 residenti) - Anni 1996-2008 6,0 4,9
5,0
4,9 4,7
4,8
4,8
4,8
4,6
4,6 4,3
4,2
4,2
4,2
4,1
4,0 3,0 2,0 1,0 0,0
1996 1997 1998 1999
2000 2001 2002 2003 2004
2005 2006 2007 2008
Contemporaneamente l’età media della donna al primo matrimonio è passata dai 27,1 anni del 1996 ai 29,9 del 2008 – quella dell’uomo supera i 32 anni –, fattore questo che si riverbera sull’età media al parto e complessivamente – accorciando la durata residua del periodo riproduttivo – sul numero medio di figli per donna. Ciò premesso, va d’altro canto segnalata la progressiva e rilevante crescita dei figli naturali, ovvero dei bambini nati fuori dal matrimonio, nel nostro Paese (22% del totale delle nascite nel 2008), sebbene su valori di incidenza ancora molto distanti da quanto rilevato nel resto d’Europa (nel 2007: Estonia 57,8 nati naturali ogni 100 nati; Svezia 54,8; Francia 51,7; Slovenia 50,8; Bulgaria 50,3; Danimarca 46,1; Regno Unito 43,7 e Lettonia 43). Il fenomeno italiano è comunque degno di estremo interesse poiché è in continua ascesa da anni, e il minor ricorso all’istituto matrimoniale – dinamica difficilmente invertibile per il futuro – combinato alla sempre più marcata instabilità matrimoniale lascia presagire per l’avvenire una sempre più forte incidenza di questi nati.
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
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Grafico 7 - Nati vivi naturali per 100 nati vivi - Anni 1996-2008 25,0 22,2 20,8
20,0
18,7 17,3 14,9
15,0
13,7 12,3 11,1
10,0
10,2 8,3 7,0
9,0
9,2
5,0
0,0
1.6 “Nuovi italiani”9
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Tra le dinamiche di mutamento che attraversano lo scenario della società italiana va senz’altro evidenziata la crescita della presenza straniera, caratterizzata da un saldo migratorio largamente positivo che ha assicurato alla popolazione residente in Italia di crescere in anni in cui il saldo naturale della popolazione – differenza tra nati vivi e morti – è risultato negativo. Gli stranieri residenti hanno sfondato il tetto dei quattro milioni e sono passati a rappresentare al 1° gennaio 2010 il 7,1% della popolazione residente nel nostro Paese. All’interno dell’incremento della popolazione straniera residente la componente in più rapida crescita è senza dubbio quella minorile10: in termini relativi i minorenni stranieri passano dal 15,1% della popolazione straniera residente del 1998 al 22% del 2009. Ricongiungimenti familiari per un verso – che vedono l’arrivo dei bambini dai Paesi di origine dopo un periodo di permanenza di uno o entrambi i genitori nel nostro Paese – e soprattutto i nati stranieri per l’altro – i nati stranieri in Italia sono il 13% della popolazione residente straniera – rappresentano le ragioni di questa crescita.
9
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: www.istat.it/popolazione/stranieri 10 In merito alla quantificazione di questo segmento della popolazione è però necessario fare alcune precisazioni: a) i permessi di soggiorno per essere riferiti ai soli ultraquattordicenni sottostimano la presenza minorile straniera. Per gli infraquattordicenni, infatti, l’iscrizione avviene sul permesso rilasciato a uno o entrambi i genitori; b) le iscrizioni in anagrafe riguardano i soli bambini residenti, includendo quelli non più presenti e non ancora cancellati, ed escludendo quelli regolari in attesa di iscrizione. A tutto ciò va aggiunta la quota di presenza irregolare che sfugge a qualunque attività di rilevazione statistica.
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Grafico 8 - Percentuale di bambini e ragazzi stranieri di 0-17 anni residenti sul totale degli stranieri residenti - Anni 1998-2009 25,0 22,8 21,3
20,0
15,0
18,1
22,0 20,7
20,9
2004
2005
22,7
22,2
22,0
2007
2008
2009
19,0
16,7 15,1
10,0
5,0
0,0
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2006
Il crescente peso delle nascite straniere è destinato inoltre a riverberarsi in modo sempre più marcato sul complesso delle nascite italiane a motivo della maggior propensione a far figli degli stranieri rispetto agli italiani – nel 2008 l’11,4% delle nascite complessive è addebitabile agli stranieri. Tutto ciò implica una maggiore incidenza di bambini e ragazzi di 0-17 anni stranieri in relazione alla popolazione minorile residente in Italia; si passa infatti dai 14 bambini e ragazzi stranieri ogni 1.000 0-17enni residenti del 1998 all’84 per
Grafico 9 - Minorenni stranieri residenti per 1.000 minorenni residenti Anni 1998-2009 100,0 84,0
80,0
74,9 66,1 58,4
60,0 50,3 41,7
40,0 27,5
28,9
35,9
2001
2002
2003
22,5
20,0 14,6
0,0
1998
18,2
1999
2000
2004
2005
2006
2007
2008
2009
33
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1.000 del 2009, con valori mediamente più alti nel Centro-nord del Paese dove la presenza straniera tout court risulta più stabile e consolidata nel tempo. Il riscontro più tangibile di queste dinamiche – aumento della presenza straniera minorile e dei nati stranieri in Italia – sta nella progressiva crescita delle incidenze di bambini stranieri negli ordini scolastici inferiori, che testimoniano dunque dell’avanzamento delle seconde generazioni, caratterizzate prioritariamente dai bambini stranieri nati nel nostro Paese, e frutto dei più intensi comportamenti riproduttivi della popolazione straniera.
2. Relazioni e legami
La dimensione che indaga le relazioni e i legami che i bambini e gli adolescenti intessono nella loro quotidianità si articola su due fronti complementari: una prima sottodimensione esplora da vicino le relazioni familiari, una seconda si occupa delle non meno rilevanti relazioni tra pari. Da un punto di vista strettamente numerico, la sottodimensione delle relazioni familiari presenta un ampio numero di indicatori che permettono valutazioni attraverso più prospettive di sguardo al mondo dei bambini e degli adolescenti, mentre per le relazioni tra pari la disponibilità è molto più limitata.
2.1 Relazioni familiari11
Un primo insieme di indicatori relativi alle relazioni familiari fornisce una misura della comunicazione figli/genitori. In particolare l’indicatore a disposizione riguarda la regolarità con cui gli 11enni e i 15enni, distinti per genere, parlano con i propri genitori. Nelle misurazioni riferite agli anni 2002 e 2006, e senza sostanziali divergenze nel periodo, emergono alcuni tratti distintivi di queste relazioni: il dialogo con i propri genitori si fa meno intenso passando dalla preadolescenza all’adolescenza; le bambine mostrano a prescindere dall’età una significativa maggiore regolarità di dialogo con le madri rispetto ai padri, mentre per i bambini non si riscontra differenza nella misura con cui parlano a entrambi i propri genitori. A fronte di queste dinamiche di comunicazione risulta lievemente crescente nel tempo la quota di adolescenti di 14-17 anni che considera molto o abbastanza soddisfacenti i rapporti con i propri familiari.
11
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, Rilevazione coordinata dei dati in possesso delle Regioni e Province autonome su bambini e adolescenti fuori dalla famiglia in affidamento familiare (a singoli, famiglie e parenti) o accolti nei servizi residenziali nella propria regione, Firenze (anni vari); Hbsc (2004, 2008); Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana”, Roma (anni vari); Istat, Statistiche giudiziarie civili, Roma (anni vari); Istat, Separazioni e divorzi in Italia, Roma (anni vari); http://giustiziaincifre.istat.it
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Grafico 10 - Percentuale di 14-17enni che considerano molto o abbastanza soddisfacenti i rapporti con i familiari - Anni 2001-2009 95,0
92,3 90,0
90,0
88,3
88,1
90,9
89,8
89,6
88,6
85,0 80,0 75,0 70,0 65,0 60,0 2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
Come si evince dal grafico 10, mediamente nove bambini su dieci in Italia esprimono soddisfazione per le relazioni e i legami che intrattengono con i propri familiari, relazioni e legami che si esprimono in maniera tangibile anche ad esempio nella moderata crescente incidenza di bambini di 6-17 anni che badano ai fratelli più piccoli (erano il 20% nel 1998, sono il 22% nel 2008) e nella decrescente incidenza di quanti non svolgono alcuna attività in famiglia (il 13% nel 1998, l’11% nel 2008). Un ulteriore insieme di indicatori indaga alcuni aspetti dell’impatto di separazioni e divorzi sulla vita di bambini e adolescenti. La crescita vertiginosa dei fenomeni di separazione e di divorzio nel nostro Paese – nel 2008 si contano 84.165 nuove separazioni e 54.351 nuovi divorzi (rispettivamente 57.538 e 32.717 nel 1996) –, che testimonia della sempre maggiore instabilità delle unioni matrimoniali, ha infatti una forte ripercussione in termini di coinvolgimento di figli minorenni. Le separazioni con figli minorenni affidati riguarda stabilmente nel tempo almeno una separazione su due: erano il 49% nel 2000, sono il 53% nel 2008. L’analoga incidenza di separazioni con più di un figlio minore affidato passa dal 19% al 24%. Contemporaneamente i divorzi con figli minorenni affidati passano dal 36% al 38%, mentre l’incidenza di divorzi con più di un figlio minore affidato passa dal 9% all’11%. Nel 2008, i bambini e gli adolescenti che risultano coinvolti nelle separazioni e nei divorzi sono rispettivamente 65.727 e 26.592 (grafico 11).
35
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Grafico 11 - Figli affidati nelle separazioni e nei divorzi per 1.000 0-17enni residenti - Anni 2000-2008 7,0 6,3
6,5
6,4
2,1
2,2
6,6
6,5
2,5
2,6
2007
2008
6,3
6,0
6,0
5,7 5,1
5,0 4,0 3,0 2,0
1,8
2,0
2,1
2,4
1,7
1,0 0,0
2000
2001
2002 2003 2004 2005 2006 Figli affidati nelle separazioni per 1.000 minori residenti Figli affidati nei divorzi per 1.000 minori residenti
Se si considera dunque la cifra di diffusione del fenomeno, è facilmente intuibile l’importanza che riveste il tema della tenuta e del mutamento delle relazioni e dei legami familiari per questi bambini. Storicamente i figli sono stati di preferenza affidati alla madre sia nelle separazioni che nei divorzi, e questa propensione è stata tanto più forte quanto più piccolo era il bambino affidato. Va però evidenziata nel corso degli ultimi anni la tendenza a una drastica riduzione di questa tipologia di affidamento esclusivo per favorire modalità di maggiore condivisione e partecipazione tra genitori dell’affidamento dei figli. La tipologia che è andata progressivamente lievitando è l’affidamento congiunto e/o alternato. In tempi più recenti convertito nell’affidamento condiviso, a seguito dell’introduzione della legge 54/2006, Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, ha conosciuto un rinnovato e ancor più intenso impulso di crescita. Un terzo blocco di indicatori ci permette di fare il punto su situazioni familiari caratterizzate spesso da relazioni e rapporti disfunzionali che implicano misure di allontanamento e di protezione del bambino dal nucleo familiare di origine. Nel merito gli indicatori disponibili derivano dal resoconto delle attività ordinarie dei tribunali per i minorenni e forniscono la misura dei provvedimenti emessi nell’anno. Si tratta nel dettaglio dei provvedimenti urgenti a protezione del minore, dei provvedimenti di allontanamento del minore dalla residenza familiare, della limitazione e della decadenza della potestà genitoriale.
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Grafico 12 - Percentuale di figli minorenni con affidamento congiunto e/o alternato (condiviso dal 2006) nelle separazioni e nei divorzi Anni 1996-2008 90,0 80,0
78,8
72,1
70,0 62,1
60,0 50,0
49,9
40,0
38,8
30,0
28,0
20,0 10,0 0,0
8,0 2,8
1,9
2,2
3,9
4,0 2,2
2,4
6,8
10,2 9,4
10,5
11,9
12,7
8,8
9,8
10,0
15,4 11,6
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 % figli minori con affidamento congiunto e/o alternato (condiviso dal 2006) nelle separazioni % figli minori con affidamento congiunto e/o alternato (condiviso dal 2006) nei divorzi
Grafico 13 - Provvedimenti a favore dei minorenni emessi dal tribunale per i minorenni per 100.000 0-17enni residenti - Anni 2001-2007 160,0 140,0 120,0
106,7
100,0 80,0
123,7
115,4 107,4
94,0
97,4
133,1
136,4
114,6 103,2
95,6 72,2
60,0
65,7
72,1
40,0 20,0 0,0
18,2
15,9
14,8
9,9
12,1
13,2
9,4
2001
2002
2003
2004
16,7
17,9
20,6
5,9
5,3
2005
2006
17,0 6,9
2007
Limitazione della potestĂ genitoriale per 100.000 minorenni residenti Provvedimenti urgenti a protezione del minore per 100.000 minorenni residenti Decadenza della potestĂ genitoriale per 100.000 minorenni residenti Provvedimenti di allontanamento del minorenne dalla residenza familiare per 100.000 minorenni residenti
Il trend delineato dalla serie storica degli indicatori fa emergere una tendenza inversa tra i provvedimenti urgenti a protezione del minore e i provvedimenti di allontanamento del minore dalla residenza familiare da una parte, e la limitazione e la decadenza della potestĂ ge-
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
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nitoriale dall’altra. Tra il 2001 e il 2007 i primi due indicatori menzionati fanno segnare rispettivamente una riduzione del 23% e del 62%, mentre nello stesso arco temporale la limitazione della potestà conosce un incremento del 26% e la decadenza del 72%. Ma certamente l’indicatore più interessante di questa sezione riguarda gli allontanamenti – derivanti, diversamente dai dati sin qui visionati, dai sistemi di raccolta dati delle Regioni e delle Province autonome – intesi come cumulo degli affidamenti familiari e dei minorenni accolti nei servizi residenziali, in relazione alla popolazione minorile residente. È questo un indicatore di diversa natura rispetto ai precedenti perché non fornisce una misura annua dei provvedimenti emessi, ma una ben più interessante prevalenza del fenomeno a un dato momento.
Grafico 14 - Bambini e ragazzi in affido familiare residenziale e in comunità residenziale al 31 dicembre degli anni 1999, 2005, 2007, 2008 per 10.000 minorenni residenti
35,0
32,0 30,0
30,0
26,8 24,4
25,0 20,0 15,0 10,0 5,0 0,0
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Il trend di crescita degli allontanamenti riscontrabile tra le prime due misurazioni e le successive due è dovuto in misura preponderante alla crescita dell’affidamento familiare in una situazione di stabilità del dato riferito ai minorenni accolti nei servizi residenziali. Alla data del 31/12/2008 risultano poco più di 30.000 i bambini e gli adolescenti che vivono fuori dalla propria famiglia di origine – ovvero tre bambini ogni 1.000 minorenni residenti –, equamente distribuiti tra affidamento familiare (50%) e accoglienza nei servizi residenziali (50%). Nell’affidamento familiare si riscontra una prevalenza di adolescenti appartenenti alla classe di età di 11-14 anni (28% del totale), equa-
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mente distribuiti tra bambine (49%) e bambini (51%), con una quota 39 crescente di stranieri (17%), un perfetto equilibrio numerico tra affidamento intrafamiliare (50%) ed eterofamiliare (50%), una fortissima prevalenza dell’affidamento giudiziale (77%) sul consensuale (23%) – considerando che tutti gli affidamenti di durata superiore ai due anni risultano giudiziali –, e una quota preponderante di durate dell’affidamento superiori ai due anni (56%) sebbene la percentuale degli affidi oltre i due anni sia in diminuzione. Diversamente, nell’accoglienza nei servizi residenziali prevalgono nettamente gli adolescenti prossimi alla maggior età della fascia 15-17 anni (39,7% del totale) e aumenta l’incidenza della componente maschile (56%), fenomeni dovuti in massima misura alla fortissima crescita dell’incidenza di accoglienza dei minorenni stranieri, attestatasi sul 33% dell’accoglienza complessiva e caratterizzata da una forte componente di bambini stranieri non accompagnati (57% del totale dei bambini stranieri). 2.2 Relazioni tra pari12
Pur nella relativa scarsità di indicatori che caratterizzano questa sottodimensione è possibile indagare le relazioni tra pari almeno sotto due distinte prospettive: la prima in termini di frequenza di incontro dei propri amici, la seconda rispetto al grado di soddisfazione espresso in relazione a tale frequentazione. Grafico 15 - Percentuale di 6-17enni che frequentano tutti i giorni gli amici Anni 2002-2008
68,5
70,0
68,2
66,4
64,6 61,3
57,9
60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0
12
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana”, Roma (anni vari).
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
40
Il trend riscontrabile evidenzia una tendenza alla riduzione, soprattutto negli ultimi anni a disposizione, dei bambini e adolescenti che frequentano tutti i giorni i propri amici, pur rimanendo tale quota maggioritaria tra i bambini e gli adolescenti italiani. Tra di essi i maschi mostrano incidenze di frequentazione assidua degli amici mediamente superiore alle loro coetanee di 4-5 punti percentuali. Nell’arco temporale analogo, poco meno della metà degli adolescenti di 14-17 anni – senza alcuna sostanziale differenza di genere –, e in proporzione tendenzialmente crescente nel periodo preso in esame, si dichiara molto soddisfatto delle relazioni che intrattiene con gli amici. Grafico 16 - Percentuale di 14-17enni che considerano molto o abbastanza soddisfacenti le relazioni con gli amici - Anni 2001-2009 95,0
92,6 89,2
89,1
92,1
92,1 90,4
89,7
91,2
90,0 85,0 80,0 75,0 70,0 65,0 60,0
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
3. Benessere/ deprivazione materiale e culturale
La deprivazione materiale e culturale è declinata secondo le sottodimensioni di senso della povertà e dei consumi culturali. Nella prima sottodimensione si dispone di serie storiche in riferimento a indicatori di povertà relativa, mentre nella seconda si può fare affidamento su serie storiche in riferimento a indicatori che permettono di valutare l’uso e la fruizione di determinati beni (personal computer, televisione, radio, libri, quotidiani) o eventi culturali (spettacoli cinematografici, concerti di musica, eventi sportivi, mostre e musei).
3.1 Povertà13
La linea di povertà relativa delle famiglie italiane – definita per convenzione in riferimento a una famiglia composta di due compo-
13
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Istat, Indagine sui consumi delle famiglie. “La povertà in Italia”, Roma (anni vari).
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nenti e prendendo in considerazione sia la variazione dei prezzi al 41 consumo che la spesa per consumi in termini reali – evidenzia che nel 2009 il 10,8% delle famiglie italiane, ovvero il 13,1% degli individui dell’intera popolazione, ha consumi pro capite equivalenti a meno della metà del consumo medio pro capite nazionale, ovvero si trova al di sotto di detta linea di povertà. Questi livelli di povertà relativa risultano in linea con quanto rilevato nel corso degli ultimi anni con differenze annue scarsamente significative e che possono essere attribuibili, in una qualche misura, alla natura campionaria dell’indagine con le quali le stime sono ottenute. Nel quadro di sostanziale stabilità del fenomeno molte risultano le dinamiche in atto che lo caratterizzano e lo rendono quanto mai variegato. In particolare cresce al crescere del numero dei componenti della famiglia l’incidenza di povertà delle famiglie. Ai nostri fini ciò che risulta più significativo è che a parità di componenti della famiglia la presenza di figli minorenni fa aumentare fortemente le incidenze di povertà, cosicché la massima incidenza di povertà riscontrabile nel nostro Paese si registra tra le coppie con tre o più figli minorenni (26,1%). Dal grafico proposto emerge chiaramente che tra le famiglie con figli minorenni il rischio di povertà schizza letteralmente verso l’alto con l’arrivo del secondo figlio. Se le famiglie con figlio unico hanno un’incidenza di povertà del 12,1%, dunque in linea con la media delle famiglie italiane complessivamente considerate, le famiglie con due figli hanno un’incidenza di povertà ben più alta e pari al 17,2%. Oramai da lungo tempo, come si evince dai livelli delle serie storiche degli indicatori, il passaggio da un figlio a quello successivo rappresenta un ineludiGrafico 17 - Incidenza di povertà relativa delle famiglie secondo il numero di figli - Anni 1997-2008 35,0 30,2
30,0
27,0
28,0 25,5
25,0
27,8
27,1
27,2
26,1
21,7
20,0 15,9
16,8
16,4
15,0 10,0
26,1
25,9
14,0
13,9
13,9
11,0
10,3
10,8
16,4 15,1 12,8
16,2
15,2
15,5
14,8 12,0
12,8 9,2
12,7 9,4
16,9
17,2
17,2
14,1
14,1
14,4
10,6
10,1
10,3
17,8
17,2
15,6
15,0
12,6
12,1
15,5 14,1 11,5
5,0 0,0
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Incidenza di povertà relativa delle famiglie con tre figli minori Incidenza di povertà relativa delle famiglie con due figli minori Incidenza di povertà relativa delle famiglie con almeno un figlio minore Incidenza di povertà relativa delle famiglie con un figlio minore
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
42
bile fattore di rischio per la povertà delle coppie, fattore sul quale è necessario intervenire concretamente avendo mostrato una chiara tendenza a non smorzarsi nel tempo, e ponendosi, dunque, come ulteriore freno ai già troppo prudenti progetti riproduttivi delle coppie italiane. 3.2 Consumi culturali14
L’adolescenza è tra i più intensi periodi di vita rispetto all’uso e fruizione di media e manifestazioni culturali. Le serie storiche dei dati a disposizione evidenziano una crescita dell’incidenza di bambini e ragazzi 3-17enni che usano il personal computer – erano il 56% nel 2002, sono il 60% nel 2008 – e una contemporanea crescita della quota di preadolescenti e adolescenti di 6-17 anni che usano Internet (49% del totale), anche ogni giorno (ben il 15%). Sul fronte dei media più tradizionali, cresce l’incidenza di bambini e ragazzi di 6-17 anni che leggono libri nel tempo libero. In un Paese in cui si legge poco, i bambini rappresentano la fascia di età in cui si legge di più, ma anche tra loro è ridotta la quota di forti lettori al punto che il 53,4% dei giovani lettori non supera i tre libri all’anno. Decisamente più limitata la lettura dei quotidiani: in un Paese con tirature e vendite molto limitate, solo un adolescente su quattro ha l’abitudine di sfogliarne uno. La televisione tiene quale media di maggior uso: praticamente tutti i bambini e i ragazzi spendono parte del loro tempo libero davanti allo schermo (94% del totale); resta staccato e in flessione l’ascolto della radio (54% del totale). Grafico 18 - Percentuale di bambini e adolescenti secondo la fruizione di alcuni beni e media - Anni 2002-2008 100,0 90,0 80,0 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0
2002
2003
2004
% di 3-17enni che guardano tv % di 3-17enni che ascoltano radio % di 6-17enni che leggono quotidiani
14
2005
2006
2007
2008
% di 3-17enni che usano il personal computer % di 6-17enni che leggono libri
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana”, Roma (anni vari).
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Tra i consumi culturali la più alta incidenza di partecipazione è ri- 43 servata al cinema che interessa poco più di tre bambini e adolescenti di 6-17 anni su quattro. Valori più contenuti, ma certamente significativi, riguardano nel tempo la fruizione di spettacoli sportivi, mostre e musei. Decisamente più ridotte, sebbene interessino comunque un adolescente di 6-17 anni su quattro, le incidenze relative alla partecipazione a concerti di musica. Grafico 19 - Percentuale di bambini e adolescenti secondo la fruizione di alcuni eventi culturali - Anni 2002-2008 90,0 80,0
79,2
77,6 72,3
78,3 76,9
70,0
74,6
60,0 50,0 40,0
42,7
43,1
43,6
41,8
41,2
42,4
41,2
41,7
42,7
41,5
40,4
41,6
27,2
27,4
28,1
28,6
27,4
28,0
30,0 20,0 10,0 0,0
2002
2003 2004 2005 2006 2007 2008 % di 6-17enni che hanno fruito nell’anno di spettacoli cinematografici % di 6-17enni che hanno fruito nell’anno di mostre e musei % di 6-17enni che hanno fruito nell’anno di spettacoli sportivi % di 6-17enni che hanno fruito nell’anno di concerti di musica
Al di là delle serie storiche presentate, emerge dai dati una forte caratterizzazione di genere dei consumi culturali con le bambine e le ragazze che hanno praticamente raggiunto i coetanei nell’uso del pc e li hanno superati nella maggior parte delle altre attività, come ad esempio la lettura – 62,3% contro il 51,9% dei maschi –, la fruizione del cinema – 79,5% contro il 77,2% – e del teatro – 33,5% contro il 27%. Contestualmente permangono, soprattutto nella diffusione e uso dei nuovi media, importanti differenze territoriali e sociali che prefigurano l’esistenza di bambini con minori opportunità di altri se non del tutto esclusi. In tal senso le incidenze di fruizione crescono secondo un doppio gradiente: quello classico geografico che procede da sud a nord e quello di appartenenza sociale che avanza dalle famiglie operaie a quelle di imprenditori, dirigenti e liberi professionisti. Emblematico al riguardo è verificare che nel nostro Paese, a fronte di 378mila bambini di 6-17 anni – pari al 5,5% dei bambini di questa età – che nei 12 mesi precedenti l’intervista non sono andati al cinema, non hanno letto libri, non hanno usato il pc né Internet, e non hanno praticato sport, si rileva nel Sud un’incidenza
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
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del 9,5% contro il 2,9% del Nord e il 2,6% del Centro, e un’incidenza tra le famiglie operaie, a livello nazionale, pari a un ben più consistente 8%. Conforta riscontrare, però, che negli ultimi anni proprio laddove le differenze sono risultate più marcate la riduzione delle disuguaglianze è stata più intensa, anzitutto nel rapporto con le nuove tecnologie, segno tangibile di quanto i nuovi comportamenti di fruizione e uso inizino a infrangere anche le più solide barriere sociali e territoriali.
4. Benessere soggettivo
La dimensione del benessere soggettivo intende fornire indicazioni in merito a quanto i bambini e i ragazzi pensano e dichiarano rispetto alla percezione di alcuni aspetti del proprio quotidiano. La dimensione è articolata in due sottodimensioni di senso: il benessere percepito e la salute percepita. Nella prima sottodimensione gli indicatori a disposizione indagano la soddisfazione per la frequenza scolastica e per il proprio tempo libero, mentre la sottodimensione della salute percepita è tesa a rilevare la percezione del proprio stato di salute e l’apprezzamento sui servizi resi in ambito sanitario.
4.1 Benessere percepito15
Non sono molti i bambini e i ragazzi che dichiarano di andare volentieri a scuola. Nel corso degli anni si conferma l’insoddisfazione verso la frequenza scolastica che si acuisce con il passare degli anni sia tra i bambini che tra le bambine: nel periodo 2002-2006 tra i primi, il 17% degli 11enni, il 7% dei 13enni e il 9% dei 15enni dichiarano di andare volentieri a scuola, mentre tra le seconde il 26% delle 11enni, l’11% delle 13enni e l’8% delle 15enni. I dati evidenziano dunque che sono le bambine ad andare più volentieri a scuola sebbene raggiunto il quindicesimo anno di età non si ravvisa alcuna differenza di gradimento rispetto all’esperienza scolastica in confronto ai propri coetanei. Di tutt’altro peso le incidenze di soddisfazione relativamente al tempo libero. Una lettura complementare della serie storica a disposizione fa emergere una percentuale niente affatto risibile di adolescenti che si dichiarano insoddisfatti del loro tempo libero e che riguarda sistematicamente negli anni almeno un bambino su cinque, senza significative differenze di genere sebbene i maschi mostrino nel tempo incidenze di 2-3 punti percentuali in più rispetto alle loro coetanee.
15
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Hbsc (2004, 2008); www.istat.it/sanita/Health
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Grafico 20 - Percentuale di 14-17enni che considerano molto o abbastanza soddisfacente il proprio tempo libero - Anni 1999-2007 90
86 82,5
82
81,0 79,4 78,8
78
78,1
77,9
77,2
75,9
74
70
4.2 Salute percepita16
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
La preadolescenza e l’adolescenza sono certamente tra i periodi più felici riguardo alla stato di salute personale, sia da un punto di vista oggettivo – al riguardo basti verificare come in queste età si registrano i più bassi tassi di mortalità del corso di vita – sia da un punto di vista soggettivo, ovvero attraverso le dichiarazioni che gli stessi rilasciano. L’analisi delle incidenze di 11enni, 13enni e 15enni che valutano mediocre la propria salute evidenzia come gli adolescenti diventino più critici con il passare degli anni, in forma lieve i maschi, in forma decisamente più marcata le femmine – nel 2006 il 5% delle 11enni valuta mediocre il proprio stato di salute, il 13% delle 13enni, e il 16% delle 15enni. Complessivamente considerati, i 14-17enni italiani giudicano positivamente il proprio stato di salute e tale percezione ha fatto segnare nei più recenti anni di monitoraggio un ulteriore miglioramento testimoniato dalla serie storica presentata, che indica come più di nove adolescenti su dieci di quella età esprimano un giudizio molto o abbastanza soddisfacente.
16
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Hbsc (2004, 2008); www.istat.it/sanita/Health
45
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
46
Grafico 21 - Percentuale di 14-17enni che considerano molto o abbastanza soddisfacente il proprio stato di salute - Anni 1999-2007 100 93,4
95 90,3
90,2
89,2
93,2
90,9
92,2
90 85 80 75 70 65 60 55 50
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
5. Partecipazione sociale
La dimensione della partecipazione sociale dei bambini e dei ragazzi è tra le dimensioni di senso più deboli in termini di disponibilità di indicatori pertinenti, e per questo motivo si articola nella sola sottodimensione di senso delle relazioni associative. Ciò detto, nelle indagini multiscopo dell’Istat dedicate alla vita quotidiana di bambini e ragazzi si rinvengono alcuni indicatori di interesse che permettono una valutazione nel tempo dei loro comportamenti e attitudini rispetto alle attività di volontariato, alla partecipazione a cortei, all’ascolto di dibattiti politici.
5.1 Relazioni associative17
Sul fronte dell’impegno personale in attività solidaristiche gratuite, cresce l’incidenza di adolescenti che svolgono una qualche attività per associazioni di volontariato (+46%, passando dal 6,3% al 9,2%), mentre resta sostanzialmente stabile l’incidenza di quanti prestano il proprio tempo e il proprio impegno per associazioni che non rientrano nell’ambito del volontariato. Nonostante la parziale tendenza alla crescita, complessivamente considerate tali esperienze coinvolgono nel nostro Paese un numero comunque limitato di ragazzi (poco più di uno su dieci).
17
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana”, Roma (anni vari).
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47
Grafico 22 - Percentuale di 14-17enni che svolgono attività gratuita per associazioni di volontariato e non di volontariato Anni 1999-2007 10
9,2
9 7
8,1
7,9
8
8,3
7,4
6,9
6,3
6 5 4
4,3 3,5
3,3
3,5
3,7
3,4
2,9
3 2 1 0 1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
% di 14-17enni che svolgono attività gratuita per associazioni di volontariato % di 14-17enni che svolgono attività gratuita per associazioni non di volontariato
Sul fronte partecipativo e di attenzione alla politica e ai temi del bene comune, si riduce negli anni la quota di ragazzi che prende parte a un corteo (-33%), mentre è cresciuta fortemente (+122%, passando dal 7,6% al 16,9%) l’incidenza di ragazzi di 14-17 anni che hanno ascoltato un dibattito politico, segno di una maggior attitudine a informarsi piuttosto che a partecipare in prima persona.
6. Salute
La salute dei bambini e degli adolescenti è tra le dimensioni di senso che presenta una maggior articolazione di sottodimensioni e una maggior ricchezza di indicatori con serie storiche a disposizione. L’analisi del tema può dunque snodarsi attraverso complementari prospettive di sguardo che prendono in considerazione la salute alla nascita, i livelli di spedalizzazione e di uso dei farmaci, la più classica e imprescindibile valutazione dei livelli di mortalità, le abitudini alimentari, la propensione alla pratica sportiva. Data l’ampia disponibilità di indicatori per ciascuna dimensione ricorreremo alla graficizzazione di quelli maggiormente esplicativi della dimensione senza tralasciare la ricchezza informativa che deriva dal complesso degli indicatori disponibili.
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
48
6.1 Nascita18
In linea generale, le donne italiane mostrano in gravidanza una forte tendenza a travalicare – sotto stretta guida medica – gli standard stabiliti dai protocolli nazionali e regionali riguardo a tempistica e numero degli esami di laboratorio e di diagnostica strumentale. Al riguardo, per comprendere la dimensione del cosiddetto fenomeno dell’eccesso di medicalizzazione – che si snoda in un percorso in cui divieti ed esami si sostengono vicendevolmente – basti dire che l’incidenza di donne che non si sottopongono a controlli in gravidanza è stabilmente al di sotto del’1% del totale delle donne in gravidanza. Ma la questione è più complessa: la medicalizzazione della gravidanza fa infatti il paio con la medicalizzazione del parto. Nel corso degli ultimi anni si assiste difatti in Italia a un vero e proprio boom del parto cesareo.
Grafico 23 - Percentuale di parti cesarei sul totale dei parti - Anni 1996-2006 45,0 40,0
36,7
35,0 30,0 29,5
25,0
37,8
38,3
2004
2005
37,4
35,8 32,9
33,2
1999
2000
34,0
30,3
27,9
20,0 15,0 10,0 5,0 0,0 1996
1997
1998
2001
2002
2003
2006
L’incidenza del fenomeno italiano che rasenta il 40% dei parti occorsi nell’anno sfora ampiamente la percentuale raccomandata dall’Oms, pari al 10-15% del totale dei parti, e risulta nettamente superiore a quanto si riscontra nel Nord-Europa e più in generale nel nostro continente in cui il valore medio tout court è del 25%.
18
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: www.istat.it/sanita/Health; www.salute.gov.it/servizio/sezSis.jsp?label=cedap
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È molto significativo segnalare quanto in Italia il fenomeno pre- 49 senti un’alta variabilità territoriale che oscilla tra i valori sostanzialmente in linea con quanto previsto dall’Oms della Provincia di Bolzano (18%) e quelli della Campania (53%) in cui più di un parto su due avviene attraverso il cesareo. I dati regionali indicano prima di tutto che l’eccessivo ricorso e l’utilizzo dunque inappropriato di una pratica assistenziale di provata efficacia per la donna e il bambino quale il cesareo non ha prodotto miglioramenti sostanziali negli esiti perinatali per le donne e per i bambini, al punto che nelle regioni – tendenzialmente quelle del Centro e del Nord – con un’incidenza media di cesarei più bassa della media nazionale si registra una bassa mortalità perinatale e morbilità neonatale rispetto alle regioni – quelle del Sud – in cui a un’alta incidenza di parti cesarei si accompagnano più alti livelli di mortalità perinatale e morbilità neonatale. Le motivazioni di ricorso al cesareo intrecciano diversi piani sui quali sarebbe utile intervenire per ricondurre questa pratica entro soglie accettabili. Un primo piano riguarda il timore che le donne sembrano aver sviluppato nei confronti del parto al punto da richiederlo sempre più esplicitamente e che può essere messo in qualche misura in relazione alla disabitudine al parto e alla sua unicità dovuta al procrastinamento della maternità in là negli anni verso età sempre più mature. Ma su un piano diverso, tutto interno al sistema sanitario, il parto cesareo è un fattore di flessibilità organizzativa – permette la programmazione dei tempi del parto – e, tutt’altro che secondario, un fattore di convenienza economica – il cesareo costa molto più di un parto normale essendo più remunerato dal Servizio sanitario nazionale. 6.2 Spedalizzazione e farmaci19
In un Paese in cui spesso e da più parti si pone l’accento sul crescente ingiustificato ricorso alle prestazioni sanitarie e alla spedalizzazione, e in cui si afferma sempre più energicamente un fenomeno di emergente consumismo sanitario dovuto alle prescrizioni facili di indagini cliniche e di laboratorio e al consumo spesso disinvolto di farmaci di cura, le fasce di età minorile presentano nel contesto incidenze di ricorso più contenute rispetto agli altri segmenti di popolazione. Nel corso dei più recenti anni risulta complessivamente in flessione il ricovero degli 0-14enni con una riduzione percentuale del tasso di dimissione ospedaliera ordinaria acuti di oltre il 20%.
