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IL POPOLO -
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Un patrimon io di ideali e speranze Sturzo • • 1n patria
e in esilio E gl! studi di storia del sentimento re:ig1oso o dì sociologia religiosa vanno prendendo piede con grande lentezza, nonostante le sollecitazioni che ci vengono dal rinnovamento teologico post-conciliare, non altrtt· tanto può dirsi delle ricerche di storia del movimento cattolico. I più recenti panorami critico-bibliografi~ della storiografia italiana - da Valiani a Pavone, a .Aquarone-Ungari, alle relazioni preparate per il convegno della Socif.tà degli torici a Perugia - ci offrono indicaLioni e riIE!l'imenti amplissimi. Di e si v'è traccia. anche in questo numero speciale che esce oggi in occasione d-:.'l cinquantenario della fondazione del PPI 0919-1969). Non l tratta tanto di una pubblicazione celebrativa, quanto di una raccolta di saggi diretti ad individuare - attraverso '1'.li .scritti di storici o di testimoni - le linee e11senz1ali di questa t perienza, che rappresenta uno dei pochi elementi innovativi, forse I' unico nel quadro politico italiano del primo dopoguerra. Ci sono alcune lacune, più o meno vistose, ma certo non tacllmente colmabili: e, fra di esse, merita un cenno del tutto particolare quella che pr.va il lettore di una più approfondita conoscenza. dell'attività. dei «popolari » in e iho. Non che il partito, dopo il novembre del '26, abbia potuto n orgere all't.i!lero secondo quanto. tentarono di fare in tempi diversi repubblicani, socialisti e co- . munisti : la natura stessa del suo elettorato e dei suoi quadri dirii.renti Io impediva. Bisogna però distìnguETe: prima del Concordato, lo stesso Sturzo s'impegnò più dirett amente a tenere in piedi le fila di questo esiguo gruppo, mentre, dopo i fatti del '29. toccò a F . L. Ferrarì il compito di creare un Segr.e:tariato del PPI.
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rete organizzativa era pressoché inesistente, mentre la presenza d1 quest i pochi «popolari» (Sturzo, Ferr'ari, Donati. Straghati, ecc.) contribui in or!?anismf mterna.zlonalt, presso la Concentraz1oru: antifascista di Pari~, a. Bruxelles con l'Observateur, a delineare una piattaforma politica, che dal 1933 in poi fu condotta Jnnanzi dal solo Sturzo, e sendo nel frattempo deceduti sia Donati che Ferrar!. Il discorso, qualora .10 volessimo aifrontare, sare·bbe ricco di test pol1tiche, che investono gran parte dei problPmi che nel periodo 1926- 1933 furono dibattuti in Europa dall'emigrazione antifascista. Valga un caso particolare; la decadenza dell' istituto monarchico. « Nulla !are per la Monarchia - scriveva FE.Trari a Donati il 1• mag~io 1930 in una lettera finora inedita - tenersi disimpegnati dai suol tentat1vi, approfittare degli eventuali vantaggi offerti da una temporanea soluzlone monarchica per prepararn la soluzione nostra, la qua.le non può essere che repubblicana. Su questa direttiva gli amici n:)strì di laggiù si trovano in perfetto accordo con tutti gli elementi democratici ex - monarchici, che, ptT intendersi, dirò "tipo Sforza '. Ma il punto centrale su cui il dibattito si fece vivo, fu ì1 Concordato, e poi i :fatti del '31: su l'uno e sugli altri le posizioni :furono diver e e spe. so contrastanti. Dopo questi avvenimenti, non è piu pos. ibile parlare di P .P.: non resta eh·. il olo Sturzo ad impegnarsi in una battaglia giornalistica Intorno ai temi più rilevanti dl quegli anni: il conflitto italoe ioplco, ln guerra civile in Spagna, le persr.ruzìonì ent1cattoliche In Germania e cosi avanti fino ai fatti narrati nel suo libro "La mia battaglia da New York"». A
UANDO Sturzo ritornò in Italia, lo
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andai a trovare più volte nel convento di Via Mondovl. E più volte insiemt parlammo degli anni dell'esilio, ricostruendo la biografia di personaggi minori da. lui incontrati a Londra, a Parigi. a Bruxelles, o precisando le divPrse posizioni ch'egli e i suoi a.miei avevano assunto In questa e quella citco tanza o infine commentando le dure t perienze del suo soggiorno americano. Di Q•.Jesti incontri contrervo un ricordo vivissimo: i suoi giudizi su Francesco L. Ferrar!, da lui ritenuto una delle menti più tu. icte del popolarismo: su Donati, di cui mJ narrò la morte, quale gli era stata raccontata da Stragl!ati, un vecchio popolare, esiliato a Parigi; sul medico Bieca, che viveva a Londra; su Nltti, Domenico Russo, f; co l a.vanti, Se un rammarico conservo è quello ci! non aver potuto raccogltere la sua persor.ale testimomanza. Quanto materiale non sarebbe andato disperso se anche noi dicponessimo delle tecniche della oral htstory, già in uso alla Columbia Uruvt 1·s1t y quanti nomi avrecbero trovato ur..a loro gn:'ita collocazione. Per questo ho voluto ricordare alcuni personaggi, legandr.Jl alr e~pr- nenza dell'esilio, poiche non vorrei che dal quadro ricco, che qui e~ce fuori, non un cenno fosse riservato a quella battaglia che Egli fieramente condusse contro tante incomprensioni e resistenze: « la corrente democratico-cristiana ha ragione di esistere - scriveva a Ferrari quattro giorni dopo la firma dei Patti Lateranensi - anche dopo la Conciliazione e il Concordato; ed ha ragione di esistere in concreto come Partito Popolare Italiano ».
GIUSEPPE ROSSINI
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La fondazione del Partito Popolare Italiano, proniossa lla don Luigi Sturzo, allora prosindaco di Caltagirone e vicepresidente dell'Associazione nazionale dei Co1nuni d'Italia, fu decisa da un gruppo rappresentativo di esponenti cattolici, deputati al Parlanicnto, anuninistratori provinciali e comunali, organizzatori di sindacati e di cooperative, riuniti a Ronia tra la fine di novenibre e la metà di dicenibre del 1918, appena dopo l'armistizio, in seguito al discorso tenuto da Sturzo a J-lilano che diede luogo a vaste ripercussioni sulla stampa cattolico. e liberale. L ,assen1blea dei pro1notori noniinò Sturzo segretario politico di una conimissione provvisorio, la quale opprovò il testo del progranuna e delfappello, da lui redatto, che porta la data del 18 gennaio 1919.
A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grHe ora :-cntono alto il do\Crc di cooperare ai fini ~upremi. della Patria. -en7a pregiudizi né preconcetti, faccia mo a[>p1>1ln perch(:, uniti iu•iemc, propugnino nella loro intrr1>n:a ~li' id,.ali di o:iu~ti;i;ia e di libertà. E mentre i rA(l· pre~entanti OelJ~ nazioni \tn.('i.tr~fÌ o;i 1ri11niSCOl1(\ prr nr('• 11arare le ha'i di una pace giusta e dure,ole. i partiti politici di oi.:ni paesf> dehhono contrihuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi che varranno ad allontanare O!(ni prrirolo tli nuove guerre, a dare un as etto tahile alle ntt· :.-ioni, ad att11arc ir;li id1'11li di giu.-ti?ia .. o<·ialc e miirliorarc Jr <"ondi7ioni JCPnnali del la\oro. a ,\· ilupparP Jr rncrp:ic ~pirituali .. mat1•riali 1li tulli i pae·i uniti nei 'in colo i.olcnnC' della •e sncil'tà ddle nazioni "· E C'mne non è giu,to <'Omprome llere i 'anta;rgi della 'ittoria conqui•tata C'On immeni;;i sacrifìei, fatti per la difp,a dei 11iritti 1l<'i popoli e per le più ele\'ate idralità ci,ili, co•Ì è im11resrindihile do\'ere <li sane drmorrazie e di go\erni popolari trovare il rrale equilibrio dei diritti nazionali eon i ~upremi interes i internazionali e le pe· renni ral.[ioni dcl pacifico progre. so della società. Pef!'ÌÒ <;O•lrniamo il programma politico-mmalc. patrimonio delle l!'Cnli cri,tiane. rirordato prima <la parola auiru~ta e O!!.!!i propugnalo da Wil•on. rome elenH•nto Iondam!'nla le rll'I r11turo a-~Ptlo mondiale. e rigeltiamo gli impPriali•mÌ dli' creano i popoli dominatori e maturano le \iolenh· ri•co"•t': pl'rt·iò domandiamo che la società Jelle na:rioni ri!'o11o•r11 le gi11•te a'lpirazioni nazionali, itffrctli ra\\cnto <J,,j di ... arllll) unher!'la)e, aboli~ca il segreto <lri trattati. allui la libertà dei mari. propugni nei rapporti intrrnazionali la l!'~i"luzione '-Ol'ial!'. la uguaglianza drl la, oro. lr lilwrtè rl'ligio•r contro ogni oppre~:;ione di ,.ella, abbia la forza clrlla anzionc e i mezzi per la tutela elci di ritti dri p11pol i deboli contro le tendenze sopraffa urici clei forti. Al n•i!!liore a\\e11ire cll'lla noi;tra Italia - •i1·ura nri wuoi !'onfini e o •i mari C'hc la circondano - che per 'irtù <ll'i noi fio:li , nei -acrifìei della guerra ha con la vittoria 1·0111piuta la •ua Linità e rinsaldata la coscienza nazionalr, dedirhiauw ogni no,tra attività eon fenore d"entll'•ia~mi e t·on fcrnwaa d.i illuminati propo,iti. Ad 11110 ~lalo ar1·rnlratore. ten<l<.>nle a limitare e rl'!!O· lare ogni potere organico e ogni altivilà ci,ica e indi1i-
gatrici, le. agitazìoni promosse a nome di una 1<Ìstematica lotta di rla~~e e della rivoluzione anarchica, e attm~ere dall"anims popolare gli elementi di con~enazione e di pro1tresso, d11nclo valore all'autorità romr forza rii <'•ponrntc inqirmc dr!la !11•\'ranità popolarr e della eollaborazi:one
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T. - Tntrj.!rilà tlrlla fami~lia. Oifr•a di r--a l'<•nlrn tulle le forme di di -oluzinne c. rh rnr· rompimrnlo . Tutela rlrlla mo. ralità puhhli1 a, a--i•tenza e pro· trzinn e 1lrlt'infanzia, rit'<'rr·a 1lrl· la paternit:1. Il. - Librrtà rf'io"'llnamrntn in ogni ,ratio, Riforma e r-ul· tura popolarr, diffu•ione delta i-truzione prnfr-.ionalr. Ili. - Rieono•cimcntn l,!iuritli<'o e lihertà dPlroq?aninazio· ne di ria.. nelrunità •indaealr, raprrr-r·ntanzn di claur. ~<'nza <'-<' ln<ione di Jl8rle nqi;li Orj!.i· ni puhbliri tiri lavoro prr••O il comune, la provincia e lo •lato. IV . - Lrgi.lazione oriale na1i11nalr e intPrnazionalr- 1·hr i:-aran· ti-ca il pieno 1Jirillo al lavoro e ne rrp,oli la durata, la mercerie e l'i~icne. Sviluppo dcl probi·
\'irato e drlt"arbitrato prr i con· flitti and1e colletti' i Jp) lai oro i111lu•trial.. e agrit'Olo. ;;, iluppu rlrlla C'OOpPrazinn(', ,\,•i1'trr~1io· ni prr la malattia, prr la \I'•·· rhiaia e irnalidità e prr la di•or!'l1 pazione. lill'rrmr-nto (' rl j . f r,a della pif'c·ola proprietà rurale e ro•tituzione del brne di famigl ia. \'. -
Or!!'aniiza1io11fl di hrlle
1.. eaparità produtthe della na• zinne con l'utiliz1azionc 1lrlle forze idroclellril'hc e minerarie, rnn J'indu~trialiunlone dr.i lf'r• 'izi generali e lor·ali. e 1·iluppo coloniua:rioae 1lell a1?ricohura. interna drl latifondo a coltura r•tcnsiva. Re,!(olamenlo dt'i ror~i d"arqua. Boni(iche e 1iuemaio· ni dri bacini montani . Viabilità Rj.!Taria . Incremento della mari· na mcrcan ti le. Ri•oluzione na0
~ ocial c . I
AL PAESE 1l11ale. Y•l~lirnno •ul terreno <'O'llitu:r.ionak :;owtituirc uno i:-tato 1eramcnte popolare. che ricono•ca i limiti della ~11a atti..,ità, <'h" ri~pctti i nuclei e gli organiwmi naturali - la famiglia, lt> cla'"i• i comuni, - ehe ri~petli la personalità indi,iduale è inrorag:ri le inizialhe pri\ ate. E perché lo !'lato ~ia la più sine<.>ra <''prr<:sione del Yolere popolarf', domandiamo la riforma dPll"i~titt1to parl11nll'ntare sulla lia~e dt>lla rapprc~entanza propondonale, non e~clu~o il 'olo alle <lonn<.>. e il ..,enato elettivo, c•om<' rappre entanza direlti\8 d"gli organi~mi nazionali, accademici. ammini. 1>trati'i e ~indaeali: \Ogliamo la riforma della burocrazia e degli ordinamenti ~indiziari e la sPmplifirazione della legi~la7ÌOnt•: im Ol'hiamo il ril'OnosrinH'nto :riuridiro dr Ile cla ... •i, l'autonomia romunalc. la riforma dc1tli rnti pro· '·inciali e 11 più laq:o dceentrarnento nelle unità regionali. Ma .,arrhbero 'ani' que ·te riforme e !-lenza contenuto, · i;e non rechma,,imo. l'Ome anima d<.>lla nuova SO " Ìf'tÌI, il vno ,,en•n ili liloertà ri,pon<lente alla maturità civile del no~tro popolo e al piìi alto s\iluppo delle i,;uc energie: lihertà reliiiio~a. nnn ~olo agl'indi,·idui ma anche alla chiesa, p1•r la C!'-plicazione della ~ua mis~ione spirituale nd mondo; liliel'tÌt di in~egnamenlo. S<'nza monopoli tatali: libertà alle oqi;ani11a7ioni di cla .. e. ~en;i;a preferenze e pri,ilegi tli parte : Jilwrtà comunale e locale e1·on<lo le gloriose tra· dizioni itaJiehe. Quc•l•l idralc di libertà non tende a di~organizzare lo ~tato. ma è <'~sr.11:.i;ialmente organico nel rinno\·amenlo delle ctH'ri:i ·· e clellr. atti1 ità rhe rlehbono trornre al centro la eoordina?.ionr. la \ alorizzazione, la cli fesa e lo S\Ì· luppo pro•q·c•,~fro. J<:n<'rgie <"hc debhono rompor i a 1111C'lei 'itali, che potranno fermare o modificare le correnti disgre.
Le UC<'P••arie e nrgrnli riforme nr>l campo della prl'· vi dcnza e rlclla assi~tenza sociale, ne Ila lcgi~I azione dcl lavoro, nPlla formazione e tutela della piccola proprietà, devono tendere alla ele,·azione delle classi la'\·oratrici; mentre rin<·rcmento delle forze economiche dcl pac;.c, !"aumento della produ?ione. la salda ed equa ~i-tcmar,ionc dd regimi doganali, la 1·iforma t1·ih11tal'ia. lo s' iluppn della marini. mercantile. la oluzionc dl'I prohlrma dd Mezzogiorno, la eolunizzazionc interna del latifondo, la riorp;aniz1.azione ~colastica e la lotta contro l'analfaheti~mo varranno a far superare la cri~i del dopoguerra e a te-oreggiare i frutti legittimi e auspicati della ùttoria. Ci pt·e~entiamo nella vita politica con la no~tra han. dina 1111 rnle e ~ocialc , i•pirandoci ai ~aldi principi dcl cri ·tianr,ie10. che consacrò la grande rui·~ionc civilizza. tricr dell"Italia; mi~sione che anche oggi, nel nuovo as,,ctto dei popoli. de1e rifulgere di fronte ai tentativi di nuo'i imprri11li5mi, di fronte a seonvolgimenti anarrhici rli p.randi imperi caduti, di fronte a demorrazie socialiste che tentano la nrntenaliz:r.azione cli o~ni idealità, cli fronte a \'Cccli i lihcra l ismi "ettari che. nella forza dell" organ i~mo statale centralizzato, re~istono alle nuove correnti alfran· catrici.
A tnrti l!li uomini moralmente liberi e socialmente ~,·o~uti, a q nan ti nel~· ~n~ore alla pe tria sanno congiungere
il grnsto ~cnso dei dtntt1 e dcgl'intare,. ·i nazionali con nn liano intnnazionalismo, a quanti apprezzano e rispettano le vir~ù ~1orali del_ no~tro popolo, a nome del partito popolare 1tal111no facciamo appello e domandiamo l'aùe~ione al nostro prngramrua.
LA
co:mnssrn:-;r:
.'.'\lt>fano ""· (;in.anni Hrrtnnr On. ""'· Gitl\anni Hrrtini C.:Hva1~oni - .\c·laillr <;raneli - ronle (;io,anni Gro,oli -- on. "ntlor emlirrtu tl\.\. \np-rln \lfi11ri (111. ,., ' . Git)Ulflni T.on.etnntti ~1rtli11 - on.~"'.· Giulio Hotlinò . 1•1111tr n\\. Carlo Sanlutti rm1r. dnn L1t1g1 ~lurro, ~Pf,Tl'flfrio l'olit1co .
• ,;fnppo e miirlionmPnto <lrlla a·•i.'lten1a alle famiglie C'olpitl'I dall• 11uerra, orfani, \cdo•c e mutilati .
zio1111le 1ld prohlcmo rlrl \lr~ ""lliotno E' rii qurllu drllr. trrre ril'onqui,tatc e d1·ll~ pro1 incie rerl<'nlt·.
\ l. - T.ihrrtà ri.I autonomia dr11li rnti pubi.lici locali. R1co· no•rimento ddlf' funzioni pro· pric riel comune, della pr1n1ncia ~ della regioni.', in rr.lazione alle tradizioni drlla nazione e alle llf'Ce"ità di nilttpfJO della vita ]11cale. Riforma della burocrazia. ammini<lcccnlramcnlo Largo
Jlrativo Oll<'nuto anrhc a mrz· w della collaborazione dqr;li organi.mi indu•triali. a11ricoli o rommcrciali drl capitale e Jd lnoro. \II. - Riorganizzazione della hcndicrnza e Jcll"as•i lenza pubhlica 1·ersn forme di previdrnla Rispello d<'lla lilierlà ~Of'iale . rlelle iniziative e delle i~tituzio· ni pri,·ate e di bcne(icenza e a~· <i•len•a. Provvedimenti 11en~ra· li per in te Mi fica re la lotta con· lro la tubercolosi e la malaria.
PHO\'VTSORrA
l.ihNtà cd inrlipcn· \'Ili, 1lr111a drlla t"hicsa nella piena c~plirazionP 1tcl sun mairi•lf'To ,• piritualr. L.ihcrtà e rispetto d<'lla co,C'irnrn rri liana. con~ide· rata come fondamento e pre.• itlio fi<"lla lita drlla nazronr, drlle librrtà popolari e cieli.- a'Cl'ndrnli conqui•te della civiltà nel mo ai.lo. I\. - Riforma tributaria 11rneralc e locale. ~ulla bas<' della impo~la pro11re•~i\'8 globale con l'P•enEion<" Jr.Ile quote minime. X. - Riforma elt'tlorale 11olitiC'a con il collt'gio plurinom ina· le a larga base con rapprrsen· tanza proporzionale. Voto femminile. Senato elettivo con pre-
'all'ntr raprrr~rnla11 1n clri rnrpi clrllu nuziont ( r urpi acC'adrm11·i , comunr, fJTn,·im·ia, t'la••i orga· li iua tr ).
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Difr•a na1ionalr _ Tulr-
la r. mr e in 1alorc Jdla .. 111 ;. j.lrnzione italiana. Sfrre dr influrnza prr lo <>i luppo com· mer<•iBlc dd Pae~c. P11litica colonialr in rapporto a11li intrn· •i drlla nezion" e i~pirala aJ 1111 prn~rnmme di prOICT'f'' "o inri'ilimento. "ol'iclà delle na1ioni .Xli. con i rorollari derivanti da uno •!l'Ila iiiuridica Orl(Anizzazione arbitrato. intcrnazinnale ! ,·ita abolizione dri trattati •ri:r.-ti e obblil!"Jtnria, co•crizinnf' ~klla dioarmo universale.
L.\ co:mllSSIONE PROVVISORIA
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• '' .. . Sup,e rando stor1c1 steccati • • '' I cattolici creano - un partito
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ENZA la guerra sarebb . o meglio: è 1, .t e nato l·1 partito popolare italiano? di cattolici · eci ~ supporre che un partito nazionale 8 non gue1.1ra? 1Asare be for~ato comunque sia, guerra 0 accumulate tali ~ir nostro a.~v1s~ non v'è dubbio. Si erano flitto mondiale d- costanze gia pnma delio scoppio del cono tardi non si' rur~vrendere ver~men.te impossibile che ;presto tutta la •Storiia del asse. a un nsultat.o del genere. Anzitut,t o, l'Opera dei i:novimento cattolico, dentro e fuori deldemocraticoc':f~~ssi, c.onducey~ alla fondazi~ne di un partito gesuita Lui · Ta co .~1 ~attoh<:a. P~r inon due dell'idea del di cattolici ~il't pa~elli d Azeglio, d1 ~n centro costituzionale siciliana deJ. ~~tl, .elabor~to nelle giornate della rivoluzione al progetto di e' Si pensi al~e r!unioni di. Casa <=:ampello, notabili, a quello :loM Santuc:c1 d1 run :p.ar~ito ce~s1tano di tutto al disc d' C eda'. a1 pr0gramm1 d1 Murn e soprat· Sturzo, che èorso 1 .. altag1~one del dicembre 1905 di Luigi fa vera aut cons.iderars1 la magna carta del popolarismo, inarfao nazioo ,ca d:p.remess~. oulturale e ideologica del futuro ,... p on~1e 1 cattohc1. rogramm1 nrog tt'1 1'd tarismi individ~ ,.., e • ee che non erano frutto di velleiinevitabile ah, ma la ~nseguenza, l'effetto di una spinta deHe attivit:dd ~nuclear~ J. conte~~.ti politici ed economici partito nett e catt~lt~esimo militante ne!Ja forma di un legami' co tmente di~tmt<? dai vincoli ecclesiastici e dai t'anni par.rocc~ia. S1 era. costitui~a, in più d.i cinquanstrettame t atena ~.Jsta per 11 cattoiico deve>to: in parte in parte 0 cf ~arrocc~a~e e condizionata alla volontà del Papa, desima ~et:1 e ~ .politica! che .pure presupponendo un.a mee pro"""tti a dis~i ntuale, s1 manifeSitav.a però secondo teooiiche ...,..w ve avoro autonomo.
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rigoroso sviluppo pastorale-trjdentino .dell'insegnamento religioso. Preti senza clientele e senza .Je abitudini secòlairi a:.si~ilate dal regahsmo borbonico, preti senza compromessi con 1~ sin.eretismo ~aga!lo..cristiano e senza la schiavitù del nepot1~mo e del pnvat1smo economico, che avevano soffocato e distorto nel Sud la vita della. parrocchia. ' · Per ottenere questa liberazione, il partito doveva mirare ' alfa democratizzazione delle campagne, e suscitare tra i contadini una forza orga·nica anticlien.telare e antitrasformistica. I due mo.menti, « rifor~a >. religiosa e lotta con.tadio11 , erano pertanto m rapporto d1alethco. Non poteva darsi l'una senza l'altra: ecco l'intuizione fondamentale di Sturzo, che
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Innovazioni f~~ ~iscorso ?i Ca1<tagir<?~e del 1905, Sturzo non separa d' .el catt?hco dal pohtico, non crea •nessuna duplicità 1 attegg1a~entt, nessun bifrcmtismo· perché alla radice <lei d ue attegg1ament1· egl'1 pone una sola · vocazione . que1la ohe nasced dalla ~esponsabiUtà del cristiano di fronte' alla società mo erna• nei Juoghi spec1'fici del suo lavoro dal Parlamento al!'a scuo1a ali f bb · ' ~1 partito non · d' t' a a nca. Quando Sturzo fonda 51 1men 1ca della Ch' . . r lesa, d' appartenere alfa religione catto1ca. ma non .o""ra ,..w in .no me d'1 questa o d1. quella, non la iconfond nistratiV: ~~roble~~ della, f~ponsabjFI~ politica e amrr)i· di una storia d~so. i Caltagirone. è il p~imo documento steccato,. del] .part~to, che supera i confint dello « storico di metodo e a. que~tione r~n:iana per diventare acquisizione finvenzione ~ ragione ~htic~. a ~1".eHo civile. Esso non è ma il risult~(o Jrrodotto d1 u~ mtulZl!ooe politica personaile del movimento ~~ali elaboraz1o~e .s~orico-onitica deHa stori~ società civi'1e poscat .o e~, oramai pienamente i·nserito nella ·nsorig1mentale e h h . · . vigore culturaile di forza d'o .. e e a ac~u1stato il suo rienza meridionalistica. pposa.z1one dalla particolare espeNel discorso di Caltagirone co fl . . fo spirito antiborghese e antim ~ uiscono, m .aJtre pairole, catt?lica ~bertariana, liibcrata cfa ~ra~~~ella 1.~transig.enza elencale; 11 messianismo sociale del d del! ~ntegrahsmo murri<ma fuori da ogni presu 0 t ~ emocraz1a cristiana 1 il centris~o equilfbratore e 11.PbPeraslo ~ natur~ teocratioistica; . . eggiante di FT M d 11 tutto m uno sforzo consapevole d. . I ippo e a, esperienza politida dei cattolici dall"l ~p~stare il. fu:lcro della moderata di un inserimento nella r~po ~s~ cattohco-1.ombarda democrazia indu~triale giolitti n p spe tiva grad~aluta ?e:lla a a .a quella cattohco-mend10· nalista di un'opposizion d . e emocrat1co-rurale eh t'l' ti. 1 fermenti !fegionaJ.istici e riformat . .' e ':1 ~ izza tut. stataHstica e Liberistica italiana. on ' della tradmone anti·
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Con il discorso s.turziano d I 1905 · . cratico cristiano incom · . e, ~l movimento demo. a livello di arft ~ncia quell operazione di e recupero ~. gimentale b~bia~~ nazi~nale, della pr~s_Pettiva poliitico-risorfinsorgere della ' P~,r uta con la cns1 del neoguelfismo e culminante ne qu~s. iooe ro~apa, che a'Vrà il suo punto sarà uno d . lla .P?hhca « adriatica • del popolarismo e che godette .pree;s:;-iot1V1J.. f?ndamentali della simpatia che il partita . uomm1 come Gobetti e Salvemini. 11 J>Opolansmo ha q t d' . la tradizione d . ues 0 1 ,nuovo però rispetto a tutta J.iano: individ e~ocratico-concretista del meridionalismo ita· clero meridio ual ella necessità di una riforma spirituale del leva per la soluzione deUa questiooe meridionale ~a e lismo non ~ a .chi~ve pertanto di questo nuovo meridiona· e non nel ~ anticlertcale IJlé antichiesastica, ma riformatrice, protestantico 0~ 0 pros~ettato da Gobettù di un modo d'essere e movimento sturziano, ma in quello di un
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Laico e aconfessiqnale, il mo"Vintento «usciva di sacrestia» per assqmere autonome respon• · sabilità d~ forza organi~ ca unitaria e nazionale, anticlientelare e . an titrasformistica -- Ricca articolazioJ1e di tenden ~ · ' ze nel .qri,a,dro unitario d~lla politica srli1:zima j
in pratica, però, ebbe esHi sviilu,ppi. Restava i1 fatto ohe la prospettiva industrialistica dello sviluppo economico giolittia:no, compiendosi a detrimento del r,isparmio nelle campagne del Sud, avverandosi nella conservazione delle vecchie forze d'ordine e trasformistiche del Mezzogiorno, eccitava inevitabilmente per contraccolpo tutta fa tradizione cattolic;a democratico-meridionalista. li rischiio del popolarismo era di confondersi con la fisionomia di un partito regionalista a base democratico-contadina, che era il compito che Gramsci riconobbe in sostanza al partito di Sturzo. Senonché il partito popolare •tro~ò la sua unificazione ideolo~ca nazionale legando ·la prospettiva e contadina > a quella di una borghesia antiprotezionistica e antistatalistica, che vedeva nella liberalizzazione del mercato europeo e Jn part.icola~e in un nuovo ir~pporto tra la n~tra produzione agrùcola. e 11 merc~,to danubiano ·l~ formufa ~1so0 lutiva dei problemi dello sviluppo econom100 de.I pnmo dopoguerra. Dunque, sa>inta a scindere le responsll!bBità ecclesiastiche e diocesane da quelle politiche, contenuti politici delle varie tenidenze oo~t1Ci!1:1ohe ooobJitainJti 111elll.'Opeira del çon.gire'SS3, confronto fra prospettive partitiche cattolico-lombhde e cattolico· meridionalistiche, esautoramento deHa questione romana, era· no tutti fattori ·i·nevital>ili di un'oggettivizzazione del movimento cattolico militante in qualificante forza di partito, a· carattere prettamente laicale e acontessiona'1e. Insomma, era stata la stessa storia del movimento cattolico, dal momento in cui « usciva di ~agrestia » con Leone XIII, a postulare la necessità delle distinzioni, quj.ndi del parti.lo. Guerra o non guerra sarebbe stato solo questione di tempo. Difatti non fu tanto il conflitto mondiale a provocare la nascita del partito popolare, quanto l'evoluzione del sistema soci3!le, prodotto dalla rivoluzione borghèse, che aveva liqui·
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dato per sempre la formula deli'alleanza trono-altare, che aveva detemporalizzato la p6hltica deltla ChiéSa, Jasciando le plebi e il proletariato a ' con.tendere da soli contro · il capitalismo aggressivo délla bòrgbes.ia indl)sltia:le e contro l'impoverimento delle campagne. Non erano più problemi della beneficieoza e dell'économie charitable: il vescovo non avreb'bi potuto essere né capoleg.a né cap<>pa.rtllto. , Insomma, dietro la nascita del partito popolare non vi fu, né avrebbe potuto es.servi, una volontà chiesastica, quale· che sia, né il fatto occasionale, per imponente e catastrofico che sìa stato, della guerra. Avremmo avuto, con o senza inter· vento nel priQJ.o conflitto mondiale, un pairtito naziooale di cattolici. Però, non oi sentiamo di escludere l'influsso che ebbe la guerra sul modo con il quale nacque ed operò il partito di Sturzo. E ques.to fu indubbiamente grandissimo ..• Se, in altre parole, il partito popolare fu storicamente necessitato, fu lo sbocco inevitabile di un detenninato processo di .inveramento politico di una molteplicità di es.igenze civili e sociali del mov·imento cattolico del secolo scorso, il dopoguerra però, con le aittese palingenetiohe suscitate nella classe operaia dalla nascita del primo' Stato socialista nella Russia, con il dilagare a macchia d'olio delle conquiste rosse nel· · l'Europa 011ientll'le, da UD' lato; con la crescente paura del bolscevismo nehle classi borghesi, con l'estremismo astratto del socialismo massimalista che rendeva inerte la macchina dello Stato, con la resa della vecchia classe dhrigente liberalmoderata ai richiami mussoliniani .per un blocco controrivoluzionario, dat}:l'altro, doveva nullificare programmi e volontà operativa consequenziale del popolarismo. Il primo congresso è già pieno dei fermenti e delle evidenti contraddizioni del primo dopoguerra: abbiamo l'i()tervento di Mi~ioli che sollecita il partito ad abbandonare ogni velleità di un risorgimentalismo in ritardo, ogni riferimento ai traguardi di quella « politica nazionale > che, fissati da Salandra con i metodi classici della diplomazia segreta e cortigiana nel Pa.tto di Londq1., sono stati travo1ti dalla diplomazia di Brest Litowsk; ma abbiamo anche, attraverso :la relazione Bertini, dù. indubbia ispirazione sturziana, il tentativo di conservare i traguardi della e .politica naziònale > correggendoli con fa prospettiva di sapore liberistico, di una ricerca degli · sbocchi èentro-eu:ropei per la produzione italiana. .f>bhiamo ]a difesa migliolina di un'intransigenza elettonaile a tur.bi ii cost:i, ve11So destra e verso siiniiswa contro na d!fosa st~rziat;ia di una intransigenza 4i sovyenz.ione, aperta cioè al compromesso ~ì dove il partito I.o ritenga opportuno. Ma v'è di più: sin <la1 prltno · congresso di Bologna, non pare vi siano state s0su.11zia)i obbieiionl al programma di smobilitazione delle pletoriche funzioni assunte dallo Stato durante fa guerra con i vari intervepti nei settori del:l'i.ndu. stria, della :tìnanza e dell'assistenza. Lo Stato durante la guerra è diventato il maggiore cliente e consumatore della produzione italiana; J'i~dustriale, il banchiere hanno imparato a rivolgersi a foi e a chiedere il suo intervento. Ma Jo Stato ha imparato anche a contrt>llare la stampa e Ia magistratura, si è fatto una sua «opinione •, è diventato a mano a mano uno strumento del potere della ola~e dirigente. La forma è vecchia ma il contenuto comincia ad essere diverso. Da gestore di determinati Servizi di interesse pubblico, da apparato garantista e d'ordine, da coosorzìo di prefetti per il Tispetto dello statuto e del codice, .Jo Stato sta diventa·ndo un operatore economico legato a'gli inte'ressi produttiivi delle nuove industrie, più o meno artificiose, nate dailla guerra, alle abitudini di certo affarismo bancario, che Sii è ingigantito con il gidco delle commesse, aHe pressioni della massa dei reduci che chiede il rispetto degli impegni di guerra.
Regionalismo Il partito popolare in tutti i suoi congressi, io particolare in quello di Venezia, chiede la smobilitazJione dello Stato, insiste ml programma regionalista, predica la valorizzazione degli enti locali, insotnma esige un rovesciamento di tendenza e un ritorno alle più civili e autentiche tradizioni del regio· nalismo italianb: da Jacini a Meda a Sturzo. Manca sempre però il discorso sulle forze politiche che possano tradurre in volontà politica itl sapiente richiamo alle tradizioni. n partito socialista è scivolato via lungo la tangente del massimalismo catastrofico, che attende la repubblica rossa come atto spontaneo, come fiore immancabile della temperie diciannovista. 11 socialismo è troppo distratto datla prospettiva rivoluzionairia, per poter concentrarsi sui problemi di una prudoote e graduale riforma dello Stato italiano, secondo una lontana vocatione democratico-risorgimentale: il rischio
Il quinto ed ultimo congreuo del P.P.I. • Rom• nel giugno 1925. I congressisti sono rlC• colti, In atto di affet· tuoso omaggio, attor· no 11 ritntto di Stur%0, giì Hule. Si rico· noscono, da destra: Margotti, Marconcini, Mlchell, Bertone, De Gasperi, Fino, Sp1t1• ro, Anile, Merlin, Giu· lio Rodinò, Clngol1nl, Tuplni, M1Uri, Guido Rodinò, Brenci, Pelllz· uri, Oorfl, Gr1ndl, Chlrl
STURZO A VENEZIA NEL 1921 PER IL TERZO CONGRESSO DEL PARTITO
di provincializzarsi nel colloquio con il veochio nemico < cle· ricale ~. gli ~ibisce la v!a della collaborazione operosa e tranquilla. Riforma agrana: lo stesso discorso. Due anime congressuali. L'una vuole la riforma entro lo Stato, come momento del processo di trasformazione dell'economia i~H~~a de~ dopoguerra, come mezzo per l'aumecto della produtt1V1ta agricola, c~me razionalizzazione della vita rura.le in vì~ta di uno svi1luppo agrario italiano di tipo fì&ioc~at1co; 1 1.'a!·tra v~oJe la rivoluzione neHe campagne, la terra a1 contadmt, a chi Ja lavora. Riformismo meridionalista contro egualitarismo populistico.
