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La meraviglia del fuoco A. Santolin

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Il verbo temere

Il verbo temere

La meraviglia del fuoco

Ark il forte, dopo essersi seduto a gambe incrociate, si era messo subito al lavoro. Le sue mani si muovevano rapidissime, senza fermarsi un momento, sfregando energicamente il bastoncino dall’alto verso il basso. Ako osservava attentamente. L’accensione del fuoco lo attirava in modo irresistibile e gli metteva sempre addosso una grande allegria. Il sottile bastoncino aveva la punta appoggiata su un altro pezzo di legno duro. Per un po’ non successe nulla, ma mentre l’oscurità ormai impediva di distinguere le facce dei cacciatori, dalla punta del legnetto, che ruotava sempre più veloce, cominciò a levarsi un filo di fumo. «Più veloce, più veloce» gli disse Daar. «Il legno è un po’ bagnato» osservò Tut. Subito Ark raddoppiò gli sforzi, incitato dagli altri che gli stavano attorno. La punta si era piantata un po’ nel legno e si stava arroventando per il continuo sfregamento. A un tratto Ark diede un ordine e Ako gettò sulla punta una manciata di pagliuzze, mettendosi subito a soffiare. Dopo un po’ apparve una fiammella che rapidamente divorò la paglia. Ako aggiunse alcuni ramoscelli e ben presto un bel fuoco rischiarava la radura. I cacciatori si erano radunati senza parlare attorno alle fiamme, i loro gesti erano lenti e solenni: quello spettacolo lo affascinava. Nessun essere vivente, prima di loro, era stato capace di far nascere o di domare quella cosa misteriosa che allontanava il buio della notte, dava calore e rendeva più tenera e facile da masticare la carne. Solo di tanto in tanto, erano capaci di fare il fuoco, ma era un fuoco che durava per giorni e giorni.

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Agostino Santolin, Ako bambino preistorico, Tredieci

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