19
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: www.istat.it/sanita/Health
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
50
Grafico 24 - Tassi di dimissione ospedaliera ordinaria acuti 0-14 anni (per 10.000 0-14enni) - Anni 1999-2005 1.400,0 1.213,5
1.200,0
1.146,5 1.112,9
1.070,7 1.004,7
1.000,0
987,5
958,4
2004
2005
800,0 600,0 400,0 200,0 0,0 1999
2000
2001
2002
2003
La serie storica a disposizione evidenzia dunque che il fenomeno della spedalizzazione interessa mediamente uno 0-14enne su dieci. Tassi notevolmente più bassi ma in crescita riguardano le dimissioni per disturbi psichici: tra il 1999 e il 2005 il tasso degli 0-14enni è passato da 24 casi ogni 10.000 ai 36 casi ogni 10.000 per un incremento nel periodo del 48%. Sostanzialmente stabile nel tempo risulta invece l’incidenza di consumo di farmaci tra gli 0-14enni che interessa poco meno di un bambino ogni cinque. Un discorso a parte merita il tema dell’interruzione volontaria di gravidanza (ivg) delle minorenni che ha conosciuto negli ultimi dieci anni una stabilizzazione attorno ai 3.400-3.500 casi annui, facendo segnare una riduzione netta di oltre il 50% rispetto al decennio precedente – nel 1982 si attestò attorno ai 7.200 casi. Il calo del ricorso alle ivg delle minorenni è stato proporzionalmente più forte di quello che pure si è verificato nel complesso della popolazione femminile italiana in età feconda, cosicché le ivg delle minorenni rappresentano un contenuto 3% delle ivg totali. In termini di rischio, l’interruzione volontaria di gravidan za tra le minorenni italiane è su livelli inferiori, e all’incirca pari a un terzo, di quello sperimentato dal complesso delle donne in età feconda: nel 2006 il tasso di abortività – numero di ivg all’anno di minorenni di 14-17 anni per 1.000 minorenni di 14-17 anni – è pari a 3,3 a fronte dell’ 8,9 delle donne di 14-49 anni.
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Grafico 25 - Tassi di abortività volontaria delle minorenni di 14-17 anni (per 1.000 14-17enni) - Anni 1997-2006 3,6
3,5
3,5 3,4
3,4 3,3
3,3
3,3
3,3
3,3 3,2
3,2 3,1
3,0
3,0 2,9 2,8 2,7 1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
La relativa stabilità nel tempo del tasso di ricorso alla ivg delle minorenni italiane assume un significato ancor più profondo se posto in confronto con i valori registrati in altre realtà nazionali europee – soprattutto del Nord e dell’Est – in cui si registrano valori doppi (Ungheria, Bulgaria) se non addirittura tripli (Estonia, Svezia, Romania, Regno Unito). 6.3 Mortalità20
È noto, o dovrebbe ormai esserlo, che, eccezion fatta per il primo anno di vita, si muore poco, pochissimo in età minorile, e meno che nel restante arco dell’esistenza umana. Complessivamente considerati, i morti di 0-14 anni sono passati in valori assoluti da 4.872 nel 1996 a 2.959 nel 2006, con uno scarto di 1.913 morti che si traduce in una eloquente riduzione percentuale dei casi registrati pari al 40%. I tassi di mortalità registrati in età minorile hanno dunque continuato, anche nel corso del nuovo millennio, la loro inesorabile discesa come risultato del regredire di tutte le grandi cause di morte che interessano la fascia d’età 0-14 anni e in primis le condizioni morbose di origine perinatale, i traumatismi e avvelenamenti, le malformazioni congenite, i tumori.
20
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: www.istat.it/sanita/Health
51
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
52
Negli anni la riduzione ha interessato tutte le classi di età minorile – soprattutto i più piccoli – ed entrambi i generi – con particolare intensità i maschi anche in virtù dei più alti livelli di mortalità di partenza – e tutte le componenti primarie, ovvero la natimortalità, la mortalità perinatale, la mortalità neonatale, la mortalità infantile21. Grafico 26 - Natimortalità, mortalità neonatale (totale e precoce), mortalità infantile e tasso di mortalità della classe 0-14 anni - Anni 1996-2006 70,0 60,0
60,5 55,6 52,1 48,9
50,0 40,0
40,8
39,8
44,0
33,6
34,2
36,8
30,0 28,8
20,0 17,3
10,0 0,0
42,7 38,1
5,7
1996
26,6
22,9
4,9
1997
1998
37,0
36,9
30,7
30,6
34,4
21,2
19,2
17,4
17,4
17,1
11,1
12,0
10,6
9,2
9,8
9,1
4,6
4,2
4,2
4,0
3,7
3,6
3,6
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
13,1
15,3 5,4
37,2 31,2
20,6
24,6 13,1
40,5 32,1
29,0
15,8 8,1 3,7
2006
Tasso di mortalità infantile (per 10.000 nati vivi) Natimortalità (per 10.000 nati) Tasso di mortalità neonatale - 1-29 giorni (per 10.000 nati vivi) Tasso di mortalità perinatale - 1-6 giorni (per 10.000 nati vivi) (ovvero neonatale precoce) Tasso di mortalità per la classe 0-14 (per 10.000 minori 0-14 anni)
Da questa generalizzata tendenza alla diminuzione non restano escluse neppure le regioni: non c’è infatti, tra il 1996 e il 2006, regione italiana che non abbia goduto di significative riduzioni della mortalità dei bambini e degli adolescenti. La diminuzione è massima nelle regioni meridionali – proprio in quelle realtà che hanno da recuperare un noto e più volte discusso svantaggio rispetto al resto del Paese –, ma in una misura tale da non ripianare gli squilibri dovuti ai diversi livelli di partenza delle realtà regionali. Il differenziale di mortalità tra le regioni del Centro-nord, da un lato, e quelle del Sud e delle Isole, dall’altro, sta tutto o quasi nei livelli di mortalità perinatale. La mortalità per condizioni morbose 21
Natimortalità: nati-morti rapportati al numero complessivo dei nati (x 10.000); mortalità perinatale: nati-morti e morti entro il settimo giorno compiuto di vita rapportato ai nati-vivi (x 10.000); mortalità neonatale precoce: morti entro il settimo giorno compiuto di vita rapportato ai nati-vivi (x 10.000); mortalità neonatale: morti entro il ventottesimo giorno compiuto di vita rapportato ai nati-vivi (x 10.000); mortalità infantile: morti entro il primo anno di vita rapportato ai nati-vivi (x 10.000).
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di origine perinatale – principale causa di morte tra gli infraquattordi- 53 cenni e che incide massimamente nella prima settimana di vita del bambino – è intimamente e più di ogni altra causa di morte correlata all’efficienza del sistema sanitario, e può essere considerata, a ragione, un indicatore dello stato di salute e della qualità delle strutture sanitarie, per quanto concerne gli standard sia delle cure preparatorie e di accompagnamento al parto prestate alla gestante sia di quelle rivolte al nascituro nei primissimi giorni di vita. 6.4 Salute alimentare22
Le diverse abitudini alimentari dei bambini italiani sembrano trovare un elemento di convergenza, un punto fermo, nella consuetudine di fare un’adeguata colazione mattutina. Se non è dato sapere quali ingredienti compongano questa colazione, l’incidenza di adeguatezza dichiarata della prima colazione (90% dei bambini di 3-14 anni) è a tal punto alta e costante negli anni che non lascia spazio a repliche. Decisamente più ridotte sono le fila di bambini e adolescenti che mangiano di frequente pesce – mediamente poco più di un bambino su due, con una lieve tendenza alla crescita – e verdure – poco meno di un bambino su tre –, alimenti cui è generalmente riconosciuto un importante ruolo nella crescita e che vengono solitamente collocati al centro di quelle che possono definirsi sane abitudini alimentari. Grafico 27 - Percentuale di 3-14enni che fanno un’adeguata colazione, che mangiano pesce qualche volta a settimana, che consumano verdura almeno una volta al giorno - Anni 1996-2007 100,0 91,9
90,0
90,2
90,9
89,1
87,7
89,0
89,1
92,0
89,9
90,0
58,2
58,9
58,1
60,0
28,1
31,7
31,9
2006
2007
90,1
80,0 70,0 58,4
60,0
54,6 55,4
56,6
57,7
29,7
29,4
28,5
29,1
29,8
29,2
30,6
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
50,0
56,7
40,0 30,0 20,0 10,0 0,0
1996
2004
2005
% di 3-14enni che fanno un’adeguata colazione % di 3-14enni che mangiano pesce qualche volta a settimana % di 3-14enni che consumano verdura almeno una volta al giorno
22
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: www.istat.it/sanita/Health
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
54
Questi pochi dati a disposizione ci raccontano uno spaccato interessante ma certamente incompleto soprattutto per valutare, come spesso e da più parti si fa, lo stretto legame tra le scorrette abitudini alimentari e il fenomeno, relativamente nuovo, che vorrebbe i bambini italiani tra quelli maggiormente affetti da sovrappeso se non da vera e propria obesità anche rispetto ai propri coetanei europei. 6.5 Attività sportiva e fisica23
Sovrappeso e obesità sono certamente da mettere in relazione anche con l’attitudine o meno a svolgere regolarmente una pratica motoria e sportiva, soprattutto in giovane età. Come è noto, l’adolescenza e la prima giovinezza sono i periodi della vita di massima pratica di attività sportive. L’attività sportiva è un’abitudine quotidiana o quasi per poco meno di un 3-17enne su due, incidenza che mostra una sostanziale stabilità nel tempo. Al contempo, però, emerge la presenza di un numero tutt’altro che irrilevante di bambini e ragazzi di 3-17 anni, pari a poco più di uno su quattro, che non pratica né sport né alcuna attività fisica e che dunque si espone a maggiori rischi per la salute presente e futura. I dati citati presentano una forte caratterizzazione di genere: nel corso degli anni presi in considerazione si riscontra mediamente una più alta incidenza di 3-17enni maschi che praticano sport in maniera continuativa, con uno scarto di 7-8 punti percentuali rispetto alle Grafico 28 - Percentuale di 3-17enni che praticano sport in maniera continuativa, che non praticano né sport né attività fisica - Anni 1999-2007 50,0
46,8
46,5
45,2
43,6
43,6
43,9
43,6
44,4
39,9
40,0
30,0
27,3
27,8 25,5
24,5
20,0
10,0
0,0
1999
2000
2001
2002
Non praticano né sport né attività fisica
23
2003
2004
2005
2006
2007
Praticano sport in maniera continuativa
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana”, Roma (anni vari).
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loro coetanee. Analogamente, prendendo in considerazione l’indi- 55 catore dei 3-17enni che non praticano alcuno sport o attività fisica, emerge negli anni una minore incidenza tra i maschi rispetto alle femmine, con uno scarto apprezzabile attorno, mediamente, ai 5-6 punti percentuali.
7. Inclusione scolastica
La dimensione dell’inclusione scolastica si articola in tre sottodimensioni di senso che presentano indicatori dotati di serie storiche dei dati: si tratta della scolarità, degli esiti e della dispersione, della disabilità. Gli indicatori di contesto compongono per intero la sottodimensione della scolarità e in buona parte la sottodimensione della disabilità, mentre per la sottodimensione degli esiti e della dispersione possiamo contare su indicatori di maggior interesse capaci di fornire indicazioni più stringenti sul benessere dell’esperienza scolastica.
7.1 Scolarità24
Procedendo progressivamente nel percorso scolastico dei bambini e ragazzi italiani, attraverso i dati a disposizione emerge come i tassi di scolarizzazione che si riscontrano nella scuola dell’infanzia siano molto alti e prossimi a quelli delle scuole primarie, con l’importante differenza che la scuola dell’infanzia non è come noto a frequenza obbligatoria. La quota di bambini di 3-5 anni iscritti alla scuola dell’infanzia è andata crescendo negli anni sull’intero territorio nazionale, al punto che risultano iscritti più bambini dell’età di riferimento di quanti effettivamente residenti sul territorio. Tale dato, solo apparentemente ingiustificato, si verifica quando a frequentare le scuole sono un consistente numero di bambini, soprattutto immigrati, non ancora regolarmente iscritti nelle anagrafi comunali. Analogo discorso vale per gli ordini superiori di scolarità e in particolar modo per la frequenza della primaria e secondaria di I grado, in cui si riscontrano tassi di scolarizzazione superiori al 100%. Diverso il discorso per la scuola secondaria di II grado in cui, sebbene in crescita negli anni, si riscontrano tassi ancora lontani dal 100%, ovvero da una piena frequenza da parte dei ragazzi in età di riferimento del ciclo scolastico superiore. Trasversale a tutti gli ordini e gradi scolastici, ed elemento di massima dinamicità della scuola italiana, è la vertiginosa crescita in questi anni della presenza straniera. I bambini stranieri hanno conosciuto tra il 1998 e il 2007 un incremento di incidenza sul totale degli iscritti,
24
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: www.istat.it/lavoro/sistema_ istruzione/tavolescolastico.html; www.istruzione.it/web/ministero/index_pubblicazioni_
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
56
analogo nella scuola dell’infanzia (+431%) e nella scuola primaria (+420%), e particolarmente intenso nei successivi ordini scolastici superiori, pari a +523% nel I grado e +600% nel II grado.
Grafico 29 - Bambini iscritti alle scuole dell’infanzia, alunni iscritti alle scuole primarie, alunni iscritti alle scuole secondarie di I grado, studenti iscritti alla scuole secondarie di II grado rispettivamente ogni 100 residenti di 3-5 anni, 6-10 anni, 11-13 anni, 14-18 anni Anni 1998-2007 110,0 105,0
105,2
106,1 104,4
103,9
105,1
103,6
100,0
99,8
98,8
99,9
101,9
104,9
102,3
104,7
103,6
103,6
102,7
96,4
98,5
101,2
102,8
100,1
98,4
91,5
90,0
80,0
104,0
102,9
100,6
95,0
85,0
104,2
103,1 101,6
92,1
92,2
92,4
92,7
88,0 85,1 83,2
1998
83,1
1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Alunni iscritti alle scuole secondarie di I grado ogni 100 residenti di 11-13 anni Bambini iscritti alle scuole dell’infanzia ogni 100 residenti di 3-5 anni Alunni iscritti alle scuole primarie ogni 100 residenti di 6-10 anni Studenti iscritti alle scuole secondarie di II grado ogni 100 residenti di 14-18 anni
Grafico 30 - Bambini di origine straniera iscritti a: scuole dell’infanzia, scuole primarie, scuole secondarie di I grado, scuole secondarie di II grado rispettivamente ogni 100 iscritti ai corrispondenti ordini scolastici - Anni 1998-2007 9,0 7,70
8,0 6,8
7,0 6,0
6,0
5,4
5,0
4,5
1,0 0,0
3,8 3,1
3,0
3,0 2,0
4,3
3,8
4,0 2,0
2,4
2,3 1,9
1,5 0,8
1,1
1,5
0,4 0,6
1998
1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 % alunni stranieri sul totale degli alunni alla scuola primaria % alunni stranieri sul totale degli alunni alla scuola secondaria di I grado % alunni stranieri sul totale degli alunni alla scuola dell’infanzia % studenti stranieri sul totale degli studenti alla scuola secondaria di II grado
2007
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7.2 Esiti e dispersione25
La ripetenza è certamente tra le problematiche più tangibili e 57 stringenti dell’esperienza scolastica, sia per l’incidenza di diffusione sia per le implicazioni di rischio di non portare a termine il ciclo degli studi, un’anticamera, una precondizione dell’abbandono. Il tasso di ripetenza, come è lecito attendersi, è più alto nei primi anni di frequenza dei diversi ordini scolastici e cresce al crescere dell’ordine scolastico, in cui l’impegno richiesto allo studente aumenta progressivamente. D’altra parte questa tendenza alla crescita dovrebbe far riflettere sulla capacità della scuola di movimentare tutte le risorse necessarie affinché gli studenti al progredire dell’esperienza scolastica possano rimanere agganciati a essa, onorando lo sforzo aggiuntivo richiesto e che dovrebbe essere almeno in teoria proporzionale alle capacità che gli studenti vanno via via affinando. Nel corso degli anni presi in considerazione l’incidenza di ripetenza mostra una sostanziale stabilità, eccezion fatta per la scuola secondaria di II grado in cui i livelli di ripetenza hanno fatto segnare un’apprezzabile riduzione – passando da incidenze del 7-8% nel periodo 1996-2000 a incidenze stabilmente inferiori al 7% tra il 2001 e il 2007. Quando si parla di scuola e in particolare di scuola dell’obbligo è inevitabile fare alcune considerazioni su un aspetto molto discusso e dibattuto quale la dispersione scolastica. Nell’ambito della dispersione
Grafico 31 - Percentuale di ripetenti alle scuole primarie e secondarie di I e II grado - Anni 1996-2007 9,0 8,0
8,0
8,2
8,3
8,2
7,1
7,0
7,0
7,0
6,8
6,5
6,3 6,6
6,0
6,5
5,0 4,0
4,7
4,6
4,7 3,0
3,0
2,3 2,7
2,0 1,0 0,0
0,4
0,4
0,4
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
0,2
0,2
0,3
2005
2006
2007
% ripetenti delle scuole secondarie di II grado % ripetenti delle scuole secondarie di I grado % ripetenti delle scuole primarie
25
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: www.istruzione.it/web/ministero/index_pubblicazioni_
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
58
scolastica rientrano gli alunni che: a) si ritirano ufficialmente entro il 15 marzo; b) non vengono valutati per assenze dovute a motivi familiari; c) non vengono valutati per interruzione scolastica in corso d’anno per motivi sconosciuti alla scuola; d) non vengono valutati perché mai frequentanti, sebbene iscritti. Sebbene su livelli di incidenza più contenuti, il fenomeno della dispersione scolastica mostra analogie con la ripetenza: è più intensa nei primi anni di ciascun ciclo scolastico; cresce al crescere dell’ordine scolastico – nel 2006 si contano due abbandoni scolastici ogni 1.000 alunni iscritti alle secondarie di I grado a fronte di 24 abbandoni scolastici ogni 1.000 studenti iscritti al solo primo anno delle secondarie di II grado – e cala nel corso degli anni nelle secondarie di I grado mentre resta sostanzialmente stabile nelle secondaria di II grado. La dispersione interessa con diversa severità il territorio italiano: sono in particolare alcune regioni del Sud (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) le realtà in cui, con valori anche doppi e tripli di quelli medi nazionali, il fenomeno assume le dimensioni più preoccupanti. 7.3 Disabilità26
Non esistono a livello nazionale rilevazioni statistiche periodiche per ciò che riguarda la disabilità dei bambini e degli adolescenti nel suo complesso, che ne permetta dunque un’adeguata valutazione nel tempo. La dimensione del fenomeno può essere però fissata attraverso la rilevazione multiscopo relativa alle condizioni di salute e di ricorso ai servizi sanitari che nel biennio 2004-2005 stima in 81mila i bambini di 6-14 anni con disabilità che vivono in famiglia – pari all’1,6% dei bambini di 6-14 anni – e che denunciano prevalentemente disabilità funzionali (1,1% dei bambini di 6-14 anni), difficoltà di vista, udito e parola (0,16%), difficoltà nel movimento (0,12%). I soli dati periodici disponibili, certamente non esaustivi, sul fenomeno derivano dalle statistiche dell’istruzione, che naturalmente pongono l’accento sulle problematiche scolastiche ben più che su quelle sanitarie. L’incidenza di bambini disabili nella scuola cresce al crescere dell’ordine scolastico, eccezion fatta per la scuola secondaria di II grado – nel 2006 rappresentano l’1,1% dei bambini nelle scuole dell’infanzia, il 2,5% nelle scuole primarie, il 3,3% nelle scuole secondarie di I grado, l’1,5% nelle scuole secondarie di II grado –, e mostra una marcata tendenza alla crescita negli anni in tutti gli ordini scolastici. Questa doppia tendenza di crescita non è da leggersi negativamente, ovvero da interpretare come un reale aumento delle situazioni di
26
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: www.disabilitaincifre.it/; www.istruzione.it/web/ministero/index_pubblicazioni_
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59
Grafico 32 - Percentuale di alunni in situazione di handicap nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di I e II grado Anni 1996-2006 3,5
3,3 3,1 2,9
3,0 2,5
2,4
2,4
2,5
2,5
2,6
1,9 1,8
1,9
2,8 2,4
2,3 2,2
2,0
2,7 2,3
2,0
1,4 1,1 0,9 0,8
0,8
0,5
0,6
0,0
0,9
0,8 0,9
0,5
2,5
1,8
1,5 1,0
2,4
2,3
0,9
1,2
1,5
1,3 1,1
1,1
1,0 0,9
0,9
1,0
0,9
0,7
1996
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 % di alunni in situazione di handicap nella scuola dell’infanzia % di alunni in situazione di handicap nelle scuola primaria % di alunni in situazione di handicap nella scuola secondaria di I grado % di studenti in situazione di handicap nella scuola secondaria di II grado
2006
handicap tra gli alunni e gli studenti italiani, bensì va interpretata come una crescita di fiducia delle famiglie nei confronti della scuola, che si manifesta con un più alto tasso di iscrizione dei bambini che si trovano in situazioni di handicap e con una progressiva maggiore accettazione delle certificazioni ai fini del sostegno.
8. Sicurezza, rischio e pericolo
Sono sei le sottodimensioni di senso che declinano la dimensione della sicurezza e pericolo dei bambini e dei ragazzi: comportamenti al limite, comportamenti violenti, autolesionismo, traumi e morti violente, reati, relazioni di abuso e maltrattamento. Per sua intrinseca natura la dimensione della sicurezza e pericolo – e a cascata ciascuna sottodimensione che la compone – è caratterizzata da una netta prevalenza di indicatori di benessere, capaci cioè di esprimere una misurazione dello star bene e dello star male dei bambini e dei ragazzi, piuttosto che di indicatori di contesto. Gli indicatori presentati provengono in prevalenza dallo studio internazionale Hbsc per quanto attiene le sottodimensioni dei comportamenti al limite e dei comportamenti violenti, mentre attingono dalle statistiche degli incidenti stradali e delle cause di morte dell’Istat per la sottodimensione dei traumi e morti violente, e dalle statistiche giudiziarie penali per le sottodimensioni dell’autolesionismo, dei reati e dell’abuso e maltrattamento.
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
60
8.1 Comportamenti al limite27
L’adolescenza è notoriamente un periodo di sperimentazione e crescita, un momento della vita in cui capita di infrangere le regole e di ribellarsi ai divieti. In quanto a comportamenti al limite, l’eventualità di ubriacarsi è contemplata da un numero tutt’altro che marginale di adolescenti italiani, sebbene ancora lontani dalle incidenze rilevate tra i pari età dei Paesi del Nord Europa, al punto che intervistati a distanza di un quinquennio – tra il 2002 e il 2006 – si conferma che poco più di un 15enne su cinque tra i maschi e poco meno di una 15enne su cinque tra le femmine dichiara di essersi ubriacato nel corso della propria vita almeno due volte. Interrogati contestualmente anche sulla consuetudine al fumo e in particolare su una modalità di consumo intenso in quanto protratto quotidianamente, gli stessi 15enni dichiarano, in misura del tutto analoga tra maschi e femmine, di fumare ogni giorno in proporzioni del 16% nel 2002 e del 14% nel 2006.
Grafico 33. Percentuale di 15enni che dichiarano di essersi ubriacati almeno due volte e di 15enni che dichiarano di fumare quotidianamente per genere - Anni 2002-2006 25,0
22,8
22,0
20,0
18,0 16,8
16,1
16,1 14,0
14,0
15,0 10,0 5,0 0,0
% di 15enni maschi che si sono ubriacati almeno due volte
% di 15enni femmine che si sono ubriacate almeno due volte
2002
8.2 Comportamenti violenti28
% di 15enni maschi che dichiarano di fumare quotidianamente
% di 15enni femmine che dichiarano di fumare quotidianamente
2006
Talvolta nell’adolescenza l’affermazione del sé passa anche attraverso dimostrazioni e atti di forza fisica e di comportamenti intrinsecamente violenti. Negli ultimi anni si assiste da più parti a un rinnovato interesse verso il fenomeno del bullismo che certamente può
27 28
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Hbsc (2004, 2008). I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Hbsc (2004, 2008).
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considerarsi una disfunzionalità di gestione dei rapporti presente an- 61 che nel passato ma che oggi assume nuove modalità di espressione e di più estesi spazi di visibilità anche per l’uso sempre più diffuso di nuove tecnologie tra i bambini e i ragazzi. Tra il 2002 e il 2006, i dati a disposizione indicano che gli autori di atti di bullismo sono prevalentemente gli adolescenti maschi, sebbene sia ravvisabile anche per loro una tendenza alla riduzione della partecipazione a tali atti di sopruso e prevaricazione. In particolare le incidenze di partecipazione ad atti di bullismo riguardano: il 15% degli 11enni nel 2002 e il 13% nel 2006; il 7% delle 11enni in entrambi gli anni; il 20% dei 15enni nel 2002 e il 14% nel 2006; il 7% delle 15enni nel 2002 e il 5% nel 2006.
Grafico 34 - Percentuale di 11enni e 15enni che hanno partecipato ad atti di bullismo negli ultimi due mesi per genere - Anni 2002-2006 19,7
20,0 16,0
15,2 14,0 13,0
12,0 7,7
8,0
7,1
7,0
5,0
4,0 0,0
% 15enni maschi che hanno % 15enni femmine che % 11enni maschi che hanno % 11enni femmine che partecipato a bullismo hanno partecipato a bullismo partecipato a bullismo hanno partecipato a bullismo negli ultimi due mesi negli ultimi due mesi negli ultimi due mesi negli ultimi due mesi
2002
2006
Se si passa dagli autori alle vittime del bullismo, sono gli 11enni maschi a presentare le incidenze più elevate. Tra il 2002 e il 2006, senza sostanziali differenze nel periodo, ne sono vittima il 15% degli 11enni, l’8% delle loro coetanee, e il 5% dei 15enni di entrambi i generi. Gli scontri fisici risultano infine a esclusivo appannaggio dei maschi e in netta prevalenza di quelli più piccoli. Tra i bambini e i ragazzi infatti l’incidenza di partecipazione a scontri fisici passa dal 29% al 27% tra gli 11enni e dal 14% al 18% tra i 15enni, mentre le analoghe incidenze tra le pari età sono drasticamente ridotte all’89% tra le 11enni e al 3-5% tra le 15enni.
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
62
Grafico 35 - Percentuale di 11enni e 15enni che hanno partecipato a scontri fisici nell’ultimo anno per genere - Anni 2002-2006 30,0
28,7 27,0
25,0 20,0
18,0 13,6
15,0 10,0
8,6
8,0 5,0
5,0 0,0
3,0
% 11enni maschi che hanno % 11enni femmine che % 15enni maschi che hanno % 15enni femmine che hanno partecipato a scontri partecipato a scontri hanno partecipato a scontri partecipato a scontri fisici nell’ultimo anno fisici nell’ultimo anno fisici nell’ultimo anno fisici nell’ultimo anno
2002
8.3 Traumi e morti violente29
2006
Buone nuove si annunciano sul fronte della mortalità per cause non naturali. È letteralmente crollata la mortalità per cause violente tra i bambini di 0-14 e le istantanee di questo crollo verticale sono inequivocabili: i decessi sono passati dagli oltre 2.000 casi del 1975 ai 652 del 1991, per approdare ai 320 del 2004. Proprio gli ultimi anni di monitoraggio sembrano indicare che si è giunti a una soglia, con una stabilizzazione attorno ai 350 casi annui, quasi fisiologica, se si considera che ci sono in Italia oltre 8 milioni di bambini infra 14enni, che per essere ulteriormente scalfita al ribasso necessiterà di azioni mirate, se non proprio chirurgiche. Ed è per questo che risulta quanto mai importante sottolineare e approfondire le ragioni di questi decessi e le peculiarità che contraddistinguono le diverse fasce d’età. È il soffocamento da ingestione, prima di cibo e in minor misura di oggetti, la causa di gran lunga prevalente nelle morti violente fino a 1 anno, mentre nella restante fascia d’età, 1-14 anni, cresce al crescere dell’età l’incidenza di mortalità per incidenti stradali che si pongono saldamente alla testa della graduatoria delle cause di morte violenta. Anche quest’ultima causa di morte ha fatto segnare in Italia una costante e drastica riduzione nel tempo, al punto da passare dai 721 morti di 014 anni del 1975 ai 97 del 2005. Nel contesto europeo l’Italia, con 1,4 morti in incidenti stradali di 0-14 anni per 100mila minori di 0-14 anni, si posiziona tra i Paesi a minore incidenza di mortalità violenta
29
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Istat, Incidenti stradali (anni vari), Cause di morte (anni vari).
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dovuta a incidenti stradali, assieme a Svezia, Regno Unito e Austria, 63 confermando quanto di buono è avvenuto nel nostro Paese sul fronte della mortalità violenta e della mortalità tout court dei bambini. 8.4 Autolesionismo30
Nonostante l’intrinseca gravità di ogni singolo episodio, da un punto di vista strettamente quantitativo il suicidio è un fenomeno marginale in età minorile. Dei 3.000 casi che si registrano mediamente all’anno nel nostro Paese, l’1% riguarda bambini e ragazzi. In termini assoluti i suicidi di minorenni oscillano all’anno tra i 20 e i 40 casi cosicché il tasso di suicidio dei minorenni si attesta attorno a 3-4 minorenni ogni 1.000.000 di minorenni residenti.
Grafico 36 - Suicidi di minorenni per 100.000 minorenni residenti Anni 1996-2008 1,00 0,90 0,80 0,70 0,60 0,50
0,44
0,40
0,40 0,30
0,30
0,40
0,40 0,34 0,23
0,35
0,36
0,31
0,31
0,31
0,21
0,20 0,10 0,00
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Il fenomeno minorile presenta forti connotazioni riguardando sistematicamente più i maschi che le femmine e risultando concentrato quasi esclusivamente nella classe di età di 14-17 anni. Specularmente, tra i tentati suicidi l’incidenza del fenomeno minorile, sebbene più rilevante rispetto all’incidenza di suicidio, rappresenta mediamente una quota contenuta del fenomeno complessivo (2-3%). In termini assoluti i tentati suicidi dei minorenni ammontano all’anno a 80-100 casi che determinano un tasso di tentato suicidio che oscilla attorno ai dieci casi l’anno ogni 1.000.000 di minoren-
30
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: http://giustiziaincifre.istat.it
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
64
ni residenti. In analogia con il suicidio, anche tra i tentati suicidi il fenomeno si concentra quasi interamente tra i 14-17 anni, ma diversamente dal suicidio tra i tentati suicidi si ravvisa una netta prevalenza di femmine sui maschi.
Grafico 37 - Tentati suicidi di minorenni per 100.000 minorenni residenti Anni 1996-2008 1,40 1,20
1,17
1,19 1,12 1,05
1,00
1,02 0,93
1,00
0,98
0,96
0,88
0,90 0,80
0,80 0,75
0,60 0,40 0,20 0,00
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Se nella popolazione complessiva il numero di tentati suicidi e suicidi realizzati è sostanzialmente uguale, tra i minorenni invece il numero dei tentati suicidi è molto più alto del numero dei suicidi, per un rapporto almeno doppio: i minorenni pensano al suicidio o almeno arrivano a inscenarlo, ma, per fortuna, non mettono o non riescono a metterlo in pratica così come accade tra gli adulti. 8.5 Reati31
I comportamenti delittuosi dei minorenni sono indagabili attraverso una duplice prospettiva: la prima fondata sulle denunce alle procure per i minorenni, la seconda relativa all’avvio dell’azione penale da parte dell’autorità giudiziaria. I minorenni denunciati alle procure per i minorenni risultano sistematicamente superiori in numero ai minorenni per i quali l’autorità giudiziaria ha iniziato l’azione penale, a motivo del fatto che per una quota più o meno rilevante di minorenni denunciati alla procure non sarà disposto l’inizio dell’azione
31
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Istat, Statistiche giudiziarie penali, Roma (anni vari); http://giustiziaincifre.istat.it
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penale, e che tra i minorenni denunciati alle procure sono compresi i 65 minorenni di età inferiore ai 14 anni che, secondo la normativa italiana vigente, non sono imputabili. Gli ultimi dati a disposizione sui minorenni denunciati alle procure32 indicano un valore di poco superiore ai 38mila casi nel 2007, per un tasso di criminalità minorile pari a 8,4 minorenni denunciati alla procura ogni 1.000 minorenni di 10-17 anni, valore che fa segnare un’ulteriore riduzione dopo quelle occorse nel 2005 e nel 2006.
Grafico 38 - Minorenni denunciati alle procure per 1.000 minorenni di 10-17 anni - Anni 2000-2007 10,0 9,5 9,1 9,0
9,0 8,7
8,5
8,8 8,9
8,6
8,3 8,4
8,0 7,5 7,0
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
Tra i minorenni denunciati alle procure nel periodo 2000-2007 risulta stabile nel tempo sia la quota di minorenni di età inferiore ai 14 anni, e quindi non imputabili, pari al 17-18% del totale dei minorenni denunciati, sia la quota di bambine e ragazze, pari al 1617% del totale.
32
Dal 2000 i dati di queste statistiche risentono di un’importante e sostanziale variazione occorsa nella metodologia di rilevazione: fino al 1999 le denunce alle procure sono state conteggiate al momento della presentazione della denuncia, mentre dal 2000 le denunce alle procure sono conteggiate al momento dell’esito della stessa. La cosa, come è ovvio, incide non poco sulle statistiche che se ne traggono. Basti dire, infatti, che la durata media che intercorre tra la presentazione della denuncia e l’esito della denuncia è di circa sei mesi. È stato comunque accertato, da un incrocio di dati Istat e Ministero della giustizia, un effettivo calo del numero di denunce, di delitti e di minorenni denunciati nel corso del 2000 che si è prolungato, anche se in modo attenuato, negli anni successivi.
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
66
Del tutto analogo è l’andamento dei tassi di criminalità minorile calcolati sui minorenni denunciati di 14-17 anni per i quali l’autorità giudiziaria ha iniziato l’azione penale: a fronte di poco più di 19mila minorenni denunciati per i quali è iniziata l’azione penale nel 2005, il tasso di criminalità risulta pari a 8,4 minorenni ogni 1.000 residenti di 14-17 anni.
Grafico 39 - Minorenni di 14-17 anni denunciati per i quali è iniziata l’azione penale per 1.000 minorenni di 14-17 anni - Anni 2000-2005 10,0 9,5 9,1
9,0 8,5
8,5 8,2
8,3
8,4
8,0 7,5 7,4
7,0
2000
2001
2002
2003
2004
2005
Il tasso di criminalità minorile, calcolato rapportando i minorenni denunciati alla popolazione minorile di riferimento, mostra, tanto per le denunce alle procura quanto per quelle in cui viene avviata l’azione penale, una distribuzione con valori mediamente più alti nel Centronord del Paese. Tale distribuzione, piuttosto singolare rispetto a quanto si è normalmente portati a pensare anche rispetto alla cronaca che ci giunge dalle varie aree del Paese, è da leggere considerando i diversi livelli di tolleranza rispetto agli episodi criminosi, alla diversa propensione e attitudine alla denuncia, oltre che al diverso grado di fiducia nelle forze dell’ordine e più in generale nelle istituzioni preposte alla prevenzione e repressione dei fenomeni criminali. A questi fattori che contribuiscono allo sbilanciamento della distribuzione regionale ne va aggiunto un altro, assolutamente determinante, ovvero l’incidenza della componente straniera. La percentuale di minorenni stranieri denunciati alle procure sul totale dei minorenni denunciati è andata crescendo negli anni sino a pesare mediamente in Italia poco meno del 30% del fenomeno minorile complessivo. Ciò significa che poco meno di un minorenne su tre denunciato alla pro-
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cura per i minorenni è straniero, e non è questa, come intuitivo, la 67 proporzione di minorenni stranieri sulla popolazione minorile complessiva. Tale incidenza è molto più alta nel Centro e nel Nord del Paese, laddove la presenza straniera è proporzionalmente più alta, rispetto alle aree meridionali.
Grafico 40 - Percentuale di minorenni stranieri denunciati alle procure sul totale dei minorenni denunciati - Anni 2000-2007 34,0 32,0 29,4
30,0
29,0
28,8
28,0
27,2
27,8
26,0
24,7
24,0 22,0
23,4 21,9
20,0
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
Al di là dell’alta incidenza, i minorenni stranieri denunciati presentano caratteristiche peculiari che li distinguono piuttosto nettamente dai coetanei italiani denunciati: a) altissima incidenza femminile, con un valore triplo rispetto a quello registrato tra i minorenni denunciati italiani; b) forte impatto sulla percezione che la cittadinanza ha della sicurezza di strade, piazze e quartieri, poiché essa incide fortissimamente sulla microcriminalità urbana. A tal proposito basti dire che a fronte di un’incidenza del 47% di delitti contro il patrimonio – ovvero furti, borseggi, rapine, estorsioni, ecc. – tra i minorenni italiani denunciati alle procure per i minorenni, si ha un’incidenza tra i minorenni stranieri, per questa stessa tipologia di reato, significativamente più alta e pari al 70% del totale dei delitti compiuti dai minorenni stranieri. La cifra del fenomeno straniero, e le peculiarità che lo contraddistinguono, sono dunque tali da non lasciar dubbi sulla necessità e l’urgenza di risposte concrete e forti, che passano necessariamente, e prioritariamente, attraverso politiche mirate di integrazione nel tessuto sociale della popolazione straniera presente sul territorio italiano, assicurando prima di tutto alle famiglie con bambini e ragazzi adeguate condizioni di vita e di sostentamento.