Opposizione QueNo di Tor!no è il c:on~ress<;> politicamente più importante del po.Pl?lans:11o. Qm si decide qualcosa in più di un programma: s.1 decide attorno a una scelta e a una vocazione culturale e politica. Dall'oocupazione delle fabbriche in poi ~embrò. che i~ par~to P?polare potesse fungere da corrente 1deolog1ca umficatrnce d1 un blocco d'ordine. Non sarebbe stato più il popolarismo sturziaoo, ma i1 vecchio movimento clerico-mo?erato, reso più efficiente e più adattabile dalle alleanze di governo, da quel poco di riformismo che le circostanze consentivano di assimilare in maniera innocua e da.i ricordi dell'aintica vittoriosa prassi dehle combinazioni elettorali deN'età giolittiana. . Il tenta!ivo di svuotar~ dall'i·n terno H popolarismo ci fu, e m armoD11a con quanto 11 buon senso moderato e !a diffusa esigooza di salvare il salvabile della vecchia struttura formale d~1lo Sta~o libera:le suggerù'V'alllo: ché qu~'ii<lea. sÌ'llrZi-ana di conservare al partit~ ~ma vocazione oppositoria, pure rima· ne~do al gov:rno, d1 impostare il congresso sulla sfida ideo. logi':'1 al fascismo, parve ai eterico-moderati un assurdo un trad1me~to d.e11a vo~~zione d'ordine che avrebbe dovuto te~ere Ui;l. partito di cattolici. C'era di che rimanere commossi anche tra i popolari all'annuacio che dopo più di cinquant'anni dalla legge deHe guarentigie, il crocefisso tornava nclle scuole Le benemerenze fasciste sembrava meritassero ben altra rispo~ ~ta che q~eHa voluta da Sturzo al congresso di Torino. Era 1~presa disperata uscire dalla stretta del conciliatorismo fa· sc1sta, da un lato, e dalle sollecitazioni controrivoluzionarie e. antibolscev.ic~e dal!'al~ro., F~scism<? .e antifascismo, l'equid1stan~a. rndm1an~ s1 n.velo impossibile proprio a Torino. In polmca estera il partito popolare insiste ancora sulla sua prop?st~ di !~gare . gli .interessi della politica nazionale a quelh d1 una ltberaltzzaz1one del mercato danubiano. L'o.d.g. Ru{fo, approvato a Torino esplicitamente affermava che la « ricostruzione dell'economia degli stati danubiani con il fioe ?i ~vvicinare e ?i. unire il loro sistema economi~ con quello italiano >_ _è, « ~ 1~teresse fondamentale per l'Italia, di reciproca utthta e md1spensabile per una più prospera vita dei porti di Trieste e di Fiume>. H congresso di Roma non è che la conferma deHa linea dell'opposizione stuniana arricchita dalla dialettica di Francesco Luigi Ferrari, che vede il futuro del partito delinearsi secondo un'alleanza tra piccola borghesia e proletariato. E la posizione di Sturzo in tutti i congressi? Non v'è dubbio sia quella di un leader. Se si tolgono gli interventi d.i SttJrz~ dagli atti congressuali, la viceoda del popolarismo s1 scolorisce, perde consistenza, ideologicamente si appiattisce. ~turzo dà consapevolezza critica alle molteplici e com· plesse .1st~n.ze che provengono calla base del partito, le ordina e le. mdmzza secondo una prospettiva politica di grande resp1r? cu.Jt.ural.e, vede. ~on ch!ar~zza lì . dove gli altri rimangono irretiti nei calcoli 1mmed1att, nel gioco dei comprom · · · E' d. utt1le · nella ricerca delle alleanze essi o d~1· • ~1'fi ut'i drast1~1. ~oss1b1h! che ~~n mfiacch~scano la ragione d' essere del part!to._ è .mfl~ibt!e. nel recidere. gli ì~utili opportunismi e i nch1am1 patnott1c1 alle alternative .dei clerico-moderaf1 ' d · e e1 conservatori nazionali. i .I~ par tito in quanto ta~e riceve impulsi da lui si orienta politicamente secondo le sue indicazioni· . 1· d'b tt"t· tto li · · · 1 a 1 1 gravano a. rno .a ' e 9ues;t10m da lui sollevate. Sturzo fino all'ultimo g1or~o an cui es1stett~ H partito, anche dall'esilio londinese c1'montmtuò t.add !essere 1~ducatore e l'ispi.ratore degli atti pi~ por an i e popolammo.
GABRIELE DE ROSA pref~~neg~nt<!1~if 0~~fs~~ del!' Autore
liano
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e dell'Editore, dalla e1 congress1 del Partito Popolare Ita·
press;· laa cMura dlilA!::_nc~sco Malgerì, di Prossima puòblica?ione orce ""I'"' di Brescia).
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iL POPOLO -
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DELUSIONI DI UN PO PO LO che ·esce dalla gue rra L Partito Popolare Italiano entrò nella cena politica all'indomani deJ primo conilitto mondiale. La ua « piccola costituente > fu convocata da turzo alla metà di dicembre dcl 191 ', un mc e e mezzo circa dopo l'armistizio di Villa Giusti: il famo o proclama e a tutti gli uomini liberi e forti , è dcl 18 gennaio ucce ivo. La cmplice o ervazionc cronologica vale a tnbilire un rapporto immediato, di cau~a e di effetto, fra la nacita dcl e popolarismo » e il rime colamento generale verificato i nella no tra società civile e politica durante gli interminahilì 41 mc i di guerra. P..,r c;i pire il " popolari mo :o, apprena· re l'inci ività dci uoi programmi e piegare il ucce~so trepito o della ua apparizione (nelle elez.ioni dcl novembre del '19, dicci me i dopo la ua fondazione, ottenne circ un milione e duecento mila voti e mandò in Parlamento cento deputati) è pertanto indi pcn abile avere da· :vanti agli occhi il conte to SO· cialc e politico nel quale e o si pre entò e nel quale precisò la sua fi iooomia. La pace arrivò ina peltata, bruscamente, confe ò 11 pre ideate del consiglio Orlando, •CO· me bruscamente era giunta la guerra ,. nel maggio del '15. Leggendo le storie si ha l'imprc~io ne che la eia e politica liberale i fo e ormai abituata a considerare la guerra come una condizione normale e il opraggiungere della pace come un fatto nuovo che veniva a turbare un ordine tabilito. La pace co e la classe politica completamente impreparata ad affrontare i nuovi grandi problemi, problemi che im·e tivano ogni a petto d Ila vita nazionale. Ll pace trO\O lo ·iato di anguato. Fra il '15 e il 'I , la guerra ave-Vii 11 orbito il 73 per cento delle pe e effettive del ·uo bilancio, e poichè negli te ~• anni le ~pe ~c a'tevano ~uperato di gran lunga k: entrate, lo Stato arrivò alla .fine della guerra indebitato .fino al collo. Parlano le cifre: il <1e deficit ,. dcl bilancio era I1to dai 214 milioni del '14 ai 23 mila 345 del 'J 9. Il quadro dcll'lt.ilia economica all'indomani della 'i Il orta era davvero dr astro o. In ogni cttore le perdite di ricchezza eral!O tate incalcolabili. Quulcuno i è provato a farne un bilancio e ne ano u cite cifre astronomiche. L"indu~tria, è vero, ave''a ricevuto dalla guerra un potente impul o, ebb-enc caotico e irrazionale. La produzione er co tantemente aumentata m rapporto al ere cente " fabbisogno • del fronte, ma con la ehm ura d1 que to uo unico « mercato :o, I'• indmtria di guen o ,. venne , trovar 1 uhito in cri i, rivelò il uo cc1rattere fittizio. la mancanz. <li olide ba i e la ua 1neapacità di affronuire, in regime di concorrenza, il banco di prova della con\'er ione in industria di pace. Conversione che in altre parole voleva dire riqualificazione del s1 tema produttivo sì d;i facilitare il ireinserimento nel mondo del lavoro e quindi della vita chile, di larga parte della enorme ma ~a dci reduci. l.a cri~i industriale aggrn\iì'1 Ìn\Ccc la situazione. Lo viluppo dcll'indutria a"cva richiesto un notevole aumento dcll,1 occupazione operala e provocato delle forti cor· renti di migrazioni interne dalle campagne alle città. Alla fine della guerra essa non solo non fu capace di a. sorbire una parte della manodopera offerta dui reduci, ma dovette mnndare a spa~ o anche gran parte dì quclfa fino allora occupata. La crisi dell' e indu tria di gucr· ra li chiama\a direttamente in cau a lo Stato. Durante la guerra que,to era diventato il centro motore di ogni attività produttiva. Allo copo d1 promuo'>ere la rapida aftermazione di una efficiente truttura industri le capace di ri pendere alla e domanda > del fronte, esso si era \i. to nella nece itit di a~si curare all'industria degli alti profitti, il che lo co trin~e a ricorrete, onde far fronte alle spc e, al prelievo forzoso di redditi e a mettere le mani sul risparmio privato. Si ervì anche dci trib1.1ti e dei prestiti, ma il più importante trumento di questa nz'altro l'inflnt:iopolitic11 fu ne monetaria. Secondo i calcoli,
fra il '14 e il '19 il valore dcl circolante in milioni di lire crebbe da due a 12 mila. Le con'>eguenze furono, come è facile immaginare: diminuzione dcl potere di acquisto della moneta, ma ~iccio rincaro dcl costo della vita, falcidie dei redditi t1s i, trionfo degli ·peculatori, sic-:hè il dissesto industriale si trovo aG e' ere pagato dall'intero popo'o italiano, e specialmente dal ceto medio e dalla vusta categu<i:i degli impiegati pubblici, con immedìatc ripercussioni sociali e; politiche i cui frutti furono raccolti non certo dai partiti drl!a sini tra intervenlÌ5ta contro i quali si volge"a ora il nsenlimcnto dci ceti colpiti, ma dai par-
ti » gli operai che le esigcnz.e òella produzione di guerra e il sistema degli esoneri facevano restare nelle retrovie a e combattere nel fronte interno >. Jn molti casi, mentre era in corso il conflitto, le manifestazioni dclic donne contr0 l'aumento dei prezzi erano degenerate in manifestazioni contro gli operai chiamati e mantenuti della guerra '"· L'odio e l'invidia erano il e \cle· no morale • che, secondo una frase celebre di Luigi Einaudi, agiva nella psicologia individuale e sociale e caratterizzava la società e diciannovista •. e La fine della guerra guerreggiata scris e Io stesso Einaudi - ha tolto quella comples5ione morale
Ln cri.fli,, della societcì . "dician no1,ista,4 1 a assumendo vaste dim.en .. sioni sociali, economiche , politiche e psicologich e- Lo classe dirip;en te è imprepar·ata a risol11ere i p,.oblemi della pace. così conte. lo era stata. nell'affront are. quelli della guerra - ln quest<l realttì, così fluida e fern1entante_, irroa1 .. pe con i suoi programmi e ln sua originalità il Partito Popolare 4
titi socialista, popolare e dalla clc:.tra. I ocialisu :.i misero alla testa delle agitazioni operaie e contadine, mentre i popolari riui.ctrono ad attrarre una buor.a parte del ceto medio, ti più colp.:o d,tlla crisi e privo hw. ;,J]oT3 di efficaci strumenti cJ1 difesa e di lotta. Cn'altra iJJrle de! ceto medio ~civolò vei,o i ,,,ovimenti della destra e a fa~ .. i~mo.
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A sperequat.1 ridistrihuzione della ricchezza nazi·mrle prO\ocata d. Ila guerra fu all'origm.: di gru\ i turbamenti psicologici, 1 quoli a loro \'Olta dettero la spintJ alle vaste per· turba1;ioni sociali dei pnmi anni u.:I dopoguerra. Le eccezionnli conlm!;\en1e belliche ave\'ano fa\Ortto la accumulazione, da parte di una ri~trctta cerchia di i.peculatori e di intraprendenti affari,ti, di ingenti ricchezze, natu1 ;ilmente sui ~a crifici degli altri. Contro questi e pcscicanr >, i quali non co;lta\~Jno ac.l ostentare pubblicamente e :.facciatamente la loro opulenta. ~i indirizzò l'odio generale. E può essere comprensibile. t\la lo guerra aveva su.:itato e rinfoco'ato ragioni di rbentimenti e di invidia sociale anche Ira 1 ccli medi e la cla~!'C opernia, e fra questa e i contadini. I.a clas e operai~. pur alimcntando'i delle briciole del grande b,rnchetto industriale, aveva tratto dalle e'>igenze della produzione di guerra. dnl a cres~cntc domanda di manodopera e dal fatto che, in fondo, chi pagava era un finanziatore che non pote\ a badare alle spc e (lo Stato}, degli indubbi vantaggi. Al contrario del ceto medio, c~sa era riuscita a tenere il pa !\O con 11 rialzo dei prezzi. Durante la fuerra. i redditi delle famiglie operaie erano ere ciuti sia pure con ti pii1 largo impiego del la' oro delle donne' e dei fanciulli, con la drftu ... ione dei cottimi e del ldvoro traordinario. Si accentuo rn tal modo, e a favore della cla!-.se oper.. ia. lo squ1lrhrio frn il reddito compie sivo di que ta e il reddito del ceto meclro. fa anche 1 contadini a\'e\ano motivo di ri~cntimento e di invidia ociale nei confronti della clas-.e operaia. l contadinr avevono dovuto fornire al « fahhisogno ,. della guerra il nerbo delle forze combattenti di prima linea e consideravano e imbosca-
fa quale costringeva ogni cittndino a frenare se stesso, ad attendere con pazienza, a limitare i propri desideri. Rotto il freno, le aspirazioni hanno libero campo, i desideri si sfrenano. Ognuno pare <;enta il bisogno di \i vere nuov;:imcnte la propria 'ita. Non è più la \il<I anric11, che cggi ci parn così serena e lieta; ma una vira nuova la quale de'e e~ ere pien1l, ricc11, più di primu. Epperciò tutte le clasi,i si agitano; tutte vogliono qualco~a. tli più di quel chr hunno; non il olo aumento di solario monetario o la ~ola diminu1ione delle ore di Jarnro: ma tutto ciò come mezzo per ottenere pit1 godimenti, per vivere una 'ita più intensa e più alta». Al momento della 'ittoria, l'lrnlia aveva sollo le armi due milioni e' mezzo di uomini. Molti di qu i, ,mohi'11tati, andarono ad alimentare quella cmas~a Ji .po. tari ,. di cui ,j parla spc ~o nella letteratura del tempo e che rappresentò veramenle uno degli a ·petti più dolorosi dcl « diciannovi mo a. "Spo,tati ,. i definivano coloro i qua~i. lunghi anni di trincea e di abitudine
MILANO 1920: I
~ORTE!
itlla violenza, e nello stesso tempo alla disciplina ferrea dei reparti, avevano reso psicologicamente inabili a reinserirsi nella \ ita civile. Era und vera e propria e malattia morale ,. che sì csprime\'a m uno stato d'animo dr perenne irrequietudine, in un sen~o indefinibile di disagio e di scoraggiamento, di desolata depressione; la e malattia morale ,. devastò specialmente le più .l(iovani leve, divenute precocemente adulte sulla linea del fuoco. c1 primi dcl '19, accanto ad a~itazioni di grande significato, come quella per l'orario lavorati· vo di otto ore risolta~i con una clamorose vittoria operaia, si rei;istrarono subito manifestazioni incomposte, convulse, veri e propri tumulti che scossero tutta la penisola. Il momento culminante delle agitazioni coincide con l'avvento del ministero Nitti. Nel giugno ~i registrarono i moli della Spezia contro i commercianti, gli e speculotori • e i " pescicani»; moti che dihtgarono immediatamente per la Lunigiana. la Liguria, Genova compresa, fino a Pisa. Subito dopo l'11gitaz.ione investì la Romagna. A rorJi, la folla saccheggiò il mer..:nto e il giorno dopo, avenJo un negoziante scaricato il fucile contro un gruppo di manifestanti, si ebbero saccheggi e in· L-cndi di n·~go11. Negli stessi giorni. violenze di particolare gra· vità vennero segnalate a lmola, f\.leldola, raenza. A Firenze, durnnte uno sciopero, dhersi negozi vennero pre.,i d'assalto. Il mo' i mento si allargava intanto nll'intera penisola (Napoli. Palermo, Torino, Roma, Catania, Pescara, Bologna, Ale~sandriu, Rari, Taranto ecc,). In genere, si tratto di moti che si spengeva110 con la stes<>a rapidità con cui si er::no accesi, ma proprio qui. nella loro s ontaneità, si ri' e!ò la iQro natura p~icolo.gica. l nciicativa della inquietudine generale apparve poi tutta una serie di agitazioni che interessavaliv delle categorie che di solito erano ~mprc rima~te estranf'e alle agitazioni di piazza: magistrati, m.1c,1ri elcmrntari, e perìì110 preti {scioperi di Prato e di I orctn). l1v,i~111c ai tumuli[ annnn .• ri, e :mch'essi frutto dr un clima di insoddi~fatte sperante e di disagio economico, si cbt>e il fenomeno delle inva~ioni di tcric, che interessÌJ soprattutto il 1eridione, da Roma in giù. l a rrima o.:cu1x11ione è dcl marzo, nella zona di Albnno, nel lu~lio e -;o interessava già un centinaio di comuni della provincia e.li Roma. Contemporaneamente invasioni di terre si ebbero in pro' incia di Bari ed in altre regioni delle Puelic. 111 Sicilia ed in Calabria , Biso,Qna subito agi:1unge1 e che il fenomeno nel Meri· dinne non era affatto nuovo, nuova invece era la carica psicolo1?1ca (Ìnirodotta dalla guerra) che lo motivava: si trattava ovunque di un movimento spontaneo. pacifico. rivolto a terre per lo più incolte o abbandonate e che era animato da un '\ivo sentimento di delusione per l'immutato quadro di mise-
RAVENNA 1922: I FASCISTI DEVASTANO E INCENDIANO LA SEDE Dé:LLE COOPERATIVE
ria che si offriva ai reduci al loro ritorno e sorretto d1dl'ingenua speranu di poter cogliere i frutti delle promes~e fatte ripetutamente ai combattenti alla vigilia di ogni battaglia. fronte 1td una s1tuaz.io11e così fluida, la classe dirigente rivelò subito i suoi limiti e la ~ua impo1enza. La guerra, nell'u lt 1ma fa,c. preci~amente da Caporç to in p.oi 1 si era Cl\rieata di aspira11on1 sociali. Un tn ieme di cause e di cveoti ;.\ev<1.no cospj, rato a provocare il radicnle mutamento della sua fisionomia: la rivoluzione russa del 'J 7 e l'immenso contraccolpo psicologie.o che essa ebbe nell'animo di tutti i co111b;ittenti, l'intervento degli 'ltati Uniti e il co~iddetto • wilsoni,mo ,. che accentuò decis;1. mente il carattere ideologico dc· mocrnJico del conflitto, le promes\e che dopo Caporetto e per favorire la ripresa militare furono fatte dalla clnsse dirigente ai M>ldati e che alimentarono nelJ'e,e:·cito e nel paei.e quel <,enso ~enerale di r.tte~a di un'epoca nuova c migliore per l'umanità. I.a gu.?rra - così rngionavano popo!o e c,,mb;:l\cnti - e1 a ~ta ta totale e ad essa do\'eva corribpondere una p:1cc totale: la guerra era stata di popolo: la pace doveva portare il popolo di centro della "vita dello Stato. I.a guerr.i era stata combattuta per di~trugacre nell'Austria-Ungheri,1 il pila ti·c, il balu:irdo dcl dispot1~mo e della reazione: c'era dunque da merore che nella sua rovina snrehbero state travolte anche quelle forze che ~ia sul piano intern:izionale che su quello interno. si ernno sempre oproste al progresso civile e politico dcl popolo.
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I.a logica dei soldati era elementare, ma conseguente con le aspettattve che erano state alrmentute nell'ultimo anno di gucrrn. Tutt'aitro che conseguente con le atte\C generali fu invece l'az1onc delle clm.s1 politiche. La diS<-t\trosa crisi interna che ahli.umo appena descritto, era la confernM che esse erano giunte alla pace completamente sprovvedute e impreparate ad affron· tare i nuovi problemi. E i soldati e il popolo non .1vcvJno certo <lirnentic•w che eguale im reparazi0nc, impre\cggcnza e ~Ltper ficialità, le stes'e classi politiche a\'evano dimmtrato gettando la nazione in g·Jerra, e tollcr.111..Jo che gli Stati maggiori ordinas~..:ro secondo il loro arbitrio tanre immense inutili c:irnefic1nc. Orbene era mai po~sibile che a questa classe politica, giunla alla vittoria completa· mente screditatu, toccas>e 01 d di aftrpntare e ri~olvere 1 grandi problemi della pace e realizzare le promesse del tempo di guerra? Anche in questa i.consolata conclusione popolo e reduci erano senz'altro conseguenti. La storia ha confermnto che le speranze di un rinnovamento gencr;ile non trovarono all'interno delle forze politiche componenti la classe dirigente, nel 'I 9, chi pote~se e sape~se rappre~entarle con un concreto programma di • azione. La vccclm1 classe politica liberale, spaccatasi nel '15 sul tema d::ll'intcrvento. era riuscita, di fronte al conflitto, a ritrovHre una sua unità, und unità che era dettata dalla logica della guerra, e il cui preuo era stato la limi· tuzione delle libertà civili e politiche, e l'esautoramento del Parlamento, eletto, co11sule Giolitti, nel 1913 e che paradossalmente,
DI l'ROTESTA DEI REDUCI I!: DEGLI OPERAI ESPRIMONO L'lN lUIETUOINE DELLE MASSE E L'INCERTEZZA DEL PAESE
alla vigilia della entrata in guerra. <:: era ri,elato in maggio(anza •neutruli~ta». li Parlamento d-:1la vittoria era ancora quello g10littinno dcl '13. ~coppiata la pace, la classe dmgente si ripresentò divi">a, corro~a. indebolita. La guerra a\'cya trnvolto le forme e i modelli in cui si rcalizz.a\a il '>ecchio ordine tracl1:t'.ionalc e non sapeva né awva con che cosa sostituirli. Le delu~1oni del popolo e dei combattenti all'indomnni della vittoria, tr;ivol ero l ~forzo <lell'intcr e1111smo deml1cr:itico, cui furono ad· dcbitate - colpe non sue - le promesse non realinate e la cn:.i, mentre fa\'Ortrono un " movimento di ritorno ,. verso il giolittismo, i1l cui leader Gio!itti, per il suo " neutralbmo >, embrava immune, non compromc~· ~o con le responsabilità del]· guerra. RA un « movimento di ritorno·~ contraddiJtorio m se stesso, perché il vecchio ordine che la guerra e il significativo a\anzamcnto dello spirito puhhltco da cs~a provocato, aYe' .ino in;1bissat,1. cm appunto quello che 'a ~allo il nome, caricatos1 allora di senso spregiativo, di \lstem.1 giolittiano. La mnggioranla dci con~ens1 degli italiani, come dimostr.-·ono le c'c· :troni dcl novcmhre '19, an Ja.,,ano in quel primo anno dcl dopogue1ra al socialismo, '\la non ,i potrebbe tbvvero affermare che il vecchio partito ~apcs~c coglrerç il v;liore della nuova situazione. J\nch'es~o eru arrivato alla pace diH o nei due tronconi riformi~ta e nw.simalistu, cd 1mrnohiliuato dall'aspra polemica inti:r· na, tra la suggestione catastrofica della rivoluzione sull'esempio russo e quelìa dcl gradualismo riforn1i,1ico democratico. Ma h1 guerra aveva 111ututo rad1calmente i termini della 101ta politica; nVCVA, ia pure caoticamente, promo,so uno wilup. po ;ndmtrialç, e suscitalo nuove !orze politiche (il popol.irismo da una parte, il faschrno dall'altra). Di fronte ad una situa71onc c~)~j mobile e fermentante come era la società « diciannovi~la • la icndenza dcl 'IOciali,mo di chiuder i nell'a11esa di una rivoluzione che avrebbe dovuto scatenar'i « per forza di cose •, contribuì a rendere sterili i pur brillanti risult;iti ottenuti nella prima competizione elcttornle dcl dopoguerra. E~clu\a ogni po t· hilitit d1 intc~a con l.t nuova forza politi ca che in I.luci mo. mento facevH irruzione sulla ~cena, il popolari~mo, i ~ociah· hti si as un~ero da\anti alla storia la re,ponsahilità della in'ltahilitiì polrtica, dcl permuncre e dell'aggravarsi della crisi, della ere cente avanz.ata delle forz6 reazionarie sotto le handiere di Mussolini. Questo è il quadro politico ~oci;iJe in cui nacque il partito popolare italiano e que ti sono i problemi della ocetà civile e politica cui esso cercb di d,1re una rì~pO\ta.
E
DOMENICO SASSOLI
.IL POPOLO, -
Pag.
Dalla coscienza cristiana .l'autentica ''rivoluzione,, I fondamenti dottrinali del popolarismo sono stati confermati dalle più recenti ricerche - 1l Cristianesimo non è ideologia,. ma il credente deve assumersi le sue responsabili t~ nel proprio tempo
' L
IDEo:r.oorA del nuovo rartito Popolare Ita~ano nasce con un'antmomia · t costituirà 'l . , m erna che problemati~o p~u 1forte stimolo fondiment e . suo approPi. Vi si ~ ehide1 suoi svilupil c ara, da un lato d carat~re aconfessionale ~ dunque, ~n nome della lealtà ,emocrati?a, l' indipendenza 1 autonot;nia delle scelte poli: i~che. V1 si riconosce, dall'alai con altrettanta sincerità ermezz.a, . l'unità dell'ispiraone cristiana del partito 4: nt:lla . su.a costituzione, nei suoi cnteri, nella sua anima » C?me preciserà Luigi Sturzo' rispondendo, nel primo con~ gresso popolare di Bologna alle perplessità sollevate dal futuri. fon~atori dell'Università Cattolica, 11 p. Gemelli e don ~fi~eds~o Olgiati, sulla possi. .1 i separare il credo pollhco dal .credo religioso. Li: ra~io?Ji della tesi aconfMS1ona:hstica di Sturoo sono ben note e non è qui i:J. caso di farn.e un cenno più che sommar~o.. n partito deve muov~rs1 liberamente in un cam o d1 . problemi e di decisioni ~u cui non può essere nè . ' cata nè im t mvosabilità delfa.u ~~t~a ~i;ron 0 delle organizzazioni che di e don~ d~ essa direttamente:~~: me .I Azione Cattolica. Una con fys1?ne o comunque un qual: s1as1 legame istituzionale del
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radicalmente, culture o menta.l~tà di classi e gruppi sociali, siano la teocrazia medioevale o le libertà comunali, l'assolutismo monarchico o le democrazie parlamentari, siano per_ fino le varie forme istituzionali della schiavità, cosl lontane_ dalla moderna coscienza egualitaria dei diritti dell'uomo. Nessuno di tali schemi .è stato assunto dal Cristianesimo, come se .tosse necessariamente connesso col patrimonio delle sue verità rivelate In realtà, nell'arco di duemila anni di storia, la cristianità li ha assunti via via tutti, successivamente o anche, alcuni di essi, contemporaneamente, sopportandone il conflitto tra i suoi stessi membri, popoli o gruppi o partiti, vivendo nella relatività della storia la paradossale situazione di un messaggio che è « l'incontro dell'eterno col tempo ». Poichè le singole ideologie non sono altro che la sistemazione teorico-pratica. che interpreta e progetta la realizzazione di quegli schemi economici, sociali e politici, sembra lecito concluderne che il Cristianesimo come tale non ha nè può avere. una propria ideologia, cioè non implica come conseguenza necessaria dei propri princlpi essenziali questo o quel sistema economico, sociale o politico. Luii;ri Sturzo, se per queste
A DE GASPERI TOCCO' DI PROSEGUIRE L'OPERA INIZIATA NEL '19 E INTERROTTA NEL '25
nuoyo ~artito con queste organizzazioni rischiava di muffare ., cavecchio per nuo~o c10 che era con i" e, peggio ancora di dell~~~~;~e, sotto. l'ide~tità convinzio a confessionale, « per liberali ~e 0 per opportunità, praticanti emode.rati, cattolici organizzazio _soci dell.e nostr~ 01 o ruppi parrocchiali e dei nostri » facendo n e un aggi • eterogeneo <?rnerato insieme Ma S e impotente. tico ch!u~fo en.on era un pol~ vazioni di f sime dalle motlteoretiche zndo, .d~lle r!l-gioni versalità · 'l q rel_igione e unine, egli 'cÙr' P<!rtito è divisio-
occasione a m. quella: stessa l'appello 'd rochi mes1 dopo un' intuizi e 18 gennaio. Era mezzo one profonda, che scienze seco.lo di sviluppi delie e la p· ~oc1ologiche a lui care ricerch iu r~~nte svolta delle dam te rellg10se hanno valiun en e confermato. C'è, oggi, v punto fermo a cui è perc~nuta la coscienza cristiana ma~gtor chiarezza che in tac~teta, ed è il carattere me. ura1e - e dunque a maggio~ ragione, metapolitico dell « essenza del Cristianesimo». Il messaggio cristiano é per . « tu.tte le genti », ha una ~~stm~zione universale, non ld~n.t1fica con nessuna cultura 0 c~v.iltà o epoca, pur essendo indmzzato a tutte. L~ trascendenza del Cristia nes1mo sopra le singole cul: ~ure ed epoche storiche richie ce ~a .separabilità di ciò eh~ ostitmsce il nucleo sacrale ~~~~~ 010 1?;ico del i;;uo messaggio ti h varianti concettuali e pra_ ç e che sono proprie di cia8 c~:i~a~pocad.. d_i ciascun tipo gia E e e i ciascuna ideolosurio sso. non privilegia nes.. nomi ~egh schemi sociali ecorizz ci o . politici che ca~atte ano, differenziandole anche
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o per analoghe ragioni aveva giustamente intuito e vigorosamente affermato che «un -Partito cattolico, come tale, non può esistere>, aveva tuttavia troppo vivo il senso della storia e della concretezza sociale delil'uomo, da caldere in quella spec:i.e dì evasione dall'alto, oggi non certo infrequente, in cui pare che la salvaguardia del carattere universale e soprannaturale del Cristianesimo debba essere ottenuta a patto del suo disimpegnarsi dai problemi terreni della società umana, dalle sue sofferenze e dalle sue lotte. Per la « sociologia storicista » che egli verrà elaborando con profonda serietà scientifica negli anni dell'esilio, non c'è nulla nell'uomo che, pur essendo originariamente individuale, non abbia valore associativo. Nella concreta realtà storica « ogni atto dell'individuo è per se stesso associativo, cioè contiene un rapporto inter-individuale >, si dice nella Società, sua natu~a e sue leggi, pubblicata la prima volta in Francia nel 1935. « Il semplice pensiero, anche prima che sia manifestato, pur essendo pura individualità, ha carattere associativo: non ci può essere comunicazione e quindi società senza pensier<?· La società non è altro che il pensiero comunicato e attu.ato >. E' dunque incontestabile che la fede religiosa, pur operando in interiore nomine, promuove ed illumina e qualifica, differenziandola da ogni altra, l'azione del credente anche di fronte alla realtà po• litica. Parlando della presenza operativa del soprannaturale nella storia, Sturzo osserva che i misteri della Rivelazione portano nell'uomo un tipo W. conoscenza non razionalmente
comprensibile, ma, appunto, pratica ed impegnante all'azio_ ne. « I dogmi più misteriosi manifestati storicamente nella rivelazione di Gesù Cristo e divenuti elementi di attività storica permanente nel mondo, con la continuazione della missione di Gesù Cristo realizzata dagli Apostoli e dalla Chiesa, hanno avuto ed hanno per una gran parte della umanità il carattere di razionalità pratica che muove all'azione ».
Questa «razionalità pratica>, che deriva da un atto di fede nel messaggio cristiano, costituisce dunque, secondo il pensiero di Sturzo, il motivo ispiratore, l'anima, come egli dice, del nuovo partito. Se questo dev'essere rigorosa.mente acon_ fessionale, perchè il Cristianesimo non ha nè impone una propria ideologia politica, spetta tuttavia al credente in quanto uomo storico la responsabilità di assumere consapevolmente i problemi socia_ li ed i compiti politici del pro_ prio tempo nella prospettiva inconfondibile di quella trasformazione interiore che ha operato in lui l'accoglimento sincero del messaggio cristiano. Per il cristiano la verità essenziale è quella che trasforma e rinnova radicalmente l'essere dell'uomo, dall'egoismo che gli è connaturale, nella carità che gli è donata dalla. grazia. La salvezza che questa annuncia e porta all'uomo non avrebbe alcun senso, se l'uomo non fosse autenticamente « sto_ rico >, cioè un essere per il :futuro, un essere che accettan_ dosi nella totale concretezza dei propri dati individuali e sociali ~~ renda disponibile per un messaggio che lo trasforma, lo «salva>, lo libera, insieme con la comunità in cui vive, nella carità, dando un senso assoluto alla sua storia di singolo esistente e a quella intera dell'umanità. decaduta e redenta. C'è tuttavia un punto su cui 1 cinquant'anni che ci separano da questo disegno sturziano dell'idedlogia democrL stiana appaiono una distanza considerevole, ed il singolare ottimismo con cui lo Sturzo giudicava, in quella lontana primavera di partito, il rapporto del Cristianesimo col mondo moderno. « Ci siamo differenziati dall'antica azione cattolica-elettorale, diceva neL la sua risposta conclusiva del congresso bolognese, e non abbiamo preso come insegna la religione, perchè noi crediamo che della religione tutti gli istituti pubblici siano pervasi come crediamo che tutta la vita privata sia imbevuta del suo spirito e della sua !orza evangelica, dopo che il mondo da pagano fu trasformato in cristiano ». La memoria corre subito ad un altro famoso testo: a quello, non privo di equivoci, del Croce, nella temperie della seconda guerra mondiale, sul Perchè non possiamo non dirci cristiani di cui l'osservazione di
Luigi' Sturzo pare un'inattesa anticipazione. In realtà, la maturazione critica della coscienza cristiana di questi ultimi anni ci dà un quadro ben più allarmante del tradimento del Vangelo nella civiltà moderna, Instaurata da quell'opzione radicale che la sociologia storicistica tedesca ha raccolto sotto il concetto dell'esprit bourgeois e che, a mio avviso, è consistita nell'affermazione del primato del fare sull'essere ( « tu vali per quello che fai, per il tuo rendimento, non per quello che set ») , cioè, in effetto, nella separazione atea d~ll'homo
faber dailij'hom-0 re-
la civiltà moderna sta ora rimettendo in questione, alle punte più avanzate della sua coscienza filosofica, morale e religiosa, le questioni di fondo delle proprie finalità, di quelle ragioni d'essere che erano fin qui apparse il segno incontrovertibile del suo progresso. Non si tratta certamente di riproporre regressioni « medioevalistiche > o peggio ai paradisi marcusiani della civiltà tribale. La storia è irreversibile. Per un provvidenziale disegno, la « mondanità » atea della moderna civiltà tecnologica, esonerando la Chiesa da ogni compito sostitutivo o temporalistico, ha lasciato libero Io spazio per lo svelarsi del senso più autenticamente soprannaturale del messaggio cristiano. Ma è proprio in que_ sta sede del ritrovamento au-
ligiosus,
tentico del Sacro e soltanto ~ .essa, che potr~ aver princ1p10 quella « rivoluzione> delle finalità che è il problema centrale del nostro tempo. Se è vero che il Cristianesimo non ha da offrire nè un sistema nè un metodo della prassi politica, esso è tuttavia il più radicale rovesciamento dello esprit bourgeois la più energica riaffermazi~ne del primato dell'essere sul fare (dell'essere come soggetto, come affermantesi, non dell'essere come oggetto delle antiche ontologie), cioè, in un senso profondo, una vera e propria rivoluzione dei moventi essenziali della civiltà borghese e capitalistica. L'annurìcio cristiano dell' «uomo nuovo », nella misura in cui non resta predicatorio o velleitario, è la vera umwèilzende praxis, la « prassi rovesciata » della politica. dei credenti.
