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Tu sei un bene per me Maestra Carla

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Il verbo temere

Il verbo temere

Tu sei un bene per me

Sono una maestra di scuola primaria, e con alcune amiche ho cominciato a insegnare italiano ai ragazzi che arrivano in Italia con i barconi; è un lavoro che faccio gratis, si chiama Caritativa. Fino a quando non li ho conosciuti, gli immigrati per me erano un po’ un fastidio e un problema: ma quanti ne arrivano? Sono buoni o ci sono anche i cattivi, quelli che fanno le stragi? Chiedono sempre soldi, dicono che hanno fame, ma io non posso mica aiutarli tutti! Così per strada passavo avanti, magari allungando distratta qualche spicciolo, fino al giorno in cui li ho conosciuti: ragazzi giovani dai nomi difficili da ricordare, tutti con la pelle nera, i vestiti presi alla Caritas. Ci siamo stretti la mano, abbiamo cominciato a parlare un po’ in italiano, un po’ in inglese e un po’ in francese. Su un mappamondo mi hanno fatto vedere la strada fatta spesso a piedi per arrivare fino in Libia, mi hanno raccontato dei barconi… alcuni dei loro amici sono morti nel nostro Mar Mediterraneo, così bello e così azzurro. Loro invece sono arrivati a Rimini, fino a me e alle mie amiche: le nostre strade si sono incrociate. A volte ridiamo, perché c’è sempre qualcuno di loro che sbuffa: «Italiano difficile! Mi fa male la testa!». Allora si fa una pausa, ci raccontiamo le cose della vita: alcuni hanno lasciato nei loro paesi dei figli piccoli, la famiglia. Altri hanno vissuto dei grandi dolori, così tanto brutti che ancora i loro occhi si riempiono di lacrime; io racconto delle mie figlie grandi, della mia famiglia, del mio lavoro di maestra. Una volta hanno riso,

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perché ho detto che studiavano i verbi più dei miei bambini a scuola! Questi ragazzi mi accolgono sempre col sorriso, hanno voglia di imparare a parlare e leggere la nostra lingua. «Perché?» ho chiesto un giorno a Samson. Lui mi ha risposto: «Per avere degli amici e per lavorare». Samson poi ha preso la sua matita e mi ha detto: «Vedi? Se io piego questa, si rompe, ma se prendo due e metto vicine e piego, non si spezzano, sono forti. Ecco amicizia, come con te». L’italiano non era proprio corretto, ma ho capito bene cosa voleva dire: io e lui siamo amici.

Maestra Carla

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