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
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8.6 Relazioni di abuso e maltrattamento33
La violenza sessuale e il maltrattamento sui minori di età sono per loro natura fenomeni difficili da misurare e da interpretare. Le denunce riportate annualmente fotografano di fatto il fenomeno emerso lasciando in ombra un’area sommersa sulle cui dimensioni poco di certo si può affermare. Al riguardo la legge 66/1996, Norme contro la violenza sessuale, e la legge 269/1998, Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori quali nuove forme di riduzione alla schiavitù, hanno certamente contribuito ad aumentare non solo l’attenzione, la sensibilità, la propensione alla denuncia da parte dei cittadini, ma anche il potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei fenomeni legati alle violenze sessuali e allo sfruttamento sessuale in pregiudizio di bambini e adolescenti. Difficile dire, dunque, quanto delle variazioni del numero delle denunce degli ultimi dieci anni sia imputabile al variare vero e proprio del fenomeno e quanto, invece, dipenda dalle variazioni sopraggiunte nella normativa nazionale e nella sensibilità della cittadinanza. Ciò detto, i dati a disposizione sui delitti denunciati segnalano una forte crescita degli atti sessuali con minorenni – passati nel nostro Paese dai 160 casi del 1996 ai 735 del 2005 – così come della pornografia minorile – 21 casi nel 1998 e 735 nel 2005. Diversamente, un trend di stabilità si registra sia per i delitti denunciati di corruzione di minorenni, le cui vittime segnalate all’Autorità giudiziaria nel periodo 2003-2005 assommano a 76 bambini, sia per i delitti di infanticidio, costantemente al di sotto delle 10 unità annue nel periodo 1996-2005.
9. Spesa, diffusione e uso dei servizi
Tra le dimensioni di senso più trascurate in termini informativi e di discussione sull’infanzia e l’adolescenza è certamente da annoverare la spesa, la diffusione e l’uso dei servizi. A ben vedere, però, non mancano alcune interessanti serie storiche su alcuni indicatori pertinenti per iniziare a ragionare su un tema centrale al fine di garantire la piena esigibilità dei diritti dei cittadini in crescita. La dimensione della diffusione e uso dei servizi è declinata secondo le sottodimensione di: spesa dei Comuni; servizi per la prima infanzia; servizi per i fuori famiglia; servizi sanitari; servizi per l’adozione; servizi scolastici.
9.1 Spesa dei Comuni34
Una quota rilevante della spesa sociale per interventi e servizi sociali dei Comuni italiani è destinata annualmente alle famiglie e ai bambini e agli adolescenti fuori e dentro la famiglia stessa. 33
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Istat, Statistiche giudiziarie penali, Roma (anni vari). 34 I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Istat, Interventi e servizi sociali dei Comuni singoli e associati, Roma (anni vari).
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I dati della rilevazione Istat evidenziano che poco meno del 40% 69 del complesso della spesa su tale voce di bilancio è a essi riservata, rappresentando l’insieme di soggetti maggiormente supportato in termini percentuali. Al riguardo si segnala che rientrano nel novero delle principali spese su questo segmento di popolazione i trasferimenti per gli asili nido, per le strutture residenziali, per i servizi di affidamento, per i servizi di adozione.
Grafico 41 - Incidenza della spesa per interventi e servizi sociali a favore di famiglie e minorenni sul totale della spesa per interventi e servizi sociali - Anni 2003-2007
40,0 39,8 39,6 39,4 39,2 39,0
39,0
38,9
38,8 38,6
38,7 38,8 38,5
38,4 38,2 38,0
2003
2004
2005
2006
2007
Passando dall’incidenza di spesa alla spesa pro capite, le famiglie e i minori di età sono beneficiati mediamente in Italia con 106 euro annuali, valore che si colloca non lontano da quanto speso a favore degli anziani (118 euro) e a notevole distanza dalla spesa pro capite per i disabili, pari a 2.400 euro. Molto interessante è verificare quanto la spesa pro capite media nazionale a favore di famiglie e minorenni celi in realtà elementi di forte sperequazione territoriale, che mostrano i valori massimi nel Nord e nel Centro del Paese – con un picco in alto in Emilia-Romagna per una spesa pro capite pari a 243 euro – e i valori minimi nel Sud – con un picco in basso in Calabria per una spesa pro capite pari a 21 euro.
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
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9.2 Servizi per la prima infanzia35
Al centro delle politiche e del dibattitto sull’infanzia e l’adolescenza si trova spesso il tema della disponibilità di servizi educativi per la prima infanzia – nidi e servizi integrativi al nido –, sia in quanto luogo di socializzazione e crescita dei bambini sia come risorsa per l’incentivazione dell’accesso della donna al mercato del lavoro, in quanto cioè efficace strumento di conciliazione dei tempi di vita – ancora oggi gran parte del lavoro di cura dei figli e domestico è a carico esclusivo delle donne – e di lavoro. Tra il 2004 e il 2008, i dati a disposizione evidenziano che i Comuni italiani coperti da almeno un servizio educativo sono passati dal 38% al 51% del totale dei Comuni, coprendo contestualmente una crescente quota di potenziali utenti, al punto che l’incidenza della popolazione 0-2 anni dei Comuni in cui insiste almeno un servizio educativo per la prima infanzia è passata negli stessi anni dal 70% al 78%. Va rimarcato, però, che tale diffusione di servizi educativi, seppur positiva per la direzione di marcia intrapresa, non garantisce un generalizzato accesso al servizio. Come si evince dal grafico, sebbene in crescita, una quota minoritaria di bambini di 0-2 anni, pari a poco meno del 13% del totale dei bambini di 0-2 anni, può effettivamente frequentare un servizio educativo – nido d’infanzia o servizio integrativo al nido. Al riguardo va precisato che pochi fenomeni come quello della diffusione e accesso ai servizi educativi per la prima infanzia presenta differenze territoriali così fortemente accentuate e che nel corso degli anni sembrano acuirsi piuttosto che smussarsi – differenze che procedono con un gradiente che va da una più alta diffusione e accesso nel Nord e Centro verso una più limitata disponibilità di servizi nel Sud e nelle Isole. È necessario segnalare che i dati presentati offrono in realtà una sottostima della diffusione dei servizi educativi per la prima infanzia poiché testimoniano della rete dei servizi pubblici o dei servizi che orbitano nella sfera pubblica in quanto servizi privati convenzionati con il pubblico; detto diversamente, sfugge alla rilevazione tutto il privato che non beneficia di finanziamenti comunali. Considerando che nel corso dell’ultimo decennio i sistemi informativi regionali hanno fatto emergere con chiarezza che la rete dei servizi è cresciuta anzitutto in ragione dell’apporto dei servizi privati, la sottostima di cui si diceva risulta piuttosto pesante. In merito, nell’ambito delle attività del Piano straordinario per lo sviluppo dei servizi educativi per la prima infanzia promosso dal Dipartimento per le politiche della famiglia e dal Ministero del lavoro e
35
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: www.minori.it/rapporto-monitoraggio-piano-nidi; Istat, Interventi e servizi sociali dei Comuni singoli e associati, Roma (anni vari).
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Grafico 42 - Percentuale di bambini di 0-2 anni accolti nei servizi educativi per la prima infanzia - Anni 2004-2008 13,0 12,7
12,5 12,0
12,0 11,7
11,5
11,4 11,2
11,0 10,5 10,0
2004
2005
2006
2007
2008
delle politiche sociali è emerso che l’incidenza di posti nei servizi educativi a titolarità pubblica e privata ogni 100 bambini di 0-2 anni risulta, alla data del 31/12/2009, pari a poco meno del 18%. Un dato dunque più confortante ma che lascia privi di una reale opportunità di accesso al servizio un quota maggioritaria di bambini di 0-2 anni e che testimonia ancora una volta delle fortissime differenze territoriali esistenti – il privato sembra svilupparsi infatti maggiormente laddove la presenza del pubblico è più consolidata –, al punto che in EmiliaRomagna (30%), Umbria (29%) e Toscana (28%) può dirsi sostanzialmente raggiunto l’obiettivo di Lisbona che fissa al 33% la copertura di frequenza di un servizio educativo per la fascia di popolazione 02, mentre tale obiettivo resta poco più di una chimera in gran parte del Sud e nelle Isole (Campania 3%, Calabria 6%, Sicilia 5%).
9.3 Servizi per i fuori famiglia36
Per la sottodimensione dei servizi di accoglienza dei bambini e adolescenti fuori famiglia possiamo contare su un unico indicatore che risulta però particolarmente pregnante per la valutazione di quanto l’accoglienza dei bambini e degli adolescenti in affidamento familiare e nei servizi residenziali possa dirsi in linea con quanto previsto dalla legge 149/2001 rispetto al ricorso preferenziale all’affidamento familiare.
36
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, Rilevazione coordinata dei dati in possesso delle Regioni e Province autonome su bambini e adolescenti fuori dalla famiglia in affidamento familiare (a singoli, famiglie e parenti) o accolti nei servizi residenziali nella propria regione, Firenze (anni vari).
71
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
72
Grafico 43 - Affidamenti familiari ogni 100 allontanamenti (affidamenti familiari e accolti nei servizi residenziali) - Anni 1999, 2005, 2007, 2008 60,0 49,3
51,9
49,5
50,0 40,0
40,0 30,0 20,0 10,0 0,0
1999
2005
2007
2008
La serie storica dei dati indica chiaramente quanta strada sia stata fatta, anche a seguito dello stimolo che è venuto dalla legge stessa, ma evidenzia con altrettanta chiarezza che l’impulso è andato ad affievolirsi negli ultimi anni con un equilibrio sostanzialmente perfetto in termini numerici tra accoglienze in affidamento familiare e nei servizi residenziali. Il dato complessivo sottende in realtà forti differenziazioni territoriali, caratterizzate da modalità operative dei servizi territoriali del Centro e del Nord maggiormente orientate a privilegiare l’affidamento familiare secondo il dettato della legge 149/2001. Le regioni del Sud contrariamente, rovesciando l’ottica, faticano su questa via presentando prevalenze più o meno marcate di ricorso all’accoglienza nei servizi residenziali. È però molto confortante verificare che, al di là dei differenziati livelli di partenza, molte regioni del Sud fanno segnare nell’arco di tempo preso in considerazione tra i più alti e positivi incrementi percentuali dell’indicatore, segno di un progressivo maggior investimento nell’affidamento familiare. 9.4 Servizi sanitari37
In ambito sanitario le serie storiche a disposizione permettono una valutazione della copertura dei pediatri di base e dei consultori materno-infantile sul territorio nazionale. In merito alla diffusione territoriale del pediatra di base, a fronte di una riduzione dei bambini potenziali di 0-14 anni per pediatra di base
37
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: www.istat.it/sanita/Health
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– riconducibile almeno in parte all’andamento dei contingenti di na- 73 scita annui –, si assiste a una razionalizzazione organizzativa che si traduce, via via nel tempo, in una crescente incidenza di presa in carico, cosicché la percentuale di pediatri di base con più di 800 assistiti passa dal 37,1% del 1996 al 65% nel 2006, per un incremento nel periodo di 75 punti percentuali. Grafico 44 - Percentuale di pediatri di base con più di 800 assistiti Anni 1996-2006 70,0 60,9
60,9
2002
2003
58,6
60,0 51,8
62,7
64,7
65,0
2005
2006
54,2
50,0 41,4
46,0
40,0 37,1
30,0 20,0 10,0 0,0
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2004
Analogamente cresce nelle aziende sanitarie locali la presenza di dipartimenti materno-infantili, segno di una progressiva maggiore diffusione e specializzazione sul territorio delle tematiche sanitarie e di salute connesse alla nascita e alla cura di bambini e madri. Grafico 45 - Percentuale di asl con dipartimento materno-infantile Anni 1997-2006 90,0
80,6
80,0 70,0 58,0
60,0
64,0
63,5
2001
2002
70,1
68,2
69,7
2003
2004
2005
54,8
50,0 40,0
61,9
45,2
30,0 20,0 10,0 0,0
1997
1998
1999
2000
2006
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
74
9.5 Servizi per l’adozione38
Nel periodo 1996-2007 i minorenni in stato di adottabilità in Italia si attestano stabilmente, pur con alcune significative oscillazioni annue, attorno a poco più di 1.000 casi l’anno – erano 1.328 nel 1995 sono 1.344 nel 2007. Gran parte di questi bambini trova una famiglia adottiva in tempi relativamente brevi: ogni anno infatti si registrano mediamente olt re 90 decreti di adozione nazionale ogni 100 minorenni dichiarati adottabili – come ovvio, in linea di principio, i decreti di adozione nazionale emessi nell’anno non si riferiscono necessariamente ai bambini dichiarati adottabili nello stesso anno. Resta comunque una percentuale di minorenni dichiarati in stato di adottabilità niente affatto irrilevante, per i quali ragioni di ordine procedimentale e ancor più caratteristiche (età elevate, disabilità) poco rispondenti ai desideri delle coppie richiedenti adozione rendono l’accesso all’adozione decisamente problematico. Sul fronte delle coppie richiedenti adozione le serie storiche a disposizione evidenziano il forte divario esistente tra le domande di adozione nazionale e i minorenni in stato di adottabilità – quantificabile mediamente in 13 domande di adozione ogni minore dichiarato in stato di adottabilità39. Un numero crescente di coppie scoraggiate dunque dall’intrinseca difficoltà di ottenere un’adozione nazionale si rivolgono all’adozione internazionale, cosicché oltre i due terzi delle coppie italiane richiedenti adozione presenta entrambe le domande, nazionale e internazionale, al fine di ottimizzare le proprie chance adottive. Stante così le cose risultano autorizzati all’ingresso in Italia a scopo adottivo un numero crescente di bambini e adolescenti stranieri – con incidenze doppie se non triple rispetto ai bambini adottati nell’ambito dell’adozione nazionale –, che passano dai 1.797 del 2001 ai 3.964 del 2009, con una crescita dei tassi sulla popolazione minorile di riferimento che va da poco meno di 18 bambini e ragazzi ogni 100mila residenti di 0-17 anni ai 39 del 2009, per un incremento percentuale nel periodo del 118%.
38
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: www.commissioneadozioni.it/it/ per-una-famiglia-adottiva/rapporto-statistico.aspx; http://giustiziaincifre.istat.it 39 È utile precisare che per una corretta valutazione del rapporto tra i minorenni adottabili e l’effettiva richiesta di adozione occorre passare dal numero di domande di adozione alle coppie che le hanno presentate – dato a oggi non disponibile –, poiché una stessa coppia può fare richiesta di adozione nazionale in uno o più tribunali per i minorenni italiani. È chiaro, dunque, che il rapporto di 13 a 1 è da rivedere al ribasso, ciononostante resta evidente come la richiesta di adozione nazionale – coppie o domande che siano – sia decisamente superiore al numero di minorenni in stato di adottabilità.
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75
Grafico 46 - Decreti di adozione nazionale ogni bambino in stato di adottabilità - Anni 1996-2007 1,40 1,22
1,18
1,20
0,98
1,00 0,84
0,80 0,63
0,88
0,92
0,91
0,91 0,78
0,80
2006
2007
0,67
0,60 0,40 0,20 0,00
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
Grafico 47 - Minorenni stranieri adottati ogni 100.000 minorenni residenti Anni 2001-2009 45,0 40,0 34,5
35,0
38,9
2008
2009
33,9 32,1 28,6
30,0 28,1
25,0 22,8
20,0 15,0
39,2
17,8
10,0 5,0 0,0
9.6 Servizi scolastici40
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
In ambito scolastico l’esiguità di serie storiche sui servizi a disposizione permette la sola valutazione dei rapporti numerici degli alunni e studenti per classe in ciascun ordine scolastico. Le evidenze indicano una sostanziale tenuta nel tempo del numero medio di bambini per sezione della scuola dell’infanzia su un valore di 23 bambini a sezione
40
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: www.istat.it/lavoro/sistema_ istruzione/tavolescolastico.html; www.istruzione.it/web/ministero/index_pubblicazioni_
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2. Tra stabilità e cambiamenti nel tempo
76
– cifra che non si riscontra nel corso del successivo obbligo scolastico. È la scuola primaria a godere di un miglior rapporto numerico, pari mediamente a 18 alunni per classe, e che risulta del tutto stazionario negli ultimi anni. Stabile nel tempo risulta anche il rapporto numerico alla scuola secondaria di I grado ma su un valore medio di poco meno di 21 alunni per classe, mentre alla scuola secondaria di II grado l’indicatore mostra una forte tendenza alla diminuzione e dunque al miglioramento delle condizioni ambientali per la didattica passando dai 22,3 studenti per classe del 1998 ai 20,3 del 2006.
Grafico 48 - Numero medio di alunni/studenti per classe nelle scuole dell’infanzia, primarie, secondarie di I e II grado Anni 1998-2006 25,0 23,1
23,0 22,3
23,1
23,1
22,3
22,1
21,0
20,9
21,0
23,1
23,1
23,0
22,9
20,9
21,0
22,4 21,9 20,9
22,0 21,0
22,6 20,9
20,9
20,6 20,3
19,0 18,1
18,2
18,2
18,2
18,2
18,4
18,4
18,3
18,6
17,0 1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
Numero medio di bambini per sezione scuola infanzia Numero medio di alunni per classe scuola primaria Numero medio di alunni per classe scuola secondaria I grado Numero medio di studenti per classe scuola secondaria II grado
2006
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3. L’Italia dei bambini e dei ragazzi in Europa di Enrico Moretti e Marco Zelano
1. Struttura sociale; 2. Relazioni e legami; 3. Benessere/deprivazione materiale e culturale; 4. Benessere soggettivo; 5. Partecipazione sociale; 6. Salute; 7. Inclusione scolastica; 8. Sicurezza, rischio e pericolo; 9. Spesa, diffusione e uso dei servizi
Come stiano i bambini e gli adolescenti italiani rispetto ai loro coetanei europei è una questione che torna spesso alla ribalta nel dibattito nazionale. Tale valutazione, che nasce dal confronto con la situazione europea, porta certamente con sé dei rischi di adeguatezza comparativa da prendere in considerazione e invita ad assumere delle necessarie cautele. Dietro l’etichetta di Unione Europea si celano infatti forti differenze: non di rado i 27 Paesi dell’Unione risultano caratterizzati da una grande variabilità che si esplica tra Paese e Paese, o più spesso tra raggruppamenti di essi, che talvolta mostrano una certa compattezza rispetto a specifiche tematiche in studio e talaltra una geometria decisamente più variabile. Tutto ciò si manifesta innanzitutto in ragione delle peculiarità di cui ogni Stato membro è portatore, si tratta infatti di realtà nazionali anche molto eterogenee da un punto di vista sociale, economico e culturale, in cui sussistono diversi, tra loro, modelli e sistemi di welfare. E sono molti infatti i fronti individuabili sui quali i bambini e i ragazzi dell’Unione presentano opportunità fortemente diversificate, identificando così difformi costellazioni di infanzie e adolescenze in termini di diritti ed effettiva esigibilità degli stessi. Lo scopo di questo capitolo non è quello di confrontare l’Italia con il valore medio europeo, che risulta per quanto detto un’entità più teorica che fattuale, bensì collocare sulla base dei dati più recenti a disposizione l’Italia tra gli altri Paesi dell’Unione, individuando il raggruppamento cui appartiene e la posizione di graduatoria che assume di volta in volta rispetto alla specifica tematica in studio. La mappa degli indicatori disponibili a livello europeo (figura 1) è naturalmente una parte ridotta di quella più generale presentata nel capitolo 1, in quanto non sempre i dati disponibili in un Paese dell’Unione Europea lo sono anche per gli altri. In analogia a quanto realizzato nel capitolo precedente dedicato alle serie storiche italiane, lo sforzo è stato quello di rappresentare tutte le nove dimensioni di senso, nonostante la variabilità del numero di indicatori a disposizione e la loro diversa capacità informativa. Così, la mappa europea
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3. L’Italia dei bambini e dei ragazzi in Europa
78
Figura 1 - Mappa europea degli indicatori della condizione e del benessere dei bambini e dei ragazzi disponibili al dicembre 2010
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sulla quale si è proceduto nell’analisi comparativa della condizione e 79 del benessere dei bambini e degli adolescenti mantiene comunque buona parte delle dimensioni: struttura sociale; relazioni e legami; benessere/deprivazione materiale; benessere soggettivo; partecipazione sociale; salute; inclusione scolastica; sicurezza, rischio e pericolo; spesa, diffusione e uso dei servizi. La base dati da noi costruita contiene tutti quegli indicatori di fonti statistiche ufficiali e accreditate che il Centro nazionale ha raccolto nel corso degli anni. Si tratta in complesso di 49 indicatori. Per quanto perfettibile – in termini sia di quantità di indicatori a disposizione per ciascuna dimensione di senso, sia di pertinenza e reale capacità di approfondimento del mondo dell’infanzia e dell’adolescenza – la batteria di indicatori a disposizione rappresenta un’interessante base informativa per contribuire a sviluppare una prima analisi sulla condizione e sul benessere dei bambini italiani nel più ampio contesto dei pari età dell’Unione.
1. Struttura sociale1
Come è facile intuire, la struttura demografica della popolazione può variare fortemente da Paese a Paese dell’Unione Europea sia in termini quantitativi che qualitativi. Tra i membri dell’attuale Unione ci sono Paesi come Malta, che ha una popolazione che supera di poco le 400mila unità, e Paesi come la Germania, dove i residenti superano gli 80 milioni. Tra questi due estremi si collocano l’Italia, la Francia, il Regno Unito, con popolazioni che ammontano, con lievi differenze, ai 60 milioni di cittadini, seguite via via dalla Spagna (45 milioni), dalla Polonia (38 milioni) e dai restanti 21 Paesi di medie, piccole, o piccolissime dimensioni. La popolazione dei più giovani cittadini comunitari si distribuisce, com’è ovvio, proporzionalmente alla popolazione complessiva, ma con quote che si differenziano in modo significativo tra i vari Paesi. Se, infatti, i bambini e gli adolescenti italiani di 0-17 anni rappresentano nel 2009 il 17% della popolazione complessiva, in Irlanda questa quota sale al 24,5%. Tale indicatore cela dunque situazioni nazionali profondamente diversificate. Incidenze inferiori ai valori medi europei si riscontrano nei Paesi mediterranei quali l’Italia (fanalino di coda), la Spagna e la Grecia, così come il Portogallo e la Germania oltre che nei Paesi di più recente adesione come Bulgaria, Lettonia, Repubblica Ceca, Ro-
1
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: http://epp.eurostat.ec.europe.eu/ portal/popolation/data
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3. L’Italia dei bambini e dei ragazzi in Europa
80
mania, Slovenia e Ungheria; al contrario Danimarca, Francia, Paesi Bassi e la già citata Irlanda rappresentano le realtà con le massime incidenze di popolazione minorile. Questo stato di cose è frutto delle significative differenze nei processi demografici, e in particolare nelle dinamiche di natalità, che hanno interessato i Paesi membri dell’Unione. Se, infatti, proprio il rilancio della natalità, serbatoio prioritario per riequilibrare la composizione della popolazione, assieme alla migliore regolamentazione dei flussi migratori in entrata, è oramai assurto a tema caldo e centrale nel dibattito politico di intervento in tutti o quasi i Paesi comunitari, profondamente differenziati risultano i tassi di natalità conseguiti. Sono i Paesi nordici a far segnare i più alti livelli di natalità e tale risultato è conseguenza diretta delle politiche mirate messe in campo in molti di questi Paesi nel corso degli ultimi anni, sebbene vada sottolineato che in gran parte di essi, nel più recente periodo, si assiste a una stabilizzazione di tali tassi. In merito a queste esperienze maturate sembra opportuno, in questa sede, rimarcare almeno quella della Danimarca i cui quozienti di natalità, posizionati stabilmente attorno ai 12 nati per 1.000 abitanti, indicano un’importante ripresa rispetto ai primi anni ’80; del Regno Unito con 12,3 nati ogni 1.000 abitanti; della Francia, i cui tassi di natalità portano alla luce una delle più riuscite esperienze di intervento in materia se si considera che nel corso del 2007, ultimo anno per il quale si dispone dei dati, si contano 13,1 nati per 1.000 abitanti; e dell’Irlanda, infine, il Paese notoriamente più prolifico tra quelli appartenenti all’Unione, con tassi sistematicamente superiori ai 15 nati per 1.000 abitanti. A fronte di questi Paesi che hanno ottenuto eccellenti risultati, stanno molti altri Paesi dell’Unione che con fortune più alterne stentano ancora, e non poco, sulla strada del rilancio della natalità. Tra i Paesi a più bassa natalità, ovvero i Paesi mediterranei, giungono però segnali almeno parzialmente positivi dall’Italia (storicamente il Paese a più bassa natalità nell’Unione) e dalla Spagna, mentre la Germania – la nazione come detto più popolosa dell’Unione – ristagna con tassi di natalità ancora decisamente inferiori alla media europea e che non mostrano alcun segnale, neppure timido, di ripresa. La bassa natalità che caratterizza molti Paesi, sommata all’aumento della vita media, ha inoltre comportato la crescita dell’incidenza, sulla popolazione complessiva, delle classi di età anziane. Nei Paesi dell’Unione, infatti, la quota di popolazione che ha più di 65 anni ha superato quella con meno di 14 e l’indicatore che sintetizza questa situazione (indice di vecchiaia) è pari a 108,2. Tra i Paesi membri che superano il valore di perfetto equilibrio (100) ricordiamo nell’ordine: la Germania (144), l’Italia (142), la
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Grecia (130), la Bulgaria (129) e la Lettonia (125), tutti Paesi in cui 81 il processo di denatalità è stato particolarmente lungo e intenso e in alcuni casi tutt’altro che concluso. Tutto ciò fa sì che la piramide per età della popolazione dell’Unione assomigli di fatto piuttosto a un parallelepipedo se non proprio a una piramide rovesciata (figura 2). Il mutamento della struttura della popolazione è un riflesso della profonda trasformazione delle famiglie e della loro composizione. Crescono un po’ ovunque in Europa le famiglie costituite da una sola persona – in Italia, al 2009, sono passate a rappresentare il 30% delle famiglie –, e crescono, ed è questo un dato di grande interesse, le famiglie senza bambini a carico. Restringendo il campo ai nuclei familiari – ovvero monogenitore con bambini a carico, due o più adulti con bambini a carico, due o più adulti senza bambini a carico –, emerge nell’Unione che i nuclei senza bambini a carico superano in numero quelli con bambini, rappresentando i primi il 37% delle famiglie e i secondi un più ridotto 33%. L’Italia non sfugge a tale regola posizionandosi esattamente sui valori di incidenza medi dell’Unione.
Figura 2 - Indice di vecchiaia - Anno 2008
minore di 80,0 da 80,0 a 100,0 da 100,1 a 125,0 maggiore di 125,0
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3. L’Italia dei bambini e dei ragazzi in Europa
82
Nel frattempo la crescita della popolazione straniera è oramai una realtà in molti, moltissimi Paesi dell’Unione, e le successive ondate migratorie hanno permesso la ricostituzione nel Paese ospite del nucleo familiare di origine in cui generalmente all’arrivo del capo famiglia fa seguito l’arrivo dei restanti componenti familiari, tra cui normalmente ci sono anche bambini e adolescenti. A questo primo parziale elemento di ringiovanimento della popolazione si aggiunga che, per quanto sia verificato che gli stranieri una volta integrati nel tessuto sociale del Paese ospite non conservano, o meglio, si allontanano almeno in parte dai comportamenti riproduttivi dei Paesi di origine, la loro fecondità resta significativamente superiore a quella sperimentata dalla popolazione indigena dei Paesi ospitanti. Un po’ dovunque in Europa è difatti cresciuta sia l’incidenza della componente minorile tra gli stranieri sia il peso di questa componente sulla popolazione minorile del Paese nel suo complesso.
2. Relazioni e legami2
La capacità di relazionarsi con la famiglia e con gli amici rappresentano le sottodimensioni di senso in cui è declinata la dimensione delle relazioni e dei legami che i bambini e gli adolescenti intessono nel loro percorso di crescita e per le quali si hanno a disposizione dati pertinenti. Il primo indicatore preso in considerazione rientra nella sfera delle relazioni familiari e riguarda, in particolare, la facilità a parlare con la madre. Per nessuno dei 27 Paesi dell’Unione la percentuale di bambini che dichiarano di aver facilità a parlare con la madre scende al di sotto del 75% (figura 3). In Italia circa quattro bambini su cinque dichiarano di avere facilità nel dialogare con la madre, quota che risulta più bassa solamente in Francia, Portogallo, Repubblica Ceca e Lituania, con differenze non particolarmente rilevanti. Di poco superiori al 90%, rappresentando le incidenze più elevate, sono le percentuali dei bambini di Paesi Bassi, Slovenia e Romania. Questo indicatore, più di altri, si caratterizza per piccole differenze percentuali rilevate tra i vari Paesi e per una distribuzione a macchia di leopardo delle serie di dati, che denota, sul tema del rapporto madri-figli, un’assenza di qualsiasi tipo di affinità tra Paesi contigui o comunque legati da un percorso storico comune. Sul fronte delle relazioni con gli amici, la base dati risulta più ampia e consta di tre indicatori. Il primo indicatore si riferisce alla per-
2
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Hbsc (2008).
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centuale di bambini e ragazzi che hanno forti amicizie dello stesso ses- 83 so. Il campo di variazione per questo dato è notevolmente più ampio rispetto all’indicatore precedente, passando dal valore minimo della Grecia, dove poco più di un bambino su due dichiara di avere forti amicizie dello stesso sesso (56,3%), al dato del Regno Unito, dove questa percentuale sale al 90,5%. L’Italia con il 73% si pone in una posizione medio bassa e comunque di ben 7 punti percentuali al di sotto del valore medio della serie di dati. Il tempo libero passato con gli amici evidenzia modalità di risposta piuttosto variegate tra i bambini dei diversi Paesi. Meno di un bambino su dieci dichiara di trascorrere quattro o più sere a settimana con gli amici in Austria, Ungheria, Portogallo e Lussemburgo. Risalendo nella serie ordinata di dati troviamo un blocco di Paesi appartenenti all’Europa Centrale (più la Grecia) in cui le percentuali variano tra i 10 e i 20 punti percentuali. L’Italia con 20,2% si trova in una posizione intermedia insieme a Svezia, Polonia, Romania e Lituania (figura 4).
Figura 3 - Percentuale di bambini di 11, 13 e 15 anni che hanno facilità a parlare con la madre - Anno 2006
minore di 80,0 da 80,0 a 84,9 da 85,0 a 89,9 maggiore o uguale a 90,0 dato non disponibile
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3. L’Italia dei bambini e dei ragazzi in Europa
84
Figura 4. Percentuale di bambini di 11, 13 e 15 anni che trascorrono quattro o più sere a settimana con gli amici - Anno 2006
minore di 10,0 da 10,0 a 19,9 da 20,0 a 29,9 maggiore o uguale a 30,0 dato non disponibile
Cresce in maniera generalizzata la quota di bambini che dichiara di trascorrere quattro o più volte a settimana il tempo libero con gli amici nel doposcuola, pur mantenendo una forte variabilità. La Finlandia con il 26%, è il Paese dove si registra la quota più bassa di bambini che dichiarano di trascorrere tempo libero nel doposcuola con gli amici, mentre all’estremo opposto troviamo il Regno Unito con il 70,8%. L’Italia con 53,5% è nel gruppo dei Paesi con le più alte incidenze, insieme a Slovacchia, Lettonia e Bulgaria.
3. Benessere/ deprivazione materiale e culturale
Studi internazionalmente riconosciuti ed evidenze empiriche attestano che i bambini che crescono in situazioni di povertà hanno maggiori probabilità di avere cattiva salute, difficoltà di apprendimento e comportamentali, nonché un peggiore rendimento scolastico. Sebbene sia quindi diffusa e ampiamente condivisa l’opinione che la crescita e lo sviluppo in un contesto familiare con problemi economici abbia ripercussioni negative sul benessere dei bambini e
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dei ragazzi in vari contesti della loro vita, non è parimenti condivisa 85 in letteratura l’opinione su quali siano le migliori modalità per misurare la povertà dei bambini. La povertà può essere, infatti, misurata in senso assoluto, come mancanza di un determinato paniere minimo di beni e servizi, ma può anche essere individuata in senso relativo, come distanza da una soglia media, determinata dal tenore di vita della società in cui si vive. La definizione data nel 1984 dall’Unione Europea sancisce il concetto che: «sono poveri coloro che hanno risorse (materiali, culturali e sociali) talmente limitate da escluderli dal tenore di vita minimo accettabile dello Stato membro in cui vivono». Definizione che rimanda ai concetti di povertà relativa e assoluta richiamati in precedenza. Nell’ottica del confronto tra Paesi, l’uso di indicatori di povertà relativa viene visto con diffidenza da coloro che sottolineano che le famiglie che stanno al di sotto del reddito mediano equivalente in un Paese mediamente ricco è molto probabile che stiano meglio della quota di famiglie che si trovano nella stessa situazione in un Paese mediamente più povero. Inoltre all’interno dei singoli Paesi l’indicatore non rivela di quanto le famiglie si trovino al di sotto della soglia di povertà e men che meno riesce a cogliere come il reddito disponibile delle famiglie relativamente povere sia distribuito per soddisfare le esigenze dei suoi membri. È quindi possibile che famiglie con redditi più alti, quindi “statisticamente” più ricche, destinino proporzionalmente quote di reddito più basse per il benessere e la crescita dei figli minorenni rispetto alle famiglie “statisticamente” definite povere. Nonostante la doverosa premessa, che induce una riflessione su quelli che idealmente avrebbero potuto essere i migliori indicatori capaci di una corretta ed esaustiva descrizione della povertà delle famiglie con figli minorenni, i dati che le statistiche ufficiali offrono relativamente ai 27 Paesi membri circoscrivono la disponibilità a un più limitato numero di indicatori che afferiscono comunque all’area del rischio di povertà e a quella della deprivazione materiale3. Il primo indicatore preso in considerazione è quello relativo alla percentuale di 0-17enni a rischio di povertà, ossia la quota di bambini e ragazzi che vivono in famiglie il cui reddito disponibile equivalente è al di sotto del 60% del reddito mediano nazionale (dopo i trasferimenti pubblici). La figura 5 delinea una situazione relativamente omogenea dal punto di vista territoriale, laddove Svezia, Finlandia e
3
I dati utilizzati nelle due sottodimensioni si trovano in: http://epp.eurostat.ec.europa.eu; http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/income_social_inclusion_living_ conditions/
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3. L’Italia dei bambini e dei ragazzi in Europa
86
Figura 5 - Percentuale di 0-17enni a rischio di povertà - Anno 2007
minore di 14,0 da 14,0 a 17,9 da 18,0 a 21,9 maggiore o uguale a 22,0
Danimarca (a cui aggiungono Austria, Slovenia e Cipro) evidenziano una comune bassa quota di 0-17enni che sono a rischio di povertà (i valori per questi Paesi non superano il 14%). C’è poi un’area dell’Europa centrale comprendente Francia, Paesi Bassi, Belgio, Germania, Repubblica Ceca e Slovacchia con valori leggermente superiori (compresi tra il 14% e il 18%), e infine un’ampia area che comprende Lussemburgo, i Paesi del Mediterraneo, dell’Est Europa e d’Oltremanica dove si registra la presenza più alta di bambini e ragazzi che risultano a rischio di povertà, con punte estreme di rischio riscontrabili proprio in Italia e in Romania, con un’incidenza del 25%, ovvero un bambino su quattro. La percentuale di 0-17enni che vivono in famiglie i cui componenti sono senza lavoro è l’altro indicatore attraverso il quale si possono valutare le aree territoriali per le quali si delinea il rischio di incorrere in uno stato di povertà. I dati, com’era lecito aspettarsi, portano a considerazioni analoghe a quelle fatte in precedenza, salvo i casi di Spagna e Italia, per i quali, nonostante sia alta la quota di 0-17enni a
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Figura 6 - Percentuale di bambini che denunciano la mancanza di almeno un bene durevole - Anno 2005
minore di 5,0 da 5,0 a 9,9 da 10,0 a 19,9 maggiore o uguale a 20,0 dato non disponibile
rischio povertà, si registrano percentuali medio basse di minorenni che vivono in famiglie i cui componenti sono senza lavoro. Questo induce a pensare che per questi Paesi la mancanza di occupazione non sia fortemente correlata con il rischio di povertà, dovendosi quindi questa attribuire al concorrere di più cause. La deprivazione materiale è la seconda sottodimensione del benessere materiale presa in considerazione. I dati riferiti a tale sottodimensione forniscono una misura diretta della situazione economica in cui si trovano le famiglie con figli minorenni attraverso la valutazione delle incidenze di bambini che denunciano la mancanza di almeno un bene durevole e/o un problema di condizione abitativa. Nell’area dei Paesi dell’Est Europa si concentrano le più alte percentuali di bambini che denunciano almeno un aspetto legato alla deprivazione materiale – più di un bambino su cinque –, mentre, di contro, per Italia, Francia, Paesi Bassi, Austria, Slovenia e Cipro tali percentuali non superano il 5% (figura 6).