PIETRO PRINI
STURZO, PROTAGONISTA COERENTE DELL'ATTUAZIONE DEL MESSAGGIO ORISTIANO NELLA VITA CIVILE
L'aconfessionalità resta grande lezione sturziana D
UE sono i pericolosissimi
rulborghese, con queU.o di Lenin; ma se ne differenziava radicalmente perché per Sturzo non era certo un'ideologia atea quella che potesse portare alla liberazione dall'imperialismo (chi non si accorge, ora, della lungimiranza che aveva il suo pensiero?). Ora osserviamo: una simile visione non poteva ridursi a semplice comprensione teorl.ca,· era per sua natura operativa, esigeva di incarnarsi tn una forza politica. Questa forza doveva essere aconfe·s sionale perché tale veduta storica non poteva esser dedotta da alcun dogma, né presentata come articolo di fede; il pa,rtito fondato su quel giudizio storl.co non poteva impegnare la Chiesa. Tuttavia, si trattava di un giudizio che non poteva esser fatto proprio che da chi affermasse una visione religioso-trascendente della vita; dunque, religiosìtà della politica. I cattolici dovevano avere una funzione essenziale nell'opera di palingenesi, che avevano da seguire alle catastrofi
scogli che un partito di ispirazione cristiana deve ,evitare. pripio è quello del conjessiooolismo, vulgo del clericalismo: la sua rùtuzlone a nient' altro cne a un'armata a difesa degli interessi temporali Mlla Chiesa. Il secondo, opposto, è queUo dell'areligiosità: l'idea che si possa ritagliare nell'attività umana una zona regal.abile, si suol dire oggi, da neutrali tecniche sociologiche - dei rapporti politici, in cui la religione non ha da entrare,' la veduta, insomma, per cui un partito di cattolici sarebbe, per cosl dire, un partito supplente, destinato a sparire quando la politica, diventata scientifica, farà a meno deU'ideologia. Senza avere una competenza larga sulla storia del partito popolare, dirò la mia impressione: che Sturzo abbia avvertito perfettamente i due pericoli; che tuttavia un insieme di circostanze storiche abbia fatto st che il suo partito non abbia potuto evitarli. A mio giudizio uno degli ultimi decisivi aneUi neUa maturazione in Sturzo deU'idea del partito popolare dev'essere cercata nella conferenza che tenne il 26 agosto 1917 a Caltagirone, come commento alla nota pontificia del 1. agosto di quell'anno: estremo tentativo che Papa Benedetto XV compiva a servizio deUa pace,· quel messaggio •in cui si diceva che la guerra « ogni giorno di più apparisce inutile strage ». Diceva Sturzo: « la nazione armata e la lotta fra le nazioni per il dominio dell'avvenire, ecco il culmine di cento anni di politioo borghese ... e questa bordisseminate dalla guerra mondiale. Dovevano averla proprio ghesia è queUa stessa, che in perché il cattolicesimo non ave_ un secolo di rifacimento di nava nessuna responsabilità nelzicnmlità e di rispetto dei popol'edificazione di quel moMo che li, non ha trovato m-0do di salcon la guerra era venuto in crivare dalle oppressioni polacchi ed armeni, quella stessa che si; e politicamente avevano da conosce le tribolazioni e le ama- , rappresentare una forza nuova, e imprevista, perché il loro non rezze del popolo irlandese, quella stessa che oggt ha violato la era affatto un tentativo dt restaurare ordini storici che eraneutralità belga, che ha incrudelito contro vittime innocenti no stati travolti. della prepotenza e della neuMa si sa, d'altra parte, quale tralità elevata a diritto ». sorte fosse toccata aUa nota Era dunque una visione relipontificia; si parlò allora, e per giosa della storia moderna quellungo tempo, di incitazione al la che Sturzo proponeva; ci sadisfattismo e di concordata inrebbe da studiare, penso, il pietesa con gli imperi. centrali; e no accordo ideale fra il suo penancor oggi sembra che gli stusiero e quello di Benedetto XV. diosi cattolici siano, {requenteIl partito popolare si fondava mente almeno, rispet o a essa, · perciò, nella mente di Sturzo, sulla difensiva, spiegandola con su una visione della storia prola persuasione corrente in quelpriamente religiosà. La secesl'estate del 1917 che la guerra sione delle borghesie dal catst sarebbe risolta senza vinti e senza vincitori. e che all'azione tolicesimo aveva il suo epilogo ·. del Papa non Si debba dare alnella guerra mondiale vista cotro significato che quello della me catastrofe, e difatti per tali protesta di coscienza religiosa borghesie le ideologie diventacontro il tanto sangue versato. vano maschere di volontà di poL'esito della guerra aveva poi tenza. Solo l'intervento dei catsembrato suffragare giudi2i del tolici poteva offrire una via di tutto diversi. Da una parie la salvez;m Sotto un certo rapesaltazione per una vittoria che sembrava aprire al Regno d'Itaporto si' può dire che il giudilia destini imperiali; dall'alzio storico di Sturzo coincidetra, l'eco della rivoluzione rusva, per una certa parte, riguarsa. La st01'ia sembrava dar rado al giudizio stù mondo libe-
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gione o alla borghesia naziona. lista o ai rivoluzionari che intendevano rovesciare ogni tradizione. A mio modo di vedere, la sconfitta di Sturzo è legata aUa sconfitta dell'offensiva di pace di Benedetto XV. Infatti, la veduta storica affermata àa Sturzo neU'agosto 1917 non poteva essere messa in primo piano nel 1919. Le reticenze con cui, pur necessariamente se si 'l>Oleva svolgere azione politica, si doveva avvolgere il giudizio sto. Tico che si è detto, non potevano avere che una consegu.enza -inevitablile: all'idea del grande partito doveva sostituirsi la realtà del partito grosso. Mancava la possibilità di plasmare rigorosamente secondo una forma la materia amplissima che si offriva al partito popolare. PoicM iil giudizio storieo che ne era la premessa non poteva venire atchiaratamente affermato, il partito popolare ebbe la sorte di diventare un coacervo di gruppt ognuno dei quali aiccettava la coesistenza
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nel partito grosso come minor male,· e rispuntavano nell'opinione comune le impressioni che fosse incOTso nell'uno o nell'altro dei due pericoli di cui si è detto all'inizio. Se consuitiamo infatti la pub. blicistica del tempo noi vi troviamo le impressioni opposte di larvato modernism-0 o di camulfato clericalismo. Infatti, non soltanto chi viene oggi e facciamo ogni riserva s1Jl termine - chiamato integrista, poté avere l' impressione dt un partito che, di fatto, riprendesse in forma dissimulata la posizione politica condannata dalla Pa.scendi, e diss<>lvesse il cattolicesimo in democrazia. Le citazioni di questa critica da parte cattolica sarebbero infinite. Per dirne una particolarmente autorevoli'?, riferiamoci alla lettera scritta nell'agosto 1928 dal cardinale segretario di Stato Gasparri a Ca.rlo Santucci: in cut st parla del carattere « areligioso » del partito popolare, e del suo rappresentare semplicemente un « meno peggio > rispetto at partiti prefa-· scisti, ossia al comunista al socialista, al radicale, al Ùberale (cfr. De Rosa, Storia del
movimento cattolico in Italia.
vol. II, pp. 40-41). Ma importa osserva1'e come,
naturalmente !n senso opposto, questo fosse anche il giudizio di Gramsci: per cui storicamente questo partito democratico e aconjessi01Ulle formato da cattolici non avrebbe potuto fermarsi aUa rivendicazione di una pura autonomta nel campo polttico, ma avrebbe do· vut-0 progressivamente procedere col darsi una nuova fede, dtversa da quella cattolica: la comunistica, insomma. D'altra parté, chi guardava az legato del Risorgimento, aveva l'impressione di una forza politica che appena illusoriamente fosse autonoma in quanto lasciava alla Chiesa la gui.da della condotta morale e religiosa, e che quindi non potesse di fatto non corrodere q'UéLla «religione della patria >> che per molti non era certo, come si è troppo incltni a pensare oggi, un artificio retori.Co della borghesia. Il partito popolare realizzava cioo il separatismo dell'homo duplex: da una parte ci sarebbe stato l'uom-0 della socl~tà civile, rivolto unicamente agli interessi che si soglion dire materiali; dall'altra, la custodia di ciò che è spirituale veniva affidata alla Chiesa. In breve, il partito popolare sembrava sorgere approfittando della stanchezza post-bellica: era la riproposta di quel che trcuUzio· nalmente si suol chiamare gufc_ ciardinismo come atteggiamento dell'uomo che si propone di condursi con tanta accortezza e prudenza da riuscire a godersl • questa vita e l'altra, senza mai nulla sacrificare dei suoi interessi e dei suoi comodi. Dopo che era tramontata net cattolici ogni speranza di restaurazione, tale guicciardinismo diventava l'unica arma anoora possibile per la riaff ermaztone cleri.cale. Si spiega cosi la sorte del partito papolare come quella del grosso vaso di coccio tra i vasi di ferro. Non si può infatti pensare reggesse quando sorse rispetto a esso l'alternativa rappresentata da una forza politica che per un verso poteva aP· parire, sia pur illusoriamente, ripresa della passione risorgimentale, e che per altro verso poteva anche venir giudicata dai cattolici come orientata aua di~truzione degli pseudo - ideali laici, liberali o socialisti, e per. mettente, dopo quest'opera negativa, la speranza in una restaurazione di carattere teocra-
tico.
Si può certamente dire che i tempi erano immaturi rispetto alla grande intuizione storico. religiosa di Sturzo. Si deve però anche aggiungere che la le2ione del partito popolare manifesta la necessità che un partito di cattolici si regga su un'esplicita e ampia e sicura visione storica: certe tendenze a minimi22are oggi quel che si usa chta· ~are, spregiativamente, tdeologia, per la preoccupa.atone del concreto, possono portare a una situazione in cui se ne ripetano
le sorti.
AUGUSTO DEL NOCE
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IL POPOLO -
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LA NUOVA ITALIA
PROG RAM MA RIFO RMA TOR E UGLIELMO Ferrero scrisse una volta eh~ l'arrivo dei cento depu· tati popolari nel Parla· mento del '19 rappresentò un e colpo dt fulmine > per la bor gh~sta italiana, una sorpresa chi! disorientò tutti, fedeli. stm. patfazanti, amici ed avversarì. La verità è che l'aftermaztone popolare seguiva ad un lungo e travagliato periodo di prepa. razione, sotterranea od aperta, ad un'opera di raccolta e di organizzazfone dei cattolici italiani, che era passata attraverso le fast ptù diverse, tl ribellismo, l'astensionismo, la partecipazione condizionata al. le urne, l'abrogazione del e non e:rpedtt >, la guerra. Gli intellettuali di netta estrazione po•lttvtsta (e Guglielmo Ferrero non faceva eccezione) non si erano messi mai in condizione
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rtto nuovo di audacia. e di coraggio, una volontd dt trasformare le strutture esistenti, di compenetrarle con glt ideali cristiani, di cambiare l'asse del paese, attraverso la «rentrée > del!e antiche masse sanfediste e reazionarie nello Stato; solo qualche socialista, come Turati, capt l'importanza di quel disegno, ne intravvide t possibili sbocchi, le conseguenze lontane. Nella sua lotta. col vecchio mondo dell'c Opera dei Congressi>, nella polemica aspra e spietata col conte Paganuzzi, Romolo Murri anticipava quel. lo che sarebbe stato tl passaggio obbligato dei popolari, poneva l'accento sul programma riformatore, istituzionale ed e organico > di un partito cattolico, che non si limitasse alla carità e alla bl!nef!cenza.
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Problemi del nuovo partito: rapporti con le gerarchie ecclesiastiche, rivalità con conservatori e clericali., relazioni con i gruppi liberali, affinità e diversità co11 il socialismo
di valutare nella sua importanza il fenomeno cattolico, di tenere ~lla giusta considerazione gli esponenti qualificati di quella larga parte dell'opi· nione pubblica italiana che st appellava. ancora «cattolica >, a malgrado delle intransigenze e delle repressiont della Monarchia gtacobtna. In generale si era abituati a dividere i cattolici in due categorie "dominanti: i e clericali > puri e semplici, i legittimisti, i papalini, i borbonici, i e laudatores temporis acti >, i membri dell'aristocrazia e della borghesia nera, coloro che chiudevano i portoni il 20 1ettembre e inalberavano le tn. segne del lutto, coloro che veneravano in casa l'immagine di Pio IX e ostentavano la loro obbedienza al Vaticano, e gli altri, i e cattolici inseriti >, i conciliatoristi, i e collaboraziontstt > in pectore, i e ralliées > alle istituzioni monarchiche, i moderati che riuscivano ad unire, nel segreto della coscienza, la devozione al Re con l'ossequio alla religione, coloro che vagheggiavano l'intesa fra tro. no e altare, coloro che costituivano in un certo senso le truppe di riserva del liberalismo, gli alleati di tutte le cause dell'ordine, i provvidenziali e gentilonizzati., di domani. A nessuno det grandi esponenti del liberalfsmo o del radicalismo (le eccezioni rimasero tali) veniva in mente che il cattolicesimo politico potesse pre· sentarsi una volta con le proprie bandiere, potesse scendere sul campo delle forze organizzate con tutto il peso della propria autorità e delle proprie tradizioni. Il primo esperimento di e democrazia cristiana> sembrava confermare quelle valutazioni. Romolo Murri st era proposto di fondare un partito cattolico. di articolare un'azione politica dei cattolici al di fuori degli schemi tradizionali del clericalismo temporalista, del legtttimismo e protestatario >: ma si era scontrato nella resistenza insuperabile delle gerarchie ecclesiastiche e del Papa. Eppure, non vt era nulla di più ingannevole. I quaranta o cinquant'anni di iniziativa cattolica a margine della politica, dal Congresso di Venezia nel 1874 allo scioglimento dell'Opera dei Congressi, dalla all'Azione Unione elettorale Cattolica vera e propria, erano stati decisivi, avevano prepa· rato una coscienza di autonomia e di responsabilità, avevano addestrato e temprato le nuove e équtpes > dirigenti, i quadri disposti a tutto osare, nello sforzo di affermare t propri principi, di attuare le proprie rivendicazioni. Pur con tutte le sue pregiudiziali guel· je, medioevangelizzanti e corporativistiche, il prete marchi· giano portava nel suo movimento un'aria nuova, uno spi-
I
Se la Chiesa sconfessò l'inquieto apostolo delle e Battaglie d'oggi», se Pio X condannò la sua e Lega democratica naz onale > e disperse gli integralisti ante litteram, ciò avvenne perché il Murri rischiava di confondere i due termini necessariamente distinti, la azione cattolica e l'azione dei cattolici, l'impegno religioso del credente e la vocazione sociale del militante, la. sfera della Chiesa e quella dello Stato, commettendo, a rovescio, lo stesso errore dei laicisti estremi. Ma Luigi Sturzo, accingendosi a lanciare il suo appello at liberi e ai forti nel gennaio del '19, utilizzava tutte le esperienze, positive e negative, del suo predecessore. E' un legame di continuità, che è stato ormai rtconosctuto e consacrato, e proprio da entrambi t protagonisti, dagli avversari d'ieri riconciliati e riuniti nel giudizio della storta. Quali furono i problemi fon. damentali del partito popola· re? Non troppo diversi da quelli della e democrazia cristiana> dt Murri: i rapporti
con le gerarchie ecclesiastiche, la rivalità col mondo conservatore e clericale ancor salda.. mente in piedi, la difesa dei termini e dei caratteri del delle l'equiltbrto e partito>, tendenze e delle correnti, le relazioni cot gruppi costituzionali e liberali, t puntt di afftnità e di diversità col socialismo. Agqra.vati ed approfonditi, maqari, dalla cornice più larga, dall'organizzazione ptù capillare e ramificata, dal successo infinL tamente più vasto: ed ecco glt interrogativi nuovi, la partecipazione o meno al Governo, l'orienta.mento da dare aglt organismi sindacali e professionali, la politica da seguire net riguardi delle masse contadine cosi come det nuclei artigiani e borghesi. Tutti problemi tnqutetantt e difficili, che non trovarono sempre la soluzione migliore, che talvolta non trovarono nessuna soluzione: problemi che occuparono il parttto alla base e al centro, nelle sezioni e nel gruppo parlamenta. re, problemi che lo turbarono, lo divisero, in certe zone lo lacerarono, ftno a prepararne la crisi, la crisi che scoppierà in pieno col fascismo e con la rottura fra Vaticano e popolarismo (rottura facilitata dalla posizione personale del nuovo Pontefice, dt Pio XI, dell'erede dei conservatori lombardi, rispetto al partito: ed è di li che bisogna partire per comprendere le ragioni che portarono alla crisi del '23, al congresso di Torino, alle dimissioni di Sturzo, alla conseguente defezione di un'ala dei popolari, durante il voto sulla riiorma elettorale fascista). ONO. oggi, 50 anni esatti. Ma quanta storta è passata dal giorno in cui Luigi Sturzo lanciò quel mantfesto, il 18 gennaio del 1919? Un piccolo albergo della capitale, là vicino al Pantheon, nella Roma di più stretta e tenace osservanza cattolica, fra memorie e glorie papali, fra negozi di immagini sacre e librerie di opere devozionali e agiografiche, all'ombra dell'an. tico Collegio Romano: il e San. ta Chiara >. Poche le personalità presenti, nella stanza oscura scelta a sede della storica riunione: ma ognuna rapprese~tativa di un determinato in· dirizzo del movimento cattoii'co, ognuna interprete di un mondo, di ima tradizione, di un ambiente determinato eà emblematico. clerico - moderacavazzoni to lombardo, con tutte le chiusure e le intransigenze della sua terra, con un patrimonio di esperienze amministrative maturate net consigli comunali, nella lunga lotta per la riconquista della e Italia reale>. Rodinò portavoce dei ceti cattolici meridionali, che non a t•evano mai aderito al e non expedit >, che non avevano mai rotto con lo Stato liberale, che avevano salvaguardato i ponti con la Monarchia pur nel periodo del travaglio giacobino e del dilaceramento delle coscienze. Santucci, esponente caratteristico e compiuto del mo_ vimento cattolico nella capitale, di quel filone romano della e Federazione piana > si era
S
P 1945.
Nel primo volume, numero 3 della Biblioteca del Partito Popolare Italiano, ispirato da don Sturzo, si affrontava il problema del collaborazionismo eventuale del PPI con il partito socialista e si spiegava perché questa. collaborazione :fosse fallita in ·quanto il concorso positivo venne a mancare soprattutto da parte dei socialisti, che non ebbero il cora.g~o di abbandonare il loro massimalismo rivoluzionario. Naturalmente questo volume, trova nel « Popolo» una delle !onti della trattazione, sia come esposizione di «!atti » parlamentari e politici in genere, sia anche come impostazione dl quel problema del collaborazionismo. Il volume, nel clima delle annate del giornale ufficiale del PPI, è impostato anche sulle deficienze e sulle «colpe» della classe dirigente liberale e democratica. Naturalmente, come d1ssi altrove, la parola democratica è Intesa nel senso non ideologico, ma nel s1gniticato che ave\'a. allora nella vita parla.men-
PER LA PACE RELIGIOSA . D'ITALIA pp. 52 L. 300
Aldo Capitini Cesare Magni Lamberto Borghi Giorgio Peyrot LA LIBERTA' RELIGIOSA IN ITALIA pp. XII - 84 - L. 350
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«Esprit» CHIESE CRISTIANE E CONCILIO
pp. X - 302 L. 1600 CA'l'TOLICI INQUIETI pp. 156 L. 2000 L'ALBERGO «SANTA CHIARA" DA
spinto fino alle affermazioni e alle conquiste dell'c Opera dei Congressi> passando attraverso l'esperienza del < Conservatore> di Start, sempre in equi_ librio fra intransigenza e moderazione, sempre in bilico fra le due Rome e in fondo deciso a non approfondire i contrasti, a non allargare le ferite (spirito di distensione e di collaborazione che aveva trovato il suo perfetto simbolo in Filippo CrispoltiJ. Accanto ai nomi di pace, di concordia, altri nomi che rievocano battaglie aspre e difficili dt un passato non lontano: il conte Grosozt. per esempio, che era stato l'ultimo presidente dell'« Opera> prima della grande ventata dello scioglimento partita dalla Curia dt Pio X, l'aristocratico paziente e comprensivo che aveva aBSe• condato i fermenti dei gtovant, che çvrebbe voluto ~vttare lt;e scissione di Murri, che sperava di contenere le inquietudini del modernismo nell'ambito dell'ortodossia. Nome che aveva suscitato tante speranze, alimentato tante polemiche dieci o quindici anni prima.; nome che aveva simboleggiato i fremiti di autonomia dalle diret ttve dt Papa Sarto ai tempi deUa famosa « avvertenza > at giornalt cattolici nel 1912; ma che ora rientrava nella lotta politica con discrezione, quasi in punta di piedi, in attesa che Giolitti, un anno dopo, lo facesse senatore e, incontrando Crtspolti per i corridoi di Palazzo Ma.dama, si felicitasse per l'ingresso dell'antico notabile clericale e intransigente nella roc. ca/orte del.la Monarchia, nel palladio delle istituzioni. Assente un cattolico che mol. to aveva contribuito alla conciliazione con lo Stato, il cattolico e giolittiano > per eccellenza, Filippo Meda; ma rap-
oov~
FU LANCIATO L'APPELLO DEL '19
presentato al e Santa Chiara >, almeno idealmente, da un antico compagno di lotte nella democrazia cristiana lombarda, da un vecchio adepto della «Chiesa albertartana» già passato, come la maggioranza degli antichi militanti ambrosiani, alle test del possibilismo istituzionale e del moderatismo politico, Angelo Mauri. Riflesso e compendio , in quel momento, di una generazione CM molto aveva lavorato per superare lo steccato fra Chiesa e Stato, che da Milano aveva 1ntrecctato i primi fili della collaborazione silenziosa, che fin dal 1901 aveva brindato alla unitd d'Italia, alle e pagine gloriose> del nostro Risorgimento (si ricordi l'episodio di Paolo Arcari).
P
RESENTI anche _le regioni che minor tm]1Ulso e
minor contributo ' avevàno dato· al vecèlìio movimento cattolico, come Toscana ed Emilia insieme rappresentate e quasi simboleggiate da Giovanni Bertini, senese di nascita e bolognese d'adozione; il Piemonte pur chiuso nel suo realismo dinastico, tl Piemonte d! Don Margotti c di Stefano Scala e dell'« Italia reale >. incarnato da un avvocato del Cuneese che conosceva tutti i misteri della politica giolttttana, da Giovanni Battista Bertone; il vecchio Veneto fedelissimo, il Veneto che aveva offerto le gemme più splendide al movimento cattol1co, il Veneto che aveva ospitato per decenni la presidenza dell' «Opera dei Congressi >, impersonato da un più giovane avvocato che aveva fatto le sue prove nelle file dell'Unione popolare, da Umberto Merlin. E accanto ai professionisti, agli avvocati, ai luminari del foro - a coloro che costituivano già il tessuto di una nuo.
L'esempio di Donati - Il mancato collaborazionismo coi socialisti e le deficienze della classe dirigente liberale - La chiarificazione antifascista del quotidiano del partito tare italiana, per indicare i gruppi o i partiti, i rappresentanti dei qua.li sedevano alla Camera nei settori interposti tra il centro e l'estrema sinistra. <M. Petrocchi, Il problema del collaborazionismo nel Partito Popolare Italiano, in « Convegno di San Pellegrino. Atti del Primo Convegno Nazionale di studio della Democrazia. Cristiana », Roma, 1962, pagg. 727-733). Nel secondo volume di Giuseppe Petrocchi abbondano invece i ricord1 personali, i quali danno un'idea del « clima» di vita giornalistica e politica nel quale vivevano con grande passione don Sturzo e i suoi collaboratori. Pagine notevoli sono in quel libro sull'attenzione che Sturzo rivolgeva agli articoli di cultura che uscivano sul «Popolo », e ~lla impostazione del problema della scuola: Sturzo
IL PARTITO POPOLARE ITALIANO pp. XXIV - 524 L. 2500
Arturo Carlo Jemolo
va borghesia cattolica - un agitatore sindacale, un animatore delle lotte sociali, un antico operaio tipografo chi! ave. va speso tutta la sua vita, una vita retta ed intensa, nell'organizzazione di cooperative e di sindacati confessionali, i soli consentiti dal Pontificato di Pio X, 'il comasco Achille Gran. di: uomo di equiliibrio, di gran. de buon senso, pronto ad opporsi agli estremismi e agli utopismi che più tardi si incontreranno nello stesso po· polarismo, che favoriranno dis· sensi e lacerazioni. I filoni più diversi confluiva. no così nel nuovo partito popolare, nel partito che sorgeva cinquant'anni fa, nelle stanze dimesse del « Santa Chiara>: tutti cementatt e vivi/ icati eta un uomo solo, da un sacerdote che non aveva mai disperato neppure nelle ore della grande repressione anti - leon,ana, da un amico di Romolo Murri che non aveva seguito l'inquieto sacerdote marchigiano sulla via dell'eresia, da un cattolico attento ai problemi concreti che portava nella milizia politica tutte le insoddisfazioni e le Inquietudini dt:l suo Mezzogior. no, da un combattente che aveva alzato fin dall'alba del secolo la bandiera della e demo. crazia cristiana> e non l'aveva mai ammainata, neppure ai tempi del patto Gentiloni: da Don Luigi Sturzo. Un nome che era gid da solo un programma, e un impegno. Cattolicesimo politico e cattolicesimo sociale, Chiesa e democrazia, autonomia dei cattolici nella vita pubblica e poteri del magistero pontificio: tutti problemi di allora, che sono, a cinquanta anni di distanza, in una prospettiva tanto mutata, ancora problemi di oggi.
GIOVANNI SPADOLINI
"Il ·p opolo" entra nella lotta ER la ricostruzione della. storia del « Popolo » non può !arsi a meno dell'esame di due volumi dì Giuseppe Petrocchi « Collaborazionismo e ricostruzione popolare», Roma, 1923 e cli «Don Luigi Sturzo», Roma,
Edith Pratt Howard .
detlle Incarico di scrivere un articolo ad un suo collaboratore sulla riforma universitaria. di Gentile, articolo nel quale apparissero le riserve del Partito, anche se, commenta Giuseppe Petrocchl, il « Popolo » si distinse nella serrata polemica contro gli avversari della riforma. Gentile nella. parte nella quale questa concordava. con le rivend1cazloni popolari. Pagine non meno interess9,nti riguardano il «Popolo » del1'età donatiana, il giornale che contribui alla chiarificazione del partito e alla sua di!!erenziazione « sino al definitivo distacco dalla collaborazione al primo ministero Mussolini, culminante nell'opposizione aperta». <Il Petrocchi si occupava nel « Popolo » di questioni scolastiche). Non c'è bisogno di ricordare come « la campagna Matteotti fosse per il "Popolo" il maggiore titolo d'onore», continua.
11 Petrocchi, il quale ci dà anche un colorito ricordo della redazione: « Donati aveva un portamento distinto; alto e diritto, con una bella fisionomia di romagnolo : occhi nerissimi che trafiggevano l'ascoltatore, capelli pure nerissimi e abbondanti Aveva parola calda, un po' a scatti. Donati conferiva un'unità meravigliosa al giornale. Polemista di razza, ingegno irrequieto, eppure saldamente compatto che balenava. in acutezze impensate. coltissimo, d1 una cultura variatissima e aggiornatissima che era divenuta Unta del suo spirito, interveniva in tutte le que11iioni, portandovi una nota di vivacità e di personale perspicacia. Era un farceur, e amava le boutades. Prometteva un premio (a parole!...) per chi gli avesse preparato il migliore drastico asterisco per l'indomani. Scherzava anche con gli a.miei più cari». Una volta. « Blliuden·
do alla marcia. su Roma, disse allo stesso redattore, mentre entrava nella sua stanza sempre affoHata., "tu che sei professore e sai tante cose, scommetto che non sai questo.. chi tu quello scrittore antico · che disse: Sfila. prese Roma. per l'orecchio, come una lepre?"». E, dopo aver ricordato altri episodi: « poche volte ho visto don LUigi ridere di cuore come quando Donati gli raccontò che un venerando personaggio aveva detto ad un ex-membro del Governo Fa.eta: " noi, nel '70, Roma l'abbiamo difesa meglio I"». Donati soddisfaceva pienamente a Sturzo. Il Petrocchi ricorda come Sturzo dicesse ad uno che accusava Donati di vivacità polemica talvolta irruente, ehe Donati aveva « colorito e tonalità », e che il suo critico « guardasse invece alla sostanza». Che era sostanza di uno dei più grandi direttori di quotidiano di questo secolo in Italia, sicuramente. Sostanza che poggiava, scrive l'autore, su informazioni dirette, e su taccuini nel quali venivano raccolti « con precisione burocratica, da.ti ed elementi di fatto ,, poi diligentemente vagliati e coordinati. Sostanza In Donati che 111 poggiava sull'eroismo I
MASSIMO PETROCCHI
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Emst Troeltsch LE DOTTRINE SOCIALI DELLE CHIESE E DEI GRUPPI CRISTIANI I. Dalle origini alla fine del medioevo pp. XX - 564 L. 4000 II. Il Protestantesimo pp. XVI - 738 L. 5000
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GUERRA EFAME prefu:ione di °Vittorino Veronese Nel le prime pagine del volume, l'Autore scrive: e L'alternativa è precise e perentoria; o si libera l'uomo dal· la fame perché nella pece egli possa compiutamente esprimersi o la fame provoche· rà la guerra dell 'uomo». Su questo teme il volume reca un contributo di studio non indifferente sia per la sofferta partecipazione dell'Autore sie per la documentata conoscen· za della materia. Pagg. XX-184 - L. 1 .500
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Pag. VII
IL POPOLO
Ricerche sulla partecipazione politica in Italia fra n 1963 e il 1965, l'lsti tuto Carto Cattaneo, dt Bologna - un centro di studà e ricer.che promosso dal Mulino - ha cendotto LIA vasto insieme d• ricerehe su alcuni aspetti della vita politica italiana, l cui risultati sono p....wbblicati nei cinque seguenti volumi.:
I. Il comportamento elettorale in Italia e curci dj Giorgio Galli ~ voliume da pp. 476. dl grande formato, rilegato. L 10.000
n. L'organizzazione partitica del PCI e della DC
e eu'8 di Gianfranco Poggi
Un wolume di pp 538. dì grande formato, rilegato. L 10.000
lii. L'attivista di partito e QM'a di FrancesctJ Alberonl
Uft volume di pp. 618. dJ grande fermato, rilegato. L t0.000
IV. La· presenza sociale del PCI e della DC (In preparazione)
V. Il PCI .e la DC nelle amministrazioni locali e in Parlamento (in pre"arazione)
·.
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L pr~mo, .dei cinque con-
gressi naz10nali del partito popolare italiano si svolse al teatro comunale di Bologna dal . 14 al 16 giugno 191~. a poclu mesi dalla fondazione ~el partito. Bologna, dopo sedici anni, da quel lont~no 19G3 che aveva visto l'ultima assise nazionale dei cat~O~ici organizzati nell'Opera oei congressi, ospitava nuova. ~ente un congresso di cattohci italiani. L'ultimo congresso dell'Opera aveva segnato !l punto d'arrivo di quello che era stato 1l movimento cattolico organizzato dopo l'unificazione nazionale; l'Opera dei congressi, pur con i suoi limiti -e con le sue contraddizioni 1nterne, aveva svolto un ruolo determinante in circa trenta anni di attività e di azione Politica sociale e rellgiosa, ma aveva fatto il suo tempo. Ora, nel giugno 1919, in quei Primt mesi del dopoguerra, co111 pesanti, cosi carichi di ~aghe attese rivoluzionàrie, lii speranze deluse, di stanchezza e Irritazione nelle masse Bologna accoglieva di ·nuo~o 1e forze dei militanti cattollci organiz~at~ in un partito po~ litico d1 tipo moderno, pienamente rispondente al nuovo clima e ai nuovi sistemi di lotta che stavano per istaurarsi e che la proporzionale elettorale avrebbe di lì a poco favorito. Un partito che nella !dea del suo fondatore doveva essere democratico, intransigente, aconfessionale. Bologna e.ccO'lse .i congressisti del giovane partito (che rappresentavano 700 sezioni delle 850 regolarmente costituite) con un aspetto irrequieto e tormentato, l'aspetto di una città ove era in atto uno sciopero generale, uno dei tanti che in quei mesi, vennero a rive~ lare il diffuso malessere del paese. Passavano per le strade di Bologna, in quella metà di giugn~ del 1919, cortei sventolanti la bandiera rossa m~ntre «negli alberghi semi~ c~msi », come ricorda Stefano ~.acini, i congressisti trovavano atica a « Procurarsi vitto e alloggio l>. Il dramma di questi uomii:ti, spesso sconosciuti oscuri comprimari dovett~ essere '. . anch e maggiore se si ~~nsi che essi Provenivano da ver~e. a volte travagliate r:Per~enze Politiche, legate al. g erra, alla storia stessa c:e1 movtmento cattollco . ' spes:so ' e agitat_a, carica di passioni s: polemiche. Questi uomini u~~17 an~ ora il compito di dare . fisionomia precisa a quel partito che I' . . uomini lib . appellC? a tutti gli abbo- zat eri e forti aveva solo senziali 0 nelle sue linee ese schematiche. I~MO og~ alla prima pro1 - disse Sturzo nella cui a sua relazione politica, riaffe Part~ centrale dedicò alla [aica rmaz1one ?ella ispi•razione to _ e ac;o~fe.S1S1onale del pairtisc molt~ ~ noi non Bi oonoseono, .altn s1 sono vi&ti solo dignati alla nostra mente nel Passato pro2simo o r:emoto <... ). Quante teorie oggi ammesse e sostenute da noi furono ierl o~getto di contrasto e di biasim~ ~ Cc"!le oggi é mutata la ~ore izione politica e sociale <le pa~se ! Come certi proble~i ieri.., J?OSti in primo piano T~~ 0 :g1. superati e risoluti! 0 si nfà e si rinnova nella ~~scienza collettiva. E il paese a Petta ql.!esta parola. nella n~~fa lo~ta. dei partiti ~vversl, c e d1ff1coltà Pratiche di n':~1~i~~are posizioni rese forFhto et dal lungo incontra~ omin.io c1i coalizioni c.1~nico. liberali, capitailistimenteo s~~ialiste, dopo il falli- ' nale e una politlca nazloca inc internazionale equivod1ttoria ~rta, , debole, contrad' nen avvento di classi
organizzate, nella trasformazione dell'economia politica, nella crisi fatale di ogni ordinamento che oggi vien meno alla sua ragion d'essere, anche 11 partito popolare italiano deve dire: ecco, son<> presente aU'appel/,o! ».
I delegati convenuti a Bologna portavano al primo congresso del partito popolare la loro esperienza vissuta in seno alle leghe bianche, nelle organizzazioni diocesane e parrocchiali del loro paesi, a contatto con i problemi di quei conta_dini, di quegli operai, di quegll ex combattenti che al partito popolare avevano guardato con la speranza e la fiducia di chi credeva nell'av• vento di una società nuova, cristianamente intesa. Era logico che costoro dovessero es~er~ l'elemento più attivo, Plu vivace ed anche più spregiudicato in seno al congresso; era logico che «beccassero » coloro che sembravano ignorare quelle esigenze e sembravano voler perpetuare 1 vecchi schemi del clerico-moderatismo instaurati nell'età g!olittiana. Ne uscì pertanto un congresso che superò spesso 1 limiti della vivacità, che ebbe momenti di tensione ed anche di confusione, di asprezze verbali, di intemperanze. Uomini come Miglloli, Cappi, Luigi Giorgio Colombo, Piccioni, Giannitelli, Speranzini, cocchi ed altri diedero al congre~o questo ritmo polemico e stimolante. Si attirarono addosso i biasimi e i rimbrotti di quella parte del partito che ncn poteva comprendere il
linguaggio. All'indomani della prima seduta, Paolo Mattei Gentili, sul Corriere d'Italia (il 'quotidiano cattolico romano che a suo tempo era stato tra. 1 maggiori fautori dei blocchi clerico - moderati) stigmatizzò severamente « Il contegno d1 alcuni giovani congressisti ll, aifermando che il congresso non poteva «permettere, a. costo di prendere severi provvedi.menti disciplinari», che 11 terreno fosse turbato « da esagerazioni verbali che appena potrebbero essere tollerate In pubblici comizi». UIDO Migilioli tu .tra i mag.
protagonisti queG- stogioricongresso. Ricoo di fandi
tasia di eloquenza, di un certo :taisci~o. conquistato a fianco dei suol contadini del Cremonese, nelle lotte del lavoro, nella sua battaglia contro la guerra, egli portò a Bologna la sua particolare concezione del partito, visto come partito del proletariato cristiano, con chiara fisionomia classista. Giunse a Bologna il terzo giorno del congresso, in quanto la sua iscrlzione al gruppo parlamentare del partito era ancora sub judice e aveva g:ià provocato un vivace Incidente nel corso delle prime battute congressuali. Avvertito telegraficamente delia sua ammissione, entrò in scena mentre era ln corso il dibattito sulla tattica che il partito avrebbe dovuto adottare nelle succet>sive elezioni politiche del l}ovembre 1919; dibattito che ebbe il maggior rilievo politico del congresso.
Per alcuni minuti Mlglioli non riusei a cominciare il suo discorso, tante erano le interruzioni e le apostrofi che si incrociavano, tanta l'elettricità che regnava nella sala. Nel suo discorso, egli esaminò la situazione reale del paese, affrontardo soprattutto il problema della responsabilità della guerra, escludendo ogni possibilità di collaborazione con i partiti che la guerra avevano .v oluto. «Di fronte ad essi - disse Miglioli - stanno l partiti giovani che sono immuni çlal passato di guerra, che anzl Il passato hanno visto in contrasto profondo con le loro aspirazioni di principio e di fede; e questi partiti, diciamolo francamente, non sono che due: il partito popolare cristiano e il partito ~oclalista l>. Portò p-Oi sul tappeto la necessità di decise e avanzate affermazioni pro~ grammatiche: «la nei:essltà dl perseguire il capitale mobiliare per potere, ~ttraverso non li sacrificio ma 11 dovere delle classi ricche, risanare un poco la situazione economica, perché chi non ha portato del sangue, deve portare del denaro». Attaccò poi 11 mil1tarismo, 11 capitalismo industriale, l'affarismo bancario che avevano sostenuto la guerra e dalla guerra avevano tratto vantaggi. « Io chiedo allora egli aggiunse - a quelli che sostengono la necessità di accordarsi con 1 par,t iti della borghesia, come sarà possibile l'accordo se domani dovremo apertamente, sulle piazze, sui giornali, in Parlamento inl:;ilare la battaglia contro questi poteri occulti che si sovrappongono allo stato e influiscono sulle stesse sue decisioni ». Frequenti le interruzioni e i l'attibe"chi durimte il discorso di Miglidli, specialmente quando più decisa aippariva la prospetciva classista che egli forniva del partito e quando più si sentiva la sua carica populista. « Noi - disse verso la fine del suo intervento - non veniamo dal detriti, dalle ruine di un mondo crollato, ma veniamo per rigenerare e riconquistare le masse popolari e spingerle all'avvento civile e cristiano dell'era nuova». L'impostazione di Miglioli e
del suoi amici non trovò naturalmente il consenso della maggioranza del congresso. Alcuni delegati ne furono seriamente spaventati. Prevalse la posizione più realistica, anche se ugualmente intransL gente di Luigi Sturzo, che del congresso seppe manovrare gli intricati fili con l'abilità. del politico consumato. Ma a Stur_ zo non sembrò dispiacere quel dibattito cosi animato, cosi ricco di impennate, di diverse tendenze. Il leader popolare vedeva infatti l'unità del partito in funzione dinamica., non statica e monolitica; temeva che sopprimendo la discussione, l'opinione, la tendenza diversa, si sopprimesse la vita stessa del partito. « Quest'oggi - disse Sturzo in un suo intervento - si è provocata una diversità di vedute e di affermazioni, si è provocata. una distinzione che sa un poco, diciamolo pure, di tempesta.. Questo ha rivelato la forza esuberante della nostra vita. all'inizio• della nostra. attività. E' una delle più consolanti cose che oggi si possono vedere, anche se per il primo momento esse banno dato luogo ad un poco di corruccio. Ma. esse sono segno di vitalità, un segno che la nostra. mentalità corrisponde alle esigenze della. nostra opera, per i sentimen~i di lealtà recipxoca che ci guida. nel susseguirsi della discussione>. L cong.res.so aveva., inoltre, adempiu<to i1l suo compito, perohè .aveva of~erto l'imm~ gine del nuovo partiti<>: U!l1 partito nel quaile aMa. maggiorM"lfl;&. di centro, imperniata. sulla figura e la personalità di Luigi Sturzo, si contrapponeva una. destra, che, pur cercando di appoggiarsi al centro, sembrava ansimare, perchè non reggeva n passo di fronte alle nuove esigenze che la guerra e il dopoguerra avevano creato, e perchè mancava ad essa .una precisa. convinzione politica sulla funzione e il ruolo che a.I popolarismo Sturzo intendeva dare. Vi era poi la sinistra, composta principalmente da giovani organizzatori cattolici, molto spesso ex a.ppairtenenti alla prima. democrazia cristiana. Questa sinistra dinamica e stimolante, anche se irruente impetuosa e rumorosa, avev~ assunto, in seno al congresso ed al partito, un ruolo ben preciso. Al congresoo di Bologna. e nei successivi tu lo stimolo, [1a spinta. ailQ'intemo del partito, e nel camPo sindaca<le, ~~termin? il superamentQ defirutivo deli'impost~one patemalisti co-carita·tiva dell'azione sociSlle dei caittolici. Occupò subito, in:somma, aiil'intemo del popdla.rismo w:a posizione chiaramente indiv1dualle, e se, nel primo congresso, la sua partecipazione fu tumultosa, cdl passaire del tempo maturò coscienza. della. sua posizione e :tu, in un cer.to senso, 11 più va.lido appoggio aJlila linea politioa sturzilllila. I gruppi dei giovani popo'liari, lasciate cadere Ie punte politicamente più dilS-Ordina.te e ideologicamente con!'llse, portairono, specie con l'avvento di Giureppe Donati e dei collaboratori del Domani d'Italia, qu1111i F.L. Ferrari, Luigi e Gerolamo Meda, in seno ail popo101rismo una viva sensibilità politica e democratica. Con essi il partito si arricchi di nuova linfa vitaJl.e; furono proprio questi giov8Jlli della sinistra popolllfre a dare l'appoggio più -v-aiJ.ido e ad essere l'elemento detennina.nte nelila lotta al clerico-fascismo e nelna opposizione che prima Sturzo e poi De Gasperi condussero al regime mussoliniano, per mantenere viva e in81literata l'ideologia e la natura del partito.
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Romolo Murri ela prima democrazia cristiana Prefazione di G1ovann, Spadol1r.i pagine XIV-234 //ire 2200
Il trauma dell'intervento 191511918
testi di A. Caracc10 o. R. Paci, 8 Vigezzi, P Melograni, G. de Rosa. G. Arfé, L Valianf, R. De Felice pagine 290/lire 1500
Vallecchi editore ·=·=·=·=·=·=·=·=·=·=·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:···:··::·:
Editrice STUDIUM Roma La Editrice Studium ha pubblicato alcune tra le più sianificatfre opere sulla storia del modmento cattolico e la nascita del partito popolare. Vengono segnalati qui i volumi di più ampio interesse. Gabriele De Rosa LA CRISI DELLO STATO LIBERALE IN ITALIA II
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pp. 176, L. 500
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LE TAPPE DI UN FERMO IMPEGNO
Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia l'opera piu importante sul modernismo italiano in una nuova ed1z1one accresciuta e aggiornata. Dello stesso autore:
Coscienza re lig ios~ e clemocrazia nell'Italia contemporanea presupposti religiosi e culturali, le caratteristiche e I limiti dell 'esperienza politica dei cattolici italiani.
il Mulino ·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·:·
di vit.a civile e ragione anch'essa anta.gon.!sta di lotta - si mettano a paro degli altri pa..titi nella vita nazionale, non come unici depositari della religione o come ar· ma.ta. pennanente delle a.utor1tà religiose, che scendono in guerra guerreggiata. ma come ra.ppresen· tanti di una tendenza popolare na. zlonale nello sviluppo del viver e.i· vile, ohe vuolsl lm~gna.to, anlma.to da quel principi! morali e
socia.I! che deriva.no da.Ila civiltà cristiana, come Informatrice pe· renne e dinamica. della coscienza privata e pubblica ... Qua.lunque possano essere 1 cri· teri prr..;tmt!, le mire. le finalità, !a.vorevohl o a.vverse. e de, resto tutte vaghe, imprecise e mdeter· mina.te, la questione roma.na, IU>· che nella Ipotesi Ua. più raz1c nale> della formazione di un partlto ce.ttol!co che, come partito
politico, se ne disintaressi, rlm&rrà per i cattolici di qualsiasi tendenu. anzi per gl'italian! tutti, favorevoli e avversari. come un necessario punto di arrivo di un cammtno a not Ignoto: come un necessario svOlg!mento di una potenzialità insita nell'aruma italiana.: come un necessalio punto di pr.:tenza di nuova gra.ndeaa morale, nell'Europa dell'avvenire. Oggi noi non possiamo fa.re più
Solo oggi, dopo tanto oscillare, dopo una serie di eventi or lieti or tristi, dOP<> avere percorso la. faticosa via del progresso &em· pre a.ila coda del movimento, facendo anche la !unzione di resi· stenza anziché di spinta, solo oggi possiamo dire di a.vere la. possi· billtl\ di porre anche per noi il problema nazionale, come una sintesi di tutti i problemi del vivere civile, dal politico al religioso, dall'economico al socia.le, de.ll'educa.tlvo allo scientifico, in ordine alla vite.lltà presente e al progresso della civiltà... Ora, quando a.!!enno che 1 ca.tr tollci debbono anch'essi, come un nucleo di uomini di un idea.le e cli una vitalità specifica, proporsi il problema nazionale, che fra gli altri problemi involve in sintesi anche il religioso, io suppongo i cattolici come ta.li, non come una congregazione religiosa, che pro· pugna da sé un tenore di vita spirituale, né come l'autorità re· llglosa che guida la società ctei fedeli, ne come la turba dei fe· del! che partecipa attivamente e passiva.mente a.Ile elevazioni e al combattimenti di vita spirituale, né come un pa.rtito clericale che difende i diritti storici della chiesa, in quanto vita.lltà wnana di diverso ordine e di ragione con· creta. specifica: ma come una ra· gione dt vlta civile Informata al prlnclpli crtsttan.t nella morale pub· bllca, nella ragione soctologtca, nello 1Vtluppo del pensiero fecondatore, nel concreto della vita politica ... Ora. io &timo che sia giunto U
momento (tardi !orse, a.ll'uopo, ma non ma.i tardi per l'Inizio di essil che i ca.ttolici, staccandosi da.Ile !onne cti una concezione pu~a. clerioa.le, che del pa.ssa.to storico formava un'insegna di vita e del presente una posizA.one antagonista di lo• .a - e s Uuppandosi dal· la concezione univoca della reli· g!one. che non solo era primo logico e ultimo finale, ma insegna
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MILANO Appena conchluso l'armtstt· zio, Luigi Sturzo fu Invitato a tenere a Mllano un discorso su « I problemi del dopoguer· pronunra ». IL discorso ciato il 17 novembre 1918 diede luogo ad un seguito glornallmco di lettere e interviste e portò a quelll'l riunione di amici In Roma, In cui st concreta l'Idea della fondazione àel partito. Ripor· tlamo li pas&o che tratta dei rapporti tra Stato moderno e libertà. ... Farà meraviglia certo, a &piriti superficiali e al liberali dello stampo cla~sico, sentire che oggi il problema. più significativo e Z' cle· mento di contra&to st basa sopra una ragione di llbertà. E non é certo di una liberto formale ed esteriore che intendo parlare, ma di una lt1'ertc1 intima e sostanziale, che pervade e informa tutto il cor· po sociale. Col crollo della Germania al t rivelato nella sua profonda erbi L'assurdo pratico della concezione pantelsttca dello stato, che tutto sottopone alla su.a forza ll mondo tnterno ed esterno, l'uomo e la sua ragione d'essere, le forte sociali e t rapporti umani; nella dei· ficazione dt una forza e di un po· tere asaoluto, so&tituito alle grandi ragtont di giustizia e alle grandi finalità dello spirito.
ROMA
Pietro Scoppola
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• un a ragione di vita civile
CALTA GIRONE Il 24 dicembre 1905, pochi mesi dopo la sua nomina a prosindaco dt Caltagirone e la sua elezione a consigliere provinciale di Catania, don Sturzo pronuncio nella sua ctttà natale un discorso, che - come ha scritto Gabriele De Rosa - « é da constde· rarsl... la vera autentica premessa culturale e tdeologlca del futuro partito nazionale di cattolici ». Ne rtnorttamo alcuni passi signtflcattvt:
Il qJLlnto ed ulttmo congrea. so del Partito popolare st ten30 giugno ne a .Roma dal 28 1925. Sturto al trovava già in eailio a Londra e De Gasperl era stato eletto segretario del partito solo un meJe prima: tenne una relazione in cui si denunciavano a chiare lettere i pericoli del fascl&mo, dive· nuto ormai già dittatura dopo Z'asl!aaslnto di Matteotti. La polizia cominciò poi a perse· guttare I popolari e il 14 dicembre 1925 De Gaspert fu costretto a dimettersi da se· gretarto del partito. Si rlttrò e si nascose a Trento, ma I fascisti lo trovarono e !o portarono a Vicenza per una bur· la di proceuo. Fu costretto a tornare a Roma. Tenta di espatriare, ma glielo lmpedl· rono. Lo arrestarono il 28 marzo 1927 e lo procèssarono per espatrio clandestino: fu condannato a quattro anni di reclusioni t a tJentl mila lire dt multa. PlLbblichlamo di aegutto alcuni passi della rela· alone da lui svolta il 2B giugno 1925.
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... Ma l'antitesi maggiore col !asciamo rtruarda la concezione dello stato e la libertà. Qualche cat· tollco coll&ba.azlonlsta. a oltranza ha tentato In questi giornl di far credere che oueste llnee teoretiche
1 Tale concezione panteWica t ve· netrata, dove p!fl dove meno, tn tutte le nazioni civili a ba5e ltbe· raie e democratica e nel pensiero prevalente della filoso /la del dirlt· to pubbltco: e quelle che hanno maggiormente contrastato le flna· lttà religiose della chiesa, hanno 1ostitulto, nella negll.tltone dt ogni problema spirituale collettivo, una nuova religione laica, quella dello stato sot,rano assoluto, foraa do· minatrice e vlncolatrlce, norma e legge morale, potere incoercibile, sintest unica di t'Olontà collettiva . E' evidente che doveva trovarsi una ragione ultima di questo pote· re dello stato; e mancando al !ateismo polttlco la visione 111 Dlo, ha trovato nella parola popolo la glusttfl<:a:!ione di un potere, elle oggi il popolo rivendica, poiché ne aente i t'lncoli, che in gran parte adl!eblta al dominio della classe borghese; confondendo cosi quel che natura pone da quel che t at· tucutone pratica attraeerso la real· td della vita, e quel che Il elemen· to di elaborll.2ione t dt llpeclflcazione del dinamismo sociale. Certo, il complesso della vita tconomlca e polttlca dt una natio· ne trklderna è cosi denso di relaelo· nl ' di sviluppi, ha tali enormi compiti nel progredire delle ragioni sociali, che nuovi vincoli crea, m•ntre nuovi utili servii! pl'eata:
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difficili onde nuovi organismi e pi1~ srilup. pati sì impongono, leggi più com· plicate e ordinamenti moltcpllct si creano, pari al ritmo della vita mol· tlplicantesl come onde che s! accavallano e si dissolrono nella tem· pesta dell'attività collettiva. Pero, mentre ogni nuovo sviluppo di t'i· ta crea vincoli di relazione, tende per Questo alla liberazione dt miserie e di deficienze morall o tn· tellettuali, politicll e o economiche, tecondo la natura specifica dt eta· $cun movimento; cosi è nel giusto ritmo della vita sociale mantenere l'equilibrio tra lo sviluppo della personalitd tndil'idua!e e quello del· la ragione collettiva, perch~ ogni t'lncolo portt una elevazione, e ognt elevazione conqutstt una zt. bertd. Non vorrei essere oscuro: l'elemento familiare dà 11 più lu· mlnoso esempio al mio dire: l'no· mo che si unisce ad una donna net sacro t'tncolo della societd matrimoniale perde una parte della siLa Libertà inclirtduale e accetta le leg• gl e I patti coniugali at fini spe· ci/ici: ma insieme passa tn una condizione di liberazione dalle ~a gioni di inferiorità quale P.ra per lui la I.lita del cettbe rnel sen10 naturale della parola, a parte ogni concezione di abnegazione crl!tia· na), ottenendo l'aiuto della donna al fini naturali, nel mutuo amore, nella Jtltaa:tone, per la conttnuttà
la questione del potere temporale, cosi e semplicemente come un ritorno al passato, a.ilo :;tesso modo che non la potevano fa.re 1 cattolici del secolo Xl V, quanao la trasformazione del diritto lm.ernazlona.le europeo andò creando U diritto pubbllco civile. nella d1st1nzloM del due poteri e del diritto rellgloso della chiesa da quei diritti e poteri che la chiesa ebbe, come centro dl vita civile e poll· tlca europea, flno alla cattività di A vlgnone e allo scisma d1 occidente: e pure anche e.llora La società progrediva. e la chiesa ai rinvigoriva, spoglla.ndosl del bagaglio dei diritti medloeva11. che nelle forme concrete non •tspondeva.no più ai bisogni dei tempi.•• E' chiaro che un quats1a..1 partito nazionale di cattolici avrà ù diritto e U dovere di inrervemre negli a.tteggla.mentl che U governo piglia verso la chiesa. come m· tervlene nelle altre nazioni. sostenendo quel pnnclp11 e quel diritti della religione e dell 'a.nima cn· stla.na del popolo, che formano la <l&ratteristica dei partiti cattollci modem! in tutte le .1azion1, senza es.sere mal un partito cle·1cB.1e, cioè un· emanazione di chiesa. E ribadisco questo concerto. gtà espresso. con la considerazione che altrimenti un partito naz.tonale pa-lamentare di cattolici non potrebbe sussistere. né U papa vorreb.be affatto le ripercus.sioni di una attività lBJ.ca, clvlle, pol!tica, ispl· rata sia pure a p;inoipll rellgjo-;1; né un tale partito potrebbP rappresenta.re mal 11 potere ecclesiastico, di cui i>.sso diverrebbe una specie di gerente :-esponsabile. In questi termini. che r!Spondono a.I comune sentire dei cattolici. oltre che alla logica, 1a pr&gludlZ!a.le delle condizioni ponti· fiele è superata senza che ne il diritto, sia pure il trar.llzlonala esterno oltre il puro religioso, venga pregiudicato, e senza che esso diritto possa implicare una posizione antaaonist!ca del ca.ttollci alla vita nazlona.le e una ~ slz1one di combattimento contro J& unità della patria per un rltor· no al passato ... E' logico a.dunque affermare che il neo-partito ca.ttolico dovrè avere un contenuto necessariamente democratico . socie,le, ispirato a.i princlp!l crlstia.ni: fuori di questi tennini, non avrà mal il èfir!tto a una. vita. propria: esso diverrà una appendice del partito mOderato.
del dopoguerra della specie. E tale lfberaztone ed Insieme elevazione determma In lui, con t nuovt doveri e dtrtttt, l'acquisto di libertà sociali, clo!l la possibilità di conquistare i flnt della nuova società con atti di propria volontà e sotto la propria ra· glo11e personale. Della stessa libertà, tn ordln• spiritualmente ptù elevato, parla· va san Paolo quando, predtcanao il crbttaneslmo, mèntre annunilava la legge di Cristo, che è abnega. zlone e mortificazione dt sen5i, che è giustlz:la e rispetto all'altrui per· sonalità, proclamava la liberazione da una società Inferiore, la società del peccato, e annunziava la ltber· td det ftglluolt di Dto: una Libertà psicologica rtnnomtrlctJ e vivi/tea· trice, nel vincolo di nuol!a società cui st appartiene liberamente, la soc!etd cristiana. Cosi è in tutto lo sviluppo della t'lta sociale, da quella domestica a quella na.210· nale, da queste a tutte le forme di libere unioni: la raglon11 &ociale è insita all'uomo, come ragione ape· et/tea della sua esistenza: e ogni novello vincolo che egli accetta o persegue per la sua elevazione e il suo mtgltoramento <e perctò rtspondente alle sue finalità natura. li) ~ nuovo austzto a superare ie stesso e le proprie deficienze, • nuoi-o met:i:o per la llbera111one da mali che &I fuggono per bent che
11 vogllono raggiungere: é Insom-
ma u11 elemento d1 lJbertà orga. ntca. Ma quando L'organismo, perdendo le sue finalità liberatrici, si trasmuta in tirannia personale e collettiva, in forza di inerzia, in ele• mento di contrasti ai ptu elevati sviluppi, tn ragione dt predomtnto, in mezzo di sopraffazione: ìn una parola quando I! rotto l'equtltlmo tra la ragione sociale, cn.e Il vincolo, e la liberaztone subbtettiia, che d il raggiungimento del bene personale Inteso e goduto: allor11 alla libertà. diviene antagonl&tico tt i•incolo sociale, che per ciò stes10 deve essere ridotto al!' equtltbrto ovvero spezzato e Infranto. Ebbene, questo dtsqutltbrto tra il l'fncolo statale e la ltberta tnd1Vlduale, nel godimento e raggiun· gtmento del beni comunt, oggi e' 6 ed é grande; ed è acuito da tutte le crisi che son precedute, ·ed 6 reso visibile e forte dai fenomeni della guerra, ed ha la sua ragton d'essere nella concezione statal11 assoluta e pl'lnteisttca. e· è l'inversione del termtni: mentre Il vin.colo sociale deve servire alla elet·azione personale dt ciascun associato, nella conceetone statale liberale lo stato diviene come fine ultimo di ognt atttvttà degli asso· clatl, Legge a ae stesso, principio di ogni altra ragione collettiva.
De Gas peri denuncia la dittatura
e pratiche del tuc1smo r&ppreaentlno se1npllcementé un contruto col principi e colla. pratica del 11berallamo rlaSlllco e che perciò ates. so non contto.ddlcano N>atanzlalmente ai ncatri concetti fonda.men· tal!. Ma è indiscutibile Invece che Clllle cor,trast.a.no t\enwnente col concetto di atato cr!sti&no, E' bensl vero che i popolari come altri par· tit1 a fondo cattolico In diversi paesi, aono !orti a combattere 11 lnlclsrno e l'atoml.smo dello Stato ltberule e 11 pe.ntelamo dello Stato democra.tlco, ma 1 cattolici com• battono anche Il concetto assoluto della nazione deificata.. Per noi, prima dello Stato esistono i diritti naturali della. personalità umana, drlh famiglia., della. 11ocietà urna· na, della Quale lo Stato non é che la orgnn lztazlone politica.. l'er noi lo Stato non è la libertà, non è al disopra. della libertà, ma la rlco· nosce e ne coordina. 1·uao. Cosi tu ~1~ 11ffermato a. Torino. Ma, t. pa.r!e ogni contra.sto di ten denze., at& àl fatto che nelle condltlonl at· tuall della società. la pace sociale non è raggiunglblle senza 11 rlapét· to di alcune Ubertà clvil1 fonda.mentali che vennero garantite nelle costituzioni moderne è che I cattolici ore.mal. organizzandosi In
pllttltt politici, difendono non solo perchè con ciò difendono ànche le libertà re11ilose, ma perchè le conalderano oramai, nelle attuali condizioni. norme lndlspensabll1 di tolleranza civile. Il contrasto quindi non è fra fascl~mo e llberallstno, come scuola e metodo transeun e, ma tra 11 faaclsmo ed alcune etlgem1e fondamentali della m· ..11.nl?.zatione po11tlca. moder!'la.. E' Insomma 11 contrasto fra lo « Stato di diritt.-0 », quale ~i e B\ !I 11pp11to nelle costituzioni moderne " 11 vrcchio « Stato di po11zla ,,, che t!lnta ora. dl ricomparire 'otto mutate spoglie. A sviluppare lo « Stato di diritto » hanno contribuito tutte le scuole e tutti i pa:'tltl, e sovra tutto la trasformazione del rapporti sociali che portò a nuovi ordinamenti demo· erati cl. Ricordate che in molti paèsl le leRil fondamenta.li sulle llbertii. civili. sulle Ubertà sindacale , sul bu!fra.glo universale debbono la lo· ro nascita o 11 loro svlluppo alla. opera di partiti a fondo cristiano e non dimenticate che gli statuti democratici dei nuovi stati del dopcguerra furono elabora.ti e votati a. Weimar come a Vienna, a Prava comi' a Belgrado e Varsavia con
la cooperazione anche decisiva dél cattolici. E' In questa tradizione che "' inserisce il partito popolàre ltal!anu. Non è Quindi un duello tra Il llbera.lliSmo e 11 nazlonal·fMcl· smo, al quale noi dovrPmmo aBSl• stere come spettatori neutrali e disinteressati: rna. 1 colpi sono di· retti contro comuni garanllle di politica lìbertà ed una comune opera. di tolleranza. civile la qUàle si dimostra più che me.i lndlspen· sa.bile per ln pace socia.le. Io penso r.he Ala appunto questa nostra concezione Integrale del contrasto, quèsto allargamento del fronte. per cui al fascismo è tolto l'Mpetto relativamente Innocuo del superamento di una classe pcHUc:a che cl rende ai suol occhi particolarmente odia.ti. Sull'Inizio della campa.gna. elettorale gli attacchi più feroci furono diretti con· tro di noi. De Gaspsrt cosi con• eludeva la sua relazione: « Ma questo congresso dev'e re so· prattutto un atto Cli fede nella verità. a nell'irresistibile e!tlca· eia di QUell'idea tondatnentale, che gll viene dalla iaplrazlone <lrl· stlana, dall'Idea. cioè della !rater· nltà è della giustizia. sociale. Che cosa gioverebbe tutto 11 re-
sto, se a chi soffre lng!ustlzla o violenza e a chi si Sf'nte tortcg· glato nel· suoi diritti non sapesi.imo ripetere la parola che deri· va dal precetto essen;i;lale del crl· stlaneslmo? Cosi con aual diritto cl vanteremmo d'Ispirarci ancho nella vita pubbllca al comanda.menti del Cristo se nella prescnt'3 situazione non sènt1ssimo il dovere di levare la. voce per l'amore, per la carità, per la glustlz;la ·1 Il partito popolare. se oggi tacesse e sfuggisse con formule f'quivoche al contra~to che i> nell11 d,,+. trina e nella pratica politica, avreb. be perduto per sempre I tltoll delle. eua. caratteristica. No! vogliamo la pace e l'ordine, ma l'ordine che nasce dalla giustizia. Il timore non è ordine, dice 11an Tommaso, ma un puro fatto materinle. Il vero ordine sl ha solo se e"SO deriva dall'amore. E' questo 11 più profondo slgnlflca.to délla parola pace in senso cristiano ed è questo il precetto fondamentalé che deve Ispirare le. politica. a sensi di fraternità e dl giustizia. Ecco. amici, Il nostro compito. la nùstra dura hattaglla Non la ,! può evitare senza venir accusati r' l ,.,.,ntpmporane! e dalla storia di diserzlone. 0
IL POPOLO -
Pag. IX
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Per la libertà ~·· Do:n. Luigi' Sturzo è il primo
de, politici europei ad individuare nel fascismo italiano l'indice di un più va.st,o fenomeno di reazioz:e politica serpeggiante in tutta 1 Europa come conseguenza delle sofferenze della guerra e della susse~uente. c;ìsi economica e degli od! la&e1at1 dai trattatj di pace ~he la miopia delle maggiori dell'Intesa aveva. dissemina· to~ea. piene mani, Oon l'evperl enza italiana e con 1a chiara~ visione del futuro si di r ichiamare ' con storzierè. poi . 0ngnti 1 mezzo, l'attenzione del goveran e dei democratici di ogni ~fese Sui pericoli della situazione oui prevede lo sbocco in un~ SE'Conda. guerra mondiale. Si rlvol. gerà. in particola.re ai cattolici e non mancherà di esprimere il suo dissenso con quanti di essi si lasceranno suggestionare dai miti della forza e de1 nazionalismo. La s':1a. condanna contro l'uso della violenza anche per difendere la li· bertà della Chiesa è recisa . e in un dibattito internazionale: l~vo c.herà, a favore della sua tesi, 1,insegn.amen~o degli apostoll e l esempio de1 primi tre secoli in cui la Chiesa visse sotto la persecuzione. ma mai ricorse alla violenza.
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quanti si illudevano che il fa· sc.ismo fosse una reazione alle spe. c.lall 001:1-dizionl ambientali dell'ltalta destinata a risolversi nel rlstabll1mento della normalità costituzionale, don Sturzo replicò: «E' anun1sslblle che uno sforzo politi· cc, caratterizzato da una precon· cetta violazione delle Ubertà clviii e politiche, che tende a sottoporre al potere esecutivo, sia quello le·
glslativo che quello giudiziario; che una deformazione etico-psico· logica che ammette come legittima la violenza privata e giustifica i diritti di parte per "fini nazionali"; che un partito che mantiene la sua autori~ e il suo domi· ilio con una speciale milizia armata; insomma che un misto di :fazione e di autocrazia, cli oligarchia e <;ii dittatura, sbocchi. da sé, come processo logico e storico, per sua. intima forza, in un sistema di legautà, di mora.lltà, di libertà? Ma in qu9ile fase della storia dei popoli è ciò avvenuto? ». contro 1 difensori del reg1me, i qual1 afferma.vano che « 1l governo fascista l'la. fatto del bènè 61 paese e altro potrà fame », egli rispondeva con dignità di uomo libero: « Amo la libertà. più della. ricchezza: amo la libertà plù dei piaceri; amo la libertà piu del potere; amo la libertà piu della vita ». E ag~lungeva, profeti· camente : « La storia dirà di quanti mali politici ed economici è stato cagione un regime di eé· cezlone ». « Per noi - conclude don Sturzo - l'attua.le batta.glia per la libertà è come un secondo Risor· fimento: ha le sue fasi e le sue difficoltà, e avrà ll suo epi· logo: non sappiamo qua.ndo né come, ma a.bbiamo fede ohe lo avrà; non può mancare e l'epilogo sarà la rloonqui$ta della li· bertà ». Qufl.'lta fede IO 1mrreg11erà. nei dolorosi e lun&'hi anni dèl· , l'es111o.
Mario Scelba In: Luigi Stur;i:o • Sa1ie-i e testlmo. niante, Edl.ziòni Civitas, 1980,
pag. 47.
Politica .' e vertta
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L'apparizione del Partito Pop(). lal'è nella vita pubr:>Zica Italiana fu
un /atto tmportante per aver dato alle for~e cattoltche personalttà polttka naztonale. Sino ad allora l'intervento dei cattollct éome tali nelle lotte elettorali, e quindi nei consigli comuMlf e provinctalt e fin nel Parlamento, era stato un tutto a carattere locale e {Jer di p!tt aveva varia colorUura 'IJ'tO· grammatica In ciascun luogo, a seconda delle tendenze del ma.11Diotenti. Anche se tale traclorlària e contingente attil!tt& convergeva sulle grantU lfnee dt un orientamento generale, noii poteva p!ù tispondere alle estgenze di una democrazlà che, con l'intrOduzto· ne del sut/ragto uniVer!ale, f'Oteva ben dtrst uactta dalla minore ett.t. ln que$to campo, Luig! Stttrzo ebbe una visione che prèéorse i tempt. Basta aprire tt volume del suoi Discorsi politici f Roma, 1951), per rendersi conto che egli aveva piena coscienza del momen· to na.o:ionale ed trtternazlonate ci 3t trova.rJa, non lo st dimentf· cht, appena fuori dalla prima guer· ra mondtale - e deglt soopt .par t quatt ti Pllrttt6 era 1tato fondato. Ben noto t !'11 Appello al liberi e !orti >l con cut t? ParUto entrò nella lotta. Ma non lo t altret· tanto la reltl.!tone al prtmo Con• orsaso. dalla q'll4le, appena cinque meai dopo la cosUtu•ion$ del Par· tlto, emergono tutto un ptano orgnnlizattvo, un metodo ed un.i trztttca. E nemmctno sono noti quanto converrebbe a.li.a preparaelon; po· degli italtant glt altri dlacor· at della raccolta, i quali passano sn ra.saegM - talvolta. co11 veduta panoramica, tal altra col!'appro· Jondtmento di una tratta~iotU '4Pe· tJjffoa - i problemi Jondamentalt della vtta ncatonale net suoi vari O.s1)ettt. C' t quello IUl!a crtd èCO· tiomtca, pronuncta.to a Mila.no ti 1. ottobre del 1920, che mertto l'elogto dii ftctle di 'V ti/redo f'(J,. reto. C'è quello del 2Z maggio 1921 ali' Augu8teo di lioma, 3uzta crut (lei Parla.mento; t;Uèllo su! rfnnot>r.imento dello Stato, tenuto t:lla l'ergola di Firenl:e H 18 oennato 1922; quèllo del 20 dicembre dello steuo anno, a Torino, che tratt1ndo inctstvamente tt tema. « llt· voluzione e Ricostruzione», mandò in bestia il dlttatorè i è l'altro del 1? aprile 1923 su « La tun1tlDne storica del Partito Popolare Jtall.a1zo », apostrofato da Mussolini co· mc il dl.scorso di un némico. Tutti, nono6to.nte il motivo con-ttngente da cui ebbero ia.r;tra.ctone, ~volgono un penaiero eh• supera la loro occasionalita e oon/11t'tace loro, per moltt aspetti, una 4t· tualltà eh• permane ancora og~. Tanto vtt>a, che t 1uoi temt 11.annò aZjmentato la polèmtca quotlrI'ilJna tnidata da Stur110 pochi mesi do· vo u suo ritorno 4all'èst1to é S~· stenuta ini nterrottamente, con v i· vacità giovantze, dno alta t>tgtlta della morte. Polemica che non risparmiò nessuno, polch.è egU non tJedeva ao non un tnteresae, quello della patria, e non uaava che una àrtna ma la ptù tagltente ~ quella della veritlì. Lo •i .potr~Obe d1Jfintre un « politico dellll v11t'i· tà ». in uno dei suoi ;tlttmt articoli · egli poteva senta ealtai'tol'ié dichiarare di non aver mai detto, tittnsno volontarlamente, • cloé rfndsndosens conto, nulla ohe Mn Jossè la pura verità.
zmoa
No ~1 fascismo • .... Oggt non ~ il tempo · delle spect/tcaztont sottili, delle sctasiont e delle molttplica.tfoni di fortnà. eion! politiche, chiuse in sé ste.~se ed avverse, separate da fragili diafra~~it. ideologici, sos.pese al filo sottil~ssimo di apriorismi e di astratttstnt vuoti dt contenuto pohttco. Oggt per vincere il disortenfamento e l'aberrazione degli spirltt, per superare e svellere la dittatu~a e la reazione, v'è d'uopo di v~sti concentramenti di consensi, di propostti, di atttvltd. Il termine di polarizzazione è la democrazia ohe vuoi d~re libertd e giustizia. Se essa sara - come può e come deve - permeata dallo spirito del cristianesimo ciò vorrà dire una più alt.a conquista dei tem.pi e il frutto di una così lunga esplazio· ne. La libert& e la giustizia si :iubltmeranno allora veramentè nella carità cristiana. Ma non straniamoci da questo erompente émpito di democrazia che scuote il cuore del popolo, e che domant al tradurrà in torme ed tn opere di vita civile. Non maochtamoct tiella colpa di véder nnaacere « la democrazia mòder· r.a » laica ed anticlericale. L'opposizione popola.re è frltal· mente destinata a svolgersi sécon· do questa corrente ideale e pratica.. Nél Paese at puo dire ~ gìà cosi; la comunan~a della oppressione è della persecuzione che sco:Pre e rivela nittdamentè la prof oMltd e la stnceritd della 1 d reclpro e e ca, òpera come elemento di Qffratellamento ?ton solo nella 6 ventura mct pure t!tlla speranza e nell'atttvtttL tfella. rinascita. Mol·
DONATI: ba1t!.~1f:0P~°.'.? >) tu l'orgaM di smo oost j>V1ltlca del popo!ariConires.s ct>me ~1 qualificò al 0 d1 'I'orLno del '2·3, Mprl! !le ~ione dé<l pensiero della pJ't'l:~?~ politica del pa.rtito. nu g1 Sturzo a volere il chi°vo quotidiano popolare e a lltl1a.re Giuseppe Donati liii· 1b~· ~ua direzione. Secondo Ga· t '1 6 e De Rosa., « il Donati fu •ll'lperamento di giorna.lista, pole~lsta dd. vàgllia e scrittore t>olltico 11.cuto, a.ntifaS1Cista autentko, alleno daùle manovre catnprotnlssorie >l. Ainohe quan· d·0 Sturzo si dilt'lìse dalla se· ireterla del partito, contirtiuò a guidare « Il l'Clpolo >>. a ispi· ra~lo. La maggior parte degli editoriali era.no 11 frutto di lavoro ~i una équipe affiMata. Nel p.rimo numero del giornale &~arso il 5 apri•le 1923, cosi f(1Useppe Donati illustra"Và le .nt ee p rogrammatiche qel par· t 1 o popola.re:
..
Q~esto giornate sorge dallc1 per· •uaaione la quale fu stimolo ~! promotori di esso _ cht le gior:i di . essere, la funzione, la capacitd lit flviluppo del 'P.P.I. ~on sempre sono state sufftcten:a~18nte .compreae, dagli altri e 1 nostri; e che, per chtadrle e 0pportuna una campagna di penller~, . d~ 1>tvo commento alla at· tualita, di discussione libera e strena. Not /aretno questa campii~na ... Il PPI non è un calcolo di utile privato o collettivo, e non
te dtffl.denze, moltt pregtudlzl pfo· colt e settari cadono: là vtui 1;o!t· tica si l'lduce a ciò che di essen~iale, di perenne, di vitale v'hà in essa. Nel parlamento, t! matit· rare ed i l precipitare degzt eventi avranno ragione delle• ultime t itubanze e degli ultimi ti mori. IZ movbn1mto poztttco ~pola1'è 11on ~ ùn'eJfimera ed 11.rti/tciosa tòatruitone del d.opoguerra, come alcuni mostrano ancora di ritCM· re: é fl pr6dotto dt unà tmma· tiente estgetu:a dello spirito moderno, ttt conciliare, di armonit· tare la eoscten.e:a religtosa del cat· toltao, con la co11cienea ttemocrattca del cttta(f.tno; il :POPOlarìsmo -· o la éiemocra.ata ortsttana - è la !inte!t, /Orse non perfetta, ma certo per/etttbtle di que11tt due termini, dt questi duè da.tt dllllo. Cò· scienza moderna. Nella rinascita detta democra.ia - eh.e rton pub essete &e non anttftiSCi6ta - esco non può essere tagliato fuori: ne è, ne tle1>e cotttt .u ir" un elemento •ostan:!Ulle ziro· Pulsivo ~ poùir~zatore di primissimo ordine. Se questo comptutametite nan Hntono tutti i capi del partito, questo aT>vertono lucidamente • ormai trrefrenabllmente le ma&se popolari, net loro &empltce e sano istinto politico. Del resto glt avvenimenti di tanto più fortt delle intenztont degli uomint ....,. si inGaricheranno dt ch1arire a tuttl la necessit(I; e ta provvtde1i11!alltà dt ttile abocco alla opposi;done popolare.