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3. L’Italia dei bambini e dei ragazzi in Europa
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Figura 7 - Percentuale di bambini di 11, 13 e 15 anni che valutano mediocre il loro stato di salute - Anno 2006
minore di 10,0 da 10,0 a 14,9 da 15,0 a 19,9 maggiore o uguale a 20,0 dato non disponibile
4. Benessere soggettivo4
In questa sezione il tema del benessere viene analizzato cambiando prospettiva, dando voce cioè alla valutazione che i bambini e i ragazzi esprimono sul proprio benessere in vari ambiti della loro vita quotidiana. I dati presentati in questa sezione derivano quindi da interviste dirette fatte a ragazzi in età scolare (11, 13 e 15 anni), a cui viene chiesto di esprimere un giudizio in relazione al loro stato di salute e al piacere scolastico. La scelta di analizzare queste due aree tematiche nasce da due considerazioni: a) i bambini di questa fascia d’età godono generalmente di buona salute e quindi un’autovalutazione negativa può celare malesseri che probabilmente vanno oltre la sfera della salute in senso stretto; b) è interessante capire come i bambini percepiscano il loro vissuto scolastico, poiché la scuola rappresenta l’impegno più forte dal punto di vista emotivo e in termini di ore dedicate.
4
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Hbsc (2008).
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Figura 8 - Percentuale di bambini di 11, 13 e 15 anni che hanno una sensazione di eccessiva pressione dell’impegno scolastico - Anno 2006
minore di 30,0 da 30,0 a 39,9 maggiore o uguale a 40,0 dato non disponibile
Per quel che riguarda la percezione sullo stato di salute, i dati risultano particolarmente confortanti per l’Italia che si pone nel gruppo dei Paesi (insieme a Spagna, Slovacchia, Grecia) con le percentuali più basse di bambini che valutano mediocre il loro stato di salute, con valori che non superano il 10%. Opposta la situazione per i bambini del Regno Unito e dell’Ungheria, dove almeno 1 bambino su 5 dà un giudizio negativo relativamente al suo stato di salute (figura 7). Rimane sostanzialmente confortante la situazione dei bambini italiani anche in relazione alla dichiarazione sulla soddisfazione sul loro peso corporeo, con una percentuale di bambini che dichiara insoddisfazione al di sotto del valore medio europeo (pari al 30% dei bambini). Francia, Danimarca e Regno Unito si attestano su posizioni in linea con la media europea, mentre più del 40% dei bambini tedeschi dà un’autovalutazione negativa del proprio peso corporeo. Ciò è solo in parte in relazione con il sovrappeso e l’obesità. Infatti le dichiarazioni degli stessi ragazzi su queste due particolari condizioni di sfavore
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offrono un quadro almeno parzialmente discordante. I bambini italiani ad esempio dichiarano di essere in sovrappeso o obesi con un’incidenza del 18,3%, valore superato solo da Grecia (18,8%) e Malta (21,5%), mentre le situazioni più confortanti si riscontrano in Lettonia (7,8%), Paesi Bassi (8%), Slovacchia (8,8%). Per quel che riguarda la percezione del vissuto scolastico, circa un bambino o ragazzo italiano su due dichiara di sentire un’eccessiva pressione dell’impegno scolastico, rappresentando una delle quote più alte registrate tra i Paesi comunitari. Spagna, Regno Unito, Portogallo e Polonia sono gli altri Paesi per i quali si registrano le incidenza più alte. Paesi Bassi e Austria sono, invece, i Paesi con le quote in assoluto più basse di studenti che giudicano eccessivo l’impegno scolastico (meno di uno su cinque), seguite da Francia, Germania, Belgio, Ungheria e Svezia. L’indicatore che rileva la quota di studenti a cui “piace molto la scuola” evidenzia un quadro specularmente analogo a quello appena descritto. In altri termini, nei Paesi in cui i bambini dichiarano di sentire una pressione eccessiva in quote molto alte si riscontrano generalmente quote molto basse in merito al giudizio sul “piacere” di frequentare la scuola. In linea con quanto appena detto risultano i giudizi espressi, tra gli altri, dai bambini e ragazzi italiani, polacchi e spagnoli, mentre sfuggono a questa logica gli studenti del Regno Unito e della Romania, per i quali a incidenze alte di bambini che dichiarano di sentire eccessivo l’impegno scolastico corrispondono alte quote che esprimono un piacere scolastico molto alto (figura 8).
5. Partecipazione sociale5
La dimensione della partecipazione dei bambini e degli adolescenti è declinata secondo le sottodimensioni della partecipazione associativa e delle attività di volontariato ed è indagata attraverso gli indicatori derivanti dall’indagine Eurobarometro che, seppur riferiti alla classe di età 15-19, possono essere considerati un’accettabile approssimazione dei comportamenti partecipativi degli adolescenti. Rispetto alla partecipazione associativa gli indicatori a disposizione permettono una valutazione dell’incidenza dei 15-19enni che risultano membri di un’organizzazione e più specificamente di un’organizzazione giovanile. Secondo questi dati, gli adolescenti italiani non risultano particolarmente inclini alla partecipazione: l’adesione a una qualche organizzazione vede i 15-19enni italiani posizionarsi al ventiquattresimo posto in Europa, con un’incidenza del 9,9%. Più limitati livelli di partecipazione si riscontrano solo in Bulgaria (9,2%), in Spagna
5
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: http://ec.europa.eu/public_opinion/archives_en.htm
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Figura 9 - Percentuale di ragazzi di 15-19 anni che sono membri di un’organizzazione - Anno 2007 minore di 10,0 da 10,0 a 24,9 da 25,0 a 39,9 maggiore o uguale a 40,0
(8,8%) e con un’incidenza davvero bassa in Romania (4,9%). Tutt’altra la situazione del Nord Europa dove si riscontrano i valori più elevati di adesione a organizzazioni da parte dei 15-19enni, con picchi massimi nei Paesi Bassi (46,7%) e in Germania dove più di un adolescente su due risulta frequentare una qualche organizzazione (53%) (figura 9). Restringendo il campo alle sole associazioni giovanili la distribuzione dei Paesi non cambia. Gli adolescenti italiani di 15-19 anni si posizionano al ventesimo posto, stavolta su 24 Paesi per i quali è disponibile il dato. Interessante è annotare che le performance partecipative più contenute riguardano le due nazioni che presentano contemporaneamente le più alte incidenze di adesione a organizzazioni non specifiche per i giovani, cioè Paesi Bassi (6%) e Germania (8,4%); quasi che la domanda di partecipazione si rivolga in queste nazioni meno a organizzazioni specifiche giovanili perché già saturate da altre forme di adesione. D’altro canto tale considerazione non è facilmente generalizzabile ai restanti Paesi dell’Unione, anzi tutt’altro: tra le due serie di dati prese in considerazione sussiste di fatto una blanda correlazione inversa (-0,33).
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3. L’Italia dei bambini e dei ragazzi in Europa
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Figura 10 - Percentuale di ragazzi di 15-19 anni che sono impegnati in attività di volontariato - Anno 2007
minore di 15,0 da 15,0 a 20,0 da 20,1 a 25,0 maggiore di 25,0
Sul versante della partecipazione ad attività di volontariato le cose non cambiano di segno per gli italiani che, con un’incidenza del 12,1%, si collocano al ventitreesimo posto sui 27 Paesi dell’Unione. Fanno compagnia agli adolescenti italiani i coetanei di Romania (7,1%), Svezia (8,3%), Spagna (10,3%) e Bulgaria (11,1%). Diversamente, primeggiano nel campo delle attività di volontariato i 1519enni di Slovenia (26,1%), Paesi Bassi (27,5%), Danimarca (28,1%) e Slovacchia (31,6%), con incidenza che vede dunque il coinvolgimento di almeno un adolescente ogni quattro 15-19enni (figura 10). Facendo una sintesi degli indicatori presentati, si può concludere che i 15-19enni italiani si collocano in media, in quanto a livelli di partecipazione, a un poco lusinghiero ventiseiesimo posto su 27 Paesi. È un risultato che sprona e pungola istituzioni e quanti a vario titolo sono impegnati sul tema a intervenire in termini di sensibilizzazione, ma soprattutto di messa a disposizione di reali opportunità di fruizione di spazi partecipativi.
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Figura 11 - Percentuale di nati con peso inferiore ai 2.500 g sul totale dei nati Anno 2007 minore di 5,0 da 5,0 a 7,5 maggiore di 7,5 dato non disponibile
6. Salute
La dimensione della salute dei bambini e dei ragazzi viene rappresentata attraverso quattro sottodimensioni di senso: salute alla nascita, interruzione volontaria di gravidanza, mortalità, attività fisica e sportiva. La percentuale dei nati sottopeso è un importante indicatore della salute alla nascita a causa della sua forte correlazione con il rischio di mortalità e con la maggiore probabilità di contrarre malattie. I nati sono definiti “sottopeso” se il peso è inferiore ai 2.500 g, secondo la definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). La serie dei dati relativi alla percentuale di nati con peso inferiore ai 2.500 g6 sul totale dei nati mostra una variabilità piuttosto limitata
6
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: http://ec.europa.eu/health/ reports/european/health_glance_2009_en.htm
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3. L’Italia dei bambini e dei ragazzi in Europa
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Figura 12 - Quoziente di mortalità infantile - Anno 2007 minore di 3,0 da 3,0 a 4,9 da 5,0 a 6,9 maggiore o uguale a 7,0
– si va infatti dal valore minimo della Finlandia e della Svezia, dove ogni 100 nati circa quattro bambini nascono sottopeso, al valore massimo della Grecia, dove i bambini sono circa 8. Per quel che riguarda l’Italia, i nati sottopeso rappresentano il 6,7% del totale dei nati, percentuale che pone il nostro Paese in una posizione intermedia tra quelli per cui è disponibile il dato (figura 11). Nella seconda sottodimensione di senso, quella dell’interruzione volontaria di gravidanza7, l’Italia, con un valore di 7,9 ivg delle donne con meno di 20 anni per 1.000 donne di 14-19 anni, si posiziona tra i Paesi con una limitata diffusione del fenomeno. Al riguardo basti segnalare che, tra i Paesi per i quali si dispone del dato, in Estonia e in Svezia il fenomeno interessa 25 donne con meno di 20 anni ogni 1.000, e in Romania 21 ogni 1.000.
7
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: http://epp.eurostat.ec.europe.eu
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Nella successiva sottodimensione di senso della mortalità8 emerge 95 con evidenza la spaccatura tra i Paesi dell’area dell’Europa Centro-occidentale e quelli dell’Europa dell’Est. Sul fronte della mortalità infantile, difatti, la distanza che separa la quasi9 totalità dei nuovi Paesi aderenti da quelli dell’Unione a 15 è decisamente ampia. Agli estremi della serie ordinata di dati dell’indicatore che descrive il numero di morti entro il primo anno di vita per 1.000 nati vivi, troviamo da una parte la Romania (12,0‰), la Bulgaria (9,2‰) e la Lettonia (8,7‰) e dall’altra Lussemburgo (1,8‰), Svezia (2,5‰), Finlandia (2,7‰) e Slovenia (2,8‰), per i quali si riscontrano livelli di eccellenza. Per l’Italia si registra un numero di morti entro il primo anno di vita per 1.000 nati vivi pari a 3,7, valore in linea con la quasi totalità dei Paesi dell’area dell’Europa Centro-occidentale (figura 12). Infine, nella quarta e ultima sottodimensione di senso è possibile indagare l’attività fisica e sportiva10 attraverso le dichiarazioni rese dagli adolescenti di 11, 13 e 15 anni. La percentuale di bambini e ragazzi che dichiarano di svolgere un’attività fisica intensa per 2 o più ore a settimana colloca l’Italia in una posizione intermedia di graduatoria tra i Paesi dell’Unione, con un valore del 52,3%, ovvero poco più di un bambino su due. Sono i Paesi del Centro-nord Europa a occupare le prime posizioni in termini di diffusione della pratica fisica e sportiva: Paesi Bassi (77), Danimarca (76), Finlandia (68), Germania (65), mentre risultano relegate nelle ultime posizioni Malta (32) e la Repubblica Ceca (33), con valori d’incidenza dimezzati.
7. Inclusione scolastica
La dimensione dell’esperienza scolastica di bambini e ragazzi è declinata nelle tre sottodimensioni della scolarità, della capacità di inclusione scolastica e delle inevitabili difficoltà scolastiche11. Come noto, sulla scolarizzazione dei bambini dai 3 ai 6 anni l’Italia presenta capacità inclusive notevoli: con il 98% dei bambini di questa età inseriti nella scuole d’infanzia, il nostro Paese si colloca al terzo posto sui 20 per i quali è disponibile questo specifico dato. Primeggiano Francia (99,3%) e Paesi Bassi (98,2%), mentre fanalini di coda sono Grecia (49,8%) e Polonia (40%) (figura 13).
8
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: http://epp.eurostat.ec.europe.eu/ portal/popolation/data Repubblica Ceca e Slovenia evidenziano quozienti di mortalità in linea con quelli dei Paesi dell’ex Unione a 15 Paesi. 10 I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Hbsc (2008). 11 I dati utilizzati nelle prime due sottodimensioni si trovano in: http://www.epdc.org/ searchdata/searchdata.aspx. Quelli relativi alla terza, in: http://www.pisa.oecd.org 9
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Soddisfacenti per l’Italia anche i valori riferiti all’indicatore relativo al tasso netto di iscrizione alla scuola primaria. Nella graduatoria dei 22 Paesi per i quali si dispone di tale informazione l’Italia si colloca al quinto posto, con una copertura ogni 100 bambini dell’età di riferimento di 98,6. Si tratta di un’incidenza decisamente superiore a quella che si riscontra nei Paesi che chiudono la graduatoria (Ungheria 88,8% e Lituania 91,3%) e del tutto analoga a quella dei Paesi che la guidano (Spagna 99,7% e Grecia 99,4%) (figura 14). La seconda sottodimensione relativa all’inclusione scolastica vera e propria è quella che offre il maggior numero di indicatori. Di parti-
Figura 13 - Percentuale di bambini di 3-6 anni che frequentano servizi per l’infanzia - Anno 2005
minore di 70,0 da 70,0 a 89,9 maggiore o uguale a 90 dato non disponibile
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colare interesse risulta l’indicatore relativo all’incidenza di bambini 97 “out of school” alla primaria. Al riguardo la posizione dell’Italia, al pari della Spagna, risulta molto rassicurante occupando la prima piazza in quanto a capacità di limitare l’incidenza dei bambini “out of school” con un valore dello 0,6%. Situazioni ben più preoccupanti si riscontrano in Repubblica Ceca (7,5%), Lettonia (7,5%), Slovacchia (7,8%), Malta (8,1%), Lituania (9,2%) (figura 15). Per la valutazione della tenuta e delle difficoltà di capacità di inclusione del sistema scolastico, accanto ai bambini che risultano esclusi dal circuito educativo, risulta di notevole interesse anche l’incidenza di “drop-out”. Nella primaria i bambini che abbandono la
Figura 14 - Tassi netti di iscrizione alla scuola primaria - Anno 2007
minore di 95,0 da 95,0 a 96,9 da 97,0 a 98,9 maggiore o uguale a 99,0 dato non disponibile
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3. L’Italia dei bambini e dei ragazzi in Europa
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scuola raggiungono le incidenze massime, in rapporto agli alunni totali, in Romania (1,7%), Lussemburgo (1,9%) e Bulgaria (2%), mostrando dunque valori tutt’altro che trascurabili considerando l’età dei bambini e l’obbligatorietà della frequenza. L’Italia, con un valore di incidenza dello 0,5%, si colloca nel gruppo dei Paesi con i più bassi valori dell’indicatore, tra cui spiccano in positivo la Finlandia (0,1%) e la Slovenia (0,2%) (figura 15). Tra le difficoltà scolastiche non si può infine trascurare il fenomeno della ripetenza, sia per i livelli di diffusione sia per i suoi riflessi in termini di rischio di non completamento degli studi, essendo considerata come una condizione spesso necessaria, sebbene non sufficiente, per l’abbandono. Sulle 20 nazioni per le quali si dispone dei dati relativamente al ciclo scolastico secondario, l’Italia – con il 3,2% del to-
Figura 15 - Percentuale di bambini “out of school” alla primaria - Anno 2005
minore di 2,0 da 2,0 a 3,9 da 4,0 a 5,9 maggiore o uguale a 6,0 dato non disponibile
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tale degli studenti iscritti – si colloca al quindicesimo posto della gra- 99 duatoria, nettamente staccata dai più bassi valori riscontrabili in Danimarca (0,7%) e Lituania (0,8%) e, di contro, a notevole distanza dal valore più alto della Francia (7,8%) (figura 17). Un ultimo dato relativo alle difficoltà scolastiche riguarda i livelli di apprendimento. In particolare il rendimento medio nelle capacità di lettura evidenzia performance molto variabili tra i ragazzi dei Paesi dell’Unione. Le posizioni in graduatoria che hanno i maggiori ritardi sono occupate da Romania (396), Bulgaria (402) e Grecia (460), al contrario le posizioni di vantaggio sono ricoperte da Polonia (508), Irlanda (517) e Finlandia (547). In tale contesto, l’Italia si colloca al ventesimo posto, con un punteggio di 469.
Figura 16 - Percentuale di “drop-out” alla primaria - Anno 2006
minore di 0,5 da 0,5 a 0,9 da 1,0 a 1,4 maggiore o uguale a 1,5 dato non disponibile
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Figura 17 - Percentuale di ripetenti alla secondaria - Anno 2005
minore di 1,5 da 1,5 a 2,9 maggiore o uguale a 3,0 dato non disponibile
8. Sicurezza, rischio e pericolo
Questa dimensione fa riferimento all’area del “rischio” per la salute dei bambini e dei ragazzi, rischio che deriva da comportamenti ed esperienze svolte in ambiti diversi. Sono cinque, in particolare, le sottodimensioni attraverso le quali si traccia il quadro della situazione riscontrata nei diversi Paesi dell’Unione Europea. La prima fa riferimento ai comportamenti al limite, ossia l’abitudine e la prevalenza dei giovani e giovanissimi all’uso di sostanze: alcol, fumo e droghe12.
12
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: Emcdda (2007).
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Figura 18 - Ragazzi di 15 e 16 anni che hanno consumato almeno cinque bevute consecutive nell’ultimo mese - Anno 2007
minore di 35,0 da 35,0 a 44,0 da 45,1 a 54,0 maggiore o uguale a 55,0 dato non disponibile
Il primo indicatore preso in considerazione è legato al consumo di alcol. Il dilagante consumo di alcol tra i giovani è un problema piuttosto generalizzato, così come l’abitudine a bere fino a ubriacarsi che internazionalmente viene detto “binge drinking”, pur con differenze significative. L’Italia, per esempio, appartiene a quel gruppo di Paesi per i quali la percentuale di 15 e 16enni che dichiarano di avere consumato cinque bevute consecutive nell’ultimo mese dalla rilevazione non è particolarmente alta (pari al 38% dei ragazzi), al contrario di quanto avviene in Danimarca, Malta e Portogallo, per i quali si registra una notevole maggiore diffusione nel consumo di alcolici, con percentuali che arrivano a circa il 60%. Seguono, con
101
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percentuali che superano di poco il 50%, il Regno Unito, l’Estonia e la Lettonia (figura 18). Se mediamente nei 27 Paesi dell’Unione il consumo di alcol riguarda il 42% dei 15-16enni, il consumo di sigarette coinvolge meno di un ragazzo ogni tre (29%). In questo ambito i ragazzi italiani (37%) dimostrano una propensione maggiore al consumo rispetto al livello medio dei loro coetanei comunitari, valore che è superato solamente da Austria (45%), Repubblica Ceca (41%), Lettonia (41%) e Bulgaria (40%). I Paesi nei quali si registrano i più bassi livelli di diffusione nel consumo di sigarette sono la Polonia, la Svezia (21%) e il Portogallo (19%). Sul fronte della diffusione del consumo di marijuana o hashish, i dati evidenziano una forte variabilità. Mediamente a livello comunitario un ragazzo su cinque dichiara di far uso di droghe leggere, passando però da Paesi come Romania, Cipro, Grecia, Svezia e Finlandia per i quali tali prevalenze percentuali superano l’8%, a Paesi come la Repubblica Ceca (45%), la Spagna (36%) e la Slovacchia (32%) con incidenze notevolmente più alte. L’Italia, con il 23% dei ragazzi che dichiarano di far uso di marijuana o hashish, si trova in una posizione intermedia e leggermente al di sopra del livello medio europeo. La seconda sottodimensione riguarda la sfera della sessualità dei ragazzi, vista attraverso indicatori descrittivi delle prime esperienze di vita sessuale e legati ai comportamenti a rischio, quali ad esempio i rapporti sessuali senza l’uso di contraccettivi13. Tra i Paesi per i quali si dispone di dati relativi all’incidenza di 15enni che dichiarano di aver avuto rapporti sessuali spicca verso l’alto il Regno Unito, con un valore del 35,4%, e verso il basso la Polonia, con un valore ben più contenuto del 15,1%; al riguardo l’Italia, con un’incidenza percentuale del 23,9%, si colloca in una zona intermedia, in cui emerge un comportamento sessuale attivo mediamente per un 15enne ogni quattro. Ciò che più dovrebbe far riflettere, in termini di prevenzione dei rischi connessi alla sessualità degli adolescenti, sono le incidenze di 15enni che hanno dichiarato di non aver fatto uso del preservativo durante l’ultimo rapporto sessuale: si va da quelle più prudenti registrate in Spagna (pari a un 15enne su dieci) a quelle ben più disinvolte di Svezia e Slovacchia (pari a un 15enne su tre).
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I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: The world bank (2006); Hbsc (2008).
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La terza sottodimensione riguarda le esperienze di violenza14 vissu- 103 te dai ragazzi in etĂ scolare, fenomeno che presenta una forte connotazione di genere, con incidenze di diffusione piĂš alte tra i ragazzi che tra le ragazze (figura 19).
Figura 19 - Percentuale di bambini di 11, 13 e 15 anni maschi che hanno compiuto atti di bullismo - Anno 2006
minore di 10,0 da 10,0 a 20,0 maggiore o uguale a 20,0 dato non disponibile
14
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in Hbsc (2008).
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Figura 20 - Morti per traumatismi e avvelenamenti per 100.000 abitanti di 0-14 anni - Anno 2007
minore di 4,0 da 4,0 a 7,9 da 8,0 a 11,9 maggiore o uguale a 12,0 dato non disponibile
Ogni 100 ragazzi maschi di 11, 13 e 15 anni mediamente 15 sono coinvolti in atti di bullismo, con le repubbliche baltiche, la Romania, la Grecia e l’Austria ad avere le incidenze più alte (intorno al 30% dei ragazzi), mentre l’Italia con il 13% si pone in una posizione intermedia. Cresce complessivamente la quota di ragazzi coinvolti in scontri fisici, fenomeno che riguarda mediamente un ragazzo maschio comunitario su cinque. Per questo indicatore, curiosamente, la Repubblica Ceca, che registrava la percentuale più bassa di maschi coinvolti in atti di bullismo, è il Paese con la quota più alta di ragazzi coinvolti in scontri fisici (30,7%). L’Italia al riguardo segnala livelli di litigiosità tra i ragazzi che sono mediamente più alti rispetto alla media comunitaria, seppur lievemente (22,3%). Finlandia, Svezia, Belgio e Spagna sono i Paesi in cui complessivamente si registrano le quote più basse di 15enni che a vario titolo sono coinvolti in esperienze di violenza.
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Figura 21 - Morti di 0-14 anni in incidenti stradali per 100.000 abitanti della stessa età - Anno 2005
minore di 2,0 da 2,0 a 2,9 da 3,0 a 3,9 maggiore o uguale a 4,0 dato non disponibile
La quarta sottodimensione, in cui viene affrontato il tema della mortalità violenta15, ossia delle morti di 0-14enni per cause non legate a motivi naturali, ma a eventi traumatici o accidentali. Il primo indicatore in merito prende in considerazione le morti per traumatismi e avvelenamenti tra i bambini di 0-14 anni, per il quale emergono forti differenziazioni territoriali (figura 20). I più alti quozienti di mortalità per questa specifica causa di morte si registrano in Lituania (18,0 morti per traumatismi e avvelenamenti di 0-14 anni per 100mila minori di 0-14 anni), in Lettonia (17,9), in Romania (17,1) e in Estonia (14,0); mentre quelli più bassi si registrano in Svezia (2,5 per 100mila), in Italia (2,6) e in Irlanda (3,2).
13
I dati utilizzati in questa sottodimensione si trovano in: www.who.org
105
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3. L’Italia dei bambini e dei ragazzi in Europa
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Sono gli incidenti stradali la prima causa di morte per i bambini e gli adolescenti di 0-14 anni, sebbene vada segnalato che i quozienti di mortalità per questa specifica causa di morte violenta è andata diminuendo fortemente nel corso degli anni, in tutti i Paesi dell’Unione Europea (figura 21). Ancora una volta tra i Paesi dell’Unione che mostrano i più alti quozienti di mortalità per incidenti stradali tra i minori di 0-14 anni si segnalano l’Estonia (6,3 morti di 0-14 anni ogni 100mila residenti della stessa età), la Romania (5,7), il Portogallo (4,5) e la Slovacchia (3,9), mentre i valori più bassi dell’indicatore si registrano in Svezia, con un quoziente di mortalità pari a 1,1 ogni 100mila 0-14enni, nei Paesi Bassi, nel Regno Unito e in Germania (1,4), in Francia e Finlandia (1,6). L’Italia, con un valore dell’indicatore pari a 2, si pone all’interno del gruppo di Paesi che stanno ampiamente al di sotto del valore medio registrato a livello comunitario. Infine, l’Italia si posiziona ottimamente anche nella graduatoria dei Paesi dell’Unione rispetto al tasso di suicidio dei 5-14enni, ovvero nella sottodimensione dell’autolesionismo. Con un valore di un suicidio per milione di bambini di 5-14 anni risulta nettamente staccata dai Paesi che guidano tale graduatoria: Lituania (20 per milione), Lettonia (14), Bulgaria (11).
9. Spesa, diffusione e uso dei servizi
La nona dimensione della mappa degli indicatori europei prende in considerazione la spesa rivolta specificamente all’infanzia e alla famiglia e la diffusione dei servizi a essi dedicati16. Sono temi centrali e di grande rilevanza se si pensa alle reali opportunità di esigibilità dei propri diritti che da essi scaturiscono. In merito alla spesa, se in tutti i Paesi è prevista una specifica voce destinata a favore di famiglie e bambini all’interno della più ampia categoria della spesa sociale, emerge con nettezza quanto la misura, ovvero l’incidenza, di tale spesa risulti fortemente differenziata da Paese a Paese. In un quadro di sostanziale stabilità nei bilanci nazionali di questa voce di spesa, risultano beneficiari di una quota proporzionalmente rilevante di spesa sociale le famiglie e i bambini di Lussemburgo (16,6%), Romania (14,1%), Irlanda (13,6%), Ungheria (12,7%), Danimarca (12,2%), Estonia (12%) e Finlandia (11,6%). L’Italia si colloca in questa speciale classifica di spesa al ventiseiesimo posto su 27 Paesi con una stima dell’incidenza percen-
16
I dati utilizzati in queste due sottodimensioni si trovano rispettivamente in: http://epp. eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/statistics/search_database; www.oecd.org/ dataoecd
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tuale della spesa sociale a favore di famiglie e bambini sul totale del- 107 la spesa sociale del 4,3%, sopravanzata al ribasso dalla sola Polonia con un valore di incidenza del 4,2%. Del tutto analogo il discorso se si considera la stima dell’incidenza della spesa sociale per le politiche per l’infanzia in percentuale del Prodotto interno lordo (Pil): le due serie di dati menzionate presentano un significativo valore di correlazione pari a 0,7. Se molti Paesi del Nord Europa mostrano incidenze prossime o superiori al 3% del Pil – Danimarca (3,7%), Lussemburgo (3,4%), Svezia (3%), Germania (2,9%), Finlandia (2,9%), Austria (2,9%), Ungheria (2,8%) –, l’Italia, con un valore di incidenza pari a 1,2%, si colloca al ventesimo posto su 27 Paesi a pari merito con Spagna, Portogallo e Lettonia, sopravanzando le nazioni di Malta (1,1%), Lituania (1,1%), Bulgaria (1,1%) e Polonia (0,8%) (figura 22). Un altro indicatore di spesa è quello relativo all’istruzione. L’indicatore di cui si dispone fornisce, in particolare, la misura di quanta parte del Pil sia destinata a questa specifica voce di spesa. Come è noto,
Figura 22 - Stima dell’incidenza della spesa sociale per le politiche per l’infanzia in percentuale del Prodotto interno lordo - Anno 2006
minore di 1,5 da 1,5 a 1,9 da 2,0 a 2,5 maggiore o uguale a 2,5
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3. L’Italia dei bambini e dei ragazzi in Europa
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sono i Paesi del Nord Europa a mostrare le più alte incidenze di spesa per l’istruzione: Danimarca (8,3% del Pil), Svezia (7,5%) e Finlandia (6,5%); e a ciò si aggiunga che tali Paesi confermano, in questa ultima rilevazione, datata 2006, i livelli di spesa già raggiunti e documentati nelle precedenti rilevazioni. Accanto alle incidenze dei Paesi nordici è da segnalare anche l’elevata percentuale di spesa per l’istruzione di Cipro (7,4%), sebbene essa, tra i nuovi Paesi aderenti, risulti un’eccezione. Un cospicuo gruppo di Paesi mostra, infine, un’incidenza di spesa pubblica per l’istruzione in rapporto al Pil decisamente più bassa e comunque inferiore alla soglia del 5%. Tra questi è da annoverare l’Italia che, con un’incidenza del 4,7%, si colloca al diciottesimo posto su 27 Paesi del’Unione, risultando all’interno del gruppo dei ritardatari: meglio posizionata di Romania (3,4%), Grecia (3,9%), Lussemburgo (4,1%), Bulgaria (4,2%), Spagna (4,3%), Slovacchia (4,4%), Irlanda (4,4%), Repubblica Ceca (4,6%), appaiata alla Germania (4,7%) e lievemente attardata rispetto a Malta (4,8%) (figura 23).
Figura 23 - Spesa pubblica per l’istruzione in rapporto al Prodotto interno lordo Anno 2006
minore di 5,0 da 5,0 a 5,9 maggiore o uguale a 6,0
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Sul fronte della diffusione dei servizi, gli indicatori a disposizione 109 permettono una valutazione di quelli rivolti alla fascia di età 0-2 anni. Tali servizi sono quanto mai importanti non solo per la sana e armoniosa crescita dei bambini in termini di socializzazione e capacità di confronto con i pari età, ma anche in quanto contribuiscono a garantire effettive opportunità di conciliazione dei tempi di lavoro e di cura, offrendo soprattutto alle donne uno strumento concreto per la partecipazione attiva al mercato del lavoro, fattore quest’ultimo ormai ampiamente riconosciuto come determinante per il contrasto della povertà. Sul fronte dei servizi dedicati alla prima infanzia, per lo più nidi d’infanzia e servizi integrativi al nido, l’Italia si colloca al diciassettesimo posto sui 20 Paesi per i quali si dispone di tale informazione, con un valore di copertura sulla popolazione di 0-2 anni del 9,9%, sopravanzando Grecia (2,7%), Austria (9,2%) e Ungheria (9,2%) ma risultando d’altro canto molto distante dai valori riscontrati in Danimarca (56%), Svezia (50%), Francia (41,8%) e Finlandia (35%) (figura 24).
Figura 24 - Percentuale di bambini di 0-2 anni che frequentano servizi per l’infanzia - Anno 2005
minore di 10,0 da 10,0 a 19,9 da 20,0 a 29,9 maggiore o uguale a 30,0 dato non disponibile
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4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale nel benessere dei bambini e dei ragazzi di Valerio Belotti
1. La mappa regionale; 2. Relazioni e legami; 3. Benessere/deprivazione materiale e culturale; 4. Salute; 5. Inclusione scolastica; 6. Sicurezza e pericolo; 7. Diffusione e uso dei servizi; 8. Il quadro comparativo finale della disuguaglianza nel benessere; 10. Considerazioni intermedie
1. La mappa regionale
In questo capitolo si propone un quadro comparativo sulla disuguaglianza nelle opportunità di benessere dei bambini e dei ragazzi italiani nelle diverse regioni italiane. Le premesse di senso e di metodo sono già state presentate nel primo capitolo di questo volume. Prima di descrivere questa attività comparativa, vale la pena ricordare alcuni aspetti della struttura demografica delle regioni italiane e, in particolare almeno per quanto qui possa interessare, la numerosità dei bambini e dei ragazzi e l’indice di vecchiaia inteso come il numero di residenti di 65 anni e più per 100 residenti con meno di 15 anni. Come noto, le diverse regioni presentano, in virtù della loro configurazione territoriale, ma anche delle loro caratteristiche demografiche, una grande varietà nell’ampiezza della popolazione minorile, che, basandoci sui dati al 1° gennaio 2009, vede due situazioni regionali con valori apicali (Lombardia e Campania), con il 28% di tutti i bambini e i ragazzi residenti nel Paese, e due situazioni con popolazioni molto circoscritte (Valle d’Aosta e Molise). A queste differenziazioni se ne affianca un’altra, definita all’interno dei rapporti demografici generazionali qui individuati, in prima approssimazione, con l’indice di vecchiaia. Come si può notare, è il valore di questo indice riferito alla struttura interna alla popolazione regionale che, ad esempio, differenzia in modo sostanziale le due regioni con più bambini: la Lombardia, con un rapporto tra generazioni anziane e giovanissime a favore delle prime; la Campania, con un rapporto a favore, anche se in modo meno evidente, delle generazioni più giovani. In generale sono le regioni meridionali, a confronto con quelle del Centro-nord, che presentano uno squilibrio generazionale più contenuto. Da ricordare la situazione fortemente squilibrata della Liguria, che a inizio 2009 contava 236 anziani su 100 bambini. Il ricorso agli indicatori di benessere disponibili a livello territoriale permette la costruzione di una mappa regionale basata sulle misure ottenute dagli indicatori nelle diverse dimensioni di senso disponibili all’analisi. La selezione degli indicatori in base alla loro disponibilità territoriale e in base alla sola loro componente del benessere genera ov-
111
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4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale
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viamente una mappa più ridotta di quella disponibile a livello nazionale e presentata nel primo capitolo di questo volume. Le rilevazioni campionarie, infatti, spesso non sono in grado di fornire informazioni e dati statisticamente attendibili a livello regionale a causa della considerevole numerosità del campione che queste richiederebbero. Non solo, la necessità di individuare un punto temporale a cui riferire la misurazione rende ancor più selettiva la cernita degli indicatori disponibili. Infatti, per avere a disposizione un numero di indicatori relativamente omogenei a riguardo dell’anno a cui si riferiscono si è scelto di focalizzare l’elaborazione del quadro comparativo ai dati disponibili al dicembre 2009. La mappa disponibile per questo periodo consta di sei dimensioni di senso (relazioni e legami; benessere/deprivazione materiale e culturale; salute; inclusione scolastica; sicurezza e pericolo; spesa, diffusione e uso dei servizi), 22 sottodimensioni e 96 indicatori. Nella figura 1 sono riportate le singole dimensioni e sottodimensioni della mappa del benessere regionale nonché il numero di indicatori che le sostanzia. La dimensione relazioni e legami individua lo spazio delle relazioni sociali significative, qui rappresentato da 13 indicatori relativi alle relazioni familiari e alle relazioni tra pari. La dimensione benessere/deprivazione materiale e culturale è qui composta da sei indicatori relativi alla lettura di libri e all’uso del personal computer e di Internet nonché all’utilizzo di spazi pubblici di gioco e di divertimento. Nella dimensione salute si sono collocati 23 indicatori articolati su diverse aree significative quali la natalità, la ospedalizzazione e l’uso di farmaci, la mortalità, l’alimentazione e l’attività fisica e sportiva. L’inclusione scolastica è rappresentata da 17 indicatori che testimoniano il significativo investimento sociale sull’infanzia che ogni società realizza con i processi di scolarizzazione; questa dimensione è articolata sugli esiti e sul grado di dispersione scolastica, sui livelli di apprendimento e sugli eventuali disagi che le famiglie con bambini dichiarano in riferimento ai tempi e alle distanze dei percorsi scuola-famiglia. La dimensione sicurezza e pericolo, composta da 15 indicatori, è invece qui riservata ai comportamenti al limite, agli atti di autolesionismo come il tentato suicidio e il suicidio, le morti violente, ai reati e ai delitti di abuso e maltrattamento. Infine la dimensione della provision, cioè dei servizi di welfare, anche qui rappresentata da un numero sostenuto di indicatori (22), in virtù degli obblighi informativi di tipo amministrativo che caratterizzano questi interventi; le sottodimensioni si riferiscono alla spesa sociale specifica dei Comuni, alla copertura dei servizi socioeducativi per la prima infanzia, ai servizi sanitari e a quelli scolastici. Come si è potuto notare, rispetto alla mappa generale riferita all’ambito nazionale, questa mappa regionale non riesce a intercettare le dimensioni e le sottodimensioni sensibili soprattutto agli indicatori
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soggettivi rilevabili attraverso indagini campionarie presso i bambini 113 o le famiglie con bambini. Non sono quindi presenti la dimensione del benessere soggettivo, basata sulle indagini Hbsc, e sulla partecipazione sociale. Naturalmente non è inclusa la dimensione riferita alla struttura sociale, in quanto costituita da soli indicatori di contesto. Gli indicatori della mappa regionale si concentrano prevalentemente sulle dimensioni “oggettive”, provenienti dalle rilevazioni periodiche su diversi aspetti della vita scolastica e dei servizi di welfare: sociali, sanitari e scolastici.
Figura 1 - Mappa regionale degli indicatori del benessere al dicembre 2009
Per arrivare a una misura sintetica degli indicatori di benessere relativi a ogni singola dimensione si è resa necessaria la trasformazione e la combinazione dei singoli indicatori in modo da rendere possibile la loro comparabilità e integrazione. Tale necessità nasce dal fatto che le unità di misura degli indicatori sono ovviamente differenti e non è possibile aggregare o combinare, ad esempio, un tasso di incidenza del numero di bambini iscritti a un servizio socioeducativo con il livello di copertura dei Comuni di questo servizio. Ci sono in letteratura diverse procedure per poter trasformare gli indicatori e rendere comparabile la loro misura: il calcolo degli z-scores, la costruzione di numeri
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4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale
114
indice, l’utilizzo di graduatorie (Nuvolati, 1998). In questo lavoro si è fatto ricorso al calcolo per ogni indicatore dei punteggi standardizzati (metodo z-scores basato sull’utilizzo della deviazione standard), in modo che ciascuno di questi indicatori si potesse distribuire su una scala comune di misura rendendo quindi possibile la costruzione di indici sintetici per ciascuna dimensione e sottodimensione. Si tratta di una scelta che ripercorre altre esperienze svolte in questo campo di studi anche se, come le altre possibili scelte, è soggetta ad alcune debolezze, soprattutto in ordine alla sensibilità che i calcoli degli indici presentano rispetto agli indicatori con maggiore intervallo di variazione. Contrariamente invece a quanto proposto in altri casi analoghi di misura del benessere, già citati in precedenza, la misura sintetica di ogni sottodimensione e dimensione, composta da più indicatori elementari (è il caso, ad esempio, dell’indice sintetico della sottodimensione “mortalità”, costituente la dimensione “salute”, e composta da cinque indicatori elementari), non si è calcolata assegnando a questi lo stesso peso statistico, ma un peso desunto dai valori di correlazione tra le diverse serie di indicatori (si veda l’Appendice 2, dedicata a questa procedura). Ciò per evitare l’influenza sul calcolo dell’indice sintetico del peso delle variabili latenti costituite da una quota parte comune di informazioni contenute in indicatori diversi; un modo per ridurre la ridondanza tra indicatori molto correlati tra loro. Una cautela che un indice sintetico calcolato con la semplice media delle medie non sarebbe riuscito a evitare. Questa scelta caratterizza in modo particolare questo lavoro da quelli di riferimento. Oltre a questa modalità di assegnazione di peso non si è ritenuto di ricorrere a nessuna altra ponderazione riferita al giudizio di maggiore o minore importanza di ciascun indicatore elementare nel formare l’indice sintetico, cosa del resto molto ardua. Così, ad esempio, nella sottodimensione del benessere riservata agli aspetti delle relazioni familiari è stata data la stessa importanza alla misura delle relazioni di gioco e di scambio tra figli e genitori che al numero di allontanamenti temporanei di bambini e ragazzi dalla propria famiglia in grave difficoltà relazionale operati dai servizi sociali. Si potrebbe obiettare che l’ultimo aspetto è sicuramente più devastante del primo per la vita di un bambino, ma anche detto questo ci sarebbe da superare la difficoltà nell’attribuire un peso a questo aspetto rispetto ad altri: la tal misura vale il doppio o il triplo dell’altra? In mancanza di specifiche riflessioni e approfondimenti e vista la natura degli indicatori utilizzati, si è ritenuto qui poco utile il ricorso ad altre tecniche di ponderazione come, ad esempio, i giudizi espressi da un’apposita giuria di testimoni privilegiati. Seguono quindi la presentazione delle elaborazioni di ogni singola dimensione di senso e il quadro comparativo finale delle diverse situazioni regionali.
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2. Relazioni e legami
Lo sviluppo di competenze relazioni e sociali sono, sia per la Crc 115 che per molte ricerche di diverso orientamento scientifico e disciplinare, uno degli aspetti che maggiormente concorrono a influenzare i processi di crescita dei bambini e il loro benessere. I bambini sono sempre cresciuti in ogni periodo storico in contesti strettamente di tipo relazionale: con la propria madre, i propri familiari, con altri adulti e, non da ultimo, con altri bambini. Sono cresciuti e crescono, acquisendo sapere e capacità di esprimere il loro punto di vista, in modi a loro consoni, ancorandosi alle relazioni che quotidianamente vivono e partecipando alla loro rielaborazione e al loro mutamento. Sono le relazioni che “permettono ai bambini di crescere” e di esistere come soggetti a prescindere dalle idee prevalenti che ogni società ha di loro (Corsaro, 1997; James, James, 2004; Belotti, La Mendola, 2010). Relazioni alla cui costruzione e ideazione i bambini contribuiscono in prima persona. I 13 indicatori statistici selezionati per dare corpo a questa dimensione puntano a sostanziare sia la cerchia delle relazioni più stringenti come quelli relativi alla famiglia, ma anche quelli che fanno parte delle cerchie che si costruiscono all’interno degli spazi della vita quotidiana tra i pari (tavola 1)1. In particolare, questa dimensione è articolata in due sottodimensioni o ambiti, centrati sullo stato dei rapporti tra genitori e figli (10 indicatori) e sulle relazioni tra coetanei (3). Lo spazio relazionale familiare rappresenta senza dubbio uno dei principali aspetti del benessere dei bambini e ciò ha trovato un proprio e ampio riconoscimento all’interno delle norme e delle pratiche di welfare a sostegno dell’infanzia. Secondo la Crc, le principali normative italiane in questione (L. 184/1983) e la cultura diffusa, il bisogno di relazioni significative di ogni bambino trova senso e si realizza soprattutto all’interno dell’ambito familiare o in un ambiente di tipo familiare: da qui il diritto di ogni bambino ad avere una propria famiglia o a crescere in un ambiente familiare. È lo stato delle relazioni intersoggettive in cui cresce il minore d’età che concorre in modo sostanziale al benessere del bambino stesso o del ragazzo. Come anticipato, gli indicatori selezionati sono dieci. I primi quattro indicatori hanno a che fare con la “normalità” della vita quotidiana. Due di questi prendono in considerazione la quota parte di bambini tra 3 e 10 anni che hanno la possibilità di giocare (seb-
1
Nelle tabelle relative a ogni dimensione del benessere sono stati indicati: la sottodimensione, l’indicatore utilizzato, il segno dell’orientamento dell’indicatore in relazione alla misura del benessere specifico della dimensione, l’anno di riferimento dei dati utilizzati nella costruzione dell’indicatore, la fonte dei dati.
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4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale
116
Tavola 1 - Sottodimensioni, indicatori, anno di riferimento e fonti per la dimensione relazioni e legami secondo i dati disponibili al dicembre 2009
Relazioni tra pari
Relazioni familiari
Sottodimensione
Indicatore
Orientamento
Anno
Fonte
% di 3-10enni che giocano con il padre nei giorni festivi % di 3-10enni che giocano con la madre nei giorni festivi % di 3-17enni che hanno genitori che non sono mai attenti ai programmi televisivi, videocassette/dvd visti dai figli % di 3-10enni che si annoiano spesso % figli minori con affidamento congiunto e/o alternato (condiviso dal 2006) nelle separazioni % figli minori con affidamento congiunto e/o alternato (condiviso dal 2006) nei divorzi Figli affidati nelle separazioni per 1.000 minori residenti Figli affidati nei divorzi per 1.000 minori residenti Allontanamenti (affidamenti e minori accolti nei servizi residenziali) per 10.000 residenti di 0-17 anni Minori in stato di adottabilità per 100.000 minori residenti
diretto diretto inverso
2008 2008 2005
Istat* Id. www.minori.it
inverso diretto
2005 2007
Id. http://giustiziaincifre.istat.it
diretto
2007
Id.
inverso inverso inverso
2007 2007 2007
Id. Id. www.minori.it
inverso
2007
http://giustiziaincifre.istat.it
% di 3-17enni che frequentano coetanei nel tempo libero % di 3-17enni che partecipano a feste organizzate per altri coetanei % di 11-17enni che escono da soli con gli amici una o più volte a settimana
diretto diretto
2008 2008
Istat* Id.
diretto
2005
www.minori.it
* Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” (anni vari).
bene la rilevazione promossa dall’Istat e dal Centro nazionale si sia soffermata solo sui giorni festivi) con il padre e con la madre; attività queste che tendono a presentare un forte livello di associazione nel senso che chi gioca con la madre tende a giocare nella stessa intensità con il padre (l’indice di correlazione tra le due serie è di ben .97). Un terzo riguarda invece le attività di attenzione, per i figli più grandi di vera e propria negoziazione, che si costruiscono tra genitori e figli nell’uso della televisione; attività che rivelano una presenza dei genitori di forte intensità. Infine il quarto indicatore individua la presenza diffusa o meno tra i bambini, sempre tra i 3 e i 10 anni, di un senso di noia e di non saper cosa fare che coinvolge mediamente il 5% degli intervistati nella multiscopo del 2005 (Ciccotti, Sabbadini, 2007). Il quinto e il sesto indicatore individuano la quota di rotture temporanee e definitive delle relazioni di coppia e quindi familiari che coinvolgono figli minorenni. Sempre in riferimento alle rotture dei legami familiari si sono calcolati altri due indicatori, uno per le separazioni e uno per i divorzi, che individuano la quota parte di rotture dei vincoli familiari che si concludono con un affidamento condiviso a entrambi i genitori.
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Il nono indicatore riguarda la quota parte dei bambini e dei ragaz- 117 zi allontanati temporaneamente dalla loro famiglia con un provvedimento dell’autorità giudiziaria a causa di forti e gravi problematicità nelle relazioni familiari e genitoriali. Il carattere drastico e radicale che assume ogni allontanamento dei bambini dai propri familiari è da considerarsi contemporaneamente come un’azione caratterizzata da “eccezionalità”, “temporaneità” e “sussidiarietà”. L’allontanamento temporaneo del minore d’età dalla propria famiglia è infatti possibile solo «quando la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e all’educazione del minore» perché gli interventi di sostegno e di aiuto disposti in suo favore non hanno avuto effetto, oppure in caso di necessità e urgenza. La diffusione o meno di questa pratica può essere messa in relazione con la fragilità delle situazioni familiari in un particolare territorio. Il condizionale è d’obbligo perché l’attuazione o meno dell’allontanamento di un bambino dalla propria famiglia può essere influenzato da altri fattori, come ad esempio le strategie di lavoro dei servizi sociali locali, la capacità di questi di individuare o meno i casi di profondo disagio relazionale e l’interesse degli amministratori locali ad assumersi onerosi percorsi di accoglienza e di cura di bambini con famiglie in difficoltà (Me, 2007). Per costruire questo indicatore si è fatto ricorso al tasso, sulla popolazione minorile residente, di bambini e ragazzi allontanati dalla propria famiglia e affidati a una famiglia affidataria oppure inseriti in una comunità familiare o educativa. Infine, l’ultimo indicatore riguarda i bambini in stato di abbandono e dichiarati dal tribunale per i minorenni in stato di adottabilità. Si tratta di numeri molto contenuti per ciascun ambito regionale e ciò giustifica la sensibile variabilità statistica della serie individuata nella tavola 2. Per quanto riguarda il secondo ambito dedicato alle relazioni tra pari, si è fatto ricorso come in precedenza ai risultati ottenuti dall’indagine multiscopo dell’Istat e del Centro nazionale del 2005 sulla vita dei bambini, in particolare in ordine a tre indicatori: la quota di bambini e ragazzi tra 3 e 17 anni che frequentano coetanei nel tempo libero, la quota della stessa popolazione che partecipa a feste organizzate dagli altri coetanei e, infine, la quota dei ragazzi tra 11 e 17 anni che escono di casa da soli con gli amici una o più volte la settimana. Come si può notare nella tavola 2, le variabilità regionali sono molto contenute e tendono a prospettare – sarebbe stato strano diversamente – una forte diffusione dei legami amicali, anche se, occorre aggiungere, a questa predominanza indiscutibile (si tratta del 79% degli intervistati) fa da riscontro circa un quinto di bambini e bambine che non frequentano abitualmente i propri coetanei (Ciccotti, Sabbadini, 2007).
63,0 47,6 64,7 69,5 71,9 57,2 71,8 64,0 59,7 70,6 59,5 63,5 50,6 40,4 44,1 42,4 44,4 28,8 38,5 54,2
56,4
Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Trentino-Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna
Italia
Regioni
61,6
66,5 51,6 67,0 68,0 71,0 64,0 72,1 74,6 64,2 74,0 64,6 71,9 60,4 44,8 52,0 43,4 56,0 40,1 48,5 55,4
% di 3- 10enni che giocano con la madre nei giorni festivi
8,6
6,0 7,7 5,4 9,4 6,6 8,2 6,1 11,2 9,3 10,5 5,5 11,6 10,7 7,3 11,8 5,1 9,2 9,1 10,6 9,4
% di 3-17enni che hanno genitori che non sono mai attenti ai programmi televisivi, videocassette/ dvd visti dai figli % figli minori con affidamento condiviso nelle separazioni
81,7 84,0 77,5 81,5 80,6 82,2 84,7 82,5 86,7 75,8 86,4 67,4 64,8 50,3 62,3 46,5 55,5 54,3 52,7 70,9 72,1
% di 3-10enni che si annoiano spesso
2,4 4,5 4,4 1,7 5,2 6,4 2,1 2,8 9,0 6,6 3,2 3,7 3,7 5,9 5,4 6,9 8,4 4,6 7,0 5,9 5,0
49,9
62,3 53,1 51,4 62,8 58,4 57,9 60,8 57,3 59,0 48,8 53,5 38,4 36,2 17,8 43,9 38,3 37,2 27,4 35,7 39,8
% figli minori con affidamento condiviso nei divorzi
6,6
8,3 12,3 7,5 7,0 6,0 8,1 9,4 7,8 7,7 7,7 6,0 8,4 6,6 5,9 4,8 4,8 3,7 4,5 5,3 5,6
Figli affidati nelle separazioni per 1.000 minori residenti
2,5
3,5 4,1 3,2 3,2 2,6 3,6 3,9 3,3 3,4 2,1 2,5 2,9 2,5 1,9 1,4 1,3 1,1 1,4 1,9 2,1
Figli affidati nei divorzi per 1.000 minori residenti
3,2
3,9 2,8 2,7 3,4 2,1 3,5 5,8 3,6 4,0 4,9 2,0 4,2 2,5 1,2 2,3 4,1 2,3 2,8 3,1 3,0
Allontanamenti (affidamenti e minori accolti nei servizi residenziali) per 10.000 residenti di 0-17 anni
13,2
11,0 11,7 11,4 15,1 6,1 13,3 8,6 8,1 9,6 155,8 11,6 13,1 6,3 3,4 2,9 6,2 11,5 10,0
Minori in stato di adottabilitĂ per 100.000 minori residenti
79,2
80,5 82,3 81,7 83,9 83,8 82,3 86,1 81,0 81,2 82,7 85,0 81,7 79,6 86,2 73,3 76,8 74,5 79,3 69,4 83,6
% di 3-17enni che frequentano coetanei nel tempo libero
118
% di 3-10enni che giocano con il padre nei giorni festivi
75,8
76,5 80,5 73,5 72,4 80,5 73,8 75,9 74,9 83,5 78,1 73,6 82,2 74,4 81,1 70,4 72,7 66,3 72,7 78,2 74,9
% di 3-17enni che partecipano a feste organizzate per altri coetanei
Relazioni tra pari
54,2
55,7 40,6 56,3 54,4 58,4 55,7 54,9 55,2 46,5 50,5 51,2 56,2 48,7 49,0 56,0 60,5 52,0 55,5 44,1 49,2
% di 11-17enni che escono da soli con gli amici una o piĂš volte a settimana
4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale
Relazioni familiari
Tavola 2 - I valori degli indicatori selezionati della sottodimensione relazioni familiari secondo i dati disponibili al dicembre 2009
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In base ai calcoli degli indici sintetici relativi alle due sottodimen- 119 sioni, si è elaborato l’indice sintetico complessivo della dimensione relazioni e legami i cui risultati sono visualizzati nel grafico 12. Il Veneto presenta la performance migliore dovuta soprattutto ai valori elevati raggiunti dagli indicatori nelle relazioni di gioco tra bambini e genitori e dagli indicatori relativi alle relazioni tra i pari. La Sicilia al contrario si posiziona all’ultimo posto in graduatoria a causa dei bassi valori raccolti dagli indicatori di gioco in famiglia.
Grafico 1 - Valori dell’indice sintetico per la dimensione relazioni e legami nelle regioni secondo i dati disponibili al dicembre 2009 Veneto Liguria Lombardia Piemonte Molise Lazio Trentino-Alto Adige Friuli-Venezia Giulia Emilia-Romagna Puglia Marche Umbria Sardegna Toscana Calabria Abruzzo Valle d’Aosta Campania Basilicata Sicilia -1,00
3. Benessere/ deprivazione materiale e culturale
-0,80
-0,60
-0,40
-0,20
0,00
0,20
0,40
0,60
0,80
1,00
In questa dimensione si sono considerati alcuni indicatori che riguardano i consumi culturali e le occasioni di svago dei bambini e dei ragazzi. Purtroppo non è possibile in Italia avere misure regionali sulla povertà dei bambini o delle famiglie con bambini minorenni e non è stato quindi possibile tener conto di questo aspetto che risulta invece utilizzato nelle indagini comparative svolte a livello internazionale sul benessere dei bambini. È pur vero che il livello di povertà riferito all’insieme della popolazione è, in ciascuna regione, diret-
2
Per le modalità di costruzione degli indici sintetici o riassuntivi si veda, oltre quanto già scritto, la nota contenuta nell’Appendice 2.
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4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale
120
tamente correlato alla numerosità delle famiglie con figli, ma ciò non basta a poter includere l’indicatore generale di povertà in questi calcoli, perché non compatibile con le regole fondative di questo lavoro che sono state in precedenza già enunciate. La dimensione è articolata su due sottodimensioni (tavola 3), entrambe rilevate dall’indagine multiscopo sui bambini svolta nel 2005 (Ciccotti, Sabbadini, 2007). Tavola 3 - Sottodimensioni, indicatori, anno di riferimento e fonti per la dimensione benessere/deprivazione materiale e culturale secondo i dati disponibili al dicembre 2009
Giochi e divertimenti
Consumi culturali
Sottodimensione
Indicatore % di 6-17enni che hanno letto libri per motivi non strettamente scolastici % di 6-17enni che non hanno a disposizione un pc da utilizzare % di 6-17enni che non usano il pc % di 6-17enni che non usano internet % di 3-10enni che non va mai in giardini/parchi attrezzati % di 3-10enni che non va mai al luna park
Orientamento
Anno
Fonte
diretto
2005
www.minori.it
inverso
2005
Id.
inverso inverso
2005 2005
Id. Id.
inverso
2005
Id.
inverso
2005
Id.
Nel primo ambito dedicato ai consumi culturali rientrano quattro indicatori relativi a: la lettura di libri non strettamente legati alle consegne scolastiche, l’uso o meno del personal computer e il ricorso a Internet. Nel secondo ambito dedicato invece ai giochi e ai divertimenti è stato possibile far ricorso alla frequenza di utilizzo di giardini e piccoli parchi attrezzati per il gioco e la frequenza ai parchi gioco come il luna park. Nella tavola 4 sono riportati i valori assunti dagli indicatori relativi alla dimensione qui presa in considerazione. Il quadro riassuntivo proposto nel grafico 2 presenta una concentrazione di almeno quattro diverse regioni ai primi posti della graduatoria con pochissimi margini di scarto; si tratta di Friuli Venezia Giulia, Umbria, Liguria e Valle d’Aosta. In posizione critica si situano anche in questo caso i bambini siciliani che, rispetto ai coetanei di altre regioni, presentano una minore propensione alla lettura, sono vittime di un sensibile divario digitale e frequentano meno di altri luoghi collettivi di gioco.
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121
Tavola 4 - I valori degli indicatori selezionati della dimensione benessere/deprivazione materiale e culturale secondo i dati disponibili al dicembre 2009 Consumi culturali
Giochi e divertimenti
% di 6-17enni che hanno letto libri per motivi non strettamente scolastici
% di 6-17enni che non hanno a disposizione un pc da utilizzare
% di 6-17enni che non usano il computer
% di 6-17enni che non usano internet
% di 3-10enni che non va mai in giardini/parchi attrezzati
% di 3-10enni che non va mai al luna park
Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Trentino-Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna
69,2 65,0 64,7 66,2 69,3 74,4 64,6 72,8 57,0 60,7 51,8 58,4 55,4 45,3 34,3 42,2 49,5 42,4 29,1 49,7
35,8 41,4 34,4 34,2 35,2 39,3 33,3 35,8 43,0 35,1 40,4 34,5 25,2 38,4 58,0 52,9 41,3 47,2 59,0 43,0
36,2 31,8 30,6 32,4 33,0 31,8 33,7 36,5 43,7 31,8 43,2 35,2 26,3 34,8 55,8 49,3 39,0 42,2 55,7 38,3
56,7 61,0 54,9 51,7 54,5 57,8 57,2 51,9 55,8 46,9 56,9 53,8 56,7 60,6 77,7 67,7 65,3 68,9 75,4 60,2
50,8 42,4 45,8 46,1 55,6 42,5 39,8 39,9 41,0 44,8 50,9 41,4 50,9 54,9 50,8 51,7 57,0 54,5 61,7 48,8
23,2 20,6 40,8 60,6 21,1 23,7 29,1 41,8 27,6 24,7 38,1 31,7 24,0 39,3 29,0 39,4 52,1 32,9 40,6 53,2
Italia
53,5
42,8
40,9
61,7
49,2
34,5
Regioni
Grafico 2 - Valori dell’indice sintetico per la dimensione benessere/deprivazione materiale e culturale secondo i dati disponibili al dicembre 2009 Friuli Venezia Giulia Umbria Liguria Valle d’Aosta Emilia-Romagna Lazio Abruzzo Piemonte Toscana Veneto Lombardia Trentino-Alto Adige Marche Molise Sardegna Calabria Puglia Basilicata Campania Sicilia -2,00
-1,50
-1,00
-0,50
0,00
0,50
1,00
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4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale
122
4. Salute
Si tratta di una dimensione sempre presente nei vari studi sul benessere dei bambini. In effetti, l’imponente sviluppo dei sistemi sanitari nei Paesi occidentali e la formalizzazione delle attività mediche hanno permesso un potenziamento dei sistemi informativi di monitoraggio sulle malattie che pochi altri settori possono vantare, se non quello dell’istruzione. Una messe di informazioni che però, più che sullo stato di salute dei cittadini, aggiorna sullo stato del loro malessere, vista la focalizzazione sui sistemi di cura sanitari. Questa dimensione è composta da cinque ambiti: tre di derivazione sanitaria, due di provenienza extrasanitaria. Si tratta delle condizioni alla nascita, della spedalizzazione, della mortalità, dell’alimentazione e dell’attività fisica e sportiva. Una dimensione che vanta il maggior numero di indicatori disponibili a livello regionale (tavola 5). Sulle condizioni alla nascita sono stati individuati cinque indicatori commisurati alla popolazione di riferimento: nati sottopeso, nati pretermine, parti cesarei delle minorenni, parti cesarei in complesso e controlli sullo stato di salute in gravidanza. Invece per l’ambito relativo alla spedalizzazione e all’uso dei farmaci si sono individuati sei indicatori. Appare poco verosimile, ma le informazioni sulla mortalità dei bambini e dei ragazzi sembrano essere quelle più difficili da ottenere sia a livello nazionale che locale, complici le diverse modalità di rilevazione messe in campo. Si muore ovviamente per diversi motivi, sia per condizioni legate alla salute, sia per eventi anche violenti quali incidenti stradali, traumi e avvelenamenti. Nell’ambito qui dedicato alla mortalità si sono considerate le morti dei minorenni. I valori degli indicatori posizionati in questi tre ambiti della dimensione salute sono visualizzati nella tavola 6.
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Tavola 5 - Sottodimensioni, indicatori, anno di riferimento e fonti per la dimensione salute secondo i dati disponibili al dicembre 2009 Anno
Fonte
% nati sottopeso sul totale dei nati % nati pretermine sul totale dei nati % di madri che non effettuano nessun controllo in gravidanza % di parti cesarei delle minorenni sul totale dei parti delle minorenni % di parti cesarei sul totale dei parti
inverso inverso inverso
2006 2006 2006
www.ministerosalute.it Id.
inverso
2005
Id. www.istat.it/sanita/health
inverso
2005
Id.
inverso
2005
Id.
Spedalizzazione e farmaci
Tasso di dimissione ospedaliera ordinaria acuti 0-14 anni (per 10.000 minori 0-14 anni) Tasso di dimissione disturbi psichici 0-14 (per 10.000 minori 0-14 anni) Tasso di dimissione alcune condizioni morbose origine perinatale 0 (per 10.000 minori 0 anni) Tasso di dimissione malformazioni congenite 0-14 (per 10.000 minori 0-14 anni ) Tasso consumo farmaci 0-14 (per 100 minori 0-14 anni) Tasso abortività volontaria minorenni 14-17 anni (per 1.000 minori 14-17 anni)
inverso
2005
Id.
inverso
2005
Id.
inverso
2005
Id.
inverso
2006
Id.
inverso
2005
www.istat.it/dati
inverso inverso
2005 2005
www.istat.it/sanita/health Id.
Mortalità
Nati-mortalità Tasso di mortalità perinatale - 1-6 giorni (per 10.000 nati vivi) Tasso di mortalità neonatale - 1-29 giorni (per 10.000 nati vivi) Tasso di mortalità infantile (per 10.000 nati vivi) Tasso di mortalità per la classe 0-14 (per 10.000 minori 0-14 anni)
inverso
2005
Id.
inverso inverso
2005 2005
Id. Id.
% di bambini 8-9 anni in sovrappeso % di bambini 8-9 anni obesi % di 3-14enni che fanno un'adeguata colazione % di 3-14enni che mangiano pesce qualche volta a settimana % di 3-14enni che consumano verdura almeno 1 volta al giorno
inverso inverso diretto diretto
2008 2008 2006 2006
www.epicentro.iss.it Id. www.istat.it/sanita/health Id.
diretto
2006
Id.
% di 3-17enni che praticano sport in maniera continuativa % di 3-17enni che non praticano né sport né attività fisica
diretto
2005
www.minori.it
diretto
2005
Id.
Attività sportiva e fisica
Nascita
Orientamento
Alimentazione
Sottodimensione
Indicatore
123
124
6,9 5,9 6,2 6,9 6,6 6,7 6,6 7,3 6,5 5,7 5,6 7,2 5,6 5,2 6,6 5,7 7,0 7,9
6,5
6,9 6,5 7,0 6,4 6,5 6,6 6,6 6,9 6,7 6,2 5,8 7,0 6,2 6,8 7,0 6,4 6,5 7,8 8,3
6,9
Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Trentino-Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna
Italia
Regioni
% nati pretermine sul totale dei nati
% di parti cesarei sul totale dei parti
31,9 25,0 27,3 25,4 29,5 29,5 35,7 24,9 23,9 31,0 33,7 42,0 43,4 60,8 48,9 43,0 52,9 41,2 37,4
% di parti cesarei delle minorenni sul totale dei parti delle minorenni
23,5 16,7 17,6 22,1 19,6 20,9 20,4 18,3 13,9 32,0 19,0 24,6 32,9 33,3 52,7 33,7 38,2 41,1 27,3 32,6
2,1 0,3 1,4 0,0 0,7 0,7 0,5 0,7 0,8 0,7 0,6 0,8 0,3 0,5 1,0 0,5 0,5 0,8
Nascita
% di madri che non effettuano nessun controllo in gravidanza
958,4
860,5 665,2 1.005,6 826,7 678,6 559,6 909,3 827,3 668,7 985,3 887,4 1.053,4 1.253,8 1.209,4 970,6 1.194,2 820,8 941,1 1.168,1 1.053,1
Tasso di dimissione ospedaliera ordinaria acuti 0-14 anni M+F (per 10.000 minori di 0-14 anni)
36,4
15,9 19,6 24,1 11,5 25,6 15,7 34,3 15,0 26,3 22,8 26,7 118,4 62,5 34,1 24,7 22,9 59,0 29,5 47,5 72,4
Tasso di dimissione disturbi psichici 0-14 (per 10.000 minori di 0-14 anni)
Tasso di dimissione malformazioni congenite 0-14 (per 10.000 minori di 0-14 anni)
15,9 19,6 24,1 11,5 25,6 15,7 34,3 15,0 26,3 22,8 26,7 118,4 62,5 34,1 24,7 22,9 59,0 29,5 47,5 72,4 36,4
Tasso di dimissione alcune condizioni morbose origine perinatale 0 (per 10.000 minori di 0 anni) 2.425,6 1.013,0 1.865,0 1.621,2 1.435,0 1.748,4 2.301,9 1.566,8 853,1 1.718,0 1.497,6 1.748,0 2.745,7 1.420,9 1.710,9 2.768,2 2.381,7 2.409,9 2.330,9 2.433,7 1909,5
Spedalizzazione e farmaci
35,8 8,6 28,4 27,0 32,3 36,6 37,5 30,5 25,7 15,5 31,9 29,2 14,3 35,5 36,5 24,7 10,2 32,3 31,6 48,9 30,6
4,7 5,5 3,8 2,8 2,0 2,6 5,4 4,0 3,3 4,1 2,5 4,2 3,2 1,9 2,2 4,3 2,3 1,9 2,8 3,0 3,3
21,2 15,2 19,2 16,5 26,0 11,3 18,4 24,5 16,2 15,2 17,8 21,8 15,4 14,2 13,1 18,0 11,6 19,5 12,8 17,6 18,3
Nati-mortalità
Tasso abortività volontaria minorenni 14-17 anni (per 1.000 minori 14-17 anni)
Tasso consumo farmaci 0-14 (per 100 minori 0-14 anni)
9,1
7,3 19,4 7,3 14,1 6,0 6,1 5,9 9,9 5,8 5,2 6,7 9,4 9,0 8,0 9,6 13,0 10,2 14,4 14,1 3,8
Tasso di mortalità perinatale 1-6 giorni (per 10.000 nati vivi)
17,1
12,2 29,1 14,2 20,7 10,8 15,3 10,2 18,2 11,6 19,6 15,7 20,0 14,3 8,0 17,3 23,2 14,3 22,7 27,6 12,2
Tasso di mortalità neonatale 1-29 giorni (per 10.000 nati vivi)
Mortalità
36,9
29,4 38,8 32,8 31,1 28,2 36,7 26,3 35,4 26,1 31,3 30,7 41,6 34,0 20,0 42,9 45,5 47,0 54,3 50,5 25,9
Tasso di mortalità infantile (per 10.000 nati vivi)
3,6
3,0 3,2 3,5 3,1 3,0 3,6 2,5 3,8 2,8 4,1 3,4 4,0 3,1 2,3 3,7 3,9 3,7 3,9 4,5 2,4
Tasso di mortalità per la classe 0-14 (per 10.000 minori 0-14 anni)
4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale
% nati sottopeso sul totale dei nati
Tavola 6 - I valori degli indicatori selezionati degli ambiti nascita, spedalizzazione e farmaci e mortalità secondo i dati disponibili al dicembre 2009
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La sottodimensione relativa all’alimentazione raggruppa alcuni 125 indicatori che riguardano sia le condizioni di sovrappeso e di obesità sia la varietà e la qualità della dieta quotidiana, così almeno come ci permettono di conoscere le periodiche rilevazioni dell’Istat. Si sono quindi potuti considerare: i bambini di 8-9 anni in sovrappeso e quelli obesi, i bambini e i ragazzi di 3-14 anni che svolgono una colazione adeguata, che mangiano pesce qualche volta a settimana e che consumano verdura almeno una volta al giorno. Infine, sono due gli indicatori disponibili con il dettaglio regionale, entrambi rilevati dall’Istat con la multiscopo del 2005, per la sottodimensione relativa alle attività fisiche e sportive: la quota di bambini e ragazzi tra i 3 e i 17 anni che praticano sport in maniera continuativa e la quota degli stessi che non fanno mai sport e nemmeno praticano un’attività fisica (tavola 7).
Tavola 7 - I valori degli indicatori selezionati degli ambiti alimentazione e attività fisica e sportiva secondo i dati disponibili al dicembre 2009 Alimentazione
Attività sportiva e fisica
% di bambini 8-9 anni in sovrappeso
% di bambini 8-9 anni obesi
% di 3-14enni che fanno un’adeguata colazione
% di 3-14enni che mangiano pesce qualche volta a settimana
% di 3-14enni che consumano verdura almeno 1 volta al giorno
% di 3-17enni che praticano sport in maniera continuativa
% di 3-17enni che non praticano né sport né attività fisica
Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Trentino-Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna
19,0 17,0 20,0 21,0 22,0 20,0 22,0 24,0 23,0 26,0 26,0 26,0 28,0 25,0 26,0 26,0 25,0 19,0
8,0 6,0 7,0 4,0 7,0 9,0 7,0 11,0 10,0 13,0 13,0 16,0 21,0 14,0 13,0 16,0 17,0 7,0
89,3 93,3 89,7 90,2 89,9 88,1 90,9 91,6 90,0 82,2 89,6 89,7 91,5 85,4 90,5 92,1 89,0 90,7 88,6 87,5
53,5 56,6 56,5 37,8 48,1 54,8 60,7 50,7 63,5 61,7 63,4 59,4 63,9 64,8 70,0 57,3 67,8 59,5 57,2 55,2
41,7 35,5 36,8 49,3 34,5 53,1 29,7 35,0 36,6 33,2 41,3 40,2 32,4 23,0 21,7 17,7 18,3 19,0 21,0 37,7
48,1 46,3 51,7 50,3 51,1 43,5 44,1 50,3 51,2 48,9 47,1 52,1 50,6 38,3 28,5 36,7 32,2 38,9 32,4 47,5
19,8 7,4 18,1 7,9 13,0 16,3 26,2 17,0 25,0 22,2 24,4 18,6 19,0 26,7 37,5 28,2 33,6 29,9 39,9 23,9
Italia
24,0
12,0
89,9
58,1
31,7
43,9
24,5
Regioni
Q51_02 Capitoli 001-144_Q43_02 001-116ok 07/04/11 11.44 Pagina 126
4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale
126
Il quadro comparativo complessivo di questa dimensione è proposto nel grafico 3. Come si può notare i migliori risultati si concentrano nelle tre regioni autonome, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, e in Toscana. Anche in questa dimensione i bambini siciliani appaiono quelli con meno opportunità a causa soprattutto dei valori degli indicatori legati alle sottodimensioni della mortalità e delle condizioni alla nascita.
Grafico 3 - Valori dell’indice sintetico per la dimensione “Salute” nelle regioni secondo i dati disponibili al dicembre 2009 Valle d’Aosta Trentino-Alto Adige Toscana Friuli Venezia Giulia Marche Veneto Emilia-Romagna Lombardia Abruzzo Liguria Umbria Piemonte Molise Sardegna Basilicata Lazio Puglia Campania Calabria Sicilia -1,00
5. Inclusione scolastica
-0,80
-0,60
-0,40 -0,20
0,00
0,20
0,40
0,60
0,80
1,00
La partecipazione scolastica e la sua regolarità, se non la sua qualità, sono da sempre considerate uno degli aspetti più sensibili a indicare sia il soddisfacimento dei diritti dell’infanzia che parte del suo benessere “oggettivo” presente nei diversi Paesi3. Ciò, seppur con diverse modalità organizzative ed educative, a partire dalla prima infanzia. Gli ambiti che si sono costruiti per sostanziare questa dimensione sono tre e riguardano: gli esiti e la dispersione scolastica, i livelli di apprendimento, i tempi e le distanze nei percorsi di tragitto tra la residenza familiare e le scuole.