Attlltò Piccioni
1n: La Ri1Jl'JlW1io11e Ltbeto.le, ill'U\O III, 19:U.
Umbel'tO Tuplnl i.ut~ Sturze • Srzgut e ttattmònianze, Edizioni Oivita.S. l~O. pag. 217.
•• . Anche l'antica Democrazia CrtstianA poneva a fondamento della sua. &ttività l'ispirazione eri~tiana., cioè il richiamo al valore perenne, etico e sociale del cristianesimo, idea be.se di una vera demooru1a, sola prBnZla della libertà fl ·della 111usttzia che sono va.lori 11pirituali prima. di essere espressioni politiche o economi· che. E, conseiUente a questa l!Pi· rt.zione, che era Intesa veramente come un'idea forza, l'antica Democrazia. Cristiana non poteva non eohierarsl déc!Mmente a fianco delle cltMi lavoratrici, nelle quali e~sa. identificava i gruppi socinli Più dl~rédati cM reclamavanò a bl.10%1 (lirltto una. tna&~lore giusti· z1à. E la sua. ooinprenslone delle
«
~06ru1a
».
Ogni vo!tà ohe si rievocava la cristiana. », I f>01JO..· zart ricordavano con entusta.smo le . prtme battagzte di!! cattoltct tn campo politico, tempi di grande fede è dt una aenuo~a atttvttà che, cp.oh~ ae non cQronaUt da 11ucce810, aveva rivelato arditi ptontert del ;Pensiero e aell'aatone. Queatl ricordi /eaaro lnftne propendere i popof.arl - nonostante
« demoora.tia
I dirigenti del P* P. I. ·nel 1925
Il quinto ed ultlmo con· or11111 citi ,artlto Popolare ( ROl'nt 1925) confermò I écln1lsill1rl nu;lonali eletti
nel prec•dente c:ongrèno di Torino d•I 1923. 15asl erano:
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Sturao, Albtrtl, Bl1nc:o, C:am· pllll, C11ndolh1I, Cippi, C•· stelluccl 1 Chh'l, Colonnettl, Dal Gtudlc•, Plerraue, G11I· h!tto, CJt1t1lll1 Muehtt1, Mntt•tril, Mlgliorl, No'fi Sca11nl,
Plcelonl, Rulfo della Sc:al•t· te, Segni, $m11ragll1, Sp1t•• ro, V1ltnte, Zoll. Ptt la ml• nor1nta: C1n1l1ttl, Canor'll· ci, Ceccot1I, fttrral'l, Muc:hi,
Qul!l'tllo. fler I pular'11trltl· rl: D• Ouperl, C'11ppa, Cln· ool1rit, Gr1ndl, Merlh1, LOn· jfinotìl, lodlnò, Crlapolti, So· derlni e Montresor.
ti loro attaccamento àl PPI, nel cui nome avevo.no combattuto la battaglia per la libertà - per la d.enomlnaztone « Democtr.u:ia Cri· .mana-». Essa era bene accetta an· eh.e di gtovanl, desiderosi di In· nova110111, tanto più che eui ave· vano mantfestato qualche rt&ervà ctrcrz Z'a1done del popolari: non riu5ct1>anò a comprentt.ere - dice11à710 come !l partito avesse potuto soçcombere dinan2t o.l ra· 1ctsmo né erano tncltnt a rièòl1oscere tt valore delta protesta aventtntana. DI CJasperl, ne!la atsou!lslone sulla scelta della d.enominaeiol'le, disao: «Ci sono gtà la "Democrazia Ltberlll6" e la ''Democra.tia del Lavoro", torse rftipparlrl\ anche la. "Demòcro.ala Sociale" o la ••social·Democra.tfa" di PrampOli· nt det 1.924; è l~co che noi rfprendtllmo it primo nome, che mi risulta 1arà accolto con favore primo tuttt t slmpatia2ànti ». Nel prendtre quella. decisione, tenemmo presente anche la Bl'lguente constataiwne. Sturzo, avendo •cel· io lÌl denominazione di Partito Popalaro Jtaliàno per le ragioni già. ri cordate, avevà fa segutto coniato e cercato di lanciare il termine « popolarismo » che sembrava do· veste trovare facile accoglimento come già i termini libE!rallsmo, socia!lsmo, comunmno. fa$ctsmo . Ntlla letter a dtZ 14 Wglto 19 ~9, d iretta a Fr!lntesco Luiat Ferrart , per invitarlo a pa.ructva.re al ~on veg1UJ per l'Unione Jnterparlamen· tare, sturzo, nel confermare /.a ~ua fede nel movimento tnterna2tonale popol4re, aggiungeva: « A.u· guro che la parola popolar lsmo tiWenga ttna 11uégna: tnternazlonale e sia la Jorea. rinnove!latrlce politica del domani »: ma, tn veritd., pftr quanto S tttrzo l' avetsè Insistentement e adoperata nel 5uoi ducors! e ~! suot scrlttt , Quella riarola non si af /ermfJ ; ed euzt stesso, nèlt'arttcolo pubblicttto su un gtornàlt americano Il 18 genn11to 1941 - dopo venticinque anni dalla /Ondalllone del Pàrttto Popola.re Italtano scrisse: « Mt 1embra che il notM del Partito Popolare sia soompo.r8o ~pontantamente, e che il nome ori ginale 11t "Démocra~:la Cri stiana", che era l'ideale tfef nostri anni (JIOvanm al tempo tlì Leone. X/II , sia tornat" jn uao; Democrat!la, clot govemo del pof'Olo, e&cludendo il domtnto df utia cta!M o di uii parnto o di una erteea; CristtaM, perch.é afjerma t vitlor! morali e t princJ.pt crt.uta.nt sut quali .!! deve ba!are o~ni sana poUttca nattoMle ed tnttr· M elonale ».
Per ti stmbOlo fummo su!>ltò t utto concordi ne! riprendere lo scudo crociato, con ti motto « LI· bertM ».
OtusE!lJl>e spaU.ro In: Giusep!lé Spataro - I deino. crattcl msUant dalla dittatura àl· ltJ. Repu1'tmca, Monl1ador!, Milano, 1968.
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~IUstPP!Z DONATI, roNt>AiORl DE .. n. ,OPOL.O.,
splrtt!llite e dt un possente tmpul· no, cadute ormai le illusioni demagogiche di un ingenuo ottimismo,
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Il Saggiatore i§
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di Alberto Mondadori Editore i e~ pubblica le Opere di Teilhard de Chardin 5 sono usciti: ~ § Il fenomeno umano
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Il auo • libro di aolenza .. traduzione di Ferdinando Ormea pagine 432 llre 2000
L'ambiente divino
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pagine 192 • llre 1500
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Il 11uo • llbro di pietà .. traduzione di Aldo Daverio revisione di Ferdinando Ormea
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pubbl lcato con Il consenso dell'Editore Berla di Torino
ritrovava In s~ la sw anUca f ede, efflMce ancora per coattutra tl auo nuovo mondo storico, il suo Stato. Da q~lla sintesi sorgeva ldeal-
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Aspetti e momenti della storia
del mo'rimento éattolito nei volumi delle
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STOR A E LETTERATURA Via La.nce11ottf, 18 - 00186 Roma
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una battaglia senza calcoli nè compromessi
so democratico. Lo spirito ttalta·
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atoria della .nemocra.o:la Crtstfa. na, Un.a politica. aoolale, Scritti e dl$oors! scelti (J948·1964), Bologna, 11 Mulino, 1962.
•
è un compromésso. Non et sarem· mo o non ci testeremmo se f Os· se tJUe!ltò. Esso è un momento Spirituale antico o nuovo, dél!a gl'aniJ.e storia à'ltalta. Più particolarmente, oQ(J'I pèr not, è il superamento pratico, effettuale, nel campo t!ell'a~tone po· ltUca, tii un dtsslctlo che li.a iungamiinto laetrato l'antma ttalfa· na, qu.ant!o l ct111"1ealt conser· vatori, volti all'indtt!tro, cercava· no in forme polftlche ormat mor· te una dtsdp!lna che salvasse esst, e là loro postzlone sOcialrt e le lo· ro pà11ide anime, dalla bufera del· la ltbertli, e j ztberali d 'O(ltt! oradazlotté par~vano !!saltare una ro· mantlca Wtmttata Hoerta, che non avessé il1 sè la sUa dtgCjptlna, una libertà capace dt faro, con !emplld riforme (Jturtdiéhe Id. economiche, il miracolo di dal'et dei cittadini perfetti. Noi et rtcono~ciamo oagt nòllo Stato che .tt a/ferma come disciplina della ltberth, comè autorevole po!tzlone spttttuale di vatòri. In esso muoiono tl vecchio ctèrlcattsmo, tl llberali.!11'to tMwtdtJ.allsti· co e tl socialismo matertali!tfl. Questa vittoria sptrftuttle sullu vecchia Italta sc:!ettica e sei'vllii, e sulla nuova Jtalla col! prt!tO tn· 1Jeocl1.tata fu per 110! prtmamente raggiunta nella democrazia cristia· na. ln essa si operò praticamente la sintesi di una vtva dtsctplina
~
Detnocrazia Cristiana»
La èlenoml7iaiiòne cli.e avrabbe 4ovu.tò asàlltnere ti movimento del ccttolict nella ripresa de!la vita politléà fu oggetto di diveru conllderaztonl. sturzo àveva lllu$trato al primo congrea5o eBologna, gtugno 1919) ' le ragioni che avevano portato alla scelta della de· nomina.e:tone « Partito Popolare Itall4no », Invece dt Partito lJemocra.ttoo CrbWino, per 11ottoltneare ti caratttre « popolare » e « aconfea11tonale » del nuovo par· ttto. Ma nel dlac.orst pronunciati dal .1919 tn poi, nelle assemblee de! &oct, nel oongreul nailonalt e anche nell'aula dt Montecitorio, era110 atctt trequenU t rtchtamt alta « Democrtu1ta Crl11t1ana » da parte del ptfL autorwolt rappresentanti popolari. Nel m1magglo de!t'ulttmo con.tiglio na.tonale del partito, tt 14 dicembre 1925, di fronte alti% re- , preulone fascista di ognt o..elone p0Httca, era. atato raccomandato ai popolari at <t cwucara l• attlvttà a tutte quelle tnt.etatlve di cultura, dt stuato e di pen.ttero éhe va. teut1ro atf aUmentt.ire neau aderenti gli tdealt cU eristla.na de·
.
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Jk. ;
5 §
eslienze della. ditesa delle classi lavoratrici appare veramente anti. cipatrlce a ricordarla oggi a di· stanza di tempo : basti pensare' che già nel 1001-1902, quasi cin· ' qua.nt'uml tddietro. quel democratjci cristiani affermavano ta tendenza all'unità. a!ndacale, esprimendo il pensiero che le società operaie e i primi sindacati cattolici dovessero aderire alle Ca.mere del Lavoro per un fronte unico or11anlzzatlvo e d.1 azione. Giovanni Oronchl l1l: Gtovannt Gran.chi Per la
el
- paleontologo, mistico, presenza invisibile al Concilio Vaticano Il l'idea di una Coscienza e di una Società future che troveranno in Cristo la loro pienezza; la scoperta nel cuore della Materia di un movimento irresistibile verso l'incandescenza di Qualcuno, universale trasparenza universale abbraccio. La pili audace la piu luminosa sintesi spirituale del nostro tempo.
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Un'idea forza
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Nel pensiero di Tellhard de Chardln
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tt1.1Jnte tt PPJ, Ma quetto eh• tt.elln vita Mito splrtto i U tampò dt Ufl(J tntuteton.~ r4!pe11ttna, ~ poi 3/0rito fatico8o ai generanont neltà con11ut· sta statica. Lo stato ltatumo - •lntiZsl dol• ta c:o11clentia Il dèlla tJoltmti1 ettCO· oturldtt!a del popolò Uallanò ~ I aticora da tJostrulre, Costrultlo i fatica di ogni glorno I! dt ogni ora. E ' nece11"ar10 che le dtretttvll Idea· li st traducano tn reazt4 di a.tilone economica e politica, tn proce~so tU Utltut~, conqtdtta dl potenrea, e;prelstone dt utlltA n!Jelona!t ai dt BtJPrfl delle dlfferenu. Tale • attch.e la nostra fat!M ,· 41 noi a1amo QUI per dercard dt comprender• • di 'Pteoare, dt giorno In giorno, con antmo apertd • Hreno. gli ;forrd tlel nostri amici e d•glt ai· tri, I• opportuntt& df lavoro, le rtflè81il011t Ideologiche della reàlt4 p0tmca., ze oose chi untacono, al di aopra di quelli ch.1 ttmtta.no, con/ottd()no, dMdono. Ano1u1 tt t cll.lartre e l'af/orma.re plu 1>tgoro· aamettte, Utt.M tro11pa preoccupa· zlone del n11.mero • del aucceuo tmmedtato, la p11racmatltd moralct ., cMl1 del nostro partito ~. per not, fard opera dt unlt4, potctr.; é dar con1letenea ed e/ftcacto., neglt ant· ml acri di p1111;tona 11 dtuOct!'.IH da. gli opposti l 1mr1ml, 11, ou.tt pt·tn. ct1't • valori unt1.1ertali ch11 là • nostra » tradizion e conserva ed alt. menta.
tt1IOI STURZO, «La Ctoce di Ooi.tantino ». Primi aerlUI politici e pa1tne Inedite sull'a:t:fone cattolica e 1ulle aiatonomle conutr1au, a cura di oabr1ele De Ron, pp. Lil-380, con 13 mu&tra.zloril. L. 5.000. GABRIELJ!: DE ROSA•, Ololltti e 11 fascismo In alcune aue lettere Inedite. In appendice: Venti anni di politica nelle carte di Carnlllo Corradinl, pp. 108. Lire
800. S'RANOESCO LUIGI FlllRltAttt•, e: li Domani d'Italia» a cura. Cl Giampiero Dorè, con prefazione dl Luigi
stureo.
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GA~A.I:ELI!! I)~
ROSA, Rufo Ruffo della Scaletta e Lui1l Sturzo, con lettere e documenti Ine diti t::atti dall'Archivio Rutfo della Scaletta, pp. 176, 2 tavv. f.t.
L. UOO. ALOlDl!: DE OASPJ!JRI, I cattollct trentini aotto l'Austria.. Antologia de«ll scritti dal 1902 al 191!5 con i dtscorsl at Parlamènto austriaco, con Prefazione di Gabriele De Rosa, due volumi, pp. XXXII-804. Pte:llZO dei due volumi: L. 7.600. AN'tO?-ltO CE$TARO, La stampa cattolica a Napoli dàl 1860 al 1904, pp, 220. L. 2.700. e L'Av>entr » 0830-1~31). Antologia degli articoli di F6llolté•ll6bllrt Lamennals Il degli altri collabon.tori. rntroclu1tkmt! e nOt•. rl1 Guiclo veruccl. pp. LXIV-776.
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Pag. X
EINAUDI .ricorda ai lettori de « Il Popolo» Una novità:
Dall'intransigenza ali' intpegno dalla conip1•e11sione ali' ades·io11e
L'EVOLUZIONE DE TEMPI
PAPA PIO XI
U
NA sera del Venti Set·
tembre, mentre guardavo un po' distrattamente la televisione, fui improvvisamente colpito dalla figura del ministro della Difesa, che, fra un piccolo gruppo di ufficiali e di soldati, deponeva una corona di alloro alla breccia di Porta Pia. E il caso - quando ci Si mette il caso! - volle che durante l'afosa giornata avessi letto alcune pagine del « Diario > di Domenico Farini - grande libro, per chi vuol conoscere la formazione dell'Italia unita piene di rancore nei confronti della Chiesa, del Vaticano, dei cattolici tuttora fermi in una. caparbia intransigenza. E mentre seguivo alla televisione la breve scena < militare > sl. militare, come si affrettò a ripetere l'annunciatore del telegiornale - pensavo, fra di me: come corrono veloci i tempi! Ma perchè, poi. noi siamo così Impazienti? Forse perchè la nostra vita è breve e avremmo la pretesa che la storia ritmasse il suo corso sulla nostra effimera comparsa sulla terra? E, veramente, chi osserva con animo spassionato le vicende italiane dalla breccia di Porta Pia ad oggi, non può non restare colpito da u11a constatazione: quello che all'indomani del 1870 parve il problema più arduo. perché comportava una antitesi di principi diversi ed egualmente as.>oluti - intendo il problema dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa - si rivelò, alla distanza di poco più di trent'anni, di facilissima soluzione. La Conciliazione fra la Chie sa e lo Stato italiano è deì febbraio 1929, ma si può sen:>'altro affermare che, nelle cose, nella consuetudine, nonostante le rituali proteste del Papato, la Conciliazione era avvenuta nel 1904, quando, sotto il Pontitlcato di Pio X. fu virtualmente abrogato dalle supreme gerarchie ecclesiastiche -fluel e non expedit >. che vietava ai cattolici di partecipare hìle elezioni politiche. Ma quRnte difficoltà, quante escogitazioni, quante !potesi, quale sfoggio di filosofia e dl atoria. quanti artifici e quale lavorio diplomatico prima che il corso stesso della vita e una vera fatalità storica, obbligassero gli uomini di governo a riconoscere la realtà. Chi legge, oggi, le discussioni che ebbero luogo al Parlamento subalpino all'indomani della proclamazione di Roma capitale, 11vvenuta a Torino nel marzo del 1861 con la votazione dell'ordine del giorno Boncompagni, resta ammirato davanti alla dottrina e all'eloque:.1za degli uomirù davvero insigni, che presero parte a quelle discussioni, ma in pari tempo è anche indotto a domandarsi se non di rado non siamo proprio noi stessi a compll~are le cose. fino a rendere difficile ciò che la vita stessa si incarica poi di portare a felice compimento. All'indomani del 20 settem-
bre del 1870, i cattolici si sentono respinti ai margini della vita politica, hanno l'impressione che stia per sorgere un periodo di persecuzione anche religiosa e. dopo un momento di smarrimento, pensano ad apprestare le difese. Si delinea e si afferma nel campo cattolico un atteggiamento dl !ntransigenza, che prevale 5ulle vedute di moderazione dt una parte cospicua di cattolici, che si pronunziano in favore di un onorevole compromesso con la nuova realtà., che, per qua:ito ancora fragile, non presenta i segni della precarietà. Questa difesa diede luogo ad una organizzazione; ma la difticoltà che presentava tale organizzazione era grandissima, perché essa era concepita da uomini insigni, di alta coscienza religiosa e morale, che mai, in nessun caso, avrebbero potuto indulgere a qualsiasi intendimento sovvertitore. Come conciliare l'intransigenza nei confronti del nuovo Stato italiano con quei principi di ordine e di autorità, che sono il presupposto della dottrina cattolica? Eppure quegli uomini, -::he amavano ardentemente la Patria, ci riuscirono. La formuia di tale movimento fu escogitata da don Margotti, insigne pubblicista. e tu redatta in questi precisi termini: « Ké elettori, né eletti>. Era una parola d'ordine che proclamava l'astensione, ma una astensione limitata alle elezioni politiche, perché nei Municipi la
attività. dei cattolici era consentita nell'interesse stesso della vita cittadina. A capo della nuova orgamzzazione. che sorse nel 1874, ma trovò il suo vero assetto solo nel 1881 e il suo massimo splendore nel 1897, al congresso di Milano, furono posti uomini eminenti per tradizione familiare e per valore personale. Quale schiera di personalità veramente insigni e meritevoli di ricordo! Da Medolago Albani a Giuseppe Rezzara, da mons. Radini Tedeschi a D'Ondes Reggio, da don Davide Albertario a Giuseppe Sacchetti, da G. B. Paganuzzi a G10r.g10 Montini, dal conte Sassoli Tomba al conte Grosoli, da Giuseppe Tovini a Toniolo, dal marchese Acquaderni a G. B. Casoni, a Filippo Meda, a cton Sturzo. a Cornagg!a, a Cavazzoni, quale somma di ingegni operosi e di anime elette! L'azione dell'« Opera dei Congressi> si svolse soprattutto nell'Italia settentrionale e, in modo particolare, nella Lombardia e nel Veneto, con punte. d1 intensa efficacia nell'Italia centrale, specie nell'Emilia e nella Romagna. Scarsa, quasi nulla, la sua propagazione nel Mezzogiorno, fir:o a quando non intervenne don Sturzo, ma limitatamente alla Sicilia. Cosa si proponeva 1' « Opera dei Congressi> con questi suoi interventi nella politica municipale? Prima di tutto servire le città., tutelandone gli interessi vitali e perman~nti: in secondo luogo, difendere gli interessi morali di una lunga tradizione. insidiati dall'anticlericalismo e dalle ingerenze massoniche, da quel giacobinismo sovvertitore che scorgeva pericoli e nemici dovunque. Va ricordato, a questo proposito. che i cattolici eletti nei Municipi e negli Enti locali coi voti procurati dall'c Opera ùei Congressi>, non di rado t.;ovarono conveniente, per c:antà di patria. associare la loro azione a quella di quei liberali moderati, che in cuor Joro ed anche apertamente, vagheggiavano una intesa coi cattoHcl di più larghe vedute. Non facile, in breve tempo, sarebbe inoltrarsi nelle alterne vicende di quella vita municipale, che subì alti e bassi di ogni genere e che parve, molto spesso, smarrirsi in contraddizioni, che, oggi, sembrano addirittura incomprensibili; ma sta di fatto che nonostante tutto, si posero le basi di quella reciproca comprensione che sotto il Pontificato- di Pio X e sotto il governo di Giolitti, doveva preparare ben altri avvenimenti. deve osservare, a questo che mentre nel S I proposito, Paese si lavorava, sia pure disordinatamente, per una «conciliazione » di fatto fra cattolici e liberali, i governi del Regno, fino a quando non venne Giolitti, non agevolavano affatto questa azione di intesa e di compromesso, provocando, non di rado, 'il vivo risentimento d'ella Santa Sede durante il pontificato di Leone XIII. Col governo di Giolitti e con l'avvento di Fio X, prevalse finalmente, nei due campi, uno stato d'animo più pacato, più riflessivo e gli intransigenti,
residenza pontificia. Evidentemente quel modesto sacerdote non aveva agito di testa propria; aveva, invece, chiesto ordini e si era devotamente affrettato nell'ubbidienza. Leone XIII consacrava, cosi, la vittima regale nel Pantheon mutato in sepolcro dei nuovi re d'Italia. Quattro anni dopo, a Bologna, nella città delle antiche Legazioni, il nuovo re di It.alia appariva al balcone del Municipio fra il sindaco democratico e il cardinale Svampa. Questi i precedenti, che spiegavano il nuovo corso. Quindici anni dopo, all'indomani della prima guerra mondi alè, doveva sorgere, per opera di don Sturzo, il Partito popolare, che, poi, doveva scontrarsi così vivacemente col nascente fascismo. A questo proposito, pochi sanno che Guglielmo Ferrero,
sia del campo cattolico, sia del campo liberale, furono messi da parte, anche perché tali mtransigent! avevano finito essi medesimi per avvertire la sterilità di un'azione che, in ultima analisi, costava molta fatica con scarsissimi risultati. tempi, oramai, incalzano. Dal seno stesso dell'« Opera dei Congressi» spunta una Democrazia cristiana. che non si può riallacciare a quella odierna, mentre il sovversivismo si fa ogni giorno più minaccioso. Si avverte, nel campo cattolico, la necessità di qualche cosa di nuovo. Contrariamente a quello che comunemente si pensa, la Chiesa non di rado si trova all'avanguardia e, nel caso particolare, ha l'esatta sensazione che occorre un'azione di ordine e di disciplina. Se gli anziani dell'« Opera dei Con-
I
Il superan1ento della questione ro-
mana in una "çonciliazioné ,, di fatto ~ Con l'av'Vento di Giolitti e
il papato di Pio X p~evalse, sia in ca~po cattolico_- che iihcralc, uno 'stato d' anin10 niù pacato - Un ' acuto giudiz~o di Gugliehno Ferrero sulla mediazione politica conseguente alla funzione civil
lizzatrice della Chiesa cattolica
gress1 » semorano superati, l giovani della Democrazia Cristiana sembrano troppo audaci. É nel 1904 mediante una lettera del cardinale Merry del Val, segretario di Stato, il Papa scioglie I'« Opera dei Congressi» e poco dopo ammonisce severamente i giovani della Demoorazia. cristiana. In realtà, quel che parve una decisione improvvisa, e quasi un fulmine a ciel sereno, altro non era che l'estrema conseguenza di una lunga azione, che non era sfuggita agli osservatori più attenti. All'indomani del funerali di Umberto I, il re assassinato e seppellito al Pantheon con tutti gli onori ecclesiastici, il cardinale di Genova aveva accompagnato la salma fino a Roma e ciò poteva anche spiegarsi, perché Genova apparteneva da un secolo al Piemonte e non aveva mai appartenuto al Papa. Ma Il parroco del Quirinale (già palazzo estivo del Pontefice, poi coasacrato a reggia d'Italia) era andato alla stazione per ricevere la salma del suo parrocchiano, che occupava la
IL PALAZZO DEL QUIRINALE, CHE FINO AL 1870 ERA STATO RESIDENZA DEL PAPA
lo storico insigne, che solo da poco ha trovato la giustizia che gli era dovuta anche in Italia, pensò seriamente di aderire al nuovo partito. « Se ne parlò seriamente anche in famiglia» mi diceva confiden:Zialmente. E le ragioni che lo avevano indotto a considerare con tanta simpatia il nuovo partito, le dichiarò in un articolo di recensione al libro di Ernesto Vercesi su Il movimento cattolico in Italia. Scrive, 1ra 1 altro, il Ferrero: « Fra cinquant'anni i nostri figli capiranno che sotto i pontificati di Leone XIII e di Benedetto XV la Chiesa ha rotto la sua alleanza con i partiti dell'assolutismo, con i quali aveva affrontato, dopo il 1789, la rivoluzione; e ha riconosciuto le istituzioni rappresentative come il governo legale e legittimo dei nuovi tempi. « Si suole dire che la Chiesa è conservatrice. Ma la parola è equivoca. Bisognerebbe dire invece che è legalitaria; perchè non riconosce come conformi all'ordine voluto da Dio se non i governi legittimi, ossia rispet-
tosi della legge che si sono data per regolare le attribuzioni · e i limiti del potere. « La Chiesa è quindi contraria a tutte le rivoluzioni bianche o rosse - quando non siano un disperato tentativo di disobbedire a un governo, il quale voglia costringere il popolo a violare le leggi divine. La Chiesa si oppose alla rivoluzione, non perchè era una rivoluzione, ma perchè era irreligiosa e perchè mirò dappertutto a impadronirsi dei suoi beni; onde tra il 1789 e il 1870 fece alleanza con tutti i suoi nemici e anche con l'assolutismo monarchico. « Ma l'alleanza era. imposta da una situazione politica transitoria, non da una necessità dottrinale permanente. La Chiesa cattolica non ha preferenze né per la monarchia, né per la repubblica, né per l'assolutismo, né per il governo rappresentativo, né per la aristocrazia, né per la democrazia. Riconosce tutti questi governi, purchè non violino la legge divina e siano legittimi, le forme essendo mutevoli come le circostanze e i bisogni. «Non è dunque meraviglia che, terminata la sua guerra con la rivoluzione, radicatisi i nuovi ordinamenti politici, la Chiesa abbia riconosciuto legittima la democrazia moderna, quando non scenda in piazza a bestemmiare Dio. Il tempo e il consenso, anche tacito, dei popoli, legittimano i governi. Senonchè, riconosciuta legittima la legge con cui le democrazie moderne attribuiscono ed esercitano il potere, la Chiesa, che è istituzione legalitaria, dovrebbe difenderla contro i tentativi rivoluzionari - rossi e bianchi - che si fanno per rovesciarla. Se la rivoluzione è Saturno, che divora i propri figli, la Chiesa dovrebbe cercare di salvare dalla fame del padre quei figli che essa ha battezzati I «Vedremo, noi, i partiti che si ispirano alla dottrina della Chiesa, diventare i difensori del regime rappresentativo, il quale oggi è la legittimità, contro i tentativi di erigere sulle sue rovine dittature armate di proletari o di patrioti? Vedremo in Roma il Vaticano difendere l'eredità politica della. rivoluzione francese abbandonata. alle ire del nuovo sanfedismo mascherato dal Quirinale? è difficile. Ma que.sto paradosso F ARsianche nasconde tira le pieghe profezie
dei nostri tempi arruffati. Perciò dicevo che la rottura tra il partito assolutista e la Chiesa, di cui Ernesto Vercesi ci ha raccontato la storia, deve essere considerata come uno degli eventi capitalli dell'ultimo trentenrùo. Esso ha creato in Europa una riserva, non reazionaria, come dicono socialisti e liberali, ma legalitaria, contro le forze che cercano di perpetuare la rivoluzione nel seno lacerato dell'Europa. « Ma ciò che può fare uno scrittore, anche se non gli manca il coraggio, per mantener viva questa coscienza, è nulla, a paragone di ciò che potrebbe lare la Chiesa cattolica. Si racconta che quando si parlò in Vaticano di ricevere i primi pellegrinaggi operai, qualche cardinale si spaventasse e facesse osservare al papa che gli operai erano i barbari moderni. Leone XIII avrebbe risposto: " Tanti barbari ha battezzati la Chiesa, e più terribili di questi I ". « La frase, se è autentica, è cli una grandezza romana. Se è il compito della Chiesa battezzare i barbari, non le mancherà il lavoro con le moltitudini che sono uscite, escono ed usciranno o dalle università, o dalle officine, o dai campi, o dalle trincee, in preda alla follla della forza, credendo che con guerre e rivoluziorù si possa rifare il mondo ogni mezzo secolo, come vuole il più forte I Questa è la barbarie moderna. L'Europa agonizza., perchè ha creduto e crede ancora nel miracolo della rivoluzione e della guerra. Migliorerà, mano mano che guarirà di questa sanguinaria superstizione ». Questo il pensiero di Guglielmo Ferrero, che a molti sembrerà una. sorpresa, ma che ha il merito indubitato di porre benissimo il problema dell'Italia nuova. C'è solo da domandarsi se i cattolici hanno fatto o no un passo avanti dal tempo di don Sturzo. La questione esula dalla mia competenza in questa sede.
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La lunga guerra travolse •
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vecchi schemi politici Le masse popolari, dopo aver offerto un imponente contributo di sacrifici e di sangue, chiedevano a gran voce ·di dare il ·· loro apporto e di essere responsabili dei loro destini nel Paese
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U':fTI gli avvenimenti sto·
rict sono il frutto di un.a ltbera e consapevole decisione individuale. ma sono anche il portato di una precisa situazione ambientale, riflettono ed esprtmono un dato modo di essere e sentire, che è caratteristico di questo o di quel. momento piuttosto che di un altro. La ovvia constatazione metodologica ora enunciata st applica anche al caso di cui qui ci occuptamo tn occasione della rtcorrenza del cinquantenario dell' appello lanctato da don Luigi Sturzo e dai suoi coragoiosi amici aglt ttalian!, per dare vtt4 ad un nuovo organismo politico. Lasciando per ora da parte T.'ar.'!)e't~ n r>ersonale, il contributo decisivo recato dal fon. datore - e quindi lo studio della formazione culturale ed ideologica stm.r2iana, le sue precedenti attività, i dettagli del programma, ecc. -, mettiamo rapidamente in evidenza le cort.-
LUIGI STURZO COMPLETÒ ' . L'UNITA .DELLA NAZIONE e ~
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BE il Risorglmen to at;Jbl:à potuto in un te · 0 miracolosamente b~e riunire 11 territorio ma non gli spiriti, 11 costum~ le estgenze degli italiani, orirta1 lo sanno tutti. Quel che si sa meno generalmente è la parte attiva, per quanto èomplessa che l'Italia cattolica ebbe nei t?rlnentato processo storico che c1 condusse dal '48 all'Imperfetta Unità del '61, ma poi, dopo 50-60 anni di lotta ininterrotta, ad un nuovo arricchimento spirituale di quella unificazione esteriore. Ciò avvenne nel 1919 con la costituzione del PPI, che, resta la impareggiabile benemerenza nazionale di Luigi Sturzo. Perché si dovette attendère ta.nto tempo e battere vie tanto tortuose? Bisogna rifarsi al conflitto fra cattollci e liberal~ituche dominò per cent'an'n i 1 . ropa uscita dalla Rivolu:zione e dall'illuminismo settecentesco. Nei paesi d'oltralpe ~~rso\idati da secoli attorno e oro grandi monarchie quel conflitto non poteva nep~ rur scalfire 11 sentimento unlo~~f ~~c~~~~ ~~ It11-lia, invece, sa nuov unità era cotutto di e significava anzitlche a~ ruggere situazioni anerano a:ve~ali le popolazioni zionate N e e magari e.ffein un~ ~a1inPer nulla Cavour, qualifica runftà' sua lettera, « corbelleria >>' di Mazzini,, di fedeli$Simi •dded i Torinesi, Em su iti di Vittorio tra:r~~lel~ainsorsero quando si capitale. Torino la «loro»
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per tu.tt ..f1l111• più ~t~ 6neH~ rett-oni ove godeva i;ittmaggioi prestigio la Chtésa, ·cne poté con maggiore efficacia dedicarsi al sua nuovo programma, di rleonqutstare le anime anziché ì Principi, partendb dal basso, dalle campagne, da certi ambienti cittadini, tutta gente avvezza. a non cori.tare nulla. né socialmente né poli ticamente. Le rivelò intanto il sebso della libertà cristiana ed 11 rispetto conseguente per la persona di ognuno, partendo dal terreno religioso-politico, dapprima, per passare al sociale, ·di me.no in mano che l'iniziale aiuto inteso come semplice carità si trasformava in aperta rivendièazione popolar.e. Con efficacia éilsuguale secondo le regioni, attorno agli anni '90, se nel · Me~zogiorno 1l più dei Vescovi cont!m.ta\rà. a mescolare le. propria influenza eletto.re.le con gU interessi dl clientele locali, co.11 gran
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(jon il• Govei:nq, Italiano~ J?~r l\ ora almeno, notr se ne hanno ; prove. Comunque, poiché Giolitti ' puntava piuttosto sui socialisti alla Turati, che sperava di riconquistare allo Stato liberale, Leone XIII mori senza aver risolto 11 problema. Pio X iniziò 11 suo pontificato con due grosse questioni aperte: porre su nuove basi i rapporti col Governo, cotrlspondere alle aspirazioni dei suo1 militanti, moltissimi dei quali, giovani o meno, pensavano ormai alla necessità di affronta.re Il terreno parlamenLare, tn piena autonomia politica, certo previo assenso del Papa, ma, salvo la. Questione Romana lasciata al suo esclusivo giudizio. con pléhà :i.utonomla. Pio X, intenzlori.ato per un certo tempo a riorganizzare le forze cattoliche secondo 11 modello tedesco, con partito politico autonomo, tu presto paralizzato dal timore del Modernismo, che potesse mtnac-
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ui~ogr~n merito del neogueltierame;f antlliberale ma 1nsuscita.t ~ cattol!co, fu di aver gli itali o i e speranze di t'utti ti att an • governi e governaUnlo orno ad un progetto di clarene, federale intesa a scacstra 1 Austria, l'unico governo t1rnl.nl~ro. Fallito però quell'otst1co plano, dal '48 in poi per riparlare di unità bisognapartire aa tutt'altre basi, e ~ il compito delle varie correnti liberali, che, espressione dt r.l strette élites, erano assai meno riguardose di tradizioni e sentimenti popolari. La reazione di questi però, ora sorda ora aperta, :fu profonda e lacere.n te, contro un ordine di cose che per innovare non · rist~va dal combattere addirittura la Fede avite.. Si poté parlare allora di « rivol'uzione » Si• de.gli uni elle dagli altri' rere~é delle va.nte.te riforme: non interessava affatto 1:~ plu massa del popolo, quanQ.o ddirittura non ne feriva il sentimento, come la politica ;ccleslastice. da Cavour alla estra storica, cioè per molti anni Prima che la Breccia di -. Porta Pia facesse precipitare la r,amosa «questioné romana». L opposizione cattoUca, sor-
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sdegno di Sturzo, in Alta Italia I cattolici organizzati erano orme.i da tanto da mettere in sce.oco, a Brescia, zanardelll, vic:e-padrone dell'Italla politica, o, a Milano, da indurre CrisPi a cercarli. Perché? Perrh~ attraverso la pratlò!I. dell'organizzazione e delle opere sociali avevano acquistato una nuova coscienza del loro esser cittadini e del diritto di farlo valere. In questo clima, alle. scuola del maggiori, come Tonlolo. ed altri, crebbe 111- generazione di Sturzo, Murri, Meda e tanti altri loro valorosi compagni. Sui profondi conttastl sorti allnta nel campo cattolico, sorvolo qui, per ricordare invece che dopo 11 '98 ed il Regicidio, cattolici e liberali sentirono egualmente la opportunità di smorzare certe asprezze della lotta. Fra 1 democratiol cristiani prevaleva n senso che senza. · appoggio governativo non si potesse realizzare una deéisa politica sociale; nelle gerarchie · si pensava che un governo non ostile avrebbe messo un freno all'anticlericaUsmo spicciolo dilagante. Ci furono contatti al riguardo
eia.re addirittura la Fede, con l'aluto anche dell'azione ~oll tica. Per contrastarlo, vièto· rigidamente ogni attivltà politica· a tutti i mmtanti, e specialmente al più fedeli e più itutorevoll, con la sola eccezione che, per combattere massoni e socialisti, in certi casi potessero votare come elettori nòn eleggibili. Quasi tutti ubbidirono. salvo :Murrt e pochi altri, ma mor~endo Il treno in attese. di giorni migliori. ' Fu per dieci anni ed oltre Il trionfo dei clericomoderatl, quasi tutti liberali eletti . col voto cattolico, ma, chissa perché, gabellati ancora oggi da. qualcuno come genuina espres1;11one del cattolici d'azione. Grazie a questa voluta illusione ottica, Giolitti, statiste. e astuto, poté credere di avere liquidato per sempre l'antica opposizione cattolica, se ciò non gll era riuscito con i soclallstt. E certo le elezioni ctel 'Hl seguite alla costltur.ione del PP~ cc:m la. sua massiccia anermazlone elettorale, dovettero deluderlo, ma senza convln~el"lo eh.e H PPI tosse un fatto genuino, né molto meno aiutarlo a comprenderlo. Più
!jotr,_~o ~l'te ilncor oggi ,J'.lcuni
storre1 liberali, ò da. essi influenzati., non ~ono usciti da 111 quello stato d'animo, benché sia. ractllsstmo documentarsi attraverso pubblicazioni e documenti attendlb111, su chi fossero, e dove stessero, e cosa volessero, i democratici cristiani dutante Pio X. Ideologi più che pòllticl, sembra loro strano che un cervello politico come Sturzo potesse far conto su quelle forze, secondo il caso. tacendo per molti anni o chiamandole alla luce 11 gior no giusto. Murri, assai più ldeologo che politico, batté la strada. opposta, ma con grave danno per sé e per la sua causa; però, nonostanté cosi amaro risultato. sembra ad alcuni più interessante di Sturzo. Quest{, comunque, senza. mai perdere di vista il suo obiettivo fin dal tempi del òiscorso di Cailfagirone, vide all'uscire dalla guerra il momento che l ce.ttollci democratici doveva.nei afferrare, per préndere finalmente 1a propria parte di response.bllltà nella direzione del Paese. Non come oppositori di un governo. ma come parte integrante della compagine nazionale, quando urgevano decisioni vite.li nell'interesse di tL1tt1 gli italiani, non, come si disse qPale «premio » concesso per il «buon comporta.mento » del combattenti cattolici, ma come libera affermazione di un sentimento a lungo ma.turato nelle loro coscienze, irreversibile, né mai venuto meno nel tempo della loro artificiosa compressione. In queste circostanze Il sorgere del PPI non slgni!lcava il tardivo successo di un partito, ma. un amplia.mento defi-. nitivo dell'Unita d'Italia, ideale Invano e fervidamente coltlvato dal massimi esponenti del Risorgimento cinquant'anni prime., ed ora realizzato dal genio politico di Luigi Sturzo. A lui è dovuta per questo la. gratitudine non solo del cattolici, ma di tutti gli italiani. come nuovo ed alto 1attore dl quel prezioso bene che è la unità nazionale per qualunque popolo, dalla Russia Sovle1,lca agli Stati Uniti, e più che ma.i per le nazioni di media o piccola potenza, dalla Francia alle. Cecoslovacchia, dal nostro Paese all'Inghilterra o alla. Svizzere.. Chiunque compren. da che un partito è 11010 uno strumento per realizzare conforme i nostri ideali gU inte· 1·ess1 del Paese, si rende contp che l'oggett1v11- grandezza del Paese viene prima di qualunque trionfo dl part~. Sturzo, uomo voUtivo 11e mal ce ne turono, lo intese già cinquant'anni fa. onoriamolo tutti J)ilr averi::ene data la prova.