3
Per un’analisi e una proposta articolata di indicatori sulla scuola in Italia si veda: 1° rapporto sulla qualità nella scuola, Roma, Tuttoscuola, 2007.
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Tavola 8 - Sottodimensioni, indicatori, anno di riferimento e fonti per la dimensione inclusione scolastica secondo i dati disponibili al dicembre 2009
Tempi e distanze
Apprendimenti
Esiti e dispersione
Sottodimensione
Orientamento
Anno
Fonte
% ripetenti delle scuole primarie
inverso
2005
% ripetenti delle scuole secondarie di I grado % ripetenti delle scuole secondarie di II grado % studenti non ammessi all'anno successivo alla scuola secondaria di II grado % ripetenti del I anno degli istituti secondari di II grado % alunni in ritardo nelle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado % di alunni con cittadinanza straniera in ritardo nelle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado Abbandoni scolastici per 100 iscritti al primo anno delle scuole secondarie di II grado
inverso inverso inverso
2005 2006 2006
www.istruzione.it/web/ministero/ index_pubblicazioni Id. Id. Id.
inverso inverso
2006 2006
Id. Id.
inverso
2006
Id.
inverso
2006
Id.
Livello di apprendimento medio in italiano delle classi IV scuola primaria Livello di apprendimento medio in matematica delle classi IV scuola primaria Livello di apprendimento medio in italiano delle classi I scuola secondaria di I grado Livello di apprendimento medio in matematica delle classi I scuola secondaria di I grado Livello di apprendimento medio in italiano delle classi I scuola secondaria di II grado Livello di apprendimento medio in matematica delle classi I scuola secondaria di II grado
diretto
2006
diretto
2006
http://www.invalsi.it/areadati/ swdati.php?page=generale Id.
diretto
2006
Id.
diretto
2006
Id.
diretto
2006
Id.
diretto
2006
Id.
Famiglie che dichiarano difficoltà a raggiungere la scuola dell'infanzia Famiglie che dichiarano difficoltà a raggiungere la scuola primaria Famiglie che dichiarano difficoltà a raggiungere la scuola secondaria I grado
inverso
2006
Istat*
inverso
2006
Id.
inverso
2006
Id.
Indicatore
* Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” (anni vari).
Nel primo ambito si sono considerati otto indicatori riferiti agli alunni in ritardo, a quelli ripetenti, ai non ammessi e agli abbandoni. La tavola 9 mette immediatamente in evidenza la posizione critica dei bambini e dei ragazzi sardi. In effetti, i valori regionali riferiti alla Sardegna sono tutti molto più problematici di quelli nazionali. Ad esempio, mentre in Italia nel 2006 il tasso di abbandono al primo anno delle scuole superiori di II grado coinvolgeva 2,4 studenti, in Sardegna ne coinvolgeva 6,3. Critica anche la posizione degli studenti siciliani, seppure non così evidente come quella dei coetanei sardi. Umbria, Marche, Emilia-Romagna e Puglia sono invece le regioni che “puniscono” meno alunni e studenti, anche tra gli stranieri.
127
128
2,7 2,3 2,2 2,3 1,8 2,4 2,3 1,6 2,0 1,2 1,5 1,9 1,5 3,6 2,0 1,9 1,1 2,0 3,9 4,9
2,3
0,3 0,2 0,2 0,2 0,2 0,2 0,1 0,2 0,2 0,1 0,2 0,2 0,1 0,1 0,2 0,1 0,1 0,4 0,4 0,2
0,2
Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Trentino-Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna
Italia
Regioni
% Ripetenti delle scuole secondarie di I grado
% Ripetenti delle scuole primarie
6,9
6,2 8,0 6,9 5,0 5,9 6,6 6,9 6,1 7,2 5,5 4,9 7,2 7,4 6,1 7,4 5,8 6,8 5,6 7,8 12,3
% Ripetenti delle scuole secondarie di II grado
13,6 17,2 12,9 14,2 13,1 14,8 14,1 12,9 14,1 12,0 12,2 14,0 12,8 10,7 12,0 10,4 11,3 12,0 14,6 20,0 13,2
8,5 8,5 9,1 8,5 8,3 8,7 8,2 8,3 10,3 6,8 6,4 8,8 8,2 6,6 9,4 6,6 9,0 6,3 9,9 13,9 8,8
13,8 15,9 14,8 12,7 11,9 12,7 15,1 13,2 14,8 10,6 10,9 14,3 12,9 10,6 15,3 13,0 12,5 11,1 16,1 22,1 14,2
43,2
43,0 43,2 39,1 39,3 44,4 44,5 44,0 39,8 43,6 40,3 43,3 50,0 47,0 56,8 49,5 43,5 51,6 54,4 47,1 52,1
% di alunni % alunni in ritardo con cittadinanza straniera nelle scuole in ritardo primarie, nelle scuole secondarie primarie, di I e II grado secondarie di I e II grado
% Ripetenti del I anno degli istituti secondari di II grado
% Studenti non ammessi all'anno successivo alla scuola secondaria di II grado
Esiti e dispersione
2,4
1,4 2,2 1,5 0,5 0,9 1,2 2,7 1,2 2,0 1,7 1,0 1,7 1,3 1,9 3,9 3,3 1,5 3,0 3,8 6,3
Abbandoni scolastici per 100 iscritti al primo anno delle scuole secondarie di II grado
61,3
60,3 58,1 58,1 59,1 61,1 59,5 59,3 61,2 61,2 62,0 62,1 63,0 64,9 64,5 64,2 65,9 63,6 56,7 65,1
63,6 59,7 58,6 60,7 63,8 61,6 62,7 65,4 64,1 66,5 67,0 68,7 71,6 72,6 72,8 73,7 72,1 59,6
59,1
61,3 61,6 62,0 62,9 61,8 61,8 60,5 60,3 61,7 60,3 60,0 58,2 55,2 57,7 58,5 56,0 54,4 57,4
50,9
53,1 53,4 53,5 53,9 52,4 53,7 52,8 52,0 54,8 50,7 51,6 51,1 47,2 50,7 52,6 48,3 46,3 45,5
56,4
59,4 59,6 59,1 62,3 53,4 57,5 56,6 60,4 59,4 55,8 55,4 56,1 53,6 53,5 54,9 54,4 54,1 49,1
49,8
53,1 53,3 53,6 59,8 47,0 53,4 48,7 54,8 55,0 48,4 47,7 50,9 46,7 48,4 48,6 48,5 46,0 37,6
Livello di Livello di Livello di Livello di Livello di Livello di apprendimento apprendimento apprendimento apprendimento apprendimento apprendimento medio medio in italiano medio medio medio medio delle classi IV in matematica in italiano delle in matematica in italiano in matematica delle classi I scuola primaria delle classi IV classi I scuola delle classi I delle classi I scuola scuola primaria secondaria scuola scuola secondaria di I grado secondaria secondaria di II grado di I grado di II grado
Apprendimenti
17,8
12,2 15,4 12,1 17,8 22,1 5,3 26,1 14,2 16,0 6,8 14,7 26,7 9,7 12,7 22,7 22,4 29,5 19,8 16,5 5,5
Famiglie che dichiarano difficoltĂ a raggiungere la scuola dell'infanzia
17,5
13,1 8,5 12,3 16,8 11,6 11,3 19,0 13,7 12,2 19,4 12,7 16,2 17,5 23,1 28,4 21,8 30,5 14,7 26,4 17,0
Famiglie che dichiarano difficoltĂ a raggiungere la scuola primaria
Tempi e distanze
23,6
20,4 19,9 20,4 20,6 23,7 16,6 21,0 16,3 28,8 27,0 23,7 28,2 25,7 19,5 22,3 18,7 16,0 27,4 30,9 30,7
Famiglie che dichiarano difficoltĂ a raggiungere la scuola secondaria I grado
4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale
Tavola 9 - I valori degli indicatori selezionati degli ambiti esiti e dispersione, apprendimenti, tempi e distanze secondo i dati disponibili al dicembre 2009
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Nel secondo ambito, relativo agli apprendimenti medi in italiano 129 e in matematica valutate dall’Invalsi, le performance migliori le offrono gli studenti friulani, marchigiani e umbri, mentre i risultati meno brillanti, sempre in termini relativi alla media nazionale, si registrano soprattutto tra gli studenti sardi, siciliani e campani. Infine, per quanto riguarda le famiglie che dichiarano di avere difficoltà a raggiungere le scuole in cui studiano i propri figli, le situazioni più disagevoli si registrano in Sicilia, nel Lazio e in Campania, mentre quelle più vantaggiose si hanno in Friuli Venezia Giulia. Il quadro comparativo del benessere in questa dimensione non può che risentire in modo evidente delle diverse posizioni più o meno vantaggiose appena descritte. In effetti nelle prime posizioni vi sono Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Marche; mentre nelle ultime posizioni si situano Sardegna e Sicilia.
Grafico 4 - Valori dell’indice sintetico per la dimensione “Inclusione scolastica” nelle regioni secondo i dati disponibili al dicembre 2009 Friuli Venezia Giulia Emilia-Romagna Marche Lombardia Valle d’Aosta Umbria Piemonte Trentino-Alto Adige Veneto Abruzzo Puglia Molise Toscana Basilicata Liguria Calabria Lazio Campania Sicilia Sardegna -2,50
6. Sicurezza e pericolo
-2,00
-1,50
-1,00
-0,50
0,00
0,50
1,00
1,50
I concetti di rischio e di incertezza sono ormai patrimonio del linguaggio comune e colgono uno degli aspetti più importanti dell’epoca moderna e di quella che oggi viene definita come seconda o tarda modernità. Il rischio – nel lavoro, nei rapporti affettivi, nell’ambiente… – appare oggi una condizione strutturale che accompagna le nostre esperienze della vita quotidiana, il cui fluire appare
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4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale
130
sempre più influenzato da una molteplicità di fattori che le rendono modificabili rispetto all’intenzionalità con la quale nascono e si sviluppano. Il rischio associato al pericolo – quale elemento di ostacolo che si frappone al perseguimento dei fini – e alla sicurezza – quale terreno in cui rischio e pericolo contendono il loro senso – porta spesso all’attenzione pubblica i cosiddetti comportamenti al limite, a volte ascrivibili alla condizione adolescenziale, ma non in essa esauribili (La Mendola, 1999). Nella dimensione che abbiamo denominato sicurezza e pericolo si sono fatti rientrare cinque diversi ambiti: i comportamenti al limite, l’autolesionismo, i traumi e le morti violente, il numero di denunce di reato, i reati di abuso e di maltrattamento. Nella dimensione rientrano 15 indicatori con dati tutti ovviamente riferiti ai minorenni. Per l’ambito dedicato ai temi dei comportamenti al limite, si sono utilizzati gli unici indicatori disponibili su base territoriale che possono avvicinare questo particolare ambito del benessere dei bambini e dei ragazzi, quelli rilevati dal programma europeo Espad. Come accade in altre rilevazioni internazionali, si sono considerati gli indicatori riferiti al consumo di tabacco, alcol e cannabis autodichiarati dagli intervistati. In particolare, si sono potute utilizzare le percentuali dei 17enni che fumano tabacco tutti i giorni, che si sono ubriacati più di una volta e che negli ultimi 12 mesi hanno fatto uso di cannabis. Per l’autolesionismo si sono invece considerati i tentativi di omicidio e i suicidi, mentre, per l’ambito dei traumi e morti violente, gli indicatori dei feriti e i morti in incidenti stradali nonché la mortalità per traumatismi e avvelenamenti. Per l’ambito dei reati si è guardato alle denunce presso le procure dei minorenni e quelle per le quali è stata iniziata l’azione penale. Infine, per la sottodimensione riservata agli abusi e ai maltrattamenti, si sono considerati tre tipi diversi di delitti. La tavola 11 riporta i valori dei singoli indicatori qui utilizzati.
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Tavola 10 - Sottodimensioni, indicatori, anno di riferimento e fonti per la dimensione sicurezza e pericolo secondo i dati disponibili al dicembre 2009 Indicatore
Orientamento
Anno
Fonte
Comportamenti al limite
% 17enni che dichiarano di aver fumato (almeno una sigaretta al giorno) nell’ultimo anno % 17enni che dichiarano di essersi ubriacati nell'ultimo anno % 17enni che dichiarano di aver fatto uso di cannabis nell'ultimo anno % 17enni che dichiarano di aver fatto uso di sostanze illegali (escluso cannabis) nell'ultimo anno % 17enni che dichiarano di aver fatto uso di psicofarmaci nell'ultimo anno
inverso
2006
www.espad.org
inverso
2006
Id.
inverso
2006
Id.
inverso
2006
Id.
inverso
2006
Id.
Autolesionismo
Tentativi di suicidio degli 0-17enni su 100.000 minorenni residenti Suicidi degli 0-17enni per 100.000 minorenni residenti
inverso
2007
giustiziaincifre.istat.it
inverso
2007
Id.
Traumi e morti violente
Minorenni feriti in incidenti stradali su 1.000 minorenni residenti Morti di 0-17 anni in incidenti stradali per 100.000 minori di 0-17 anni Tasso di mortalità traumatismi e avvelenamenti 0-14 (per 10.000 0-14enni)
inverso
2007
Istat, Incidenti stradali (anni vari)
inverso
2007
Id.
inverso
2003
Istat, Cause di morte (anni vari)
inverso
2007
giustiziaincifre.istat.it
Reati
Minorenni denunciati alle Procure per 1.000 minorenni di 10-17 anni Minorenni di 14-17 anni denunciati per i quali è iniziata l'azione penale per 1.000 minorenni di 14-17 anni
inverso
2005
Id.
Abuso e maltrattamento
Sottodimensione
Delitti di atti sessuali con minorenne per i quali è iniziata l'azione penale per 100.000 minori residenti Delitti di corruzione di minorenne per i quali è iniziata l'azione penale per 100.000 minori residenti Delitti di pornografia minorile, ecc. per i quali è iniziata l'azione penale per 100.000 minori residenti
inverso
2005
inverso
2005
Istat, Statistiche giudiziarie penali (anni vari) Id.
inverso
2005
Id.
131
132
51,3 55,0 50,7 51,0 50,2 46,8 54,1 50,9 47,3 44,7 44,1 42,3 47,0 46,2 37,9 34,7 37,7 33,9 39,7 43,2
46,4
30,0 28,5 28,3 27,5 28,3 24,9 30,3 27,1 27,4 26,8 25,1 29,7 28,8 28,1 25,5 29,1 27,9 25,1 29,6 30,0
28,0
Piemonte Valle d’Aosta Lombardia Trentino-Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna
Italia
Regioni
% 17enni che dichiarano di essersi ubriacati nell'ultimo anno
% 17enni che dichiarano di aver fumato (almeno una sigaretta al giorno) nell'ultimo anno
% 17enni che dichiarano di aver fatto uso di sostanze illegali (escluso cannabis) nell'ultimo anno 5,5 6,3 6,9 6,8 7,3 6,0 6,0 6,3 5,8 6,2 6,8 6,8 6,5 5,5 4,9 5,6 6,4 4,9 4,9 5,5 6,2
% 17enni che dichiarano di aver fatto uso di cannabis nell'ultimo anno
29,5 31,0 29,8 27,4 28,8 21,7 31,0 29,0 28,3 27,6 25,9 28,8 25,7 21,4 20,6 20,1 21,2 21,0 25,8 28,3 26,2
Tentativi di suicidio degli 0-17enni su 100.000 minorenni residenti
1,1 5,0 1,0 0,5 1,0 2,3 2,8 1,1 0,7 0,8 1,6 0,3 0,5 0,0 0,2 1,4 1,0 1,3 0,3 0,4 0,9
% 17enni che dichiarano di aver fatto uso di psicofarmaci nell'ultimo anno
2,8 2,4 3,0 3,6 3,4 3,5 2,6 3,0 2,6 2,4 2,4 2,4 1,9 2,5 2,1 1,9 1,9 1,7 2,1 2,2 2,7
0,3
0,0 0,0 0,3 0,0 0,4 0,0 0,0 0,2 0,4 1,5 0,0 0,2 0,0 1,9 0,2 0,8 1,0 0,3 0,4 0,4
Suicidi degli 0-17enni per 100.000 minorenni residenti
Autolesionismo
3,0
2,7 2,5 2,7 2,3 3,0 3,2 5,1 4,5 4,6 3,4 4,4 3,6 3,4 1,6 1,4 3,0 1,5 1,7 3,2 2,5
Minorenni feriti in incidenti stradali su 1.000 minorenni residenti
2,8
2,8 0,0 1,7 2,1 4,8 1,1 0,9 4,6 3,7 6,0 3,7 3,8 3,7 1,9 2,0 2,1 1,0 1,6 2,9 3,4
Morti di 0-17 anni in incidenti stradali per 100.000 minori di 0-17 anni
0,3
0,4 0,0 0,4 0,6 0,3 0,2 0,1 0,7 0,2 0,1 0,4 0,2 0,3 0,2 0,2 0,4 0,4 0,3 0,4 0,3
Tasso di mortalità traumatismi e avvelenamenti 0-14 (per 10.000 0-14enni)
Traumi e morti violente
8,4
9,6 7,7 7,8 12,5 5,4 13,5 15,9 10,9 4,2 10,9 7,7 10,0 8,9 7,1 6,3 7,5 10,3 6,6 9,3 11,5
Minorenni denunciati alle Procure per 1.000 minorenni di 10-17 anni
8,4
7,0 4,9 8,9 11,5 3,8 17,2 20,8 12,0 8,1 5,7 5,3 14,0 7,7 7,9 5,6 7,2 4,1 5,7 7,9 9,0
Minorenni di 14-17 anni denunciati per i quali è iniziata l’azione penale per 1.000 minorenni di 14-17 anni
Reati
7,2
8,7 0,0 9,4 6,8 7,2 19,4 10,3 9,2 11,1 3,2 3,9 7,0 8,8 3,3 3,3 4,5 7,2 2,9 8,6 6,8
Delitti di atti sessuali con minorenne per i quali è iniziata l‘azione penale per 100.000 minori residenti
1,8
2,3 0,0 2,2 2,3 1,7 2,5 2,9 2,1 4,2 4,0 0,0 2,1 0,9 3,3 1,5 1,2 0,8 0,4 1,2 1,6
Delitti di corruzione di minorenne per i quali è iniziata l’azione penale per 100.000 minori residenti
15,1
21,7 10,4 15,4 19,3 13,1 24,6 27,2 23,9 17,5 16,3 9,6 16,5 16,3 5,5 5,9 6,3 9,1 8,7 23,0 13,8
Delitti di pornografia minorile, ecc. per i quali è iniziata l’azione penale per 100.000 minori residenti
Abuso e maltrattamento
4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale
Comportamenti al limite
Tavola 11 - I valori degli indicatori selezionati degli ambiti comportamenti al limite, autolesionismo, traumi e morti violente, reati e abuso e maltrattamento secondo i dati disponibili al dicembre 2009
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Il quadro comparativo relativo alla dimensione complessiva pro- 133 pone una situazione per molti versi opposta a quella emersa fino ad ora (grafico 5): ai primi posti per maggiori opportunità di sicurezza per i bambini si posizionano alcune regioni come la Campania e la Basilicata che nelle precedenti graduatorie occupavano i posti meno ambiti. Di converso, in fondo alla lista compaiono per la prima volta molte regioni del Nord, in particolare la Liguria, penalizzata da un elevato numero di minorenni denunciati per i quali è già stata avviata un’azione penale; cosa che accade anche nel Trentino-Alto Adige e in Friuli Venezia Giulia. Oppure l’Emilia-Romagna, che presenta valori critici in tutti e tre gli indicatori relativi ai traumi e alle morti violente. Questa situazione di capovolgimento delle posizioni tra regioni è frutto di una certa stabilità delle graduatorie relative alle singole sottodimensioni e di una coerenza tra le diverse posizioni. Ad esempio, la Campania si situa sempre nelle posizioni più avvantaggiate: al secondo posto nell’ambito dei comportamenti al limite, al terzo in quello dell’autolesionismo, al secondo posto nell’ambito dei traumi e delle morti violente, al terzo ancora tra i reati e infine al quarto per i delitti di abuso e maltrattamento. Così succede anche alla Calabria che occupa la seconda posizione.
Grafico 5 - Valori dell’indice sintetico per la dimensione sicurezza e pericolo nelle regioni secondo i dati disponibili al dicembre 2009 Campania Calabria Marche Basilicata Puglia Valle d’Aosta Abruzzo Molise Sicilia Sardegna Veneto Toscana Lombardia Piemonte Lazio Umbria Trentino-Alto Adige Friuli Venezia Giulia Emilia-Romagna Liguria -1,20 -1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00
0,20
0,40
0,60
0,80
1,00
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4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale
134
7. Spesa, diffusione e uso dei servizi
La costruzione di questa dimensione vuole rendere conto delle risorse investite nei servizi di welfare all’infanzia. Si tratta di una dimensione diversa da quelle relative alla salute e all’inclusione scolastica dei bambini e dei ragazzi: mette infatti in evidenza non tanto elementi soggettivi, ma caratteristiche strutturali dei servizi preposti all’infanzia e all’adolescenza come la loro diffusione e il loro utilizzo. Sono cinque le sottodimensioni che è stato possibile costruire con i 22 indicatori individuati e utili a restituire delle informazioni su questo ambito: la spesa sociale dei Comuni per l’infanzia, la diffusione dei servizi educativi per la prima infanzia, la diffusione degli affidamenti familiari per i bambini e i ragazzi accolti fuori dalla propria famiglia, i servizi sanitari e i servizi scolastici (tavola 12). Per quanto riguarda la spesa dei Comuni a favore dell’infanzia si sono considerati due indicatori: la quota parte della spesa sociale che i Comuni dedicano all’infanzia rispetto alla spesa sociale generale e la spesa pro capite sempre a favore dell’infanzia o più precisamente, come indica la rilevazione periodica dell’Istat, a favore di famiglie e minori. La variabilità regionale su questi aspetti è significativa soprattutto sul lato della spesa pro capite. La buona performance dell’Emilia-Romagna è dovuta infatti soprattutto a questo secondo indicatore, che registra una spesa per residente pari a 226 euro contro un valore nazionale di 99 euro. Ma anche la quota parte di risorse dedicate all’infanzia è, sempre in Emilia-Romagna, pari al 49% contro un valore nazionale pari al 39%. Una situazione molto diversa per la Calabria, dove i Comuni hanno speso in media nel 2006 solo 22 euro. La disponibilità di servizi educativi per la prima infanzia, circoscritta per pertinenza ai bambini al di sotto dei 3 anni, è costruita in base a tre indicatori: la quota di iscritti ai nidi, la quota di Comuni coperti da almeno un servizio di nido e la quota di Comuni coperti da servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia. La regione che registra nel 2006 la percentuale più alta di bambini iscritti al nido è l’Emilia-Romagna, con un valore più che doppio del valore nazionale (23% contro 10%) e la copertura del 74% di tutti i Comuni con il servizio nidi contro un dato nazionale del 38%. Ai valori più bassi si situano Molise e Campania, dove solo uno o due bambini su 100 frequentano un nido d’infanzia. La terza sottodimensione riguarda la quota parte delle accoglienze extrafamiliari che riguardano gli affidamenti familiari, lo strumento da privilegiare, secondo al legge, nel caso in cui un bambino o un ragazzo sia allontanato dalla propria famiglia. Il ricorso all’affidamento familiare è diffuso soprattutto nelle regioni settentrionali. In Valle d’Aosta il 72% delle accoglienze residenziali sono svolte presso una famiglia affidataria o degli affidatari; in Toscana si abbassa al 64% e in Piemonte al 62%. Fanalino di coda è il Molise, con solo il 9% degli affidamenti sul totale dei bambini allontanati dalla loro casa.
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Tavola 12 - Sottodimensioni, indicatori, anno di riferimento e fonti per la dimensione spesa, diffusione e uso dei servizi secondo i dati disponibili al dicembre 2009 Anno
Fonte
Spesa Comuni
Incidenza della spesa per interventi e servizi sociali a favore di famiglie e minori sul totale della spesa per interventi e servizi sociali Spesa pro capite per interventi e servizi sociali a favore di famiglie e minori
diretto
2006
Istat**
diretto
2006
Id.
diretto
2006
Id.
Servizi 0-2 anni
% bambini iscritti ai nidi sul totale dei bambini residenti di 0-2 anni % di Comuni coperti dal servizio di nido % di Comuni coperti dai servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia
diretto diretto
2006 2006
Id. Id.
Affidamenti familiari ogni 100 allontanamenti (affidamenti familiari e accolti nei servizi residenziali)
diretto
2007
www.minori.it
Servizi sanitari
Bambini residenti di 0-14 anni per pediatra di base % pediatri con piĂš di 800 assistiti % asl con Dipartimento materno-infantile Tasso consultori materno-infantili (per 100.000 abitanti) Tasso posti letto ospedalieri ostetricia-ginecologia (per 100.000 abitanti) Tasso posti letto ospedalieri specialitĂ pediatriche (per 100.000 abitanti)
inverso inverso diretto diretto diretto
2006 2006 2006 2006 2005
www.istat.it/sanita/health/ Id. Id. Id. Id.
diretto
2005
Id.
Patrimonio delle istituzioni scolastiche (punteggio medio) Tecnologie didattiche a istituzione scolastica (punteggio medio) Scuole con servizi di supporto all'attivitĂ scolastica (punteggio medio) Scuole a tempo pieno nella primaria (punteggio medio) Scuole a tempo prolungato sec. I grado (punteggio medio) Efficienza amministrativa (punteggio medio) % di scuole statali con strutture per il superamento delle barriere architettoniche (Porte) % di scuole statali con strutture per il superamento delle barriere architettoniche (Servizi igienici) % di scuole statali con strutture per il superamento delle barriere architettoniche (Scale) % di scuole statali con strutture per il superamento delle barriere architettoniche (Ascensori)
diretto
2004
diretto
2006
www.istruzione.it/web/ministero/ index_pubblicazioni Id.
diretto
2005
Id.
diretto diretto diretto diretto
2006 2006 2005 2004
Id. Id. Id. Id.
diretto
2004
Id.
diretto
2004
Id.
diretto
2004
Id.
Servizi fuori famiglia
Orientamento
Servizi scolastici
Sottodimensione
Indicatore
** Istat, Interventi e servizi sociali dei Comuni singoli e associati (anni vari)
135
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4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale
136
La sottodimensione dedicata ai servizi sanitari si sostanzia in sei indicatori che riguardano la diffusione dell’assistenza pediatrica e dei servizi sanitari e ospedalieri specificatamente rivolti ai bambini. Anche su questa dimensione l’ambito regionale che presenta la situazione migliore è la Valle d’Aosta, soprattutto in virtù della capillare diffusione dei dipartimenti materno-infantili offerti dalle asl. Critica la situazione della Campania soprattutto sulla disponibilità dei posti letto ospedalieri, ma anche del numero di pediatri con carichi eccessivi di bambini assistiti. Da notare anche la posizione del Friuli Venezia Giulia che, secondo i dati disponibili, assicura una copertura di posti letto ospedalieri per specialità pediatriche inferiore alla media nazionale. Infine si sono considerati gli indicatori relativi ai servizi scolastici. Sono dieci gli indicatori fatti rientrare in questa voce, e riguardano il patrimonio, la diffusione delle tecnologie didattiche, i servizi di supporto all’attività scolastica, la diffusione delle scuole a tempo pieno e a tempo prolungato, l’efficienza amministrativa e tre indicatori sul superamento delle barriere architettoniche per disabili. Gli ambiti regionali più attenti a questi diversi aspetti sono quelli del Centro-nord, soprattutto Lombardia e Umbria, il primo caratterizzato da una buona diffusione degli interventi di riduzione delle barriere architettoniche, il secondo invece caratterizzato da un buon livello di efficienza amministrativa e da un consolidato patrimonio delle istituzioni scolastiche. La situazione complessiva del quadro comparativo relativo a questa dimensione è proposta nel grafico 6. In testa alla graduatoria si posizionano tre regioni: la Lombardia, l’Umbria, in virtù soprattutto del suo patrimonio scolastico, l’Emilia-Romagna, per la diffusione dei servizi socioeducativi per la prima infanzia e la generosità della spesa dei Comuni per gli interventi e i servizi per le famiglie e i bambini. Grafico 6 - Valori dell’indice sintetico per la dimensione spesa, diffusione e uso dei servizi nelle regioni secondo i dati disponibili al dicembre 2009 Lombardia Umbria Emilia-Romagna Piemonte Valle d’Aosta Liguria Toscana Marche Veneto Friuli Venezia Giulia Calabria Basilicata Trentino-Alto Adige Lazio Sardegna Puglia Abruzzo Sicilia Molise Campania -3,00 -2,50 -2,00 -1,50 -1,00 -0,50
0,00
0,50
1,00
1,50
2,00
2,50
141,8 235,9 126,1 124,0 80,2 155,3 122,4 226,3 144,6 117,7 95,1 140,5 64,6 35,4 36,5 45,3 54,2 21,8 63,3 88,9
98,8
37,8 23,1 40,9 20,9 27,0 26,0 34,1 48,7 40,2 47,4 34,7 44,6 44,6 36,4 41,5 46,2 50,2 41,5 40,5 31,5
38,7
Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Trentino-Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna
Italia
Regioni
Spesa pro capite a favore di famiglie e minori
Incidenza spesa a favore di famiglie e minori
Spesa Comuni
9,6
11,2 17,0 12,4 8,6 9,5 8,8 12,1 23,4 17,5 11,7 12,9 9,4 6,2 4,8 1,4 3,4 5,5 1,8 6,2 6,0
% bambini iscritti nido
37,6
29,2 64,9 54,7 52,5 46,6 56,2 53,6 73,6 63,8 34,8 45,5 21,2 17,7 2,2 13,2 27,1 31,3 7,6 32,8 12,7
% di Comuni coperti dal servizio di nido
Servizi 0-2 anni
16,3
7,4 23,0 13,6 40,1 13,9 26,9 60,4 35,2 29,6 26,1 13,4 19,3 15,1 0,0 27,9 3,1 0,0 1,2 2,6 7,2 51,9
62,3 71,9 57,8 41,6 47,4 26,8 67,9 54,2 64,3 46,3 36,5 59,6 46,3 9,4 44,3 42,9 32,8 44,1 43,0 45,5
% di Comuni Affidamenti coperti familiari dai servizi ogni 100 integrativi allontanamenti o innovativi prima infanzia
Servizi e fuori famiglia
1.103,0
1.287,0 921,0 1.187,0 1.210,0 1.185,0 1.188,0 1.154,0 951,0 1.039,0 1.009,0 1.128,0 985,0 937,0 1.178,0 1.303,0 1.067,0 1.232,0 1.085,0 971,0 944,0
Bambini residenti di 0-14 anni per pediatra di base
65,1
74,1 72,2 66,5 63,6 80,7 73,2 61,3 54,4 66,4 52,8 76,4 56,4 49,5 72,2 84,9 63,6 59,4 54,1 57,9 40,2
% pediatri con piĂš di 800 assistiti
80,6
95,5 100,0 86,7 40,0 85,7 83,3 60,0 72,7 83,3 75,0 100,0 91,7 100,0 100,0 76,9 58,3 80,0 90,9 77,8 50,0
% asl con Dipartimento maternoinfantile
4,4
5,4 17,7 2,8 4,3 6,1 3,2 6,8 6,4 7,5 5,4 2,9 3,4 5,0 1,9 3,0 4,0 7,3 2,8 3,8 4,3
Tasso consultori maternoinfantili (per 100.000 abitanti)
Servizi sanitari
10,1
9,9 10,6 10,7 13,3 11,0 8,1 11,0 9,3 10,1 10,6 10,4 9,2 12,2 13,6 7,7 12,0 12,3 8,0 9,4 12,3
Tasso posti letto ostetriciaginecologia (per 100.000 abitanti)
13,9
12,5 12,3 16,1 12,0 11,3 6,0 20,6 11,6 14,1 12,9 12,7 13,9 15,0 14,3 11,2 15,8 11,4 11,8 16,5 19,2
Tasso posti letto specialitĂ pediatriche (per 100.000 abitanti)
346,0
401,0 383,0 381,0 345,0 359,0 409,0 360,0 433,0 368,0 335,0 355,0 364,0 273,0 361,0 376,0 413,0 236,0 349,0
Patrimonio delle istituzioni scolastiche (punteggio medio)
525,0
529,0 583,0 529,0 494,0 545,0 594,0 492,0 489,0 530,0 527,0 472,0 447,0 486,0 595,0 467,0 487,0 515,0 498,0
Tecnologie didattiche (punteggio medio)
388,0
487,0 478,0 480,0 489,0 487,0 458,0 491,0 387,0 400,0 376,0 401,0 323,0 307,0 210,0 383,0 363,0 178,0 328,0
Scuole con supporto all'attivitĂ (punteggio medio)
37,4 42,6 30,7 28,8 28,8 24,0 24,6 37,3 24,7 15,4 16,6 29,2 17,1 18,6 52,9 45,0 30,1 42,3 28,6
23,9
195,0
246,0 192,0 198,0 185,0 211,0 190,0 207,0 380,0 244,0 212,0 182,0 169,0 177,0 175,0 177,0 165,0 199,0 189,0
Efficienza amministrativa (punteggio medio)
Servizi scolastici Scuole a tempo prolungato sec. I grado (punteggio medio)
43,1 43,2 12,6 33,3 36,5 40,0 37,9 17,8 18,9 39,6 8,8 1,4 5,3 3,8 30,4 19,1 3,9 16,4
Scuole a tempo pieno nella primaria (punteggio medio)
19,6 26,1 23,6 26,5 18,4 23,6 20,3 23,2 25,2 16,0 16,1 15,0 19,7 20,2 14,7 19,3 15,9 13,5 20,3
32,9 41,0 34,4 47,3 25,8 43,0 33,2 40,2 37,4 25,3 20,3 25,6 20,0 22,9 17,7 30,6 29,8 19,0 30,7
29,4 39,9 35,2 42,6 25,0 40,7 29,2 37,5 35,7 22,5 20,7 30,3 17,6 24,3 20,5 31,8 30,5 22,0 29,7
13,1
15,5 21,7 12,4 18,3 16,3 19,9 12,7 18,3 16,6 14,1 8,8 7,8 8,5 10,1 9,1 4,6 10,6 7,1
% di scuole % di scuole % di scuole % di scuole statali con statali con statali con statali con superamento superamento superamento superamento delle delle delle delle barriere barriere barriere barriere architettoniche architettoniche architettoniche architettoniche (Servizi (Scale) (Ascensori) (Porte) igienici)
Tavola 13 - I valori degli indicatori selezionati degli ambiti spesa Comuni, servizi 0-2 anni, servizi fuori famiglia, servizi sanitari, servizi scolastici secondo i dati disponibili al dicembre 2009
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4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale
138
8. Il quadro comparativo finale della disuguaglianza nel benessere
L’analisi fin qui svolta e il posizionamento delle regioni all’interno di ognuna delle sei dimensioni del benessere prese in considerazione permettono la costruzione di una graduatoria finale che restituisce in forma riassuntiva i risultati finora ottenuti. Nella tavola 14 infatti si propone un elenco delle regioni ordinato in base alla posizione media ottenuta nelle sei dimensioni. Vale la pena di precisare che questa comparazione non è fatta in termini assoluti, cioè in riferimento a dei valori soglia che segnano l’adeguatezza o meno di un indicatore o di un indice riferito ai bambini e ai ragazzi che vivono nella tal regione, bensì al valore medio standardizzato, calcolato dall’insieme dei valori fatti registrare dalle situazioni regionali. In altre parole, un valore negativo dell’indice sulla diffusione e l’uso dei servizi rivolti all’infanzia non significa affatto che i servizi nella tal regione non esistano, ma che sono sviluppati e diffusi meno di quanto risulti nella media dei valori fatti registrare nelle singole regioni. Paradossalmente, se in tutte le regioni fossero assicurati degli standard o dei livelli minimi nella presenza, ad esempio, dei servizi di welfare, comunque ci sarebbero situazioni regionali con valori negativi dell’indice sintetico di questa dimensione, perché frutto di una comparazione non tanto con il livello minimo garantito, ma con quello medio desunto dai livelli effettivamente messi a disposizione dai singoli welfare regionali. Tavola 14 - Posizioni nelle singole dimensioni del benessere e posizione media delle regioni italiane secondo gli indicatori disponibili al dicembre 2009
Regioni
Valle d’Aosta Lombardia Friuli Venezia Giulia Marche Emilia-Romagna Veneto Piemonte Umbria Liguria Toscana Trentino-Alto Adige Abruzzo Molise Lazio Puglia Calabria Basilicata Sardegna Campania Sicilia
Posizione media complessiva
1. Relazioni e legami
2. Deprivazione materiale e culturale
3. Salute
4. Inclusione scolastica
5. Sicurezza e pericolo
6. Diffusione e uso dei servizi
6,3 6,7 7,0 7,2 7,5 7,7 8,2 8,2 9,3 9,7 9,8 11,0 11,8 12,3 12,7 13,2 13,7 14,5 15,7 17,7
17 3 8 11 9 1 4 12 2 14 7 16 5 6 10 15 19 13 18 20
4 11 1 13 5 10 8 2 3 9 12 7 14 6 17 16 18 15 19 20
1 8 4 5 7 6 12 11 10 3 2 9 13 16 17 19 15 14 18 20
5 4 1 3 2 9 7 6 15 13 8 10 12 17 11 16 14 20 18 19
6 13 18 3 19 11 14 16 20 12 17 7 8 15 5 2 4 10 1 9
5 1 10 8 3 9 4 2 6 7 13 17 19 14 16 11 12 15 20 18
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Adottando questa prospettiva, la figura 2 propone un’aggregazione 139 delle regioni in quattro gruppi, rispettivamente in base alla posizione ottenuta in ciascuna dimensione e nella dimensione complessiva. Il primo gruppo raccoglie le regioni che ottengono i primi cinque posti. Si tratta di regioni che si collocano geograficamente sia al Centro che al Nord del Paese, con esclusione delle regioni meridionali; sono nell’ordine: Valle d’Aosta, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Marche ed Emilia-Romagna. Nel secondo gruppo, dalla sesta alla decima posizione si collocano altre regioni, concentrate sempre nel Centro-nord del Paese: Veneto, Piemonte, Umbria, Liguria e Toscana. Il terzo gruppo invece raccoglie: Trentino-Alto Adige, Abruzzo, Molise, Lazio e Puglia. Infine, nel quarto gruppo, segnato dai valori dell’indice complessivo di benessere meno soddisfacenti, naturalmente in termini relativi e non assoluti come detto, si collocano solo regioni meridionali: Calabria, Basilicata, Sardegna, Campania e Sicilia.