DINO SECCO SUARDO
dtziont generali del tempo, ossia cerch!amo di comprendere da quale« humus» sgorgb quel· l'iniziativa, a quali fonti si alimentò, in quale terreno affO'TLdò le sue radici, di oualt fattort era composta, contro quali d.jfficoltà dovette Jare t contt. ecc. Una tale analisi - mentre reca un contributo non indiJ ferente d! notizie utili ed tnteressanti per un'esatta tnformll2ione storica d(:! tempi e delle vicende che sono a noi vtcine ed ancora dtrettamente leg_ate al presente - aiuta a valutare più esattamente tl gesto compiuto dai responsabili iniziatori del .PPI e lo situa al suo po~to esatto nel processo evoluttvo dell'Italia contemporanea, f issando t limiti ed i meriti di ciascuna componente di auella delicata ma decisiva circostanza . . Dando per conosciute le notizie sul movimento cattolico italtano post-risorgimentale e sulle varie jasi attraverso le quali s~ passò dall'tnizio dell'Opera dei Congressi al patto Oentiloni, basterà ora far notare che tutto sì svolse su· due linee ·principali, che sinteticamente potrebbero essere definite così: da una parte vi erano i costdetti intransigentt che si dichiaravano ostili all'ordine dt cose instaurato in Italia ma la.varavano per dare al popolo una coscienza civile ispirando~! alle idealttà sociali cristiane ammodernate dall'insegnamento pontificio leoniano (il loro motto potrebbe essere: coritro lo St<:Lto ma a vantaggio della nm:ioneJ; dall'altra parte vi erano coloro <conciliatoristi prima. <:lerico~rat~ pGi). ch<l. ritenevano -1nv.ei:;e conveni6nte,, un accostamento ~i co.ttolici alle forze dell"ordine tn vts·ta dt 1tn'esperienta parlamentare che facesse senttre nella sua sede appropriata la voce di quel vasto settore di cittadini, anche se - .per la persistente disputa sulla « questione romana » tra la Chiesa e il Regno d'Italia - non potevano ancora esservi deputati cattolici ma solamente cattolici deputati. Tutto questo si svolgeva dentro la comtce di uno Stato li· berale, in cui il dlrttto di voto
GIULIO RODINO'
era ancora assai ristretto e nel quale Ur. problematica delle rivendicaeiont dei lavoratori e di tante altre urgenti questioni sociali era ben poco avvertita dai governanti, mentre era agitata - talvolta scompostamente - da forze nuove. s.incere ed entusiaste; di conseguenza, dalle premesse sopra indicate derivò un duplice rapporto, cioé iZ primo gruppo - contrapponendosi ai principii laicisti ufficialmente proclamati dallo Stato italiano - formò un'alleanza papale-popolare che rispondeva alle aspirazioni delle masse, contribuiva all'elevazione morale e materiale delle classi ~iù bisognose con una serie di iniziative (società di mutuo soccorso, b(lnChe e casse rurali, cooperative di consumo, uf ftci di collocamento, ecc.J e fronteggiava e/ficacemente dottrine e prassi estranee alla mentalità italiana tradizionale. Invece il secondo gruppo - cotitondendo ancora unà volta il sacro con il profano - ritenne che si potesse essere « cattolici con tl Papa e ltberali con lo Statuto » e criticò l'astenstoni· smo ritenendo che esso aprisse, la vta all'eversione mentre pro· pugnò un blocco conservatore che untss11 tutti t tutori dell'« ordtne » per la dtfesa dello
status quo.
Come st vede, Za situazione era abbastanza complessa., e molto più rtsulterebbero evi· dentt le dtfticoltà se potessimo seguire pàsso a passo il decorso deglt at>venimenti di quegli annt: dal « non expedit » at sempre rinnovati tentatM d.i conciliazione; dall'atttvità della seconda sezione dell'Opera dei
Congressi <dedicata ali'« econo· mia $OCiale cristiana )>) alle repressioni del '98; dal sorgere della prima Democrazia cristtana del Murri alle aper,t14re giolittiane; dallo sviluppo di autonome associazioni cattoliche aventi una ftnalttà direttamente religiosa alla crisi modernista, c1te provocò inevitabili intrecci negli tndividut e nelle idee tra le personalità ptù tn vtsta di tutti i campi di azione allora funzionanti in Italia. Inoltre tutto quello che q.ut viene delibato acquisterebbe maggiore concretezza e significato se si potessero fare nomi di uomtni (:l dt gruppi, dt giornali ed associazfont, dt programmi e congressi, sottolineando la gradualità délle sfngole posizioni
GIUSEPPE TONIOLO
ed il lento evolversi degli atteggiamenti; valga almeno qttesto accenno a dtmostrare la vitalità globale del movimento, che, pur nella concorde volon· tà di difesa dei di fitti della Chiesa e di una ricerca del benessere morale della Patrtil, erti. divis6 nezia sceltà <fèt mezzt (f nella unea di condotta da tenetle in circostanze non 1aèilt per chiunque. Con il 1915 sopraggiunse la uuerra, e se quel grave fe12-0meno complicò, àa un lato, la attuazione, fece, dall'altro, camminare più m fretta la storta, sgombrò f.l terreno da pregiudizi (i cattolici italiani fecero tutto il loro dovere, mentre la Santa Sede fu tmpar2ia.le, si mosse con deltcatezza malgrado ·la sempre aperta « questione romana», tnnalzandost inoltre neUa consùlerazione mondiale per ia sua azione carltattva universale) e consenti un inserimento - non più come prote~ statari o quali rtncalzt, bensì in quanto erano una · forza vtva e schietta - dei cattolici nello Stato italiano proprio nel momento in cui i vecchi schemi politict venivano spezzati e le masse popolari, dopo a.vere dato un imponente contributo dì sacrifici e di sangue, chiedevano a gran voce dt potere fruire di un peso neU.a vita pubblica, di essere responsabtli dei loro destini nel Paese. Poiché siamo giunti al.la data di nascita del Partito fondata da don Sturzo, converrà volgersi indietro e trarre le somme enucleando quello che è stato in precedenza analizzato. una prima originalità della concezione sturziana sembra essere, evidentemente, quella che fondeva le due «anime » del movtrnentç cattolfco degli ultimi cinquant'anni precedenti al 1919: la sensibilità sociale e la presenza in Parla1Mnto ,· la rispondenza ai più difetti bisogni popolari e la legCU.itd. di una rappresentanza democraticamente scelta ed u!fl,cìa.lmente tnterlocutrtce alla Camera,' la preminenza della socialftà sulla poUtica pura ed fl contributo àtaletttco alla eLaboraztone dei programmi di governo can l'assunzione delle responsabflità tn luogo della semplice critica aprioristica e demolitrice. A t nostri giorni concetti del genere non stupisccmo né sembrano molto audaci, ma non appena st faccia mente loc-aU a ctò che un sifJatto programma significava allora, risulterlJ. di quanto coraggio e dt qua.le genialità doveva esaere dotato c~t se ne faceva promotore. Si aggiunga che quell'idea si accompagna.va con energiche affermazioni su,lla fun2tone det corpi int.ermedi (comun4, regioni) e sulla necessittl di una for'Tna%tone civica a tuttt t livem (dal municipale <ZWinternaztona.leJ, che erano pur esse novttd quasi t114udite in tempi di accentramento statalistico e di chiusure 114%ionaUsttche, mentre <>rm.04 sono entrate nell4 «commu1J.is opinto » di tutte le correntt e di q'oolsiasi in<ttrtiio po. Utico esistente dappertutto. In secondo luogo sembra di
dover rtcon0scere un altro notevoltsstmo merito allo Stur20 nell'aver saputo concepir.e un movtmento che fbs&e - catroticòma non confessionale, acco~ g!.iendo glt spv.nti fecondi CM era.no b(Llena.tt qua e llJ. nel travaglio (!et decenni precedenti ma CM non erano ancora giun .. ti a maturà2tone; ftnalment& st comprese con lui che altro Il operare come fi.gU deUa Chiesa, tn prolungamento dell'apostolatQ gerarchico, con finalità esclusivamente religìose, ed altro ~ agire come membri di una collettività statale che ha un suo valore e gode di autonomia nella sua attività politica. Clertcalismo e laicismo - i due poli della storia rtsorgtmentale - erano superati dt balza in una vistone che era relfgtosa e civile nel significato più nobtle e puro det d~ termini e rì· spandeva alle richieste dell'am. biente sociale italiano, il quale aveva ognora avvertito l'inderogabiUtà dei due ideali ( ecclesiastico e nazionale), la conventenza di una loro esplicita separazione nel mondo moderno, la possl.bUitlJ. e i vantaggi di una collaborazione neUe materie pertinenti. E' superftuor av;vertire a tale proposito che, nell'immediato primo dopoguerra, tutta l'elaborazione dottrtnale che portò poi alle innovatrici decisioni del concilio V attcano II era ancora molto di là da ventre. Inftne - sempre aUo scopo d'inquadrare il P.P .I. nel suo tempo ed ambiente - si può fare osservare la. quasi contemporanea nascita di tre nuovi, grandi partitt di « massa » ( cat. tplico, comunist.a, fascist.a) ~l gt\'o cli dtie anni,· pur nella pro., fondJssima diversità. dt mèto... do e scopi, la loro comparsa aulla scena poUUca indtca che si era entrati in un 11Wnd.o diverso da quello prebellico, ossta che la. crisi del ltberalismo ottocentesco era orrr.ai all'apice ed al posto di quella « vtstone del mondo » subentrava una realtà nella quale - checché se ne possa di.re - la seminagione cristiana appariva più realizzabile, àato che il pensiero 1 sociale cattolico aveva sempre avuto di mira preferibilmente i ceti umilt e le forze popolari (il nome scelto dal nuovo partito non fu casuale, anche se poo! si tornò a quello più noto di « democrazia cristiana », che in sostanw c<Yincideva con l'altro}, L'immissione netl'atttvità po. ittica di un programma di azione sociale in vista deU'attuazione di un ordine più giusto ed umano fu la. conclusione delle battaglie sostenute a lungo dai cattoltct. italiani; esst ~ appar-
FILIPPO MEDA
si dapprima come i vinti del JUsorgtmento, sconfessati tal· volta negli atteggiamenti che aveva12-0 assunto nelle diverse tappe del decorso storf.co che ne era seguito, liberati più tar. dt del pesante bagaglio polemico che li aveva accompa.gnati nel loro cammino - arrivarono finalmente a fissare alcuni capis<ildi de! loro comportamento neUa vita associata richiamandosi alle direttive dell'insegnamento ecclesiastico ma agendo nella pienezza delle loro scelte responsabili. Un'indagine crttf.ca, senza pre. venzioni ed apalogie ha consentito (pur nella s~ brevit~ e pertanto con ie genera.lizza~ ztoni inevitabili e La mancanza di sfumature nei giudizi che sarebbero state più opportu11.e ~ doverose) dt dare a ciascuno il suo - né il richiamo evang~ lico è fuori luogo trattandosi di materia poiitù:a - e pur nella sua obiettività scienttftca può costituire un mònìto efft~ cace per tutti gli eredi, più o meno diretti, di quegli uomini 1< liberi e forti » che dtect lustri or sono, in un crocevia della storta, si strinsero intorno a Luigi Sturzo.
PAOLO BREZZI
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egotismo decadente sente l'avventura della guerra come una proiezione dell'individuo - eroe, del super-uomo di tipo borghese (magari salottiero), sente il fascino di un estetismo macabro - retorico (la « bella morte» ecc. ecc.); il futurismo indubbiamente agli antipodi nelle ipotesi della poetica, indubbiamente « rivoluzionario » nei c..onfronti della cultura, del linguaggio, della tradizione let-
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JACINI, 1A rtforma dello stato e il problema regionale. a cura e con introòuzione di F. Tranielilo pp. 256, L. 2.000
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tcraria, si misura sulla guerra (« sola igiene del mondo ») con lo stesso entusiasmo quantitativo. Potremmo dire che 11 dannunzianesimo sente la guerra nella misura di un interesse individuale <la sorte, l'esperienza, la misura di chi partecipa sopratutto per trovarvi una parte del proprio destino) mentre per il futurismo è uno strumento collrttivo per imporsi, per bruciare il passato (l'igiene del mondo traduce grottescamente il mito della palingenesi, del rinnovamento totale; è una forma rozza di contestazione).
La " bugia,, nazionalista Proprio la sorte delle avanguardie europee, del resto, potrebbe far luce su taluni settori storici e offrire i nessi di queste contraddizioni culturali e psicologiche. Infatti se il futurismo italiano (rivoluzionario e anarchico) diventa fascista, quello russo diventa bolscevico. Cosi il dadaismo tedesco, che in taluni esponenti poteva presentarsi anarchico e comunista, nel 1919 (una data già di per sé significativa nella storia d'Europa) presentando il proprio « manifesto » prefigurava paradossalmente il futuro della Germania. Cito dal saggio di Benjamin Goriely (Le avanguardie letterarie in Europa, Milano 1967). illuminante anche per quello che è la natura storico-politica delle avanguardie stesse: « i dadaisti non si rendevano conto che il loro programma di collettivismo integrale non era altro che una prefigurazione dell'hitlerismo, ccn le stie sezioni d'assalto, le sue marce spettacolari, i suoi riti, il suo Horst Wessel Lied, le sue idee di Volkstum ». Non è che io voglia riportare la cultura di quegli anni solo a questi episodi che restano sempre marginali; ricordandoli ho voluto indicarli come sintomi di una crisi profonda soprattutto per l'ambiguità dei sintomi, per la nebulosità delle prospettive. Per restare all'Italia ricorderò le parole di Renato Serra alla vigilia della guerra di cui doveva restare vittima.: « D'Annnunzio e Croce cominciano a essere messi da parte ; il pubblico li legge, li segue, li cerca ancora ma i segni della stanchezza e del distacco sono visibili »; sopratutto mancano presenze qualificanti: « le vetrine dei librai sono piene a ogni stagione di volumi di cui non si vuol dir male, di cui bisogna dir bene anzi, perchè in fondo non son cattivi, mostrano un certo ingegno, una certa probità, e poi della
cultura e un monte di buone intenzioni; ma dov'è uno solo che ci piaccia, che ci interessi, uno di quei volumi che si è costretti a comperare e a portarsi via, con l'ansia e la gioia e l'irritazione delle cose veramente nuove? C'è un'infinità di gente che fa il suo mestiere in modo tollerabile: ma ba.sta». Vediamo la dimensione, ad esempio, di due diversissimi scrittori come Pirandello e Panzini, quasi immagini di altrettante situazioni della letteratura o del gusto del tempo. L'ultimo è l'esempio del tradizionalismo umanistico («scrive qualcuna delle novelle che si scordò di scrivere Carducci » dice ancora il Serra) ravvivato dall'arguzia romagnola, ma è ancora prima del « frammentii;;mo » ed « aut obiografismo » vociano ; Pirandello è lo specchio delle ambiguità europee e soprattutto a questo titolo è rilevata la sua fortuna teatrale più che alle radici del filone realista. Il realismo è lontano, e il silenzio del Verga perdura e perdura U disinteresse sulla sua opera da parte della critica e del pubblico; bisognerà giungere infatti alla pubblicazione del saggio del Russo <ottobre del '19) perchè potesse iniziarsi il processo di ritrovamento di questo grande narratore. Il movimento di animazione della stessa voce non aveva, in realtà, che registrato i termini e le forme di queste incertezze ideologiche anche quando nelle intenzioni dei redattori c'era stato la volontà di sprovincializzare e di inserire l'interesse della cultura. italiana sul filone europeo. La Voce, che aveva cercato di scoprire e bandire « la bu gia nazionalista», che aveva cercato di maturare una operatività ed una concretezza culturali spegnendosi a guerra iniziata, sembra essere proprio la testimone del prospettivismo caotico in cUi si muovevano gli scrittori italiani. Il suo moralismo non potè andare molto oltre il tentativo di spogliare il letterato nostrano dagli inutili atteggiamenti, da qual ta 1to di a<1 nnunzianesimo diffuso di cui non ci poteva non difendere. Dal rapporto culturale promosso dalla rivista non uscirono chiarite neppure le tendenze civili dei collaboratori: la guerra finì con l'attrarli tutti con una «necessità» di partecipazione giustificata con diverse motivazioni che se non avevano i termini retorici del nazionalismo corrente non se ne discostavano troppo. L'esperienza tragica dei quattro anni di guerra incide sulla letteratura e sulla chiariiicaztone assai meno di quello che ci si sarebbe potuto attendere. Suggerisce mo"te pagine auto-
P . GAIOTTI DE BIASE, Le ~ origini del movimento cat- ~ toltco femminile § pp. 204, L. 1.400 F.
LANZONI,
Scritti poli-
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a oura e con int~odu- § ~zione di L. Bedesclll 2 volù., pp. 892, L. 6.000 tici,
Minzonl, a cuDonintrodUZione = ~=- Diario di ra e dicon
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I rigurgiti della conservazione, incubati dalla cultura europea più o meno coscientetnente, anziché trovarsi di fronte ad una dimostrazione del fallimento delle proprie ipotesi e quindi spegnersi, sembrano ritrovare maggiore virulenza sfociando nel fascismo prima, nel nazismo poi, ed in genere in tutti i movimenti e l regimi di tipo nazionalistico. D'altro canto l'idea della rivoluzione, persino romanticamente cullata nella seconda metà dell'Ottocento, quando si dnca.rn.a davvero in un grande movimento qual è quello della «rivoluzione d'ottobre », non tarda a declassarsi nella machiavellica Ca dir poco) autocrazia stalinista. Uno degli aspetti connotanti del tempo che precede e segue la guerra mondiale (tempo cronologicamente imprecisabile, a quo e ad quem), mi pare sia proprio l'intercambiabilità dl talune situ , ioni p iù psicologiche che culturali; voglio riferirmi non t anto alla babele ideologica con tutte le proprie contraddizioni, quanto piuttosto alla diffusa disponibilità. all'avventura, alla mitologia dell'azione o della violenea come strumento di base, allo scoperto nihilismo che indifferentemente può rivestire un ruolo di progressione o di reazione. Penso, per entrare nella prospettiva culturale-letteraria, alla situazione diversa di due atteggiamenti che poi concordano sui fatti, che pur all'estremo di una nozione artistica finiscono per trovarsi sulla stessa linea delle cose quotidiane.
Il dannunzianesimo col suo
G . DORE, La democrazia italiana e l ' emigrazione in America pp. 504, L. 2.500
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tico.
La sorte delle avanguardie
G . DE ROSA - A. LIZZUL, L'avventura del petrolio pp. 142, L . 1.000
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gna il momento di una lunga crisi delle ideologie e della prassi civile ottocentesca, non si può certo affermare che sia servita a far giustizia dei relativi miti (da quelli decisamente reazionari a quelli proiettati alla palingenesi sociale), tanto che oggi l'ammonimento del Pontefice sulla inuti litài della strage, allo:ra raccolto come un'antistorica incomprensione della realtà politica, può apparirci profe-
L . Beclescbi
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§ D. SECOO SUARDO, I cat· tolici intransigenti pp. 224, L. 1.400 ~
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S. TRA..'-IONTIN, La figura e C<
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P. UNGARI, Alfredo .Rocco e la ideologia giuridica del fa3cismo pp. 140, L. 1.000
M . VAU5.-"'1A.RD, Il pensiero
sociale e politico dt Luigi Sturzo pp. 152, L. 1.400
=MORCELLIANA • Editrice I i111111111111111111111111u11111111111111111111111111111111111u~
FEDERIGO TOZZI
GIUSEPPE ANTONIO BORGESE
biografiche ma non un libro che offra i termini completi dell'esame morale; pagine vive certo, come quelle di Jahier o di Baldini, di Soffici, Puccini. Gadda, Comisso. Il vero libro fu la smilza raccolta di un poeta nuovo, « Il porto sepolto » di Ungaretti E ' sulla prospettiva di questa condizione che si entra nell'amaro dopoguerra: lo smarri_ mento dell'anteguerra sembra farsi più cupo e meno riflesso. Forse la prevalenza dell'agitazione civile, l'interesse per la battaglia politica, il rimescolìo sociale anzichè incidere sulla partecipazione dello scrittore sembrano tenerlo in quarantena e non è senza significato che mentre fuori d'Italia si maturavano movimenti d'avanguar_ dia come il già citato dadaismo da noi si avesse il fenomeno della Ronda, la pubblicazione d'una rivista cioè (fra il '19 e il '22) che tendeva alla e letteratura come pura arte >. Scriveva il fondatore Cardarelli: « Non sembrerà un paradosso se diciamo che dai classici, per i quali, come per noi, l'arte non aveva altro sco_ po che il diletto, abbiamo imparato ad essere uomini prima che letterati. Il vocabolo umanità lo vorremmo scrivere nobilmente con I'h, come lo si scriveva ai tempi di Machiavelli ». Parole molto significative ma che non potevano nascondere i limiti del ritrovato purismo, l'immobilismo di un nuovo tipo d'arcadia, il perdurare di quell'umanesimo indigeno che non era crollato nè sotto i colpi della polemica vo_ ciana né si scomponeva di fronte al terremoto politico in atto.
Ritorno al realismo Mentre il rondismo ed il frammento tornano di moda (per trovare successivamente. con l'affermarsi del fascismo, nuove riedizioni.) è sintomatico il fallimento delle esperienze contenutistiche. Fu Antonio Borgese il banditore del ritorno al realismo; l'esempio gli veniva dall'amore per i grandi narratori TUS6i da Dostoiewskj a •.rolstoi (autori, peraltro, sui quali era chino il grande pubblico italiano), certamente mo_ dello di partecipazione della narrativa alla grande problematica umana. Borgese, anticrociano e polemico come pochi altri. cercò di richian:are, di sollecitare gli scrittori verso i temi esistenziali; faceva riferimento al suo conterraneo Verga, pubblicava esso stesso due romanzi (Rubé nel '21 e I vivi e i morti nel '23) ma non si può dire davvero che la sua voce venisse ascoltata. Uno di quelli che avrebbe potuto raccogliere e portare avanti l'ipotesi di lavoro borgesiana era Tozzi che quasi alla soglia della morte aveva dato l'esempio di una narrativa fortemente impegnata sui motivi della realtà e della coscienza : Con gli occhi chiusi, Il podere, Tre croci potevano costituire il primo tempo di un nuovo Verga. Borgese nel dedicargli un libro di saggi scrisse che era stato e uno dei primissimi edi_ ficatori della nuova giornata italiana>. Ahimé era una giornata ancora lontana a venire (a parte che ci penserà l'involuzione fascista a cullare il provincialismo e l'immobilismo culturale italiano) e lo stesso Borgese - uno dei pochi esuli fra l'intellighentia italiana con l'avvento del fascismo - dovrà considerare questa battaglia letteraria soltanto un episodio marginale, se poi i suoi interessi piegarono verso altri contenuti. Ma a definire quello che doveva essere concretamente il tempo della letteratura c'è un fatto che può illustrarlo più di molte parole. Italo Svevo nel '23 pubblica la Coscienza di Zeno; nel '82 aveva pubblicato Una vita e nel '98 Senilità. Era presente un grande narratore, era tornato un eccezionale romanzo ma nessuno se ne accorgeva; neppure Borgese.
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OL nostro sforzo supremo consegneremo a.I(( la generazione ventura .. un'Itailia più completa, PIU fol'te, più onorata una Itailia che si assida nel con~esso delle potenze noo vassailla o protetta ma. sicura nei suoi termini natural!, e che ritorni alle feconde_ gare della pace, prorugnatr~ce, quale sempre è ;;Lata. di libertà e giustizia nel inondo»: Con queste parole, pr.onunc10te nel famoso di&~orso del Campidoglio, Antonio _Salar;idra esprimeva la Pr?pna incrollabile fici11cia nei d~stinl dell'Italia liberale. iii c11•1 egli si considerava il depositario più genuino e feoele, erede della tradizione che comunemente si faceva risalire alla Destra storica che aveva fatto e consolidato la Unità nazionale. . Si sbagliava, naturalmente, 1 ~ Siilandra. dimenticando ch·e 1 I~alia liberale, auspice proPpo lui. presidente dcl consiglio di un governo imposto dalla ~oro~a. era già caduta nelle . radiose giornate" del maggi~ 1915, vittima, come ha scntto, della «volontà del P?P<?lo. o. di gruppi di uomini rJSOiluti parlanti in suo nome, che si erano sovrapposti alla volontà del parlam<'nto :t. Ed ·era caduta nonostan~e l'opposizione ~ll'entra tS: m guerra condotta da ~iolltti, "leader" della maggioranze. Parlamentare ed esponente di un liberalismo moderno, non costretto E'ntro gli 8 ?hemi di una ?retta conservaz1on~ . bensì aperto verso soluzioni i.spirate al progresso . sociale e politico ~ella n'.lz1one; senonché. alla iesa del conti, Giolitti rl.ovette riconoscere il fallimento d·ella, .~ua pur ~c~la ta azione. Ma c~o fu p~ss1b1le, non solo per _11 tradimento di una megg10ranza parlamentare pletorica, senza idee e senza v~lontà, tale e quale del resto Giolitti aveva voluto forgiarla togliendole per lunga cons';let\.ldine oi;mi serietà di aonv1nz10ne, ogni vigore morale rna anche perché Giolitti n~ fatto la politica estera comttlet1' m~nte all'infuori della Volontà del Paese, non consultata né determinata impectendo che. pl'Oblemi affrontati e soluz10m proposte diventassero il nsturale contenuto della cu~tura politica naziOIIlaile. P'altra parte avrebbe susci~ato meraviglill- proprio il yenficarsi dell'evento oppo'lto, 10 aperto. c_ontrasto con tutta una tradizione invalsa nello Stato liberale, per cui in Italia, più ancora che altrove <-.l~ _Politica estera è, per de~ f1nizione, una "politica siogreta" "· tanto è vero che, giustamente afferma il Perticone e se si vuole, in materia ai Politica estera, lllustrare la formazione di una coscienza comune, di una opinione i~ rga, nel popolo italiano, si incon~rii.no naturalmente dimcolta a~sai maggiori cne non nella ricostruzione della vicen~a. politica interna e di part1t1 nel parlamento». . Del resto questi gravi limiti d1 natura . etico-moralç non meno. ~he i~~ologiea culturale e pohti_c a, . g:1a li aveva ac11ta.mente m~iv1ctuati ed esaurientement~ illustrati un conservatore _1l~uminato come Stefano Jacnn, chiarendone oppurtunamente la non trascurabile Jl(Jrta.ta nel quadro di una valu~az1one _complessiva della azione .P~lltica della nostra classe dmiente. o1: Già da molt~ tempo - affermava egli nel ~1scorso tenuto alla Camera il 21. gennaio 1879 _ ho la convinz~one che nel nostro paes~ si sono radicati alcuni Pregiudizi relativamente al C?IDP_ito del Governo in materia d1 affari esteri», per cui si tende a « considerare le cose estere, come un'arte di sua na turn affatto refrattaria ad ogni pubblicità, come una s~ecie di arte occulta, piena di tenebre e di mister!, :som1glia.nte In certo modo all'alchimia .od alla astrolog1a; m~ntr~ . invece, nei tempi in c:"ui VIVlamo, egli è precisament;e nella pubblicità che quest'arte deve attingere il suo principale vigore e la sua efficacia. e.. l imperoccré nell'epoca moderna l'opinione pubb~ica è divenuta una fon~:a formidabile. ancne nei paesi tetti a fanne di governo asisoluto e con essa, piaccia o non Piaccia, bisogna contare». D'altra parte occorre pµr amIJ1et.tere, d'accordo con il Perticone, che non dove.sse presentar.si dj facile soluzione <così ~ome n?n si pre11e11 ta ~ggi) . 11 compito di riceroare 1 0 Ph.11one pubbllca e le « sue me.mfestazioni non aduH.erate. » in un paese come l'Italia t in cui si scrive molto e sl legge pochissimo. in cui si può con un iest,o suscitare onde -err:mere di passione, in cui si puo discutere qualche volta
senza conoscenza diretta dei termini della questione, partendo tranquillamente da tesi e dati, ritenuti inesatti, e sottoscrivere con la stessa firma ad affermazioni contraddittorie~. Analisi sostanzialmente esatta che trova una valida verifica nelle settimane che precedettero l'Intervento italiano nella prima guerra mon_ diPle, dominate 0a irrazionale esaltazione beHicisitica, così come troverà successiva clamorosa conferma negli anni fra Jl '19 e il '22 allorché il mito della "vittoria mutilata". alimentato da giustifl.cati risentimenti per l'infelice condotta
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data sull' arbitrato., abolizione dei trat• fati seg·r eti e
i/ella coscrizio· ne obbligato-
ria : queste le richie~'ite
pro·
gram1natiche espresse dalla • 1genUUl(f, VOC«·
·.ziotte in terna· ,J ,. ziono: .ista d el
nuovo 11artito del nostro governo a versailles e per il comportamento scorretto tenuto dagli Alleati. contrlbuirà, in notevole misura, all'avvento e all'affermazione del fascismo. . Non a caso dunque il Partito popolare ultimo arrivato sulla scena politica itaHana ma deciso a mutarne le strutture fondamentali e a modificarne le componenti tradizionali, diede larga parte. nel suo programma di rinnovamento, ai problemi di politica estera e di conviven:za lnternaZlonale, inserendo innanzitutto l'espl!cità richiesta di abollzione dei trattati segreti, Punto di capitale importanza at fini dell'auspicata informaziol"e e "sensibiliz:zeziòne" dell'op;nione pubblira, su Cll! coincideva, una volta tanto, la analoga pre-sa d1 posizione di Giolitti. Finalmente convinto, a spese sue e purtroppo f!nche del Paese. della necessità di « assicurare la diretta infll'enza del Paese sulla politica estera», il "leader" llberale, ponendo nuovàmente la propria candidatura a reggere le sorti d'Italia con il famoso discorso di Dronero dell'otto-: bre 1919. si rendeva infatti conto della necessità che veni.ssero concessi al Parlamento. .in materia di politica estera, « gli stessi poteri che eEso ha riguardJ alla politica fl.nanZiaria e alla politica interna, prescrivendo cioè che nessuna convenzione internazionale possa stipularsi, nessun impegno si possa assumere senza l'approvazione del Parlamento». E non sembri casuale la convergenza di 1ntend\rnenti fra Giolitti e 11 Partito popolare (e per esso Luigi sturzo che ne era l'ispiratore) sul1a opportunità di conferire adeguato rilievo alle questioni di politica estera sia aul piano oj vna piu razionale connessione con 1 problemi di politica interna, sia appunto . i~el senso di favorire e poss1b1lmente garantire un rea;le inte1•esse dell'opinione pubblici\ ~ delle masse popalari ver~o gli eventi elle piu direttamente determinavano l'avvenire. Si spiega infatti, tale convergenza. con l'esatta vp,lutazione anohe se differenti e per11ino contrastan~i apparvero 1 mez-
zi giudicati idonei ad affrontarla - e.ne tanto il vecchio statista. già sconfitto dalla Incalzante ondata estremista. quanto il nuovo partito avevano dato della situazione italiana e internazionale quale si delineava alla fine del conrntto, · modifl.cata cioè dnllo apparire di nuove forze e dall'instl'urarsi di nuovi rapporti di cui occorreva pur·" tenere conto nel formulare programmi che intendessero prontamel:).te adeguarsi al rapido divenire della realtà ~torlra. cangiante con e.strema. mobilità. sotto gl! occhi degli stessi pro_ tagonisti. «In Italia - af!em1ava '4ncora Giolitti nel già ricordi>to discorso - prima di questa ultima guerra le clasai popolainteressavano quasi r! -sl esclusivamente della poiltlca Interna. Ora invece che quattro milioni di combattenti banno veduto, durante tre anni e mezzo, nelle trincee ~ sui c?mpi di battaglia coperti di cadaveri, quali terribili r.onEeguer-ze possa avere la poiitic.a. estera. non tollererebbero più che questa si svolga .nel mistero e che sulla medesima esse continuino a non avere alcuna influenza mentre più di tutti ne subiscono le conseguenze ». « E' una vecchia tradizione del nostro regno affermerà a sua volta Sturzo nel discorso di Roma del 2 maggio 1921 <uno di quç:gli organici discorsi sturziani co~ si e.~senzlali per conoscere il pensiero del Partito popolare e in particolare del suo "leader") - che la politica estera sia subordinata alla politica interna; inv·ece, se subordinazione vi dpvesse essere, &arebbe al contrario». Le <Jue valutazioni. solo apparentemente slegate fra loro. in realtà _ si integrano rispecchiando chiaramente la esigenza di una politica P.irtera ad ampio respiro che, al çli là di effimeri successi nazion;i li:stici, ave:sae realmente di mira l'interesse del paese. cNei rapporti internazionali - di. chiarava apertamente Giol itti rw- dov~ebl;>e s~a.rf\ in prima li- uea~ com.e i:aranzi . Pi paC\ . la ~società della N~zion~..., e «l'Italia. per la quale una pace definl ti va è in dispensabile condizione di vita. sarà certa.mente l'apo.stolo più terv~nt~ di quella fede <nella Societa dalle Nazioni, n.d.r.}, e dovrà dimostrarlo non solo con~er~ vando inalterati i rappor.t1. ?1 solidarietà e di leale am1c1z:ia con gli attuali alleati ed associr tl. ma anche ini~i;:mdo snbito rapporti di cordia'le amiciz; a co:1 tut' i i row ~. e specia:Jmente coi vicini, e1mceHa.ndo cosi ogni ricordo di passati dissensi». Ma se questi erano i propositi e gli ~u~pici del "con_vertito" Giolitti. ancora pn~ esplicito era stato die~i ,~es1 Prima Leonida Bissola~1 .. leader" riconosciuto degh interventisti democratici. Le « moltitudini nostre - eitli aveva detto irfa ttl (o meglio tentato di dire) in quella l::urrasc.o11a st1rata scaligera dell'll gennaio 19 19 _ e,..>. chiedono ~h~ le forze direttrici (... l le q ual1 hanno guidato la guerra alla fine vittoriosa, sapplan~ 6 soprll ttutto vogliano nce.vare dalla guerra il beneficio divino di liberare l'uomo dalla servttu della guerra » e che « nes~u~ uomo il quale (. .. ) cniamo 1 popoli ~ tender l'arco del lorC? isacriflcio per l'attuazi?ne d~ così !!!rande id~ale,,.vogha. ~gg1 che 11 sacrl!lc10 s mcorono d1 vittoria. sottrarsi al dovere sacro di lavorare per l'attua-
zione di quell'ideale nei congressi della pace, con puro cuore e con volontà decisa». e Le. form1:1 in cui quell'ideale si attua - proseguiva entusiasmato il Bissolati è la Società delle Nazioni>, verso la cui costituzione < deve ora convergere tutto lo sforzo. che l'Intesa Impiegò per rompere il criminoso assalto de~li Imperi»: « idea che già in parte è divenuta e in parte sta diventando reE1lta: iqea che de-: ve impadronirsi al tutto de~ll spiriti per penetrare al tutto nelle cose >. Una settimana più tardi, nel suo m1rni1esto progr~mmatico, il Part.lto popolare, da vn lato facendo proprie le istanze blssolatiane e dall'altro anticipando quelle giollttiane. richiedeva efso pure la co$tltuztone di 11na Società delle Nazioni fondpta sull'arbitrato. sull'abolizione dei trattati segreti e della coscrizione obbligatoria, sul disarmo unlvorsale.
GIORGIO GUALERZI
) VINCITORI A PARIGI PER IL TRATTATO DI PACE: WILSON, CLErlit.NCEAU, BALFOUR, SONNINO
L'appello del '19 suscitò vasti co11sensi giovanili Il popolarismo evocava propositi ideali e di azione che coincidevano con la «contestazione cattolica» avversa ai notabili tradizionali e ai patteggiamenti n1oderati- Fermenti innovatori fra gli studenti bresciani E v'erano ambienti partico-
S
larmente preparati att <1Ccoglte.re l'appello çli Don stur~o ({ at ltberi e forti )), tra guesti era certamente quello dt .Bre11cia cattolica, ricca come era di for~e formative, cii istituaiont culturali e sociali In cui l'impegno al centro ed alla periferia era intenso ed, efficace. La guerra aveva ridotto l'i171:pegno sindacale. e quello politi~ co·amministrativo per fare piu largo TJosto all'a11sistem:a ai combattenti, alle famiglie dei militari, ai feriti, non 111mza la preoccupazione di testimoniare il patriottismo det cattolici, Quest' assi11tenza conti11-uava alla fine del conflitto, spostandosi sui reduci ed i loro complesai probl.emi di natura eco~ nomico-sooiale, ma anche (11 riadattamento psicologico. Ed insieme riprendeva l'attività sindp.cale, l'affermazione nelle amministrazioni provinciali e del Comune. Si intensi/icava l'azione religioso-culturale, sottolineando aspetti e momenti di una a/fermata ripresa religiosa, restituendo vigore alle scuole re/iqtose, rappre~entative dell'afferrnazione cattolica della scuola libera contro la scuola statale e laica. A fianco poi di vecchie ini~iative editoriali («La scuola11 /ondata dal Tovini, la cc Querimana ») se ne detineavano altre destinate a signif tcativo sviluppo (la « Morcelliana n). l.'oli'a.rmtsttzio, in atteiw. della pace, avevano ripresQ vigore le correnti politiçhe prelJellichll coi loro organi dt stam:pa: ì
oro.dica li coll..a Provinoia, , i1HberaU colla B'entinellà, i sociali-s.ti col ~ro settim.miaie Bt'escia nuova riaccen(i.endo la polemtca c-ot cattolico Cittadino di fronte al problemi del àopoguerra, ma investendo anche le correnti e forze nuove che emeruevano nella polttica, prf_ martamente quella degli excombattentt, con programmi rinnovatori. E un proprta linea d'aaione veniva cercata pure da iersone ed istituzioni cattoltche di fronte a problemi vecchi e nuovi con richiamo coerente ai traàizionali impe. gni, tra cui primeggiava sempre la rivendicazione della libertà della scuola.
Fermento
politico Il fermento politico era penetrato nella scuola durante la (11Lerra: ma presto sì avviava la :imobilitazione degli studenti già ìntpegnati neU'assistenzri ai militari e nella propauanda patriottica e si facevano sentire in altro modo le sùggestioni della politica sufla scuola con nuove idee e nuove /orme sta dai di f1tort, ad opera di parttti e di movimentt d'opinione pubbltca sia ctall'in_ terno stesso della .muoia, ad docenti opera di personalità ideologicamente e poltticamente tmpe17nati. A quest'atmosfera, fuori e
at
I I ASCISTI DOPO IL CONGRE$50 DI TORINO IL PA~TITU CONTINUA LA NONOSTANTE L'OFFENSIVA CONTRO I POPOLARI CONOOTTf DA A FOT SI RIFERISCE ALL' INAIJGURAilONÉ DI UNA NUOVA Sf~IONE SUA BATTAGLIA POLITICA CON LO STESSO SPJIUTO DEL 19• LLC !DE gE GASPl!Rl CHf: SI NOf-. ,_ SlNlSIRA APPOGGIATO ALlA COLONNA A Ml!A:\10 Nf:L GENNAIO DEl. 1924. ORATORE UFFICIAI-~ fU A • •
cìentro la scuola, si era ·rinelato ·presto assai sen1>tbile studente ài liceo e/I.e qUOt:a ero. Vi avevano contribuito ia formazione reltgioso-culturale dei Filippini di S. Maria della pace, tra cui era da poco tornato dalla prigionia pa(/,re Bevtlacqua, enerpico risvegt:atore di coscienze ed onesto pre.9entatore di problemi, il circolo di cultura di palazzo S. Paolo, di cui mi veniva affidato tl riordino della vecchia biblioteca. Ma non meno efficace era l'as siduità atla reaaztone riel Cittadino di Brescia, sullo stesso pianerottolo del circolo S. Fau~tino: gut ventvo tniziato al dtbattito giornalistico, qui apprendevo le tensiont e contestazioni interne rispetto ai notabili ecclestastict e laici, l'tr requietuatne dei redattort più vivaci, la rivendicazione di una p1·opria ini:aiativa da parte dei giovani. Era qufndi naturale che entnusi nel gruppo del giornale studentesco la. fionda, areato, con cto1r Rattista Montini ed altri, da Andrea Trebe»chi, la c~i ._;omuatlività doveva essere cinque lustri àopo troncata in ltn campo d'elJminazione tedesco. Questo invito ad un'azione oosoiente che mi veniva dal~ l'ambiente della Paoe, dalla prime es1)ert1mze deWoruanizzaoitone cattolica, dalla S . Vinoen~o. trovava un ulteriore energico alimento nel ltceo 1< Arnaldo > ad opera di una forte per3onalttà dt eduoatore, quella di Auvusto Monti, professore dt lattno e greco, che et avviava a cogltere la vtta moàerna ner;li autori classict, a guardare at problemi più cn.e alle formulaetont programmatiche, a rtvedere crttioam1mte le post2toni det partiti dell' lta _ lta risorgimentale, in questo offrendo ptusttfl.caatoni per no1 stgnifl.cative alla tradt~ionale polemica dei cattolici contro lo stato accentratore e latoo. Egli vetitva àal gruppo dell'Unità. di Salvemint, e non soto a me, educato alla contestazitme deL la. scuola dt Stato, faceva impressione la sua polemica coritro tl monopo/10 sçol(J.Bttco statale e la riohtesta d'una naturalmente scuola lt'l>erc, per lui laica, ma sen2a prit,tlegi. Mente ed animo dello studenti" ztceale erano dunque preparati ed aperti ad tmpottaelont nuove: l'appello sturitano e ai ltb13rt e tortt » del gennaio 1919 tocoava così corde particolarm13nte sensibili in un giovane, come quelle della libertà e d,el vtuore. L'invito ad· a.pire e s1mza pregiuàtzt nè preooncetti > moveva incontro al~ l'in&offeren2a ed al fastidio per le poaiztont traàizionali, •itmi'flcava Za contestazione del predominto det notabili coi loro Umiti di programma sociale e
w
C()l!a lof'f) di1fiden-za ed insof-
-~i ogni in!;:iativa dal so. #in&r. IJliptéssione mi faceva. il richiànto a Wilson, la politica estera essendo an~ cora fuori dalle capacità di comprensione di un sedicenne. Invece aveva una grande eco la contesta'Ztone dello Stato ac. centratore, l'« appello al vero senso della libertà>, in concreto alla libertà reliqiosa, alla libertà d'insegnamento, a quella sindacale, alle libertà locali « secondo le gloriose tradizioni italiche~. E non minore consenso suscitava la funzione attribuita alle libere energie popolari evocate, dt costituire « ~tementi cli co11serva2ione e di progresso, dando valore all'autorità come forza ed esponente msieme della sovranità popolare i>. Il senso 4ella personalità veniva infine eccitato dalla volontà dichiarata di presentarsi « nella vita politt· oo. colla 11r ov ria bandiera morale e sociale, ispirata ai saldC pr.i1oi,Ji dcl crtsllanesimo • cQntro t patteggiamenti non :iempre edijìoantt col moderatismo politico ed amministra. ttvo defili ulti171i lustri.
1cùenza b
Carica
ideale Ed il giovane sedicenne mm poteva. non /ienttrsi /iOllecitatq a untrsì agli • uomint moral? mente liberi e socialmente evoluti > a cui era rivolto l'appello. Cosi non tardavo ad ade· rire al nuovo partito che ~t c/l.iamava popolare ed italiano, considerando tale decisione come lo sviluppo logico nel nuovo clima e nella nuova situazione della mia cosotenza rl'ligiosa e del mio impegno sociale. Di li a poco, a confermare la deCiSìotze, Si a17UiUti(JfJVa la conoscenza personale con Luigi Sturzo, a cui tn un grigio mat .. tino dì quel febbraio nella piccnla chiesa di S. Luca servìvo la Messa. La non lunga conversazione col piccolo prets siciliano rafforzava l'impressione ricevuta dai suoi scritti. Fin d'allora apprendevo (la lui come la volontà politica ed il lavoro sociale abbiano come presupposto necessario la conoscenza dena realtà economi CCf. e .sociale_. Negli anni d.tfft: c1H, H semtclandesttno Bollettmc:;> .biblio~rafi~o di scienze soc1a.11 costituira un viatico· e proprio per riconoscen2a ' a quanto dovevo a Stur20 pen8erò pi1ì tardi, negli anni agìta.ti del secondo dopopuerra, ad una antologia di stun:iani per la forma>!tone politica, che ancora mi rammarico dì non aver potuto realfa2are.
MARIO BENDISCl(X.1
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'IL POPOLO- -
Pag. XIV
IL DRAMMA DEL SUCCESSO L 18 gennaio del 1919. a non molte settimane dalla fine della guerra veniva diramato al paese l'appello e il testo del programma di una nuova e, sotto tanti aspetti, imprevista formazione politica. Nasceva il Partito Popolare, il quale doveva poi, a distanza di qualche mese, sottoporsi al giudizio del corpo elettorale, ottenendo oltre un milione e cento.sessanta mila. voti, pal'j al 20.6% degli e··ettori e mandando cosi alla Camera cento deputati. successo indiscutibile, e tale a.n<:he da creare al nuovo partito problemi di difficilissima soluzione. E' affermato dagli studiosi del popolarismo, e con molta verosimiglianza anche in difetto di esplicite dichiaraziOllli, che lo stesso segretario del partito avrebbe preferito iniziare con un minor numero di deputati. socialisti e popolari raggiungevano infatti la maggioranza della Camera avendo complessivamente il 52,9% dei suffragi e 256 deputati. I popolari, con i socialisti che non avrebbero partecipato al governo parlamentare, erano cosi elemento essenziale per qua. lunque possibile governo costituito da loro e dai vari gruppi residui della vecchia classe dirigente; erano insomma costretti ad una fun7ione di leadership, ma se erano troppo forti per ricusarla non ìo erano in grado tale da poterla esercitare. Di ciò pensò di profittare l'on. Giolitti che, sperando di combattere efficacemente sia i socialisti - mdeboliti da:Jl'aver avallato agit&zioni e violenze senza sbocco e da:lla scissione cdlla costituzione del partit-0 comunista - che i popolari, indisse a meno di due anni di distanza nuove elezioni. Calcoli errati. in quanto i popolari aumentarono sia pur di poco 1 loro deoutati (107 contro 100) e soèialisti e comunisti persero solo, complessivamente, 18 seggi. Non mi propongo qui di fermarmi sulla storia della maturazione e degli inizi del Partito Popolare, ma un interrogativo può essere posto, tanto più che sinora è stato più impllclto che esplicito anche tra i più acuti studiosi del popolarismo. E cioè chiedersi le ragioni di un successo cosi immediato e di tali proporzioni. Se si seguono gli schemi odierni, applicabili a esempio alla Democrazia cristiana negli inizi del secondo dopoguerra, si dovrebbe mettere in primo piano la gerarchia ecclesiastica e le organizzazioni confessionali. Ora, per il partito popolare la gerarchia era, nel migliore dei casi e nella sua maggioranza. benevolmente indifferente. Benedetto XV aveva lasciato nascere il partito, riaffermando però i compiti meta-politici della Azione Cattolica; il suo Segretario di Stato, card. Gasparri, non nascondeva molta perplessità, era contrarlo al fatto che un prete, don Sturzo, ne fosse il maggior esponente e giudicava il partito, e il meno peggio cli
I
tutti-. ossia «meno peggio del partito comunista, socialista, radicale e liberale >. L'Episcopato era in buona parte su posizioni clerico-moderate e l'aveva dimostrate m occasione del patto Gentilonl Qualche vescovo, nel 1919. nppoggiò candidati non popoiari, ma noti per il loro dichiarato cattolicesimo. La aconfessionalità del partito aveva d"altra parte aggravato la situazione e di ciò del rest-0 si ebbe conferma durante il orimo Congresso del partito a ~Bolo gna, ove un sacerdote della statura di p. Agostino Gemelli. s'era battuto perché il partito si detinlsse per lo meno
Paese, 11011 dal• le organ.i:z.za .. .zioni ccittoliclie e cristiano > in modo da significare. scrive De Rosa, «un maggiore lega:ne con 1'9.utorità ecclesiastica>. Né, d'altra parte, confluirono subito nel partito, alcune tra le più vivaci correnti cl~lla anteriore democrazia crist,iana. Ne rimase fuori lo stesso Donati, che vi aderì solo successivamente; ne rimN:t ro egualmente fuori qu"!i muinani i quali, seguendo il loro maestro - cito ancora da De Rosa - considerarono < se'llpre fondamentale il problema di rinnovare la vita della Chiesa, attraverso quel movimento della democrazia ;:ristiana che scaturiva da ansia più religiosa che sociale ed economica>. Più facili furono i rapporti con la Azione <.attolica propriamente detta per la distinzione, avvenuta del resto con qualche difficoltà, dei compiti specifici. Egualmente il partito potè contare sull'apporto delle organizzazioni sindacali, pur conservando quest~ ultime la loro piena !lUtonomia. Se, a questo punto, si volesse valutare l'apporto elettorale dato al partito dalle or-
~AlTAGLIA
Dl MANIFESTI PER LE ELElJONI DEL
ganizzazioni cattoliche, è necessario aver presente la relativa scarsità numerica di queste di fronte ai suffragi ottenuti. Siamo pertanto ancora al quesito iniziaùe e cioè a che si debba attribuire il successo ottenut-0 nel 1919 e consolidato nel 1921. Una risposta può essere data esaminando non tanto questo o quel settore, quanto la vita del cattolicesimo italiano nel suo complesso. come qualcosa cioè di sostanzialmente unitario anche se frazionu.to da contrasti interni. Il discorso richiederebboe qui spazio ben più ampio di quello consentito a un articolo. E richiederebbe anche un nuovo approfondito esame della vita italiana nei primi decenni dopo l'unita, verificando così molt~ affermazioni di uso corrente supinamente accettate dallo stesso mondo cattolico. Cosl, di fronte alla conclamata inferiorità dei cattolici nel campo della cultura, non è lecito sottovalutare il peso che ebbe, anche a live!lo universitario, Toniolo e la sua scuola; la presenza di cattolici militanti in tutte le università e nei diversi rami d'insegnamento; l'altissimo livello cuiturale di noti membri dell'Episcopato; l'azione di promozione perseguita nel campo degli stuci religiosi e profani dal Murri; l'opera, culturale essa ste~sa. svolta dalla er:cezionale fioritura di giornali e riviste. E tutto questo compiuto su scala nazionale, a differenza di ciò che accadeva per altri movimenti, confinati in sedi regionali o, per lo stesso sociallsmo, con f:ravi squilibri à'azione da Nord e Sud, tra mondo operaio e mondo contadino. La gu€;rra, se fu il primo autentico banco di prova dell'unità nazionale. lasciò proprio questo bisogno di unità anche nelle masse più sprovvedute. Nacquero cosi o 5i affermarono i due partiti di massa su scala nazionale, il partito socialista e 11 partito popolare. Né, del rest-0, la tendenza all'unità ebbe conseguenze soltanto positive. Nel partito popolare confluirr.no anche quelli che successivamente si qualificarono come clerico-fascisti. Ma si trattò di una esigua minoranza, mentre il socialismo dette luogo a tre partiti, dal comunista al riformista di forze pressoché eguali e in violenta polemica tra loro. Il cattolicesimo italiano espresse così un partito po1itico schiettamente democrc;tico, di democrazia parlamentare, con esponenti di eccezionale rilievo, da don Sturz.o che fu non già un puro politico. ma essenzialmente un sociologo e uno studioso di problemi economico-sociali la cui influenza è tutt'altro cha spenta nel mondo della cultura euro ed extraeuropea - ai Meda, ai tanti universitari che militarono nelle sue flle. Ed è anche questa una prova della sua vitalità e della incidenza che ebbe in tutta la vita nazionale.
GIAMPIETRO DORE
191~
SùTTO IL PONTIFICATO DI BrnEDETTO XV, QUI NE! Gl/IRD1Nl VATICANI CON IL FRATELLO, AVVENNE IL DEFINITIVO SUPERAMENTO DEL D1SIMPEGNO POLITICO DEI CATTOLICI
La Romagna intransigente offrì vivaci stimoli innovatori prima manifestazione del risveglio dei cattolici romagnoli si ebbe con <La sveglia della Romagna>, periodico popolare di Cesena (1892-1895). Promossa da un gruppo d.i giovani decisi a destarsi dal « colpevole letargo », a spezzare i vr.c:chi schemi e a prepararsi m attesa deli'« ora della giustizia», cioe del giorno in cui le forze cattoliche avrebbero potuto misurarsi sul terreno politico con gli altri partiti. e ,çn.rebbero state in graào di « ricostituire una società nuova basata per intero su fondamenti cristiani», la « Sveglia » fu chiara presa di coscienza delle necessità del mondo cattolico, preannunciò il superamento della polemica tra in transigenti e clerico-mouerati intorno alla conciliazione e n.I non expedit, fu il primo passo del faticoso contrastato cammino di inserimento dei f]ÌOvani all'interno dell'organi22azione ufficiale cattolica, poi di sopravvento sui conservatori. Dopo la crisi del '98, sempre a Cesena, «Il Savio» (18991909) portò avanti il discnr!:n appena iniziato dai cattolici sociali della « Sveplia ». Il «Savio», infatti, si proponeva d1 «far diventare cristiano e cattolico anche lo Stato che d.P.i sentimenti e delle aspirazioni dei consociati dev'essere l'interprete»: di raccor;liere in un fascio « le forze dei rteboli. dei lavoratori per conquistare loro una posizione sociale più conforme alla loro dignità di uomini e di cristiani»: di lottare per « un nuovo ordinamento economico » e per un « nuovo sistema politico» nel quale trovassero rappresentanza proporzionale tutte le classi; di ottenere una serie di riforme: il minimum del salario, la rid11.2ione equa delle ore di lavoro, il riposo festivo, l'imposta progressiva, il referendum, la municipalizzazione dei servizi pubblici. Il risveglio del quale cesena aveva dato le prime manife.~tazioni, investì alla fine del -ecolo tutto il mondo cattoltco romagnol<' "ome attesta la fioritura di periodici: « Il Piccolo» a Faenza, <•Il lavoro d'oggi >i ' Forlì, « Il Risveglio » a Pu.venn!1, per non citarne che alcuni In tutti, minoranze attive e'sp1,mnvano l esi~e1:za et.i « entrare net campo deqlz interessi pubblici», la volontà az « rompere le cappe rl.1 piomho » che r icora gravavano sugli uomini di parte cattolica, la necessita di « portarsi fra il popolo » per aiutarlo, per combattere con lui e per lui. Eloquenti in proposito queste righp f'he tc,.,'iamfl dn apvunti inediti, scritti nel 1903 da un g.ova.tte sace. dote raveana~<1. don Girolamo zattoni: « St vorrebbe che il prete badasse esclusivamente alla chiesa, e biascicasse corone o paternoster. Noi [invece] vogliamo non solo uscire dalla chiesa, ma anche uscire dalla sacrestia. Questa è la voce di credenti e di cittadini. Come credenti abbiamo il dovere di spargere il nostro Vangelo che è luce, verità, giustizia, amore dz spargerlo dovunque, prima sì nella chiesa, ma di qui deve irraggiare dovunque, deve estendersi e spandersi nelle SC'Uole e nelle istituzioni civili, nei campi, nell'aula municipale,
L
A
nella stampa. Dobbiamo propagandare la nostra dottrina non sol0 religiosa, ma anche sociale, ma anche economica con tutti i mezzi legali che il. tempo permette e richiede». Quali furono nel decennio successivo il profondo travaglio, le dolorose esperienze, gli entusiasmi e le amarezze, le ardite e talora inquietanti affermazioni, le posizioni talora contraddittorie, non è qui il caso di ricordare. Basti pensare a « L'Azione Democratica » e a «L'Azione», alla Lega Democratica Nazionale, ad Eligio Cacciaguerra che della vita della Lega impersonò il secondo momento nel quale fu respinta l'infiltrazione modernista e fu affermata la lotta« religiosa» al giolittismo. a Giuseppe Donati che ebbe una visione più concreta delle responsabilità dei cattolici di fronte alle esigenze della società democratica italiana e impostò una tematica politica p:ù realistica, in talune componenti non distante da quella che costituì la piattaforma del futuro partito popolare. Ma ci preme sottolineare la volontà di portare avanti la
lotta in un ambiente dominato da socialisti massimalisti e da repubblicani massoni, accomunati nel loro acceso anticlericalismo, la volontà di opporsi a « tutte le concentrazioni pseudoliberali o popolaroidi »; di prender parte come forza autonoma. alle lotte amministrative e politiche; di fondare circoli, istituti d istruzione, unioni professionali; di promuovere comizi, agitazioni; di creare insomma nel popolo italiano una coscienza politica cristiana.
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A partecipazione alla gran-
de guerra maturò nei cattolici che avevano vissuto i nuovi ideali, la consapevolezza piena deUa loro eguaglianza di diritti e di doveri; la convinzione che il Paese che avevano difeso avrebbe accettato dt ascoltarli e di lasciarsi guidare; il proposito di riprendere l'azione appena cessato il fuoco. « Il maggior motivo per cui piango la vita giovane, è quello di non poter essere con voi a fare del gran bene, a riorganizzare le nostre file, a mettere un soffio di vita cristiana nella società che si rinnoverà domnni », scriveva Giovannt Bra-
schi nel suo « diario di prigionia». Cosicché. finita la guerra, si assiste ad un nuovo slancio di apostolato e di attività organizzativa da parte dei cattolici più vivi e più aperti, decisi adesso a liberarsi del tutto, e a liberare i « timidi». da quello che era stato ed era, in Romagna in particolare, un fattore paralizzante: « il complesso dell'anticlericalismo». Ne sono un esempio, a Forlì, l'opera di don Giuseppe Prati e il settimanale da lui fonaato all'inizio del 1919: «Il Mo-
mento».
IN dai primi numeri (5 e 11 gennaio 1919), «Il Momento » mostra la propria fisionomia:« Cattolici dunque: e per questo italiani, non imperialisti; democratici, non rivoluzionari; ubbiodienti, non venduti; rispettosi, non schiavi; liberi, non ribelli»: chiede « libertà e giustizia i> per la nazione, per le classi e per i partiti; riafferma l'impegno all'azione civile e sociale: « Oggi, dopo quattro anni di sacrifici e di lotte, si impongono delle ardimentose riforme sociali e i cattolici, che non temono il
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progresso sociale, si apprestano alle nuove battaglie». In questo ambiente, fervido di opere e di propositi, giunge l'Appello del 18 gennaio. Ci sono tutte le premesse e le condizioni perchè venga accolto. Manca l'animatore, l'organizzatore. Ma pr?prio allora, reduce dalla prigionia, arriva a Forlì Giovanni Bruschi che subito si mette alla testa dei cattolici che si riconoscono nell'Appello e che sono disposti a propagandarlo, a farlo valere di fronte ad avversari per i qua.ii i cattolici, anche se democratici e socialmente aperti, restano pur sempre « i squaciarel » e <( i prit », e dai quali il nuovo programma viene definito «l'ultima truffa politica dei clericali » e « una maschera degli intrighi del Vaticano». Per merito di Braschi il 17 febbraio 1919 nasce a F~rlì la prima sezione del Partito popolare. E' un momento destinato a vivere nella memoria dei presenti: « Braschi con impeto e con fede legge questo programma nel quale noi vediamo veramente una riforma necessaria per l'Italia, un bene per il nostro popolo, una cosa cristiana, civile, sociale », ha ricordato recentemente Angelo Ratfaelli che divenne il primo segretario della Federazione
forlivese e fu un po' il « braccio destro » di Braschi Per merito di Braschi il partito mette radici in molti paesi della Romagna, anche là dove era assai arduo, per molte ragioni, fare proseliti: cerca e trova spazio vitale soprattutto neìle campagne, tra i contadini, tanto che viene anche chiamato il «Partito dei contadini ». Certo le difficoltà sono motte. Vivono ancora nelle masse dei cattolici il « com·p!esso aetl' anticlericalismo », d1ffi denze e timori di ogni genere, e apatia. Ma Brascnt non d1sam1.a: « Se la gente non viene a sentire noi, andiamo noi nei loro comizi; la gente ci andrà. E facciamoci vivi e facciamoci intendere». E si butta all'apostolato. all' organizzazione la quate sola, a suo avviso, permette di tenere il contatto con le masse. di far fronte ai socialisti e di ritornare al lavoro sindacale. Al congresso di Bologna r giugno 1919) i rappresentanti dei popolari forlivesi e di tutte lP. sezioni che si erano costituire per loro impulso, partectpano con un mandato ben preciso. quello di votare per l'intransigenza, di respingere una politica che contempli ancora equivoci e mezzi termini, com.prnmessi e possibilità di ibride alleanze. « Questa Romagna », ammoniva il «Momento», «è all'awnguardia di tutte le riforme e tutte le innovazioni democratiche. Se ci si dà un programma mediano, noi l'abbiamo già sorpassato per l'organizzazione dei partiti estremi: non possiamo fermarci li: le riforme cristiane ed audaci debbono essere propugnate rial nostro Partite. Chi vive in regioni più tardive ci seguira p1u lentamente: ma il programma, lo spirito deve comprendere anche l'estrema sinistra e m questa sarà la Romagna» (7 giugno 19191. popolari romagnoli non rinunciano ad avere la loro personalità, il loro programma e i loro uomini che tate programma sappiano portare avanti, programma che e, in breve, rifiuto del conservatorismo che « ha portato alle condizioni 'attuali di vita, con l'oppressione dell'operaio, lo sfruttamento padronale, il latifondo, l'analfabetismo, la lotta religiosa, l'accentramento ctello Stato, il depauperamento nazionale » ( « Il Momento », 25 ottobre 19191. La voce deL Partito popolare, dunque, fu accolta in Romagna come voce che tntnpretava la coscienza nuova maturatasi attraverso il travaglio di una generazione, coscienza nuova che anelava alla giustizia, respingeva ognz egoismo utilitaristico e riprovava la viol enza in qualunque forma essa si mani!estasse. Di qui la tenace lotta contro le violenae fasciste, poi l'opposizione al regime, e infine la partecipazione alla resistenza dopo l'8 settembre 1943. Dz qui il diritto di cittadinanza nella vita politica dell'Italia che rinasceva dalle macerie e il titolo per essere in essa nel novero dei protagonisti.