Figura 2 - La distribuzione in quattro gruppi delle regioni in base alla media delle posizioni occupate nelle singole dimensioni del benessere dell’infanzia e dell’adolescenza secondo i dati disponibili al dicembre 2009
Posizione media complessiva alta (5) medio alta (5) medio bassa (5) bassa (5)
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4. Un quadro comparativo della disuguaglianza regionale
140
I risultati raggiunti offrono la possibilità di avanzare almeno cinque considerazioni di fondo. La prima è che esiste una netta divisione nell’indice di benessere così costruito tra regioni appartenenti alle macroaree del Paese. Pressoché tutte le regioni del Centro e del Nord si collocano nei primi due gruppi del benessere, mentre quelle meridionali si collocano tutte negli ultimi due gruppi e in particolare in fondo alla classifica. Emerge quindi l’esistenza di una struttura delle disuguaglianze sociali riferite alle bambine e bambini, ai ragazzi e ragazze, segnata da una forte differenziazione territoriale. La seconda osservazione è che tutte le regioni presentano delle criticità o dei punti deboli da considerare e nessuna di loro si posiziona sempre nel primo o nel secondo gruppo delle graduatorie relative a tutte le sei dimensioni del benessere. Esiste infatti una discreta variabilità delle posizioni ottenute dalle regioni nelle singole dimensioni, nel senso che pressoché tutte le regioni tendono a occupare varie posizioni al variare della dimensione presa in esame. Così la Valle d’Aosta, che pur risulta in testa a questa graduatoria finale del benessere, grazie ai punteggi ottenuti nella dimensione della salute, della deprivazione, dell’inclusione scolastica e della diffusione dei servizi, risulta ben diciassettesima nella dimensione relazioni e legami. Oppure il Trentino-Alto Adige (unica regione del Nord a posizionarsi nel terzo gruppo), che pur avendo ottenuto un ottimo risultato nella dimensione della salute, ma in definitiva anche delle buone posizioni in quella delle relazioni e dell’inclusione scolastica, a causa dei dati istituzionali relativi alla dimensione della sicurezza e del pericolo risulta all’undicesimo posto nella graduatoria finale. La terza osservazione riguarda la forte criticità dei bambini e dei ragazzi siciliani e campani. Queste regioni occupano quasi sempre le ultime posizioni delle graduatorie riferite alle sei dimensioni del benessere. La quarta considerazione riguarda il fatto che nessuna delle sei dimensioni riesce a essere rappresentativa della graduatoria finale del benessere, se non quella dell’inclusione scolastica, ma solo in parte. Infine va osservata la mancata coerenza nella distribuzione delle posizioni regionali relative alla dimensione sicurezza e pericolo, che presenta un ordinamento pressoché opposto da quelli proposti da tutte le altre dimensioni. Un’evidenza che merita ulteriori approfondimenti e risposte.
9. Considerazioni intermedie
Non credo che il benessere si possa definire solo in quanto entità misurabile. È vero che, come sostengono gli estensori del rapporto Unicef (2007, p. 7), una misura permette di partire da una base definita e concordata di indicatori ritenuti utili alla sua definizione e soprattutto permette di capire se, in base a questo dato di partenza con-
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diviso, la situazione successiva è migliorata o peggiorata. Ma il con- 141 cetto di benessere è così articolato e complesso che l’attuale disponibilità e qualità dei dati e degli indicatori non riesce affatto a coprire una buona parte del suo campo semantico. Tuttavia un esercizio in tal senso non è affatto vano. In primo luogo perché sollecita chi di competenza, esperti e decisori politici, a favorire e sostenere gli studi orientati in tal senso, e in secondo luogo perché comunque introduce e compara tra diversi territori entità misurabili, rendendo visibili alle diverse sfere pubbliche le performance ottenute sugli aspetti misurabili e stimolando di conseguenza una mobilitazione per il superamento delle prestazioni meno soddisfacenti. Con queste premesse e vista la modularità nel tempo con la quale è stato progettato e realizzato il sistema delle mappe del benessere regionale, è opportuno chiudere con delle considerazioni intermedie più che finali. Le diverse posizioni delle regioni sull’indice del benessere risentono ovviamente della proposta di mappa che è stata formulata e dei relativi indicatori che sono stati scelti tra altri meno attendibili, ma soprattutto non disponibili. Così le differenziazioni che si sono registrate tra le diverse aree territoriali servono per ora ad aprire interrogativi e ipotesi di lavoro, a manifestare alcuni nodi problematici da verificare con ulteriori e successive indagini, a richiedere approfondimenti che possono migliorare il monitoraggio fin qui effettuato. Sembra quindi opportuno rivolgere l’attenzione alle esigenze che il presente lavoro ha fatto emergere e che possono essere rilanciate per ottenere una mappa territoriale di migliore definizione. La prima esigenza è che futuri monitoraggi del benessere a base territoriale recuperino informazioni sui domini esclusi dalla mappa regionale. Come visto, tre domini su nove (escludendo la dimensione relativa alla struttura sociale, tutta costituita da indicatori di contesto) individuati a livello nazionale non sono stati inclusi nell’analisi regionale perché senza alcuna informazione a questo livello di disarticolazione territoriale. Si tratta soprattutto di domini con indicatori soggettivi, riguardanti i livelli di benessere espressi dagli stessi bambini e ragazzi rispetto ai diversi ambiti della loro vita quotidiana: famiglia, amici, scuola, attività, tempo a disposizione… Oppure rispetto alla partecipazione dei bambini e ragazzi alla vita di comunità, alle attività associative e a quelle collettive, come le attività di volontariato, le attività di cittadinanza attiva, come possono essere le esperienze dei cosiddetti consigli comunali dei ragazzi o attività similari. Questi possono comunque essere obiettivi perseguibili: le risorse occorrenti non sono affatto improponibili e in parte si stanno già perseguendo con la realizzazione di una vasta indagine nazionale e regionale sulle diverse forme di partecipazione dei bambini alla costruzione dei loro contesti di vita quotidiana (Belotti, 2010). Azioni che vanno intraprese nella
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consapevolezza che queste devono avere un carattere di continuità nel tempo per non esaurire nel breve periodo il loro contributo alla definizione delle mappe del benessere. La seconda esigenza richiama la necessità di “rafforzare” alcuni domini che risultano formati da pochi indicatori e di acquisire alcuni indicatori “tradizionalmente” decisivi nel costruire una mappa del benessere, che qui sono assenti. È il caso della dimensione relativa agli indicatori di deprivazione materiale e culturale dove, ad esempio, non è stato possibile usare i dati regionali sulla povertà dei bambini perché statisticamente poco significativi, vista la numerosità campionaria. Anche in questo caso si tratta di richiamare la disponibilità di risorse impegnative, certo non risibili, ma del tutto proponibili. La terza esigenza è che probabilmente occorre rinunciare ad alcuni indicatori, pur qui utilizzati, la cui fedeltà di rappresentazione dei fenomeni che vogliono misurare è apparsa, nel corso dell’analisi, meno limpida di quanto si poteva presumere. Rinunciare a indicatori utili e importanti, ma incerti, non è una scelta da poco. Si vedano ad esempio gli indicatori sulle denunce di reato dei minorenni e sui delitti di abuso e maltrattamento. Da questo punto di vista i bambini liguri o friulani, ad esempio, sono veramente in situazione di maggiore pericolo rispetto a quelli di altre regioni oppure, vista la stretta dipendenza che questi comportamenti di denuncia hanno con i tratti culturali, ambientali e di organizzazione dei servizi, sia sociali che ispettivi, questi riflettono l’esistenza di diversità soggettive e organizzative tipiche di ciascuna area territoriale (Belotti, Maurizio, Moro, 2006)? Rimanendo ancora strettamente all’interno della logica che ha guidato il presente lavoro è emersa anche un’altra esigenza, cioè quella di approfondire gli effetti sulla misurazione degli indici sintetici dovuti più ai metodi di composizione (z-scores) e di calcolo utilizzati che agli stessi valori degli indicatori. Probabilmente altre tecniche potranno essere tentate e messe in campo, ma per ora penso sia possibile già riflettere e valutare i risultati fin qui ottenuti. Spostandosi invece fuori dal “seminato”, nella progettazione di questo lavoro sono state sempre presenti anche altre considerazioni. Almeno tre. La prima di queste è che rimane insoddisfatta, anche a livello nazionale, la possibilità di costruire mappe diversificate per gruppi, soprattutto per genere. Una nuova consapevolezza dell’importanza del corso di vita e in particolare dell’infanzia nello strutturare le differenze non può far venir meno l’esigenza di approfondire quelle dovute al genere e l’analisi generazionale è in questo senso accompagnatoria, tra pari, di queste differenze. Così come non è possibile, stanti i dati disponibili, diversificare per gruppi culturali di provenienza focalizzando, ad esempio, l’attenzione sui bambini stranieri o figli di stranieri. La seconda considerazione rimanda a un tema emergente
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negli studi sull’infanzia, e cioè ai contributi allo studio del benessere 143 dell’infanzia derivanti dal coinvolgimento nella progettazione degli indicatori dei bambini e dei ragazzi stessi. Un tema non solo di democrazia e di etica della ricerca sociale, ma anche di sostanza (Mortari, 2009; Mazzoni, 2009), visto che i bambini stessi possono dare indicazioni pertinenti sugli aspetti della loro vita quotidiana da prendere in considerazione nell’analisi che agli adulti possono essere invisibili o sembrare secondari. Infine, la terza considerazione riguarda il rapporto tra il benessere desunto dagli indicatori qui utilizzati e le politiche di welfare. Non c’è sovrapposizione, se non parziale, tra le dimensioni di senso da cui è stato ricavato l’indice di benessere calcolato in questo lavoro e lo spazio di competenza delle politiche. A meno di ridurre tutto a un modello strettamente causale. Il presente lavoro non risolve quindi la legittima e forte esigenza, da parte soprattutto di quanti lavorano alla programmazione delle politiche di welfare, di avere la possibilità di monitorare l’evolversi dei fenomeni che il compito istituzionale assegna loro. Soprattutto in una visione comparata, come qui si è proposto, necessaria a valutare il possibile spazio d’azione che si apre all’azione pubblica per il cambiamento delle opportunità di benessere. In tal senso occorre ancora aprire un versante di ricerca, anche partendo dai risultati ottenuti con questo lavoro. Dividendo forse il percorso della misura del benessere da quello di efficacia delle politiche, così come quest’ultimo è stato definito nei lavori più significativi al riguardo (Pecora et al., 2000; Canali, Maluccio, Vecchiato, 2003; Canali, Vecchiato, Whittaker, 2008)? Sicuramente no, se si è convinti dell’adozione di una prospettiva ecologica, anche se le diverse piste di approfondimento possono seguire percorsi in parte autonomi. Ciò introduce al quesito e al relativo dibattito se il benessere possa essere migliorato attraverso mirate politiche di welfare. Nel nostro specifico, la risposta risente ovviamente degli specifici aspetti e delle dimensioni prese in considerazione nella mappa stessa di benessere proposta in questo lavoro. Quanto più la mappa è composta da indicatori di tipo oggettivo, come quelli riferiti ai servizi oppure all’inclusione scolastica, tanto più l’azione di welfare può avere ricadute concrete. Si pensi ad esempio al tema della prevenzione della mortalità violenta, oppure – cambiando completamente ambito – allo sviluppo dell’affidamento familiare di bambini allontanati dalla propria famiglia: sono entrambe azioni che, oltre alla disponibilità di risorse economiche, dipendono dalla cultura politica, organizzativa e di servizio sociale tipiche di ogni contesto territoriale e quindi, seppur nel tempo, modificabili. Diversa è invece la valutazione del rapporto tra azione politica locale e benessere soggettivo. Le covariazioni rilevate tra questi due grandi temi in diverse ricerche empiriche non sembrano dare risposte certe a cui ag-
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grapparsi, se non guardando al lungo periodo, ma anche in questo caso l’univocità non sempre è stata confermata. Le percezioni del proprio benessere familiare, amicale e ambientale risentono di alcuni aspetti culturali e di contesto che possono essere tipici di una determinata area territoriale rispetto a un’altra, oppure da situazioni personali specifiche oltre che da altrettanto specifici punti di riferimento culturali (“standard di comparazione”) nel definire i livelli di soddisfazione soggettiva (Niero, 2002). In questa prospettiva, il presente lavoro non può che considerarsi come una sperimentazione che la “consueta potenza” dei numeri non può far dimenticare. Si tratta di una prima tappa preliminare all’apertura di uno spazio di discussione. Questa, insieme a una maggiore intenzionalità pubblica nel voler sviluppare i sistemi informativi sull’infanzia, si spera possa portare in successive edizioni a cogliere con sempre maggiore adeguatezza l’obiettivo di restituire in maniera unitaria la condizione, per sua natura multidimensionale, di una categoria sociale la cui considerazione deve essere rinnovata in modo continuativo nelle agende politiche locali e nazionali. Ricordando che la misurazione è solo una delle tecniche tra altre, come l’osservazione e la riflessività sulle esperienze, che possono permettere l’avvicinamento alla comprensione di una fase del corso di vita delle bambine e dei bambini, per diversi aspetti ancora poco compresa.
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151
Q51_03 RiferimBiblio 145-152_Q43_02 001-116ok 07/04/11 11.45 Pagina 152
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153
APPENDICE 1
La mappa nazionale delle dimensioni e degli indicatori secondo i dati disponibili al dicembre 2010 di Valerio Belotti, Enrico Moretti, Marco Zelano
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
Anni di disponibilità(a)
% minorenni residenti sul totale dei residenti % minorenni maschi residenti sul totale dei minorenni residenti Rapporto di mascolinità (minorenni maschi ogni 100 minorenni femmine) % residenti di 0-2 anni sul totale dei residenti di 0-17anni % residenti di 3-5 anni sul totale dei residenti di 0-17anni % residenti di 6-10 anni sul totale dei residenti di 0-17anni % residenti di 11-13 anni sul totale dei residenti di 0-17anni % residenti di 14-17 anni sul totale dei residenti di 0-17anni Indice di dipendenza giovanile (residenti di 0-14 per 100 residenti di 15-64 anni) Indice di vecchiaia (residenti di 65 anni e più per 100 residenti di 0-14 anni)
contesto
corrente
regionale
demo.istat.it
1996-2009
contesto
corrente
regionale
Id.
1996-2009
contesto
corrente
regionale
Id.
1996-2009
contesto
corrente
regionale
Id.
1996-2009
contesto
corrente
regionale
Id.
1996-2009
contesto
corrente
regionale
Id.
1996-2009
contesto
corrente
regionale
Id.
1996-2009
contesto
corrente
regionale
Id.
1996-2009
contesto
corrente
regionale
Id.
1996-2009
contesto
corrente
regionale
Id.
1996-2009
Numero medio di componenti familiari Coppie con figli per 100 nuclei familiari Monogenitore con figli per 100 nuclei familiari
contesto contesto contesto
campionaria campionaria campionaria
regionale nazionale nazionale
Istat* Id. Id.
1998-2008 1998-2008 1998-2008
contesto
corrente
regionale
demo.istat.it
1996-2008
Natalità
Quoziente di natalità (nati vivi per 1.000 residenti) Nati vivi naturali per 100 nati vivi Nati vivi da minorenni per 1.000 nati vivi
contesto contesto
corrente corrente
regionale regionale
Id. Id.
1996-2008 2004, 2006, 2007, 2008
Fecondità
Numero medio di figli per donna Età media della donna al parto Tasso di fecondità delle ragazze di 15-19 anni
contesto contesto contesto
corrente corrente corrente
regionale regionale regionale
demo.istat.it Id. Id.
1996-2008 1996-2008 1996-2008
Nuzialità
Sottodimensione
Tasso di nuzialità Tasso di nuzialità delle minorenni Età media della donna al primo matrimonio Spose minorenni per 1.000 matrimoni % matrimoni civili delle spose minorenni
contesto contesto contesto
corrente corrente corrente
regionale regionale regionale
demo.istat.it Id. Id.
1996-2008 1996-2006 1996-2008
contesto contesto
corrente corrente
regionale regionale
Id. Id.
1996-2008 1996-2007
Minorenni straneri residenti per 1.000 minori residenti Tasso di natalità degli stranieri % minorenni stranieri sul totale degli stranieri residenti
contesto
corrente
regionale
demo.istat.it
1998-2009
contesto contesto
corrente corrente
regionale regionale
Id. Id.
2003-2007 1998-2009
Forme familiari
Popolazione
Indicatore
Stranieri
Dimensione: Struttura sociale
* Istat, Indagine multiscopo sulle famiglie “Famiglia e soggetti sociali” (anni vari) (a) Per le indagini multiscopo l’indicazione data si riferisce al primo e all’ultimo anno disponibile
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APPENDICE 1
Dimensioni e indicatori al dicembre 2010
Dimensione: Relazioni e legami Sottodimensione
Relazioni familiari
154
Indicatore
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
Anni di disponibilità(a)
% 11enni maschi che parlano regolarmente con il padre % 11enni femmine che parlano regolarmente con il padre % 15enni maschi che parlano regolarmente con il padre % 15enni femmine che parlano regolarmente con il padre % 11enni maschi che parlano regolarmente con la madre % 11enni femmine che parlano regolarmente con la madre % 15enni maschi che parlano regolarmente con la madre % 15enni femmine che parlano regolarmente con la madre % di 3-10enni che giocano con il padre nei giorni festivi % di 3-10enni che giocano con la madre nei giorni festivi % di 14-17enni che considerano molto o abbastanza soddisfacenti i rapporti con i familiari % di 6-17enni che hanno disponibilità delle chiavi di casa % di 6-17enni che badano ai fratelli più piccoli % di 6-17enni che non svolgono nessuna attività in famiglia % di 3-17enni che hanno genitori che non sono mai attenti ai programmi televisivi, videocassette/dvd visti dai figli % di 3-10enni che si annoiano spesso % figli minori con affidamento congiunto e/o alternato (condiviso dal 2006) nelle separazioni % figli minori con affidamento congiunto e/o alternato (condiviso dal 2006) nei divorzi % separazioni con figli minori affidati % separazioni con più di un figlio minore affidato % divorzi con figli minori affidati % divorzi con più di un figlio minore affidato Figli affidati nelle separazioni per 1.000 minori residenti Figli affidati nei divorzi per 1.000 minori residenti % separazioni con figli minori e assegno
benessere
campionaria
nazionale
Hbsc (2004; 2008)
2002,2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002,2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002,2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002,2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002,2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002,2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002,2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002,2006
benessere
campionaria
regionale
2005-2008
benessere
campionaria
regionale
Istat*; www.minori.it Id.
benessere
campionaria
nazionale
Istat*; www.minori.it
2001-2009
contesto
campionaria
regionale
2005-2008
contesto
campionaria
regionale
Istat*; www.minori.it Id.
contesto
campionaria
regionale
Id.
2005-2008
benessere
campionaria
regionale
Id.
2005-2008
benessere
campionaria
regionale
Id.
2005-2008
benessere
corrente
regionale
giustiziaincifre. istat.it
1996-2008
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
2000-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
2000-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
2000-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
2000-2008
benessere
corrente
regionale
Id.
2000-2008
benessere
corrente
regionale
Id.
2000-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
2000-2007
* Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” (anni vari) (a) Per le indagini multiscopo l’indicazione data si riferisce al primo e all’ultimo anno disponibile
2005-2008
2005-2008
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155
Dimensione: Relazioni e legami (segue)
Relazioni tra pari
Relazioni familiari
Sottodimensione
Anni di disponibilità(a)
Indicatore
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
% separazioni con assegno ai figli % divorzi con figli minori e assegno % divorzi con assegno ai figli Decreti di ammissibilità al matrimonio dei 16enni e 17enni su 100.000 residenti di 16-17 anni Allontanamenti (affidamenti e minori accolti nei servizi residenziali) per 10.000 residenti di 0-17 anni Affidamenti familiari (a singoli, famiglie e parenti) per 10.000 residenti di 0-17 anni Minori accolti nei servizi residenziali per minori per 10.000 minori residenti di 0-17 anni Minori accolti nei servizi residenziali per 10.000 minori residenti di 0-17 anni Provvedimenti urgenti a protezione del minore per 100.000 minori residenti(a) Provvedimenti di allontanamento del minore dalla residenza familiare per 100.000 minori residenti(b) Limitazione della potestà genitoriale per 100.000 minori residenti(b) Decadenza della potestà genitoriale per 100.000 minori residenti(b) Minori in stato di adottabilità per 100.000 minori residenti
contesto
corrente
regionale
2000-2007
contesto contesto contesto
corrente corrente corrente
regionale regionale regionale
giustiziaincifre. istat.it Id. Id. Id.
benessere
corrente
regionale
www.minori.it
1999-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
1999-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
1999-2008
contesto
corrente
regionale
www.istat.it/dati
2000-2006
benessere
corrente
regionale
giustiziaincifre. istat.it
2000-2007
benessere
corrente
regionale
Id.
2000-2007
benessere
corrente
regionale
Id.
2000-2007
benessere
corrente
regionale
Id.
2000-2007
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2007
benessere
campionaria
nazionale
Hbsc (2004; 2008)
2002,2006
benessere
campionaria
nazionale
Istat*
2002-2008
benessere
campionaria
regionale
2005-2008
benessere
campionaria
regionale
Istat*; www.minori.it Id.
benessere
campionaria
regionale
Id.
2005-2008
benessere
campionaria
nazionale
Istat*
2001-2009
contesto
campionaria
nazionale
Hbsc (2004; 2008)
2002,2006
contesto
campionaria
nazionale
Id.
2002,2006
contesto
campionaria
nazionale
Id.
2002,2006
contesto
campionaria
nazionale
Id.
2002,2006
% 15 che incontrano regolarmente i pari fuori dalla scuola % di 6-17enni che frequentano tutti i giorni gli amici % di 3-17enni che frequentano coetanei nel tempo libero % di 3-17enni che partecipano a feste organizzate per altri coetanei % di 11-17enni che escono da soli con gli amici una o più volte a settimana % di 14-17enni che considerano molto o abbastanza soddisfacenti le relazioni con gli amici % di 11enni che hanno tre o più amici stretti dello stesso genere M % di 11enni che hanno tre o più amici stretti dello stesso genere F % di 15enni che hanno tre o più amici stretti dello stesso genere M % di 15enni che hanno tre o più amici stretti dello stesso genere F
* Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” (anni vari) (a) Per le indagini multiscopo l’indicazione data si riferisce al primo e all’ultimo anno disponibile (b) L’indicatore non verrà utilizzato nell’analisi del benessere in quanto i valori non risultano attendibili
2000-2007 2000-2007 2000-2007
2005-2008
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APPENDICE 1
Dimensioni e indicatori al dicembre 2010
Dimensione: Relazioni e legami (segue)
Relazioni tra pari
Sottodimensione
Indicatore % di 11enni che trascorrono quattro o più serate alla settimana fuori con gli amici M % di 11enni che trascorrono quattro o più serate alla settimana fuori con gli amici F % di 15enni che trascorrono quattro o più serate alla settimana fuori con gli amici M % di 15enni che trascorrono quattro o più serate alla settimana fuori con gli amici F
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
Anni di disponibilità
contesto
campionaria
nazionale
Hbsc (2004; 2008)
2002,2006
contesto
campionaria
nazionale
Id.
2002,2006
contesto
campionaria
nazionale
Id.
2002,2006
contesto
campionaria
nazionale
Id.
2002,2006
Dimensione: Benessere/deprivazione materiale e culturale
Deprivazione materiale
Povertà
Sottodimensione
Consumi culturali
156
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
Anni di disponibilità(a)
Incidenza di povertà relativa delle famiglie con un figlio minore Incidenza di povertà relativa delle famiglie con due figli minori Incidenza di povertà relativa delle famiglie con tre figli minori Incidenza di povertà relativa delle famiglie con almeno un figlio minore
benessere
campionaria
nazionale
Istat**
1996-2009
benessere
campionaria
nazionale
Id.
1996-2009
benessere
campionaria
nazionale
Id.
1996-2009
benessere
campionaria
nazionale
Id.
1996-2009
% bambini che denunciano la mancanza di almeno un bene durevole
benessere
campionaria
nazionale
2005
% bambini che denunciano almeno un problema di condizione abitativa
benessere
campionaria
nazionale
epp.eurostat. ec.europa.eu/portal/ page/portal/income_ social_inclusion_ living_conditions/ Id.
% di 6-17enni che non hanno a disposizione un pc da utilizzare % di 6-17enni che non usano il pc % di 6-17enni che non usano internet % di 0-17enni andati in vacanza negli ultimi 12 mesi % di 3-17enni che usano il pc % di 6-17enni che hanno fruito nell’anno di spettacoli cinematografici % di 6-17enni che hanno fruito nell’anno di concerti di musica % di 6-17enni che hanno letto libri per motivi non strettamente scolastici
benessere
campionaria
regionale
2005-2008
benessere benessere benessere
campionaria campionaria campionaria
regionale regionale nazionale
Istat*; www.minori.it Id. Id. Istat*
benessere benessere
campionaria campionaria
nazionale nazionale
Id. Id.
1998-2008 1998-2008
benessere
campionaria
nazionale
Id.
1998-2008
benessere
campionaria
regionale
Istat*; www.minori.it
2005-2008
Indicatore
* Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” (anni vari) ** Istat, Indagine sui consumi delle famiglie “La povertà in Italia” (anni vari) (a) Per le indagini multiscopo l’indicazione data si riferisce al primo e all’ultimo anno disponibile
2005
2005-2008 2005-2008 1998-2008
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157
Dimensione: Benessere/deprivazione materiale e culturale (segue)
Giochi e divertimenti
Consumi culturali
Sottodimensione
Indicatore N° medio di ore passate davanti alla tv da bambini e ragazzi di 3-17 anni % di 6-17enni che hanno fruito nell’anno di spettacoli sportivi % di 6-17enni che hanno fruito nell’anno di mostre e musei % di 3-17enni che guardano tv % di 3-17enni che ascoltano radio % di 6-17enni che leggono libri % di 6-17enni che leggono quotidiani % di 3-10enni che non va mai in giardini/parchi attrezzati % di 3-10enni che non va mai al luna park % di 3-10enni che non va mai in sale giochi
Anni di disponibilità(a)
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
contesto
campionaria
regionale
2005-2008
benessere
campionaria
nazionale
Istat*; www.minori.it Istat*
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002-2008
contesto contesto benessere benessere
campionaria campionaria campionaria campionaria
nazionale nazionale nazionale nazionale
Id. Id. Id. Id.
2002-2008 2002-2008 2002-2008 2002-2008
benessere
campionaria
regionale
2005-2008
benessere
campionaria
regionale
Istat*; www.minori.it Id.
contesto
campionaria
regionale
Id.
2005-2008
2002-2008
2005-2008
* Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” (anni vari) (a) Per le indagini multiscopo l’indicazione data si riferisce al primo e all’ultimo anno disponibile
Dimensione: Benessere soggettivo
Salute percepita
Benessere percepito
Sottodimensione
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
Anni di disponibilità(a)
% di 11enni che dichiarano di andare volentieri a scuola M % di 11enni che dichiarano di andare volentieri a scuola F % di 13enni che dichiarano di andare volentieri a scuola M % di 13enni che dichiarano di andare volentieri a scuola F % di 15enni che dichiarano di andare volentieri a scuola M % di 15enni che dichiarano di andare volentieri a scuola F % di 14-17enni che considerano molto o abbastanza soddisfacente il loro tempo libero
benessere
campionaria
nazionale
Hbsc (2004; 2008)
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Istat*
1999-2008
% di 14-17enni che considerano molto o abbastanza soddisfacente il loro stato di salute % di 11enni che valutano la propria salute come "Mediocre" M
benessere
campionaria
nazionale
Istat*
1999-2008
benessere
campionaria
nazionale
Hbsc (2004; 2008)
2002, 2006
Indicatore
* Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” (anni vari) (a) Per le indagini multiscopo l’indicazione data si riferisce al primo e all’ultimo anno disponibile
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APPENDICE 1
Dimensioni e indicatori al dicembre 2010
Dimensione: Benessere soggettivo (segue)
Salute percepita
Sottodimensione
Indicatore % di 11enni che valutano la propria salute come "Mediocre" F % di 13enni che valutano la propria salute come "Mediocre" M % di 13enni che valutano la propria salute come "Mediocre" F % di 15enni che valutano la propria salute come "Mediocre" M % di 15enni che valutano la propria salute come "Mediocre" F % di 0-14enni molto soddisfatti per assistenza medica ospedaliera % di 0-14enni molto soddisfatti per assistenza infermieristica ospedaliera % di 0-14enni molto soddisfatti per servizi igienici ospedalieri
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
Anni di disponibilità(a)
benessere
campionaria
nazionale
Hbsc (2004; 2008)
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Istat*
1998-2007
benessere
campionaria
nazionale
Id.
1998-2007
benessere
campionaria
nazionale
Id.
1998-2007
Anni di disponibilità(a)
* Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” (anni vari) (a) Per le indagini multiscopo l’indicazione data si riferisce al primo e all’ultimo anno disponibile
Dimensione: Partecipazione sociale Sottodimensione
Relazioni associative
158
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
% di 15-19enni che sono membri di un’associazione
benessere
campionaria
nazionale
% di 14-17enni che si recano in un luogo di culto almeno una volta a settimana % di 14-17enni che svolgono attività gratuita per associazioni di volontariato % di 14-17enni che svolgono attività gratuita per associazioni non di volontariato % di 14-17enni che hanno partecipato a un corteo % di 14-17enni che hanno ascoltato un dibattito politico % di 6-17enni che partecipano ad attività di associazioni ricreative, culturali… % di 3-17enni che partecipano a corsi non organizzati dalla scuola
contesto
campionaria
nazionale
ec.europa. eu/public_opinion /archives_en.htm Istat*
1999-2007
benessere
campionaria
nazionale
Id.
1999-2007
benessere
campionaria
nazionale
Id.
1999-2007
benessere
campionaria
nazionale
Id.
1999-2007
benessere
campionaria
nazionale
Id.
1999-2007
contesto
campionaria
regionale
2005-2008
contesto
campionaria
regionale
Istat*; www.minori.it Id.
Indicatore
* Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” (anni vari) (a) Per le indagini multiscopo l’indicazione data si riferisce al primo e all’ultimo anno disponibile
2007
2005-2008
Q51_04 Appendice 153-176_Q43_02 001-116ok 07/04/11 11.46 Pagina 159
159
Dimensione: Salute
Mortalità
Malattie infettive e Aids(b)
Spedalizzazione e farmaci
Nascita
Sottodimensione
(b)
Anni di disponibilità
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
% nati sottopeso sul totale dei nati
benessere
corrente
regionale
2002-2006
% nati pretermine sul totale dei nati % nati con malformazioni sul totale dei nati % nati con procreazione medicalmente assistita % di madri che non effettuano nessun controllo in gravidanza % di parti cesarei delle minorenni sul totale dei parti delle minorenni % di parti cesarei sul totale dei parti
benessere benessere
corrente corrente
regionale nazionale
www.ministero salute.it Id. Id.
contesto
corrente
regionale
Id.
2002-2006
benessere
corrente
regionale
Id.
2002-2006
benessere
corrente
regionale
1999-2006
benessere
corrente
regionale
www.istat.it/sanita /health Id.
Tasso di dimissione ospedaliera ordinaria acuti 0-14 anni (per 10.000 minori 0-14 anni) Tasso dimissioni disturbi psichici 0-14 (per 10.000 minori 0-14 anni) Tasso dimissioni alcune condizioni morbose origine perinatale (per 10.000 minori 0 anni) Tasso dimissioni malformazioni congenite 0-14 (per 10.000 minori 0-14 anni ) Tasso consumo farmaci 0-14 (per 100 minori 0-14 anni) % ivg minorenni sul totale ivg Tasso abortività volontaria ivg minorenni 14-17 anni (per 1.000 minori 14-17 anni)
benessere
corrente
regionale
www.istat.it/sanita /health
1999-2005
benessere
corrente
regionale
Id.
1999-2005
benessere
corrente
regionale
Id.
1999-2005
benessere
corrente
regionale
Id.
1999-2005
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2006
contesto benessere
corrente corrente
regionale regionale
www.istat.it/dati/ Id.
1997-2006 1997-2006
Tasso di malattie infettive 0 anni M+F (per 10.000 minori 0 anni) Tasso di malattie infettive 1-14 M+F (per 10.000 minori 1-14 anni) Tassi di Aids pediatrico (per 1.000.000 minori 0-14 anni)
benessere
corrente
regionale
1996-2005
benessere
corrente
regionale
www.istat.it/sanita /health Id.
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2005
Nati-mortalità
benessere
corrente
regionale
1996-2006
Tasso di mortalità perinatale - 1-6 giorni (per 10.000 nati vivi) Tasso di mortalità neonatale - 1-29 giorni (per 10.000 nati vivi) Tasso di mortalità infantile (per 10.000 nati vivi) Tasso di mortalità per la classe 0-14 (per 10.000 minori 0-14 anni) Speranza di vita 0 anni Speranza di vita buona salute 0 anni Speranza di vita libera da disabilità 15 anni Speranza di vita libera da disabilità per confinamento individuale 15 anni
benessere
corrente
regionale
www.istat.it/sanita /health Id.
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2006
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2006
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2006
contesto contesto contesto contesto
corrente corrente corrente corrente
regionale regionale regionale nazionale
Id. Id. Id. Id.
1996-2006 2000, 2005 2000, 2005 2000, 2005
Indicatore
L’indicatore non è utilizzato nell’analisi del benessere in quanto i valori non risultano attendibili
2002-2006 2002-2006
1996-2006
1996-2005
1996-2006
Q51_04 Appendice 153-176_Q43_02 001-116ok 07/04/11 11.46 Pagina 160
APPENDICE 1
Dimensioni e indicatori al dicembre 2010
Dimensione: Salute (segue)
Alimentazione
Mortalità
Sottodimensione
Attività sportiva e fisica
160
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
Anni di disponibilità(a)
Speranza di vita libera da disabilità nelle funzioni quotidiane 15 anni Speranza di vita libera da disabilità nel movimento 15 anni
contesto
corrente
nazionale
Id.
2000, 2005
contesto
corrente
nazionale
Id.