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ALDO BERSELLI
IL POPOLO -
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I ·POPOLARI DI FRONTE AL PROBLEMA DELLA SCUOLA •
La richiesta della libertà d'insegnamt?_nto era comune a tutti i cattolici de'i tempi risorgimentali - ll PPJ propose anche una riforma degli ordinanienti con lotta contro l' analfabetisnio, istruzione ·tecnica e cultura popolare - L'esame di Stato nel progetto predisposto da Croce nel 1920
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L problema della scuola 011rgurato soprattutto nel~ d~. ormula della « libertà tante msegn~~ent?) era, tra le eredita nsorgimentali f orse quell .. premeva,• fì . 0 ch e p1u to~· ~agl~ ~nni dell'unità, ai caL za ic1 militanti di ogni tenden. In e~so trovavano il loro acco~do .intransigenti e transigenti e., 1~ seguito, cattolici de~ocratic1 e gentiloniani i quali' m t ~ltre questioni, erano schìe~ ra I s1;1 posizioni diverse, per non dire opposte. Insieme al rroble~8: dell'inscindibilità del] a famiglia, era questa una delpoch~ questioni che i catto c1 sentiyano in modo unitarioln l~~fett1, proprio nella scuola· ne . msegnamento e nella d!f~ fu~ione della cultura l ch· e I catto1· . , a iesa .. . i?1 avevano avvertito P~';l tang1b1lmente e si direbbe ~~~ drari:ma~icamente la coniz one d~ minorità in cui erano v~nuti a trovarsi, quasi da un g10rno all'altro, per effetto ~el trionfo della rivoluzione lie ~ell~ costituzione dello stertale a o umtano. La Chiesa non soltanto aveva. l?er~uto quella posizione di Pr1".'1leg10 che la tradizione or~a1 millenaria e la stessa Reaurazione le avevano assegnato ma, per il monopolio statalè dell'insegnamento 0 me:~10d.della validità dei titoli di di~ io, no.n era neppure in con_ n one 9.1. contra~tare sul pialeo ~colastico la diffusione delidee 4: rivoluzionarie» im~~~nta:te al laicismo, all'indif~n~ismo e allo scientismo ~ositivistico tanto cari alla 0 p~ va classe . diri.gente. Anche 1~ polenuca culturale an.:. reu!~a°sale, per. non dite an~i0 a, assai viva specialmente nelle scuole m e die suerio · P · molt n,· la Chiesa att n'b mva. scola~tl:popertarnczh8: al problema .' e vedeva nel ~onopoho statale della scuola l pe!ic<;>lo di una com !eta scrist1amzzazione della P1 · colta. e asse ?ell'importanza della quest1on.e sc~last1ca ,si avvidero quasi subito alcuni esponenti del movimento cattolico italia no. T!a essi spicca la figura dÌ ~icolo Rezz~ra ·che, per la sua mstancabllita nell' agitare il problema e per la chiarezza delle idee, merita più del titolo di pioniere con cui è stato finora qualificato. In genere si P.Uò dire che fosse l'ala gio: vanlle del movimento cattolico, quella che più direttamente aveva a che fare con l'insegnamento e la diffusione della cultura, ad avvertire con maggior.e urgenza il problema: in_ fatti,. fu dal seno della Gioventu Cattolica che fin dal 1875 • parti l'idea di ~a società c~ttol!ca c~e avesse come scop preminente l' agitazione ~~~~~~ l'oJ.inione pubblica della concretame~~~egnamento, che , attuarsi con 1 avrebbe dovuto . a rottura del mo nopo1IO scolastico d a. P.arte dello Stato e alla Chiesa d' la restituzione sue antiche aftr~ba parte delle teria scolastica. uziom in ma-.. li tentativo ab t nascere per molt or ~ .quasi sul tà.: le eccessiv~Phc1 di~ficol. sproporzionate ambiziom, possibilità. orga 1alle . effettive turali dei catt0~ 1z~ative e cul(si pensò anch c1 del tempo una universitàe all'apertura dl stilltà della cl cattolica), l'odegli ambienti ass e dirigente e non ultima n cu1turali laici e, qua~i mpostazlone an_ cora « privilegistica comple.tamente frontato il Pro~Jcon cm era afComunque ema scolastico. per 1 primi ~~so restò vivissimo nostra sto . mquant'anni della. per la co;1a unitaria, anche cattolici mPi~;!etza . che tutti i nèl domandarn n n:ostravano Nonostante te a risoluzione. e le richieste u1~e clehpressiont 1esa non riusci però ad tatl molto bri1!a~~[e~~~,e _risul1 to a conservare · sci cerzwne, come la qualche posil'insegnamento ~~f.s1 _b 1 hta cteJsoltanto nelle scuol1:10 0 • però ri, in ciò favorita e ementa_ conservatore di qudtf calcolo della classe dirìgen~e a I?arte esempio, l'influente (tipico milanase Gaetano Ne se.natore considerava la religiogni che la concèzione del mon e come classi subalterne, desti~~t delle essere superata nelle for a a.d vers~ e superiori di P!°é· di~ e d1 atteggiamento s . ~siero p:oJ)rie delle classi co1f~ntua1e In sostanza quindi, fino a
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tutta la guerra mondiale, la Chiesa fu esclusa da qualsiasi influenza nelle scuole medie e nell'università, soprattutto con il cosiddetto « monopolio scolastico », per cui solo l'organizzazione statale era abilitata a rilasciare diplomi g!urldicameute validi per l'accesso alle carriere. Questa situazione era acuita dall'atteggiamento di ciò che i cattolici chiamavano polemicamente, ma anche con timore, «la Minerva », cioè quel complesso di elementi <come l'indirizzo della burocrazia ministeriale e le tendenze dominanti nella cultura degli insegnanti) che, nel loro insieme, assai più della stessa lettera della legge, costituivano un ostacolo insormontabile per modificare la situazione esistente e per mettere gli studenti che non frequentavano là scuola statale in condizione di superare le prove previste per i cosiddetti « privatisti ». Per supérare questi ostacoli, i cattolici credettero opportuno, a partire dal patto Gentiloni, procedere per via.- politi· ca. Nel seno dell'Unione Popolare, ù centro direttivo dell'azione cattolica dopo la riforma di Pio X, fu cosi costituito un segretariato « Pro Schola », con il duplice compito di agitare il problema sco_ lastico presso l'opinione pub-
blica italiana e di premere politicamente sulla classe dirigente. I risultati immediati furono nel complesso assai scar_ si, anche perché, corti'è noto, Giolitti sapeva svincolarsi con estrema ab1lità dai tentativi dl condizionamento qei suoi più o meno occasionali fiancheggiatori. Tuttavia, con l'istituzione dell'associazione magL strale «Nicolò Tommaseo », i èattolici, ancor prima dello scoppio della prima guerra mondiale, rafforzarono la loro presenza in seno agli insegnanti elementari, rovesciandone in pochi anni la tendenza dominante che era, anch'essa, anticlericale e scientista. Un ostacolo pilì duro era opposto però dagli insegnal}.ti medi. Qui veramente l'opera d1 penetrazione incontrava difficoltà più ardue: i cattolici pensarono allora di aggirare l'ostacolo affrontandolo in sede politica. L'occasione venne con Il sotgere del partito popoi are. Gjà l'appello «ai liberi e forti» del 18 gennaio 1919 conteneva un accenno, piuttosto vago in verità, alla « riorganizzazione scolastica » e alla « lotta contro l'analfabetismo »: lo stesso programma, emanato contemporaneamente dai soci fondatori, domanda.va, al pun_ to secondo, «la libertà di insegnamento in ogni grado », la
Sturzo
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riforma scolastica, 1a lotta con_ tro l'analfabetismo, la diffusione dell'istruzione tecnica e della cultura popolare. Anche al primo congresso del partito, tenuto nel maggio Sturzo parlò della libertà 'di insegnamento e del problema scolastico. Questi postulati acquistarono la loro immediata attualità solo dopo le elezioni del nove·m bre 1919, quando l'inatteso successo delle liste popolari e il calo della pletorica maggio- · ranza liberale fecero del partito popolare il perno della si.tuazione politica e parlamentare italiana. Come portatore di mnlte tesi dei cattolir.i il partito, anche se organlzzaitivahlente aconiesslonaie, iniziò in seno al parla;nento é al governo la battaglia per rompere il monopolio statale dell'istruzione anche nelle scuole medie e nell'università. E' da notare che i presupposti ideologici di questa lotta sostenuta dai .popolari differivano sostanzialmente da quelli affermati ancora pochi annì prima. Infatti, i popolari, abbandonando il campo grettamente « privilegistico » in cui fino a ql,lel momento la maggior par_ te dei cattolici aveva affrontato il problema, si preoccuparono di inserire il principio della «libertà d'insegna.men-
to » nel più vasto quadro della rivendicazione delle e libertà dell'Italia » e, perciò, della genuina. ispirazione del popolarL smo da una. parte e della profonda trasformazione della struttura dello Stato dall'altra. Illuminante, a questo proposito, sembra l'ordine del giorno presentato da Antonino Anile al congresso di Napoli delJiaprile 1920 ed approvato dai congressisti: ivi la richiesta dell'istituzione dell'esame di Stato per ogni grado di scuola (con commissione d'esame per tutti gli Istituti scolastici, compresi i privati) si inseriva in una. domanda di riforma generale della pubblica istruzione, che comprendeva non soltanto i punti < privilegiati > cari ai cattolici come parte, ma i postulati dì una più generale apertura della. scuola di ogni ord-ine e grado alle classi fino allora escluse. Le richieste popolari rl~IHlr davano, infatti, l'istituzione obbligatoria degli asili infantili in ogni comune. l'effettiva obbligatorietà. della istruzione primaria per almeno èinque anni, l'istituzione di corsi popolari di insegnamento tecnico professionale, la possibilità di osmosi tra le scuole ad indirizzo classico e tecnico, la apertura dell'università agli insegnanti elementari e ai
IL COLLEGIO ROMANO, UNA DELLE PlU' ANTICHE SEDI CULTURALI DEL LA CAPITALE
licenziati dalle scuole non solo tecniche ma anche del lavoro. Oltre all'Intento di toglier<' alla scuola italiana la sua impronta classista, è interessante notare, nell'ordine del giorno, quello di coordinare la viia della scuola a quelia della socleta italiana. Infatti, doveva essere assicurato "' un rapporto costante tra scuola e regione e tra scuola
di p~rt~~9
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ma anche prete di generosa umanità N
ELLA Roma fine - prima •
guerra - mondiale non an?0ra smobilitata' dei costumi guerrescht delle canzont e della litìgiosttèl che esprimevano l'illusione dt tanti baldi gwvant persuasi di r estar tali per tutti gli anni a venire la presenza, l'evidenza dt don iuigz Sturzo poteva sembrare anacronistica; eppure, cercando nel senso. dei ricordi di quel tempo allucinante, avvertiamo c~e tl « punto nero », cosi inci,cato da Giovanni Giolitti, il prete vestito da prete giunto da!la Sicilia appariva come un prmcipto d' ordtne nel caos, una speranza dt soluzione anche per chi non pensa.va dt m_ettersi al suo seguito. Erano di mocta le piccole specole puntate sull'avvenire politico della nazione italiana e delle altre nazioni d'J!Juropa; in numerose çase. della borghesia gruppi di studiost si riunivano per esplorare il t empo futuro da ognt possibile angolo vtsuale, erano il Più delle volte convegni a livello piuttosto elevato ed è inutile dire che ventvano /un· ri virtualmente ze correnti differenziate e i contrasti. A ripensarci si può anche ricollegare quell'ansia tipica deil' immediato dopoguerra al filone di rtnnovamerito che gi à scorrepa tn tutta l' Italia at margint dt una situaztone postrisorgimentale ormat tn 1a11e dt e!aurlmento: alludiamo alle formazioni giovanm deU' tntzto del secalo, ai giovani della scuoia crtstiana ai gtovant liberali di Giovdnni sorelli, ai giovant repubblicani guidatt dal romagnolo /l.urelio Frattt l'eroe di Domokos che cadde in una trincea dtvenuta « 1os· sa ed altczre » con la òanaiera libertaria del garibaldtnismo e dell' èllents'mo; ai giovarti socialisti chti per la loro ampia autonomia erano una specie di parttto nel partito; e a nuclei mmort di varto impulso filosofico, uno dei quali composto dì Vivacissimi letÙratì poco più che ventenni, voleva cavatcare come t!an Giorgio calpestando il drago malefico e st denominava perciò «giorgia?tcJ». Tutto questo sparì nel vortice dcl conflitto mondiale, ma può darst che per tardo fenomeno carsico tornasse alla tuce con mutate compagini e più rigorosi indirizzi tra il 1918 e il 1919. E' innegabile, comunque, eh~ tn q~egli ambienti l'appa· rizwne di don Luigi Sturzo e
del suo arrpello ai (( ltberi e forti » costttut un elemento dt potente richiamo; da quegli esponentt di una generazione in fermento furono tr11:tti non pochi quadri del Partito PO• polare. E qui ricade n.ella. sf~ ra deì pensieri un episodio i71: sé modesto ma non privo di pathos, e che purtroppo sono solo a poter rievocare dopo la · ~comparsa dt tutti gli altrt protagonisti. La notte di Natale del '18 st annunziò a Roma assai rigida j ma chi poteva sen_tirè l'aria di neve mentre squillavano in tutte le strade gl'tnnt della ,vtttoria? Il nostro clan flo comp'onevano giovani quasi tutti del Mezzogiorno, che poi ebbero spicco_ nella loro carriera) si ritrovo per r ecarsi alla messa di mezzanotte a
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se con sbalordimento dopo qualche t empo non avessimo trovato il nome del nostro amico nell'elenco dei candidati e poi tra gli eletti nella pri· ma apparizione del Partito Popolare al centro dell'aula di Montecitorio. Ero allora redattore parlamentare del se~ colo di Milano diretto da Ma· rio M issìrolt e dovevo trascorrere necessariamente le mie giornate nei corridoi della Camera : spesso mi ttnbattevo nell'onorevole uscito dalla nostra compagnia: un « ciao l> e basta. Mi telefonò Misstroli, a legislatura inoltrata, per dirmi che Sturzo riteneva necessario spiegare alcune posizioni e annunziarne altre in un'ampia intervista piuttosto combattiva: lo avrebbe fatto volentieri se io fossi andato a interro-
politico, perciò egli si era messo contro le « marette » {liolittiane nel Mezzogiorno, perciò aveva pescato in ogni campo, senza pregiudizi, le personalità che potessero affermare in Parlamento, tn costante contatto con l'opinione pubbUca, le ragioni del Parttto Popolare. Occorreva un rinnovamento profondo, una modernizzazione dell'Italia su larga base, e per· ciò n'<n erano necessq;ri i grossi cannoni, i « trombont », ma personalità di buona fede, oneste e coscienziose, tecnicamente preparate e soctalmente aperte, non certo di spirito anticlericale ma neppure clericale. Sturzo semplificava t prnblemi cercando solu:lioni pratiche e vicine: ho cercato in questi giorni il testo di quell'intervista che fece un po' di
11 '"punto nero,, clic Giolitti non capi, appa1•ve una sperania di soluzione anche per chi 11on pensava di mettersi al suo seguito; sen1pHficava i prohlen1i cercando i111postazio11i concrete.....
san Silvestro dove il rtto era molto solenne, molto bello. C'erano pure signore e ragaeze dtstinte, un insieme bene affiatato. Entrarono tutti nella chiesa già affollata: io mi trt;zttenevo sulla soglia per cedere il passo, come usa. Era rimasto fuori anche un altro, un mio caro amico, e lo pregai di precedermi, ma ebbi da lui una strana risposta: «Entra pure, io rimango qui ad aspettarvi ». E poiché lo guardavo con sorprèsa, aggiunse a meaza voce: « Tu mi comprendi: incontro a Dio bisogna andarvi con f ede, altrtmenti è meglio starsene sulla strada». Non captvo ptù, non capivo quel tipo bonario, colto, acuto, che mai aveva rivelato drammi spirìrituali di quel genere. Lo lasciai bruscamente e raggiunsi il gruppo. La funaione durò più dt due ore: quando tornammo . all' aperto trovammo sulla soglia, strematQ dal jreddn e da chissà quali altre torture, il nostro dissidente, e si aggiunse gelo intorno a lui. Avremmo dimenticato tutto
garlo . « Vuoi parlare proprio con te: prendi l' appuntamento». Avevo visto più volte il fondatore del Partito Popolare, mi ero intrattenuto con lut nel suo ufficio in Via dell' Umiltà e poi nella sua nuova sede in un modesto appartamento eh.e, 11e ben ricordo, faceva parte dt un caseggiato tra l'Augusteo e Piazza del Popolo: sempre don Luigi era stato co1i me cortese e benevolo. Andai dunque da lui per l' tntervista e lo trovat assai favorevolmente atsposto. Il Professore mì attendeva, aveva sullo scrittoio un /oglio su cui vedevo tracciata la « scaletta »; io prendevo rapidi appunti ma ero disturbato dal rumore della stanza vicina, evtdentemenU la segreteria; arrivavano voci concitate e un crepitio corale dt macchine per scrivere. L'intervista snodò una crttica ragionata a tutti i partiti, quindi divenne pure un'autocrttìca. Sturzo si preoccupava della seleztone deglt uomini per un vigoroso eserciZio del mandato
cltiasso, non mf t riuscito di trovarlo; P. mi dispiace dt questa delusione, perché avrei voluto rileqgere e ripubblicare tutti quet pensieri che allora annotai .~ul mio taccuino in modo sommario e poi rielaborai q~anto più esattamente possibl~:!, senza aver mai saputo se tl Professore fosse rtmastn .~odl1.isfatto della m.ta opera Fatto sta che, quando mi parve che U sacco tosse stato vuotato, j eci per alzarmi e prendere corigedo, ma il Professore mt chiese: « Ha fret ta?'>>. Naturalmente non avevo nessuna fretta; e allora egli mi guardò negli occhi come · per scrutarmi attaccando un tutt'altro discorso: quello della Messa natalizia. Rimasi alJ.ibtto: mi spiegò sorridendo che la storia era stata portata fino a lui proprio dall'interessato, quando si trattò di induderlo nella lista dei candidati. Era stato proprio il mio amico a confessarsi raccontando per filo e per segno l'episodio della notte di Natale e spiegandone
f lontani moventi, nella fede convinta in gioventù e nella successiva crisi religiosa alla università; proprio quella notte di Natale la fase dello smar rimento si chiuse per sempre. Sturzo capì tutto a volo, accolse le spiegazioni nel largo, gen n•·oso mtznte 11o della sua umanità, e in più, felicemente si adoperò per ristabilire jra lui e me l'antica amicizia. Nell'aprile del 1923 il Partito Popolare tenne a Torino il suo quarto congresso nazionale; io lo sel)uii ctiltgentemente per il Secolo. Fu allora che rividi Sturzo e potei salutarlo mentre saltva alla tribuna nel teatro traboccante di congressisti. Il Professore appariva invecchiato, anche più smagrito, ma lo sguardo conservava il lampo della volontd coraggiosa. Mi strinse la mano, mt dtsse: « Ho sapµto che t'amfctzta è tornata con la sttma reciproca: ne lfuno contento». Il mio amico si trovava alle spalle del maestro assteme ad altri deputati. del gruppo, capi tl senso deUe parole e mi rivolse un sorriso d'assenso. Quello del 12 aprtle 1923 1u discorso epico: nel teatro esplodeva l'entusiasmo, fuori st sentiva l'atmosfera di battaglia. Sturzo precisava a voce alta le sue proprie responsabilttd: «Noi vogliamo che la unita morale degli italiani si rtfaccia sulla base intangibile delle libertà costituzionali e delle autonomie locali; nello sviluppo delle attività economiche ove le classi sociaii trovino interesst df convergerz2a e co!laboraztone morale: nella sìnte~i della vita nazitmale che è insteme Sintesi statale di or~ dine, di autorità, di rispetto all'interno e all'estero; ed è sintesi cristiana e morale nel .. lo sviluppo culturale etico e reltgioso delle f orl!e della nazione ». Aveva appenct finito di pronunziare queste parole conclusive del discorso che tra gli applausi scroscianti cadde .dat palcht una pioggia dì ffori. Un candido garbfano si posò sut podio davanti all'oratore Stur· zo lo raccolse con le suè mani esangui, Lo innalzò come una insegna, disse con voce sotf9cata: « O bianco fiore l>.
FRANCESCO MARATEA
e lavoro, e le università, aper-
te a tutti i ceti della n.:tzione, doveva110 essere e: autonome e centro della vita regionalr >. L'insistenza con la quale i popolari, raccogliendo in modo originale istanze più generali del mondo cattolico, agitavano in sede politica la q11estione della riforma scolastica riuscì a provocare l'intervento, sia pure controvoglia. delle autorità governative che non potevano fare a meno dell'apporto, almeno parìamentàre, dei popolari. Nel formare il suo ultimo ministero. Giolitti, lo stesso eh~ si ern in pr~ce.den~~ , :i~ posL\l, con tanta ab11ìtà, ad ogni tentativo di itorm!lte l slatema scolastico, af!idò I incarico della pubbllca istruzione a Benedetto croce, H quale, come idealista ed in opposizione agli indirizzi positivisti ancore. prevalenti aJla Minerva, incarnava, con Gentile e n<m nloltl altri, quell'ala della cùltura e della classe dirigente più favorevole ad alcune richieste dei cattolici. Tuttavia, il piano elaborato dal Croce, pur accogl!endo il punto dell'esame di Stato ezteso a tutti i licenziandi, diHeriva sostanzialmente dai presupposti indica.ti dai popolari nell'ordine del giorno Antle. Era una e: piccola ri1ol'ma >, che non considerava quei rapporti tra scuola e società, 1ra cultura e vita locale, quella esigenza di aprire la scuola a pìù larghi ceti sociali nel quadro dello ,smantellamento della struttura accentratrice ed autoritaria dello Stato che i popolari avevano affermato. La riforma proposta dal Croce era una riforma particolare, che riguardava un solo punto, sia pure importante, del sistema scolastico, punto offerto con la speranza di soddisfare così le richieste dei popolari · e del cattolicesimo italiano · che li sosteneva in questa lotta. Cadùto Giolltti e di conseguenze. lo stesso Croce, il nuovo ministro Corbino presentò - un progetto di legge per l'esame di Stato, eh.e poco s1 discostava da quello del Croce. Dopo il Corblno, fu lo stflssd Anile che, sotto i due gabinetti Facta, ascese al dicastero oella M1nerva. Parve una gro3sa conquista, - perché era la pnma volta che un cattolico militante, dopo l'unità, 'dirigt:va l'ostico minì6tero della pubblica. istruzione. Ma poco potè fare. anche perché più itravi problemi premevano. Limitatamente all'esame di Stato. ìl problema fu risolto dal •uccessore dell'Anile, Giovanni Gentlle, che. nel 1923, istltUl l'esame di Stato per le .>cuole di ogni or(!lne e grado. Ma, a parte la. limitatezza della riforma, che praticamente si arrestava a questo punto la legge .Gentile si inseriva' ln una s1tuazibne politica. profondamei;ite mutata.. Era da. po~o. salito al potere Mussolu'n. e questa concessione fatta al mondo cattolico non era certo il .frutto d~lla lotta per le liberta 1ngagg1ata, sia pure c~n scarsa fortuna, dal par· t1to popolare nel quadro di una più amPia trasformazi<'ne dello Stato, ma dell'alleanza, e: instrumentum regni,, fra il nuovo padrone dell'Italia e U clerico-moderatismo.
DANILO VfNERUSJ
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· IL POPOLO -
Pag. XVI
IL RISCATTO DEL MEZZOGIOR NO •• genesi tlel popolarismo La passione meridionl!-lista del siciliano Sturzo .fu la prima sorgen te del suo pensiero e della sua opera Nell' unità d'Italia non vide la causa della decadenza, ma la vera forz a di salvezza d e lle genti del Sud L tema che il partito popolare italiano, nel pen· siero di Sturzo, abbia trova•o origme, forza e vigore dalla visione che egli s'era fatta del Mezzogiorno, va affrontato dallo storico futuro. Il popolarismo scaturito dalla meditazione lunga e tenace, conserva tutti gli aspetti della sociologia storicista, che Stur _ zo stenderà dopo un cinquantennio di studi nell'esilio Ma cos'è questo popolarismo?, si domandano molti po_ litici. In verità tale teoria, sin_ tesi di « pensiero e di azione:., come tutte le idee che sono i:;enetrate nella coscienza del popolo, si presenta oggi cosi facile nella sua realizzazione, da rendere scettici i:;ersino coloro che rivolgono tale doman_ da, attendendosi chissà quale risposta intricata. Ora le difficoltà per analizzare un pensiero, sono appunto quelle che
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DUE GRANDI
MERID!ONAL!STI
A COLLOQUIO;
STURZO
E
C~OCE
La liher a' fu riscoperta nel suo valore religioso L'
APPELLO lanciato dal
Partito Popolare, cinquanta anni or sono, ai « liberi e forti », fu simboleggiato dal motto: Libertas. Un motto che non era un simbolo retorico, ma un programma sostanziale, così riassunto da un prete. A quell'epoca la letteratura dell'anticlericalismo presentava i preti come esponenti dell'intolleranza. E invece don Luigi Sturzo assegnò come scopo primario al nuovo partito la libertà; e così rimise al centro della vita politica il valore sostanziale del cristianestmo e della civiltà. La religione di Cristo è il r ecupero della liberta. Redenzione vuol dire emancipazione da ogni servaggio: libertà dal male (non dal bene) da ogni male, quindi anche dall'ingiustizia sociale, dalla miseria, dall'ignoranza. dalla tirannide ... Né Giolitti né Mussolini si sarebbero mai aspettato da un sacerdote una così coerente, rettilinea, difesa della libertà, quando certo liberalismo non vedeva che la libertli del p iù.forte ed il fascismo faceva della liberta una conquista della prepotenza. Mediante il Partito Popolare, Sturzo risolse il problema piu angoscioso e pericoloso della Italia unita: la reintegrazione dei cattolici nella politica nazionale o addirittura nello Stato italiano: aspirazione e ambascia dei piu grandi spiriti, da Cavour a Orlando, da Albertario a Meda. Cioè, lui, esile sacerdote della Sicilia, della periferia, visse l'ideale unitario. l'amore del popolo di tutta la Penisola. al punto da trovare la soluzione resa sinora impossibile da preoccupazioni, errori e paure. onde erano impediti i rapporti tra Chiesa e Stato, dopo la caduta del potere temporale dei papi. GZ' italiani. non affumtcati dalla polemica, sentivano il dolore, il pericolo, di quella opposizione, che diveniva nelle coscienze un contrasto tra fede e patriottismo e originava sulle piazze, nel Parlamento, sulla stampa zuffe frenetiche, ritardando lo sviluppo del paese nella linea delle liberto. democratiche e delle riforme sociali. In quel contrasto si tacciavano i cattolici di nemici della Patria e di tanti altri reati, che la massonena e il liberalismo laicista insieme col marxismo ateo inventavano a ogni scadenza patriottica, valendosene per distrarre il popolo dalle istanze di libertli e giustizia. Luigi Sturzo. prete, e cioe più lontano dalla politica, per amore a un tempo della religi one e della patria, mise termine a quel conflitto (e rovino tanti parassiti che ne vivevano/, dando all'unità italiana una compagine nuova e av?:1andola a una dialettica i;olitica sena. Mussolini non mandò giù le idee di libertà ct1ermate dc dnn Sturzo a Torino, al quarto congresso
del Partito Popolare nel 1923. E a Torino nel 1925, Sturzo pubblico, presso Gobetti, quel volumetto La libertà in Italia, in cui era deplorato il culto della violenza per la conquista politica. «In tre anni. diceva - , dal 1919 al 1922, la classe dirigente tutto ha tollerato quel che di illegale e violento avveniva, sia in nome del nazionalismo, sia in nome del socialismo, sia in nome del fascismo». I liberali - spiegava - pur dopo la recente crisi, « non hanno ancora in mano la fiaccola della libertà, per poterla aqitare, segnando al paese la sua nuova via»; i fascisti costituiscono « una manifestazione deìla reazione », autori « d'una preconcetta violazione delle liòerta ci'Vili e politiche », con
pevole, però mai gradasso o incivile, di Sturzo verso ii fascismo, in Italia e all'estero. Un attegl)iamento eùI sacerdote cristiano, derivante dal Vangelo. Ché. nel difendere la l1b erla. Sturzo dif endeva il pi ù grande dono fat t o da Di o ali'uomo. l'essenza della Chiesa, creata dalla fantasia dell'Uomo - Dio proprio come usbergo della libertà umana verso ogni possibile prepotere della politica e del denaro: contro Moloch e Mammona. « Chi varlò di una libertà dei figliuoli di Dio ed elevo ruomo all'eguaglianza della vita spirituale, fu quel Vangelo di Gesù Cristo, che non conobbe ebrei o gentili, padroni o servi, schiavi o liberi, e che chiamò l'uomo ad adorare Dio in spirito e verità. ,
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un partito armato che è «un mtsto di fazione e di autocrazia, di oligarchia e di dittatura .. ». Conclusione: «il problema italiano ... è in sostanza un problema di libertli ». Per risolverlo, bisogna impedire il costituirsi d'uno Stato, fatto diVinità, Moloch che divora « la libertà nella sua vera e profonda realtà ». Ma « la libertà è come la verità: si conquista ... ». Questa l'idea-forza del popolarismo, che alzò una barriera spirituale e morale, oltre che politica. contro il fascismo, sin dal principio. iniziando una opposizione ora oscura ora eroica. la quale risultò matura nelle giornate. tragiche della crisi. L'amore della libertà spiega l'atteggiamento, fermo, risoluto, con sa-
Egli solo rivendicò tntieramente la personalità umana, ba$e deZla rera l1.bertci ». Parole di Sturzo, le quali, aggiornando il mag,stero della Chiesa. concorsero potentemente a disgregare i preconcetti del laicismo anticlericale e dello ateismo rtvoluzionario; e cosi contribuirono a riprist inare nella coscienza del popolo la genuina figura ciel cristianesimo. Sotto questo profilo, Sturzo, come fu un grande servitore dello Stato, così fu un docile, ma coraggioso e fermo, difensore de!la Chiesa. In quegli anni, dal 1922 al suo esilio, durante le veloci passeggiate che lui e to f acevamo sul Lungotevere (dove un giorno fu ucciso Matteotti; e io sempre paventavo di veder da un momento ali' altro
aggredito anche Sturzo), conobbi in lui la figura del prete statista: 1m sacer dote che f aceva politica per am ore del p opolo, della verità e della libertci . Scr itJendomi da Pan gi il 6 piugno 1926, tra le varie considerazioni, egli svolgeva questa: « Marx, il cancelliere, e il prete Brauns, ministro del lavoro, sono troppo inchini a destra. Seipel a Parigi ha fatto qli elogi del governo fascista ..., che hanno destato un'impressione penosa». E anche in altre lèttere costante è la sua vigilanza con la sua preoccupazione perché i cattolici non smarrissero la coscienza della liberta, mentre in una lettera del 25 giugno 1925 da Londra (egli aveva messo in testa al fogl io Roma: si capiva che il cuore restava a casa), accettando la proposta mia di pubblicare un suo scritto su Parte Guelfa <« spero che non venga sequestrata », diceva lui: e indovinò), rile?:ava: « Questo articolo a Torino non è stt:to potuto pubblicare neppure eùllla Stampa. Scotta loro che si parli del vero Cristianesimo· essi ne vogliono uno falsificato a loro uso e consumo » « Essi » sono i fascisti, ma assecondati da cristiani, per opera dei quali - diceva « ho l'impressione che si voglia rifare ai cattolici italiani una anim::r. clericale ». Siffatta psprpssione 0'1Qi. al lume del Concilio Vaticano II, sz cap ..sce e si apprezza. 111a, all'epoca del fascismo, si tentava da alcuni « clerico-fascisti » transfughi dal PPI, dt rinnovare quella confusione tra religione e politica <o più esattamente quella soggezione della religione at padroni d'3ll' ora). che il Partito Popolare aveva dissolta, rivendicando per i laici una responsabilita autonoma, oggi universalmente ammessa. Nella medesima lettera mi ricordava: «Io penso che la Chiesa sarà cercata dai popoli, se posta, come sono oggi gli Stati, sul terreno della libertà, evita tanto i compromessi con la reazione quanto le debolezze verso le democrazie; e si m~n tiene ferma nell'ambito spirituale, e quindi nel sostegno di quanto spiritualmente ferve oggi nella vita internazionale: pacifismo, disarmo, arbitrato fra i popoli. internazionalismo sano. libertà bene intesa, moralitli assoluta. Quaerite pn-
mum regnum Dei et iustltiam eius ... ».
Un programma che, alla luce dell'azione di pace di Paolo VI, si fa più evidente e che, cinquanta anni fa. aveva del profetico. E auesta luce veniva allo statista grande dalla coscienza della libertà. inseoarabile dalla Mtura di fioli di Dio : valore che egli, come sacerdote e come italiano, sentiva di dover difendere, e difese.
IGINO GIORDANI
si incontr ano per risalire alle sue origini. P er dare sostanza al nostro tema, diciamo subito ch e la passione che Sturzo sen tì per i problemi e la problematica del Mezzogiorno, non trova riscont ro in nessun meridionalista, neanche tra quelli che, come .Dorso, Gram_.sci, Nitti, De Viti, De Marco, Salvemini ne danno una Impostazione sìstem:itica. Il discorso pronunciato alla galleria « P rincipe di Napoli>.il 18 gennaio 1923, un mese dopo il congresso di Torino, per ricordare il quarto anno della fondazion e del Partito Popolare I taliano, rimane il s aggio più completo del pensiero meridionalista di Sturzo, con una su a linea e vitalità, che resistono e resisteranno al tempo. La competenza economica ed amministrat iva del discorso, non deve spaventare. Don Romolo Murri, nel periodo in cui era poco benevolo con il suo amico e discepolo, non potè non riconoscere che nessuno in Italia aveva la competenza amministrativa d1 Stu~; e -~reto, nel recensire in Vita Italtana « Orhsi economica e crisi politica>, rivolse a don Luigi altissimi elogi per la sua competenza economica. Dopo alcune decine d'anni, tale giudizio doveva collimare con quello di Erhard, che definiva, l'eccezionale Sacerdote, il piu competente scrittore italiano. in discipline economiche, e uno dei più grandi in Europa, La monografia sul « Mezzogiorno e la politica italiana > è, ancora oggi, degna di studio e di meditazione sotto ogm aspetto. Basterebbe l'enunciazione, per la· prima volta, d e lla formula ampiamente -dimost rata, che il Mezzogiorno è problema nazionale, e come tale deve essere affron tato. Da qui il corollario che, solo un partito modernamente organ ato, e, in questo caso, il P artito Popolare I taliano, poteva risolverlo. E se non lo risolse per le note vicende politiche, esso creò sicuramente la coscienza del problema, il ch e è molt issimo e ne l asciò in eredità la soluzione alla Democrazia Cristiana.
Il problema del Meridione Dorso, Gramsci, Gobetti, resero testimonianza del valore del pensiero meridionalista deL l'ilìustre uomo politico, anche se non ne condividevano tutte le idee. Sturzo, poi, era consapevole dell'importanza del suo discorso e della strada che aveva fatto, se il 14 dicembre 1956 scriveva in un messaggio e ... soprattutto Napoli è legata al mio pensiero e alle mie battaglie come rivendicatrice dei diritti e degli interessi del Mezzogiorno; problema questo da me vissuto e semore di attualità per più di se-ssant'anni e riaffermato in condizioni difficili nella ricorrenza del qu arto anniversario della fondazione del P artito P opolare, il 18 gennaio 1923 (anno I dell'ern fascista) alla Galleria " Principe di Napo.Ji" in una serata md1ment1cabile e m un·atmosfera di entusiasmi da una parte e di sospetti dall'altra. In quella occasione riassunsi il mio pensiero e le mie battaglie del Mazzogiorno. e Mi dissero aggiungeva nella lettera a noi indirizzata - che Giustino Fortunato definl tale discorso come ottimista. Ma chi confronta il Mezzogiorno del 1923 e quello di oggi, dirà che non ero ottimista neppure nella visione ciI una politica mediterranea che mi si critica ancora; e che ero audace solo perchè alla speranza nell'avvenire aggiungevo una forte fiducia nella politica meridionalista ispirata ai principi della democrazia cristiana ... Napoli del gennaio 1923 ne consacrò la ispirazion e e le finalità; Napoli del 1947 le riprese n el nome della Democrazia Cristiana, riunita a Congresso, e mi volle capo del Comitato permanente Mezzogiorno>.
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Nel discorso del '23, egli cosi esordisce: «Nel programma del Partito Popolare Italiano, fu messa sul piano politico, come affermazione fondamentale (per la prima volta in Italia) la risoluzione nazionale del
problema del Mezzogiorno; e
nel pfìmo congresso naziona-
le, tenuto a Bologna nel giugno del 1919, fu riaffermato che il problema del Mezzogior_ no era di carattere eminentemente nazionale. Questa impostazione data da noi a nome di un partito e non più come opinione personale, alla ripresa dell'attività politica del dopoguerra, passò ad altri partiti, che in varie forme fecero anch'essi simili affermazioni, benchè non le avessero inserite nel loro programma; da ultimo anche il fascismo, che sem_ brava escludere affermazioni credute particolariste come questa, ha ritenuto opportuno che al problema del Mezzogiorno, deve darsi portata nazionalP « Però, mentre tale impostazione risponde ad una realtà profonda che da noi meridionali è certamente più sentita e meglio intuita, non è stata fino ad oggi che una semplice espressione esteriore e teorica, e ciò per la mancanza di UJTia impostazione politica di tale problema, sl da poter creare un orientamento sintetico e convergente di tutti quegli aspetti tecnici, finanziari, economici e morali che con una frase significaitiva vengono detti "questione meridionale " ».
Battaglie ed esperienze L'esame del meridionalismo di Sturzo, spinge ad un'analisi della sua azione politica, delle sue convinzioni, della sua formazione. Il che rafforza la tesi che la genesi del popolarismo bisogna ritrovarla nel pensiero mertòlon alista del grand e siciliano, profandamentP fondato sia dal punto di vista economico che da quello politico. Egli aspira a fondare un partito inteso come tentativo di un rinnovamento cattolico nazionale, ma sorretto da una iniziativa laica. Questa sintesi è il prodotto della meditazione quotidiana nella miseria che incombe sul Mezzogiorno d'Italia, resa più squallida dai partiti del tempo, aggravata da una élite borghese egoistica e conservatrice. Uno dei difetti fondamentali del nostro Parlamento nell'ultimo trentennio, dirà all'Augusteo di Roma il 2 maggio 1921, è stata l'assenza di un partito nel vero senso della parola. Ed infatti nel discorso sottolinea «la mancanza di una organica legislazione nazionale )), rimproverando i governanti degli anni passati che avevano preteso di applicare leggi straniere in ter ra italiana, con tale accento che ci fa ricordare la critica di Vmcenzo Cuoco, quando rimproverava il Pagano perché voleva imporre nel Napoletano la costituzione francese. Sturzo guarda e scruta con la visione storicistica di Vico e di Cuoco, con in pii.I il genio orgamzzativo che agli altri mancava. E' innegabile, dunque, nella formazione del pensiero politico di Sturzo, Ja preoccupazione continua per il Meridione. L'idea d"un partito nazionale, egli l'aveva carezzata e forgia.ta attraverso anni di pazienza, di aspre battaglie e di utili esperienze: sofferte e affrontate specialmente nelle t erre più vicine al proprio luog-o di nascita. Si spiega cosi come 11 popolarismo, tradotto in un partito di massa. agita le acque stagnanti ed i particolarismi, e trasforma le visioni rist.rette di altri tempi, sul meridionalismo, in vedute moderne, pii.I ample e lungimiranti. Il sindaco di Caltagirone, fu il primo ad affermare e comprendere (dirà il Ferrara nel suo magnifico profilo), che il nodo centrale dell'unità d'Italia, si trovava proprio nel problema politico del « Mezzogiorno». La proporzionale, difesa con tanta tenacia ed accanime~to, rappresenta un altro dei capisaldi a sostegno della politica meridionalisLica. Ma la realizzazione del grande partito sturzlano, che si snodava validamente nell'imp0t·re al governi i nuovi punti programmatici, per la incompren Si·one di moltl suoi proseliti, giunse al congresso di Torino, piena d'incognite. La relazione di Sturzo in quel congresso segno l'acme del dramma. Fu appunto nel solco di questa straordinaria relazione che
tenne la conferenza di Napoli, ove si ritrovano la condanna della legislazione unitaria e del protezionismo doganale per difendere gli operai del nord, e inoìtre le accuse motivate, alla classe dirigente, incapace di assegnare al Mezzogiorno ll suo ruolo politic-o e sociale nella collettività della Nazione. Né a cio seppero riparare gli uomini politici locali, tut ti presi a sostenere una politica di clientela e di appoggio a ministeri che sempre sottovalutarono la questi-one meridionale, danneggiata ancora più da un sistema tributario antiquato e dalla legge sulle bonifiche. Si fece una politica economica del Mezzogiorno nefasta e mai nessuno pensò alla necessità di inquadrare Il problema meridionale nelralveo della politica nazionale. A differenza poi di altri critici meridi-onalisti, il Fortunato compreso, che attribuirono all'Unità d'Italia la causa della decadenza del meridione, Sturzo riteneva invece che fu proprio questa la vera forza di salvezza del Mezzogiorno. risvegliando in esso una nuova coscienza civile e politica, e dandogli una utile spinta di forza economica. Senza, con ciò, sottovalutare I sacrifici sofferti dalle nostre popolazioni in omaggio a quell'Unità che porto, successivamente, ad una centralizzazione statale, non per esigenze unitarie, bensì per jmposizione di leggi del Piem0nte importate, a loro volta, senza alcun discernimento, dalla Francia. Errori che già il Cuoco aveva denunziati, nel suo famoso saggio storico, ai legislatori affrettati del suo tempo. Alcu ni crit ici sottili ma no n profondi r provano turzo perchè, secondo loro, vedeva la rinascita del Mezzogiorno solo con l'incremento del settore agrario e mai ne aveva ritenuta possibile l'industrializzazione. Cio è vero solo in parte, e niente t'Oglie all'originalità della visione sturziana. Il quadro resta sempre llneare e capace dl sviluppo . Difatti, nel 1923 nessuno pensava ad un Meridione industriale. Quando i tempi mutarono, però, dopo la seconda guerra mondiale, Sturzo immediatamente corresse i particolari del quadro. Nel pubblicare la sua « opera omnia» egli pone in evidenza l'importanza dello sviluppo industriale del Sud. E la « Cassa del Mezzogiorno », può cons iderarsi il naturale sviluppo della sua impostazione. «La ripresa del Mezzogiorno, - ebbe a dire - . non poteva che essel'"' or1,,ntr•;i V':)fSO ]a più larga ricostruzione economica, sviluppando l'a~ricoltura e attuando una industriallzzaz' one adegua_ ta. aìle . condizioni locali e agli sVl'lU.P'Pl commerciali » e qualche < io Prima dell a sua mo:·te ci pregò di visitare le zone ind ...,, ~r.~lizzate della Sicilia perchè desiderava una relazione dettagliata e feaele.
Canone fondamentale Mezzogiorno, politica interna ed estera, rappresentano, inoltre, nella ste;;ura di quella munografla anche la linea dell"Italia di domani. Il monito di Luzzatti: «quale sarà l'avvenire del Mezzogiorno, tale sarà quello del regno, poiche se non Si rialzano le sue sorti, esso lmpoverira le altre zone d'Italia », riassume il pensiero di Sturzo c}:le il problema del Mezzogiorno persegui in tutta la sua azione, e ne sgombro il cammino con aspre critiche all'incompetenza e alla povertà mentale delle classi dirigenti di allora. «Il canone fondamentale che noi popolari del Mezmgiorno proclamiam o dira ancora Sturzo - come un Inizio di forza e di vitalità che deve conquistarci 11 dovuto posto nella vita italiana; la redenzione c-omincia da noi! La nostra parola é questa: il Mezzogiorno salvi il Mezzogiorno! Cosi il resto dell'Italia riconoscera che il nostro e problema nazionale e unitario, basato sostanzialmente nella chiara visione di una politica italiana mediterranea e di una valorizzazione delle nostre forze 1>. Oggi, per noi italiani tale insegnamento è sempre valido: perché dal 1923, non ha perduto nlen te del suo valore.
FERDINANDO D'AMBROSIO