2000, 2005
% di bambini 8-9enni in sovrappeso
benessere
campionaria
regionale
2008
% di bambini 8-9enni obesi % di 3-14enni che fanno un’adeguata colazione % di 3-14enni che mangiano pesce qualche volta a settimana % di 3-14enni che consumano verdura almeno 1 volta al giorno Tasso di epatite A 0-14 M+F (per 100.000 minori di 0-14 anni)(b) Tasso di salmonellosi non tifoidea 0-14 M+F (per 100.000 minori di 0-14 anni)(b)
benessere benessere
campionaria campionaria
regionale regionale
2008 1996-2007
benessere
campionaria
regionale
www.epicentro. iss.it Id. www.istat.it/sanita /health Id.
benessere
campionaria
regionale
Id.
1996-2007
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2005
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2005
% di 3-17enni che praticano sport in maniera continuativa % di 3-17enni che praticano sport in maniera continuativa % di 3-17enni che non praticano né sport né attività fisica % di 3-17enni che non praticano né sport né attività fisica
benessere
campionaria
regionale
2005-2007
benessere
campionaria
nazionale
Istat*; www.minori.it Id.
benessere
campionaria
regionale
Id.
2005-2007
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002-2007
Indicatore
* Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” (anni vari) (a) Per le indagini multiscopo l’indicazione data si riferisce al primo e all’ultimo anno disponibile (b) L’indicatore non è utilizzato nell’analisi del benessere in quanto i valori non risultano attendibili
1996-2007
1999-2007
Q51_04 Appendice 153-176_Q43_02 001-116ok 07/04/11 11.46 Pagina 161
161
Dimensione: Inclusione scolastica
Esiti e dispersione
Scolarità(b)
Sottodimensione
(b) (c)
Anni di disponibilità
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
Bambini iscritti alle scuole dell’infanzia ogni 100 residenti 3-5 anni
contesto
corrente
regionale
1996-2008
Alunni iscritti alle scuole primarie ogni 100 residenti 6-10 anni Alunni iscritti alle scuole secondarie I grado ogni 100 residenti 11-13 anni Studenti iscritti alle scuole secondarie II grado ogni 100 residenti 14-18 anni % alunni stranieri sul totale degli alunni alla scuola dell’infanzia % alunni stranieri alla scuola dell’infanzia sul totale degli stranieri residenti di 3-5 anni % alunni stranieri sul totale degli alunni alla scuola primaria % alunni stranieri alla scuola primaria sul totale degli stranieri residenti di 6-10 anni % alunni stranieri sul totale degli alunni alla scuola secondaria di primo grado % alunni stranieri alla scuola secondaria di primo grado sul totale degli stranieri residenti di 11-13 anni % alunni stranieri sul totale degli alunni alla scuola secondaria di secondo grado % alunni stranieri alla scuola secondaria di secondo grado sul totale degli stranieri residenti di 14-18 anni
contesto
corrente
regionale
www.istruzione.it/ web/ministero/index _pubblicazioni Id.
contesto
corrente
regionale
Id.
1997-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
1996-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
1998-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
2002-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
1998-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
2002-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
1998-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
2002-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
1998-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
2002-2008
% ripetenti delle scuole primarie
benessere
corrente
regionale
1996-2007
% ripetenti delle scuole secondarie di I grado % ripetenti delle scuole secondarie di II grado % studenti non ammessi all’anno successivo alla scuola secondaria di II grado % ripetenti dei licei classici(c) % ripetenti dei licei scientifici(c) % ripetenti degli ex istituti magistrali(c) % ripetenti degli istituti professionali(c) % ripetenti degli istituti tecnici(c) % ripetenti del I anno degli istituti secondari di II grado % alunni in ritardo nelle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado
benessere
corrente
regionale
www.istruzione.it/ web/ministero/index _pubblicazioni Id.
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2007
benessere
corrente
regionale
Id.
2006
benessere benessere benessere benessere benessere benessere
corrente corrente corrente corrente corrente corrente
regionale regionale regionale regionale regionale regionale
Id. Id. Id. Id. Id. Id.
2006 2006 2006 2006 2006 2006
benessere
corrente
regionale
Id.
2006-2007
Indicatore
Si tratta di tassi lordi e non netti; per tale motivo sono stati considerati degli indicatori di contesto e non di benessere L’indicatore non è utilizzato nell’analisi del benessere in quanto i valori non risultano attendibili
1997-2008
1996-2007
Q51_04 Appendice 153-176_Q43_02 001-116ok 07/04/11 11.46 Pagina 162
APPENDICE 1
Dimensioni e indicatori al dicembre 2010
Dimensione: Inclusione scolastica (segue)
Esiti e dispersione
Sottodimensione
Apprendimenti
162
(c)
Anni di disponibilità
Indicatore
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
% di alunni con cittadinanza straniera in ritardo nelle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado Abbandoni scolastici per 100 iscritti della scuola secondaria di I grado Abbandoni scolastici per 100 iscritti al primo anno delle scuole secondarie di II grado % dispersione nel quinquennio licei scientifici(c) % dispersione nel quinquennio licei classici e magistrali(c) % dispersione nel quinquennio istituti professionali e d’arte(c) % dispersione nel quinquennio istituti tecnici(c) Alunni con cittadinanza italiana promossi su 100 scrutinati nella scuola primaria Alunni con cittadinanza italiana promossi su 100 scrutinati nella scuola secondaria di I grado Alunni con cittadinanza italiana promossi su 100 scrutinati nella scuola secondari di II grado Alunni con cittadinanza non italiana promossi su 100 scrutinati con cittadinanza non italiana nella scuola primaria Alunni con cittadinanza non italiana promossi su 100 scrutinati nella scuola secondaria di I grado Alunni con cittadinanza non italiana promossi su 100 scrutinati nella scuola secondaria di II grado
benessere
corrente
regionale
2006-2007
benessere
corrente
nazionale
www.istruzione.it/ web/ministero/index _pubblicazioni Id.
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2006
benessere
corrente
regionale
Id.
2006
benessere
corrente
regionale
Id.
2006
benessere
corrente
regionale
Id.
2006
benessere
corrente
regionale
Id.
2006
benessere
corrente
regionale
Id.
2003
benessere
corrente
regionale
Id.
2003
benessere
corrente
regionale
Id.
2003
benessere
corrente
regionale
Id.
2003
benessere
corrente
regionale
Id.
2003
benessere
corrente
regionale
Id.
2003
Livello di apprendimento medio in italiano delle classi IV scuola primaria Livello di apprendimento medio in matematica delle classi IV scuola primaria Livello di apprendimento medio in italiano delle classi I scuola secondaria di I grado Livello di apprendimento medio in matematica delle classi I scuola secondaria di I grado Livello di apprendimento medio in italiano delle classi I scuola secondaria di II grado Livello di apprendimento medio in matematica delle classi I scuola secondaria di II grado
benessere
corrente
regionale
2006
benessere
corrente
regionale
www.invalsi.it/aread ati/swdati.php?page =generale Id.
benessere
corrente
regionale
Id.
2006
benessere
corrente
regionale
Id.
2006
benessere
corrente
regionale
Id.
2006
benessere
corrente
regionale
Id.
2006
L’indicatore non è utilizzato nell’analisi del benessere in quanto i valori non risultano attendibili
2004-2006
2006
Q51_04 Appendice 153-176_Q43_02 001-116ok 07/04/11 11.46 Pagina 163
163
Dimensione: Inclusione scolastica (segue)
Tempi e distanze
Disabilità
Sottodimensione
Indicatore % di alunni in situazione di handicap nella scuola dell’infanzia % di alunni in situazione di handicap nelle scuola primaria % di alunni in situazione di handicap nella scuola secondaria di primo grado % di alunni in situazione di handicap nella scuola secondaria di secondo grado Alunni in situazione di handicap ogni posto di sostegno nella scuola statale normale dell’infanzia Alunni in situazione di handicap ogni posto di sostegno nella scuola statale normale primaria Alunni in situazione di handicap ogni posto di sostegno nella scuola statale normale secondaria di primo grado Alunni in situazione di handicap ogni posto di sostegno nella scuola statale normale di secondo grado Bambini di 0-5 anni per tempo medio di raggiungimento della scuola inferiore ai 15 minuti scuola Bambini di 6-10 anni per tempo medio di raggiungimento della scuola inferiore ai 15 minuti scuola Bambini di 11-13 anni per tempo medio di raggiungimento della scuola inferiore ai 15 minuti scuola Bambini di 14-17 anni per tempo medio di raggiungimento della scuola inferiore ai 15 minuti scuola Famiglie che dichiarano difficoltà a raggiungere la scuola dell’infanzia Famiglie che dichiarano difficoltà a raggiungere la scuola primaria Famiglie che dichiarano difficoltà a raggiungere la scuola secondaria di I grado
Anni di disponibilità(a)
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
contesto
corrente
nazionale
1996-2006
contesto
corrente
nazionale
www.disabilitain cifre.it/ Id.
contesto
corrente
nazionale
Id.
1996-2006
contesto
corrente
nazionale
Id.
1996-2006
benessere
corrente
nazionale
Id.
1997-2002
benessere
corrente
nazionale
Id.
1997-2002
benessere
corrente
nazionale
Id.
1997-2002
benessere
corrente
nazionale
Id.
1997-2002
benessere
campionaria
nazionale
Istat*
2005-2007
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2005-2007
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2005-2007
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2005-2007
benessere
campionaria
regionale
Id.
2005-2007
benessere
campionaria
regionale
Id.
2005-2007
benessere
campionaria
regionale
Id.
2005-2007
* Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” (anni vari) (a) Per le indagini multiscopo l’indicazione data si riferisce al primo e all’ultimo anno disponibile
1996-2006
Q51_04 Appendice 153-176_Q43_02 001-116ok 07/04/11 11.46 Pagina 164
APPENDICE 1
Dimensioni e indicatori al dicembre 2010
Dimensione: Sicurezza, rischio e pericolo
Comportamenti al limite
Sottodimensione
Comportamenti violenti
164
Indicatore
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
Anni di disponibilità(a)
% 15enni maschi che dichiarano di fumare quotidianamente % 15enni femmine che dichiarano di fumare quotidianamente % 15enni maschi che dichiarano di aver iniziato a fumare prima dei 13 anni % 15enni femmine che dichiarano di aver iniziato a fumare prima dei 13 anni % 17enni che dichiarano di aver fumato (almeno una sigaretta al giorno) nell’ultimo anno % 11-17enni che consumano alcolici fuori dai pasti per ubriacarsi % 15enni maschi che si sono ubriacati almeno due volte % 15enni femmine che si sono ubriacate almeno due volte % 15enni che dichiarano di aver iniziato a bere prima dei 13 anni % 17enni che dichiarano di essersi ubriacati nell’ultimo anno % 15enni che consumano cannabis pesantemente % 17enni che dichiarano di aver fatto uso di cannabis nell’ultimo anno % 17enni che dichiarano di aver fatto uso di sostanze illegali (escluso cannabis) nell’ultimo anno Nuovi minorenni segnalati per possesso di sostanze a uso strettamente personale per 100.000 minorenni residenti(b) Minori al di sotto dei 15 anni deferiti all’Autorità giudiziaria per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti per 100.000 minorenni residenti della stessa età(b) Nuovi soggetti fino a 15 anni in trattamento presso i SerT per 100.000 ragazzi della stessa età Soggetti fino a 15 anni “già in carico” in trattamento presso i SerT per 100.000 ragazzi della stessa età % 17enni che dichiarano di aver fatto uso di psicofarmaci nell’ultimo anno
benessere
campionaria
nazionale
Hbsc (2004; 2008)
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
regionale
www.espad.org
2005-2007
benessere
campionaria
nazionale
Istat*
2005-2007
benessere
campionaria
nazionale
Hbsc (2004; 2008)
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Hbsc (2008)
2006
benessere
campionaria
regionale
www.espad.org
2005-2007
benessere
campionaria
nazionale
Hbsc (2008)
2006
benessere
campionaria
regionale
www.espad.org
2005-2007
benessere
campionaria
regionale
Id.
2005-2007
benessere
corrente
regionale
www.interno.it/ mininterno
2000-2006
benessere
corrente
regionale
Id.
2000-2006
contesto
corrente
nazionale
Id.
2000-2006
contesto
corrente
nazionale
Id.
2000-2006
benessere
campionaria
regionale
www.espad.org
2005-2007
% 11enni maschi che hanno partecipato a bullismo nell’ultimo anno % 11enni femmine che hanno partecipato a bullismo nell’ultimo anno % 15enni maschi che hanno partecipato a bullismo nell’ultimo anno
benessere
campionaria
nazionale
Hbsc (2004; 2008)
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
* Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” (anni vari) (a) Per le indagini multiscopo l’indicazione data si riferisce al primo e all’ultimo anno disponibile
Q51_04 Appendice 153-176_Q43_02 001-116ok 07/04/11 11.46 Pagina 165
165
Dimensione: Sicurezza, rischio e pericolo (segue) Tipo
Disaggregazione
Fonte
Anni di disponibilità
% 15enni femmine che hanno partecipato a bullismo nell’ultimo anno % 11enni maschi vittime di bullismo nell’ultimo anno % 11enni femmine vittime di bullismo nell’ultimo anno % 15enni maschi vittime di bullismo nell’ultimo anno % 15enni femmine vittime di bullismo nell’ultimo anno % 11enni che hanno partecipato a scontri fisici nell’ultimo anno % 13enni che hanno partecipato a scontri fisici nell’ultimo anno % 15enni che hanno partecipato a scontri fisici nell’ultimo anno
benessere
campionaria
nazionale
Hbsc (2004; 2008)
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
benessere
campionaria
nazionale
Id.
2002, 2006
contesto
corrente
regionale
1998-2008
benessere
corrente
regionale
giustiziaincifre. istat.it Id.
contesto
corrente
nazionale
Id.
1996-2008
benessere
corrente
regionale
Id.
1998-2008
contesto
corrente
regionale
Istat***
1998-2007
benessere
corrente
regionale
Id.
1998-2007
benessere
corrente
regionale
Id.
1998-2007
benessere
corrente
regionale
Istat****
1996-2004
benessere
corrente
regionale
1997-2007
contesto
corrente
regionale
giustiziaincifre. istat.it Id.
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2005
contesto
corrente
regionale
Id.
1996-2005
contesto
corrente
regionale
Id.
2000-2006
Autolesionismo
Natura
% tentativi di suicidio degli 0-17enni sul totale dei tentativi di suicidio Tentativi di suicidio degli 0-17enni su 100.000 minorenni residenti Tentativi di suicidio dei minorenni ogni suicidio di minorenni Suicidi di minorenni per 100.000 minorenni residenti
Traumi e morti violente
Indicatore
% minorenni feriti in incidenti stradali sul totale dei feriti Minorenni feriti in incidenti stradali su 1.000 minorenni residenti Morti di 0-17 anni in incidenti stradali per 100.000 minori di 0-17 anni Tasso di mortalità traumatismi e avvelenamenti 0-14 (per 10.000 0-14enni)
Reati
Comportamenti violenti
Sottodimensione
Minorenni denunciati alle Procure per 1.000 minorenni di 10-17 anni % minorenni stranieri denunciati alle Procure sul totale dei minorenni denunciati alle Procure Minorenni di 14-17 anni denunciati per i quali è iniziata l’azione penale per 1.000 minorenni di 14-17 anni % minori condannati sui minori denunciati per i quali è iniziata l’azione penale % minori stranieri condannati sul totale dei minori condannati
*** Istat, Incidenti stradali (anni vari) **** Istat, Cause di morte (anni vari)
1996-2008
1998-2007
Q51_04 Appendice 153-176_Q43_02 001-116ok 07/04/11 11.46 Pagina 166
APPENDICE 1
Dimensioni e indicatori al dicembre 2010
Indicatore
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
Anni di disponibilità
Delitti di infanticidio per i quali è iniziata l’azione penale per 1.000.000 minori residenti Delitti di atti sessuali con minorenne per i quali è iniziata l’azione penale per 100.000 minori residenti Delitti di corruzione di minorenne per i quali è iniziata l’azione penale per 100.000 minori residenti Delitti di pornografia minorile, ecc… per i quali è iniziata l’azione penale per 100.000 minori residenti
benessere
corrente
nazionale
Istat*****
1996-2005
Abuso e maltrattamento
Dimensione: Sicurezza, rischio e pericolo (segue)
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2005
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2005
benessere
corrente
regionale
Id.
1998-2005
Percezione della sicurezza
166
Sottodimensione
% di 14-17enni che considerano la criminalità un problema prioritario % di 14-17enni che considerano l’immigrazione extra-comunitaria un problema prioritario % di 14-17enni che considerano la disoccupazione un problema prioritario % di 14-17enni che considerano la povertà un problema prioritario
contesto
campionaria
nazionale
Istat*
2005-2006
contesto
campionaria
nazionale
Id.
2005-2006
contesto
campionaria
nazionale
Id.
2005-2006
contesto
campionaria
nazionale
Id.
2005-2006
* Istat, Indagine multiscopo annuale sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” (anni vari) ***** Istat, Statistiche giudiziarie penali (anni vari)
Q51_04 Appendice 153-176_Q43_02 001-116ok 07/04/11 11.46 Pagina 167
167
Dimensione: Spesa, diffusione e uso dei servizi
Servizi 0-2 anni
Spesa
Sottodimensione
Anni di disponibilità
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
Incidenza spesa sociale a favore di bambini e famiglie sul totale della spesa sociale
benessere
corrente
nazionale
2006
Incidenza spesa sociale per le politiche per l’infanzia in percentuale del Prodotto interno lordo Spesa pubblica per l’istruzione in rapporto al Prodotto interno lordo Incidenza della spesa dei Comuni per interventi e servizi sociali a favore di famiglie e minori sul totale della spesa per interventi e servizi sociali Spesa dei Comuni pro capite per interventi e servizi sociali a favore di famiglie e minori(a) Incidenza della spesa dei Comuni(b) per il servizio per l’affido di minori sul totale della spesa(b) Incidenza della spesa dei Comuni(b) per contributi economici per affido familiare sul totale della spesa(b) Incidenza della spesa dei Comuni(b) per la retta per prestazioni residenziali sul totale della spesa(b) Incidenza della spesa dei Comuni(b) per le strutture residenziali sul totale della spesa(b) Incidenza della spesa dei Comuni(b) per il servizio per l’adozione di minori sul totale della spesa(b) Incidenza della spesa dei Comuni(b) per la retta per asili nido sul totale della spesa(b) Incidenza della spesa dei Comuni per nidi(b) sul totale della spesa(b) Incidenza della spesa dei Comuni(b) per i servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia sul totale della spesa(b) % di compartecipazione sulla spesa dei Comuni per i nidi % di compartecipazione sulla spesa dei Comuni per servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia
benessere
corrente
nazionale
epp.eurostat. ec.europa.eu/portal/ page/portal/statistics/ search_database Id.
benessere
corrente
nazionale
2006
benessere
corrente
regionale
www.oecd.org/ dataoecd Istat******
2003-2007
benessere
corrente
regionale
Id.
2003-2007
contesto
corrente
nazionale
Id.
2003-2007
contesto
corrente
nazionale
Id.
2003-2007
contesto
corrente
nazionale
Id.
2003-2007
contesto
corrente
nazionale
Id.
2003-2007
contesto
corrente
nazionale
Id.
2003-2007
contesto
corrente
nazionale
Id.
2003-2007
contesto
corrente
nazionale
Id.
2003-2007
contesto
corrente
nazionale
Id.
2003-2007
contesto
corrente
regionale
Id.
2003-2007
contesto
corrente
regionale
Id.
2003-2007
% bambini iscritti ai nidi sul totale dei bambini residenti di 0-2 anni % di Comuni coperti dal servizio di nido % di Comuni coperti dai servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia
benessere
corrente
regionale
Istat******
2003-2008
benessere benessere
corrente corrente
regionale regionale
Id. Id.
2004-2008 2004-2008
Indicatore
2006
****** Istat, Interventi e servizi sociali dei Comuni singoli e associati (anni vari) (a) I valori pro capite sono il rapporto tra la spesa e la popolazione di riferimento per ogni area di utenza. La popolazione di riferimento per l’area "famiglia e minori" è costituita dal numero di componenti delle famiglie con almeno un minore di età calcolati dai dati del Censimento della popolazione 2001 (b) Si intende la spesa per interventi e servizi sociali a favore di famiglie e minori di età
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APPENDICE 1
Dimensioni e indicatori al dicembre 2010
Dimensione: Spesa, diffusione e uso dei servizi (segue)
Servizi sanitari
Servizi e fuori famiglia
Sottodimensione
Servizi e adozioni
168
(c)
Anni di disponibilità
Indicatore
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
Affidamenti familiari ogni 100 allontanamenti (affidamenti familiari e accolti nei servizi residenziali) % minori in affidamento familiare con cittadinanza straniera(c) Incidenza percentuale degli affidamenti eterofamiliari sul totale degli affidamenti familiari (a singoli, famiglie e parenti)(c) Incidenza percentuale degli affidamenti consensuali sul totale degli affidamenti familiari (a singoli, famiglie e parenti)(c) Incidenza percentuale dei bambini in affidamento da oltre 2 anni sul totale degli affidamenti familiari (a singoli, famiglie e parenti)(c) % minori accolti nei servizi residenziali con cittadinanza straniera(c) Incidenza percentuale dei minori accolti nei servizi residenziali da oltre 2 anni sul totale dei minori accolti(c)
benessere
corrente
regionale
www.minori.it
1998/ 1999-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
1999-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
1999-2008
benessere
corrente
regionale
Id.
1999-2008
benessere
corrente
regionale
Id.
1999-2008
contesto
corrente
regionale
Id.
1999-2008
benessere
corrente
regionale
Id.
1999-2008
Bambini residenti di 0-14 anni per pediatra di base Numero medio di assistiti di 0-14 anni per pediatra di base % pediatri con più di 800 assistiti % asl con Dipartimento materno-infantile Tasso consultori materno-infantili (per 100.000 abitanti) % consultori pubblici materno-infantili Tasso posti letto ospedalieri ostetricia-ginecologia (per 100.000 abitanti) Tasso posti letto ospedalieri pubblici ostetricia-ginecologia (per 100.000 abitanti) Tasso posti letto ospedalieri specialità pediatriche (per 100.000 abitanti) Tasso posti letto ospedalieri pubblici specialità pediatriche (per 100.000 abitanti)
benessere
corrente
regionale
1996-2006
contesto
corrente
regionale
www.istat.it/sanita /health Id.
benessere benessere
corrente corrente
regionale regionale
Id. Id.
1996-2006 1996-2006
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2006
contesto
corrente
regionale
Id.
1997-2006
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2004
contesto
corrente
regionale
Id.
1996-2004
benessere
corrente
regionale
Id.
1996-2004
contesto
corrente
regionale
Id.
1996-2004
Decreti di adozione nazionale ogni 100 domande di adozione nazionale Bambini in stato di adottabilità ogni 100 domande di adozione nazionale Decreti di adozione nazionale ogni bambino in stato di adottabilità Minori adottati sul territorio nazionale ogni 100.000 minori residenti
contesto
corrente
regionale
1996-2007
contesto
corrente
regionale
giustiziaincifre. istat.it Id.
contesto
corrente
regionale
Id.
1996-2007
contesto
corrente
regionale
Id.
1996-2007
1996-2006
1996-2007
L’indicatore non verrà utilizzato nell’analisi del benessere in quanto disponibile per una minoranza di Regioni e Province autonome
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169
Dimensione: Spesa, diffusione e uso dei servizi (segue)
Servizi scolastici
Servizi e adozioni
Sottodimensione
(d)
Anni di disponibilità
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
% adozioni in casi particolare (art. 44 legge 184/1983) sul totale delle adozioni nazionali Minori stranieri adottati ogni 100.000 minori residenti
contesto
corrente
regionale
giustiziain cifre.istat.it
2000-2007
contesto
corrente
regionale
2002-2007
Minori stranieri adottati da Paesi ratificanti la Convenzione de L’Aja ogni 100 minori adottati Minori stranieri adottati da Paesi ratificanti la Convenzione de L’Aja ogni 100 minori adottati
contesto
corrente
regionale
www.commis sioneadozioni.it/it/ per-una-famigliaadottiva/rapportostatistico.aspx Id.
contesto
corrente
nazionale
Id.
2000-2009
Patrimonio delle istituzione scolastiche (punteggio medio)
benessere
corrente
regionale
2004
Spesa per l’istruzione degli enti locali sugli impegni generali (punteggio medio) Tecnologie didattiche a istituzione scolastica (punteggio medio) Scuole con servizi di supporto all’attività scolastica (punteggio medio) Scuole a tempo pieno nella primaria (punteggio medio) Scuole a tempo prolungato secondaria di I grado (punteggio medio) Efficienza amministrativa (punteggio medio) Spesa dello Stato per studente delle scuole statali scuola dell’infanzia (impegni in euro)(d) Spesa dello Stato per studente delle scuole statali scuola primaria (impegni in euro)(d) Spesa dello Stato per studente delle scuole statali scuola di I grado (impegni in euro)(d) Spesa dello Stato per studente delle scuole statali scuola di II grado (impegni in euro)(d) Numero medio di bambini per sezione scuola infanzia Numero medio di alunni per classe scuola primaria Numero medio di studenti per classe scuola secondaria di I grado Numero medio di studenti per classe scuola secondaria di II grado
contesto
corrente
regionale
www.istruzione.it/ web/ministero/index _pubblicazioni Id.
benessere
corrente
regionale
Id.
2006
benessere
corrente
regionale
Id.
2005
benessere
corrente
regionale
Id.
2006
benessere
corrente
regionale
Id.
2006
benessere
corrente
regionale
Id.
2005
contesto
corrente
regionale
Id.
2005
contesto
corrente
regionale
Id.
2005
contesto
corrente
regionale
Id.
2005
contesto
corrente
regionale
Id.
2005
contesto
corrente
regionale
Id.
1998-2006
contesto
corrente
regionale
Id.
1998-2006
contesto
corrente
regionale
Id.
1998-2006
contesto
corrente
regionale
Id.
1998-2006
Indicatore
2000-2009
2004
Per calcolare l’indicatore, la spesa MPI della Sicilia è stata integrata di una quota di spesa della Regione Sicilia per il funzionamento didattico e amministrativo
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APPENDICE 1
Dimensioni e indicatori al dicembre 2010
Dimensione: Spesa, diffusione e uso dei servizi (segue) Sottodimensione
Servizi scolastici
170
Indicatore Docenti di sostegno a tempo determinato ogni docente a tempo indeterminato nelle scuole statali % di scuole statali con strutture per il superamento delle barriere architettoniche (Porte) % di scuole statali con strutture per il superamento delle barriere architettoniche (Servizi igienici) % di scuole statali con strutture per il superamento delle barriere architettoniche (Scale) % di scuole statali con strutture per il superamento delle barriere architettoniche (Ascensori)
Anni di disponibilitĂ
Natura
Tipo
Disaggregazione
Fonte
contesto
corrente
regionale
1997-2002, 2004
benessere
corrente
regionale
www.istruzione.it/ web/ministero/index _pubblicazioni Id.
benessere
corrente
regionale
Id.
2004
benessere
corrente
regionale
Id.
2004
benessere
corrente
regionale
Id.
2004
2004
Q51_04 Appendice 153-176_Q43_02 001-116ok 07/04/11 11.46 Pagina 171
171
Q51_04 Appendice 153-176_Q43_02 001-116ok 07/04/11 11.46 Pagina 171
APPENDICE 1
Dimensioni e indicatori al dicembre 2010
171
APPENDICE 2
Un metodo per l’aggregazione di indicatori elementari per il calcolo degli indici sintetici di Gianni Betti, Enrico Moretti, Marco Zelano
Questo contributo ha lo scopo di fornire alcuni ragguagli informativi sul sistema di pesi utilizzato nel presente lavoro per combinare le diverse variabili/indicatori che rappresentano le differenti dimensioni del benessere dei bambini. L’obiettivo prefissato era quello di determinare i pesi attraverso considerazioni il più possibile “oggettive”, lasciando che fossero gli stessi dati a suggerire il peso da attribuire a ciascun indicatore presente nelle varie sottodimensioni di senso utilizzate. Questa strategia è sembrata la più appropriata ai fini della costruzione di una media aritmetica pesata: K
K
si = ∑ wk·sk,i / ∑ wk dove sk,I rappresenta lo z-scores k=1
k=1
In linea di principio, i pesi wk sono determinati dal fatto che alcuni o tutti gli indicatori presi in considerazione possono essere altamente o parzialmente correlati con altri e quindi l’informazione che apportano nella costruzione dell’indice sintetico risulta essere ridondante. Il metodo di calcolo proposto si è quindi concentrato a limitare l’influenza delle caratteristiche più altamente correlate tra loro.
Il modello
Il peso qui proposto per ogni variabile o indicatore k è dato dal reciproco di una misura media della propria correlazione con tutte le altre variabili:
冢
冣冢
冣
1 1 wkµ –––––––––––––––––– x –––––––––––––––––– K K 1 + ∑ rk,k’|rk,k’ < rH ∑ rk,k’|rk,k’ ≥ rH k’=1
k’=1
(1)
dove k,k’ = corr(sk,i, sk’,i) è la correlazione tra due indicatori Nel primo termine del membro di destra della (1), la somma comprende tutti gli indicatori la cui correlazione con la variabile k è minore di un certo valore rh. Tale valore soglia viene determinato con lo scopo di raggruppare le correlazioni in due cluster: (i) un gruppo poco correlato e (ii) un gruppo molto correlato. Operativamente, per individuare tale soglia, si ordinano le correlazioni in ordine crescente e si calcolano le distanze tra tutte le coppie di correlazioni contigue. La distanza massima individua e distingue la più grande correlazione del gruppo delle piccole correlazioni, dalla più piccola correlazione del gruppo delle grandi.
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APPENDICE 2
Un metodo per il calcolo degli indici sintetici
172
Per esemplificare, supponiamo di avere dieci correlazioni così ordinate: 0,01 – 0,10 – 0,20 – 0,20 – 0,25 – 0,30 – 0,35 – 0,80 – 0,90 – 1,00 Si costruiscono le nove differenze: 0,09 – 0,10 – 0,00 – 0,05 – 0,05 – 0,45 – 0,10 – 0,10 La distanza massima, 0,45 tra la 7° e l’8° correlazione, individua due gruppi: il primo di sette correlazioni comprese tra 0,01 e 0,35; il secondo di tre correlazioni comprese tra 0,80 e 1,00. Il valore rh della formula (1) può essere definito come qualsiasi valore compreso tra 0,35 e 0,80. È da segnalare che la somma nel secondo termine include sempre il caso k’ = k, quando il coefficiente di correlazione è 1,00. La motivazione teorica per questo modello è che (i) wk non è influenzato dall’introduzione di variabili completamente incorrelate con k; (ii) è influenzato solo marginalmente da piccole correlazioni; (iii) infine decresce all’aumentare del numero di variabili altamente correlate.
Un esempio di applicazione
Un esempio può risultare utile per verificare la metodologia sin qui descritta. Si prenda in considerazione una matrice di indicatori: Indicatori Regioni
1
2
3
4
5
6
Piemonte Valle d’Aosta Lombardia Trentino-Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna
3,1 3,7 4,1 2,7 3,5 3,7 5,5 5,7 5,6 4,5 6,0 4,2 4,4 2,3 1,5 2,9 1,9 2,0 3,6 2,5
2,1 1,6 2,3 1,4 2,0 2,3 3,5 3,6 3,5 2,3 3,6 2,6 2,9 0,9 0,8 1,5 0,9 1,2 2,0 1,7
0,4 0,0 0,5 0,6 0,5 0,4 0,2 0,9 0,2 0,0 0,4 0,3 0,4 0,4 0,2 0,5 0,2 0,5 0,0 0,3
0,4 0,0 0,3 0,7 0,2 0,0 0,0 0,4 0,2 0,2 0,3 0,1 0,1 0,0 0,1 0,3 0,7 0,2 0,2 0,3
0,5 0,0 0,1 0,0 0,4 0,0 0,0 0,0 0,0 0,8 0,0 0,2 0,0 0,0 0,2 0,1 0,0 0,0 0,6 0,4
2,6 0,0 3,8 3,8 3,6 0,6 2,4 5,3 3,3 2,4 2,5 2,1 4,9 1,8 2,5 3,5 3,6 2,3 3,1 3,3
media dev standard
3,7 1,3
2,1 0,9
0,4 0,2
0,2 0,2
0,2 0,2
2,9 1,3
Si procede calcolando la matrice di correlazione tra ogni singolo indicatore. Ciò che si ottiene è una matrice simmetrica che nel nostro caso può essere visualizzata come segue:
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APPENDICE 1
Dimensioni e indicatori al dicembre 2010
173 1,000 0,968 0,082 -0,174 -0,073 0,173
0,968 1,000 0,153 -0,146 -0,082 0,251
0,082 0,153 1,000 0,273 -0,199 0,594
-0,174 -0,146 0,273 1,000 0,012 0,529
-0,073 -0,082 -0,199 0,012 1,000 0,001
0,173 0,251 0,594 0,529 0,001 1,000
Il passo successivo implica l’applicazione del valore assoluto della matrice: 1,000 0,968 0,082 0,174 0,073 0,173
0,968 1,000 0,153 0,146 0,082 0,251
0,082 0,153 1,000 0,273 0,199 0,594
0,174 0,146 0,273 1,000 0,012 0,529
0,073 0,082 0,199 0,012 1,000 0,001
0,173 0,251 0,594 0,529 0,001 1,000
Giunti a questo punto si è in grado di procedere nel calcolo di entrambi i termini del membro di destra della (1): 1,000
0,968
0,082
0,174
0,073
0,173
wa
wb
wk=wa*wb
Distrib. %
Pesi
Indicatori
0,968
1,000
0,153
0,146
0,082
0,251
0,666
0,510
0,340
12,7
0,760
1
0,082
0,153
1,000
0,273
0,199
0,594
0,613
0,510
0,313
11,7
0,700
2
0,174
0,146
0,273
1,000
0,012
0,529
0,435
1,000
0,435
16,2
0,974
3
0,073
0,082
0,199
0,012
1,000
0,001
0,469
1,000
0,469
17,5
1,050
4
0,173
0,251
0,594
0,529
0,001
1,000
0,732
1,000
0,732
27,3
1,639
5
0,392
1,000
0,392
14,6
0,878
6
2,680
100,0
6,00
Per esempio, il peso dell’indicatore “1” si ottiene dal seguente calcolo: wa = 0,666 = 1/1+(0,082+0,174+0,073+0,173) wb = 0,51 = 1/(1,000+0,968) wa*wb = 0,666*0,51 = 0,340 riproporzionalizzando a 6 (numero di indicatori della matrice) si ottiene: w1 = (0,340/2,68)*6 = 0,76 Analogo è il discorso per il peso del successivo indicatore “2”: wa = 0,613 = 1/1+(0,153+0,146+0,082+0,251) wb = 0,51 = 1/(0,968+1,000) wa*wb = 0,613*0,51 = 0,313 riproporzionalizzando a 6 (numero di indicatori della matrice) si ottiene: w2 = (0,313/2,68)*6 = 0,70 E così via per il calcolo dei successivi indicatori presi in considerazione. I valori in tabella riportati in sfondo più chiaro rappresentano dunque i bassi
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APPENDICE 2
Un metodo per il calcolo degli indici sintetici
valori di correlazione e vanno a formare come visto il primo termine del secondo membro della (1), diversamente i valori riportati in sfondo più scuro rappresentano i valori di correlazioni più alti e vanno a formare il secondo termine del secondo membro della (1). Come si evince dalla matrice di correlazione, gli indicatori “1” e “2” risultano fortemente correlati sebbene non perfettamente correlati. La metodologia sviluppata permette di limitare l’influenza di questi due indicatori nel calcolo dell’indice sintetico della sottodimensione con l’assegnazione di pesi rispettivamente pari a 0,76 e 0,70, cosicché la somma dei pesi degli indicatori “1” e “2” risulta pari a 1,4 piuttosto che 2 come si realizzerebbe se non fosse applicato alcun sistema di pesi. In chiusura è utile segnalare che, in alcuni rari casi, i dati a disposizione relativamente agli indicatori presi in considerazione non coprono tutte le regioni italiane. Al riguardo, in alcune sottodimensioni le regioni sono state escluse dalla graduatoria finale della sottodimensione, ovvero dal calcolo dell’indice sintetico, non raggiungendo la soglia minima del 60% degli indicatori a disposizione sul totale degli indicatori che costituiscono la sottodimensione stessa. In particolare ciò accade nelle sottodimensioni della nascita – limitatamente a Molise e Calabria – gli apprendimenti e i servizi scolastici – limitatamente a Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige. In altre sottodimensioni le regioni sono state incluse nella graduatoria finale della sottodimensione, ovvero nel calcolo dell’indice sintetico, nonostante una copertura degli indicatori della sottodimensione che oscilla tra valori superiori al 60% ma comunque inferiori al 100%. In questi casi nel calcolo dell’indice sintetico si è tenuto conto del numero effettivo di indicatori disponibili per ciascuna di queste regioni.
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Finito di stampare nel mese di aprile 2011 presso la Litografia IP, Firenze